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Archivio di settembre 2015

lunedì, 28 settembre 2015

SARA RATTARO ospite di “Letteratitudine in Fm” di lunedì 28 settembre 2015

SARA RATTARO ospite di “Letteratitudine in Fm” di lunedì 28 settembre 2015 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

È SARA RATTARO l’ospite della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 28 settembre 2015. Con Sara Rattaro discutiamo del suo nuovo romanzo intitolato Niente è come te (Garzanti) e delle tematiche in esso trattate (soprattutto quello relativo alla “sottrazione internazionale di minori”). “Niente come te” ha vinto il Premio Bancarella 2015 (il Premio letterario conferito dai librai).

Nella seconda parte della puntata, una lettura delle prime pagine del libro.

* * *

La scheda del libro
“Nessuno fa solo cose giuste o sbagliate. Siamo luce e ombra insieme”. Due scatole colme di libri, pupazzi e tante fotografie. Tutto il mondo di Margherita è racchiuso in quelle poche cose. In spalla il suo adorato violino e tra le mani un biglietto aereo per una terra lontana: l’Italia. La terra dove è nata e che non rivede da quando è piccola.
Ma ora è lì che deve tornare. Perché a quasi quindici anni Margherita ha scoperto che a volte è la vita a decidere per noi. Perché c’è qualcuno che non aspetta altro che poterle stare accanto: Francesco, suo padre. Il suono assordante dell’assenza di Margherita ha riempito i suoi giorni per dieci anni. Da quando sua moglie è scappata in Danimarca con la loro figlia senza permettergli di vederla mai più.
Francesco credeva fosse solo un viaggio. Non avrebbe mai pensato di vivere l’incubo peggiore della sua vita. Eppure, ora che Margherita è di nuovo con lui, è difficile ricucire quello che tanto tempo prima si è spezzato. Francesco ha davanti a sé un’adolescente che si sente sbagliata. Perché a scuola è isolata dai suoi compagni e a casa passa le giornate chiusa nella sua stanza. Ma Francesco giorno dopo giorno cerca la strada per il suo cuore. Una strada fatta di piccoli ricordi comuni che riaffiorano. Perché le cose più preziose, come l’abbraccio di un padre, si possiedono senza doverle cercare. E quando Margherita ha bisogno di lui come non mai, Francesco le sussurra all’orecchio poche semplici parole per farle capire quanto sia speciale: «Niente, ma proprio niente, è come te, Margherita».
Dopo il successo di “Non volare via”, a lungo in classifica in Italia tra i libri più venduti, Sara Rattaro torna con un romanzo potente e intenso che sa come avvicinarsi al cuore di tutti noi. La storia di quell’istante in cui non importa più cosa è giusto o cosa è sbagliato. La storia di un padre coraggioso e di una ragazza speciale. La storia di un amore che non conosce né tempo né ostacoli. Perché a volte l’unica cosa che conta è lottare per quello che si ama veramente.

* * *

Sara Rattaro nasce e cresce a Genova, dove si laurea con lode in Biologia e Scienze della comunicazione. Nel 2010 esce per un piccolo editore il suo primo romanzo Sulla sedia sbagliata. Nel 2011 scrive il suo secondo romanzo Un uso qualunque di te, che ben presto scala le classifiche e diventa un fenomeno del passaparola. Non volare via è il suo primo romanzo pubblicato con Garzanti. La scrittura di Sara e la sua voce unica hanno già conquistato i più importanti editori di tutta Europa, che hanno deciso di scommettere su di lei e di pubblicarla.

* * *

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Sad Songs (Say So Much)” di Elton John; “Fragile” di Sting; “Avrai” di Claudio Baglioni

(continua…)

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

lunedì, 28 settembre 2015

LetteratitudineNews: dal 21 al 28 settembre 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 21 al 28 settembre 2015

PREMIO BRANCATI ZAFFERANA 2015

QUANDO IL GRIGIO DIVENNE VERDE E VICEVERSA

Women’s Fiction Festival 2015

Stregati al MAXXI: 25 e 30 settembre, 7 ottobre

RICOMINCIO DAI LIBRI 2015

POESIA FESTIVAL 2015

TRINACRIA PARK a Catania – mercoledì, 23 settembre 2015

TORINO SPIRITUALITÀ 2015

© Letteratitudine

(continua…)

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sabato, 26 settembre 2015

VIVI DA MORIRE (un video)

Video basato sul volume “VIVI DA MORIRE” di Piero Melati e Francesco Vitale (Bompiani)

È disponibile il podcast della puntata radiofonica del programma “Letteratitudine in Fm” (in onda su Radio Hinterland), dedicata a “Vivi da morire”, con la partecipazione di Piero Melati, cliccando sul seguente link…
(continua…)

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martedì, 22 settembre 2015

LEO LONGANESI. Il borghese conservatore

Leo LonganesiIl nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” è dedicato al volume “Leo Longanesi. Il borghese conservatore” (Odoya), di Francesco Giubilei.

Dalla scheda del libro: “Scrittore, editore, illustratore, grafico… Sintetizzare la figura di Leo Longanesi in un’unica definizione risulta impossibile. Sicuramente fu una delle più geniali e irriverenti figure del panorama culturale italiano del Novecento, un intellettuale difficilmente incasellabile in una categoria precisa.
Pungente umorista, coniò frasi e aforismi destinati a rimanere nell’immaginario collettivo. Inventore del rotocalco, scopritore di alcuni dei più importanti narratori italiani (tra cui Buzzati e Flaiano), pubblicò per la prima volta in Italia autori stranieri alla stregua di Hemingway e nel dopoguerra riuscì a coniugare il principio di editoria di progetto con le richieste del mercato. Negli ultimi anni sembra essere calata sulla sua figura una coltre di silenzio, ad eccezione di sporadiche iniziative: tipico destino riservato ai personaggi scomodi
.”

Di seguito pubblichiamo: un intervento dell’autore e l’introduzione del volume.

* * *

Francesco Giubilei racconta “Leo Longanesi. Il borghese conservatore” (Odoya)

di Francesco Giubilei

Sono sempre stato affascinato dagli irregolari, intellettuali, scrittori, giornalisti, difficilmente incasellabili ma geniali per il contenuto e il valore della propria opera.
Molto spesso queste figure – da Bianciardi a Papini, da Gallian a Soffici – a causa del loro pensiero non furono sufficientemente comprese e ancora oggi, anni dopo la loro scomparsa, ad eccezione di addetti ai lavori o lettori forti, non sono conosciuti dal grande pubblico.
Longanesi in tal senso è il personaggio forse più rappresentativo e ingiustamente dimenticato – o poco ricordato – per tutta una serie di ragioni che hanno contribuito a far calare su di lui un’ingiusta coltre di silenzio. In primis l’etichetta di fascista ingiustamente affibbiatagli, vuoi per una scarsa conoscenza del personaggio, vuoi per malafede. A scagionare Longanesi da tale accusa, è sufficiente citare un episodio: nel ‘39 il regime mussoliniano chiuse la sua rivista Omnibus, il primo esempio di rotocalco pubblicato nel nostro paese. (continua…)

Pubblicato in SAGGISTICA LETTERARIA   Commenti disabilitati

lunedì, 21 settembre 2015

LetteratitudineNews: dal 14 al 20 settembre 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 14 al 20 settembre 2015

-GLI ANNI DELLA LEGGEREZZA, di Elizabeth Jane Howard (un estratto)

-TAOBUK 2015 – Taormina International Book Festival: dal 19 al 25 settembre

-FESTIVALFILOSOFIA 2015: dal 18 al 20 settembre

-ELIZABETH JANE HOWARD E LA SAGA DEI CAZALET

-METROPOLIX

© Letteratitudine

(continua…)

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venerdì, 18 settembre 2015

OMAGGIO A ITALO CALVINO (a trent’anni dalla sua morte)

Italo CalvinoCinque anni fa, nel settembre 2010, proposi un post in occasione del venticinquesimo anniversario della morte di Italo Calvino.

A distanza di cinque anni, in occasione del trentesimo (che ricorrerà domani 19 settembre 2015), vorrei riproporvi lo stesso post di allora, con le stesse domande, gli stessi spunti, gli stessi contributi, chiedendovi di contribuire a (r)innovarlo e a integrarlo, in omaggio a questo grandissimo scrittore del Novecento letterario (non solo italiano) che è stato Calvino.

Dedico, dunque, questo “spazio” alla memoria di Italo Calvino con l’intento di celebrarlo, ma anche con l’obiettivo (e la speranza) di contribuire a far conoscere questo nostro grande  scrittore a chi non ha ancora avuto modo di accostarsi alle sue opere.

Di seguito, il post pubblicato nel settembre del 2010.

Massimo Maugeri

* * *

VENTICINQUE ANNI DALLA MORTE DI CALVINO
(settembre 2010)
(continua…)

Pubblicato in A A - I FORUM APERTI DI LETTERATITUDINE, EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, OMAGGI, RICORRENZE, ANNIVERSARI E CELEBRAZIONI   267 commenti »

lunedì, 14 settembre 2015

MARCO BALZANO vincitore del PREMIO CAMPIELLO 2015

È stato MARCO BALZANO, con il romanzo “L’ultimo arrivato” (Sellerio), a vincere la 53^ edizione del Premio Campiello, ottenendo le maggiori preferenze dalla Giuria dei Trecento Lettori anonimi e superando gli altri quattro concorrenti: Paolo Colagrande con “Senti le rane” (Nottetempo), Vittorio Giacopini con “La Mappa” (Il Saggiatore), Carmen Pellegrino con “Cade la terra” (Giunti) e Antonio Scurati con “Il tempo migliore della nostra vita” (Bompiani).
Di seguito proponiamo:
- un video tratto dalla serata della premiazione, svoltasi il 12 settembre 2015 al Teatro “La Fenice” di Venezia e condotta da Geppi Cucciari e Neri Marcorè
- il contributo che Marco Balzano ha scritto appositamente per Letteratitudine, dove “racconta” il suo romanzo (vincitore, appunto, del Premio Campiello 2015).

* * *

* * *

MARCO BALZANO racconta il suo romanzo L’ULTIMO ARRIVATO (Sellerio) – vincitore del PREMIO CAMPIELLO 2015. Le prime pagine del libro sono disponibili qui

La storia di un bambino e di un viaggio, le avventure e le disavventure di un piccolo emigrante con la testa piena di parole. «Balzano mostra come la letteratura sappia, e possa, parlare del mondo che ci circonda» (Marco Belpoliti, l’Espresso).

di Marco Balzano

C’è un paese che confina con quello dove abito io e questo paese si chiama Baranzate. È una piccola città alle porte di Milano. Una volta, dopo i tagli della riforma Gelmini, ci sono pure finito a fare qualche giorno di supplenza. In classe c’erano due italiani e una ventina di stranieri. Un odore denso aleggiava tra i banchi, come se fossimo a un mercato indiano. Non che io sia stato mai da quelle parti, ma il mio olfatto lo immagina così, con l’aroma troppo umano di quella prima media di Baranzate. E poi ci sono passato per nove mesi, per i controlli di routine che Anna doveva fare in gravidanza. Nei reparti dell’ospedale Sacco i cartelli hanno sempre la scritta in arabo, cinese e spagnolo. Altro che l’internazionalità dell’inglese. Poi, poco più avanti, c’è il campo nomadi, da cui venivano tre o quattro dei ragazzetti che avevo in classe.
Da alcuni studi risulta che Baranzate sia il terzo comune d’Europa per immigrazione. Un’immigrazione che, per altro, si addensa in una sola parte della città, e principalmente nella famosa via Gorizia. In quella via ci ha vissuto anche mia madre, emigrata a 14 anni con zio Nicola, suo fratello maggiore. Due terroni, che in quella via avranno ritrovato compaesani o almeno corregionali. Gente che si piazzava lì, giusto il tempo di avviarsi una vita dall’altra parte dello stivale. Poi, una volta che la vita si era avviata, se ne andava e non ci tornava più. Anche chi ci abita oggi fa così. Anche loro riconoscono chiaramente un posto arrangiato e non hanno intenzione di farselo andare bene per troppo tempo. Via Gorizia è da sempre la via degli ultimi arrivati. Con i palazzoni affacciati sulla strada e le fabbriche intorno che da qualche anno, se non hanno già chiuso, faticano molto più di ieri o hanno lasciato il posto ad altro. Adesso lì dentro non ci trovi più i terroni ma cinesi, arabi, peruviani, nordafricani. Ecco, se dovessi dire da dove nasce l’idea primordiale del romanzo, risponderei che comincia dalla contemplazione di via Gorizia. Dalla metaforicità di questo luogo, che trova molti analoghi alle porte delle città del triangolo industriale. (continua…)

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lunedì, 14 settembre 2015

NIDI DI NOTE

In collegamento con il forum di Letteratitudine dedicato a “LETTERATURA E MUSICA“, ci occupiamo del volume “Nidi di note – un cammino in dieci passi verso la musica” – Testo di Bruno TognoliniDisegni di Alessandro Sanna - Musiche di Sonia Peana e Paolo Fresu (Gallucci, 2012)

***

Nidi di note – un cammino in dieci passi verso la musica

Testo di Bruno TognoliniDisegni di Alessandro Sanna - Musiche di Sonia Peana e Paolo Fresu
Gallucci, 2012

a cura di Claudio Morandini

Come avvicinare i bambini alla musica? Be’, non dovrebbe essere difficile: i bambini sono naturalmente attratti dalla musica, hanno però bisogno che questo loro interesse perduri, si rafforzi, maturi, diventi consapevole. Nato dall’esperienza diretta e concreta di un laboratorio didattico a Bologna che poi si è sviluppato in una serie di incontri e concerti, “Nidi di note”, attraverso le movenze della fiaba, con accenti poetici e un franco umorismo lavora proprio su ciò che la musica è e su ciò che può dare, al di là del semplice e accattivante abbinamento di ritmo e melodia.
Due bambini, Cirino e Coretta, poveri ma belli e soprattutto intelligenti, partono alla ricerca del Sole Suonatore e della Luna Cantante dal regno di Quandomai, la cui popolazione è afflitta da un Re e una Regina che istupidiscono i loro sudditi cantando dalla sera alla mattina, come sirene ingorde, come televisori sempre accesi sui peggiori programmi. Nella loro peregrinazione, i due bambini attraversano paesi-città che mancano tutti di qualcosa: Iniziò è fatto di niente e non è mai iniziato, Forsecè è abitato da persone che, colte da dubbi e paure, non osano mai fare nulla, Machiè da poveretti che hanno tutti lo stesso nome (Peppino) e chiamano con quel medesimo nome ogni cosa, un po’ come i Puffi ma peggio; nel paese di Fanonfà il tempo non scorre e si rimane in un eterno presente; in quello di Fortepià ogni cosa è portata all’eccesso, tutti urlano e nessuno conosce le sfumature. E ancora: nel paese di Giù gli abitanti non conoscono l’alto, ma solo il basso, a Menopiù tutti evitano di avvicinare gli altri per paura di scoprire i loro odori, i difetti; a Maconché si mangiano e si usano solo cipolle, per ogni cosa; a Suonoquì sono banditi i rumori del corpo, compresa la voce e il canto, e si comunica attraverso un gran via vai di foglietti. In tutti questi paesi Cirino e Coretta, dopo un primo attimo di stupore, sono ben accolti, e provocano, con la spontaneità propria del fanciullo (almeno del fanciullo delle fiabe), un salutare scossone, risolvendo così le paure e i problemi degli abitanti e uscendone come eroi, carichi di doni. (continua…)

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lunedì, 14 settembre 2015

LetteratitudineNews: dal 23 agosto al 13 settembre 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 23 agosto al 13 settembre 2015

- PAOLA MASTROCOLA racconta L’ESERCITO DELLE COSE INUTILI

- PORDENONELEGGE 2015

- ROGO: intervista a Giacomo Sartori

- CIATU

-BUK CATANIA 2015

-FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE 2015

-PREMIO LA TELA DI PENELOPE 2015

-Una stanza tutta per sé

-FESTIVALETTERATURA 2015

-TEATRO SULL’ACQUA 2015: dal 5 al 13 settembre

-IL MISTERO E LE SUE MASCHERE

-LIBRI A MOLLO 2015 – SECONDA PARTE

-ADDIO A MANLIO CANCOGNI

-STRADE INQUIETE di Alessandra Litrico (recensione)

-ADDIO A OLIVER SACKS

-NAXOSLEGGE 2015: “LA LUCE È COME L’ACQUA” – dal 3 al 30 settembre

-PREMIO NINFA GALATEA 2015

-FESTIVAL DELLE STORIE 2015: dal 22 al 29 agosto

© Letteratitudine

(continua…)

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venerdì, 11 settembre 2015

SPECIALE PREMIO CAMPIELLO 2015

SPECIALE PREMIO CAMPIELLO 2015

Sabato 12 settembre verrà decretato il vincitore della 53^ edizione del prestigioso premio letterario tra i seguenti cinque finalisti: Marco Balzano, Paolo Colagrande, Vittorio Giacopini, Carmen Pellegrino, Antonio Scurati. Sul post, i contributi speciali di Letteratitudine

Concorrono per la vittoria finale della 53^ edizione del Premio Campiello Marco Balzano con L’ultimo arrivato (Sellerio), Paolo Colagrande con Senti le rane (Nottetempo), Vittorio Giacopini con La Mappa (Il Saggiatore), Carmen Pellegrino con Cade la terra (Giunti) e Antonio Scurati con Il tempo migliore della nostra vita (Bompiani).

I CONTENUTI SPECIALI DI LETTERATITUDINE

(continua…)

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domenica, 6 settembre 2015

CAMILLERI e MONTALBÁN: per il 90° compleanno di Andrea Camilleri

CAMILLERI e MONTALBÁN: per il 90° compleanno di Andrea Camilleri

In occasione del 90° compleanno di Andrea Camilleri (nato il 6 settembre 1925) pubblichiamo questo video (datato 6 febbraio 2014) dove il noto scrittore siciliano riceve (nell’ambito del Festival del Noir BCNegra di Barcellona) il prestigioso Premio Pepe Carvalho 2014 in ricordo del personaggio creato dallo scomparso scrittore catalano Manuel Vázquez Montalbán.
Nel video, Camilleri, racconta il suo rapporto con Manuel Vázquez Montalbán, accenna alla nascita del suo personaggio Montalbano e parla della sua opera “Il birraio di Preston”.

Buon compleanno, Andrea Camilleri!

© Letteratitudine

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giovedì, 3 settembre 2015

MIGRANTI

La nuova puntata de “Il sottosuolo” di Ferdinando Camon è dedicata alla sconvolgente e attualissima problematica legata al fenomeno dei cosiddetti “migranti” (in questi giorni c’è, in particolare, questa notizia orribile sta facendo il giro del mondo).

Di seguito, due articoli dal titolo molto indicativo: “Migranti marchiati come animali“, “Selezione dei migranti, chi vive e chi muore“.

(Massimo Maugeri)

* * *

MIGRANTI

di Ferdinando Camon

ferdinando-camon1. Migranti marchiati come animali

È al lavoro in Europa, con poteri direzionali, una generazione nata meno di 60 anni fa, che non sa niente di storia. L’altro giorno funzionari di Auschwitz hanno aperto nell’ex campo di sterminio una fila di docce, per rinfrescare i turisti accaldati. Evidentemente non sapevano cosa le docce significano ad Auschwitz. Le proteste d’Israele si son levate altissime, le docce sono state portate via, ma mi domando perché non sono stati rimossi su due piedi anche quegli impiegati. Ieri la polizia ceca, non sapendo come identificare i profughi, adulti e bambini, ha pensato di contrassegnarli con un numero, indelebile, sul braccio. Non sapendo che anche questo sistema era usato ad Auschwitz, e che i sopravvissuti dei Lager si son portati quel numero fino alla morte e oltre. Ad Auschwitz il numero era tatuato sulla carne, mentre la polizia ceca lo scrive su un braccialetto di plastica. Il risultato però è lo stesso: uomini ridotti a numeri, e chiamati con quel numero. Non più persone, ma “pezzi”. A monte di queste operazioni, ci sta una concezione di razza: i migranti sono di razza inferiore. Animali. O cose.
La massa di migranti che preme su Budapest e da lì sulla Germania spaventa tutti. Sono troppi. Hanno bisogno di tutto. Accoglierli è un disastro. Respingerli è una colpa. Che si fa?
Rispondere alzando i muri è una risposta vecchia, razzista, fallita e indegna dell’uomo europeo. I muri sono in contraddizione con lo spirito della Comunità di Stati che si chiama Europa. Al presidente dell’Ungheria, che con la costruzione di un muro lungo quasi 200 chilometri pensa di risolvere il problema dell’immigrazione, viene attribuita una frase orrenda: “Le masse d’immigranti vengono per imbastardire la nostra razza”. Anche in Italia qualcuno parlò così, usando la parola “imbastardire”. Chi usa una parola del genere, dovrebb’essere escluso non dal partito ma dalla politica. La politica è l’arte della relazione con gli altri. Se tu pensi che tu sei puro (o civile) e gli altri sono impuri (o incivili o barbari), e che il contatto con loro ti imbastardisce, non puoi fare politica, puoi fare soltanto guerra. E infatti i muri sono uno strumento di guerra. I muri li costruiva l’Unione Sovietica (la cortina di ferro) o la Germania est (il muro di Berlino), e adesso l’Ungheria, la Bulgaria, e fra poco l’Estonia. Chi si chiude dentro un muro protegge il proprio bene e tiene fuori gli altri, sentiti come un male. Protegge come? “Per ora, i nostri soldati non hanno l’ordine di sparare”, dice il presidente dell’Ungheria, intendendo che possono fare tutto il resto, lanciare gas lacrimogeni, picchiare col manganello, arrestare. O chiudere le stazioni, in modo che non possano partire. È appena successo. Migliaia d’immigrati bloccati nella stazione di Budapest volevano salire sui treni per Vienna e Berlino, ma venivano bloccati. La stazione è stata occupata dai migranti, poi evacuata a forza dalla polizia, poi rioccupata…: è il caos. Da italiano, avrei piacere che questa massa arrivasse a Berlino, per vedere cosa fa la Merkel. Perché la signora Merkel, finché i migranti sbarcavano a migliaia in Italia, ripeteva come un mantra che “il primo paese che toccano se li deve tenere”. Adesso che arrivano in Germania, cambia slogan: “L’ospitalità va divisa fra tutti”. La Merkel non ragiona da europea, ma da tedesca. Io farei notare questa contraddizione, se fossi al posto di Renzi. La farei notare non a lei, ma al mondo.
Che succederà quando gli stati che costruiscono i muri, metteranno sotto il filo spinato le mine? Ci saranno migranti che muoiono? È europeo tutto questo? Noi europei siamo “assassini di affamati”?
Si dice: chi scappa dalla guerra ben venga, chi scappa dalla fame no. E perché? I nostri migranti partivano per fame. Anche la fame è una guerra. Noi occidentali siamo protesi a migliorare il nostro benessere economico, senza pause. Consideriamo il governo che ci guida in questa corsa un buon governo. I disperati che vengono in casa nostra sono un problema, ci rallentano la corsa, ma dobbiamo accettarlo. L’altra scelta è lasciarli morire. Dobbiamo considerare un buon governo quello che non li lascia morire.

* * *

2. Selezione dei migranti, chi vive e chi muore (continua…)

Pubblicato in IL SOTTOSUOLO (di Ferdinando Camon)   Commenti disabilitati

martedì, 1 settembre 2015

STORIE (IN) SERIE n. 4 – True Detective (seconda stagione)

Storie (In) Serie

Storie (in) Serie #4

(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)

Il quarto appuntamento dello spazio di Letteratitudine incentrato sulle Serie Tv è dedicato alla seconda stagione di “True Detective

* * *

True Detective: da Carcosa a Vinci.
Il groviglio investigativo della seconda stagione

Storie (in) Serie #4


a cura di Carlotta Susca

Era un’impresa difficile reggere il confronto con la prima stagione di True Detective: la coppia composta da Rust Cohle (uno strepitoso Mattew McConaughey) e Marty Hart (Woody Harrelson) è diventata oggetto di parodia come qualsiasi contenuto abbastanza popolare da essere inglobato e risputato in numerose varianti; i paesaggi desolati e bruciati della Lousiana erano un marchio visivo riconoscibilissimo, peculiare; il piano sequenza di più di 6 minuti aveva confermato l’alto livello registico; la sigla valeva da sola la visione della stagione, sia per la parte audio (Far From Any Road, The Handsome Family) che – e, forse, soprattutto? – per la parte visiva, una sovrapposizione di immagini che creavano corrispondenze fra i protagonisti e il paesaggio, a indicare l’importanza dei luoghi, a suggerire che un’indagine, per dei veri detective, non possa prescindere dal tessuto sociale nel quale è calata.

Eppure la prima, osannata, stagione, peccava dal punto di vista narrativo per una accelerazione fastidiosa nella conclusione, che, chiudendosi sulle vicissitudini dei due protagonisti – mirando a raccontare le loro storie più che l’indagine – risultava superficiale e sbrigativa nella definizione del tessuto sociale corrotto solo intravisto nel corso del peregrinare investigativo di Rust e Marty.

È forse di qui che ha origine il netto cambiamento avvenuto nella seconda stagione, da poco conclusasi: dalla necessità di delineare con più particolari il groviglio di concause (direbbe Gadda) legato a un delitto e dall’ovvio confronto con la stagione precedente, che imponeva di evitare una duplicazione di vicende e relazioni. Ecco dunque che la coppia diventa un quartetto di protagonisti, e le dinamiche fra loro si fanno meno nette. Ray Velcoro (un Colin Farrell il cui sguardo buono annulla ogni dubbio sulla reale natura del suo personaggio), Ani Bezzerides (Rachel McAdams), Paul Woodrugh (Taylor Kitsch) e un sorprendente Vince Vaughn nei panni di Frank Semyon sono solo i veicoli attraverso cui entrare nel ventre corrotto di Vinci, la città californiana scenario delle vicende.

Dove, quindi, nella Louisiana accecata da un sole senza scampo il paesaggio dominava incontrastato e la rete dietro ai delitti era a maglie larghe, adattata alla bassa densità abitativa dei luoghi, la California brulica letteralmente di vita: le frequentissime inquadrature dall’altro, soprattutto notturne, abbondano nella seconda stagione di True Detective, e la storia che viene seguita è una zoomata all’interno di club, residenze private e ville teatro di scambi sessuali e ricatti. Se nella prima stagione si raccontava la storia dei detective e si intravedeva solamente la sovrastruttura criminale i cui omicidi erano solo un effetto collaterale, nella seconda stagione domina incontrastato proprio quel sostrato di relazioni intricate, e i singoli personaggi sono parte di vicende estremamente ramificate.

Era inevitabile che fosse penalizzata la capacità di identificazione del pubblico con le singole storie: ciascuna avrebbe potuto costituire – in tempi non troppo lontani, in cui le narrazioni seriali erano dilatate e sospese, e ben puntellate da cliffhanger al termine di puntate diluite –  un racconto a sé, ne conterrebbe tutti gli elementi. Sarebbero stati possibili focus monografici su ciascuno dei personaggi principali perché ci sarebbe stato materiale narrativo a sufficienza, tanto che il risultato dell’averlo concentrato in una stagione di otto episodi crea a tratti confusione e spaesamento (ne sono una prova i numerosi commenti negativi, alimentati anche dall’odiosa abitudine corrente di ‘recensire’ le singole puntate – come se si pubblicassero commenti ai singoli capitoli di un libro prima di avere una visione d’insieme).

La storia di Ray Velcoro, il rapporto conflittuale con l’ex moglie, l’incertezza sulla paternità, il rapporto intenso con il figlio e la relazione di confronto con il genitore, con la tentazione del male e l’intuizione del bene sarebbe potuta essere centrale in un racconto poliziesco, così come le vicende di Ani Bezzerides, il cui rapporto con il padre rappresenta la continua dialettica fra scelte di vita ed educative intergenerazionali e la loro impossibile trasmissione in eredità, dato che ogni decisione deve essere maturata autonomamente e rende inevitabile l’uccisione dei padri e dei loro modelli di vita. (continua…)

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Letteratitudine: da oltre 15 anni al servizio dei Libri e della Lettura

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"Cetti Curfino" di Massimo Maugeri (La nave di Teseo) ===> La rassegna stampa del romanzo è disponibile cliccando qui

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OMAGGIO A ZYGMUNT BAUMAN

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OMAGGIO A TULLIO DE MAURO

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RATPUS va in scena ratpus

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Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

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"TRINACRIA PARK" a Fahrenheit ...

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