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Archivio della Categoria 'POESIA'

martedì, 18 maggio 2021

DI-VERSI IRREQUIETI: Il volo di Franco Battiato

La nuova puntata di “Di-versi irrequieti“, spazio collegato alla rubrica “POESIA” di Letteratitudine, è dedicata a Franco Battiato (che ci ha lasciati oggi, 18 maggio 2021)

* * *

Il volo di Franco Battiato

di Daniela Sessa

All’alba Franco Battiato ha lasciato la vita. Nell’ora in cui la natura si risveglia: il cielo assiste alla fuga del buio e al primo canto e volo degli uccelli. E me lo immagino, Battiato, con la sua esile figura, il naso adunco, le braccia lunghe come ali, il sorriso evanescente e beffardo che si perde nell’infinito. Alla ricerca della sua nuova casa o di una forma diversa.

Volano gli uccelli volano
Nello spazio tra le nuvole
Con le regole assegnate
A questa parte di universo
Al nostro sistema solare

Aprono le ali
Scendono in picchiata, atterrano
Meglio di aeroplani
Cambiano le prospettive al mondo
Voli imprevedibili ed ascese velocissime
Traiettorie impercettibili
Codici di geometria esistenziale

Ha aperto le ali ed è salito in picchiata. La metafisica di Battiato è geometria esistenziale. Se l’universo è il tutto quanto, se è l’infinito che abbraccia il finito, il pensiero e il pentagramma e la parola di Franco Battiato sono quell’abbraccio. Nella sua vicenda di musicista e di poeta, Battiato ha tracciato linee dritte tra il qui e l’altrove. (continua…)

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mercoledì, 21 aprile 2021

DI-VERSI IRREQUIETI: Amelia Rosselli, poeta libellula

La nuova puntata di “Di-versi irrequieti“, spazio collegato alla rubrica “POESIA” di Letteratitudine, è dedicata ad Amelia Rosselli

* * *

Amelia Rosselli, poeta libellula

di Daniela Sessa

Non ne vogliano i pasdaran della grammatica, se questa rubrica chiama Amelia Rosselli (e lo farà con tutte le altre scrittrici di versi che deciderà di raccontare) poeta e non poetessa. Nella fragile e burbera Amelia la poesia s’accampò come assoluto declinare dell’esistenza. Amelia Rosselli fu un’apolide del verso: lo incarnò nella musica (era una studiosa di musicologia) in un mutuo simbolismo dei metri, lo dispiegò tra i gangli della sua malattia (la diversità del suo stare al mondo tra depressione e schizofrenia fu di-versità), lo rese materico e incorporeo assieme quasi per eludere il destino.  “La libellula” è il poema che la rese celebre e cui affidò la metafora biografica e intellettuale. Libertà ed equilibrio, evocati dal leggendario insetto, sono i due confini entro cui si mosse la vita di Amelia Rosselli. Nata a Parigi nel 1930 da Carlo Rosselli e dall’inglese Marion Cave, Amelia assume su di sé una tragedia familiare (l’assassinio del padre e dello zio Nello per ordine di Mussolini nel 1937) senza una precisa consapevolezza della tragedia politica, assente nelle sue poesie. Il piglio di Montale è anche qui, nel metabolizzare la storia dentro la condizione umana. Le sedute di psicoanalisi, l’identificazione con la madre, l’ingombro forse della figura volitiva della nonna (quell’Amelia Rosselli con cui l’adolescente Moravia tenne un carteggio interessante e da riscoprire), la ricerca del padre negli uomini che volle – Carlo Levi e Renato Guttuso -, l’amicizia imberbe con Rocco Scotellaro, la specularità con Sylvia Plath che ne detta forse anche il suicidio a soli 66 anni. (continua…)

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domenica, 21 marzo 2021

DI-VERSI IRREQUIETI: Lucio Piccolo – poeta

La prima puntata di “Di-versi irrequieti“, spazio collegato alla rubrica “POESIA” di Letteratitudine, è dedicata a Lucio Piccolo

* * *

di Daniela Sessa

Il Novecento in poesia è il luogo della rarefazione della parola. L’osso di seppia montaliano non è solo scarnificazione del verbum ma condensa in sé ogni rivolgimento e stravolgimento del rapporto suono e senso, verità e simbolo. La lirica novecentesca fu antilirica e liricissima assieme: sferzò il tempo con parole crude e fissò il tempo nella ungarettiana “quiete accesa”. Un poeta del ‘900 fu Lucio Piccolo. Poeta riservato e coltissimo, relegato in una nicchia fatta di diffidenza verso i suoi spettri e le sue manie, mai davvero entrato nel consesso dei letterati con la maiuscola. Seppure pare lo desiderasse. Di Lucio Piccolo si raccontano la stirpe nobiliare, le ironie del cugino Tomasi di Lampedusa verso quel poeta strambo e filosofo, la passione per lo spiritismo (condiviso con il fratello Casimiro) e per la relatività di Einstein. Lucio Piccolo si rifugiò nel Barocco (Villa Piccolo è assieme scrigno e materia di quella scelta) quando esplodevano le avanguardie e rievocò un crepuscolarismo di ritorno. Lo studio della musica si riversò nei suoi versi come attenzione alle pause e agli inarcamenti, a una sonorità che mai si mischiò con la tradizione del fonosimbolismo. Perché i suoi simboli, arcaici e ancestrali, scaturivano dall’oscurità e così si consegnavano alla pagina. (continua…)

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domenica, 21 marzo 2021

DI-VERSI IRREQUIETI

Inauguriamo questo nuovo spazio collegato alla rubrica “POESIA” di Letteratitudine. Si intitola “Di-versi irrequieti” e sarà curato da Daniela Sessa: «la rubrica si intitola così perché vuole raccontare la poesia come forma diversa ossia varia per autori, ispirazione e forme. La poesia è irrequieta come lo sciame di un verso di Montale (il mio poeta preferito) e sarà irrequieta questa rubrica che a volte ospiterà recensioni, a volte versi e basta, a volte darà la parola ai poeti. Seguiteci e siate irrequieti con noi».

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giovedì, 18 marzo 2021

POESIA: Cettina Caliò (Di tu in noi)

Nel nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine ospitiamo Cettina Caliò autrice della silloge “Di tu in noi” (La nave di Teseo)

Ecco le risposte di Cettina Caliò alle domande “ricorrenti” di questa rubrica dedicata alla poesia.

* * *

- Cettina Caliò, chi è poeta?
Il poeta è uno che si fa delle domande, sempre. È uno che vede il lato stanco e incolore di ogni cosa, è uno che vede la meraviglia nel dettaglio e ne fa metafora.

- Poeti si nasce o si diventa?
A monte c’è la necessità del respiro: alcuni nascono col fiato corto, ad altri, il fiato, si accorcia strada facendo. In entrambi i casi diventa essenziale scrivere l’urlo del fiato.

- Cos’è la poesia?
La poesia è una condizione del sentire, come il dolore (è del più forte sentire la più forte figlia, diceva Vittorio Alfieri).

- A cosa serve la poesia? (continua…)

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martedì, 5 gennaio 2021

ADDIO A FRANCO LOI

Nell’ambito delle rubrica di Letteratitudine Poesia” omaggiamo il poeta Franco Loi, scomparso il 4 gennaio 2021 proponendo, in particolare, questo ricordo del poeta Sebastiano Burgaretta (un contributo che abbiamo intitolato: Il giallo dei limoni)

* * *

Franco Loi (Genova, 21 gennaio 1930 – Milano, 4 gennaio 2021) è stato un poeta, scrittore e saggista italiano.

La poetica di Loi, ricca di arcaismi (in particolare dantismi) e neologismi, ha assunto il dialetto meneghino come il crogiolo di un più complesso espressionismo linguistico indirizzato a una libertà espressiva assoluta e a dare voce al proletariato oppresso e sfruttato.

Di seguito: alcuni approfondimenti (dalle principali testate giornalistiche italiane), un video (con una lezione magistrale di Loi alla serata inaugurale di Poesia Festival ‘15) e una biografia del poeta.

* * *

Approfondimenti su: la Repubblica, Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, RaiNews, Ansa

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* * *

Franco Loi nasce a Genova nel 1930 da padre sardo e da madre emiliana. Seguendo il padre ferroviere si trasferisce nel 1937 a Milano dove frequenta gli studi diplomandosi in ragioneria. Successivamente lavorerà come contabile allo scalo merci di Lambrate. In seguito lavora come impiegato allo scalo merci del porto di Genova fino al 1950 per diventare in seguito, nel 1955, incaricato per le relazioni pubbliche presso l’Ufficio pubblicità de La Rinascente e nel 1962 lavora all’Ufficio stampa della casa editrice Arnoldo Mondadori Editore.

Dopo essere stato attivo militante comunista, ha aderito al movimento della nuova sinistra, ma dagli anni settanta ha lasciato sostanzialmente l’attività politica, assumendo posizioni molto personali, con forte accentuazione di una religiosità anarchico-libertaria. La sua prima produzione poetica nacque tutta in una breve stagione, tra il settembre 1965 e l’estate 1974 quasi “sotto dettatura”, così il poeta rievoca quegli anni fondamentali: “scrivevo versi per quattordici ore filate al giorno, mi sono sempre considerato amanuense di Qualcuno”. (continua…)

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lunedì, 20 luglio 2020

OGGI: ricordando Elena Salibra

Nell’ambito delle rubrica di Letteratitudine Poesia” ospitiamo il secondo dei due saggi dedicati a ricordare la poetessa Elena Salibra, firmati dalla professoressa e saggista letteraria Emma Di Rao.

Il primo saggio, incentrato sull’opera Nordiche, la quinta raccolta poetica di Elena Salibra, è disponibile cliccando qui.

In questa sede ci occupiamo del saggio dedicato a oggi.

* * *

Note in margine a oggi

di Emma Di Rao

Il titolo oggi, che Elena Salibra attribuisce al suo ultimo componimento, scritto il 28 novembre 2014,[1] era già apparso in un testo della prima raccolta poetica, Vers.es,[2] testimonianza dell’esigenza costante, nell’autrice, di fissare la dimensione presente per individuarne la rilevanza nel proprio percorso interiore. Il contenuto di quella poesia lascia intravvedere una sorta di arresto  del soggetto lirico, che appare desideroso di quiete e di oblio, ma anche propenso ad affidarsi alla dimensione del sogno, come si evince dai versi: <<Lasciamoci dormire un’altra notte/ nella direzione dei sogni chè/ nella distanza non vadano via>>. Il contesto temporale è quello del tramonto che, allungandosi <<oltre il limite del giorno>>, guida i passi di due figure, l’io lirico e il consueto, silenzioso interlocutore,[3] verso la dimora di campagna che una sbarra chiusa  rende inaccessibile. Nella luce persistente della sera di fine estate, che avvolge e dilata lo spazio oltre i confini del reale, si muovono lievemente  le due presenze, che non percepiamo distinte, ma unite in un intimo ‘noi’ e immerse nella natura sino a fondersi con essa. Le suggestioni che tali immagini lasciano affiorare evocano l’atmosfera dominante  ne La pioggia nel pineto, cui rimanda, peraltro, anche un elemento abbastanza puntuale:<< sui nostri volti bruni>>, variazione minima del dannunziano <<sui nostri volti silvani>>.[4] Dal testo sembra lecito evincere  che l’oggi si identifica con una prospettiva che si colloca al di là della condizione presente, con quella dimensione onirica  in cui si dissolve ogni ostacolo che venga a frapporsi tra l’io e il suo desiderio di evadere in direzione di un ‘oltre’. Ne è prova evidente il ricorrere di termini  quali << limiti>>, << sbarra chiusa>>, <<chiudere di luce>> su cui, tuttavia, finisce per prevalere la <<direzione dei sogni>>, unitamente alla formulazione della speranza che essi <<nella distanza>> non vadano perduti. (continua…)

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venerdì, 10 luglio 2020

NORDICHE: ricordando Elena Salibra

Nell’ambito delle rubrica di Letteratitudine Poesia” ospitiamo il primo di due saggi dedicati a ricordare la poetessa Elena Salibra, firmati dalla professoressa e saggista letteraria Emma Di Rao.

Questo primo saggio è incentrato sull’opera Nordiche la quinta raccolta poetica di Elena Salibra

* * *

L’Io di Nordiche: né Ulisse né Tiresia

di Emma Di Rao

L’inscindibile legame che intercorre tra vita e letteratura si rinviene anche in Nordiche[1], la quinta raccolta poetica di Elena Salibra, e ne costituisce il tratto più significativo. Dissimulata, o persino assunta come materia su cui viene esercitata un’ironia sottile ed elegante, la dolorosa contingenza della malattia si configura, infatti, come la prospettiva da cui l’io poetante rappresenta i molteplici aspetti del reale – finanche elementi riconducibili alla quotidianità o dettagli apparentemente insignificanti -, sui quali interviene quella “doppia visione” che consente di rinvenire in essi un significato ulteriore.
L’ambito del vissuto individuale è oltrepassato mediante il dar voce alla ricerca del significato da attribuire alla nostra esistenza, soprattutto quando essa è minacciata dal sopravvenire di circostanze drammatiche. È tuttavia innegabile che l’esperienza del dolore produce una sorta di potenziamento della capacità di vedere e di conoscere il reale, coniugandosi con una straordinaria lucidità. Come nelle raccolte precedenti[2], il discorso lirico non accoglie, però, toni che non siano pacati e sobri, dando luogo a una cifra stilistica che coincide con una scrittura elegante e armoniosa, acquisita dall’italianista siracusana anche in margine ad uno studio rigoroso del patrimonio letterario classico e moderno. Alla resa letteraria e alla creazione di un dettato sempre ricercato -anche quando si fa ricorso a toni volutamente dimessi e colloquiali – contribuisce indubbiamente la memoria poetica che, nell’itinerario lirico salibriano, si manifesta nella fitta trama di reminiscenze mutuate da poeti quali Pascoli, D’Annunzio, Gozzano, Montale. Si tratta di echi o citazioni che, come è stato a ragione affermato[3], “non fanno macchia” e non sono di ostacolo alla creazione di un linguaggio poetico autonomo. Basti pensare al tema ricorrente del varco, che, pur rimandando innegabilmente a Montale, rappresenta anche un’innovazione rispetto al modello di riferimento. (continua…)

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sabato, 1 febbraio 2020

POESIA: L’ALEA di Laura Pugno

Il nuovo appuntamento dello spazio POESIA” di Letteratitudine è dedicato alla silloge di Laura Pugno intitolata L’Alea” e pubblicata da Perrone editore.

“Tu-io sei quella che rimane”, inizia così La mente paesaggio di Laura Pugno, pubblicato per la prima volta da Perrone nel 2010, e qui riproposto. Il libro di un’assenza, la linea d’ombra di tutte le vite, con l’io che affiora, una volta sola, in questa voce poetica che dice della natura della coscienza – dove inizia in noi? dove finisce? – e dell’identità. Eppure, a dieci anni di distanza, cambia la parola fine, diventa “tu-isola coperta di bosco”. Ora l’assenza si diffonde e sfuma nella bellezza intorno. È la linea dorata, intrecciata a quella d’ombra, che traccia il secondo poemetto, L’alea, in cui la mente-paesaggio, la mente-corpo, si riunisce al mondo. Un mondo le cui leggi allo stesso tempo ci sfuggono completamente e ci sembrano aver a che fare con noi, con la nostra presenza, il nostro inevitabile osservare ciò che accade e così modificarlo mentre siamo allo stesso tempo osservati, siamo sempre un tu-io.

Laura Pugno è nata a Roma nel 1970. È autrice di poesia, prosa, saggi e testi teatrali. Tra gli ultimi libri, i romanzi La metà di bosco e La ragazza selvaggia, Marsilio 2018 e 2016; il saggio In territorio selvaggio. Corpo, romanzo, comunità, Nottetempo 2018, e la raccolta di poesia I legni, Pordenonelegge/Lietocolle 2018. Ha vinto il Premio Campiello Selezione Letterati, il Frignano per la Narrativa, il Premio Dedalus, il Libro del Mare e il Premio Scrivere Cinema per la sceneggiatura. Collabora con L’Espresso, Elle, e il sito Le parole e le cose 2, ed è tra i curatori della collana di poesia I domani dell’editore Aragno. Dal 2015 dirige l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid (proponiamo un’ampia intervista a Laura Pugno dedicata all’IIC di Madrid).

Di seguito, un’intervista all’autrice.

* * *

L’ALEA: il mondo quantistico, costituito di lampi di luce, dove albergano le parole di Laura Pugno

di Massimo Maugeri

laura Pugno- Cara Laura, partiamo dall’inizio. Come nasce il tuo amore per la poesia?
Nasce nell’infanzia, c’è da sempre. Ho appreso prestissimo la capacità della scrittura, e quindi letteralmente non ho memoria di una me stessa che non scriva, e la forma materiale di questo scrivere è sempre stata la poesia. Ogni altra forma di scrittura che ho praticato – prosa, teatro, sceneggiatura – , e che ho praticato con amore, viene in qualche misura dopo, o accanto. Nel tempo e nello spazio la poesia è prima, è avanti e oltre, per me.

-Sappiamo che il poemetto “L’alea” è stato pubblicato per la prima volta nella collana Zoom di Feltrinelli (e che è stato scritto tra il 2013 e il 2016); mentre “La mente paesaggio” è stato pubblicato per la prima volta nel 2010, da Giulio Perrone Editore, che lo ristampa ora insieme a “L’alea”. Ciò premesso, considerandola nel suo complesso, quale potrebbe essere il principale filo conduttore di questa tua silloge che troviamo adesso in libreria intitolata, per l’appunto, “L’alea”? (continua…)

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venerdì, 3 agosto 2018

POESIA: MELAMANGIAI di Daniela Matronola

Il nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine è dedicato alla raccolta di versi di Daniela Matronola intitolata “Melamangiai” (RP libri)

Di seguito, la recensione di Simona Lo Iacono.

* * *

MELAMANGIAI di Daniela Matronola

di Simona Lo Iacono

Scrivere è sempre uno scandalo. Forse un peccato originale. Come se, cogliendo il frutto proibito nel giardino dell’Eden, Eva avesse immesso nell’eternità non solo il destino dell’uomo, la sua fragilità, la sua finitezza. Ma anche l’ambiguità delle parole.
Prima di tradire, l’uomo non scontava alcuna differenza tra l’essere interiore e quello esteriore. Interagiva con Dio attraverso un linguaggio silenzioso e stupito. Ma quando disobbedisce, la prima cosa di cui si accorge è che è nudo. Che è uomo, e deve coprirsi. E che la parola non è solo relazione, ma anche maschera.
Per farne riaffiorare la purezza, per tornare a darle la perfezione originaria, servono i poeti.
A loro è dato eliminare le scorie del tradimento, scavare, riannodare, ripulire. Nelle loro mani è la ricerca dolorosa di quella prima compattezza tra dentro e fuori. Una compattezza perduta per orgoglio.
Il poeta, allora, in qualche modo è un potente rievocatore di umiltà, perché si fa servitore della primissima vocazione della parola.
Ripara al tradimento, sia pure nel breve lasso di un verso.
Daniela Matronola è quel genere di poeta.
Non a caso la sua raccolta di versi si intitola “Melamangiai” (RP libri), la parola che disse Eva dopo quel primo morso alla mela nel paradiso terrestre. (continua…)

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domenica, 20 maggio 2018

POESIA: Mario Baudino (La forza della disabitudine)

Nel nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine ospitiamo Mario Baudino autore di La forza della disabitudine (poesie scelte 1980-2018) (Aragno).

Ecco le risposte di Mario alle domande “ricorrenti” di questa rubrica dedicata alla poesia.

[Ne approfittiamo per segnalare questa intervista a Mario Baudino dedicata al suo saggio: "Lei non sa chi sono io" (Bompiani)].

A seguire, un estratto della postfazione di Giovanni Tesio.

* * *

- Mario Baudino, chi è poeta?
Mario BaudinoQuesta è una domanda davvero difficile, caro Massimo. Posso fornire una risposta tautologica: chi scrive poesie. Ed una un po’ più articolata: chi riesce a fare delle propria immaginazione e del linguaggio che gli è stato dato, in cui si trova o che ha scelto, una musica necessaria. Per usare le parole di Heidegger (a proposito di Rilke) è anche qualcuno che “arriva all’abisso”. Mi rendo conto che sono tutte definizioni e, appunto, hanno la debolezza di ogni de-finizione. E’ piuttosto arduo tracciare confini per ciò che è sconfinato, e i poeti appunto di questo tendono a occuparsi.

- Poeti si nasce o si diventa?
Se vale la prima risposta, non c’è dubbio che va scelta la seconda alternativa. Si diventa: la poesia è un genere letterario che ovviamente nasce dalle forme più o meno indistinte, spontanee, di espressione umana, quindi potenzialmente appartiene a tutti. Ma va costruita (o creata) e dunque è il risultato di una elaborazione

- Cos’è la poesia?
In qualche modo credo di avere già risposto. Aggiungo che per me è una modalità di espressione altamente formalizzata.

- A cosa serve la poesia?
A niente. A tutto. «Se abitiamo un lampo, è il cuore dell’eterno» ha scritto René Char.

- Che consiglio daresti a chi volesse avvicinarsi alla lettura della poesia?
Non saprei. Leggere a letto? La poesia più che altri generi letterari chiede una condizione di ascolto, di affidamento totale, di silenzio

- Cosa consiglieresti a un poeta esordiente che ha velleità di pubblicazione?
Di non aver fretta, di frequentare altri poeti, di discutere, di leggere molto e di non farsi troppe illusioni. Anche, non dico soprattutto, di leggersi magari i romanzi di Roberto Bolaño, soprattutto Detective selvaggi. Sono storie di poeti e anche straordinari ritratti del poeta da giovane.

- Parliamo di te. Come nasce il tuo amore per la poesia?
Dal liceo, dalle prime letture. E’ stato  un lungo amore con molti travagli, tradimenti, libertinaggi. Un amore privato

- Guardando all’intera storia della poesia, quali sono i poeti che consideri come tuoi punti di riferimento?
Faccio qualche nome ovvio? Leopardi, va da sé. TS Eliot, soprattutto per La terra desolata, uno dei primi libri che credo d’aver letto e compitato e perfino tradotto. Ariosto, Borges, Mario Luzi. Montale, Foscolo, alla rinfusa. La poesia è disordinata

- Quali sono i versi poetici che non ti stancheresti mai di rileggere?
“«Dammi tu il mio sorso di felicità prima che sia tardi»/
implora, in tutto simile alla mia, una voce bassa/ e fervida lungo i dedali del risveglio risonando”.  (Mario Luzi, Il pensiero fluttuante della felicità)

“Date candidi giorni a lei che sola/ da che più lieti mi fioriano gli anni/ m’arse divina d’immortale amore…” ec ecc ) Foscolo, Le Grazie

“Non so come stremata tu resisti/ in questo lago/ d’indifferenza ch’è il tuo cuore; forse/ ti salva un amuleto che tu tieni/ vicino alla matita delle labbra,/ al piumino, alla lima: un topo bianco/ d’avorio; e così esisti!” (Dora Markus, Montale)

“«O frate», disse, «questi ch’io ti cerno/ col dito», e additò un spirto innanzi, / «fu miglior fabbro del parlar materno”.
(Dante, Purgatorio, Canto XXVI)

“Perché il bello non è/ che il tremendo al suo inizio, noi lo possiamo reggere ancora,/ lo ammiriamo anche tanto, perché esso calmo, sdegna/ distruggerci. Degli Angeli ciascuno è tremendo”.
Rilke, Elegie Duinesi

- Qual è il filo conduttore di questa tua silloge intitolata “La forza della disabitudine”? (continua…)

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venerdì, 20 aprile 2018

INTERVISTA A EUGENIO MONTALE

Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine sulla “POESIA” lo dedichiamo a questa breve intervista televisiva (la riportiamo in forma di testo) che Eugenio Montale rilasciò per la rubrica televisiva “Arte & Scienza” del 1959.

Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981),  poeta e scrittore italiano, ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura nel 1975.

* * *

A PROPOSITO DI POESIA: intervista a Eugenio Montale

- Montale, lei ha scritto che il poeta è colui che coglie la palla al balzo. Può spiegarci il senso di questa frase?
Nel mio caso, e anche nel caso di altri, credo che si tratti di una situazione linguistica. Ci sono delle cose che non possono essere dette che in un determinato tempo e con determinate parole. Colui che si rende conto prima di questo fatto è anche lo stesso che poi realizza qualcosa in questa direzione. Insomma ci sono possibilità da essere prese tempestivamente… diciamo così.

- Lei crede in una distinzione ancora valida tra poesia e prosa, o crede che i due fatti espressivi si vadano via via identificando?
Diciamo che la poesia va diventando certamente sempre più prosastica, ma credo che rimarrà sempre una distinzione dato il carattere più sintetico della poesia.

-Che cosa pensa della frattura tra poesia e pubblico? Esiste cioè un pubblico della poesia?
Forse no. Forse no perché i poeti sono così tanti che formano un pubblico. Escono migliaia di libri di versi all’anno. È probabile che questi poeti siano anche i clienti di se stessi; cioè che comprino essi stessi i libri di poesia. Ma dubito che esista veramente un pubblico per la poesia moderna. Forse esiste più in Italia che altrove.

- Potrebbe indicarci almeno tre opere poetiche di autori contemporanei degni, a suo giudizio, di restare nella storia della nostra poesia? (continua…)

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giovedì, 25 gennaio 2018

ENTRO A VOLTE NEL TUO SONNO di Sergio Claudio Perroni

Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine sulla “POESIA” lo dedichiamo ai testi in “prosa poetica” di Sergio Claudio Perroni contenuti nel suo nuovo libro, che esce proprio oggi (il 25 gennaio): “Entro a volte nel tuo sonno” (La nave di Teseo, 2018 – postfazione di Sandro Veronesi).

Di seguito, una “doppia lettura” a cura di Massimo Maugeri (dove si tenta di raccontare o di “spiegare” il libro) e di Daniela Sessa (dove si diffida dal tentare di raccontare o di “spiegare” il libro).

* * *

La lettura di Massimo Maugeri

Sergio Claudio Perroni è scrittore raffinato ed eccellente traduttore. Nella biblioteca di ogni famiglia, giusto per dirne una, non dovrebbe mancare la sua magnifica traduzione del capolavoro assoluto di John Steinbeck: “Furore. Chi volesse gustarsi la storia di un incontro tratteggiata con delicatezza e maestria invidiabili (e non l’avesse ancora fatto), per dirne un’altra, troverebbe soddisfazione nella lettura del suo recente romanzo: “Il principio della carezza” (La nave di Teseo, 2016 – qui è disponibile il suo Autoracconto d’autore). Prima, però, vecchi e nuovi lettori dei testi di Sergio Claudio Perroni e delle opere da lui tradotte, farebbero bene a procurarsi il nuovo bellissimo libro intitolato “Entro a volte nel tuo sonno” (La nave di Teseo), che si presenta con questo potente esergo: Ama impetuosamente / senti forsennatamente / non c’è altra vita.

Sergio Claudio PerroniC’è amore, dunque, nel nuovo libro di Perroni. E sentore. E vita. E molto, molto altro.
C’è una fitta e ampia geografia del pensiero e dei sentimenti, racchiusa nelle circa 170 pagine di “Entro a volte nel tuo sonno” (titolo, peraltro, dotato di grande intensità espressiva e su cui ci si potrebbe soffermare per vagliarne a fondo il significato. Chi volesse saperne di più è invitato a leggere “Madrigale – Madre io stesso”, a pag. 36).
Come leggiamo sulla bandella del libro, “Entro a volte nel tuo sonno” ci fa esplorare, come in un ideale atlante dell’anima, tutte le variazioni dell’esistenza – tra paure e passioni, volontà e istinti, mancanze e rinascite – per ricomporre i frammenti dei nostri discorsi interiori quotidiani, e donarci le parole esatte per saperli riconoscere e, finalmente, dire“.
Non stiamo parlando di un romanzo, non stiamo parlando di un saggio. Non si tratta nemmeno di una silloge di poesie in senso stretto. In questo libro, Sergio Claudio Perroni sperimenta una forma letteraria “altra” (e alta) che unisce al largo respiro della prosa la profondità della poesia, ponendosi di fronte al lettore come una sorta di specchio su cui riflettere pensieri/parole/emozioni che attraversano la nostra condizione di esseri umani. Ogni pagina di questo libro offre un titolo incisivo e uno sviluppo letterario che si trasforma, a sua volta, in occasione di viaggio fuori e dentro di noi.

Nella  postfazione Sandro Veronesi ci rivela che la sua preferita è “Sapere la strada”. Ci dice che l’ha letta solo cinque o sei volte (“ma metti pure dieci, son sempre poche, perché andrebbe imparata a memoria, da tanto è bella, da tanto è vera“, scrive Veronesi).  E già ripensa – continua Veronesi – a tutto quello che ha letto in vita sua, a tutto quello che ha scritto, e a quel che ha fatto di buono e di cattivo. E già ripensa – sono ancora parole di Veronesi – a tutto quello cui si possa ripensare, di fatto e di non fatto, da lui e da chiunque altro, come al frutto di quell’attimo.
Riporto, a mia volta, il testo di “Sapere la strada” (che qui diventa, dunque, citazione di citazione) per dare ulteriore risalto alle considerazioni appena esposte:

“Ti muovi nel buio e non ti trovi, cammini piano tra le
pareti di casa ma ciò che ti aspettavi non lo tocchi, ciò
che sfiori è inatteso, arriva troppo presto, troppo tardi,
ha spigoli nuovi, profili inauditi, allora cerchi a tentoni
l’interruttore più vicino, accendi un attimo la luce per
orientarti, solo un attimo per non svegliarti del tutto, e
quell’attimo ti basta per individuarti, per riconoscere il
tragitto un istante prima che scompaia, per incidere nella
tua mente la planimetria del buio, e riprendi ad avanzare
con la certezza di ogni passo, di ogni gesto, tra forme di
cui ti fidi, convinto di sapere la strada nell’invisibile, ma
a farti andare avanti è solo il ricordo di quell’attimo, a
guidarti è solo la memoria della luce”.

Un titolo, dicevo. E insieme a ogni titolo, la premessa (e la promessa) di un viaggio. “Entro a volte nel tuo sonno” ci consente di percorrere all’incirca 160 di questi itinerari. Il lettore può intraprenderli in sequenza, o senza rispettare un ordine prestabilito. Sono viaggi intensi che ti lavorano dentro, trasportandoti in una dimensione introspettiva dall’altissima densità letteraria. Sono esperienze di lettura che vanno consumate più volte per poterne beneficiare appieno; perché ogni lettura e ogni rilettura può offrire una percezione diversa, una nuova prospettiva di visione.

Mi incanto di fronte a un titolo: “Il profilo delle parole“. Mi ci soffermo, perché – alla fine – è di parole che stiamo parlando. È un titolo che mi incuriosisce, che m’inchioda. Mi domando: anche le parole, dunque, hanno un profilo? Leggo il testo e inizio il mio viaggio che qui, adesso, voglio condividire: (continua…)

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sabato, 21 ottobre 2017

POESIA: A MARIA ATTANASIO il Premio Internazionale Gradiva-New York 2017

Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine sulla “POESIA” lo dedichiamo alla poetessa e scrittrice Maria Attanasio che, con la silloge “Blu della cancellazione” (La Vita Felice) si aggiudica il Premio Internazionale Gradiva-New York 2017  (dopo aver vinto il Premio Brancati).

Di seguito, la puntata della trasmissione radiofonica “Letteratitudine in Fm” dove Maria Attanasio conversa con Massimo Maugeri su “Blu della cancellazione” e un video dedicato alla poetessa.

* * *

Il Premio Internazionale Gradiva-New York 2017 è stato assegnato – con voto unanime della Giuria – alla poetessa Maria Attanasio per la silloge “Blu della cancellazione” (La Vita Felice), opera vincitrice del Premio Brancati 2017 (sezione Poesia).

La Cerimonia di premiazione del Gradiva si svolgerà il 26 ottobre 2017 presso la State University of New York, Stony Brook.

LA PUNTATA DI “LETTERATITUDINE IN FM” (con Maria Attanasio in conversazione con Massimo Maugeri) È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO. Nell’ambito della puntata, Maria Attanasio legge due poesie tratte dalla silloge.

* * *

* * * (continua…)

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martedì, 3 ottobre 2017

POESIA e POETI: OMAGGIO A PIERLUIGI CAPPELLO

Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine sulla “POESIA” lo dedichiamo a Pierluigi Cappello, poeta scomparso il 1° ottobre 2017.

Pierluigi Cappello è stato uno dei maggiori poeti italiani. Ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra cui i premi: Montale Europa (2004), Bagutta Opera Prima (2007) e Viareggio-Rèpaci (2010). Nel 2012 ha ricevuto il premio Vittorio De Sica sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e nel 2013 è stato insignito del premio assegnato ogni anno dall’Accademia dei Lincei a personalità che si siano distinte nel mondo della cultura. Nel 2014 ha vinto il premio Terzani.

Di seguito: un video dove Pierluigi Cappello legge due sue poesie a Eraldo Affinati, una nota biografica del poeta, alcuni testi tratti dal suo sito e informazioni sui suoi libri.

* * *

* * *

Pierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1° ottobre 2017) è stato un poeta italiano. Ha scritto numerose opere in lingua friulana e ha diretto la collana di poesia La barca di Babele, edita a Meduno e fondata da un gruppo di poeti friulani nel 1999.
Ha pubblicato i seguenti libri: “Le nebbie” (1994), “La misura dell’erba” (1998), “Amôrs” (1999), “Dentro Gerico” (2002). Con “Dittico” (Liboà, Dogliani 2004) ha vinto il premio Montale Europa di poesia. “Assetto di volo” (Crocetti, Milano 2006) è stato vincitore dei premi Pisa (2006) e Bagutta Opera Prima (2007). Nel 2008 ha pubblicato la sua prima raccolta di prose e interventi intitolata “Il dio del mare” (Lineadaria, Biella 2008). Nel maggio 2010 pubblica “Mandate a dire all’imperatore” (Crocetti, Milano 2010), col quale vince il premio Viareggio-Repaci.
Nel 2013 Rizzoli pubblica la sua prima opera narrativa: “Questa libertà” ed in contemporanea anche la raccolta di tutte le poesie “Azzurro elementare”. Con “Questa libertà” vince il premio Terzani 2014.
Nel 2014 esce anche un suo nuovo libro, scritto per i bambini: “Ogni goccia balla il tango” (Rizzoli).
Nel 2016 esce un nuovo libro di poesie, “Stato di quiete” (BUR contemporanea, Rizzoli), con prefazione di Jovanotti seguita da una sua nota introduttiva.

* * *

Parole povere

(continua…)

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venerdì, 4 agosto 2017

POESIA: Valentino Zeichen (Le poesie più belle)

Il nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine lo dedichiamo a Valentino Zeichen (Fiume, 24 marzo 1938 – Roma, 5 luglio 2016) in occasione della pubblicazione del volume “Le poesie più belle” di Valentino Zeichen (Fazi editore).

Di seguito, alcune poesie estratte dal volume (per gentile concessione dell’editore).

* * *


Estratti da Le poesie più belle, Valentino Zeichen

L’amante della poesia

Col proposito di disciplinare

la vita stampata che

assai più della vera, recalcitra

apparecchio il letto

che per gioco somiglia

alla tavola d’un banchetto

con prelibate pietanze:

ritagli di giornali con elogiative

recensioni ai miei libri.

Il piatto forte consiste

in mie foto a colori

pubblicate su riviste: profili,

mezzibusti, l’interafigura!

Giunge l’amante della poesia

evita gli approcci fisici

e s’inginocchia radendo

con le labbra i miei ritratti.

La sua foga fa ben sperare

ma nondimeno m’allarma;

osservo le carte gualcirsi

le teste spiegazzate,

sciupate dal passionale trapestio.

Ora l’amante della poesia rivolge

le sue attenzioni all’originale

ma, la vedo come interdetta

poiché non mostra di saper distinguere

fra me e le copie cartacee. (continua…)

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martedì, 25 luglio 2017

POESIA: Ocean Vuong (Cielo notturno con fori d’uscita)

Il nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine è dedicato al giovane poeta vietnamita Ocean Vuong e al suo “Cielo notturno con fori d’uscita” (La nave di Teseo) – prefazione di Michael Cunningham, traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan.

Di seguito, la recensione di Daniela Sessa.

* * *

Il corpo lirico di Ocean  Vuong: “Cielo notturno con fori d’uscita”.

di  Daniela Sessa

Lui getta il mio nome in aria. Io guardo le sillabe che si sbriciolano in ciottoli sul ponte“.  L’immagine è in “Immigrant haibun”  di Ocean Vuong: si finga nel nome un “io” e nell’io un “noi”, che leggiamo i suoi versi, e si resta colpiti dal baluginìo della sua poesia. Baluginìo mentre il senso se ne sta camuffato nel singhiozzo delle immagini, nel gioco di parole dal suono di oboe  e luce di stelle, quelle inghiottite dal buco nero della memoria, del dolore, del corpo. Stelle che brillano e poi muoiono. Dentro un libro. Ciottoli sul ponte sono le parole dei libri o l’inceppamento di un revolver

“ Torna indietro & vai a cercare il libro che ho lasciato

per noi, colmo

di tutti i colori del cielo

dimenticato dai becchini.

Usalo.

Usalo per provare che le stelle

sono sempre state quello che sapevamo

fossero: i fori d’uscita

di ogni

parola che ha fatto cilecca”

Le parole di Ocean Vuong al primo pronunciarsi paiono non trafiggere, leggere come sono per le ali delle metafore che le portano in alto, nel cielo notturno. Ma proprio in quel notturno, in quel buio sappiamo, sentiamo che stanno lacerando. Lacerano il corpo. Di chi legge e ascolta. Del poeta che scrive e legge. Lacerano il corpo se “in every body is the book”, afferma Ocean Vuong in un’intervista televisiva. Il corpo racchiude un libro, racchiude parole, versi: “Recording poems”, questo fa il corpo per Ocean Vuong. Una poesia carnale e lieve, ossimoro di scrittura e senso. Tanto più sanguinano le immagini quanto più la parola lava quel sangue fino a cancellarlo, fino a sublimare in suoni e colori le ferite aperte del corpo. Un corpo martoriato dalla guerra, dalla violenza, dal viaggio, dal sesso trova una voce nei labirinti della memoria. Ocean Vuong è molto giovane, non ha ricordi del Vietnam fatto a pezzi dalla guerra perciò prende i ricordi dalla madre e dalla nonna. L’universo femminile custodisce anche il senso del viaggio in America, la terra nemica che accoglie. Qui c’è l’assassinio edipico del padre “Carissimo Padre, che ne sarà del ragazzo/ non più ragazzo? Ti prego-/che ne è del pastore/ quando le pecore sono cannibali?”, qui c’è “l’orizzonte di ruggine” di Newport “America una fila di lampioni/ che gli baluginavano sulle labbra/di whiskey”, qui c’è una lingua nuova e la “parola esiliata” per decrittare sentimenti atavici, una lingua “fiammifero acceso” a generare un’identità nuova, meticcia di pelle e di radici emotive “Quando ti chiederanno/ di dove sei,/ di’ che il tuo nome/ è stato reso carne dalla bocca sdentata/ di una donna di guerra”.  Elegia del padre ed epos della madre è “ Cielo notturno in fori d’uscita” di Ocean Vuong (La nave di Teseo, 2017), la prima raccolta di questo giovane poeta vietnamita e americano, portato in Italia dall’acume di Elisabetta Sgarbi che lo ha pubblicato in un volume prezioso (prefazione di Michael Cunningham, traduzione di Damiano Abeni e Moira Egan). Malinconia e mito sono spazio lirico. Malinconia per un padre incapace di ritorno e aura mitica per la madre quasi una presenza sciamanica di coraggio e sfida. Le trentacinque poesie di questa spaesante raccolta celebrano la scrittura come piena realizzazione dell’io poetante. Domina la figura gracile del poeta. Gracilità della dimensione di figlio sulla soglia (“Thresold” è la poesia che apre la raccolta), di ragazzo piegato da orgasmi onanistici (in “Ode alla masturbazione”) e omosessuali, di poeta alla ricerca impossibile e distratta di un modello di lessico e metro (in molte liriche c’è la tentazione immatura di rendere omaggio alla poesia americana di Carl Phillips, Robert Duncan, Frank O’Hara come anche le letture di Joseph Brodskji, di Shakespeare e di Milton, addirittura di Garcia Lorca). (continua…)

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mercoledì, 24 maggio 2017

POESIA: Elena Mearini (Strategia dell’addio)

Nel nuovo appuntamento dello spazio “POESIA” di Letteratitudine ospitiamo Elena Mearini autrice di “Strategia dell’addio” (LiberAria).

Ecco le risposte di Elena alle domande “ricorrenti” di questa rubrica dedicata alla poesia.

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Risultati immagini per elena mearini letteratitudine- Elena Mearini, chi è poeta?
Poeta è colui che non si stanca mai di scoprire e riscoprire i volti nascosti della realtà. Il poeta si deve impicciare dei fatti e delle facce del mondo, sfondare le barriere, abbattare i muri, sconfinare senza fine e senza mai dimenticare di portarsi appresso attenzione e cura. Il poeta avanza con passo gentile.

- Poeti si nasce o si diventa?
Nella poesia ci s’inciampa, per errore, grazia o destino.  È una specie di pozza che contiene infinite varianti del mondo. Chi ci casca dentro, se ne innamora. Ed ecco fatto. È poeta.

- Cos’è la poesia?
È una cosa che non smette mai di accadere e di esserci, una costante umana che contempla la bellezza e tralascia l’abbandono. La poesia garantisce la realtà della vita, ci dice che quando un cuore batte, batte davvero.

- A cosa serve la poesia? (continua…)

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mercoledì, 19 aprile 2017

ANTOLOGIA DI POETI CONTEMPORANEI e LA GRAVIDANZA DELLA TERRA

Questo post inaugura il nuovo spazio di Letteratitudine dedicato alla POESIA (che si aggiunge a PoesiaNews).

Ci occupiamo di “ANTOLOGIA DI POETI CONTEMPORANEI. Tradizioni e innovazione in Italia” di Daniela Marcheschi (Mursia) e di “LA GRAVIDANZA DELLA TERRA. Antologia di poesia rurale” (curato da Daniela Marcheschi e pubblicato da Olio Officina).

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“ANTOLOGIA DI POETI CONTEMPORANEI. Tradizioni e innovazione in Italia” di Daniela Marcheschi (Mursia)

di Massimo Maugeri

Conosco e stimo Daniela Marcheschi da tanti anni.
Docente in Italia e all’estero di Letteratura italiana e Antropologia delle Arti, la Marcheschi ha curato i Meridiani Mondadori delle Opere di Carlo Collodi (1995) e di Giuseppe Pontiggia (2004). Come critico, numerosi sono i suoi interventi su poeti contemporanei (Penna, Noventa, Bacchini e altri) e su varie problematiche e aporie connesse alla poesia attuale. Alcuni dei suoi interventi più originali, oltre che in vari libri, sono riuniti nel volume Il sogno della letteratura. Luoghi, maestri, tradizioni (2012). I suoi saggi sono tradotti in diverse lingue. Nel 1996 ha ricevuto un Rockefeller Award proprio per la Critica e la Poesia.

Di recente Daniela Marcheschi ha pubblicato, per i tipi di Mursia (nella collana Argani diretta da Guido Oldani), un nuovo libro dedicato alla poesia: ANTOLOGIA DI POETI CONTEMPORANEI. Tradizioni e innovazione in Italia.
Stiamo parlando di un’antologia che prova a rispondere a una domanda tutt’altro che semplice: chi sono i poeti più significativi del nostro tempo? Ma c’è una domanda ancora più essenziale che coincide con l’incipit della prefazione firmata dalla stessa Marcheschi. Ed è la seguente: perché allestire oggi un’antologia della poesia italiana contemporanea? La risposta giunge subito dopo:
«Perché, per fare letteratura, è indispensabile continuare a inventarla, crearla e ricrearla ogni giorno e, per dare un contributo anche piccolo alla creazione di una nuova letteratura, è necessario fare costantemente il punto della situazione, dello stato dell’arte. È necessario esserle fedeli. Bisogna cercare di capire meglio quali siano effettivamente e come si articolino le tradizioni in atto e di cimentarsi in una loro lettura-interpretazione per scegliere quali autori e quali testi sembrino più vitali per tematiche, ricerca stilistica, modalità espressive. Insomma le opere migliori, le più belle per esiti formali».

Riporto di seguito qualche altro stralcio della prefazione per gentile concessione della stessa Daniela Marcheschi e della casa editrice Mursia (che ringrazio): (continua…)

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mercoledì, 19 aprile 2017

POESIA

Il nuovo spazio di Letteratitudine interamente dedicato alla Poesia (in aggiunta all’iniziativa PoesiaNews ) dove diversi poeti si avvicenderanno per rispondere ad alcune domande “ricorrenti” e a discutere della loro nuova opera. La rubrica ospiterà anche ulteriori contributi – in varia forma – dedicati alla poesia e ai poeti.

Tutte le puntate della rubrica sono disponibili qui.

(continua…)

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Letteratitudine: da oltre 15 anni al servizio dei Libri e della Lettura

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"Cetti Curfino" di Massimo Maugeri (La nave di Teseo) ===> La rassegna stampa del romanzo è disponibile cliccando qui

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OMAGGIO A ZYGMUNT BAUMAN

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OMAGGIO A TULLIO DE MAURO

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RATPUS va in scena ratpus

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Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

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"TRINACRIA PARK" a Fahrenheit ...

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