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Archivio della Categoria 'LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB (con la collaborazione di Simona Lo Iacono)'

mercoledì, 25 marzo 2015

IL DOCUMENTO DIGITALE (Le nostre vite tra diritto e web n. 31)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 31

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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IL DOCUMENTO DIGITALE

Che cos’è un documento digitale?

L’intero concetto di Amministrazione Digitale ruota intorno a quella che viene chiamata “rappresentazione informatica” e che può essere definita come il risultato della trasformazione in bit, e successiva memorizzazione di quegli atti, fatti o dati che possano avere rilevanza giuridica.

La disciplina del documento informatico e della sua validità giuridica hanno rappresentato il primo tassello per consentire l’applicazione analogica delle norme preesistenti alle nuove tecnologie: l’obiettivo del legislatore era consentire di conferire piena validità giuridica all’attività contrattuale e amministrativa svolta con l’ausilio degli strumenti informatici.

Il Codice dell’Amministrazione Digitale fornisce gli strumenti per la gestione integralmente telematica dell’attività amministrativa e negoziale delle PPAA, in considerazione degli obblighi che impongono di abbandonare le tradizionali modalità analogiche.

La dematerializzazione dei documenti è il processo attraverso cui il documento giuridico viene formato (e conservato) utilizzando supporti di natura telematica o, più in generale, informatica. Il documento “dematerializzato” nel rispetto della normativa vigente ha il medesimo valore legale e probatorio del documento cartaceo (o analogico in genere). La trasformazione del documento in un elemento informatico genera una stringa digitale in grado di soddisfare i requisiti tecnici e legali previsti per ciascun tipo di documento elettronico.

(continua…)

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sabato, 13 dicembre 2014

LA COPIA PRIVATA (Le nostre vite tra diritto e web n. 30)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 30

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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LA COPIA PRIVATA

Con il recente D.M. 20 giugno 2014 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale n.155 del 7 luglio 2014 è stata rideterminata la misura dei compensi di copia privata (ex art. 71 sexies e seguenti L. 633/41).
Ma…che cos’è la copia privata?
La Copia Privata è il compenso che si applica, tramite una royalty sui supporti vergini fonografici o audiovisivi, in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d’autore.
In questo modo ognuno può effettuare una copia con grande risparmio rispetto all’acquisto di un altro originale oltre a quello di cui si è già in possesso.
Prima dell’introduzione della copia privata, non era possibile registrare copie di opere tutelate.
In Italia, come nella maggior parte degli Stati dell’ Europa Unita è stata concessa questa possibilità, a fronte di una royalty forfetaria per compensare del mancato acquisto gli autori e tutta la filiera dell’industria culturale. L’entità del compenso tiene conto del fatto che sui supporti si possa registrare anche materiale non protetto dal diritto d’autore.
La Siae riscuote questo compenso e lo ripartisce ad autori, produttori, editori e interpreti.
Le nuove norme si basano sugli stessi principi della precedente Legge 5 febbraio 1992, n. 93, che aveva introdotto per la prima volta in Italia il compenso per la “copia privata”, e cioè: (continua…)

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martedì, 2 settembre 2014

SEQUESTRABILITÀ DI BLOG, SITI INTERNET E NEWSGROUP (Le nostre vite tra diritto e web n. 29)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 29

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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Sequestrabilità di Blog, siti internet e newsgroup se violativi del diritto all’onore e alla reputazione.

Già con la sentenza n. 10594/2014 il 5 marzo scorso la Corte Suprema di Cassazione aveva affermato che il diritto di cronaca è applicabile anche al web e raccomandava la “massima cautela nell’esercizio del sequestro preventivo per gli articoli pubblicati online”.
Blog, e-mail, newsgroup e newletters possono essere oggetto di sequestro, afferma la Corte, in quanto non godono delle speciali tutele che la legge italiana attualmente riconosce solo ai prodotti stampati, ma allo stesso tempo l’esimente del diritto di cronaca si applica a qualsiasi manifestazione pubblica del pensiero, se i fatti descritti sono veri, di interesse pubblico e riportati con la dovuta continenza.
Questa estate la Corte è tornata con la recentissima sentenza 18174 della terza sezione civile ove ha ribadito che “Internet costituisce un mezzo di diffusione di notizie e idee al pari, se non di più, di stampa, radio e televisione”, ragion per cui anche nel caso di comunicati stampa reperibili su un sito internet valgono i principi “tradizionalmente indicati dalla giurisprudenza” per l’esercizio del diritto di cronaca e del diritto di critica.
Ne deriva il “bilanciamento” con il “diritto primario all’onore e alla reputazione” e la “verità obiettiva” (per quanto accertabile), la “continenza” e la “pertinenza”.
La Corte è tornata a ribadire che la libertà di manifestazione del pensiero, (continua…)

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venerdì, 11 luglio 2014

IL NUOVO PROCESSO CIVILE TELEMATICO (Le nostre vite tra diritto e web n. 28)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 28

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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IL NUOVO PROCESSO CIVILE TELEMATICO

di Simona Lo Iacono

Quando ho iniziato il mio periodo di uditorato in magistratura era il 1997.
Prestavo servizio come volontaria all’ufficio del GIP. Avevo infatti vinto il concorso qualche mese prima, e in attesa di essere chiamata alle funzioni, cominciai a frequentare il tribunale, al seguito di un vecchio ed esperto collega.
La prima cosa che vidi, fu la montagna di fascicoli accatastata accanto alla porta, i commessi che facevano cigolare i carrelli tra un’udienza e l’altra, i giudici civili sommersi da faldoni e codici.
Un universo di carta, verbalizzazioni faticose da dettare al cancelliere, sentenze scritte a mano e ricopiate con macchina da scrivere elettrica, o con i primi sistemi di scrittura del computer.
Le ricerche nella Gazzetta Ufficiale avvenivano in biblioteca, dove consultavamo per ore tomi polverosi.
E, infine, le comunicazioni erano appannaggio di affaticati ufficiali giudiziari, che percorrevano il territorio avvezzi a ogni imprevisto e traballando sugli scossoni delle auto stracolme di verbali di notifica.
Diciassette anni fa nessuno di noi avrebbe mai ritenuto possibile digitare il numero delle leggi con un mouse, farlo apparire al computer, scrivere gli atti giudiziari con firma digitale e depositarli da casa, seduti alla propria scrivania.
Cos’è accaduto? (continua…)

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sabato, 3 maggio 2014

DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK (Le nostre vite tra diritto e web n. 27)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 27 -

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK

Nell’ordinamento giuridico italiano, la diffamazione (art. 595, codice penale) è un delitto contro l’onore ed è definita come l’offesa all’altrui reputazione, comunicata a più persone con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di comunicazione. A differenza del delitto di ingiuria di cui all’art. 594 c.p., il delitto di diffamazione può essere consumato solo in assenza della persona offesa.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è la reputazione intesa come l’immagine di sé presso gli altri.
Sul punto la suprema corte ha avuto modo di precisare (cassazione penale sez. V 28 febbraio 1995-3247) che l’oggetto della tutela penale è l’interesse dello Stato all’integrità morale della persona. Una interessante definizione si rinviene in una pronuncia di merito in cui si legge che la reputazione deve essere tutelata “tanto come stima che una persona si è conquistata presso gli altri, quanto come rispetto sociale minimo cui ogni persona ha diritto indipendentemente dalla buona o cattiva fama che derivi dalla sua condotta” (trib. Roma14 luglio 1990).

L’analisi testuale della norma consente di risalire ai suoi elementi strutturali: l’offesa all’altrui reputazione, intesa come lesione delle qualità personali, morali, sociali, professionali, etc. di un individuo; la comunicazione con più persone, laddove l’espressione “più persone” deve intendersi senz’altro come “almeno due persone”; l’assenza della persona offesa, da intendersi secondo la più autorevole dottrina come l’impossibilità di percepire l’offesa.

Data l’analisi strutturale del reato, dunque, non stupisce quanto ha statuito qualche giorno fa la prima sezione penale della Cassazione che ha annullato con rinvio l’assoluzione, pronunciata dalla Corte militare d’Appello di Roma, nei confronti di un maresciallo della Guardia di Finanza di San Miniato (Pisa) che, sul proprio profilo Fb, aveva usato espressioni diffamatorie nei confronti del collega che lo aveva sostituito in un incarico, senza però farne il nome. “Ai fini dell’integrazione del reato di diffamazione – si legge nella sentenza depositata – è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone, indipendentemente dalla indicazione nominativa”.

Osservano i giudici: “Il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due”.

Ai fini di tale valutazione, conclude la Corte, “non può non tenersi conto dell’utilizzazione del social network, a nulla rilevando che non si tratti di strumento finalizzato a contatti istituzionali tra appartenenti alla Guardia di Finanza, né alla circostanza che in concreto la frase sia stata letta soltanto da una persona”.
Va ricordato che un precedente era costituito da una sentenza del GIP di Livorno del 22 ottobre-31 dicembre 2012 n. 38912 con cui fu confermata la potenzialità lesiva di fb.
Un ex dipendente di un centro estetico licenziato in modo ingiusto aveva infatti pubblicato sulla propria bacheca fb un messaggio denigratorio sul centro consigliando di non frequentarlo.
In quel caso il GIP decise (continua…)

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mercoledì, 26 marzo 2014

UN SITO NON PUO’ ESSERE OSCURATO PER UN POST: Sentenza Cassazione (Le nostre vite tra diritto e web n. 26)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 26 -

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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UN SITO NON PUO’ ESSERE OSCURATO PER UN POST

Sarà più difficile censurare i blogger. È di qualche giorno fa la sentenza 11895/2014 della Corte di Cassazione (dep. 12 marzo 2014) che evidenzia come il ricorso a misure cautelari che inibiscono la scrittura in rete impedisca il diritto ad esprimere il proprio pensiero, mettendo in gioco la libertà di pensiero tutelata sia dalla Costituzione che dalle Convenzione europee.
In altre parole, per colpa di un post non è legittimo sequestrare, oscurandolo, un intero sito web.

La sentenza trae origine dal caso del sequestro del sito «Il perbenista», oscurato dalla magistratura di Udine.

Per approfondimenti sulla sentenza, cliccare qui…

Ulteriori approfondimenti su: La Stampa, Investire Oggi

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Tutte le puntate di: “Le nostre vite tra Diritto & Web (continua…)

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domenica, 15 dicembre 2013

DIRITTO D’AUTORE: L’APPROVAZIONE DEL REGOLAMENTO AGCOM (Le nostre vite tra diritto e web n. 25)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 25 -

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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DIRITTO D’AUTORE: L’APPROVAZIONE DEL REGOLAMENTO AGCOM

Approfondimenti: Comunicato stampa AGCOMRegolamento AGCOM

In questi giorni è stato approvato il nuovo regolamento in materia di tutela del diritto d’autore su internet. Lo ha reso noto l’AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni). Il provvedimento entrerà in vigore da marzo 2014, per tutelare le opere in formato multimediale.

I destinatari  sono soprattutto i portali illegali, mentre sono stati lasciati fuori gli utenti finali e le applicazioni peer-to-peer, in quanto non lucrano sull’attività di condivisione. Intenzione dell’AGCOM è infatti quella di reprimere esclusivamente le violazioni che hanno come principale obiettivo  quello di produrre utili.

Il percorso per intervento da parte dell’AGCOM sarà il seguente:  il titolare di un diritto d’autore che pensa di essere stato danneggiato da un download illegale provvederà a contattare l’AGCOM, che a sua volta avvierà la valutazione della segnalazione. Se la violazione del diritto fosse confermata, l’Autorità avvierà un contraddittorio con l’altro soggetto coinvolto, cercando di risolvere il tutto nel più breve tempo possibile, al massimo 35 giorni, che scendono a 12 solo per i casi più gravi.

Inoltre è vero che l’AGCOM non potrà obbligare nessuno a prendere i provvedimenti richiesti ma potrà comunque segnalare all’autorità giudiziaria preposta i provider che non applicheranno la rimozione dei contenuti protetti dal copyright, con multe fino a 250 mila euro.

Oggi si apre una nuova era per la cultura italiana”. E’ grande la soddisfazione di Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura Italia, all’annuncio dell’approvazione del regolamento da parte di Agcom per contrastare la pirateria online: “La consideriamo una vittoria epocale della cultura italiana contro i pirati e chi li sostiene – prosegue Polillo –, della legalità contro la criminalità organizzata, dell’Italia che lavora contro quella che fa demagogia. Ora possiamo serenamente lavorare con le aziende di Information e Communication Technology per sviluppare nuovi modelli di business e aumentare l’offerta della produzione culturale italiana”.
“L’industria culturale –
continua – è a disposizione per fare la sua parte nel rispondere alle esigenze tecnico-operative del provvedimento. Per gli utenti cambierà poco: avranno solo maggiore difficoltà a trovare contenuti pirata online e più facilità a reperire quelli legali. Per i delinquenti e per chi si è arricchito a spese di chi lavora per la cultura cambierà invece molto”.
Ci tengo a fare un plauso a questa Agcom – conclude Polillo, a nome di tutta l’industria culturale – che con competenza e serietà ha saputo imporre il rispetto della legalità resistendo alle vergognose pressioni e agli attacchi di chi, spacciandosi per tutore dei diritti e della libertà, ha mistificato la realtà”.

“Un primo risultato nel segno della legalità, dell’educazione dei consumatori, della valorizzazione dell’industria culturale italiana“. Così il Presidente della Siae, Gino Paoli, saluta l’approvazione del regolamento Agcom. “Una misura necessaria -aggiunge Paoli (continua…)

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domenica, 10 novembre 2013

LA RESPONSABILITÀ PER I COMMENTI ANONIMI (Le nostre vite tra diritto e web n. 24)

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Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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LA RESPONSABILITÀ PER I COMMENTI ANONIMI

Il mese scorso (per l’esattezza il 10 ottobre 2013) la Corte europea dei diritti dell’uomo ha depositato una pronuncia che potremmo considerare come rivoluzionaria nell’ambito delle tematiche trattate da “Le nostre vite tra diritto e web“… e che potrebbe condensarsi nella seguente frase: i siti internet possono essere considerati responsabili per i commenti anonimi che vi appaiono. La conseguenza immediata è che tali siti potranno essere colpiti da una sanzione amministrativa che (secondo la Corte) non va a compromettere la libertà di espressione.

In estrema sintesi, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che un portale d’informazione può essere «giustamente» ritenuto responsabile se non interviene, per prevenire, moderare o cancellare commenti anonimi offensivi, diffamatori o minacciosi.
La decisione della Corte europea dei diritti umani diverrà definitiva entro gennaio 2014, se le parti oggetto della controversia (da cui è scaturita la conseguente decisione della Corte) non richiederanno e otterranno un nuovo esame davanti alla Grande Camera.
Ecco, in breve, la storia. Nel gennaio del 2006, uno dei più grandi portali d’informazione dell’Estonia pubblicò un articolo sulle scelte controverse operate da una compagnia di navigazione. I lettori reagirono postando commenti estremamente offensivi, diffamatori, e minacciosi nei confronti della compagnia di navigazione e del suo proprietario. Quest’ultimo fece causa al portale che fu condannato a pagare 320 euro per danni morali.
Nella sentenza i giudici di Strasburgo scrivono che la decisione dei tribunali nazionali di «ritenere il portale responsabile per i commenti diffamatori postati dai lettori è una restrizione della libertà d’espressione giustificata e proporzionata» e che quindi non c’è stata violazione. Per arrivare a una tale conclusione i giudici hanno preso in esame una serie di elementi.

Innanzitutto la Corte sottolinea che i gestori del portale «esercitavano un livello considerevole di controllo sui commenti che erano pubblicati». I gestori erano gli unici che potevano impedire o cancellare i commenti, e avevano anche i sistemi per farlo. Sistemi di cui tuttavia «non hanno fatto pieno uso». La Corte sottolinea che il portale ha in qualche modo coperto gli autori e che quindi «si deve ritenere che i gestori del sito si siano assunti una certa responsabilità per quanto pubblicato dai lettori».

Una decisione che sottolinea l’importanza della responsabilità legale della scrittura in Rete(tema che iniziammo a trattare, qui a Letteratitudine, già qualche anno fa).
(continua…)

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sabato, 5 ottobre 2013

IL TESTAMENTO DIGITALE (Le nostre vite tra diritto e web n. 23)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 23 –

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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L’IDENTITÀ DIGITALE E IL TESTAMENTO DIGITALE

Nel linguaggio comune, la locuzione “identità digitale” indica l’insieme di informazioni presenti on line e relative ad un soggetto, o ad un ente. Si pensi ad esempio ai dati inseriti nell’account su un social network in cui vengono riversate informazioni della più varia natura: pensieri, foto, video, note, opinioni: una vera identità digitale, alternativa e cumulativa con quella reale.
Benché priva di specifici riscontri normativi, tale nozione è comunque entrata a far parte, in questi ultimi anni, del vocabolario del giurista, in due distinte declinazioni.
In una prima, e più ampia accezione, l’espressione è utilizzata come sinonimo di identità in rete o virtuale. Frequente è, ad esempio, il suo impiego nell’ambito dei discorsi giuridici e sociologici circa la distinzione tra “corpo fisico” e “corpo elettronico” oppure, e soprattutto, circa la possibilità di assumere diverse “identità personali” in rete (cfr. S. RODOTA’, Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, II ed., Roma-Bari, 2004, 139 ss. il quale sottolinea come, mai come in questo caso, risulta appropriato il richiamo alla radice etimologica del termine persona, in quanto “prosopon”, maschera).
In un’accezione più ristretta, che rivela molteplici punti di contatto con la formula legislativa di “identità informatica”, l’espressione identità digitale è impiegata dagli esperti di informatica e dai cultori del diritto dell’informatica per designare: l’insieme delle informazioni e delle risorse concesse da un sistema informatico ad un particolare utilizzatore del suddetto (questa è la definizione proposta da Wikipedia).
Già da questi rilievi, emerge chiaramente come qualsiasi discorso sull’identità digitale dovrebbe toccare necessariamente due aspetti: quello della tutela dell’identità personale in rete (specie nei suoi profili reputazionali) e quello delle tecniche di identificazione del soggetto a mezzo di strumenti informatici. Si tratta di aspetti logicamente distinti, ma strettamente correlati, se solo si considera che la capacità di assumere diverse identità in rete è condizionata alla possibilità di mantenere una qualche forma di anonimato e dunque di non essere identificati per la propria identità reale.
Altro problema che pone l’identità digitale è quello della sua gestione post mortem.
(continua…)

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sabato, 3 agosto 2013

CONTRASTO ALLO SPAM (Le nostre vite tra diritto e web n. 22)

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Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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CONTRASTO ALLO SPAM

Nella Gazzetta ufficiale n. 174 del 26 luglio 2013 sono state pubblicate le «Linee guida in materia di attività promozionale e contrasto allo spam», adottate dal Garante per la protezione dei dati personali ed il cui contenuto era stato anticipato con un comunicato stampa del 23 luglio.
In materia di spamming, dove per tale si intende l’invio di comunicazioni promozionali e di materiale pubblicitario senza il consenso dei destinatari, il Garante, con il provvedimento generale del 29 maggio 2003, ha dettato «Regole per un corretto uso dei sistemi automatizzati e l’invio di comunicazioni elettroniche», basato sulla normativa al tempo in vigore e, in particolare, sulla legge 31 dicembre 1996, n. 675.
Successivamente è entrato in vigore il Codice della privacy, che ha abrogato e sostituito la suddetta legge e le altre disposizioni in materia di protezione dei dati personali, ribadendone i principi nel mutato panorama normativo. Più recentemente, in particolare dal 2009 in poi, sono state effettuate varie modifiche del Codice che hanno inciso peraltro sulla sfera dei soggetti tutelati e sui diritti azionabili dai destinatari dello spam, determinando l’esigenza di intervenire nuovamente sul tema.
Tanto premesso, anche se in misura minore rispetto al passato, continuano in ogni caso a pervenire all’Autorità segnalazioni, reclami e ricorsi relativamente alle tradizionali forme di spam tipizzate dal Codice. Inoltre, sono progressivamente emersi profili problematici e nuove forme di spam, che possono comportare modalità sempre più insidiose e invasive della sfera personale degli interessati. Fra questi sono, ad esempio, il cd. «marketing virale», le comunicazioni promozionali inviate tramite piattaforme tecnologiche di proprietà di soggetti terzi spesso situati all’estero e non agevolmente individuabili, il cd. «marketing mirato», grazie all’uso di meccanismi di profilazione dell’utente, e il cd. «social spam». Oltretutto, sempre più spesso lo spam coinvolge anche i minori ai quali è doveroso assicurare una tutela rafforzata da parte dell’ordinamento giuridico e, quindi, una particolare attenzione anche da parte del Garante.
Tali ultimi rilievi hanno pertanto indotto il Garante medesimo ad adottare le Linee guida in oggetto con le seguenti finalità:
a) tenere conto del mutato quadro normativo attualmente vigente in materia, alla luce dell’entrata in vigore del Codice e delle modifiche normative successive, nonché del diritto comunitario, con l’ulteriore obiettivo di assicurare l’uniforme applicazione della stessa normativa e l’osservanza del fondamentale principio di certezza del diritto;
b) chiarire alcuni profili problematici relativi alle diverse modalità di spam, affinché gli operatori del settore possano conformarsi alla disciplina sul trattamento dei dati personali;
c) inquadrare alcune nuove forme di spam, con l’intento di limitare i rischi connessi alle novità tecnologiche, pur nella necessaria consapevolezza del carattere parziale e non risolutivo dello strumento del diritto rispetto a tecnologie in continua evoluzione, peraltro sempre più avanzate e di rapida diffusione.
Queste in sintesi le principali regole contenute nelle Linee guida:
(continua…)

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domenica, 26 maggio 2013

I DIECI COMANDAMENTI DI INTERNET (Le nostre vite tra diritto e web n. 21)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 21 -

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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I DIECI COMANDAMENTI DI INTERNET

La Coalizione Internet Rights & Principles ha emesso un documento con il quale ha definito dieci diritti e principi fondamentali che devono costituire la base della governance di Internet.
La coalizione è formata da una rete aperta di persone e di organizzazioni che lavorano per la difesa dei diritti umani nell’ambiente Internet: la Dynamic Coalition su I Diritti e Principi di Internet, appunto.
I principi sono radicati nelle norme internazionali sui diritti umani e derivano dalla Carta dei Diritti umani e dei Principi per Internet elaborata dalla coalizione.
Internet offre opportunità senza precedenti per la realizzazione dei diritti umani, e svolge un ruolo sempre più importante nelle nostre vite quotidiane. E’ quindi essenziale che tutti gli attori, pubblici e privati, rispettino e proteggano i diritti umani su Internet. Devono anche essere prese decisioni per garantire che Internet funzioni e si evolva in modi che soddisfino il più possibile i diritti umani.
Per contribuire a realizzare questa visione di un ambiente Internet basato sui diritti, i 10 Diritti e Principi sono:

1) Universalità e Uguaglianza
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, che devono essere rispettati e protetti nella rete Internet.

2) Diritti e Giustizia Sociale
Internet è uno spazio per la promozione, la protezione, il rispetto dei diritti umani e la promozione della giustizia sociale. Ognuno ha il dovere a rispettare i diritti umani di tutti gli altri nella rete Internet.

3) Accessibilità
Tutti hanno pari diritto di accesso e di utilizzo di un Internet sicuro e aperto.

4) Espressione e di Associazione
Ogni individuo ha il diritto di cercare, ricevere e comunicare informazioni liberamente su Internet senza censure o altre interferenze. Ognuno ha anche il diritto di libera associazione attraverso Internet, per motivi e fini sociali, politici, culturali o altri.

5) Privacy e protezione dei dati
Ogni individuo ha diritto alla privacy online. Questo include la libertà dalla sorveglianza, il diritto di utilizzare la crittografia, e il diritto di anonimato in Internet. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati, incluso il controllo sulla raccolta di dati personali, la loro conservazione e trasformazione, la cessione e la divulgazione.

6) Vita, libertà e sicurezza
Il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza devono essere rispettati, protetti e realizzati su Internet. Questi diritti non devono essere violati o utilizzati per violare altri diritti nella rete digitale.

7) Diversità
La diversità culturale e linguistica su Internet deve essere promossa, l’innovazione tecnica e politica dovrebbero essere incoraggiate a facilitare la pluralità di espressione.

8 ) Uguaglianza
Ciascuno deve avere un accesso universale e aperto ai contenuti di Internet, liberi da priorità discriminatorie, filtraggi o controlli del traffico per ragioni commerciali, politiche o altre ragioni.

9) Norme e regolamento
L’architettura di Internet, i sistemi di comunicazione e i formati dei documenti e dei dati si basano su standard aperti per garantire la completa interoperabilità, l’inclusione e le pari opportunità per tutti.

10) Governance
I diritti umani e la giustizia sociale devono costituire il quadro giuridico e normativo fondamentale su cui Internet funziona ed è governato. Questo deve avvenire in modo trasparente e multilaterale, basato su principi di apertura, di partecipazione inclusiva e di responsabilità.

Per maggiori informazioni: http://irpcharter.org

* * *

(continua…)

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lunedì, 13 maggio 2013

LA RETE E LA LIBERTÀ RESPONSABILE (Le nostre vite tra diritto e web n. 20)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 20 –

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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LA RETE E LA LIBERTÀ RESPONSABILE

La libertà assoluta non può esistere, nemmeno sul web

di Massimo Maugeri

Intesa in senso stretto, la libertà assoluta non è mai esistita né può esistere. Il motivo è semplice: la libertà di ciascuno di noi deve trovare un limite laddove si relaziona con quella altrui. Questo vale nella (cosiddetta) vita reale, così come nel web.
Dopo qualche mese dall’apertura del mio blog Letteratitudine, decisi di inserire sulla colonna di sinistra del sito questa sorta di “avvertenza”: «la libertà individuale, anche di espressione, trova argini nel rispetto altrui. Commenti fuori argomento, o considerati offensivi o irrispettosi nei confronti di persone e opinioni potrebbero essere tagliati, modificati o rimossi». Avevo ben chiaro già da allora che la rivoluzione Internet, così come qualunque altra rivoluzione, conteneva al suo interno elementi positivi ed elementi negativi. Ho sempre sostenuto (e lo ribadisco) che i pro di tale rivoluzione superano di gran lunga i contro, senza dimenticare che però il cosiddetto “rovescio della medaglia” esiste anche in questo caso.
Partiamo da un presupposto: stiamo parlando di una delle più radicali, dirompenti e repentine rivoluzioni che abbiano mai interessato la storia dell’umanità per quanto concerne la comunicazione. Ed è proprio la velocità del cambiamento che ha reso difficile la gestione delle problematiche inerenti la crescita del web (e l’inevitabile contaminazione delle nostre “vite reali” con quelle online).
L’idea errata dell’esistenza di una libertà assoluta di espressione, priva cioè di regole, non poteva che alimentare (così come in parte è stato) alcuni aspetti deleteri della comunicazione e alcune distorsioni latenti.
In questi anni ho cercato di fare la mia parte per contribuire a far crescere la consapevolezza dell’esistenza di queste problematiche. Ricordo, in particolare, un post del 2009, volto a stigmatizzare il proliferare della pedofilia e della pornografia online con il coinvolgimento, nell’ambito del dibattito che ne seguì, di don Fortunato Di Noto che da tanti anni, con l’associazione Meter, spende la sua attività pastorale in difesa dei diritti dei bambini lottando strenuamente contro i pedofili e gli “imprenditori” pedopornografici che agiscono spesso indisturbati sul web. Fu una discussione importante e utile, condotta con la collaborazione dell’amica scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono e con la partecipazione del dottor Marcello La Bella (dirigente della polizia postale di Catania). Ma ricordo, soprattutto, un altro post pubblicato l’anno precedente – nel 2008 – intitolato: “La responsabilità legale della scrittura in Rete”. Quel post mirava a sensibilizzare i frequentatori di Internet circa il concetto di libertà espressiva sul web. «Troppo spesso», scrivevo, «si interviene in Rete con l’errata convinzione di poter scrivere qualunque cosa, dimenticando che accanto ai diritti figurano… “responsabilità”. Ebbene sì. Scrivere in Rete implica anche responsabilità di natura legale». Ne seguì, anche in quel caso, un lungo dibattito portato avanti insieme alla citata Simona Lo Iacono. Già allora si evidenziava il fatto che la normativa vigente nella “vita reale” trovava analoghe applicazioni nella “vita online”. Si sottolineò che anche in Rete – anzi, soprattutto in Rete – deve essere riconosciuto il pieno rispetto dei diritti della persona (il diritto al nome, all’immagine, all’onore, alla reputazione, alla riservatezza e all’identità personale). Si fece inoltre notare il fatto che, se da un lato Internet è, per eccellenza, il luogo della democraticità e della libertà, di contro possiede caratteristiche peculiari quali la aterritorialità e la velocità che consentono una maggiore lesività (rispetto ai mezzi tradizionali) sull’onore e la reputazione altrui.
Cosa è cambiato in questi cinque anni? È cresciuto (e questo è un bene) il numero degli utilizzatori del web, c’è stata l’esplosione dei social network (facebook e twitter in testa), si è riversata – anche e soprattutto in Rete – una sorta di rabbia e di frustrazione derivanti dalla crisi (economica, politica e sociale) in atto. Peraltro, soprattutto in questi ultimi anni, si è colpevolmente sostenuto e divulgato il concetto che la cultura e gli incentivi alla lettura fossero un optional (con la cultura non si mangia, si è detto), facendo finta di non sapere che laddove la cultura e la lettura trovano più spazio è maggiore il tasso di civiltà e di rispetto dell’altro. Non credo sia un caso che, proprio in questi anni, siamo costretti a registrare nel nostro Paese una crescita delle pulsioni xenofobe, razziste e sessiste (che comunque covavano sotto le ceneri) con conseguenti e inevitabili ripercussioni sul web e sulle nostre vite online.
Nei giorni scorsi, sulle pagine del quotidiano la Repubblica del 3 maggio, in un articolo di Concita De Gregorio, abbiamo letto lo sfogo e la denuncia dell’on. Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, in relazione alle terribili minacce da lei subite via Internet: «Sono minacce di morte, di stupro, di sodomia, di tortura. Accanto al testo spesso ci sono immagini. Fotomontaggi: il suo volto sorridente sul corpo di una donna violentata da un uomo di colore, il suo viso sul corpo di una donna sgozzata, il sangue che riempie un catino a terra. Centinaia di pagine stampate, migliaia di messaggi. A ciascuna minaccia corrisponde un nome e un cognome, un profilo Facebook, l’indirizzo di una pagina Internet. Le minacce – tutte a sfondo sessuale, promesse di morte violenta – si sono moltiplicate nel giro di due settimane con il tipico effetto valanga che la Rete produce».
Ne approfitto per ribadire la mia solidarietà a Laura Boldrini e a tutte le donne che subiscono violenza (per inciso: la mia posizione sulla “questione femminicidio” è chiara e nota e sono tra i firmatari della petizione a favore degli Stati Generali contro la violenza; ne riparleremo presto, anche qui). Ma ne approfitto altresì (in questo spazio dedicato al rapporto tra “diritto e web”) per condividere qualche mio pensiero su alcune delle conseguenze dello sviluppo di Internet. (continua…)

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sabato, 20 aprile 2013

LA RESPONSABILITA’ DEL PROVIDER (Le nostre vite tra diritto e web n. 19)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.19

LA RESPONSABILITA’ DEL PROVIDER

Il provider (prestatore) è un soggetto che, operando nella società dell’informazione, fornisce liberamente servizi di connessione, trasmissione, memorizzazione dati, anche attraverso la messa a disposizione delle proprie apparecchiature per ospitare siti. È, quindi, essenzialmente un intermediario, che stabilisce un collegamento tra chi intende comunicare un’informazione e i destinatari della stessa.

Il servizio principale che viene fornito in rete è, ovviamente, l’accesso (access provider), ma ci sono altri tipi di servizi, come la fornitura di mail, di spazio web per un sito (hosting), e così via. Si distinguono, infatti, content provider (fornitore di contenuti, autore quindi anche dei contenuti pubblicati sui propri server), network provider (fornitore di accesso alla rete attraverso la dorsale internet), access provider (offre alla clientela l’accesso ad internet attraverso modem o connessioni dedicate), host provider (fornisce ospitalità a siti internet), service provider (fornisce servizi per internet, come accessi o telefonia mobile), cache provider (immagazzina dati provenienti dall’esterno in un’area di allocazione temporanea, la cache, al fine di accelerare la navigazione in rete).
Quindi, qualsiasi attività venga posta in essere sulla rete, passa sempre attraverso l’intermediazione di un provider.
Si pone il problema della eventuale responsabilità dei provider in caso di violazioni della legge. Esistono due tipi di responsabilità, quella civile, che si ha nel momento in cui si realizza un danno ingiusto ad una persona, e quella penale, che si ha quando viene commesso un reato.

Nel secondo caso esiste una responsabilità solo se l’azione costituente reato è stata commessa personalmente, quindi si risponde penalmente soltanto per avere commesso consapevolmente (per dolo, salvi i casi eccezionali della colpa) un atto tipico (cioè previsto dalla legge) e antigiuridico. Corollari di questa impostazione sono: l’impossibilità di rispondere per fatto altrui e l’impossibilità di attribuire responsabilità penali alle persone giuridiche.
Si comprende facilmente che è più complicato, rispetto alla vita reale, attribuire un reato o comunque una responsabilità ad una persona nel web, date le ovvie difficoltà di identificare gli individui che commettono degli illeciti. In genere, comunque, è possibile risalire all’autore di un illecito attraverso i file di log del provider, cioè attraverso dei documenti online nei quali vengono memorizzati il nome di accesso dell’utente, la password e le azioni compiute dall’utente in rete. Per la precisione la persona rintracciabile è il titolare del contratto di connessione alla rete, spesso abbinato a quello di telefonia.
Sussiste, quindi, un’ovvia difficoltà nel rintracciare l’autore di un illecito, e per tale motivo si è valutato che il soggetto più facile da rintracciare è proprio il provider, cioè l’azienda che mette a disposizione lo spazio web o genericamente il servizio attraverso il quale viene commesso l’atto illecito. Perciò si rende necessario bilanciare l’esigenza di individuare figure cui imputare il danno, onde non lasciare inascoltate le pretese risarcitorie di chi ha subito ingiustamente un pregiudizio, e quella di non gravare eccessivamente sui soggetti privati come i provider, al fine di non impedire lo sviluppo e l’innovazione della rete.

Tralasciamo l’ipotesi in cui è il provider medesimo a porre in essere un illecito, caso in cui la responsabilità dell’intermediario è pacifica. Infatti, anche il codice di autoregolamentazione dell’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), afferma che “il fornitore di contenuti è responsabile delle informazioni che mette a disposizione del pubblico”.
I problemi si pongono, invece, nell’ipotesi in cui il provider sia solo concorrente nell’illecito, oppure addirittura l’illecito sia posto in essere non dal provider ma da un utente dei suoi servizi. (continua…)

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sabato, 13 aprile 2013

IL CYBERSQUATTING (Le nostre vite tra diritto e web n. 18)

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IL CYBERSQUATTING

L’espressione anglosassone cybersquatting, così come la locuzione domain grabbing (da to grab=ghermire) e domain squatting, indica il fenomeno di accaparramento di nomi di dominio corrispondenti a marchi altrui o a nomi di personaggi famosi al fine di realizzare un lucro sul trasferimento del dominio a chi ne abbia interesse.
Tale pratica, diffusissima negli Stati Uniti sul finire degli anni 90, ha avuto un notevole sviluppo anche in Europa. In Italia il fenomeno si è verificato specialmente in seguito all’entrata in vigore nel 1999 della regola che consente ai titolari di partita IVA la registrazione di un numero illimitato di domini.
Gli USA sono stati il primo paese al mondo ad occuparsi della lotta al fenomeno con una legislazione ad hoc.
In Italia , in assenza di una disciplina legislativa specifica, la giurisprudenza prevalente ha fatto ricorso alla normativa relativa al diritto al nome (art. 7 cod. civile: La persona alla quale si contesti l’uso del proprio nome o che possa risentire del pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia può chiedere la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni) ed alla normativa dei marchi e dei segni distintivi (artt. 2569-2574 del codice civile; D.P.R. 8 maggio 1948 n. 795; d.l. 480/1992; D.P.R. 595/1993; d.l. 189/1996). In base a tale orientamento il titolare di un marchio registrato ha il diritto di servirsene in modo esclusivo, e quindi anche di registrarlo come dominio.
Inoltre in Italia esistono alcune autority, la Naming Authority e la Registration Autority che però non verificano direttamente l’identità della persona che chiede di registrare un sito con un determinato nome. Infatti la procedura avviene attraverso la compilazione di un modulo su internet e la sottoscrizione di un certificato inviato dall’autorità per posta. Attività che si potrebbero compiere rilasciando false generalità senza che l’autorità abbia gli strumenti per verificare la veridicità di queste dichiarazioni.
(continua…)

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lunedì, 25 marzo 2013

GLI STEREOTIPI DI GENERE E INTERNET (Le nostre vite tra diritto e web n. 17)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.17

GLI STEREOTIPI DI GENERE E INTERNET

Cosa sono gli “stereotipi di genere”?
Lo stereotipo è un insieme di credenze, rappresentazioni ipersemplificate della realtà e opinioni rigidamente connesse tra di loro, che un gruppo sociale associa a un altro gruppo. L’uso della parola risale al 1700, quando veniva utilizzata dai tipografi per indicare la riproduzione, tramite lastre fisse, delle stampe. Il termine (dal greco stereòs=rigido e tòpos=impronta), viene introdotto per la prima volta nelle scienze sociali da Walter Lippmann nell’ambito di uno studio sui processi di formazione dell’opinione pubblica (1922).
Gli stereotipi di genere sono una sottoclasse degli stereotipi. Quando si associa, senza riflettere, una categoria o un comportamento a un genere, si ragiona utilizzando questo tipo di stereotipi. Gli esempi sembrerebbero banali, ma non è così, perché gli stereotipi non solo condizionano le idee di gruppi di individui, ma hanno anche conseguenze sul modo di agire e sulla società. Non è un caso se la maggior parte di noi associa un ingegnere o uno chef a un uomo, mentre secondo le nostre mappe mentali l’insegnante di scuola materna è una donna. Associazioni che nella nostra mente scattano automatiche e che quindi sono molto difficili da estirpare o cambiare. L’uso degli stereotipi di genere conduce infatti a una percezione rigida e distorta della realtà, che si basa su ciò che noi intendiamo per “femminile” e “maschile” e su ciò che ci aspettiamo dalle donne e dagli uomini.
Insomma, si tratta di “formule” che ci permettono di categorizzare, semplificare la realtà e orientarci in essa, rapidamente e senza dover riflettere. Ci serviamo di immagini generalizzate che riducono la complessità dell’ambiente, ma annullano al contempo la differenza individuale all’interno dei singoli gruppi. Gli stereotipi di genere sono tra i più frequenti e anche maggiormente condivisi dalla società.
Il 12 marzo 2013 l’Unione Europea ha votato a favore la risoluzione sulla cancellazione degli stereotipi di genere nell’Unione Europea .
Tuttavia ha respinto l’articolo che bandiva la pornografia dai media.
La mozione “per l’eliminazione degli stereotipi di genere” che conteneva anche la criticata proposta di bandire qualsiasi forma di pornografia da tutti i media, compresa la rete , era stata introdotta da Kartika Tamara Liotard, membro olandese del partito socialista del Parlamento Europeo, ed è passata con 368 voti a favore, 159 contro e 98 astenuti.
Come sopra detto, però, (continua…)

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domenica, 3 marzo 2013

ACCESSIBILITÀ E WEB (Le nostre vite tra diritto e web n. 16)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.16 ACCESSIBILITÀ E WEB

Il concetto di accessibilità del web o “eAccessibility” designa le iniziative volte a garantire l’accesso di tutti i cittadini ai servizi della società di informazione. Si tratta di eliminare gli ostacoli tecnici, giuridici e di altro tipo che alcune persone possono incontrare nell’uso dei servizi legati alle TIC (ossia alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni). Ciò concerne in particolare tutte le persone disabili e un certo numero di anziani.

Si tratta inoltre di promuovere presso queste persone l’utilizzo delle TIC e di Internet e di sensibilizzarle sulle prospettive che questi strumenti possono offrire.

Più concretamente gli ostacoli legati all’accessibilità delle TIC riguardano in particolare:

· l’assenza di norme su scala europea (ad esempio, esistono sette sistemi di telefoni a testo, incompatibili tra di loro, destinati alle persone non udenti e ipoudenti);

· la mancanza di servizi adeguati, e in particolare la scarsa disponibilità di siti web che possono essere letti e percorsi facilmente dagli ipovedenti;

· l’assenza di prodotti e servizi per determinati gruppi di persone (ad esempio le comunicazioni telefoniche per coloro che utilizzano i linguaggi gestuali);

· la mancanza di soluzioni interoperabili per le TIC accessibili;

· la mancanza di contenuti accessibili;

· l’incompatibilità dei programmi informatici con i dispositivi di assistenza (ad esempio i programmi di lettura dello schermo destinati alle persone non vedenti).

Molti di questi ostacoli potrebbero essere eliminati. Ciò tuttavia richiede una cooperazione, un coordinamento e una determinazione forti a livello europeo. (continua…)

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domenica, 24 febbraio 2013

IL CYBERBULLISMO (Le nostre vite tra diritto e web n. 15)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.15: IL CYBERBULLISMO

Nel suo rapporto sulla protezione dal ciberbullismo (o cyberbullismo) , il Consiglio federale definisce il ciberbullismo come la pubblicazione di testi, immagini o filmati diffamatori sui moderni mezzi di comunicazione come cellulari, chat, reti sociali informatiche come Facebook, forum o blog allo scopo di denigrare, offendere o molestare una determinata persona. Una caratteristica generale che contraddistingue questo fenomeno è che le aggressioni si ripetono nel tempo o persistono durante un periodo prolungato.

Il termine cyberbullying è stato coniato dall’educatore canadese BILL BELSEY. I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment (“cybermolestia”) che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne. Tuttavia nell’uso corrente cyberbullying viene utilizzato indifferentemente per entrambi. Come il bullismo  nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile, del Codice penale e, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, del Codice della Privacy (D.Lgs 196 del 2003).

Il fenomeno del ciberbullismo è molto diffuso tra i giovani che utilizzano regolarmente i nuovi mezzi di comunicazione quali i blog, i forum e le reti sociali. Il termine «ciberbullismo» deriva dal fenomeno del bullismo, che indica gli atti di prepotenza fra scolari (violenza fisica, derisione, umiliazioni ecc.).

Il ciberbullismo si distingue dalle altre forme di molestie essenzialmente per i metodi utilizzati. Innanzitutto, i ciberbulli non sono in contatto diretto con le proprie vittime. Inoltre, le informazioni che diffondono possono essere lette o viste da un numero illimitato di persone. Infine, a dipendenza del sito Internet su cui sono registrate, la vittima può incontrare delle difficoltà a far cancellare queste informazioni.

Un’altra caratteristica di questo fenomeno è che il ciberbullo, non essendo in contatto diretto con la propria vittima, non è cosciente delle sue reazioni e non è in grado di rendersi conto dei limiti da non oltrepassare. Per questa ragione, nel mondo virtuale si tende maggiormente a superare tali limiti rispetto alla vita reale, il che si traduce spesso in conseguenze drammatiche.

Le conseguenze del ciberbullismo sono spesso paragonabili a quelle del bullismo nelle scuole. Nelle vittime possono, infatti, manifestarsi sentimenti di emarginazione, di tristezza, di collera, di mancanza di fiducia in se stessi oppure reazioni quali l’ipersensibilità emotiva. Nei casi in cui gli attacchi persistono, sono state osservate conseguenze anche più gravi, in particolare disturbi del comportamento (angoscia, depressione)

Dunque, ricapitolando,  rispetto al bullismo tradizionale nella vita reale, l’uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune caratteristiche proprie:

· Anonimato del molestatore: in realtà, questo anonimato è illusorio: ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce. Però per la vittima è difficile risalire da sola al molestatore.

· Difficile reperibilità: se il cyberbullismo avviene via sms, messaggeria o mail  o in un forum online privato, ad esempio, è più difficile reperirlo e rimediarvi.

· Indebolimento delle remore etiche: le due caratteristiche precedenti, abbinate con la possibilità di essere “un’altra persona” online (vedi i giochi di ruolo), possono indebolire le remore etiche: spesso la gente fa e dice online cose che non farebbe o direbbe nella vita reale.

· Assenza di limiti spaziotemporali: mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici (ad esempio in contesto scolastico), il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal cyberbullo.

Nancy Willard propone le seguenti categorie di cyber bullismo.

· Flaming: messaggi online violenti e volgari (vedi  “flame”) mirati a suscitare battaglie verbali in un forum.

· Molestie (harassment): spedizione ripetuta di messaggi insultanti mirati a ferire qualcuno.

· Denigrazione: sparlare di qualcuno per danneggiare gratuitamente e con cattiveria la sua reputazione, via e-mail, messaggistica istantanea, ecc.

· Sostituzione di persona (“impersonation”): farsi passare per un’altra persona per spedire messaggi o pubblicare testi reprensibili.

· Rivelazioni (exposure): pubblicare informazioni private e/o imbarazzanti su un’altra persona.

· Inganno: (trickery); ottenere la fiducia di qualcuno con l’inganno per poi pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate via mezzi elettronici.

· Esclusione: escludere deliberatamente una persona da un gruppo online per provocare in essa un sentimento di emarginazione.

· Cyber-persecuzione (“cyberpersecuzione”): molestie e denigrazioni ripetute e minacciose mirate a incutere paura.

(tra le fonti: wikipedia)

(continua…)

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sabato, 16 febbraio 2013

OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA PA E TUTELA DEI DATI DEI SOGGETTI PIÙ DEBOLI (Le nostre vite tra diritto e web n. 14)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.14: OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA PA E TUTELA DEI DATI DEI SOGGETTI PIÙ DEBOLI

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

“La necessità di realizzare un controllo diffuso sull’attività della Pubblica amministrazione non deve portare a forme sproporzionate di diffusione di informazioni, lesive dei diritti dei cittadini, specialmente di quelli in condizioni più disagiate”.
È, in sintesi, quanto affermato dal Garante per la privacy, che ha espresso il proprio parere, favorevole ma condizionato, allo schema di decreto legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione sugli obblighi di trasparenza della P.A.
Il Garante, pur condividendo le ragioni sottese al provvedimento volte essenzialmente a garantire una maggiore trasparenza nell’attività della P.A., ha, tuttavia, chiesto la modifica di alcune norme proprio per aumentare le garanzie a tutela delle persone: la trasparenza, infatti, deve essere comunque bilanciata con un diritto di pari rango costituzionale come quello della riservatezza e della protezione dei dati che trova la sua matrice nella normativa europea.
Per tale motivo, il Garante ha valutato con preoccupazione i possibili rischi che alcune disposizioni contenute nel provvedimento potrebbero determinare, in considerazione della particolare delicatezza di alcune informazioni che verrebbero messe on line e della loro facile reperibilità e riutilizzabilità incontrollata grazie ai motori di ricerca. Si pensi soltanto ai dati sensibili o in grado di rivelare condizioni di disagio economico e sociale di anziani, disabili o altri soggetti deboli che beneficiano di sussidi (es. social card), la cui diffusione potrebbe comportare irreversibili danni per la dignità degli interessati, anche considerate le difficoltà oggettive di cancellare tali informazioni una volta in rete.
Queste, in sintesi, le richieste avanzate dal Garante.

Dati personali: (continua…)

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domenica, 3 febbraio 2013

DIRITTO DI CITAZIONE E WEB (Le nostre vite tra diritto e web n. 13)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.13: DIRITTO DI CITAZIONE E WEB

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Il diritto di citazione (o diritto di corta citazione) è un diritto dell’individuo che si contrappone al diritto dell’autore. Infatti, sebbene ne detenga i diritti morali inalienabili, in un certo numero di circostanze un autore non può opporsi alla pubblicazione di un estratto della propria opera, proprio per non ledere l’altrui diritto di citarla.
L’art. 70, Legge 22 aprile 1941 n. 633 (recante norme sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) dispone che «il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti d’opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscono concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».
Con il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003 è stata introdotta l’espressione di comunicazione al pubblico, per cui il diritto è esercitabile su ogni mezzo di comunicazione di massa, incluso il WEB.
La normativa prevede che chi si avvale del Diritto di Citazione non deve farlo per fini commerciali che siano in concorrenza con gli eventuali fini commerciali dell’autore.

Il diritto di Citazione, comunque, prevede l’OBBLIGO da parte di chi estrapola contenuti altrui per i fini previsti, di indicare con esattezza la fonte: solitamente AUTORE E SITO INTERNET da cui è stata prelevata la risorsa.
Nel caso di uso personale, poi, di chi stampa o salva una pagina di un sito sul proprio hard disk per poterla visionare offline, la stampa o il salvataggio della risorsa, ESCLUDE comunque la possibilità di: ripubblicare su internet, a scopo di lucro o meno, la risorsa, e la ridistribuzione attraverso formato diverso (es: pubblicazione cartacea o cdrom).

© Letteratitudine

(continua…)

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sabato, 26 gennaio 2013

IL PHARMING: manipolazione di indirizzi web (Le nostre vite tra diritto e web n. 12)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.12: IL PHARMING: manipolazione di indirizzi web

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Il pharming è una ulteriore tecnica fraudolenta che sempre più spesso si sta accompagnando al phishing.
Mentre il phisher, generalmente, carpisce la buona fede degli utenti di internet attraverso falsi messaggi confidenziali, con il Pharming l’inganno è ancora più occulto.
La truffa consiste nel realizzare pagine web identiche ai siti già esistenti (banche, assicurazioni, softwarehouses etc.) in modo che l’utente sia convinto di trovarsi, ad esempio, nel sito della propria banca e sia indotto a compiere le normali transazioni sul proprio conto on-line.
Una volta digitate le credenziali (password e user ID) del proprio conto, sarà semplice recuperarle, tramite keylogger o troiani, per utilizzarle a fini fraudolenti.
Il pharming è quindi un intervento di manipolazione delle direzioni verso le quali viaggiano le informazioni relative agli indirizzi web su cui l’utente clicca per effettuare la ricerca.
Infatti nel momento in cui l’utente digita il nome di un sito nella barra degli URL, dopo aver digitato su “cerca” invia l’informazione ad un server, per l’appunto quello in cui è ospitato il sito.
Il server decodifica l’indirizzo web digitato con l’indirizzo IP numerico appartenente al sito.
Con il pharming accade invece che questa corrispondenza fra nome a dominio del sito e suo indirizzo IP venga interrotta; al nome a dominio indicato viene associato un nuovo indirizzo IP relativo al sito creato dal Pharmer.
In sostanza il Pharming si concretizza in un attacco al server che gestisce le direzioni DNS (domain name system), in modo da far instradare la connessione verso il sito voluto, indipendentemente dalla volontà dell’utente ed evitando ogni contatto con il sito effettivamente clonato.

Per controllare l’attendibilità di un sito si deve quindi: (continua…)

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sabato, 19 gennaio 2013

PIRATERIA ON LINE (Le nostre vite tra diritto e web n. 11)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 11: PIRATERIA ON LINE

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Cosa si intende per “pirateria online”?
Secondo l’Agcom (l’autorità preposta al controllo) , è quella derivante da:
1- download;
2- peerto-peer;
3- streaming illegale di video e audio sul web
, peraltro legata anche al grado di diffusione della banda larga, dato che la fruizione di contenuti video necessita di banda più ampia.

Come evidenziato dall’Autorità, le possibilità tecniche di violazioni del diritto d’autore tramite reti di comunicazione elettronica sono molteplici ed in costante evoluzione, e le misure di contrasto ad oggi disponibili, pur efficaci nell’ambito di organizzazioni private o pubbliche (che le utilizzano soprattutto per limitare l’accesso ad Internet da parte dei propri dipendenti), risultano però poco adattabili all’utilizzo nel mercato residenziale a larga banda.
Ciò perché evidentemente possono contrastare con il Codice Privacy, con il diritto di accesso ad Internet e con il principio di “neutralità” della rete .

Per fronteggiare questi episodi fin dal 2007 si è tentato di far andare in porto il “progetto ACTA”.

ACTA è un accordo commerciale tra nazioni che si pone come obiettivo dichiarato la lotta a ogni tipo di contraffazione, anche se il termine è piuttosto vago perché andrebbe a mettere sullo stesso piano la merce taroccata e i farmaci generici, i prodotti falsificati e i file multimediali scaricati dai singoli utenti.
Il progetto ha avuto altissime contestazioni. Secondo diversi giuristi e attivisti, infatti, l’accordo andrebbe a minare i presupposti della libera condivisione in Rete, introducendo misure a tratti illiberali volte alla tutela delle grandi compagnie cinematografiche e discografiche.
A gennaio 2012 diversi stati dell’Unione Europea avevano sottoscritto l’accordo facendo deflagrare vive proteste in tutta Europa.
Lo scorso 11 febbraio decine di migliaia di persone avevano occupato le piazze europee, costringendo i relatori dell’accordo a modificare alcuni passaggi controversi come la facoltà degli agenti di frontiera di setacciare laptop e lettori mp3 in cerca di file illegali.
L’accordo è poi passato sotto le forche caudine di cinque commissioni europee ricevendo solo bocciature.
Nel luglio 2012 , infine, il Parlamento Europeo è stato chiamato a votare, e ha espresso un forte e inequivocabile no.

© Letteratitudine

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domenica, 13 gennaio 2013

DIRITTO D’AUTORE ED EVOLUZIONE IN INTERNET (Le nostre vite tra diritto e web n. 10)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 10: DIRITTO D’AUTORE ED EVOLUZIONE IN INTERNET

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

L’era internet ha portato nella disponibilità immediata di noi tutti una mole immensa di documenti, riproduzioni, filmati, fotografie, facilmente accessibili, divulgabili, imitabili.
Come si concilia questa velocità e facilità d’accesso con la tutela del diritto d’autore?
Va premesso che tutte le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o l’espressione, formano oggetto del diritto d’autore (art. 2575 c.c.).
La disciplina del diritto d’autore trova poi varia fonte anzitutto nella Carta costituzionale, e in particolare negli artt. 2, 3, 9, 21, 33, 35, 41 e 42 Cost.
La pubblicazione o comunicazione al pubblico dell’opera inoltre , risulta normalmente una espressione della libertà di manifestazione del pensiero di cui all’ art. 21 Cost., letta in combinato disposto con i principi di sviluppo della cultura e della libertà di creazione artistica di cui agli artt. 9 e 33 Cost.
Il diritto d’autore si acquista dunque originariamente con la creazione dell’opera (tranne i casi specifici in cui questa creazione sia avvenuta nell’ambito di un contratto di prestazione d’opera), quindi l’opera appartiene, come primo titolare, a chi ne è l’autore (art. 2576 c.c.).
Egli ha il diritto di disporne economicamente e riceve tutela quanto alla paternità dell’opera anche se ne cede lo sfruttamento.
La recente legge 248/00, modificando la legge 633/41, ha introdotto ulteriori ipotesi al fine di combattere la pirateria e la contraffazione, anche quella che si realizza via Internet.
Esaminiamo nel dettaglio le norme più significative.
- ART 70 L. 633-41 come modificata: riassunto, citazione o riproduzione a scopo studio, discussione, documentazione. (continua…)

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sabato, 15 dicembre 2012

IL “BEHAVIOURAL ADVERTISING”, ossia la pubblicità comportamentale in rete (Le nostre vite tra diritto e web n. 9)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 9: IL “BEHAVIOURAL ADVERTISING”, ossia la pubblicità comportamentale in rete

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Come è noto la pubblicità investe ormai ogni aspetto della nostra vita di relazione ed è il meccanismo che consente anche di sostenere i consumi e di invogliare agli acquisti. Siamo abituati agli spot pubblicitari, alle interruzioni nei programmi, ai banner, ai cartelloni e alle voci che ci martellano.

Ciò che non conosciamo ancora, però, è il nuovo meccanismo della pubblicità in rete, anche detta “behavioural advertising”.
È una forma di pubblicità nata nel mondo delle comunicazioni informatiche.
Funziona così: la rete registra le informazioni rilasciate dagli utenti durante la navigazione in internet al fine di creare segmenti pubblicitari ad personam modellati sugli interessi dell’utente.
Facciamo un esempio: hai scritto una e-mail nella quale confidi a una tua amica i tuoi gusti letterari? Ecco che ai lati dello schermo compare magicamente proprio il libro di cui parlavi. Esprimi al fidanzato il desiderio di una vacanza nelle isole dei tropici? Ecco che compare l’ultima, vantaggiosa offerta di un volo last minute o di alberghi del luogo…
Questo particolare tipo di pubblicità non è – allo stato – illecita o vietata nel mondo digitale, ma genera allarme e desta la necessità di proteggere l’identità e i dati sensibili degli utenti. Ecco perché l’Unione Europea negli ultimi anni si è mossa in modo deciso per creare direttive e linee guida contenenti discipline di regolamentazione delle comunicazioni elettroniche al fine di tutelare la privacy degli utenti di internet.
In particolare, nel parere 2/2010 sulla pubblicità comportamentale on-line, viene in rilievo come i fornitori di reti pubblicitarie siano vincolati all’ art. 5 par. 3 della direttiva e-privacy secondo la quale la memorizzazione dei marcatori nel browser è consentito solo previo consenso dell’ utente.
Tuttavia gli attuali sistemi di opt-out consentono la trasmissione del consenso in circostanze assai limitate. Inoltre la prima accettazione da parte dell’utente comporta in genere una implicita accettazione di ogni eventuale futuro tracciamento basato sui cookies stanziati all’interno del suo browser e quindi la realizzazione vera e propria del monitoraggio del comportamento di navigazione .
Ne deriva che sebbene nessuno ne abbia coscienza, la nostra navigazione in internet lascia tracce e segnalazioni dei nostri gusti, dei nostri orientamenti, delle nostre caratteristiche e della nostra identità.
Per questo motivo su impulso dello IAB of Europe, il 14 Aprile 2011 a Bruxelles è stato pubblicato un documento regolatorio della pratica di pubblicità comportamentale, contenente good practice per addivenire ad una completa trasparenza ed un maggiore controllo dell’utente sulle informazioni personali trasmesse in rete.
Il documento è stato inoltre accettato e sottoscritto anche da alcune tra le più famose aziende di ICT del mondo (tra cui Microsoft).
Lo scopo è quello di educare i consumatori e le aziende sulla Pubblicità comportamentale e sul come utilizzare questo sistema per trarne vantaggio bilaterale da entrambe le parti.
Il principio cardine del documento è la trasparenza richiesta, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi utilizzati dalle aziende per la raccolta dei dati degli utenti e la promozione di un maggiore controllo del consumatore sul processo di raccolta dati che lo riguardano, specialmente se si tratta di dati personali.

* * *

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sabato, 8 dicembre 2012

ASTROFURTING E WEB (Le nostre vite tra diritto e web n. 8)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 8: ASTROFURTING E WEB

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Forse non tutti sanno cos’è l’astrofurting. Si tratta di un termine coniato negli Stati Uniti intorno alla metà degli anni Ottanta nell’ambito del marketing. Esso definisce la creazione a tavolino del consenso proveniente dal basso, della memoria o della storia pregressa di un’idea, un prodotto o comunque qualsiasi bene oggetto di propaganda (bene di consumo, candidato alle elezioni, etc.).
In pratica un gruppo di persone si accorda per esprimere pareri positivi su un qualsiasi bene di consumo o idea e per creare artificialmente intorno ad esso una impressione altamente favorevole. La tecnica di astroturfing si affida spesso a persone retribuite affinché esse producano artificialmente un’aura positiva intorno al bene da promuovere.
L’astroturfing quindi nasce come tecnica di alterazione della percezione sulle qualità di un prodotto commerciale. Si basa in particolare sull’idea che molti giudizi positivi o lusinghieri verso un certo prodotto influenzino le scelte dei consumatori spingendoli all’acquisto o comunque a formarsi un’opinione positiva del prodotto stesso.
Nelle competizioni (commerciali o politiche) la tecnica dell’astroturfing può essere usata per bilanciare giudizi negativi in modo da rendere neutra la percezione che arriva al pubblico.
La pratica dilaga nel web ove è possibile lasciare commenti nei vari forum, nei social network nonché esprimere pareri e preferenze (spesso caratterizzati dal numero delle stellette: da una a cinque) su prodotti di ogni genere, così creando in modo semplice e artificiale un parere positivo (o distruggendo un prodotto avversario con pareri negativi).

Per quanto riguarda la normativa italiana, viene in rilievo il Dlgs 146/07 contro l’astroturfing che recepisce la direttiva europea 2005/29/CE contro le pratiche commerciali scorrette tra imprese e consumatori.
L’Art. 23, rubricato “Pratiche commerciali considerate in ogni caso ingannevoli” prevede:
Sono considerate in ogni caso ingannevoli le seguenti pratiche commerciali:
dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore.

Con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.
(continua…)

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domenica, 2 dicembre 2012

CONTROLLO DELLE E-MAIL DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO: licenziamento per giusta causa (Le nostre vite tra diritto e web n. 7)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 7: CONTROLLO DELLE E-MAIL DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Controllo delle e-mail da parte del datore di lavoro? La Cassazione dice sì, se è a scopo difensivo.

E’ principio sancito anche a livello costituzionale che la segretezza della corrispondenza sia tutelata.
E infatti la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali stabilisce, al comma 1 dell’art. 21 (Libertà di espressione), che ogni persona ha (…) libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera.
E l’art 15 della Costituzione italiana ha introdotto la nozione di libertà e segretezza della corrispondenza per la prima volta nello Stato italiano, superando così la visione dello Statuto Albertino che la escludeva.
La Costituzione del 1948 supera inoltre la “vecchia” visione di corrispondenza, allargandola a ogni mezzo di comunicazione. L’art. 15 Cost. contiene un principio supremo e recita:
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge
”.
Sulla scorta di tali principi si è più volte si è ribadito che il controllo a distanza del lavoratore, della posta elettronica (email aziendale) e degli accessi Internet (navigazione Web), non è consentito in base al Codice della Privacy e all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Accade a volte però che in seno al rapporto di lavoro emergano fatti «tali da raccomandare l’avvio di una indagine retrospettiva». In tali casi il datore di lavoro è autorizzato a verificare la corretta esecuzione della prestazione anche accedendo alle email inviate e ricevute dal dipendente.
Ma c’è di più: se la corrispondenza telematica conferma i sospetti del datore di lavoro, questa costituisce una giusta causa di licenziamento. (continua…)

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sabato, 17 novembre 2012

DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK (Le nostre vite tra diritto e web n. 6)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 6: DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Ottobre 2012, Tribunale di LIVORNO: diffamazione a mezzo facebook

La materia della diffamazione costituisce uno dei temi più delicati nella regolamentazione del mondo delle informazioni, soprattutto da quanto la comunicazione viaggia veloce su internet.
L’esistenza del web ha infatti aggravato il problema della asimmetria tra potenziale calunniato e potenziale calunniatore, poiché la rete non ha confini territoriali e limiti di percezione. È quindi indubitabile che la lesività del reato è potenziata, e pressoché irrecuperabile.
Iniziamo col definire la diffamazione.

L’art 595 c.p. stabilisce che “chiunque, al di fuori dei casi di cui all’art. 594 c.p. (Ingiuria), comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino ad € 1.032,00. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino ad € 2.065,00. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altra forma di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad € 516,00”.

L’art. 596-bis c.p. (Diffamazione a mezzo stampa) dispone, inoltre, che se il delitto è commesso col mezzo della stampa, lo stesso trattamento sanzionatorio, diminuito in misura non eccedente un terzo, è applicato al direttore o vicedirettore responsabile, all’editore ed allo stampatore (per i reati di cui agli artt. 57 c.p., Reati commessi col mezzo della stampa periodica, 57-bis c.p., Reati commessi col mezzo della stampa non periodica, e 58 c.p., Stampa clandestina), in quanto tenuti ad esercitare sul contenuto del periodico il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati.

Il legislatore, pur mostrando di aver preso in considerazione l’esistenza di nuovi strumenti di comunicazione, telematici ed informatici (si veda, ad esempio, l’art. 623-bis c.p. in tema di reati contro l’inviolabilità dei segreti), non ha ritenuto di mutare o integrare la normativa con riferimento ai reati contro l’onore (artt. 594 e 595 c.p.), pur essendo intuitivo che questi ultimi possano essere commessi anche per via telematica o informatica.

Pensando, ad esempio, alla trasmissione di comunicazioni via e-mail, ci si rende facilmente conto che è certamente possibile che un agente, inviando messaggi atti ad offendere un soggetto, realizzi la condotta tipica del delitto di ingiuria (se il destinatario è lo stesso soggetto offeso) o di diffamazione (se i destinatari sono persone diverse). Ovviamente, l’azione è altrettanto idonea a ledere il bene giuridico dell’onore anche se l’agente immette il messaggio in rete con modalità diverse.

Dottrina e giurisprudenza sono, dal canto loro, oramai in accordo, ritenendo che nella nozione di “stampa” di cui all’art. 595, co. 3, c.p. debba essere ricompresso ogni prodotto idoneo alla sua diffusione in una molteplicità di esemplari, con mezzi meccanici o fisico-chimici. Analogamente, per “altri mezzi di pubblicità” si intendono, in senso ampio, tutti gli altri mezzi divulgativi, quindi, anche internet (Cass. pen., n. 4741/2000, cit.).

È noto che il reato di diffamazione si consumi anche se la comunicazione e/o la percezione non siano contemporanee e contestuali ma, mentre nel caso di diffamazione commessa a mezzo posta o e-mail è necessario che l’agente compili e spedisca una serie di messaggi ad uno o più destinatari, nel caso in cui l’autore del reato crei o utilizzi uno spazio web o un social network come facebook, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erga omnes (anche se nell’ambito limitato di coloro che abbiano gli strumenti, la capacità tecnica o l’autorizzazione a connettersi).

Partendo da tale premessa, si giunge agevolmente a ritenere che l’utilizzo di Internet integri l’ipotesi aggravata di cui all’art. 595, co. 3, c.p. (offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), poiché la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio – solo lontanamente paragonabile a quella della stampa ovvero delle trasmissioni televisive o radiofoniche – rende l’agente meritevole di un più severo trattamento penale.

Internet è, infatti, un mezzo di comunicazione più “democratico”: chiunque, con costi relativamente contenuti e con un apparato tecnologico modesto, può creare un proprio “sito”, ovvero utilizzarne uno altrui. Poiché le informazioni e le immagini immesse nel web, relative a qualsiasi persona, sono fruibili (potenzialmente) in qualsiasi parte del mondo, il reato, di conseguenza, si consuma al momento della percezione del messaggio da parte di soggetti estranei sia all’agente che alla persona offesa (Cass. pen., n. 4741/2000, cit.).

Una volta stabilito che in astratto è configurabile la diffamazione a mezzo Internet, occorre chiedersi come sia possibile dare la prova processuale dell’esistenza di uno scritto o filmato o immagine diffamatoria.
(continua…)

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domenica, 11 novembre 2012

LA RETE E IL DIRITTO ALL’OBLIO (Le nostre vite tra diritto e web n. 5)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 5: LA RETE E IL DIRITTO ALL’OBLIO

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

La Cassazione interviene sul diritto all’oblio

Cos’è il diritto all’oblio?
Il diritto all’oblio è il diritto di ognuno a non vedere riproposti al pubblico fatti propri che in passato furono oggetto di cronaca.
Tale garanzia riconosciuta già a partire dai primi anni ’70 dalla Suprema Corte di Cassazione, e nata soprattutto per tutelare chi, avendo commesso un reato (estinto o la cui condanna era stata espiata) volesse rientrare in seno alla società civile, è un diritto inviolabile della persona, e si basa sul presupposto che una volta soddisfatto l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti e delle notizie attraverso la rivelazione di essi, il diritto alla sua riproposizione deve andare scemando fino a scomparire, divenendo quel medesimo fatto, con il decorso del tempo, quasi un fatto privato e pertanto suscettibile di essere tutelato dal diritto di riservatezza.
E cioè, una volta assolto il servizio pubblico all’informazione, la notizia attiene alla privacy della persona.
Le problematiche sottese alla sussistenza di tale diritto, e il loro intrecciarsi in maniera così complessa, sono, ovviamente, esplose con l’avvento di Internet ove l’accesso a ogni fonte di notizia anche molto risalente nel tempo è possibile attraverso il semplice inserimento di un nome o di un cognome in un motore di ricerca.
Proprio per evitare questi rischi si è ritenuto da parte dell’Autorità Garante della Privacy di dover intervenire sul tema con la decisione n. 249 del 2005.
In essa l’autorità, era addivenuta alla determinazione del seguente principio:“Trascorso un congruo periodo di tempo, occorre si provveda a collocare le notizie di vari anni or sono in una pagina accessibile solo dall’indirizzo web. Tale pagina, ricercabile nel motore interno al sito, dovrà essere esclusa, invece, dalla diretta reperibilità nel caso si consulti un comune motore di ricerca”.
Oggi la Cassazione riprende il principio (sentenza n. 5525/2012, Terza Sezione Civile), e ribadisce l’obbligo di creazioni di motori interni ai siti, così da impedire l’accesso diretto, mediante i comuni motori di ricerca, alle notizie contenute negli archivi storici degli stessi.

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sabato, 3 novembre 2012

L’IDENTITY THEFT, OSSIA IL FURTO DI IDENTITÀ (Le nostre vite tra diritto e web n. 4)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 4: L’IDENTITY THEFT, OSSIA IL FURTO DI IDENTITÀ

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Nuova sentenza della Corte di Cassazione

L’identità personale è uno dei valori che sono al centro della disciplina di protezione dei dati. E’ inoltre uno dei fondamentali diritti della personalità di un individuo (come tale inalienabile, imprescrittibile, assoluto, non patrimoniale, innato).
Il dlgs 30 giugno 2003 n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali) all’art 2 afferma che il codice medesimo “garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali”.
Da ciò l’attenzione e la preoccupazione per il nuovo fenomeno dell’identity theft, ossia del “furto di identità”, che si realizza – normalmente – attraverso una appropriazione non autorizzata di dati personali e documenti altrui da parte di soggetti che, in genere, li utilizzano per chiedere prestiti o finanziamenti nel settore del credito al consumo o per altre attività (apertura carte di credito, attivazione di contratti telefonici).
Il fenomeno è divenuto allarmante nell’epoca della rete a causa della facilità di comunicazione attraverso la posta elettronica e i social network.
Esso si è infatti trasformato nel cosiddetto phishing, che avviene mediante l’utilizzo di comunicazioni elettroniche (in genere chi vuole effettuare il furto manda messaggi di posta elettronica artefatti che riproducono marchi istituzionali di banche o enti al fine di indurre i soggetti contattati a rivelare dati personali come il numero di conto corrente, codici o password).
Da un punto di vista giuridico, in Italia, non esistono norme che prevedono e codificano in reati specifici tali condotte commesse su internet, e per questo, con l’ausilio della dottrina e della giurisprudenza (Cassazione sent. n. 46674/2007) vengono “prese a prestito” fattispecie di reati quali la sostituzione di persona (art. 494 c.p.) ed altre forme previste dal Codice sulla Privacy (D.Lgs. 196/2003) che vengono in genere applicate per le condotte commesse al di fuori della rete.
Nel caso del phishing taluni tribunali applicano la fattispecie della truffa.
Da ultimo occorre segnalare l’interessante pronuncia della Corte di cassazione, sez. III, n. 12479-012 che ha statuito che : (continua…)

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domenica, 28 ottobre 2012

I COMPUTER CRIMES O CYBER CRIME. IN PARTICOLARE IL PHISHING (Le nostre vite tra diritto e web n. 3)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 3: COMPUTER CRIMES O CYBER CRIME - IL PHISHING

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

La classificazione del Codice Penale relativa ai computer crimes.
Importante: la scarsa alfabetizzazione dell’utenza Internet circa i pericoli ed i rischi su cui è possibile imbattersi, è la causa prima della così ampia diffusione del cyber crime

I reati informatici, o computer crimes, possono essere definiti come il risvolto negativo dello sviluppo tecnologico dell’informatica e della telematica.
Lo sviluppo delle tecnologie informatiche ha permesso infatti di disegnare nuovi scenari da qualche decennio a questa parte.
In un lasso di tempo assai breve, la maggior parte delle attività umane svolte manualmente o attraverso apparecchiature meccaniche, hanno lasciato il passo a ben più efficienti implementazioni digitali.
Dal connubio informatica-reti telematiche originano ampie possibilità per la crescita della società. Tuttavia se tutti gli interessi e le attività propositive della società si spostano su Internet, di conseguenza, anche le attività illecite (i cd. reati informatici) ne seguiranno l’evoluzione nelle forme e nelle pratiche.
A tal riguardo diventa perciò necessario sviluppare idonee contromisure atte a contrastare, o quantomeno a limitare, il progredire di queste forme di crimine.
Al fine di poter contrastare il sempre crescente aumento dei reati informatici, si rende necessario sviluppare metodologie, pratiche e normative in grado di combatterne gli effetti.
In prima istanza, la pratica prima, è quella di sensibilizzare e responsabilizzare l’utenza sulle potenzialità ma anche sui rischi cui è possibile incorrere attraverso l’uso degli strumenti informatici.
La scarsa alfabetizzazione dell’utenza Internet circa i pericoli ed i rischi su cui è possibile imbattersi, è la causa prima della così ampia diffusione del cyber crime, e ciò è specialmente vero in determinati tipi di illeciti.

In seconda istanza anche sul versante della pubblica sicurezza (Polizia Postale e delle Comunicazioni) esistono soluzioni in grado di prevenire i reati informatici, o comunque designate a tale scopo.
Fatta questa premessa, e prima di analizzare come il Codice Penale classifichi ed individui i computer crimes, è opportuno precisare che la prima vera normativa contro l’emergente fenomeno dei cyber crimes è stata la legge 547/93
Precedentemente a questa legge molti pochi interventi sono stati fatti in materia di repressione dei reati informatici.
Attualmente i cyber crime, o reati informatici, riguardano le seguenti aree di intervento;
1) Frodi informatiche;
2) Falsificazioni;
3) Integrità dei dati e dei sistemi informatici;
4) Riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche.

Tra i reati che più frequentemente vengono compiuti, e che ricadono, tra gli altri, all’interno della frode informatica, vi sono le cosiddette pratiche di Phishing.
Il phishing altro non è che un’attività finalizzata ad estorcere dati personali (in prevalenza legati alle carte di credito o ai conti bancari) attraverso una richiesta esplicita al suo legittimo possessore.
Il principale metodo per porre in essere il phishing è quello di inviare una mail in tutto e per tutto simile a quella che verrebbe inviata da un regolare istituto (banca, sito d’aste, provider, ecc. e con relativo logo identificativo), nella quale si riportano vari tipi di problemi tecnici (aggiornamento software, scadenza account, ecc.) che motivano l’utente a cliccare sul link riportato nella mail per andare ad aggiornare i propri dati personali.
Chiaramente il link non porta al vero sito dell’istituzione, ma ad un sito fasullo ed opportunamente creato dall’autore del reato di phishing, che si impossesserà cosi dei dati inseriti dall’utente.
Dal punto di vista della prevenzione, il phishing si configura come uno di quei reati che possono facilmente essere debellati con una corretta informazione agli utenti.
A tal scopo l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) ha stilato una lista di 10 punti chiave nella prevenzione del phishing: (continua…)

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domenica, 21 ottobre 2012

STALKING E CYBERSTALKING (Le nostre vite tra diritto e web n.2)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 2: STALKING E CYBERSTALKING

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

La Cassazione si adegua all’evoluzione dei mezzi di comunicazione: punite le “persecuzioni online”

Che cos’è il cyberstalking?
Per darne una definizione compiuta è bene partire dalla definizione di stalking.
L’art. 7 del d.l. 23 febbraio 2009 sulle Misure urgenti in materia di pubblica sicurezza e contrasto alla violenza sessuale ha introdotto l’art. 612 bis del Codice Penale, rubricato “Atti Persecutori”, che recita:
< La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale di deve procedere d’ufficio>>.
Da una prima lettura di questa norma si rileva come lo stalking richiami condotte che già di per sé costituiscono reato (minaccia, molestia, lesioni personali, omicidio), ma proprio con lo scopo di reprimere il particolare fine criminologico dello stalker, il legislatore ha voluto prevedere una norma e un sistema sanzionatorio ad hoc accompagnato da norme accessorie.
Il nuovo istituto costituisce, quindi, una sorta di affinamento della preesistente norma sulla violenza privata: delinea infatti in modo più specifico la condotta tipica del reato e richiede che tale condotta sia reiterata nel tempo e tale da «cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura» alla vittima.
La condotta reiterata deve creare un disagio psichico, un «timore» che può benissimo tramutarsi in uno stato patologico di ansia, tale da determinare un mutamento del vivere quotidiano. Infatti, tra i vari eventi che la condotta tipica può causare, vi è l’alterazione delle proprie abitudini di vita, la quale può essere vista come una particolare ipotesi di violenza privata.
L’ulteriore bene giuridico tutelato è l’incolumità individuale, quando le minacce o le molestie provochino il “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, che comporta la lesione del bene salute.
Etimologicamente, infatti, il termine inglese stalking, suggerito dalla letteratura scientifica specializzata anglofona in tema di molestie assillanti, intende un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene od indesiderate.
Lo stalking è considerato reato in diversi paesi del mondo ed ovunque le norme anti-persecuzione sono volte a tutelare le vittime di tutti quegli atti persecutori che, per la loro caratteristica di ripetitività e perduranza nel tempo, provocano nelle persone colpite stati di ansia e paura per la propria incolumità o le costringono ad alterare significativamente le proprie abitudini di vita.
In Italia la Cassazione ha dichiarato punibile con l’accusa di stalking la persecuzione di un utente con messaggi continui attraverso il noto social network Facebook.
Secondo la Corte di Cassazione è punibile per stalking ex art. 612 bis C.P. anche chi perseguita con tag su foto e video oltre che con messaggi continui sul social network.
Già a partire dalla sentenza n. 32404 del 30 agosto 2010 la Cassazione aveva infatti statuito che “la persecuzione attraverso l’invio di video e messaggi tramite Facebook è idonea a configurare reato di stalking”.
Ultimamente la Cassazione, sez. V penale, 12 aprile 2012 n. 13878, Pres. Oldi, Rel. Zaza ufficializza la nascita del cyberstalking, ossia dello stalking esercitato attraverso social network, posta elettronica e messaggi in rete.
Da notare che la condotta di disturbo non è punibile solo penalmente ma è anche risarcibile sotto il profilo civilistico, ove si tramuti in una danno alla salute e alla persona.

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(continua…)

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sabato, 13 ottobre 2012

LA CONVENZIONE DI LANZAROTE (Le nostre vite tra diritto e web n.1)

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LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 1: LA CONVENZIONE DI LANZAROTE

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Ratificata in Italia la convenzione di Lanzarote che introduce la parola “pedofilia” nel codice penale. Punite le condotte on line.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 dell’8 ottobre 2012 è stata pubblicata la legge del 1° ottobre 2012, n. 172 di «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delConsiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale», adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 12 luglio 2007 ed aperta alla firma il 25 ottobre 2007 a Lanzarote.
Si tratta di un documento con il quale i Paesi aderenti si sono impegnati a rafforzare la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, adottando criteri e misure comuni sia per la prevenzione del fenomeno, sia per il perseguimento dei colpevoli e la tutela delle vittime.
Tra le novità più importanti contemplate dalla Convenzione di Lanzarote è da annoverare l’introduzione di due nuovi reati: l’istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia e l’adescamento di minorenni.
Si tratta di tipiche fattispecie nate in rete.
Previste pene più severe per tutta una serie di altri reati: dai delitti di maltrattamenti in famiglia a danno di minori, ai reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati a sfondo sessuale in danno di minori.
È inoltre previsto un inasprimento delle pene anche per i reati di prostituzione minorile e di pornografia minorile.
Con la nuova L. 172/2012, che entrerà in vigore il prossimo 23 ottobre 2012, si è data dunque attuazione nel nostro ordinamento alla detta Convenzione.
L’adesione alla Convenzione di Lanzarote integra un percorso di progressiva attenzione dello Stato italiano verso la lotta alla pedofilia e alla pedopornografia sulla scorta delle numerose pulsioni e denunce nate dalla polizia di stato che ha operato un intenso controllo delle pratiche on line.
L’organizzazione a tutela dei minori Save the Children, in persona del direttore generale Valerio Neri ha commentato: “L’ Italia potrà finalmente avvalersi di uno strumento fondamentale di protezione e di contrasto dai frequenti casi di abuso e sfruttamento sessuale che avvengono anche attraverso la rete”.
(continua…)

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sabato, 13 ottobre 2012

LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB

di Massimo Maugeri

Chi mi segue sa che, sin dai primissimi tempi di Letteratitudine, ho cercato di prestare molta attenzione all’evoluzione della Rete (con i suoi pro e i suoi contro).
Qualcuno si ricorderà di questo vecchio post del 18 marzo 2007  intitolato “La rivoluzione Internet e Pasolini”. Il concetto di “rivoluzione” legato al web, per quanto mi riguarda, è confermato ancora oggi… ma con le dovute cautele e con un adeguato grado di consapevolezza cresciuto nel tempo e con l’esperienza (di questi concetti ne parlo ampiamente nell’introduzione del secondo volume di “Letteratitudine, il libro”, in uscita – anche in versione cartacea – per i tipi di Historica).
Già in questo post del 26 settembre 2006, pur ammettendo l’importanza innovativa e le “comodità” offerte da Google (il più importante motore di ricerca al mondo), avevo ritenuto opportuno evidenziare il rischio che il più grande colosso internauta (capace di controllare i dati personali dei suoi utenti in maniera impressionante) potesse fungere da Grande Fratello. In questi ultimi anni, poi, c’è stata l’esplosione dei due grandi social network: Twitter, ma soprattutto di Facebook (al momento il più grande social network esistente in rete, ma pure la più grande “rete sociale” di tutti i tempi). Facebook fornisce un validissimo aiuto per la ricerca di “contatti” e per instaurare nuove “amicizie”… e anche – fanno notare i più accaniti sostenitori – per contribuire alla crescita di occupazione e del prodotto interno lordo dei paesi in cui opera. Anch’io, d’altra parte, ho un profilo aperto su Facebook, che consulto quasi giornalmente. Non bisogna dimenticare, però, di far parte di un’allegra brigata di 800 milioni di potenziali “clienti” i cui dati possono essere utilizzabili da qualunque azienda di marketing (nonostante i tentativi di miglioramento della garanzia della privacy). Inoltre è bene sapere che Facebook si può anche prestare per fini loschi (i furti di identità da parte di delinquenti comuni o da vere e proprie organizzazioni criminali non fanno più notizia). Si è discusso dei pro e dei contro di Facebook nell’ambito di un dibattito on line che rimane tutt’ora aperto e suscettibile di interventi.
Un’altra considerazione importante riguarda il concetto di responsabilità legale della scrittura in Rete. Troppo spesso si interviene in Internet con l’errata convinzione di entrare in una specie di “zona franca”, di poter scrivere qualunque cosa, dimenticando che accanto ai diritti figurano… “responsabilità” (qual è, per esempio, il limite tra il sacrosanto diritto alla critica, anche in letteratura, e l’offesa sanzionabile da un punto di vista legale? E tale “sanzionabilità”, in che misura risente delle ripercussioni derivanti dalla “immediatezza” e “aterritorialità” della pubblicazione online?). Tempo fa chiesi a Simona Lo Iacono, scrittrice e magistrato, dirigente del Tribunale di Avola (SR), di predisporre un intervento sul tema, con l’obiettivo di poter fare chiarezza e soprattutto… informare. Ne è venuta fuori una discussione molto interessante (pubblicata nel novembre 2008, ma tutt’ora valida e attuale), dove la Lo Iacono ha risposto alle domande di natura tecnica pervenute dai frequentatori del blog (avvalendosi della sua esperienza di magistrato maturata in quindici anni di brillante carriera).
Tra i contro della rivoluzione Internet è bene includere il proliferare di casi di pedofilia e pedopornografia on line. Sul lato destro del blog, compare un riquadro nero con una scritta rossa. La scritta è la seguente: Contro la pedofilia e la pedopornografia. I bambini hanno solo bisogno di amore vero, aiutaci ad aiutarli. Cliccando sul banner, si apre la pagina dedicata a un altro dibattito “fondamentale” (avviato nel dicembre 2009), il cui protagonista è un prete coraggioso: don Fortunato Di Noto, creatore dell’associazione Meter. Don Di Noto da oltre sedici anni spende la sua attività pastorale in difesa dei diritti dei bambini, lottando strenuamente (e mettendo a repentaglio la sua stessa vita) contro i pedofili e gli “imprenditori” pedopornografici che agiscono spesso indisturbati sul web. Una discussione importante e utile, quella che ha visto il coinvolgimento di don Fortunato… con la collaborazione della già citata Simona Lo Iacono e gli interventi di esperti del settore tra cui quello del dottor Marcello La Bella (dirigente della polizia postale di Catania, da sempre impegnato nell’opera di prevenzione e di educazione nella scuola e nella famiglia attraverso corsi e incontri sull’uso della Rete e sulla conoscenza dei suoi pericoli).
E poi, in questi anni, ci siamo occupati di altre tematiche attinenti a quanto accennato: dai problemi connessi alla cosiddetta dipendenza dalla Rete, agli inevitabili cambiamenti che si profilano nell’ambito della tutela del diritto d’autore.

Sulla scia di questo percorso, si innesta il nuovo spazio letteratitudiniano che – in collaborazione con l’amica scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono (già citata in precedenza) – vorrei mettere a disposizione di tutti coloro che vorranno seguirci. Il tempo che passiamo in Internet si è molto allungato in questi ultimi anni (e sarà destinato a crescere ulteriormente). Così come sono aumentate le nostre “attività online”. Quasi tutti hanno un account di posta elettronica e in moltissimi hanno almeno un profilo aperto su uno dei principali social network. Aumentano il numero di compravendite effettuate sul web e il quantitativo e le tipologie di servizi che possiamo ricevere collegandoci online. Pur rimanendo sull’onda di quella rivoluzione a cui si faceva riferimento prima, dove (continuo a pensarlo) gli aspetti positivi superano di gran lunga quelli negativi, bisogna comunque prestare attenzione alle varie trappole che pullulano in Rete. Allo stesso modo ritengo necessario che ci si tenga informati su come l’evoluzione digitale e le nuove tecnologie incideranno sulla nostra quotidianità (nel bene e nel male). Da qui l’idea di creare questo nuovo spazio: una sorta di bollettino periodico destinato ad accogliere le “notizie giuridiche” attinenti, appunto, alla Rete e alle nuove tecnologie. Si chiamerà “Le nostre vite, tra diritto e web” e lo aggiornerò con l’indispensabile supporto di Simona (che ringrazio di cuore!). Troverete informazioni sulle più interessanti novità normative e sui più recenti orientamenti giurisprudenziali per ciò che riguarda la Rete e, appunto, l’inevitabile ripercussione sulle nostre vite. “Le nostre vite, tra diritto e web” sarà uno spazio segnalazione, non uno spazio dibattito (dunque la sezione “commenti” rimarrà chiusa). L’intento è, per l’appunto, quello di far conoscere e di divulgare. Per questo chiedo a tutti gli amici blogger che seguono Letteratitudine di linkare e/o segnalare queste “pillole di diritto e web” sui loro siti. Ringrazio tutti in anticipo per la collaborazione.
(Massimo Maugeri)

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diritto-e-web-2INTERNET E LA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA

di Simona Lo Iacono

L’avvento di internet ha creato un mondo parallelo alla realtà, seduttivo, impalpabile, che ha subito dato l’impressione di uno spazio aperto, senza limiti. In una parola: libero, gratuito, accessibile.
Si è pensato che questo mondo fosse sottratto alle leggi della quotidianità, e che in esso ogni potenzialità fosse ampliata: di espressione, di contatto, di notizia.
Questo è avvenuto perché l’immaterialità del web ha mutato la percezione delle relazioni umane e ha come abbattuto il limite necessario che deve regolarle.
La nuova percezione del mondo esige dunque una rinnovata consapevolezza di esso. Esige anche uno sforzo atto a fondare una relazione corretta con “l’altro” e con lo strumento che viene utilizzato, con le sue potenzialità lesive.
Ecco perché non può esserci vera “vita” in rete, se non attraverso una riflessione che consenta a chi ne fruisce di riappropriarsi delle percezioni della realtà, pur restando nel mondo del web.
Lo strumento per acquisire consapevolezza è da sempre il diritto che scompone le relazioni, ne svela l’apparenza, ne denuncia la falsità.
Al diritto spetta il ruolo di stabilire il limite tra un essere umano e un altro, la regola che determina gli spazi di appartenenza e di non aggressione.
E’ dunque al diritto che è rimesso il compito di far emergere una nuova consapevolezza nella realtà virtuale.
Poiché però non può esserci consapevolezza senza conoscenza, e il mondo della legislazione e della giurisprudenza corre in fretta, è necessaria una guida facile, pratica, “in pillole”, che prenda per mano l’inesperto viaggiatore del web e lo aiuti a fruire delle potenzialità della rete con un nuovo senso delle cose.
Lo scopo è lo stesso che il diritto si propone nella vita reale: creare una coscienza.
Lo diceva benissimo Pirandello e lo possiamo applicare al nostro confuso mondo di cavi e computer: la tua coscienza significa “gli altri dentro di te”.
(Simona Lo Iacono)

(continua…)

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