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giovedì, 26 marzo 2009

LA POESIA: SPECIALITA’ DEI PERDENTI?

La poesia è una specialità dei perdenti?
Ripropongo con questa domanda secca uno dei miei post permanenti dedicati alla poesia. Questo post treva origine da un articolo del 2007 pubblicato da Berardinelli sul Domenicale de Il Sole24Ore. Credo che sia ancora attualissimo.
In coda potrete leggere un’intervista in tema che mi ha rilasciato Renzo Montagnoli.
Dunque… la poesia è una specialità dei perdenti?
A voi.
Massimo Maugeri

—————–

Post dell’11 giugno 2007

La poesia annoia? La poesia è ghettizzata? La poesia è in crisi? Sono in crisi i lettori di poesia?

Qualche giorno fa, per l’esattezza il 27 maggio, Alfonso Berardinelli ha pubblicato un articolo sul Domenicale de Il Sole24Ore. Un articolo che ha fatto molto discutere. Il titolo è emblematico: “Togliamo la poesia dal ghetto”.

Ancora una volta, partendo dallo spunto offerto da Berardinelli, potremmo tornare a domandarci cosa si intende per poesia e chi è poeta. La discussione, per la verità, ha toccato altri punti. Per esempio: Chi legge poesia? E, soprattutto, chi è davvero in grado di valutare un testo di poesia?

Scrive Berardinelli: “Chi si accorge che un libro di poesia è brutto o inesistente sono sì e no cento persone. Di queste cento, quelle che lo dicono sono una ventina. Quelle che lo scrivono sono meno di cinque.”

Ma prima ancora di giungere a questa conclusione si domanda: “chi conosce a memoria un paio di testi scritti dalle ultime generazioni di poeti?”

È pessimismo o realismo, quello di Berardinelli?

Vi riporto quest’altro stralcio dell’articolo, che coincide con una ulteriore serie di domande:

“Chi potrebbe credere oggi che fino a vent’anni fa “testo poetico” era sinonimo di testo letterario e che tutta la teoria della letteratura, da Jakobson in poi, ruotava intorno alla nozione di “funzione poetica del linguaggio”? Ora i teorici, quando ci sono, si occupano di romanzi. La poesia sembra  diventata la specialità dei “perdenti” e i critici che se ne occupano dimostrano un’inspiegabile vocazione al martirio. Chi li inviterà mai a un convegno? Quale giornale recensirà i loro libri?”

Spunti, domande e considerazioni che giro a voi, amici di Letteratitudine.

Cosa ne pensate?

Ha ragione Berardinelli?

C’è qualcuno, tra voi, che ritiene di rientrare nel ristretto gruppo di cento persone in grado di accorgersi che un libro di poesia è brutto o inesistente?

La parola è vostra.


———————-

INTERVISTA A RENZO MONTAGNOLI

Renzo Montagnoli nasce a Mantova l’8 maggio 1947. Laureato in economia e commercio, dopo aver lavorato per lungo tempo presso un’azienda di credito ora è in pensione e vive con la moglie Svetlana a Virgilio (MN).
Ha vinto con la poesia Senza tempo il premio Alois Braga edizione 2006 e con il racconto I silenzi sospesi il Concorso Les Nouvelles edizione 2006.
Sue poesie e racconti sono pubblicati sulle riviste Carmina, Isola Nera, Prospektiva e Writers Magazine Italia, oltre a essere presenti in antologie collettive e in e-book.
Ha pubblicato le sillogi poetiche Canti celtici (Il Foglio, 2007) e Il cerchio infinito (Il Foglio, 2008).
E’ il dominus del sito culturale Arteinsieme e del blog Armonia delle parole.

Quando hai scritto la tua prima poesia?
Tralasciando qualche cosina da fanciullo, di cui peraltro non ho più memoria, la prima poesia è abbastanza recente e risale ai primi del 2003. Prima leggevo, oltre alla narrativa, anche poesie, soprattutto queste, in parte per una comodità legata ai tempi ristretti a causa dell’attività lavorativa.

Sei laureato in economia e commercio e per molti anni hai lavorato in banca. Come è possibile conciliare la creatività poetica con un lavoro che, di norma, è considerato “freddo” e “asettico”?
Quando lavoravo in banca non scrivevo poesie e nemmeno racconti; mi dedicavo tutto all’attività e non potevo, anche per una questione psicologica, nemmeno ipotizzare di stilare una poesia. C’è da dire che, però, potevo usufruire di una certa creatività, perché il ruolo che ricoprivo (responsabile dell’ufficio legale) non era asettico, con tutte le cause legali che avviavo o che vedevano come convenuto il mio istituto. Questo mi ha consentito di non spossessarmi di quanto avevo appreso, ovviamente a scuola, in campo letterario, anzi vi attingevo per predisporre le comparse di risposta, o per integrare le conoscenze legali nel redigere le citazioni. Penso che questo lavoro sia il meno bancario che possa esistere e infatti non nascondo che mi piaceva molto.

Conosci il romanzo “La morte in banca” di Pontiggia? Cosa ne pensi?
Ne ho sentito parlare, ma non l’ho mai letto. Penso che sia una descrizione del lavoro del bancario, impiegato spesso malvisto dagli esterni perché freddo, addirittura glaciale, e inoltre rappresenta ai più il tentacolo di un moloch pachidermico e insensibile quale è nell’opinione comune qualsiasi azienda di credito. Ci sono impiegati così, con una spanna di pelo sul cuore, e che per la carriera sono disposti a tutto, ma ci sono anche quelli che lavorano a testa bassa e che riescono perfino a risultare simpatici ai clienti.

C’è un poeta del passato che consideri come tuo “Maestro”?
Tutti. Da ognuno che ho letto ho imparato qualche cosa e dire quale è stato più prodigo di conoscenza nei miei confronti mi è difficile. Tuttavia, visto che c’è da fornire una risposta, mi permetto di fare tre nomi:
Publio Virgilio Marone, per la ricerca quasi ossessiva della purezza nello stile, ma soprattutto perché non tanto con l’Eneide, ma con Le bucoliche e Le georgiche ha saputo creare opere di straordinaria attualità.
Giovanni Pascoli, sfortunato, chiuso nell’alveo familiare, ha saputo fondere metrica classica e profondità di pensiero.
Giuseppe Ungaretti, un uomo nato troppo tardi e morto troppo presto. Mi spiego meglio: è indubbio che lui è il capostipite della corrente ermetica, che si è esaurita troppo velocemente, anzi direi che se n’è andata con lui. Ungaretti mi ha sempre colpito per quei versi così immediati che dicono tanto con poco.
Comprendo che ho citato tre maestri d’eccezione e che come allievo assomiglio un po’ a Pierino, però sono autori che ho studiato e ristudiato, che mi sono entrati dentro e dai quali forse, a volte, riesco ad attingere qualche cosa.

Che differenza c’è, a tuo avviso, tra poesia e componimento poetico?
La poesia ricorre al significato semantico delle parole, componendole in suoni e adottando un ritmo, così che ne scaturisce una musicalità. In pratica il poeta compone, ricorrendo anziché alle note, alle parole e in questo contesto esistono diverse tipologie di componimenti poetici, che hanno caratteristiche peculiari di costruzione e di ritmo, come, tanto per citarne alcuni, il poema o la ballata. Così come esiste il componimento musicale esiste anche quello poetico.

Poeti si nasce o si diventa?
Il talento è innato, ma per svilupparlo occorrono studio e applicazione. Quindi, sarebbe meglio dire che poeti si nasce, ma che scrittori di poesie si diventa.

La poesia è una specialità dei perdenti?
Occorre preliminarmente vedere che cosa si intende per perdente. In una società come la nostra, in cui il valore di un individuo si misura con i suoi profitti, è senza dubbio vero; è fuori discussione che anche il più famoso dei poeti ritrae dalla sua arte assai meno di un mediocre narratore. Del resto, quando di parla con qualcuno e quello ti chiede che cosa scrivi, se rispondi che sono poesie ti guarda con un’aria di commiserazione. Non credo che i poeti siano dei narratori falliti o comunque dei perdenti, penso invece che, come qualsiasi individuo, si sentano realizzati in ciò che riescono a esprimere. La capacità di trasmettere emozioni agli altri sondando dentro se stessi è solo una piccola parte della soddisfazione che un poeta può provare; il sapere interagire con il mondo e con il proprio “io” finisce con il far scoprire nuovi orizzonti prima del tutto impensabili e questa continua ricerca è al tempo stesso punto di arrivo della conoscenza e stimolo per nuovi traguardi. Non vedo pertanto né perdenti, né vincenti, ma solo dei realizzati.

Cosa consiglieresti a un poeta esordiente che ha velleità di pubblicazione?
Che è una tragedia! E’ strano, perché ci sono tanti che scrivono poesie e assai meno che le leggono. Ne consegue che il ritorno economico di un libro di poesia non è frequente ed ecco allora che molti editori (non tutti a onor del vero) chiedono all’aspirante poeta di contribuire alle spese di pubblicazione. E’ deprimente, ma mi ricordo che un certo Pincherle, più noto come Moravia, pubblicò il primo romanzo esclusivamente a sue spese.
Egoisticamente gli consiglierei di farsi conoscere attraverso Internet, magari ricorrendo ad Arteinsieme, che non pubblica tutto e tutti, ma fa una certa cernita in modo da avere un livello qualitativo medio più che soddisfacente.

Hai nuove pubblicazioni in cantiere?
Pubblicazione è un nome grosso. Vedi in genere scrivo sillogi tematiche e attualmente una c’è, molto lontana dal completamento, ma esiste.
Non so dirti nemmeno l’epoca presumibile in cui sarà terminata, perché l’importante è che scriva qualche cosa che mi soddisfi. Poi, se avrò la fortuna che venga pubblicata, bene, ma in caso contrario la metto su Arteinsieme.


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Scritto giovedì, 26 marzo 2009 alle 22:45 nella categoria PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

168 commenti a “LA POESIA: SPECIALITA’ DEI PERDENTI?”

poveri poeti!… nel senso che fanno la fame!

Postato lunedì, 11 giugno 2007 alle 22:23 da iena


Mesi fa ho comprato una nuova edizione delle poesie di Leopardi e Walt Withman. Ammetto di essere tra quelli che non leggono poesia delle nuove generazioni. Devo sentirmi in colpa?

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 11:23 da Elektra


Il discorso su tale argomentazione credo dovrebbe essere approssimativamente lungo qualche anno…e oggi che viviamo nel “sintetico” dalla mattina alla sera, diventerebbe un flop.
Così, mi auguro di finire almeno entro 1 cartella e mezza.
Detto questo,secondo me, non occorre ricordarle a memoria le poesie dei contemporanei…sarebbe già tanto riconoscere che frammenti di queste poesie li si possono trovare dovunque. Come dire, che l’animo dei nostri simili non poeti si è talmente reso alla forza del mercantile progetto, da usare magari, titoli, frasi, citazioni, concetti, e astrazioni dei cosiddetti contemporanei autori,anche a loro insaputa,violentandone la proprietà letteraria…ma non sentendosi in grado di capire il discorso nel particolare ne abusano emarginandone l’essenza e abusandone con l’uso delle briciole che in effetti, a ben guardare, le “briciole” dei poeti sono elementi essenziali della sostanza…
Accidenti, sono stata troppo complicata. Insomma, diciamolo, è un certo ambiente di fossili a non meritare ci sia in giro chi innalza la poesia dei giorni nostri col massimo degli sforzi possibili.
I veri martiri siamo un po’ tutti: sia chi fa il poeta vessato, emarginato e sconosciuto e sia chi non è in grado di comprendere che fare a meno dei poeti è uno dei peccati dai quali derivano tutte le nefandezze di questo mondo!
Così, posso dire, che se da una parte ci sono forme di espressione poetica a dir poco strampalate, dall’altra abbiamo un ritorno alla lirica leopardiana dagli ammirevoli contenuti.
Inoltre, è necessario dire che non tutti meritano la dovuta attenzione e di solito a non goderne sono propri i più meritevoli.
Credo sia in atto una specie di tesorizzazioni di elementi per poterne usare a discapito di chi li ha forgiati. Insomma, è talmente basso il livello emozionale dei sentimenti di alcune persone addette alla divulgazione delle notizie da non sperare che si possa far emergere il meglio….se apri una homepage di un qualsiasi server, in bella mostra non ci sono sonetti o vite di poeti, ma sederi e affini….e magari si parlasse delle nuove scuole di scultura!!!!Nell’agro pontino fu messa in atto un opera di bonifica che ha salvato l’intera area da malaria e povertà…Così, occorrerebbe fare in certi anfiteatri dell’ignoranza. Ma credo sia troppo tardi.
Quindi, magari, la frase: “scintille di zelo sulla testa dei pastori” renderebbe meglio se si scrivesse: “scintille di fuoco tra corpi nudi infuocati dal calore di fatali attrazioni” anche se a ben guardare quelle scintille e quei zampilli così tanto raffigurati e così tanto ricercati dagli amanti dell’hard non fossero altro che creme allo yoghurt e olio di mandorle anche di qualità scadente”
Insomma, non siamo martiri ma masochisti e ormai ci siamo assuefatti alle prese in giro e se è questo che meritiamo, come poter difendere i poeti…che tutto fanno tranne che perdere tempo in bislaccherie sensa senso e pure senza sesso….
La poesia esiste, va al passo con i tempi, perchè diciamocelo, i poeti sono gli spioni del tempo, nel senso buono, ma a chi scrive poesie un voto in più e una marcia in più, perchè costoro accolgono anche la presbiopia come un dono…sanno vedere lontano meglio degli altri, è forse per questo che spesso non sono accolti e danno fastidio, come la verità e la Libertà. Si pretende di gestirla….ma la Libertà e la Verità non accusa il passare degli anni, anzi, prima o poi, possedendo un peso specifico più basso degli unguenti, si rende tossica per chi non la persegue ed emolliente per chi la difende!!!!

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 12:19 da gabry conti


Mi sembra l`ennesima provocazione troppo consapevole di essere una provocazione. Nel senso che sono anni che sento questi appelli nati gia` morti.
Perche` invece, come rimedio efficace, le case editrici non provano a regalare un libro di poesie ogni quattro di narrativa ?
Al lettore costa poco, quasi nulla, e con il passare degli anni probabilmente qualcosa cambiera` sul serio.
Forse.

Altro discorso quello della qualita` della poesia attuale.
Ho letto alcuni autori e alcuni mi sono piaciuti. Come al solito tutto dipende dalla qualita` di chi scrive. Tale criterio puo` pero` essere utilizzato solo in presenza del corpo del reato , delle poesie cioe`, e non invece come in questo momento avviene con una forma d`arte praticamente fantasma.

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 13:40 da outwork110


Ma chi sarebbero i poeti di nuova generazione meritevoli di attenzione particolare? A parte Aldo Nove e, credo, Tiziano Scarpa non è che mi vengano in mente altri nomi.

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 14:53 da Rosa Fazzi


Aldo e Tiziano, hai detto?
Ma allora è sufficiente andare la supermercato o aprire un sito dell’usato..tra ammorbidenti e cd di plastica del centro sul GRA, tutto betulla e vegetale assemblato, di buono il salmone affumicato, di certo il prezzo che è calmierato, mi piace il posto, ci vado spesso, non di sabato, ve lo confesso, e se mi dici che c’è poesia tra la schiuma contenuta del perlana, ti rispondo, che parlare qui di poesia mi si chiuma tutto il coperchio della fantasia….e poi si sa, i detersivi delle lavandaie e pulitrici elettroniche non amano la schiuma, non la sopportano, per questo forse mi spiego che la crema della poetica sia altrove e non vicino a questi che tu, Rosa Fazzi, ci indichi,forse è il tuo modo per fare volontariato…e anche tu hai contribuito a spendere i 400.000 euro del comune della capitale per la visita di Bush, sei una donna impegnata nel sociale..ma ti consiglio cambia i nomi dei poeti che reputi all’altezza e lascia la biancheria senza l’ammorbidente ma stesa al sole asciungadosi con l’aria fresca della poesia che come gira il vento, spero tu possa incontrare..ciao

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 15:46 da gabry conti


secondo un recente sondaggio solo il 3% degli italiani legge poesia…non è un traguardo di cui andar fieri.
L’articolo di Berardinelli (anche se un po’ troppo pessimisticamente, secondo me)evidenzia bene il fatto che le recensioni di poesie siano appannaggio di pochi…il che non vuol dire che non ce ne siano, ma che esse avvengono underground.
Le classifiche di vendita ci presentano ai primi posti romanzoni destinati ad essere bestseller ancor prima di essere scritti,da cui trarre film che diventino campioni d’incasso.
Trovandomi in una facoltà di lettere, mi capita spesso di entrare in contatto con pubblicazioni di poesia (anche da parte di compagni di corso)…ma sono perlopiù case editrici “fuori dal circuito”…perché?
Ha ragione outwork110:se le case editrici magari regalassero libri di poesie, nel giro di qualche tempo gli interessati aumenterebbero.
Qualche anno fa al festivaletteratura di mantova, davanti alla libreria del festival mi fu regalato un libro di poesia…iniziative del genere le ho viste un giorno solo, però. Dal momento che i libri venivano regalati a potenziali clienti della libreria e quindi si sapeva (si sperava!)che non sarebbero stati gettati e dalle loro pagine non se ne sarebbero ricavati degli aerei F14 o degli origami…molti di coloro a cui viene regalato un libro (di autori sconosciuti ai più, io compreso)in un’occasione come questa inizierebbero ad interessarsi.
Rifacendo la domanda di Rosa:”Ma chi sarebbero i poeti di nuova generazione meritevoli di attenzione particolare?”
io non lo so!dove devo cercare per saperlo?non certo sui giornali maggiormente diffusi che,o non se ne occupano, o si interessano di personaggi che non lo meritano,visto che (rubo da “il ritratto di dorian gray”)“i poeti scadenti sono molto affascinanti e più sono brutte le loro poesie più pittoreschi appaiono loro…vivono la poesia che non sono capaci di scrivere. Gli altri scrivono la poesia che non osano mettere in atto”.
Io credo che la poesia non morirà mai…e quindi ci saranno sempre poeti…non saremo mica arrivati a quel “grado zero” professato dai crepuscolari:la poesia è inutile perchè non sa più cogliere la verità?può solo procedere per via negativa, come la filosofia quando non trova risposte, e dire solo “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”?…io non lo voglio credere!

Massimo facciamo qualcosa!

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 16:12 da maverick


Ringrazio Maverick che ha ripreso la mia domanda: chi sono questi giovani poeti che dovremmo leggere?

Cara Gabry Conti, onestamente non riesco a capire il tuo tono polemico nei miei confronti. Io non ti fatto nulla, né ho mai scritto cose contro di te in questo blog. Perché sei stata così scontrosa me?

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 16:30 da Rosa Fazzi


Cara Rosa,
come vedi non siamo avvezzi a capire la poesia: ma mia era una specie di ballata improvvisata…”il posto mi piace ci vado spesso, ma non di sabato, te lo confesso” La frase era scherzosa e tutto il resto dalla schiuma dell’ammorbidente alla plastica dei cd…era un voler rimarcare i testi dei tuoi poeti….e niente altro. Diciamo che ti ho usato per ribadire la notizia che mi ha infastidito in questi giorni sui giornali a proposito della visita di Bush…e i soldi spesi dal comune di Roma, forse anche per pagare le vestigia delle signore presenti al desk con Laura Bush che sono state battezzate come “signore socialmente impegnate”….e te credo, cara Rosa, se anche noi avessimo un marito come il sindaco di Roma che possa spendere 400.000 euro forse verremmo considerate “signore socialmente impegnate…ma impegnate a fare che? A spendere i soldi dei contribuenti!!!!
Insomma, ti volevo in poche parole far capire che c’è poesia, anche là, dove non sembrerebbe….ma del tipo amaro….che pesa alle tasche dei contribuenti….Ecco la poesia ha anche questo potere, se il poeta è un giullare, si fa cronaca cittadina e non te lo manda a dire…te lo sbatte in faccia…questo è il motivo per il quale i poeti sono tenuti alla larga….ma poi arrivano i cantautori e per fortuna c’è chi li ritiene anch’essi dei poeti…e sono d’accordo.Ciao carissima e scusami, ma questo blog non lo uso per prendere in giro qualcuno, non è un modo di vivere che mi confà….specialmente nei confronti di chi non conosco. Sarei veramente poco credibile, non credi?

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 18:22 da gabry conti


A proposito di regalare o donare libri, credetemi, non serve, ne ho donati più di duemila….ma non credo di avere più di 100 amici che abbiano letto e sostenuto….
Anche donare è un mestiere difficile…puoi essere fraintesa e rischi di passare per una spendacciona piena di soldi, il contrario della realtà. Infatti sono certa che chi ha più denaro essendo abituato a gestirlo se lo tiene ben stretto…chi invece ne ha poco, non lo considera un valore primario, essendo abituato a non averlo nella scala dei valori lo ha egregiamente sostituito e quindi dona a braccia aperte…ma non viene capito lo stesso.
Voi pensate che se Berlusconi fosse un poveraccio sarebbe così seguito?

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 18:25 da gabry conti


I poeti non sono degli spioni, sono poeti; trasfiguratori dello spirito. Molti si credono poeti. Con circospezione mi avvicino alla poesia, con estrema sicurezza evito i poeti.

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 18:33 da miriam ravasio


Simpatica ma urticante Gabry Conti, Tiziano Scarpa e Aldo Nove non sono i miei poeti. Sono solo due dei più noti tra i poeti delle nuove generazioni. E non ho nemmeno detto che mi piacciano.

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 19:13 da Rosa Fazzi


La verità vera è che ci sentiamo tutti poeti. E se ci sentiamo tutti poeti vuol dire che la poesia è morta.

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 19:41 da Reo confesso


Per Miriam Ravasio. Scusa Miriam, non capisco, perché dici che con estrema sicurezza eviti i poeti?

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 19:43 da Elektra


Per la verità Berardinelli, all’interno dell’articolo, cita dei nomi: “Alcuni dei poeti più notevoli di oggi, come Bianca Tarozzi, Anna Maria Carpi, Riccardo Held, Marina Mariani, Carlo Bordini, Giorgio Manacorda, Alba Donati, Paolo Febbraro sono stati pubblicati in collane effimere e da case editrici medie o piccole: ragione per cui i più conformisti curatori di antologie sono tentati di non prenderli in considerazione.”

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 22:18 da Massimo Maugeri


Frequento siti letterari ( lo è anche francamente).
Ho amici poeti emergenti che scrivono poesie che mi piacciono. Ma molte volte mi capitano poesie, piene di immagini affascinanti e con un bel ritmo. Ma il senso del contenito mi sfugge. Se forma e contenuto sono un unicum
perché non riesco a capire certe poesie?

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 22:28 da Franca Maria Bagnoli


Per Elektra: perché mi imbarazza l’intimità che si materializza. Ciao.

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 22:32 da miriam ravasio


Per Miriam: Uau! Ciao a te.

Postato martedì, 12 giugno 2007 alle 22:41 da Elektra


Ragazze, cercare di sostenervi è peggio che fare una maratona con una sola gamba!!!
Comunque dai vostri commenti si evince che di poesie ne avete lette e alcune ve ne sono piaciute, ma se per caso vi fossero capitate sotto gli occhi anche alcune delle mie “poesie” o meglio le mie liste della spesa…eviteresti in tutti i modi di farmelo capire…nel bene e nel male perchè in effetti è l’indifferenza la nota dolente di questo mondo e la coerenza nell’esserlo. Comunque sia, in wikipedia ci sono, a fine mese andrò a votare alla Siae come uno dei tantissimi soci con diritto al voto e i vostri beniamini?

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 00:08 da gabry conti


‘poesia, poesia, sembra che non ci sia, poi ti prende la mano e ti porta lontano’

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 11:32 da marco


ma the school, oltre a far leggere le poesie dei defunti, non potrebbe incoraggiare alla lettura dei poeti viventi?

a marco. non era meglio precisare che la tua era una citazione di una song scritta by riccardo cocciante?

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 11:51 da luisa


In tutta onestà, rileggendo i nomi citati da Beradinelli (Bianca Tarozzi, Anna Maria Carpi, Riccardo Held, Marina Mariani, Carlo Bordini, Giorgio Manacorda, Alba Donati, Paolo Febbraro), alzi la mano chi ha letto un solo libro di uno di questi autori. Si fa per dire, naturalmente. Ma c’è qualcuno che li ha letti?

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 16:43 da Atzeco63


Atzeco, perché non rivolgi la tua domanda a Gabry Conti, che di poesia se ne intende?

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 18:11 da Rosa Fazzi


La Fazzironia è una parodia, mi rende convinta che frequentare questo luogo è dimostrare che in ognuno di noi esiste un grammo di masochismo utile per rimanere in equilibrio in un mondo giustamente composto da elementi di egocentrismo fuorvianti e in continua espansione. Quindi o sei un po’ mascochista o rischi di diventare troppo simile ai troppi egocentrici che gironzolano dalle parti del mercatino dell’usato pensiero.
Detto questo, Rosa, il neologismo – fazzironia – mi piace, chi lo registra per primo?
Comunque, non capisco perchè atzeco mi dovrebbe porre delle domande…qualunque fossero le mie risposte, se magari ne avessi, non avrebbero il dovuto riscontro e comprensione in quanto, sia Berardinelli, sia tu Rosa e sia questo sig.Atzeco, forse conoscerete i nomi sopra citati ma non conoscete me. E quindi replico alla domanda con un’altra domanda: Cosa avete mai letto di quello che ho scritto? Cosa sapete di me. Non sono vissuta finora per preoccuparmi di quelli che hanno fatto prima di me il mestiere di scrivere, non me ne importa. La mia mente è pulita ed è questo il motivo che quello che scrivo o dipende da una eco soffusa e diffusa nell’ambiente dove viviamo oppure è creatività e basta. Pendo per l’ultima…Ciao
il prossimo titolo:
“come è bello conoscere poco, si riesce a pensare meglio”

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 21:07 da gabry conti


Senti Rosa, siamo in confidenza, ormai, e quindi chiamami Mary…..

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 21:11 da gabry conti


@ Gabry Conti e Rosa Fazzi:
una bella – anche se virtuale – stretta di mano, su.

Postato mercoledì, 13 giugno 2007 alle 22:38 da Massimo Maugeri


A trar la poesia fuori dal ghetto ci possono riuscire solo i poeti.
Dagli anni ‘70 in poi, dopo la grande fioritura, siamo stati annoiati dalla mancanza di idee.
La rottura senza speranza de I Novissimi fu una presa di coscienza di questo stato di cose, cui non poté seguire altro.
Non a caso oggi Sanguineti prova a far poesia con strumenti ordinari… cerca, e come lui dovrebbero cercare anche gli altri, sennò ci mandano sempre gli stessi messaggi fritti e rifritti.
Renato Di Lorenzo

Postato giovedì, 14 giugno 2007 alle 09:23 da renato di lorenzo


Vorrei sentire
la mia voce
quando mi chiamo
e non rispondo
quando mi guardo
e non mi vedo
quando esisto
ma non sono.
Vorrei sentire
la mia voce
anche se parole
non ho più

Postato giovedì, 14 giugno 2007 alle 12:23 da Vorrei sentire la mia voce


la storia inizia indietro
pianti neonati in una villetta sudamericana
lumache alle pareti
bianche e scrostate
con l’atlantico ai piedi

“dov’è papà?”
“in giro per il mondo”, la tata mi sollevava
già sballottato di mano in mano…

gli aquiloni, con quel vento lì
un tiro alla fune verso l’alto
manca la stretta sicura
un dubbio che mi porto da sempre
una risposta persa tra la sabbia fine

“cosa aspetti a tornare a casa?”
corrono le piccole gambe
corrono i giorni da rito uguali.
la finestra sorride al poco verde
- ora – stretto tra mura di polveri

“dov’è la ciclabile?”, e “quel tram che mi salutava?”

e l’adolescente che scalava la vetta della vita?”
si affaccia da altri balconi,
la Milano volgare,
incancrenisce immagini
di figurine, copie di abitanti.

l’onda mi veniva incontro
amica nel gioco dello spruzzo
il Corcovado ci abbracciava
con il calore colori della gioia
non sapevo di povertà
non sapevo di sifilide
non sapevo di multinazionali
sapevo di essere felice

il grigiore di un open space
in finte periferie adornate
con lampioni simil Versailles, sparuti
come bianchi cigni stagnanti di contorno
a quattro sedie thonet da bar
“che ti va di prendere?”
per ammazzare la noia
del pre solarium chè
nuovi raggi anticipano il sereno

la strada saliva tortuosa
un chiosco di banane – pit stop –
anticipava la vista del Cristo
le vie sono tutte uguali, oggi,
una foto sbiadita qua e là
segna un percorso di croci
e quel Padre l’ho perso
nell’infanzia della mente.

“hai preparato l’offerta?”, ti chiede un estraneo
“hai fatto i compiti?”, ripeteva mia madre
ora capisco la congiunzione degli intenti
figlia della rabbia disperata
rassegnata al voto di castità
come appartenere, essere in questo mondo
e avvertirne il recinto
perché fuori è buio pesto

il tempo aiuta a morire
“che ore sono?”,
il ricordo è vita a ritroso
come quando torni sui tuoi passi
come quando gli alberi
sfrecciano impazziti
perché i tuoi occhi
vedono frazioni di intervalli
e la storia inizia indietro

Saluti

Marco Saya

http://www.poesiaoggi.splinder.com

Postato venerdì, 15 giugno 2007 alle 15:20 da Marco Saya


P A L I O

Veglia nell’opacità della notte
il cuore sospeso del Barbaresco.
Invoca, nelle spente
ore di sonno,
il privilegio
del fato imponderabile.
Sul tufo friabile
il rito incessante si ripropone.
Si odiano le avverse contrade
e sognano la vittoria contesa
con esaltazione violenta.
L’animo fiero del cavallo
spasima invano nell’ultimo scarto,
lo splendore di una gloria inebriante.
Scaltro il fantino
mercenario del coraggio, colpisce
implacabile la criniera tenebrosa
e con segreti inganni
la corsa temeraria vince.

(Siena, 2 Luglio 1989)
M.Teresa Santalucia Scibona

Dal volume:” Le temps Suspendu et la Vie Assise”- (2002) a cura di Giorgio Luti,
postfazione Walter Nesti – trad. di Ben Felix Pino -Prospettiva editrice

Nota. Il Barbaresco è un contradaiolo molto fidato,
che assiste il cavallo nei giorni del Palio

Postato venerdì, 15 giugno 2007 alle 16:51 da PALIO di M.Teresa Santalucia Scibona


Quando si parla di POESIA, termine abusato, mi è assai difficile essere
buona.

Uno del mggiori problemi, a mio avviso, sta nella difficoltà di
comprendere ciò che viene richiesto ad una POESIA affinchè possa essere
definita tale.
Mentre si confonde faciloneria con semplicità, sulla scia di una
memoria nostalgica si esaltano e si compongono filastrocche a livello di
quinta elementare.
Non si comprende il linguaggio ermetico ricco di immagini rapide,
sviluppate in periodi e versi brevissimi. Ad esempio, quando UNGARETTI
scrive: “Dall’ampia ansia dell’alba/ svelata alberatura. Dolorosi risvegli”,
non ci si dovrebbe arrestare alle difficoltà di comprensione. Dietro alle
frasi apparentemente sensa senso, affiora la visione della livida luce
dell’alba che ci comunica una profonda ansietà e che, a poco a poco ci
rivela gli oggetti circostanti. (svelata alberatura).
La POESIA viene letta più di quanto si tenda a credere, ma occorre
cercarla nei luoghi giusti e in alcune Facoltà Universitarie.
Tempo addietro mi sono spinta al “confine della parola” leggendo il non
facile VIAGGIO INFERNALE di EDOARDO SANGUINETI.
Tra i contemporanei che ho letto figurano: ENZO FABIANI, (Masaccio),
MARIA LUISA SPAZIANI (30 Giugno, Giudecca, Si sfila il treno), ROBERTO
SANESI (Canzone, Arco di luce).
Un giovane POETA che amo particolarmente è MAURIZIO CUCCHI del quale
ho letto alcune Sue composizioni sullo SPECCHIO e del quale vorrei trovare
una pubblicazione.
Concludo dicendo di essere in grado di distinguere una POESIA da
una…bischerata.

Maria Luisa Papini Pedroni

Postato domenica, 17 giugno 2007 alle 00:47 da Maria Luisa Papini Pedroni


Cara Maria Luisa, sapessi con quanta attenzione ho letto e riletto il tuo commento, e so che hai ragione, per questo ti sarei veramente tanto grata se tu potessi dare uno sguardo almeno a
una delle mie poesie che gentilmente Francesco Giubilei ha inserito nell’E-magazine Historica che cura insieme ad altri collaboratori nello spazio Poetica. Proprio per questo senso di inadeguatezza che avverto quando mi tocca definirmi – Poeta -
Grazie

Postato domenica, 17 giugno 2007 alle 12:11 da gabry conti


Ogni volta che ricevo un libro di poesia che qualche casa editrice mi manda da recensire, mi interrogo se le composizioni in versi mantengano ancora la loro utilità, sia in termini di capacità di rappresentare il mondo sia di generare vibrazioni nell’anima dei lettori.

Il problema è che il pubblico (ma io per primo) ha perso l’abitudine a confrontarsi con questo mezzo di espressione, così come abbiamo perso confidenza con la figura stessa del poeta. Se va bene all’affermazione “sono un poeta” rispondiamo con ironia (malcelata). Figuriamoci se il lettore medio andrebbe mai in libreria a chiedere un libro di poesie.

Antiche, sono cose antiche. Il poeta più recente che ci viene in mente è Montale, dopo c’è il baratro. Sì, ok, Sanguineti, ma solo perchè ogni tanto è ospite da Fazio. Ma chi ha mai letto una poesia di Sanguineti? E chi l’ha mai capita? Non importa, alla televisione dicono che lui è un poeta, quindi…

E poi per capire una poesia c’è bisogno di pensare, di meditare, di fermarsi, di cogliere la rappresentazione dell’attimo. Chi ha tempo e voglia di fare questo ulteriore sforzo? Nessuno? E allora le poesie sono proprio “inutili”, esattamente come quegli elettrodomestici bizzarri che si vedono ogni tanto su internet.

Però… quelli… almeno solleticano la nostra curiosità. Possiamo dire lo stesso della poesia?

Andrea Borla

Post Meditazione: Se i personaggi del mio primo romanzo non fossero stati due poeti, probabilmente, avrei avuto più chances di diventare famoso. Ma… un romanzo che parla di due poeti? Mm, inutile due volte.

Postato lunedì, 18 giugno 2007 alle 18:22 da Andrea Borla


La poesia in Italia ma non solo purtroppo è stata ormai relegata ad un genere di estrema nicchia..le cause e le colpe di ciò sono a mio avviso da attribuire a molteplici aspetti, uno dei mali peggiori è il business. Si criticano molto le piccole case editrici che pubblicano a pagamento ma queste (anche se ormai poche davvero serie sempre per via del business che ha generato “stamperie” che pubblicano chiunque sborsi denaro) sono quasi le uniche che riescono a pubblicare autori emergenti talvolta davvero validi. Il danno è che tali volumi avranno circuitazione locale e quasi mai nazionale. Poesia non dat panem..lo dicevano già molto tempo fa e adesso purtroppo tale affermazione è più vera che mai.
Tra i nomi di poeti contemporanei concordo con le preferenze per Cucchi (del quale sul web potete trovare dei splendidi versi) con Sanguineti che va assolutamente approfondito dopo una prima lettura per cogliere quel significato extra letterale talvolta un pò celato nella musicalità splendida da vero maestro del ritmo (io lo premierei col Nobel), bene anche la Spaziani (che ha letto il mio volumetto di poesia “KORI” facendo lei parte della giuria di un prestigioso premio letterario al quale ho partecipato recentemente), qualcuno dimentica però Alda Merini voce dissacrante e poeta con tutti i requisiti che competono a tale aulica figura, compresi i turbamenti dell’animo, e infine citerei uno degli ultimi grandi ermetici Mario Luzi e un mio conterraneo scrittore e poeta Giuseppe Bonaviri di Mineo dove è sita la PIETRA DI CAMUTI “pietra dei poeti” che credo Massimo avrai visitato o sentito parlarne certamente essendo nelle vicinanze.
Comunque anche questi nostri grandi poeti vendono all’incirca 2000-3000 copie l’anno potrebbero vivere di solo poesia?
Voglio farvi una proposta a casa ho ancora un buon numero di copie del mio libro “KORI” che ha ricevuto un buon parere critico da Alessandro Quasimodo figlio del Nobel Salvatore e ottenuto qualche premio: Chiunque volesse leggerlo o regalarlo, che so ad un amico, fidanzato/a, vicino/a o alla biblioteca comunale della sua zona potrà averlo semplicemente inviandomi un francobollo e se lo preferisce (sarebbe ottimo anche un solo € per aiutarmi nell’intento di inviare qualche soldino per i bambini del Libano, in quanto ho devoluto insieme all’editore parte dei proventi in favore dell’UNICEF) . Se qualcuno fosse interessato può trovare ulteriori info sul mio blog, voglio precisare che nquesta non vuole essere una “trovata commerciale” ma una sorta di piccola provocazione nata adesso su due piedi mentre scrivo , regalerò alcune copie perchè come dico in una mia modesta poesia “vorrei essere un poeta non per avere fama ma per emozionare con i miei umili versi”

Calogero Miceli
http://geromicelipoeta.blog.kataweb.it

P.S Grazie Massimo per questo bel post

Postato domenica, 24 giugno 2007 alle 15:36 da Gero


Un libro di poesia è come uno strumento a corde; quando lo apri, le corde iniziano a vibrare e se vibrano all’unisono con il proprio sentire credo si possa così valutare se il libro è brutto o bello. Non penso esista la brutta poesia, nel senso che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. La poesia è, in primis, il frutto di una sensibilità individuale verso il mondo, verso la vita, e non ci possono essere parametri rigidi in cui incasellarla, sezionarla e giudicarla poichè la verità che essa vuole esprimere rimane tale anche se non viene apprezzata, capita o pubblicata. Scrivere poesia oggi è una grande sfida ed è anche per questo che molti la scrivono e pochi la leggono: chi scrive ci crede, chi legge ha molti,troppi dubbi e paure che emergono spesso nello scorrere veloce di una poesia. La poesia è, può essere, un terremoto interiore per molti e a nessuno piace farsi psicoanalizzare (con il rischio di mettere in crisi la propria esistenza fatta di verità precostituite) mentre si è tranquillamente seduti in poltrona dopo una giornata di lavoro(meglio qualche immagine raccapricciante vista in tv). La poesia fa paura secondo me e tutto ciò che ci spaventa,magari inconsciamente, si evita, come quello che non si conosce. O forse si tende ad evitare sè stessi, i veri mostri? Chi scrive, certo esorcizza. Chi legge si annoia e non si riconosce, ma dietro ad ogni rifiuto si nasconde una curiosità inespressa. Scrivo Poesia e l’emozione la batto, la torchio, la strizzo, così come si fa con una bistecca, l’uva, il tubetto del dentifricio. Detto ciò, la Poesia è il risultato di un terzo grado scorretto condotto da un gendarme brillo; egli esige la verità ma anche la dice a sè stesso, barcollando. Ci sono pochi coraggiosi in giro, e la Poesia esige coraggio sia a leggerla che a scriverla.

Nightingale

Postato martedì, 30 ottobre 2007 alle 22:22 da Anonimo


Delegando un impulso
A scendere
Relitto deserto che
S’infrange al suolo
Depistata traccia notturna
Nel bieco senso dell’ordine
Inverso
Attrae la luce un insonne
Delirio
Nel risolvere insoluti mosaici
Truccati
Appetiti sdentati e prese molli
Nel lacunoso tradire del sogno
S’imbriglia la vena al terrore
Che in ogni parola sia disfatta
La meta
Progetto scardinato e usurpato
Rete in trappola aperta
Vive una gioia sottile
Al di là del pianto crepato
Perché se la terra ai piedi trema
Ingoiando deturpa i fiori
Dove c’erano i gigli fioriscono
Abissi,
distorti pianeti nascosti
a distruggere fede.

Nightingale

Postato martedì, 30 ottobre 2007 alle 22:27 da Nightingale


Ciao Nightingale,
grazie per aver “riesumato” questo post. E grazie per la poesia.
E soprattutto… benvenuto a Letteratitudine.

Postato martedì, 30 ottobre 2007 alle 23:30 da Massimo Maugeri


Poesia. Mi viene in mente Maeba Sciutti: http://rapsodieinvernali.splinder.com/
Lei non vuole definirsi poeta, ma lo è in assoluto.

Postato martedì, 30 ottobre 2007 alle 23:36 da MariaGiovanna Luini


Cara Nightingale:
la poesia, se e’ bella, e’ La Bellezza: ritmo, parola scelta, chiarezza che prende il respiro i i polsi, ispirazione che rapisce e ”invertigina”, mito, racconto, sentimento che unisce i poeti veri al di la’ delle ere e (forse) dei luoghi e delle lingue. Poesia, Polimnia, dea intangibile ma evocabile dagli spiriti selezionati, oltre che da pregare oltre ogni considerazione terrena e corporea.
Poesia. L’unica cosa paragonabile all’Amore (Eros e Venere) e a Lucina, Madre di ogni nostro parto e figliolo e figliola.
Con Affetto sinecro
S.

Postato mercoledì, 31 ottobre 2007 alle 01:21 da Sergio Sozi


Errata corrige
”e i polsi”; ”affetto sincero”
Pardon
Sozi

Postato mercoledì, 31 ottobre 2007 alle 01:24 da Sergio Sozi


Grazie Massimo per il benvenuto, sai…ti leggo ma non intervengo di solito…sono decisamente poetessa in questo : )…riservata,forse di poche parole ma comunque con opinioni ben precise. Ma il blog è davvero stupendo e non mancherò di scrivere ancora qui, non appena ne avrò occasione.
Grazie anche a Sergio Sozi che rimarca il concetto di Bellezza della Poesia e quell’espressione molto efficace che dice: “chiarezza che prende il respiro e i polsi”….Com’è vero…Nella parola scelta, nel ritmo, nel gioco vorticoso delle immagini e delle emozioni si scopre la vera essenza dell’essere,un essere universale e assoluto che ” invertigina” e rapisce per citare ancora le parole di Sergio. Credo che la Bellezza sia l’unica cosa che ci rimane in questi tempi di brutture gratuite e insolenti,la Bellezza è la chiave per vedere il mondo senza filtri o artifici,per riscoprirsi belli dentro ogni giorno e donare agli altri il meglio della vita.
Un carissimo saluto a tutti, con affetto

Nightingale

Postato mercoledì, 31 ottobre 2007 alle 11:49 da Nightingale


Dimenticavo….a proposito dell’intervento di Maria Giovanna Luini, conosco la penna di Maeba e sono concorde nel dire che scriva “davvero” Poesia.La stimo molto.
Nightingale

Postato mercoledì, 31 ottobre 2007 alle 12:05 da Nightingale


Nightingale, sei invitata a intervenire tutte le volte che vorrai.
Ripeto a te quello che dico spesso agli altri amici che scrivono qui: considera questo spazio come una “casa comune”, e dunque anche tua.
;)

Postato mercoledì, 31 ottobre 2007 alle 13:31 da Massimo Maugeri


La poesia è gesto quotidiano, un modo dell’animo del quale, tuttavia, non abbiamo consapevolezza. E’ sempre presente dentro di noi, intenta a sviluppare l’energia della quale è portatrice. Un verso letto in fretta non muore in quell’istante. Rimane come un seme nella terra. E’ una idea primigenia della quale sviluppiamo piena coscienza solo quando incontriamo una manifestazione terrena dell’immagine divina dalla quale ha avuto origine. Riconoscendola diamo continuità all’istante fugace dedicato a quel verso. Tutta la vita che era celata in quelle poche parole rinasce con prepotenza inondando tutto lo spazio intorno.
La poesia è immanenza. Lo spirito divino che tiene viva l’idea del bello nelle nostre frenetiche vite.

Postato sabato, 10 novembre 2007 alle 14:05 da eventounico


“Finchè esiste l’espressione con qualunque mezz-sangue e inchiostro- non essite una infelicità completa” Scipio Slataper

Parole che ho nel cuore
Nel profondo di me stessa
Parole che nascono
Da esauditi petali
Parole distanti
Dalla parola viva
Senza nodi
Senza vincoli
Senza condizioni
Parole che ho nel cuore
Dove la calma
Ha fatto nido
E i traslati del vento
Sono chiari
Ma le parole
Non sempre affiorano
Ed io aspetto
Ascolto
In tante notti illuni

Ma dove ci conduce
Questo cielo
Muoiono i giorni
E le ore corrono
Sul cuore
Coi lenti colori della vita
A bisbigliare
Che niente più le avviva
Non è l’eden
Quello che si vive
Esule si sente
Chiunque crede
E gli inverni
Gli inverni
Crepuscoli infiniti
Le attese
Le attese di Penelope
son morte
E quel viola
Quel viola
Che non lascia mai

Ma poi
Non so come
E quando
Mi toccano le parole
Son germogli
A dischiudere
Quei suoni
E’ la luce a sbiadire
Gli ultimi pensieri
La cetra di Orfeo
A sfaldare
Di enigmi
Ragnatele
Nulla-dirai-
Mutano le parole
Ma decifrarne il senso
Annulla ciò che è stato
E i colori dell’esistenza
Le parole
Hanno ereditato

Maria Allo

http://comecreaturaeternamentediveniente.blogspot.com/

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 20:00 da Maria Allo


“Finchè esiste l’espressione con qualunque mezzo- sangue e inchiostro-non esiste una infelicità completa” Scipio Slataper

Parole che ho nel cuore
Nel profondo di me stessa
Parole che nascono
Da esauditi petali
Parole distanti
Dalla parola viva
Senza nodi
Senza vincoli
Senza condizioni
Parole che ho nel cuore
Dove la calma
Ha fatto nido
E i traslati del vento
Sono chiari
Ma le parole
Non sempre affiorano
Ed io aspetto
Ascolto
In tante notti illuni

Ma dove ci conduce
Questo cielo
Muoiono i giorni
E le ore corrono
Sul cuore
Coi lenti colori della vita
A bisbigliare
Che niente più le avviva
Non è l’eden
Quello che si vive
Esule si sente
Chiunque crede
E gli inverni
Gli inverni
Crepuscoli infiniti
Le attese
Le attese di Penelope
son morte
E quel viola
Quel viola
Che non lascia mai

Ma poi
Non so come
E quando
Mi toccano le parole
Son germogli
A dischiudere
Quei suoni
E’ la luce a sbiadire
Gli ultimi pensieri
La cetra di Orfeo
A sfaldare
Di enigmi
Ragnatele
Nulla-dirai-
Mutano le parole
Ma decifrarne il senso
Annulla ciò che è stato
E i colori dell’esistenza
Le parole
Hanno ereditato

Maria Allo

http://comecreaturaeternamentediveniente.blogspot.com/

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 20:02 da Maria Allo


“Finchè esiste l’espressione con qualunque mezzo- sangue e inchiostro-non esiste una infelicità completa” Scipio Slataper

Parole che ho nel cuore
Nel profondo di me stessa
Parole che nascono
Da esauditi petali
Parole distanti
Dalla parola viva
Senza nodi
Senza vincoli
Senza condizioni
Parole che ho nel cuore
Dove la calma
Ha fatto nido
E i traslati del vento
Sono chiari
Ma le parole
Non sempre affiorano
Ed io aspetto
Ascolto
In tante notti illuni

Ma dove ci conduce
Questo cielo
Muoiono i giorni
E le ore corrono
Sul cuore
Coi lenti colori della vita
A bisbigliare
Che niente più le avviva
Non è l’eden
Quello che si vive
Esule si sente
Chiunque crede
E gli inverni
Gli inverni
Crepuscoli infiniti
Le attese
Le attese di Penelope
son morte
E quel viola
Quel viola
Che non lascia mai

Ma poi
Non so come
E quando
Mi toccano le parole
Son germogli
A dischiudere
Quei suoni
E’ la luce a sbiadire
Gli ultimi pensieri
La cetra di Orfeo
A sfaldare
Di enigmi
Ragnatele
Nulla-dirai-
Mutano le parole
Ma decifrarne il senso
Annulla ciò che è stato
E i colori dell’esistenza
Le parole
Hanno ereditato

Maria Allo

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 20:03 da Maria Allo


ANGELO MARIA RIPELLINO A TRENT’ANNI DALLA MORTE

Propongo la lettura di una poesia di Angelo Maria Ripellino, tratta dal libro Poesie prime e ultime pubblicate l’anno scorso da Aragno. Una poesia piena di presentimenti, colma di sconforto, di disillusione. Un testo che riassume il dispiacere di non poter tornare nel suo Paese d’origine (nascosto tra le righe). Parole che sono scolpite nel disinganno di una speranza che non potrà essere soddisfatta. E il dolore non rinnegabile viene esorcizzato con il sarcastico divinatorio “Beffardo”.

Tutto si perde

Tutto si perde in un vischioso, amorfo
disperato brulichio di amebe,
in un nauseante pantano di miele.
Tutto s’ingolfa in un giallo, in un putrido
magma di cisposa fanghiglia,
naufraga nella morchia d’una gora,
tra un funesto corale di gufi.
Tutto il tuo fervore, la tua fretta
d’incollare i frantumi della vita,
tutto l’entusiasmo con cui edifichi
in ore felici viadotti di immagini,
teatrini di parole imbellettate,
tutto è corroso dall’indifferenza,
dalla pigrizia, dal cruccio di chi ti circonda.
Tutto s’accartoccia e si deforma
nello specchio ricurvo dell’accidia,
tutto raggela in un abulico stupore,
come una vecchia città spaventata.
E intanto da ogni piega dello spazio
ammicca, guercio e beffardo, il Burlesco,
intanto squilla sempre più vicina
la lunghissima tromba del Giudizio.

Ieri 24 aprile, alle ore 18, nella Casa delle Letterature (piazza dell’Orologio 3) a Roma, è stato dedicato il pomeriggio al ricordo di Angelo Maria Ripellino a trent’anni dalla morte. Nell’occasione è stato presentato il libro L’ora di Praga (Scritti sul dissenso e sulla repressione in Cecoslovacchia e nell’Europa dell’Est, 1963-1973), a cura di Antonio Pane, con la collaborazione di Camilla Panichi. Il libro è corredato da una premessa di Nello Ajello e dai contributi di Alessandro Catalano e Alessandro Fo (pagg. 333, Euro 19,50, Le Lettere 2008, collana fuoriformato). Il volume raccoglie tutti i reportages scritti da Angelo Maria Ripellino per l’Espresso durante la Primavera di Praga e subito dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia.Sono intervenuti: Corrado Bologna, Alessandro Catalano, Andrea Cortellessa e Alessandro Fo e Antonio Pane.Ci saranno alcuni contributi audiovisivi con il commento di Laura Fo.
A seguire è stato presentato anche il volume Solo per farsi sentire (Interviste 1957-1977, Mesogea 2008), raccolta di interviste di Ripellino, curata da Antonio Pane. Angelo Maria Ripellino (1923-1978), poeta e scrittore, è stato uno dei maggiori studiosi e traduttori di letteratura cèca e russa del Novecento. Alla fine di agosto del ’68, Ripellino, un anno prima inviato a Praga dall’Espresso per seguire la “Primavera”, ne viene cacciato dai carri armati sovietici che hanno invaso le Cecoslovacchia facendo morire la speranza di rinascita, e di un dialogo finalmente aperto fra i due versanti del continente funestato dal Muro. È la fine del «socialismo dal volto umano», ideale appartenuto anche all’intellettuale Ripellino; e l’inizio di una ventennale traversata nel deserto delle contrapposte ideologie. A lui, il coraggioso cronista, non gli sarà più permesso di rimettere piede in patria. Gli resterà come “patria dell’anima” che si porterà in petto sino alla fine, dedicandole nel 1973 Praga magica, il saggio-poema al quale maggiormente resta legato il suo nome. In questo libro, oltre ai reportage sulla “Primavera”, vengono proposti anche diversi articoli letterari e sulla vita culturale di Praga di quel frangente storico. A cura di M.Allo (da Repubblica)

Volare via da me stesso
come un uccello migratore,
da questo roveto, da questo malessere,
da questo perenne dolore.
(da Autunnale barocco)

Ma chi è Angelo Maria Ripellino?

Pervicacemente ha voluto essere considerato un poeta: ma le sei raccolte da lui pubblicate nell’arco di poco più di un quindicennio, da Non un giorno ma adesso del 1960 alla finale Autunnale barocco del 1977, non sono valse a garantirgli in vita considerazione di poeta. Con sconcerto e amarezza di chi aveva concepito e amava la “letteratura come itinerario nel meraviglioso”, proprio la tappa più ambita del suo stesso viaggio nella letteratura, la poesia, non gli veniva riconosciuta: e quel che era peggio, non per palese opposizione, per disaccordo di poetiche, per passionale intensità di dialettiche, ma semplicemente per indifferenza, trascuratezza, immediato oblio. Non molto meglio sono andate le cose dopo la sua morte nel 1978. Ripellino è rimasto l’eccezionale slavista, il fantasmagorico saggista di Praga magica , il suggestivo critico teatrale, il giornalista partecipe e dolente dell’invasione sovietica della allora Cecoslovacchia, il versatile uomo di cultura dalla scrittura mirabolante: tutto tranne che il poeta. nessuna delle sue raccolte fu mai riedita come tale, e la distrazione della critica solitamente si è protratta, con poche eccezioni. Tanto che neppure l’antologia einaudiana delle Poesie del 1990, che nella sua dimessa ambizione cercava perlomeno di ostare alla difficoltà di reperimento delle edizioni poetiche ripelliniane, tutte uscite dai cataloghi correnti, è stata sufficiente a lacerare il velo dell’indifferenza, di fatto dimostrandosi intempestiva.[…]
Ripellino è poeta russo, è un poeta ceco, è un poeta siciliano emigrato bambino in qualche provincia boema, che per scompigliare le carte scrive in italiano. Se la letteratura è itinerario nel meraviglioso, il meraviglioso del verso non è il fantastico, né s’identifica in particolari inflessioni tematiche, è in Ripellino ritmo scaleno, bellezza sbilenca, risvolto di revêrie, taglio di ponti alle spalle di una clownerie gestita con controllata scompostezza, golosa pesca in acque mai solcate. E la sua poesia è la sua prosa sgranata in metro, ridistribuita in ritmica […]
Ma i tempi stanno cambiando, i tempi sono cambiati. Un nuovo fervore intorno a Ripellino poeta si presagisce, si constata, si affacciano attese, prima non prevedibili che vi si alimentano. Ne è segno l’impegno di due editori, Aragno e Einaudi, di pervenire infine in contemporanea e complementarmente, all’integrale della produzione poetica di Ripellino: Einaudi con la riedizione compatta delle tre raccolte storicamente sue, quelle grosso modo centrali (dalla terza Notizie dal diluvio, alla quinta Lo splendido violino verde, passando per l’intermedia Sinfonietta ); Aragno con questo volume, che riunisce tutto il rimanente, cioè le due raccolte d’esordio e l’estrema, uscita poco prima della morte (da ciò il titolo non d’autore, ma rispettoso della realtà, di Poesie prime e ultime), a cui si aggiunge una ricchissima appendice che grazie alle cure solerti di Antonio Pane, può raggruppare, insieme a tutte le poesie inedite, per lo più anch’esse gravitanti intorno a entrambe le stagioni di esordio e congedo (accessibili per merito principalissimo della generosità di Ela Ripellino, a cui va il ringraziamento di ogni lettore), può raggruppare, si diceva, un manipolo, non meno importante, di poesie “rare”: quelle pubblicate dall’autore nelle sedi più disparate, e sempre escluse però dalle raccolte, e quindi tanto più necessarie per una conoscenza senza lacune.[…]

Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org
Caro Massimo ,
Ti ringrazio per lo spazio . Sei gentilissimo!

Maria

Postato lunedì, 14 luglio 2008 alle 19:30 da Maria


Grazie a te, cara Maria.
Se ti va, nel futuro, utilizza pure i seguenti spazi:
-
PRESENTAZIONE DI LIBRI ED EVENTI
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/category/presentazioni-di-libri-ed-eventi/
-
IPERSPAZIO CREATIVO
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2006/11/02/iperspazio-creativo/
-
LA CAMERA ACCANTO
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/category/la-camera-accanto/

Postato lunedì, 14 luglio 2008 alle 22:28 da Massimo Maugeri


Caro Massimo,
M piace il tuo modo di dialogare e di fare cultura!
Come vedi il mio è modesto, ma puoi inserirlo nel tuo, se ti piace.
grazie
Maryline

Postato venerdì, 3 ottobre 2008 alle 23:17 da Maryline


Grazie Mary,
intervieni ogni volta che ti fa piacere.
Ti aspetto.

Postato venerdì, 3 ottobre 2008 alle 23:20 da Massimo Maugeri


FIUTO e FIATO
(Hall of fame del poeta:
Il profilo di Miles Davis… gaudioso jazzista per un notturno invocato sullo stile)

È finito
su di un foglio senza timore
è finita
con quintetti veri di amici fiatati-

Tra quartieri e castighi
l’identità
sfinita
in una languida tromba
risentita
e sfogata sulla campana sudata
di un rosso in buon’ora
di un nero in negro jazz…
ad ora insolita e rauca-

Indugi da digerire
il clamore arcuato sui pistoni
il ritorto di una sordina
la comunità in musica
e l’ampia vita
che ha innovato….
Con fiuto e fiato-

Con Maurizio Spagna
Si è consacrato
Il Rotoversi.com
La cultura poetica in linea con la vita…
Verso i nostri sogni riversi ma scritti per sempre-
Un raccoglitore di poesia on line-

di Maurizio Spagna
http://www.ilrotoversi.com
info@ilrotoversi.com
L’ideatore
Scrittore e Poeta-

Postato domenica, 30 novembre 2008 alle 21:11 da Maurizio Spagna


FIRMAVA PAROLE
(Al di sopra della coscienza,un linguaggio speciale prescritto nel moderno)

Come con te.
Firmava e filmava
L’effetto sgradevole
Delle spiattellate parole
Animate e riviste nel moderno:

Nel disagio abituale delle abitudini,
le scelte eretiche stanno conversando…
Come con te!
Nel disagio abituale delle ricchezze,
Le scelte sciupate odorano di ribellione…
Come con te!
Nel disagio abituale dei profeti squadrati,
Le scelte pronunciate sfregano il pregio…
Come con te!

NOSTALGICO

Il tuo dolce disagio
Firmava e filmava,
Firmava e fermava
Le primitive parole amanti;
Come con te
Concetti con te,
Contrasti di spontaneità,
Contesti poetici di parole,
Incorporate nel firmamento filmato
E impennate di fastidio nell’impensato…
Come l’ultima scelta con te.

A mia morale, a mia risonanza…per te PIER PAOLO PASOLINI.

Con Maurizio Spagna
si è consacrato
Il Rotoversi.com
La cultura poetica in linea con la vita…
Verso i nostri sogni riversi ma scritti per sempre-
Un raccoglitore di poesia on line-

Maurizio Spagna
http://www.ilrotoversi.com
info@ilrotoversi.com
L’ideatore
Scrittore e Poeta-

Postato mercoledì, 10 dicembre 2008 alle 15:18 da Maurizio Spagna


La poesia oggi? facile! si scrive qualcosa e si va a capo un pò prima della fine del rigo. Poi si può aggiungere qualche vocabolo ad “effetto speciale” meglio se incomprensibile… Ahi ahi ahi e che dire dei rimatori che quando scrivono la parola anno la rima è inevitabilmente affanno? CHE NOIA! e che dire di tutti quegli innamoramenti di bellissime ragazze tutte bionde e con gli occhi azzurri in riva al mare?CHE NOIA QUESTE! Per fortuna esistono tanti poeti che non scrivono queste spazzature e NON SONO DEI PERDENTI MA VINCENTI. Il poeta è vincente nel sentimento, nella passione, nell’originalità dell’espressione, se è comprensibile. Il poeta è vincente, nel cuore, nella mente e negli orecchi di chi lo ascolta e lo fa sognare… Scusate io sono ignorante ma ho voluto dire la mia. Buoni versi a tutti! meglio se ottimi.

Postato mercoledì, 11 febbraio 2009 alle 19:00 da pannacotta


Pannacotta, mi hai fatto sorridere

Postato mercoledì, 11 febbraio 2009 alle 22:06 da Massimo Maugeri


oh, Massimo…e quando ce la metto tutta faccio ridere! L’ironia è lo zuccherino della vita, l’autoironia poi è un tesoro che hanno in pochi… Grazie per avermi letto. Prima o poi, se ne ho voglia e se trovo il contesto giusto invierò una delle mia poesie.

Postato martedì, 17 febbraio 2009 alle 23:39 da pannacotta


Caro Sanremo09,
mi spingo al largo dei pronostici,
il mio piede puntella e in un angolo della mente
scrivo sul fuoco spento di questo Sanremo09 senza impulsi-

Solo e solo tre canzoni mi hanno intrigato:
Prima
Patty Pravo,
più la guardo, più la sento è più mi perdo nella sua melodia tentacolare…
Perché questo?
Perché insieme alle parole scivola il nostro desiderio,
l’amore, la vita stessa piccola o grande che sia,
l’hai vissuta
e porta all’imminenza di un pericolo che ci fa sussultare
tremando-

Secondo
Francesco Renga,
artista che non ha paura,
che ha il coraggio di cantare una romanza
più grande del suo esempio,
più grande dei suoi colori interiori-
In Francesco vedo un uomo con l’abitudine
di afferrare tutto quello che a lui è lontano
ma con una strizzatina d’occhio ci porta verso
gli alti e bassi dei sogni comuni,
sulla panchina di una vita espressa-

Terza
Dolcenera,
L’immagine sferzata del vento di MTV,
del vento viscerale in terra, del vento dove ci sono onde musicali-
Quel posto inquieto dove esistono i rumori,
l’allegria di un prodotto rock
e i capelli mossi dentro quei vestiti di gioventù…
Acqua distillata e corrente-

Caro Sanremo09
Io sorrido, m’inchino e ringrazio la parola disposta e avvisata di un grande Bonolis,
ma la musica è la ragione dell’ascolto,
è la nostra premura nei sentimenti,la nostra signora, signorina, signor amor mio…
E per dare amore, tempo e ali al linguaggio musicale
non disturbiamoci con preparativi, ospiti inutili ma costruiamo un villaggio della musica
dove curare le note spartite e non spartirsi la notorietà-
L’affetto di
Maurizio Spagna
http://www.ilrotoversi.com
info@ilrotoversi.com
L’ideatore, Scrittore e Poeta-

Postato giovedì, 19 febbraio 2009 alle 16:28 da Maurizio Spagna


AGGIORNAMENTO DEL 26 MARZO 2009: LA POESIA È UNA SPECIALITA’ DEI PERDENTI?

Postato giovedì, 26 marzo 2009 alle 22:55 da Massimo Maugeri


Un post permanente, dunque sempre aperto.
Alla domanda ri-proposta nel commento precedente, Renzo Montagnoli mi ha risposto nell’intervista che trovate alla fine del post.
E per voi?
La poesia è una specialità dei perdenti?

Postato giovedì, 26 marzo 2009 alle 22:58 da Massimo Maugeri


Auguro buonanotte a tutti

Postato giovedì, 26 marzo 2009 alle 22:58 da Massimo Maugeri


Caro Massimo,
Caro Renzo,
la poesia è una specialità dei perdenti?
Per me no, nel modo più assoluto. Anche se le poesie non vendono, non “rendono” cioè economicamente e chi scrive poesie spesso è visto, soprattutto dai villani, come una persona con la testa fra le nuvole.
Per me la poesia è evocazione allo stato alto, comunque puro. Utilissima per battere la noia o la frustrazione, il vuoto interiore o la depressione. L’ho anche sostenuto qualche anno fa, a Pordenone, in un intervento cui partecipavano poeti, editori e psicosociologi. L’ho sostenuto allora e lo sostengo tuttora, dopo aver constatato che persone colpite da crisi, specie depressive, hanno “estratto” dall’inconscio – leggendo o decantando versi – quella vitalità, quell’istinto di conservazione fornito da Madre Natura e soffocato da traumi o dispiaceri. Senza l’uso di psicofarmaci.
La poesia, in altre parole, come panacea – o toccasana – dei mali dell’anima. E di alcuni altri mali o piaghe sociali. A prescindere se sia buona o “cattiva”, ossia inserita – magari – in un contesto canzonettistico. E lo dico, condividendo un concetto espresso dal filologo Lorenzo Renzi, secondo cui il bisogno di poesia è un costituente essenziale dell’uomo, che si soddisfa in momenti diversi in modi diversi, e che mai può andare in crisi. Nemmeno tra i giovani, anche se costoro si nutrono di poesia considerata da numerosi critici “minore” se non pseudopoesia, oppure cattiva poesia. Appunto.
“Il problema – dice Renzi – non è che i giovani non sentono bisogno di poesia. Il problema è di QUALE poesia si nutriranno”.
Si nutriranno sicuramente della poesia dei cantautori (non storcete il naso) in voga oggi. Poesia di molto superiore a quella che subiva la maggioranza dei giovani di quaranta e più anni fa e che era espressa da canzonette banali o triviali.
Concludo ribadendo quanto l’uomo sia inerentemente poeta, come è matematico, giacché sia la matematica sia la poesia – e lo ha ben dimostrato Bertrand Russell – sono “depositate” nella mente umana secondo delle relazioni logiche fondamentali.
No, la poesia non è affatto una specialità dei perdenti. Anzi.
Un saluto cordiale, Ausilio Bertoli

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 05:21 da giuseppe ausilio bertoli


Ringrazio Ausilio Bertoli per la chiarezza con cui ha esposto la sua opinione e anche perchè ha, giustamente, rivalutato la figura del poeta.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 07:52 da Renzo Montagnoli


E ovviamente ringrazio Massimo per aver riproposto questo articolo, con la speranza che chi scrive poesie a anche chi solo le legge venga a esprimere la sua opinione al riguardo.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 07:54 da Renzo Montagnoli


Berardinelli ha un po’ esagerato: cento persone in grado di valutare un libro di poesia? Mi pare ovvio che , se questo dato fosse vero, sarebbe del tutto naturale lo scarso successo commerciale della poesia. Sono molte di più, anche se meno che nella narrativa, proprio per la complessità del testo poetico. Se invece parliamo di capacità di analisi e di critica, non sono certo molti quelli che possono discuterne e scrivere recensioni attendibili, ma allora è così anche nella narrativa.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 08:51 da Renzo Montagnoli


Ma se tutti scrivono poesie, esiste ancora la poesia?

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 08:53 da Rosa


Voglio dire, non è un po’ inflazionato il concetto stesso di poesia?

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 08:55 da Rosa


la mia idea di poesia in queste due liriche pubblicate nella raccolta L’unicorno (Campanotto, 1997)
un saluto
marina torossi tevini

Appunti per sopravvivere

E lei la poiesis
non era che un
lunghissimo e sonnambulante
addio al carillon
al sempre ed ora
al continuamente
qui un attimo e

una nicchia per aficionados
un buco
per buttar le bucce

o non solo
non solo
giochi d’acqua
sdolci sdruccioli sdefiniti
sdicibili fonemi

oh il dolore acre delle cose non dette
dolorosa chiusura invalicata!

Doveroso ormai
risalire dagli abissi
frequentati allo spasmo
affondare le dita
e trarne
meravigliata luce

Meravigliata luce

Incommensurabilmente
fuori

dalle normali
partiture
adunche

dal quotidiano
rapido ronzare

fuori
dai filari di spighe
e dai luoghi disboscati
acquattato
relegato
tra pirotecniche evoluzioni

stecco da quattro soldi
incautamenre incauto

qualificato a succhiare
nelle prede dei secoli

acrobata avezzo
a passare
di frana in frana
tra nuvole
e oltre gli strapiombi
sprangati -ormai -

L’io svaporato
frantumato
avulso
da se stesso

recede
in ululii di lupo
accovacciato
su grattaceli di vetro

E dunque sfonda
vaga
tra ondulate colline
recuperi improbabili
limpidi predicati
potenza inusitata
(ormai a rischio)

Vaga
lasciando la cerchia delle mura
occludenti
la luce
ritorna
alla vertigine
lascia
non sprangata la porta
torna
a stemperare ancora

meravigliata luce

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 09:06 da marina torossi


mah, a me pare che berardinelli abbia ragione

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 09:23 da mariano


No,la poesia non è affatto specialità dei perdenti,ma il rpoblema secondo me è riuscire a dire cosa è poesia!Viviamo in un mondo dove la massificazione della cattiva poesia ci dà l’illusione che anche in una pubblicità televisiva o una canzone ci sia poesia,che se sbattiamo su carta il nostro sentimento sofferto facciamo poesia,ma non è così. La poesia non è alla portata di tutti e non basta aver sofferto le pene d’amore o di solitudine per diventare poeti,lo sfogo non porta poesia e dietro la poesia,bisognerebbe far comprendere a tanti,c’è un lavoro enorme di tecnica e scelta della parole, di tagli e di musicalità dei versi.La gente non è molto educata a leggere i versi e ciò fa sì che si pensi alla poesia come qualcosa di “immediato” e alla portata di ogni espressione di un qualsiasi sentimento.Certo l’aspetto commerciale non aiuta, i libri di poesia vengono esposti ai margini degli scaffali con scarsa visibilità e poche presentazioni con quasi nessun sostegno critico.Se non portiamo la poesia,quella vera, alla gente il mondo è perduto perchè vivrà sempre più con l’illusione che tutto può essere poesia svalutandola e non riuscendo più a scegliere. la capacità di scelta fa la differenza secondo me,perciò bisogna parlarne e sostenere chi fa vera poesia,per quanto anche la tecnica da sola non è sufficiente,altrimenti potremmo diventare tutti poeti come fare l’uncinetto comprando in edicola i fascicoli a due euro!Croce diceva che l’attitudine all’espressione poetica è “trasfigurazione del sentimento”,al contrario di un espressione individuale del sentimento quella poestica dà al sentimento espresso un carattere di universalità e trascendenza.”POESIA ESPRESSIONE DELLA PIENA UMANITà,VISIONE DEL PARTICOLARE NELL’UNIVERSALE”.Se è così come può essere specialità dei perdenti?Perdente è chi non arriva a coglierla.
un grande augurio a tutti i poeti di letteratitudine e ai lettori di poesia.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 10:00 da francesca giulia


scusate qualche errore di battitura. “Poetica” ,un’espressione ….etc.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 10:04 da francesca giulia


Non credo che la poesia sia una specialità dei perdenti.
Se pensiamo a quanto la poesia abbia comunicato a chi è stato in grado di coglierla possiamo solo affermare che perdenti , che comunicano le proprie emozioni in tal modo , diventano vincenti in automatico.
Non credo neppure sia corretto parlare di perdenti.Chi riesce a fermare un’emozione anche solo in due parole ha raggiunto, a mio avviso, un’elaborazione del dolore che lo porta sicuramente ad evolvere più in là, oltre.
Questo è il passaggio da cogliere nella poesia, quello che sta dietro le parole e dentro il cuore dal quale quelle parole sono scaturite.
E chi ha un cuore pieno di cose da offrire non potrà mai essere un perdente.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 10:27 da Lorenza Bonomi


Credo di avereun’idea mia particolare sulla poesia e su chi la fa.
Penso che la necessità di scrivere sia così impellente che non si prefigura alcuna vicenda futura, se non quella, piuttosto immediata, di condividere una certa emozione. Almeno così è per me.
Poi se c’è la fortuna di incontrare sulla propria strada cultori e poeti essi stessi, e a me è capitato, e si è perfino aiutati da editori che ci credono, allora c’è anche il piacere di vedere stampato quello che era soltanto riposto in un cassetto.
Io devo molto a Renzo e a Gordiano Lupi, il mio editore, e a Fabrizio Manini che ha reputato valida la mia poesia.
Ho visto che alcuni hanno già postato i propri versi, e così contribuisco anch’io, ringraziando Massimo per questo articolo, e per il risalto che continua a dare alla Poesia.

APERTURE A LATERE

Il sole non candeggia
la biancheria ammuffita o il seno brullo
né l’ala del cucù
filtra soltanto tra listelli e buchi
disegnato di punti su piastrelle
. il piatto cede, rifornisce rose.
In deltaplano
funambola in assetto
gioca la mia ragazza dei silenzi
la muta dei ritorni e degli infissi
cardini sottotraccia
. sa di quella finestra mai richiusa.
Qualora fosse il caso
se le porte sprangate a fil di buio
reggessero per anni
avrebbe almeno via d’uscita
il non ritorno sugli stessi passi..
. un volo finalmente completato.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 10:28 da cristina bove


MI HANNO DETTO DI OFELIA…
.
.
Voci di corridoio (locuzione scontata)
eppure dice
che l’oggetto ci sembra in dedicato
verbale
allora qui domando se qualcuno
l’ha vista nello scorrere del fiume
o dormire
o morire
o l’uncino di un albero di acacia
l’abbia trafitta in salvo
.
a me pareva
d’averla tra-lasciata
a tra-spirare in vasi di cantina
.
Nel dilemma
mi annebbio e mi dibatto
considerato che
se sono matto, se racimolo aut-aut
dalle rovine
di un castello di carte (Elsinore, sapete,
è un luogo scritto) niente di fatto
non sono più sicuro del mio nome
e dell’Ofelia
ho perso ogni contatto. Mi darete notizie?
Mi farete sapere se son morto?..
.
vostro
Amleto

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 10:30 da cristina bove


Bella intervista quella di Renzo, e soprattutto genuina dal punto di vista analitico. Io già mi sono espresso in diverse interviste operate dallo stesso Montagnoli.

Alla fine, la falsa democratizzazione dell’arte, pur di fare contenti tutti, specie se correlata all’Editoria (diversa dalla Scrittura), porta a una inesorabile dequalificazione del prodotto d’arte stesso. Nessuno saprà più distinguere il testo buono da quello scadente.

Il problema è che in italia vi sono più poeti, pittori e musicisti che utenti.

Un caro saluto a Renzo, e uno a Maugeri per i suoi propositi di diffusione dell’Arte.

Fabrizio

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 10:47 da Fabrizio Corselli


@Rosa: Non è che tutti scrivono poesia, il problema vero è che pochi sanno scriverla. Capita, spesso, di leggere dei versi che sono più uno sfogo dell’animo, con qualche rima ritrita nel tentativo di conferire l’indispensabile musicalità, ma questa non è poesia. Ripeto che si nasce poeti, cioè con una certa indole e anche un talento oscuro, ma scrittori di poesie si diventa, studiando, leggendo altri poeti.

@francesca giulia: hai perfettamente ragione.
@Lorenza Bonomi: ti sei spiegato benissimo e condivido quanto hai scritto.
@Cristina Bove: il mio unico merito è stato nell’aver visto in te un talento espresso, e non latente.
@Fabrizio Corselli: concordo, perchè la moneta cattiva scaccia sempre quella buona e così è anche per la poesia; c’è tanta spazzatura che copre dei tesori.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 11:06 da Renzo Montagnoli


Cristina Bove mi ha tirato a cimento e così metto anch’io una mia poesia, quattro versi semplici per esprimere che dopo ogni periodo buio viene sempre il sole e che è quindi necessario resistere e mai lasciarsi andare.

…..

Giardino d’inverno

Sterpaglie contorte

imbellettate di brina

l’albicocco nudo di foglie

potato dei rami

i moncherini protesi al cielo

una preghiera

per un’anticipata primavera.

Tutto dorme

un sonno silente

senza sospiri

in coperte di neve e di gelo.

Sola svetta una rosa

non ancora assopita

un ricordo d’estate

in un giardino d’inverno

un canto alla vita

nel grigiore del giorno

un poco di luce

in assenza di sole.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 11:10 da Renzo Montagnoli


Stamattina, quando ho trovato il nuovo numero di Arte insieme con sopra una mia poesia intitolata, appunto, La ferita della poesia, io non mi sono sentita affatto perdente, tutt’altro. E fino ad oggi non ho mai pagato editori per pubblicare alcunché, difatto sto bene su internet, reputo che il mio blog sia più che sufficientemente visitato, chi mi vuole mi piglia gratis e chi non mi vuole peggio per lui.
Mi perdonino gli editori se lo pubblico a chiare lettere: di loro non mi importa nulla, dei soldi nemmeno, con le poesie è buona cosa non guadagnare mai o vanno a farsi friggere l’ispirazione e la creatività.
Il poeta è un perdente quando perde l’ispirazione, che è una realtà perché consiste in quel confuso ed oscuro bisogno di dirsi e di darsi.
A questa cosa ho creduto intensamente per tutta la mia vita. Reputo che brigare per il proprio ” successo ” sia deleterio pe la purità dello scrivere, come anche la poesia composta per questa o per quella ragione: io scavo dentro di me, non compongo, soltanto metto in ordine quello che ne traggo. Il ” mestiere ” è qualcosa di estremamente secondario, sempre usato al suo minimo per non prevaricare sui contenuti.
Per me amore, dolore e gioco sono gli argomenti poetici per eccellenza perché sono il profondo storico dell’umanità presente, passata e futura. Altro che perdenti, qui stiamo appena incominciando a capire l’alfabeto della poesia.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 11:47 da Domenica Luise


“…Nello stato di ebbrezza
il poeta si ritrova adesso
nel condividere con la menade
che tien per mano, avvinta,
gl’istinti ferali e il volto coperto,
poiché egli il tirso stringe
e altresì configge per terra
molto più forte di prima
al pari di quella penna
che di lui pertanto consacra
il proprio deliquio ferace;
di Dioniso egli è sacerdote,
nel donargli il giusto tributo,
non una copiosa ecatombe
o il crudele sacrificio d’un toro,
bensì un obolo fecondo
nelle forme di un verso.”

Estratto dalla poesia “Syrinx”

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 11:51 da Fabrizio Corselli


@Domenica: Vero, ed è quello a cui dovrebbe uniformarsi l’artista. Ars artis gratia, l’arte solo per l’arte.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 11:53 da Renzo Montagnoli


Che cos’è la poesia?
Secondo me è questo.

ALLA POESIA

Non c’è silenzio
non c’è rumore
solo il battito del cuore.
Parole nere d’inchiostro
colorano il bianco del foglio,
un concerto di vocali
di consonanti
si materializza
senza che gli occhi vedano,
onde cerebrali oscillando
guidano la mano.
Si aprono le dita
scivola la penna
sull’opera finita.
Parole,
sono parole,
note dell’animo
suonate col cuore.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 11:56 da Renzo Montagnoli


Cito Bufalino: “I vincitori non sanno quel che si perdono”.
Il problema della poesia è quello della prosa: una pletora di scrivani che non leggono nè l’una nè l’altra ( e non comprano i libri). Per la poesia è anche peggio. Si presumono tutti poeti, senza capire come sia difficile la poesia che è musica e matematica insieme, e anche se elude la rima non può eludere la metrica, il ritmo, al di là delle buone intenzioni e dei (terribili) buoni sentimenti o messaggi (brrrr). Io non mi permetto di scrivere poesie, anche se leggo molta poesia e devo alla poesia la mia passione letteraria (a Dante, Leopardi, ai poeti russi del primo Novecento e a poeti come Campana e Montale). Tra i poeti ( veri, non autopresunti) attuali ricordo Andrea Di Consoli, Antonella Anedda e Bruno Galluccio, che è in libreria con VERTICALi ,edito da Einaudi. Un verso imparato a memoria fa compagnia quando sei malato o solo o molto triste, anche se il verso è triste. La scuola non insegna più poesie a memoria e sbaglia. Quello che impari a memoria ti appartiene per sempre. Quello che sai nessuno te lo può rubare, perchè è quello che sei.
La poesia è una esigenza che scaturisce da una urgenza esistenziale. Ma è anche tecnica e talento.
Meno poeti e più poesia, dovrebbe essere il monito, affinchè la poesia non sia appannaggio (letta o scritta) di “sfigati”.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 11:56 da Antonella del Giudice


Poetare è l’attività dei perdenti quando la poesia diventa un genere letterario che si usa per dare sfogo al proprio bagaglio di frustrazioni, di delusioni, di fallimenti.
La poesia implica declinare la soggettività in oggettività, implica coniugare l’idea metafisica con la realtà oggettuale.
Naturalmente si possono dare tante definizioni sia della poesia vincente sia di quella perdente e credo che non siano i premi letterari a far dire che “quella è poesia” . Personalmente ne ho avuti alcuni anche internazionali ,ma da allora non ho più scritto poesie.
Ogni poeta ha un’idea del mondo dentro la testa ed in questo mondo caotico e complesso, che non va da nessuna parte e non mi mostra pezzetti cielo, in questo mondo interiore pieno di niente, come si fa a fare poesia?
Si è smarrito il senso del limite e la capacità organizzativa dell’insieme, la strutturazione rigoro sache richiede la forma poetica.
Per non parlare poi della poesia fatta di parole , messe a turno che non esprimono nessun concetto della vita e della morte….
Poesia paradosso dell’eternità,ossia poesia dell’anima …ma l’anima dov’è?
Per scrivere poesie bisogna essere vivi interiormente, dimenticarsi di sè ed amare, ed ancora amare senza confondere…….senza antipatie senza…ambizioni , senza ricambio, amare ed ancora amare fino alla purezza.
Leopardi insegna. Altrimenti si scambia il rimuginare confuso sulla propria solitudine esistenziale con la sofferenza universale che è ben altra cosa e si inscena un tormento che in realtà non esiste perchè ripiegati su se stessi, mentre “l’altro” è stato lasciato da parte perchè non lo si vede nel nostro narcisistico orizzonte.
A tutto questo preferisco l’agire errabondo, anonimo e prosastico.
Per concludere vorrei dire che anche un bancario può essere un grande poeta. Quasimodo era un ragioniere. Il sentire è indipendente dal mestiere che si fa.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 12:10 da Mela Mondi


@Antonella Del Giudice: non posso che essere d’accordo. La maggior parte di quelli che si credono poeti non leggono poesie d’altri e non riesco a comprendere il motivo. Forse hanno paura del confronto, o forse si credono gli unici, i predestinati? Io consiglierei a chi vuol scrivere poesia seriamente di cominciare a leggere i versi dei greci e dei latini, fra questi ultimi in primis l’insuperabile, soprattutto come tecnica, Publio Virgilio Marone e poi via via risalire i secoli per arrivare all’epoca odierna.
Si accorgerà, così, che la poesia, quella intesa come valida espressione artistica, è sempre esistita e, fra l’altro, se la lettura sarà attenta, potrà comprendere le regole metriche adottate da ognuno.
C’è tanto da imparare, ma non è una fatica, bensì un autentico piacere.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 12:11 da Renzo Montagnoli


Non credo affatto che chi scrive poesie sia un perdente, a meno che il suo unico scopo sia quello di pubblicare e arricchirsi. Ma in questo caso non lo chiamerei Poeta.
La poesia è sintesi di pensieri ed emozioni, è trasmissione diretta molto più di una pagina narrativa.
In poche righe può racchiudere l’universale.
Ultimamente mi sembra che si parli di più, di poesia.
Forse che se ne senta la necessità, in questo mondo dove tutto pare scivolare verso il basso? Vorrei che ci fossero sempre più luoghi dedicati alla lettura di poesie, piazze, giardini, dove i Poeti potessero leggere i loro versi. Sarebbe molto più utile di tante parole costruite, di tanti discorsi prefabbricati e vuoti di senso che non servono a nulla. La poesia salva la vita? Non lo so, però credo che senza dubbio possa migliorarla. Leggere una poesia al giorno può essere un metodo per rendere l’esistenza più sopportabile. Secondo me, almeno. E, dato che a questa discussione partecipa anche Renzo Montagnoli (di cui ho apprezzato molto l’intervista: bravo Renzo, e bravo Massimo) ne approfitto per dirgli che anche le sue Poesie (in particolare la silloge “Il cerchio infinito”) hanno contibuito a rendere la mia vita più serena. E di ciò lo ringrazio.

Milvia

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 12:14 da Milvia


@Mela: hai espresso bene il concetto. Inoltre, c’è da dire, secondo me, che molti si atteggiano a poeti senza esserlo e più che scrittori di poesie sono incensatori di se stessi. La poesia, giustamente come hai scritto, è un dare, è un atto d’amore che presuppone anche una grande umiltà.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 12:15 da Renzo Montagnoli


Forza con i Classici…

Caro Renzo, su questo le Avanguardie hanno fatto danno; ma non è stata colpa loro, diciamo di chi ha assorbito il loro manifesto in toto, come atto di fede, senza sviluppare una propria oggettiva dimensione critica.

La rottura e la cancellazione di ciò che viene prima è impossibile, la modernità poggia e si sviluppa sull’ombra dei classici…

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 12:19 da Fabrizio Corselli


“[…] La mia poesia e la mia vita sono trascorse come un fiume americano, come un torrente d’acque del Cile, nate nella profondità segreta delle montagne australi, dirigendo senza posa il movimento delle loro correnti verso uno sbocco marino. La mia poesia non ha rifiutato niente di quanto ha potuto trascinare nel suo corso; ha accettato la passione, ha sviluppato il mistero, si è aperta il passo fra i cuori del popolo.

Mi è toccato soffrire e lottare, amare e cantare; nella spartizione del mondo ho conosciuto il trionfo e la sconfitta, ho provato il gusto del pane e quello del sangue. Che cosa può volere di più un poeta? E tutte le alternative, dal pianto ai baci, dalla solitudine al popolo, sono presenti e vivono nella mia poesia, e in essa agiscono, perché ho vissuto per la mia poesia, e la mia poesia ha sostenuto le mie lotte. E se ho ottenuto molti premi, premi fugaci come farfalle di polline fuggevole, ho ottenuto un premio ben più grande, un premio che molti disprezzano ma che in realtà è per molti irraggiungibile. Attraverso una dura lezione di estetica e di ricerca, attraverso i labirinti della parola scritta, sono riuscito a essere poeta del mio popolo.

E’ questo il mio premio, non i libri e le poesie tradotte o i libri scritti per descrivere o sezionare le mie parole. Il mio premio è quel momento grave della mia vita quando nel fondo del carbone di Lota, in pieno sole nella salina riarsa, dal pozzo della miniera è uscito un uomo come se venisse su dall’inferno, con il viso stravolto dalla fatica terribile, con gli occhi arrossati dalla polvere e, porgendomi la mano indurita, quella mano che reca tutta la mappa della pampa nei suoi calli e nelle sue rughe, mi ha detto, con occhi brillanti: «Ti conoscevo da molto tempo, fratello». Ecco l’alloro della mia poesia, quel.buco nella pampa terribile, da cui esce un operaio cui il vento, la notte e le stelle del Cile hanno detto molte volte «non sei solo; c’è un poeta che pensa ai tuoi dolori».[…]“.

Pablo Neruda (1974), Confesso che ho vissuto, Einaudi, Torino, 1998 – pag. 227

LA POESIA E’ IL NUTRIMENTO DELL’ANIMA, E’ UNA CAREZZA PER IL CUORE E L’OSSIGENO PER LA MENTE…

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 12:23 da Savina Trapani


@ Milvia: non è che forse da un po’ di tempo se ne parli di più, ma, e questo sarebbe auspicabile, qualcuno comincia ad accorgersi che un mondo piatto, animato solo dalla voracità del profitto, ha bisogno di un po’ di poesia.

@ Fabrizio: se la gente si ponesse la domanda di come mai questi Classici resistono ancora, forse comprenderebbe che le opere d’arte sono senza tempo e allora correrebbe a leggerli, per comprendere che il modo di pensare degli uomini non è che sia poi cambiato molto e che i bisogni per l’anima di secoli fa sono rimasti gli stessi ancor oggi.

@Savina Trapani: bellissimo questo stralcio di Neruda e altrettanto bella la tua conclusione.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 12:31 da Renzo Montagnoli


Una mia amica,saggista e letteratami ha inviatoquesta e-mail:
.
Luzi diceva una cosa importante a proposito dei poeti: “La modestia del poeta non è solo l’effetto della sua gentilezza d’animo e neppure la conseguenza di un duro lavoro che continuamente mortifica la vanità; la modestia del poeta non è un merito, è una condizione e una necessità”.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 13:04 da cristina bove


perdonate la fretta ei refusi

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 13:05 da cristina bove


malefica fretta!

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 13:05 da cristina bove


@Cristina: appunto, umiltà, che non è un difetto, anche se la si ritiene tale, ma una virtù indispensabile.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 13:36 da Renzo Montagnoli


Umiltà ce n’è poca, perché di questi poeti improvvisati lo scopo è il “successo”, “la fama”, effimere. Un’altra qualità che manca, ahimè, più della stessa umiltà, è l’onestà intellettuale. Io consiglio sempre la De Filippi o i reality se vogliono sfondare… Da questo punto di vista, la società ha mal abituato gli utenti, facendo loro il lavaggio del cervello. La Bellezza di oggi, cosa è? Il corpo nudo di una velina, o qualche seno rifatto? Anche nell’editoria, c’è questa spasmodica, ossessionante, direi angosciante tensione alla pubblicazione a tutti i costi. Pochi scrivono con intenzioni oneste, nel senso di fedele a se stessi , non traspare più la passione, l’amore per la scrittura… dietro a quelle poesie non c’è più l’individuo, solo il suo alter ego ispirativo.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 14:00 da Fabrizio Corselli


@Fabrizio: concordo e questo è tipico della società dell’apparenza, tanto che parafrasando il titolo di un film si potrebbe definire questo nostro asociale mondo “Sotto il vestito, niente”.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 14:05 da Renzo Montagnoli


Asociale perché ognuno pensa al proprio interesse e non a quei sani confronti dialogici che vigevano un tempo e che vedevano nel medesimo salotto grandi intellettuali appartenenti a tutti i campi, compositori, pittori, poeti…

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 14:11 da Fabrizio Corselli


Renzo Montagnoli
Sono d’accordo che bisogna avere introiettato le regole e le forme dell’ epoca di Pindaro ma secondo me il motore della poesia è dentro il poeta, nella sua capacità trasfigurativa. Se non fosse così come avresti potuto navigare nel tuo “Cerchio infinito”?
Le tue poesie mi ricordano per lo scorrere delle immagini quelle DYlan Thomas, forse per l’attenzione che trovo in entrambi nei confronti dei processi organici della natura come se osservaste la crescita coerente e misteriosa di un albero.
Mi permetto suggerirti di ascoltare i tuoi versi al suono della musica di Bach.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 15:10 da Mela Mondi


Fabrizio Corselli
Mi colpisce l’interrogativo”la bellezza cos’è oggi?” per cui io dico che la bellezza oggi c’è ed è da sempre, soltanto che sono pochi coloro che la scoprono al di fuori della tv, e sono anche pochi coloro che la percepiscono in chi la possiede. Essa infatti ha la caratteristica che non può essere insegnata. E’ come la poesia.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 15:21 da Mela Mondi


.F.Corselli
leggasi “di non potere essere insegnata” al posto ” che non può essere insegnata”

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 15:25 da Mela Mondi


@Mela Mondi

Come darti torto. Io sono un fautore delle percezione estetica. Vero Renzo?

:)

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 15:57 da Fabrizio Corselli


Invitata ad offrire un mio contributo al dibattito in corso, sono andata a ricercare una mia vecchissima cosa in fondo al cassetto, soprattutto perché volevo vedere cosa ne pensavo 35 anni fa
Trovata:

Cos’è questa malia
di tradurre un pesaggio
in parole
di lacerare i concetti
di affondare in uno sguardo
facendoci piccini?

Cos’è questa malia
di sminuzzare la vita
di perdersi nei frammenti del caos
di euguagliare il nostro umore
a quello della terra?

Cos’è questa malia
di sentirci diversi
di avere paura
della viva intelligenza degli altri
d’invidiare i loro discorsi perfetti?

No, amici miei, non impareremo a vivere
e nessuno ha bisogno di noi

Questo pensavo di poeti e poesie allora; oggi sono molto meno drastica e penso che la poesia abbia il compito di commuoverci e commuovere;
niente ha a che fare con le leggi del profitto

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 16:38 da franca canapini


Che cos’è la poesia se non la voce dell’anima che nella sua esposizione verso l’esterno annuncia le sue difficoltà, i suoi bisogni, le sue gioie, la sua tristezza, i suoi richiami al mondo.
Visto così, chiunque può essere spinto a comporle, anche senza preparazione.
Poi, ci sono le poesie seguenti una ben definita ritmica assunta da una preparazione accurata di studi, ma anche lei variabile nel tempo, come del resto tutto varia.
Comporre poesie è come cantare una canzone che dall’animo raggiunge il cuore e la mente facendole attirare, riscaldare, sobbalzare, versare lacrime di gioia e di dolore, ammirare la natura e rimpiangere la sua distruzione, sostenere un’amicizia e promettere sincerità e sostegno.
A me piace la poesia espressa in parole chiare e semplici, quella accompagnata da un ritmo scorrevole e dolce. Sarà perché ho raggiunto serenità e chiarezza in una vita vissuta alla determinazione della mia personalità, incerta all’inizio, ma sempre volenterosa di scoprire e arrivare al punto che unisce il tutto in un’immagine certa e serena. Il desiderio di arrivare è sempre stato forte e decisivo. Non è un arrivare facendo carriera, raggiungendo celebrità e onorificenze, ma arrivare a riconoscermi nel mio intimo e poter poi affermare come credo di essere e non altro vorrei essere.
Scrivere poesie è come dipingere un quadro; Si arriva a completarlo man mano che si raggiunge chiarezza in sé e alla fine poter riconoscersi in esso. Dipingere, comporre musica, cantare, poetare, meditare, soccorrere un bisognoso è un mettersi in moto alla riconoscenza e formazione di se stessi. È quindi il processo del maturare in sé, senza arrivare mai alla fine, per cui si continua sempre di nuovo da capo usufruendo delle esperienze fatte.
Cari saluti
Lorenzo

Dalle mie osservazioni risulta chiaro che chi scrive una poesia non è mai un perdente, ma un ricercante, richiamante, donante senza presunzione e scopi estranei al donare senza richiedere.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 16:45 da lorenzerrimo


Un poeta

Per essere protetto
m’hanno detto
di usare sempre il preservativo.
Io che sono prudente
(per quanto maledetto)
da allora me lo metto
perfino quando scrivo.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 16:48 da giusdono


@Mela: ciò che si legge e si studia non è detto che abbia un’applicazione pratica immediata, ma nel metabolismo cerebrale viene a costituire una base, un supporto che aiuta a far nascere le idee e a tradurle in pratica. Certamente chi vuole scrivere poesie deve guardare soprattutto dentro se stesso, andando sempre più in profondità. Poi, la capacità trasfigurativa di cui parli è frutto di un meccanismo complesso e inconscio, al cui risultato contribuiscono le letture, gli studi, le osservazioni anche di fenomeni del tutto insignificanti per i più, ma che in un poeta, e tu lo sai per esperienza, sanno comunicare più di fatti eclatanti.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 17:11 da Renzo Montagnoli


@Fabrizio Corselli: la percezione estetica? Beh, certo hai un culto della bellezza, ma non quella propria di Miss Italia, bensi in un concetto artistico che si potrebbe forse definire: perfezione armoniosa di forme.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 17:14 da Renzo Montagnoli


@Franca Canapini: la poesia può anche muovere al riso, non è necessario che commuova, ma l’importante è che abbia un concetto esposto artisticamente.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 17:16 da Renzo Montagnoli


@Lorenzo: è vero quel che scrivi, la poesia è il frutto di un lungo e continuo viaggio dentro noi stessi.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 17:18 da Renzo Montagnoli


@ Ancora Mela: è un suggerimento valido il sottofondo di Bach, in particolare nelle sonate per organo, e l’avevo già sperimentato infatti.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 17:20 da Renzo Montagnoli


Lorenzo ha espresso chiaramente il concetto di poesia, ne condivido tutti i punti, soltanto aggiungo che si tratta anche di qualcosa di inspiegabile, come avere la predisposizione per la pittura, o l’orecchio assoluto in musica..

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 18:38 da cristina bove


@ cristina bove
concordo con la tua aggiunta. Mi immagino diverse coppie che si dichiarano d’amarsi. Ognuno lo farà a suo modo, seguendo la sua predisposizione, come affermi giustamente tu, ma il senso è sempre lo stesso. Un voler affermare: una vita insieme ci aspetta, vogliamo incominciare?
Cambia allora solo la forma. Un sorriso aperto direbbe anche tutto, quando il corrispondente è in concordanza.
Cari saluti a te, poetessa dei contrasti mai conciliabili.
Lorenzo

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 18:58 da lorenzerrimo


@ renzo
perdinci! quando saremo una volta discordanti? grazie comunque.
Lorenzo

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 19:29 da lorenzerrimo


La poesia è un bellissimo gioco, una magia.
Puoi fotografare di tutto con la parola e scoprire qualunque cosa, dentro e fuori di noi. Mi diverte, stimola, appassiona.
E sono d’accordo con Renzo che non è da tutti saper dare una veste in versi a ciò si vuol esprimere.
Corrado.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 19:45 da Corrado


@Lorenzo: perfino i nomi sono quasi coincidenti…

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 19:48 da Renzo Montagnoli


Se non è la specialità dei perdenti (perchè poi ad un certo punto tutti tornano o girano intorno alla poesia) è sicuramente la specialità dei sognatori.
Grazie a loro, però, il mondo vive, grazie a loro qualcuno si accorge che non tutto è materia ma da qualche parte c’é anche spiritualità. Ma non quella dei dogmi e dei gruppi di potere religiosi, ma quella innata nell’uomo che appena si guarda dentro comincia a dire:”si, è vero, non posso non amare il mio prossimo”!
Auguri!
http://www.circoloculturaleluzi.net
(Organizzatore del Bando Letterario Europeo di Posia e Narrativa Città di Montieri)

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 20:17 da Salvatore Armando Santoro


@Renzo: infatti pochi minuti fa ne ho commentata una che mi aveva fatto sbellicare per satira e umorismo
Tendo a dimenticare la poesia comica perchè niente come il dramma mi dona la catarsi
franca

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 20:19 da franca canapini


Se non è la specialità dei perdenti, di sicuro è la specialità dei sognatori.
Ma comunque alla poesia prima o poi tutti ci ritornano (o ci ronzano intorno).
E nei momenti di crisi si riscopre la spiritualità che pervade il poeta. Una spiritualità che non si esaurisce nei riti ecclesiali o nelle concettualità dei dogmatici o dei gruppi religiosi attaccati al potere temporale (sconfinante spesso con l’integralismo o con la presunzione di avere ragione a tutti i costi o di essere gli intermediari di dio in terra) ma quella spiritualità che solo un poeta possiede e cioè la capacità di guardarsi dentro e di poter dire: “Si, bisogna davvero amare il nostro prossimo!”.

http://www.circoloculturaleluzi,net
(organizzatore del Bando Letterario Europeo di Poesia e Narrativa Città di Montieri)

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 20:26 da Salvatore Armando Santoro


Lorenzo e Renzo, una cosa bellissima della poesia è che avvicina anime simili…
buona notte a tutti
ciao, Maug.
cri

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 21:25 da cristina bove


@ Corrado il bukowskiano?

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 21:45 da Renzo Montagnoli


@ Cristina: la poesia, la musica, la scultura, la pittura avvicinano tutti, l’arte insomma, perchè “il bello” non ha frontiere, nè razze.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 21:47 da Renzo Montagnoli


@Salvatore Armando Santoro: per chi non lo conoscesse, è cresciuto a pane e poesie, e ancora non si è stancato.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 21:49 da Renzo Montagnoli


Il poeta è come lui, principe delle nubi
che sta con l’uragano e ride degli arcieri,
esule in terra fra gli scherni, non lo lasciano
camminare le sue ali di gigante
(C. Baudelaire)
Io vi auguro una serena notte,le mie parole sulla poesia le ho lasciate stamattina,ma volevo lasciare anche questi versi facendo i migliori auguri a renzo e agli altri poeti letteratitudiniani.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 22:07 da francesca giulia


@francesca giulia: grazie e buona notte.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 22:22 da Renzo Montagnoli


Cari amici,
vi ringrazio moltissimo per i bellissimi commenti pervenuti.

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 23:41 da Massimo Maugeri


Non so se la poesia sia una specialità e i perdenti siano quelli che non vincono. Certo l’atteggiamento nei confronti dei versi lo sento legato ai “cattivi” ricordi scolastici del compito a casa (impara a memoria…) e penso che la poesia dovrebbe essere percepita come canzone, nel senso attuale del termine. Non si diffonde perchè subita, in qualche modo, legata al mondo ristretto dei letterati. Bho!?
Cordialmente

Postato venerdì, 27 marzo 2009 alle 23:54 da bruno amore


Chi di noi non è mai stato un pò Poeta, magari davanti un tramonto, un mare increspato o semplicemente davanti la persona amata e ci siamo, forse, sentiti deboli o perdenti e poi per cosa? per aver ceduto alla tentazione del sentimento, delle emozioni?. Spesso ci si convince che celare le proprie emozioni, non lasciarsi andare ad un pianto liberatorio o ad una crisi di ira sia indice di forza. Alcune persone ci riescono, altre invece si sentono scoppiare. Il Poeta è una di queste persone. Egli vive per esprimere la sua anima , le sue emozioni, le sue sensazioni, egli ha il coraggio di mettersi a nudo senza vergogna, si, perchè è questo che fà nelle sue poesie le quali si traducono nella pura espressione del suo essere. E’ per questo che non definirei affatto perdente un Poeta, anzi, al contrario, penso che sia coraggioso nelle sue scelte, lui sà che non scriverà mai un best-seller campione di vendite e sa accontentarsi di quel posto di nicchia che le sue poesie avranno tra il pubblico.

P.S. UN BACIO A MASSIMO M.

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 00:58 da tiziana esposito


Ringrazio Massimo Maugeri per aver dato l’opportunità a tanti poeti di intervenire, grazie alla sua domanda volutamente provocatoria, tanto più ove si consideri che il nostro anfitrione non considera i poeti dei perdenti.

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 08:20 da Renzo Montagnoli


Correggo, ancora sono addormentato:

Ringrazio Massimo Maugeri per aver dato l’opportunità a tanti poeti di intervenire, grazie alla sua domanda volutamente provocatoria, tanto più ove si consideri che il nostro anfitrione non giudica i poeti come perdenti.

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 08:23 da Renzo Montagnoli


La poesia? Cos’è la poesia. Si possono dare tante di quelle definizioni alla poesia: la macchia che l’anima lascia sopra un foglio, trovare l’anima nelle cose inanimate, fare diventare concrete le cose astratte come sensi, emozioni, sentimenti; e, chi riesce a percepire, a scrivere, a materializzare tutto questo dovrebbe essere un perdente? Poi, chi è o meglio cos’è un perdente: una persona che è stata sconfitta da chi e da che cosa. E’ forse un perdente chi ha perso l’arroganza, l’indifferenza, la malvagità a dispetto di chi ha oppresso i sentimenti, le emozioni, le sensazioni che si possono provare osservando la luna o la musica che si può udire ascoltando l’armonioso fragore di una cascata montana? Chi è il vero perdente? Io credo, che sia proprio chi erroneamente è convinto di essere un vincitore.
Sicuramente, chi riesce ad avere dei sentimenti, non è un perdente. Inoltre, mi domando: perché la poesia più di altre arti dovrebbe essere a stretto uso e consumo solo di una cerchia di persone i cosiddetti “intellettuali” che ne decidono come e se questa debba essere considerata tale. Chi è titolato a decidere che dei sentimenti, delle emozioni, debbano essere espresse in un modo piuttosto che in altro? La poesia, oltre a non essere per perdenti è libertà e gioia di vivere, la libertà dei sensi. Ho letto che le poesie in rime sono delle poesie “costruite”, quindi non esprimono veri sentimenti (cosa che non condivido per niente). Se la poesia è libertà, si dovrebbe essere liberi di rendere musicali i propri sentimenti cantando la propria anima anche “costruendo” i propri versi, trasmettendo emozioni a chi legge e non per questo dette emozioni debbano essere considerate false.
Un romanzo, lo si può anche leggere una sola volta anche due, invece una poesia la si respira come l’aria, e non basta leggerla una volta o due, ma la si deve leggere più volte, riscoprendo ogni volta sempre qualcosa di nuovo come in una sinfonia che ogni volta che la si ascolta, si percepisce il suono di uno strumento che prima non si era udito, una nota che prima ci era sfuggita, perché la complessità di una poesia, anche se in pochi versi è tale che se anche leggendola cento e più volte, non si riuscirebbe a carpirne la vera essenza sino a quando non diveniamo noi stessi parte di essa, solo allora potremo dire di aver letto una poesia. E, tutto questo è per perdenti?
Concludo dicendo: che saremmo dei veri perdenti, se davvero considerassimo la poesia per perdenti.
Un affettuoso saluto Gaetano.

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 16:23 da Gaetano


Arrivo tardi? Il dibattito è terminato? E’ che sto correggendo i compiti dei miei alunnini di quattordici anni e volevo condividere questo contributo anomalo. Ecco alcuni loro pensieri sulla poesia oggi

“ La poesia è un’arte con cui l’uomo ha sempre cercato di esprimere emozioni, sentimenti e addirittura desideri” FED****O

“ La morte si sconta vivendo. Cinque parole per far capire tutto. Un periodo breve, conciso che, meglio di un libro scolastico, fa capire la situazione drammatica vissuta dai soldati della prima guerra mondiale……Anche le poesie di Leopardi e di Pascoli spopolano tra noi ragazze, la più gettonata è A Silvia che, anche se è stata scritta come messaggio filosofico, ci rapisce il cuore perché sogniamo che qualcuno pensi a noi con quei pensieri di Giacomo…La poesia è ancora adatta ai nostri tempi, ma sto pensando che presto sarà sostituita dalla canzone, poiché la gente non legge più e trova meno impegnativo ascoltare la musica. Alcune canzoni infatti sono poesie, come quella di Jovanotti: A te. Pensate a quanto è più facile imparare una canzone a memoria piuttosto che una poesia. Riflettete. Rendetevi conto che basta che per tre giorni giri alla radio una canzone, che subito viene canticchiata da tutti. Chissà, forse nel futuro, la poesie verranno musicate e cantate nelle scuole.” MAR***A

“La poesia, assieme alla musica, è il modo migliore per esprimere i propri sentimenti sia di dolore che di amore o gioia. Quando trovo poesie che mi piacciono, me le leggo e rileggo all’infinito, però perché una poesia mi piaccia molto è necessario che mi tocchi particolarmente e che mi rappresenti; che rappresenti il mio modo di essere e il mio stato d’animo…..Oggi la poesia non è molto amata dai giovani perché considerata roba da vecchi, però io penso che non sia così, anzi credo che sia un modo eccellente per esprimersi, quando non riesci a dire quello che senti, lo scrivi…La poesia ha emozionato in passato, emoziona ancora oggi ed emozionerà in futuro…” ALES**A

franca

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 16:45 da franca canapini


La poesia è perdente solo nel senso che… non paga, cioè non si vende.
Ma poi chi l’ha detto che è questo ciò che conta? la poesia è una “voce”, la poesia non è per tutti, non deve dimostrare niente, se non di esistere.

“I poeti che amo sono posseduti dai loro versi come dal ritmo stesso dei loro respiri.”
SyLVIA PLATH

POESIA

Viverla
come dono e disinganno
come premio e martirio
possessione ed estasi

viverla
come illusione e vacanza
come condanna e tormento
malattia e preghiera

semplicemente viverla
se non fosse che è lei
a rubarti la vita.

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 20:01 da gabriella rossitto


completo con le parole della Plath:

“Le mie poesie non parlano di Hiroshima, ma di un bambino che si va formando nel buio, un dito, poi l’altro. Non parlano del terrore della distruzione di massa, ma della desolazione della luna sopra un albero di tasso nel cimitero vicino a casa. Non delle ultime parole di algerini torturati, ma dei pensieri notturni di un chirurgo stanco.

In un certo senso queste poesie rappresentano una diversione. Non direi, però, una fuga dalla realtà. Per me, i veri problemi del nostro tempo sono gli stessi di tutti i tempi: le ferite e la meraviglia dell’amore; il fare in ogni sua forma: fare un figlio, fare il pane, un quadro, una casa; e la conservazione della vita di tutti gli esseri umani in tutto il mondo…

Io non credo che una poesia dettata dall’attualità susciterebbe un interesse più vasto e più profondo di quanto non faccia un articolo di giornale sul medesimo avvenimento. E a meno che non scaturisca da un sentimento molto più urgente ed essenziale che non un generico passeggero amore per l’umanità, a meno che non sia, cioè, quell’oggetto-unicorno, raro e prodigioso -una vera poesia- rischia sempre di essere consumata con la stessa rapidità di un foglio di giornale.

I poeti che amo sono posseduti dai loro versi come dal ritmo stesso del loro respiro. Le loro poesie più belle danno l’impressione di essere nate tutte intere, non messe insieme parola per parola.

La grande funzione della poesia è il piacere che dà, non certo la sua influenza come strumento di propaganda religiosa o politica. A me certe poesie, certi versi, sembrano cose solide e miracolose, come solidi e miracolosi devono sembrare a chi venera immagini di altro genere gli altari delle cattedrali o l’incoronazione di una regina. Non mi preoccupa il fatto che le poesie raggiungono un numero relativamente ristretto di persone. Anzi, è sorprendente come in realtà arrivino lontano: a gente che non conosci, addirittura in tutto il mondo.Più lontano delle parole di un professore o delle ricette di un medico; se sono fortunate, più lontano dell’arco di una vita”.

da “Il contesto”, SYLVIA PLATH

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 20:35 da gabriella rossitto


Cedo all’invito di Renzo e confesso:

tutte le volte che m’imbatto con discussioni affrontanti il problema sulla funzione della poesia oggi o sulla esistenza stessa di questa funzione mi viene insopprimibile un intimo sorriso beffardo.
E mi chiedo, mettendomi arbitrariamente nella schiera dei versaioli:
Ma cosa vogliamo dalla gente? Che legga i nostri farfugliamenti, le nostre contorsioni di incantati, defraudati dei sogni e sbandati? I nostri componimenti sono per lo più palle di biliardo lanciate da bambini capricciosi su un tappeto di colore verde incerto. Cosa se ne fa delle nostre elucubrazioni astratte chi la mattina si alza da un letto sul quale non ha dormito per colpa degli incubi dei debiti, magari separato dalla moglie a cui il giudice ha concesso case ed alimenti, che corre per non perdere il treno dei pendolari che tra puzzo e sporcizia lo porterà in una fabbrica dove si avvelenerà di diossina?
Mi obietterete che la società non si compone solo di questi uomini!
Si? Dai manager? E sperate che costoro, tra diagrammi e listini di borsa, trovino il tempo e il gusto di leggere i nostri versi?
Con i docenti? La cui maggior parte ha già problemi di rapporto con la poesia dell’Ottocento?
Spesso siamo inclini ad addossare la colpa agli editori. Commercianti! Come si può pretendere che buttino il loro denaro in azioni perdenti? Renzo dice che Moravia pubblicò a suo spese, ma lo fece anche Proust, fu Gallimard nientedimeno a rifiutargli la pubblicazione del primo volume della Recherche, né miglior sorte toccò a Nietzsche, e costoro non sono poeti!
Almeno oggi siamo fortunati ricchi, abbiamo internet, al quale non versiamo un euro e che non si oppone a nessuna nostra blaterazione, dove circa 1,5 lettori, per caso e curiosità, ci leggono (almeno i primi due versi).
Prima dei chip al silicio, a chi non riusciva a pubblicare, spettava solo lo 0,1 lettore, cioè l’autore stesso, forse…anche!
Il poeta che spera di far quattrini con i versi secondo me è un pazzo, un Paul Verlaine industrializzato, abortito da una anziana metallurgica.

Per incominciare a focalizzare il problema bisognerebbe stabilire cosa è la poesia: o è arte, allora piace ed attrae anche i negozianti e i pendolari, o non lo è: diciamo che il problema si restringe alla prima ipotesi, perché se non è arte allora può essere di tutto, assecondando di volta in volta i capricci degli autori e le fisime dei critici.
Se è arte invece è rara bellezza: i grandi poeti italiani amati in tutti i secoli dalla moltitudine non sono migliaia e neanche centinaia, sono solo due o tre; quegli altri sono studiati nelle scuole e basta, fanno parte della storia della letteratura, ma non della storia dell’anima popolana.
Tanto per dirne una, non è che Dante sia stato fortunato in tutti i secoli, pur tuttavia l’arte vince sempre…spesso è postuma!
Sono un menagramo, ma tanto, qualche raro internauta lettore mi ha già abbandonato dopo il terzo rigo, ed essendo questo quindi un soliloquio, mi sono concesso il piacere di sfogarmi!

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 20:56 da luigi


lo scorso sabato, 21 marzo 2009, giornata mondiale della poesia, ho contribuito con il mio gruppo di lettura, ad una iniziativa indetta dalla biblioteca civica della mia zona, ovvero un pomeriggio dedicato alla lettura di poesie al femminile… da Saffo a Neruda, da Prevert a Ada Negri…
A mio avviso bisogna discernere la poesia classica dalla poesia contemporanea… la prima è pura arte, la seconda è una finestra aperta sull’anima di chi la scrive…
Saluti

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 21:17 da Paola


Franca Canapini, se tutte le insegnanti facessero capire ai ragazzi in tenera etò come hai fatto tu, la poesia, non saremmo qui a discutere.
I tuoi alunni sono fortunati perchè hai arricchito la loro vita e se ne ricorderanno, in futuro.
Non di solo pane…

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 21:49 da cristina bove


Per me non esiste l’immagine pittorica senza poesia. Certo è difficilissimo definire cos’è poetico all’interno di un quadro…
ciao

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 22:15 da Rossella


Gabriella Rossitto: Anche a me piacciono le poesie della Plath,una poetessa dalla sensibilità eccezionale che lei sa comporre e fare scorrere come le acque di un fiume.L’ho scoperta per caso parecchi anni fa,quando è stato pubblicato in Italia il suo primo volume.
A proposito invece della tua idea sulla poesia di attualità mi è gradito farti conoscere questa:
CHERNOBYL:operazione riuscita

In questa nube errante
sui villaggi
sulle rupestri alture selvagge
sui campi sudati
sulle finestre di palazzi disegnati
nei dolci sonni di poveri ragazzi
leggo una piogena
pace inquietante.

E’ il sistema
di costi progettati
alla fame sacrificati
C’è l’uomo
inventore
progettatore
economizzatore
davanti a quel sistema inginnocchiato.

Palpita rabbioso il ricordo
di libertà osannate
di democrazie comparate
di richieste sindacali concordate
di elementi noverati
sulle acque minerali imbottigliate.

Sanguina l’alloro ai margini/ del torrente
sul fondale di fango
muore la luce che fecondava i miei passi
nei limiti della ragione sconsacrata.

e…penso
ai trattati internazionali/ ai vertici politici/ ai referendum popolari
agli spazi territoriali
a quel violino sotto la finestra della mia giovinezza
che mi chiedeva /virtù e bellezza.
Nei trucchi delle decisioni
vedo mani appese a vegetali gementi
bave distese come ragnatele
su tenere piume spampinate
tra docili pietre sbiancate;
mute piazze lastricate
dell’ossame di cavalli ruggenti
assottigliato dall’eternità.

Bevo le ultime stelle
nel guscio di una noce rinsecchita.
Mondo senza codici
nel silenzio di soli polari.
Palermo 1987

Anche l’attualità può stare fuori dal tempo quando può diventare anche profezia.

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 22:29 da Mela Mondi


Su invito di Renzo Romagnoli provo a partecipare anch’io a questo argomento che mi coinvolge in quanto anch’io mi onoro di appartenere a quella categoria di umani che scrive di poesia “specialità dei perdenti”.
Non vado agli albori dove la poesia veniva ascoltata e, semmai, tramandata oralmente. Resto coi piedi per terra, in questa terra, per dire che, oggi, la poesia è l’unico mezzo di trasmissione dei sentimenti, delle sensazioni e dei pensieri che uomo o donna possa regalarci senza nulla chiedere in cambio, se non quella attenzione che merita un’azione pacata, dedicata più al prossimo, alle cose, alla natura che non a sè stesso. Quindi priva di interesse personale.
Gli è che, oggi, tutti, per modo di dire, pubblichiamo poesie, belle o brutte non importa, ma le pubblichiamo perchè abbiamo il desiderio che quel nostro ” pensiero” venga letto, venga commentato e magari richiesto da altri editori. (Questa sì, pia illusione!)
Ma allora perchè pubblichiamo? E qui non siamo perdenti, se non altro perchè abbiamo il coraggio di stendere quei nostri panni, intimi, alla finestra addosso alla quale arriveranno tutti i venti contrari possibili, e noi non potremo fare nulla.
La poesia, a parte i libri che la riguardano, non è perdente, secondo me è anche attuale, nonostante tutti quei venti contrari.
Diciamo che per la poesia si fa poco, in primis non ci credono le case editrici, ma solo per motivi economici, e dopo le istituzioni, dalla scuola
media fino all’università, fino al Ministero della Pubblica Istruzione.
E allora proprio perchè si fa poco, dovremmo essere noi, che crediamo di scrivere poesie, a portare queste nei luoghi deputati, come scuole, associazioni e biblioteche, pubbliche o private. Personalmente ho portato il mio ultimo libro in due istituti superiori, entrambi tecnici addiritura. Ho notato, e non me l’aspettavo, che ai giovani, oggi, la poesia interessa, viene ascoltata e anche commentata, magari alla loro maniera, ma viene letta e seguita, e questo grazie anche agli insengnanti.
Certo, non si avranno strabilianti vendite da hit-parade, ma almeno portiamo la nostra coscienza, la nostra sensibilità, la nostra creatività poetica in luoghi dove mai avremmo creduto di trovar consenso.
Un cordiale saluto a tutti e ben vengano queste discussioni.
Gavino Puggioni

Postato sabato, 28 marzo 2009 alle 23:21 da gavino puggioni


Noto con piacere che diversi poeti non hanno resistito al “grido di dolore” e sono intervenuti con conclusioni pressochè concordanti.
Bella e di forte impegno sociale la poesia su Chernobyl di Mela Mondì, che, fra l’altro, è anche una narratrice di pregevole livello e autrice di un romanzo “siciliano” assai bello Alla corte del nonno masticando liquirizia, di cui consiglio vivamente la lettura.
Colgo l’occasione, peraltro, per rilevare quanto sia alto il livello dei narratori siciliani e non mi riferisco solo ai classici. Non ne ho ancora trovato uno mediocre, anzi per stile, per capacità di approfondimento e anche per l’abilità di inventare trame avvincenti non fini a se stesse, sono tutti degni di considerazione.
Con caratteristiche diverse, ma con eguale qualità, sono poi i poeti di quest’isola, che ha dato e spero continui a dare tanto alla cultura.

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 08:28 da Renzo Montagnoli


Dimenticavo: buona domenica.

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 08:28 da Renzo Montagnoli


Renzo Montagnoli: Per prima cosa BUONA DOMENICA a tutti e poi un ringraziamento particolare a te che hai voluto ricordare il mio recente romanzo ALLA CORTE DEL NONNO MASTICANDO LIQUIRIZIA, a proposito del quale mi onoro di invitarti alla presentazione di giorno 18 aprile ad Acquedolci (ME)( proprio su Nebrodi, protagonisti del mio impegno letterario) ad opera della dirigente scolastica dottssa Melina Musarra, invito che estendo a tutti gli appassionati di Sicilia ed in particolare a Massimo Maugeri.
Concludo la mia partecipazione al tema sulla “poesia perdente” dicendo che per me non esiste poesia perdente perchè chi nella vita ha scritto anche un solo verso sarà ricordato “finchè il sole risplenderà sulle sciagure umane” per sempre e questa è la più grande vittoria.

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 09:24 da Mela Mondi


@Mela Mondì: ti ringrazio per l’invito e anche verrei, ma già mi è difficile presenziare in località più vicine alla mia e Acquedolci è molto, troppo lontana.
Ho in programma per tempi migliori un viaggio in Sicilia e in quell’occasione mi piacerebbe conoscere te e anche tutti gli altri scrittori siciliani che normalmente stazionano su Letteratitudine, come Massimo Maugeri, Salvo Zappulla e Simona Lo Iacono, e mi scuso fin d’ora se ho dimenticato qualcuno, ma il passaggio all’ora legale non mi ha ancora risvegliato dal torpore notturno.

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 09:39 da Renzo Montagnoli


Ringrazio per i commenti pervenuti anche qui. E in particolare a Renzo che ha coordinato la bella discussione.

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 13:35 da Massimo Maugeri


@ Renzo
Il titolo di questo post era (ed è) provocatorio, certo. La poesia non è una specialità dei perdenti. Semmai è al contrario. E chi non ama la poesia, non sa che si perde.:-)

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 13:37 da Massimo Maugeri


Un saluto speciale alla mia cara amica Tiziana Esposito (che non vedo dai tempi di Ragusa). Ciao, Tiziana. Grazie per essere intervenuta.

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 13:39 da Massimo Maugeri


(Provo ad aggiornare l’ora…)

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 14:41 da Massimo Maugeri


Riguardo alla poesia, credo che sia il suo linguaggio simbolico- suggestivo a renderla più “distante” dal gusto generale delle persone. Certo, non è un genere letterario che arriva “immediato” al pubblico (come sa essere il teatro). In molti casi per raggiungere il significato di un’opera poetica è necessario, infatti, un “mediatore” che la “spieghi”, che ne spieghi il contenuto; a meno che essa non voglia suggerire mere sonorità.
Certo chi scrive poesia, com’è possibile sia un “perdente”? Se ha la capacità di “trasformare” le sensazioni interiori “visualizzandole” in lettere, versi+suoni, ha un dono. Potrà non piacere; oppure piacere soltanto a chi la scrive; oppure piacere a pochi; o piacere a molti: questo è un mistero.
Trovo bello l’intervento di Luigi, più sopra, che si chiede quali categorie di lettori hanno la curiosità di avvicinarsi ai testi dei poeti, che parlano sempre, inevitabilmente, di sé ( poesia “epica” non se ne fa più, credo; è l’espressione “lirica” quella che prevale maggiormente).
La poesia è scritta per chi ha il tempo di leggerla, o per chi decide di dedicare il suo tempo alla lettura, piuttosto che ad altri svaghi. E siccome leggere testi poetici comporta, comunque, una certa “partecipazione”, sono meno coloro che la leggono, rispetto a chi preferisce( si fa per dire, perché è una preferenza “indotta”) la televisione, che è sempre “passiva” e non comporta alcuna “partecipazione”.
Però credo che si continuerà sempre a scrivere poesia.

Postato domenica, 29 marzo 2009 alle 21:36 da roberta


@Roberta: allora, rispondo con ordine:
Non è vero che non si faccia più poesia epica, ma questa ha pochi lettori; io, per esempio, ne scrivo e ne leggo anche.
La poesia non è scritta tanto per chi ha il tempo per leggerla, ma è frutto di una trasposizione personale di un’osservazione, unita a un sentimento o a un’emozione.
Oggi non ci sono tanti lettori di poesia perchè per lo più si spaccia per poesia quella che non è tale.
Se è vero che leggere una poesia richiede partecipazione, c’è da dire però che è un esercizio che si fa velocemente e dunque anche adatto ai ritmi convulsi della nostra vita.
Il problema della scarsa commerciabilità dei libri di poesia risiede in due fattori:
1) Non sono molti i poeti che leggono le poesie d’altri;
2) Molti libri di poesia in effetti non sono di poesia, o meglio si spacciano per poesia delle frasi tronche senza armonia.

Postato lunedì, 30 marzo 2009 alle 19:43 da Renzo Montagnoli


Dedicata agli amici siciliani, ma non solo a loro…

.-.-.-.-.-
Trinacria Si scioglie il giorno in un sole
che lento saluta e va al riposo.
Questo mare che ha visto viaggi
di fenici, di normanni, di saraceni
e che ora spinge a riva uomini disperati;
queste onde che a volte portano
canti lontani di berberi
e che si spingono incessanti
verso spiagge di bianca rena;
questo cielo che osserva immobile
una terra scolpita, un fiore di roccia,
dove amore e furore convivono eterni.
Qui il fuoco della terra s’offre spavaldo
fra distese di grano e bianchi fiori di zagara;
qui dove tutto cambia e tutto resta uguale,
terra di gattopardi, di uomini di rispetto,
di madonne in processione,
di sogni che mai si realizzano,
eppure qui vorrei stare,
addormentarmi in questo tramonto
cullato dall’onda.
Lunghe striature rosse s’irradiano
all’occidente dei miei pensieri,
su questo mare
mi sarà dolce il naufragio
con l’approdo sicuro
a una riva
su cui poter ricominciare
sempre restando a me uguale.
Da Viaggi in poesia

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 10:37 da Renzo Montagnoli


E’ riuscita male l’impaginazione quindi ripeto:

TRINACRIA

Si scioglie il giorno in un sole
che lento saluta e va al riposo.
Questo mare che ha visto viaggi
di fenici, di normanni, di saraceni
e che ora spinge a riva uomini disperati;
queste onde che a volte portano
canti lontani di berberi
e che si spingono incessanti
verso spiagge di bianca rena;
questo cielo che osserva immobile
una terra scolpita, un fiore di roccia,
dove amore e furore convivono eterni.
Qui il fuoco della terra s’offre spavaldo
fra distese di grano e bianchi fiori di zagara;
qui dove tutto cambia e tutto resta uguale,
terra di gattopardi, di uomini di rispetto,
di madonne in processione,
di sogni che mai si realizzano,
eppure qui vorrei stare,
addormentarmi in questo tramonto
cullato dall’onda.
Lunghe striature rosse s’irradiano
all’occidente dei miei pensieri,
su questo mare
mi sarà dolce il naufragio
con l’approdo sicuro
a una riva
su cui poter ricominciare
sempre restando a me uguale.

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 10:38 da Renzo Montagnoli


@Renzo
Mi sono espressa male quando ho scritto “la poesia è scritta per chi..”; certo che chi scrive “traspone le sue osservazioni del reale+emozioni”, come hai scritto tu, ma stavo parlando dal punto di vista del “lettore”, non del “poeta”. Io sono un “lettore” di poesia, poca, in verità, negli ultimi tempi, a causa della mancanza di tempo; per questo parlavo del “tempo”.
Concordo su tutto ciò che hai scritto, tranne su una cosa, perdonami: non la si legge “in fretta” ( almeno, questa è la mia opinione).
Ho letto con piacere la tua riportata qui sopra.
Vedi, a me sembra che la poesia sia un “luogo” per privilegiati, per questo ho la sensazione che alla fine sia rivolta anche a “troppo pochi”; magari è un mio pregiudizio, chissà.
Concludo sull’epica. Non mi sono spiegata, ma avevo in mente, quando parlavo di “epica”, sia i veri Poemi Epici ( quelli medievali, per esempio), sia i “Long Poems”( Walt Whitman, T.S. Eliot, Pound). Io ora non avrei tanto il desiderio di leggerli, proprio perché per “avvicinarmi” a loro, avevo sempre bisogno che il nostro professore di letteratura anglo-americana facesse da “tramite” tra noi (=comuni lettori) e la loro difficoltà.
Sarà per mia ignoranza, ma vedo adesso molte composizioni “liriche”, molti “io” che parlano delle proprie personali sensazioni e non so se si ha sempre la curiosità di “entrare” nell’”io” degli altri, se ci parla solo di sé.
Ti faccio un’ultima domanda, per curiosità: quali sono i tuoi poeti preferiti?
Ciao, cari saluti.

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 11:37 da roberta


cara rob e caro renzo mi intrometto un attimo.Rob hai ragione quando dici troppi “io”,nel senso che c’è troppa autoreferenzialità,anche nella poesia,questo perchè un pò è un rislutato di un’epoca in cui oltre il proprio ombellico la scrittura come altre forme d’arte non riesce ad andare-tranne poche eccezioni- un pò perchè molti scrivono poesie senza irucire a giungere a quella magica trasformazione che è proprio partire dall’io per arrivare al noi,cioò ciò che leggiamo anche se parla di un io che lo ha generato ci restituisce noi stessi :perchè la poesia sia tale deve diventare universale e lo fa nell’incontro con il lettore che si riconosce in essa.
Sempre interessante seguirti rob,baci

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 12:23 da francesca giulia


@Franc
Sì, volevo dire proprio ciò che hai scritto tu. Magari non è facile questo passaggio dall’”io” al “noi”. Ed è infatti questo “riconoscersi” del lettore in quel componimento poetico ciò che potrebbe “avvicinare” maggiormente le persone alla poesia. Non è un’operazione semplice, anzi.
Anch’io ti seguo sempre
Baci.
Intanto, se vuoi, continuiamo a parlare di Verlaine e di De Musset o di altri poeti nell’altro post..

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 13:21 da roberta


sì cara continuiamo e invitiamo anche renzo nel nostro piccolo spazio!
baciuzzi

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 14:17 da francesca giulia


Io sono forse l’ultimo a potere parlare di poesia, e se sia vincente o perdente. Ho cominciato a scrivere da poco sul Club dei poeti, e poi su Poesia e Dintorni, e poi sul Giardino dei poeti e grazie a Renzo anche su Arteinsieme, ho passato la settantina e sono già da tempo in mezzo a voi, e scrivo, voglio dirvelo, e riesco a farlo, solo quando me lo dice il cuore, e solo quando so di che cosa voglio scrivere. Voglio dire non a caso, ma perchè ho un obiettivo preciso che mi spinge, una frase , una parola che mi passa per la mente, un inizio, ed ho la necessità di metterlo sulla carta, e dargli corpo, ed anche un’anima, se no non mi dice niente, sono solo parole vuote senza sapore. Voglio farvi un esempio :io ho una nipotina, ed ho già scritto di lei, ma se voglio scrivere ancora debbo essere spinto da qualcosa che ho dentro, ed è così che è nata questa poesia che vi trascrivo, perchè volevo che ‘lei’ sapesse, quando sarà grande, cosa c’era sulla terra mentre lei compiva …13 mesi :

Veronica fa tredici…mesi.

Intanto che fiorisci già cammini
mentre fai tredici
e non di gioco, sappi, ma di vita
Tentenni un pò, traballi, ti sorreggi
e parti,risoluta, ma prudente.
Se cadi, lentamente, anzi ti siedi
e poi ancora, nuovamente in piedi…

Intorno a te il mondo è scoppiettante
tutto è fermento, cambia, si tramuta
L’America ha Obama presidente
a Lampedusa sbarchi a non finire.
E tira un’aria, ormai, buona per niente
le borse vanno giù e c’è paura.

Il prezzo della pasta raddoppiato
il pane, a ruota, gente più indigente
E l’oro nero ch’era già alle stelle
d’un colpo è andato giù e s’è fermato.

Ma non temere, il sole non si oscura
il vento garrirà la tua bandiera
e pioggia e neve sosterranno il mare,
la nave salperà per altri lidi
sarai felice in mezzo a tanta gente :
razze multicolori spinte all’orizzonte.

Verranno radiosi i giorni, saranno tuoi.
E cambieranno questi tristi tempi
e muteranno in meglio le stagioni
Tuo nonno lo sa bene :
il seme è forte
da te verranno certo fuori, buoni frutti.

14.11.2008

Ecco ho voluto portare in questa discussione anche il mio modesto contributo. Domenico Sergi, alias ‘trimacassi’. Un saluto a tutti.

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 17:27 da Domenico Sergi


La poesia è l’unica attività umana a non essersi evoluta. Pensiamoci bene. Se ci fate caso, Alceo non ha nulla di meno rispetto a Sanguineti. Catullo canta l’amore con la soave perfezione di Petrarca o della Cvetaeva, per dire (se l’ho scritto giusto!).
Fa poesia non chi è perdente, ma come dice Le Clézio (che estende il ragionamento a tutta la scrittura in generale) per assumere una distanza nei confronti delle cose, su cui magari non si è in grado di intervenire in altri modi. Scrittura come modalità di stare al mondo. La vita o la si vive o la si scrive, diceva Pirandello. L’ideale sarebbe conciliare scrittura e vita, poesia e azione, pensiero e movimento.
Ma l apoesia è essenzialmente contempplazione, ascolto del respiro segreto delle cose e del mondo, intuizione fantastica, ri-creazione del reale, smontaggio dei meccanismi del mondo.
Il poeta soltanto esercita l’azione di poiesis, da poiein, cioè creare.

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 19:34 da Maria Lucia Riccioli


@Maria Luisa Riccioli: da piccolo poeta di campagna concordo. In effetti, chi scrive poesie, è abituato a osservare molto il mondo che è all’intorno, cercando di vedere oltre l’apparenza.

Postato martedì, 31 marzo 2009 alle 21:02 da Renzo Montagnoli


@ Maria Lucia Riccioli
concordo anch’io e ti ringrazio delle chiare e sensibili espressioni.
Nella poesia si espone l’anima, cercando nell’elevazione la pace e
la propria redenzione.
Chi ama nella vita tutto ciò che lo circonda, tenderà a scrivere poesie, o anche romanzi, come per trovare un riscontro liberatore del quale necessita.
Scrivere può sostituire la psicoanalisi, credo addirittura che sia migliore di lei, perché il primo scopo dell’anima cercante o bisognosa è quello di esternarsi; osservata dall’esterno, può essere controllata meglio e/o appagata.
Le mie poche poesie sono frutto di uno sfogo emotivo e dettato da una musa con la quale sono in correlazione, ci metto quindi tutta l’anima e solo dopo mi sento sollevato e rasserenato.
Cari saluti
lorenzo

Postato giovedì, 2 aprile 2009 alle 23:25 da lorenzerrimo


La poesia è una forma di espressione che per “arrivare” al lettore chiede
da parte sua una funzione attiva. Senza entrare in empatia con chi
scrive è difficile capire la poesia. Perciò poesia significa sensibilità, disponibilità, concentrazione. Una forma di partecipazione che non è richiesta al lettore di un romanzo, di un giallo o di un racconto, o per lo meno non con la stessa intensità.
Questo certamente non fa della poesia cosa per tutti.
Poi c’è anche la cattiva poesia: quella fatta di ermetismi pretestuosi, falsità o vuoto tecnicismo, che annoia ed allontana i già pochi lettori di buona volontà.
Con la poesia è improbabile raggiungere fama, onore, ricchezza.
Questi sono i parametri del cosiddetto successo. Eppure, sarò ingenuo, ma c’è qualche cosa in questi valori che mi sembra molto estraneo alla poesia. Perdenti….vincenti…è una terminologia banale che mi irrita.

Postato domenica, 5 aprile 2009 alle 12:37 da G. Avalon


Grazie per il tuo commento, G. Avalon.
Hai ragione: i termini “perdenti” e “vincenti” sono molto irritanti e figli di una società altamente competitiva con cui purtroppo dobbiamo fare i conti.
Quando Beradinelli scrive “La poesia sembra diventata la specialità dei “perdenti” e i critici che se ne occupano dimostrano un’inspiegabile vocazione al martirio” in realtà lancia una provocazione, ma credo sia molto vicino al tuo pensiero.
Io ho ripreso quella provocazione in forma di domanda giusto per favorire il dibattito.

Postato domenica, 5 aprile 2009 alle 22:00 da Massimo Maugeri


Perché mai dovrebbero essere perdenti, la poesia non è una gara di muscoli o abilità di intrattenimento.
E’ la qualità che tocca la bellezza e la restituisce in parole. Una frazione di vita racchiusa nella parola.

Hale-Bopp

nella sera più limpida
senza tracce di cosmo
e livori, aspettavamo
l’ora migliore per guardarti
cometa degli stupori
la madre ricurva in sé
assopiva un desiderio.

(passaggio marzo ’97)

Questi pochi versi, del 2009, ricordano la cometa H.B. particolarmente bella e osservata, nei mesi del suo passaggio, in marzo il massimo della visibilità e, mia madre che ora non c’è più. Un ricordo e un omaggio.
Un caro saluto Massimo

Postato martedì, 7 aprile 2009 alle 09:51 da anna maria ercilli


[...] del «problema che non è più un problema» e del «Sud che è la nostra Eta». —— Su Letteratitudine si parla di poesia nessun [...]

Postato giovedì, 16 aprile 2009 alle 10:04 da Kataweb.it - Blog - TERZAPAGINA, articoli selezionati dalle pagine culturali dei quotidiani » Blog Archive » Sud: la misura è colma


E’ interessante quanto ho letto. Come mai ci si ferma al 16.04.2009 ?MBCV

Postato lunedì, 22 agosto 2011 alle 10:08 da Marco B.C. Vinci


@ marco bc vinci
se ho ben capito questi vecchi post rimangono aperti a beneficio di chi volesse dire la sua.
di più non so!
ciao

Postato lunedì, 22 agosto 2011 alle 16:35 da giacomo tessani


SCULTURA MENTALE.

L’ovvia risposta
incide
risate scintillanti.

Postato lunedì, 22 agosto 2011 alle 20:57 da Antonella Beccari


La “SCULTURA MENTALE” appare surreale nella sua saccente inutilità.

Postato martedì, 23 agosto 2011 alle 09:50 da Marco B.C. Vinci


.. invece l’inaspettato intervento di Marco Vinci appare utile perchè mi ha dato modo di trovare questo post che non avevo mai notato.
La Scultura Mentale è la mia risposta a Massimo: La poesia è una specialità dei perdenti?

Postato martedì, 23 agosto 2011 alle 11:28 da Antonella Beccari


Le risate sono scintillanti perchè gli occhi brillano di lacrime. Ci sono dei momenti, nella vita, in cui riso e pianto coesistono, ed è quando la mente travalica gli estremi e li com-prende. Di coglierne l’istante, solo il Poeta sa farlo. E non si può più parlare di vincita o di perdita, appunto perchè quel raro istante, com-prendendole, le annulla. Per questo la risposta è ovvia. In realtà, la domanda non ha senso di esistere.

Postato martedì, 23 agosto 2011 alle 16:14 da Antonella Beccari


Anche a me ha fatto piacere rileggere questo vecchio post.
Ciao a tutti e buona prosecuzione di vacanze anche non e’ ancora rientrato al lavoro!

Postato martedì, 23 agosto 2011 alle 17:52 da Amelia Corsi


AMELIA

che ha già pensato, già parlato,
molto tempo fa.
Ora contempla e comunica in silenzio.

Postato mercoledì, 24 agosto 2011 alle 17:39 da Antonella Beccari



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