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lunedì, 6 novembre 2006

CHI È POETA ?

Propongo quanto scritto da Nico Orengo sulla rubrica “Fulmini” di Tuttolibri del 4 novembre 2006 (celebre settimanale allegato a La Stampa del sabato) in merito a una leggera querelle che ha coinvolto Maurizio Cucchi.

Nico Orengo

Credo possano trarsi gli spunti per avviare un interessante dibattito.

“Ma i cantautori son poeti o no? E se non lo sono, possono diventarlo? Questo è il gran rovello di Maurizio Cucchi, che sul Corriere dice che la vera poesia, quella di Milo De Angelis, può interessare poche migliaia di persone mentre <<quella>> di un Guccini o di un Ligabue molte centinaia e migliaia di persone. E dunque in un’epoca di <<succedanei e aperitivi>>, più <<utile>>. Spero che in Cucchi prevalga un sentimento di nostalgica amarezza e non di risentimento. Da sempre Cucchi ha dichiarato che quella dei cantautori non è poesia. Se uno pensa a De André, a Dylan, a Conte a Jannacci è difficile dargli ragione. Anzi: è impossibile. Ma non perché i tempi sono cambiati ma semplicemente perché quelli sono <<poesia>>. E da vero poeta qual è, legga nel merito i testi dei cantautori.”

Siete d’accordo con Nico Orengo?

A voi la parola.


Scritto lunedì, 6 novembre 2006 alle 19:46 nella categoria PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

47 commenti a “CHI È POETA ?”

Premesso che sono più ferrato in narrativa che in poesia mi schiero nettamente con Cucchi. D’altronde Orengo dopo aver firmato la prefazione del libro di poesie (?) del cantante Ligabue non poteva certo scegliere posizioni differenti da quella eposta.

Postato lunedì, 6 novembre 2006 alle 19:57 da Spartacus


A me sembrano questioni di lana caprina, di sesso degli angeli, di quanti angeli stanno sulla capocchia di un spillo. Questa concezione elitaria della poesia la trovo ridicola, quasi che “poesia” fosse in se e per se un attributo di qualità. Ma non è così, non è affatto così: ci sono poeti grandissimi e poeti abominevoli, poeti così così e poeti popolari, poeti elitari e poeti cialtroni.
Faccio un esempio: Dan Brown è un romanziere? Sì, certo, anche se il suo CODICE è una robettucola. Ma nessuno si sogna di pensare che “romanziere” sia un termine qualitativo: descrive il tipo di attività letteraria che uno fa. Così come “poeta”.
Comunque a me piace sia la Dickinson o Ariosto o la Cavalli (per fare tre nomi) sia Ligabue quando ad esempio canta
“nasci solo
e solo andrai.
E’ in mezzo che hai
quel gran traffico
traffico
traffico
traffico
che c’è”

Postato lunedì, 6 novembre 2006 alle 21:21 da luciano / il ringhio di Idefix


Mi perdoni il serioso Spartacus ma sono d’accordo con Nico Orengo. E sottoscrivo quanto esposto da Luciano Comida. A proposito quandi ci farà leggere qualcosa di nuovo su Michele Crismani ?(ringrazio Massimo Maugeri per avermi dato la possibilità di conoscere lei e il suo personaggio).

Postato lunedì, 6 novembre 2006 alle 22:18 da Rosa


Ma dico, possiamo non tener conto della bellezza di certi testi di De Gregori o De André? Sono con Orengo.

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 09:30 da Elektra


C’è posto per tutti, mi viene da dire, ma poeta come artista, è una definizione da conquistare. Propongono i poeti, parole e visioni rare. Regalano i modi per dire nel migliore dei modi. Alle volte son poeti i cantanti ma non privi della musica. Se si recita ad alta voce Sanguineti esce la musica dalle parole, non serve perchè è già presente. Il mitico De Andrè era grande cantautore e grande mago del racconto. Sanguineti è poeta sommo. Ligabue è un mito-rock, sa raccontare che tocca il cuore, con parole che conosciamo, per questo ci fa risuonare ;o).

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 10:42 da labuccia


luciano scrive: “ci sono poeti grandissimi e poeti abominevoli, poeti così così e poeti popolari, poeti elitari e poeti cialtroni.”
lancio uno spunto per una riflessione. molta della gente che conosco scrive poesie. in linea teorica tutti possiamo essere poeti e tutti, forse, siamo poeti. ma se siamo tutti poeti, bravi o scadenti non imprta, non c’è più nessun poeta. o no?
sono d’accordo con labuccia quando scrive: “c’è posto per tutti, mi viene da dire, ma poeta come artista, è una definizione da conquistare”.

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 11:47 da atzeco63


Le poesie di Ligabue sembra mi siano sfuggite. Devo essere indietro coi tempi. Mi sembra di aver visto dei quadri, ma senz’altro mi sbaglio.

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 12:16 da Giancarlo Cobino


so di esser banale, ma se le stesse identiche poesie ligabue le avesse proposte 15 anni or sono, einaudi le avrebbe pubblicate? e orengo avrebbe firmato la prefazione?

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 15:49 da miamiono


La poesia dei trovatori provenzali veniva essenzialmente accompagnata dalla musica.Io li ho sempre immaginati dunque come figure vicine al cantautore soprattutto da quando qualche anno fa anch’io mi sono posto un simile quesito.La musica e la poesia sono linguaggi “analogici” ai quali l’uomo ricorre per riuscire a dire ciò che il linguaggio comune non riuscirebbe così bene ad esprimere. Io ho un amico poeta (ha pubblicato un libro con prefazione di Quasimodo) e cantautore ( attualmente alle selezioni per San Remo)..l’idea che io mi son fatto è che la poesia grazie alla retorica e/o alla metrica diviene musica già alla sola lettura (molto valido dunque l’esempio su Sanguineti) e se un poeta (io credo che ogni uomo sia un potenziale poeta e ovviamente concordo pienamente con quanto affermato da Luciano Comida) è anche un abile conoscitore della musica e magari dotato pure di buone qualità canore esso sarà un cantautore privilegiato, poichè avrà al suo fianco l’ispirazione poetica, la folgorazione e non dovrà dunque pensare a cosa e come scriverlo perchè la poesia è misteriosamente più diretta nella stesura rispetto alla prosa (così è per me).
P.S Mi rendo conto che forse non sono stato molto chiaro nell’esprimere soprattutto quest’ultimo concetto, ma mi è tornato il raffreddore ed oggi la febbre mi rende a tratti poco lucido.
A presto
Gero

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 15:52 da Gero


Che la poesia sia diretta nella stesura – più della prosa poi – mi suona strano.
Purtroppo credo che lo scrivere di getto sia il motivo per cui veniamo inondati da scritti di poco valore.
Si pensa che una volta scritto tutto debba giacere lì, com’è stato impresso.

Sto facendo dei pensieri strani, a livello di numero chiuso, ma lasciam perdere.

Giancarlo

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 15:59 da Giancarlo Cobino


miamonio, non sei affatto banale, ma anzi spalanchi un baratro di fronte alle persone che apprezzano le cose soltanto a posteriori, per poi dire che loro sono stati i primi a scoprirli.

Saluti
Giancarlo

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 16:00 da Giancarlo Cobino


Ovvio che se Luciano Ligabue non fosse il Liga, Einaudi col fischio che gli pubblicava le poesie con la prefazione di Orengo e per di più in una collana di largo consumo. Ma questa purtroppo è la legge (ingiustissima) del mercato: se sei famoso e penso che tu possa vendere, ti pubblico qualsiasi merdata tu abbia scritto (o tu firmi).
Ma detto questo, aggiungo ancora che nel rock musica e testo sono un organismo in cui un elemento è imprescindibile dall’altro, nelle canzoni la parola si fa davvero suono.
E poi, le poesie (intendo quelle del libro di versi) di Ligabue non piaceranno a tutti, faranno storcere il labbruzzo indignato a molti, ma provate voi a fare ascoltare a migliaia di ragazzi appassionati la lettura di alcune poesie. E non è detto che da Ligabue non si passi a Bertolucci o a Auden.
Insomma, io penso che l’importante è che un ragazzino impari che la poesia può essere appassionante, che può essere qualcosa che parla a lui (o a lei). E poi, fatto questo, se vorrà, ne leggerà ancora. Ma almeno sarà stata rotta la sua diffidenza nei confronti della barbosa e pallosa e scolastica e difficile e noiosa (come pensava fino a poco fa) poesia.

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 17:05 da luciano/ringhio di Idefix


Giusto Luciano, queste sono parole sante. Che condivido totalmente. L’importante è fare il primo passo, che il resto potrebbe venir da sé.

Ho solo un dubbio (per averci già pensato). Crediamo davvero che un giovane possa appassionarsi alla poesia di Giudici o Caprona dopo aver letto le non poesie di Ligabue (anche io parlavo di quelle del libro di “non” versi).

Saluti
Giancarlo

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 17:12 da Giancarlo Cobino


Mi vien da dire: ma che strana faccia Orengo… sarà felice?
Buona serata.

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 18:41 da elisabetta


Vi ringrazio tutti per la partecipazione. Ho letto cose davvero interessanti…
Ciao Elisabetta, è vero… forse Nico Orengo non è venuto granché in questa foto… magari la cambio.
Domani penso di inviare un post “gemello” di questo, dal titolo cos’è letteratura? E coinvolgerò, indirettamente, il buon Giulio Mozzi. Intanto lascio in primo piano questo post. Chissà che non arrivino altri interessanti contributi (Elio Distefano, ci sei?)

Postato martedì, 7 novembre 2006 alle 23:04 da Massimo Maugeri


scusate se insisto su questo punto. siamo certi che non sia indispensabile porre la questione su un piano qualitativo? se chiunque scrive prosa spicciola camuffata in versi, sia esso ligabue o il pescivendolo sotto casa mia, e chiunque può tributare a tale prosa l’appellativo di poesia, sia esso orengo o il panettiere accanto al pescivendolo, secondo me il rischio è che tutto si annacqui e diventi evanescente. è un tipo di evanescenza che porta all’estinzione. ripeto, a mio modo di vedere, se tutti siam poeti, non c’è più nessun poeta. criteri qualitativi, dunque. l’importante è stabilire i canoni, o i nuovo canoni, e stabilire chi debba stabilirli.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 09:47 da miamiono


Basta intendersi sul significato delle parole. Per alcuni, “poeta” è chi (a prescindere dal valore dei suoi versi) scrive in poesia. Per altri, “poeta” è un termine qualitativo che viene assegnato (tra quelli che scrivono in versi) ai bravi.
Che poi sorge un problema: chi decide una volta per tutte quali sono i “poeti” meritevoli di tale appellativo? Chi esclude tizio oppure caio? E in base a quali criteri?
Proviamo a pensare a quanto sarebbe assurdo, nel campo del cinema, definire “regista” solo chi fa bei film. Appunto ci si chiederebbe: “bei film” in che senso? E chi lo stabilisce? La critica è totalmente affidabile?
“Regista” è chi dirige un film, sia esso Stanley Kubrick oppure i fratelli Vanzina.
Lo stesso per “poeta”: sia esso Giudici oppure…non faccio il nome…comunque è uno di Trieste.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 10:31 da luciano / il ringhio di Idefix


Più che d’accordo con Spartacus e Cobino.E se proprio vogliamo dirla tutta è la struttura obbligata del testo in relazione alla musica a dare al testo la forma di poesia. Poco poco si realizza una struttura diversa,raccontata, e mi riferisco specialmente a Guccini e De Andrè,si passa già a una forma direi di “racconto poetico” più che di poesia vera e propria,sulla scia, ma infinitamente distante, di un Pavese e sottolineo infinitamente…e mi pare strano a questo punto non aver letto il nome di Vasco,vedete dove i 2 cantautori suddetti(eccelsi per carità) hanno bisogno di pagine di testo per esprimersi,per dire,a Vasco il più delle volte basta un verso potente, penso a “la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia…” e tanti altri,e questa è poesia. Ho letto anche il nome di Sanguineti e mi fa piacere,qui si vola alto signori,ma non dimentichiamo (che già non se ne parla più) Dario Bellezza,non dimentichiamolo mai parlando di poesia…E per concludere vi lascio a una delle mie tante poesie che ho scritto e scusate la presunzione,ma ritengo di non essere inferiore a nessuno dei cantautori suddetti e molti me l’hanno confermato.

IN UN PUB INVANO

Tu mi chiedi il senso della vita
tu mi domandi d’amore
e intanto mi offri da bere
tu vuoi da me certezze
e non batto ciglio
nè proferisco parola
ma stanco e sfinito
ti guardo soltanto.
Tu vuoi da me risposte
caro amico
io sono morto da tempo…

Ciao a tutti
Giuseppe

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 10:41 da Giuseppe


E se legassimo il concetto di poesia all’emozione che essa suscita? A me emozionano Dante e Leopardi. Ma mi emoziona anche De Gregori. Odio Montale e non mi piace Conte. Apprezzo Sanguineti e, sì lo dico, Baglioni. Miamiono (mamma mia, che brutto nick che ti sei scelto), guarda che a volte i canoni possono fare più danno dei cannoni e sono figli di un pseudoaccademismo autoreferenziale (non chiedetemi che significa,eh?)

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 11:08 da Elektra


miamiono = mi ami o no?
elektra, secondo me legare il concetto di poesia a quello di emozione è un po’ un luogo comune. con il rischio che si potrebbe arrivare a sostenere che qualunque cosa dia emozione è poesia. il che è, secondo me, disgustosamente banale. credo che servano regole e canoni, altrimenti l’assenza di valore distintivo potrebbe condurre ad un appiattimento, preludio della fine (della poesia, s’intende).

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 13:15 da miamiono


… ancora sulla faccia di Orengo… poesia dovrebbe avere a che fare anche con estetica. Una non precisata forma estetica, riconoscibile dai più. Sempre Sanguineti mi disse una volta che non si è poeti prima di fare poesia. Si è poeti perchè si fa poesia. Perchè il “mondo”, la “gente” ti fa essere poeta. (Per me vale anche per la letteratura e la musica). L’anima va messa in pace se i più considerano uno o l’altro poeta. Ritorno alla necessità di ridare (o riscrivere) il contenuto appropriato alle parole. Esempio facile: una persona che dipinge è pittore, non artista. Fino a prova contraria ;o)
Ai posteri l’ardua… non certo ai vivi.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 14:32 da labuccia


Caro Massimo, che belle le tue rubriche e soprattutto questi tuoi spunti… I miei complimenti di cuore. Dunque: “chi è poeta?” Un concetto complesso, perché prima ancora di una risposta più o meno appropriata sarebbe forse doveroso chiedersi: “Cos’è la poesia? Cos’è il sentire poetico?”… Personalmente ritengo che la poesia non sia affatto dettata dal genere della scrittura, né dai meccanismi formali dello stile e della costruzione sintattica e semantica della frase, ma dal sentimento e da quella capacità tutta tondelliana di emozionare il lettore, di trasmettergli il fuoco di un’emozione, il calore di una visione. Pertanto, se tale emozione ci arriva per mezzo dei versi di una canzone, perché rigettarla apriori nel sottoscala dei generi di “serie B”? In arte non ci sono pagine migliori di altre. Con Wilde credo che ci siano pagine scritte bene e pagine scritte male. Pagine che lasciano il segno e pagine che ci sono del tutto indifferenti. Se questa bellezza arriva dal testo di una canzone piuttosto che da un componimento in endecasillabi classici, ritengo giusto darle spazio, voce, ascolto. Ritengo giusto viverla comunque e ritrovarla sulla pelle come una cicatrice. Non credi? (Luigi)

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 16:39 da Luigi La Rosa


Ehi, Luigi! Grazie per essere intervenuto. E grazie per i complimenti.
(Luigi La Rosa è scrittore e critico letterario. Ha pubblicato con BUR – biblioteca universale rizzoli – due ottime antologie: “Pensieri di Natale” e “Pensieri erotici”… e aspettiamo il prossimo nato: “L’anno che verrà”).
Devo dire che il tuo pensiero è piuttosto condivisibile, però come vedi qui le opinioni sono molto discordanti. E’ anche questo il bello della letteratura, non trovi?. A sentirci presto. ;-)

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 16:53 da Massimo Maugeri


Carissimo, condivido perfettamente. Guai a quel mondo editoriale e intellettuale che non consentisse il pluralismo di vedute e di pensiero. L’importante è esserci, dire la propria, fare arrivare la propria posizione. E grazie a te per questa bella possibilità. Ti abbraccio

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 17:23 da Luigi La Rosa


Caro Massimo, ho conosciuto il tuo blog grazie a Roberto. Ho aperto una libreria da quattro mesi, diciamo che sono una libraria e ti assicuro che non è facile anche perchè ho due bambini piccoli e l’organizzazione certi momenti ti fa andare fuori di testa.La mia libreria è in pieno centro di Palermo, è piccolina, mi piace e già gravitano un sacco di pazzi che oltre a comprare libri ti raccontano la loro vita come se fossi un analista! Sto facendo molti sacrifici sia economici che personali ma spero di essere ripagata. Se vieni a Palermo mi piacerebbe conoscerti. E poi vengono dico io tutti gli scrittori e poeti che vorrebbero essere pubblicati come se io fossi un editore!

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 17:44 da cz


Pur sentendomi dalla parte di Orengo credo che abbia detto una mezza verità…ci sono cantautori che sono poeti raffinati e cantautori che non sono ne’ raffinati e tantomeno poeti…Ci sono poeti che sbagliando credono di esserlo e poeti che non sanno di esserlo…Di questi ultimi è ricca la terra, per fortuna!!!!Perchè, cari miei, la Poesia è un bene prezioso, un toccasana, un elisir d’amore e di speranza…un incantesimo del cuore per il cuore…e dal momento che chi scrive come si suol dire “con i piedi…” suo malgrado scrive con il suo cuore “periferico” e spesso poeta non è….mi risulta essere un Poeta colui che oltre ad incantare la nostra mente sa smuovere le viscere del nostro intestino…perchè solo un vero Poeta scriverebbe: “ti amo dal profondo del duodeno…ti amo da far impazzire la crassa mente e il mio cieco viadotto….cerebrale posizionato altrove..al di sotto del cervello e al di fuori della mente…(volgarmente ti amo perchè quando mi parli, le tue parole mi creano spasmi all’intestino) e credetemi mai parole sono più vere….e non sono poco poetiche soltanto perchè hanno cambiato territorio di perlustrazione interiore….sono poetiche perchè esprimono emozioni realistiche..Siamo nel 2006, non ve lo dimenticate!!!La robotica, le natotecnologie ci affiancano nel lavoro manuale per permetterci di avere più tempo per poetare!!!Quindi il dubbio si dissolve: se c’è emozione c’è poesia…e dal momento che sono riuscita a mettere in musica anche “il 5 maggio” anche Manzoni poteva essere ai nostri giorni un cantautore….Buona serata.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 22:17 da Gabry Conti


Ciao cz,
immagino ti riferisca a Roberto Alajmo. Roberto è un grande. Ne approfitto per salutarlo e per invitare gli amici di letteratitudine ad andare a trovarlo sul suo blog (http://www.duepuntiedizioni.it/robertoalajmoblog/) dove da pochi giorni è scaricabile il secondo capitolo del suo nuovo libro (a me è piaciuto molto). Roberto ha avuto questa idea di proporre l’editing pubblico di questo libro che deve ancora uscire.
La prossima volta che verrò a Palermo, cz, passerò senz’altro dalla tua libreria. Intanto se hai qualcosa da raccontare (o da proporre o segnalare) puoi utilizzare la rubrica “Voce di libraio”… la trovi nella colonna di destra del blog.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 22:18 da Massimo Maugeri


Esiste poi un segretuccio per capire se colui che scrive è un vero poeta….pss….pss…ve lo svelo subito: “sicuramente un poeta quando scrive non chiude mai le parentesi”. Fateci caso….infatti la poesia è sorgente di acqua che sgorga da un punto ben preciso….dove nasce…ma non sa mai dove va a finire…Un infinito pensiero….(e credetemi non c’è cosa peggiore se capita di inserire un messaggio o un commento dove ti viene indicato un numero definito di parole da inserire, un vero supplizio!) Oh! Che sbadata, questa volta le parentesi le ho chiuse tutte, peccato, evidentemente sto ragionando troppo non come un poeta ma come un sociologo ragioniere…Ciao Massimo e grazie dell’incontro.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 22:29 da Gabry Conti


Benvenuta Gabry,
grazie per il particolare e interessante intervento.
Devo dire che (non essendo poeta) mi sento più che autorizzato ad aprire e poi chiudere le “mie” parentesi. ;-)
Ciao e torna a trovarci. Ti aspetto.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 22:37 da Massimo Maugeri


Non credo affatto che i cantautori siano dei poeti, perchè, checchè ne vogliano dire, scrivono parole per la musica e non parole che contengono in sè la musica. Le loro composizioni sono noiose e pesanti, e invece la poesia è lieve e pensosa, e su questa e le altre cinque caratteristiche del testo poetico-letterario rimando alla lettura delle “Lezioni amiericane” di Calvino che la dicono lunga su ciò che la letteratura e la poesia devono avere per essere tali. E’ curioso che le sei conferenze che costituiscono il testo del libro furono scritte per essere comunicate all’Università di Harvard, ma la morte , con la sua falce impietosa, impedì che venissero pronunciate e le consegnò per sempre alla pagina scritta, perchè fossero materia di riflessione per ben più che i pochi dotti che le avrebbero ascoltate dalla viva voce del loro geniale autore. Vogliamo vedere un “omen” in questo? La tentazione è forte, perlomeno quella di pensare che la letteratura abbia un “daimon” che, fedele al suo nome, dona (“daiei”) a ogni cosa la sua giusta collocazione secondo una giustizia distributiva che , appartenendo a Zeus, deve appartenere necessariamente e di diritto alla strana e variopinta repubblica delle lettere.

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 22:40 da Elio


Caro Elio,
mi dispiace contrastare la sua visione molto restrittiva ed elitaria sulla poesia…seppur infatti i cantautori scrivono, come lei riferisce, parole per la musica….mi creda, può accadere che la “vera poesia” consenta un’anima musicale spesso silente…E’ come la prova del nove….se la si può anche cantare….quella poesia…non è meno poesia…o poesia da meno…Si diletti, e provi a canticchiare qualsiasi strofa le venga sottomano… Veda come nasce il miracolo, a me è successo e accade sempre…guardi apra anche un libro di poesie a caso e invece di leggerle le canti…provi anche con qualche capitolo della Bibbia, per esempio con l’Antico Testamento viene benissimo….e cosa c’è di più grande poesia di un testo sacro cantato…. Per quanto riguarda “Le lezioni americane” di Calvino, fosse per me aggiungerei e aggiornerei il testo con queste parole: “Se gli Americani cominciassero a mangiare un po’ più di frutta, specie dalle parti di New York, dove è merce rarissima, forse quelle lezioni potrebbero rinominarsi “Le lezioni italiane”….Mi scusi ma anche i poeti possono essere dei grandi burloni, me lo consenta, grazie e non sia così troppo sicuro su certe cose…sa, la Poesia, quella migliore, la conoscono in pochissimi….purtoppo e quindi come poter giudicare!!!

Postato mercoledì, 8 novembre 2006 alle 22:57 da Gabry Conti


Ciao Elio. Era da un po’ che non ti leggevo. Stavolta, devo dire, mi trovo un po’ in disaccordo e mi è molto piaciuto quanto scritto da Gabry. E poi, a proposito delle “lezioni americane” di Calvino, non ha peso fondamentale la prima, quella sulla leggerezza? E cosa c’è di più leggero delle strofe (poetiche) di alcuni dei nostri migliori cantautori?
Tranquilli, dico a tutti. Godiamoci la vita. Leggiamo Dante e Leopardi. E ascoltiamo con leggiadria Ligabue e De Gregori.
“Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
di doman non c’è certezza”

Postato giovedì, 9 novembre 2006 alle 09:59 da Elektra


Potrei canticchiare anche la pagina di annunci economici del corriere della sera, probabilmente anche con risultati apprezzabili.

Ora, dopo aver scoperto che non sono un buon lettore perché, ahime (ahinoi), non riesco a sentire gli odori (non quelli che vendono al supermercato: carote, cipolle, aglio e zucchine) scopro anche che non capisco la poesia perché non la canticchio, magari sulle ali del sempreverde(vomito) rondò veneziano.

Saluti
Giancarlo

Postato giovedì, 9 novembre 2006 alle 10:15 da Giancarlo Cobino


Buona giornata, volevo ringraziare CZ per aver aperto una libreria, se ci dice dove si trova andiamo a trovarla in molti e le mandiamo tutti gli amici in zona (a comprare non a chiedere di essere pubblicati…). per quanto riguarda le parentesi, Sanguineti, mio grande maestro, le chiude sempre.

Postato giovedì, 9 novembre 2006 alle 11:34 da elisabetta


Certo che anche i cantautori sono poeti, almeno io la penso così. Anche se non sempre tutti i testi che scrivono sono poesie. Come ci possono essere dei testi che, leggendoli, non sono poesie; ma diventate canzoni sono delle vere poesie musicate e lasciano l’effetto, su chi le ascolta, come il trascino emotivo di una vera poesia. Citando alcuni esempi, penso ad “Alice” di De Gregori o a “Cara” di Dalla. O ad alcuni testi di Tenco, De andrè o Vasco Rossi, definito ormai “poeta metropolitano” e “dell’inconscio”. O come alcuni testi di Bob Dylan, che alla scuola media ho studiato dai libri di testo. O come alcuni testi della canzone classica napoletana. Se ascoltiamo quelle canzoni, vi troviamo nelle parole, delle metafore e un sentimento, che esprimono desideri, sogni e passioni, che ormai, per i tempi in cui viviamo, sembrano solo atavici patetismi(seppur, nel nostro intimo, continuiamo a sentirci ‘patetici’). Chissá perchë… E già, chissá perché… Perchè ci hanno indotto ad esprimerci in unico modo: stringendo il muso e scandendo le parole in modo chiaro ma con un certo distacco. Emulando i ‘freddi’spealer dei tg o il professionista che non deve avere inflessioni. Seguendo la comunicazione efficace che è la vera tomba dell’espressività dell’individuo. E allora, anche la ricetta per la spesa, diventa un punto di domanda che ci poniamo:è poesia? Certo, come sono poesie soprattutto gli slogan pubblicitari di cui, ormai assuefatti, ne ingurgitiamo catalettici a quantità; correndo a comprare di tutto perchè tanto, ormai, siamo automi privi di coscienza. Simpatica questa provocazione goliardica, però ha colpito nel segno. Allora vorrei lanciarla io una nuova quertione. Considerando che i i segnali esterni ci stanno cancellando, e considerando che le parole non esprimono più linguaggio interiore: invece di rendere tutto slogan o di inglesizzare ogni lingua, non sarebbe più opportuno, spingere le persone ad esprimersi come meglio viene loro naturale, rivalutando anche i dialetti? Si rischierebbe una nuova Babele?Perchè, quella che stiamo vivendo, dove la gente ha timore a parlare per la paura di non essere “moderni”,cos’è? E poi scusate,non è campanilismo essendo napoletano: ma ” O’ sole mio” , cantata in inglese,seppur da Elvis Presley, mi fa venire il voltastomaco. Un saluto a tutti… Massimo, “nun t’arrennere !” (non ti arrendere)

Postato giovedì, 9 novembre 2006 alle 16:35 da Gianni Parlato


Salve!
La performatività( e in questa categoria metto cantautori e neoneoneoavanguardisti e seguaci di Lello Voce, per intenderci) è un modo, un modo collettivo e comune, tronfio e retorico, in quanto messo in scena.Dato che ci si sente meno soli nella condivisione. Modo spesso magmatico e incontrollato, aritmico, senza fiato interiore.
Ciò che resta “appiccicato”, avventurato o malavventurato, nella pagina, invece, sempre e disforicamente inteso come rischio o azzardo, è in realtà l’atto poetico, sganciato, in discesa, gratuito, insensato perché pieno di senso; un atto di infilzamento geologico, a strati e livelli.
Tutto è letteratura, come Di Grado dice e Mozzi su Stilos scrive, solo che chi di critica si occupa dovrebbe iniziare a fare ordine e distinzione, più che gigioneggiarsi nella melmosa indistinzione, che fa tutti uguali.
Saluti e buon proseguimento.
Ciao.

Postato giovedì, 23 novembre 2006 alle 11:38 da fil


Credo che il problema sia mal posto: nel senso che la questione non è tanto contrapporre cantautori e poeti, basandosi sul ‘mestiere’ da essi ufficialmente svolto, quanto quello di prendere i testi di ciascuno ed analizzarli secondo quei parametri nei quali si ritenga vada ricondotta la poesia. Come ogni vera forma d’arte anche la poesia, a mio avviso, dovrebbe essere una sorta di lente d’ingrandimento sulla realtà del mondo e dell’uomo, uno strumento attraverso il quale l’artista, in questo caso il poeta, fornisce a chi legge i suoi scritti una possibilità di conoscenza superiore e del mondo e di sè stesso. Vero poeta è cioè , a mio avviso, colui che è capace di scrivere qualcosa che assuma un valore universale, in cui chiunque possa riconoscersi o attraverso cui addirittura scoprire o comprendere certi aspetti di sè per la prima volta, oppure scoprire o comprendere aspetti della realtà a cui non aveva pensato prima. Ovviamente, nel caso della poesia, a ciò va poi ad aggiungersi un uso del linguaggio nel quale significato, suono e ritmo delle parole si intrecciano, con una forza evocativa superiore a quella della prosa e più vicina a quella della musica. Chi riesce a far questo, a mio avviso, faccia o meno anche il cantautore, è comunque un poeta. Possono esistere quindi cantautori poeti così come esistono poeti, ufficialmente considerati tali ma che alla resa dei conti non lo sono affatto, proprio perchè incapaci di raggiungere gli esiti cui accennavo prima.
Saluti, Luca Andreini

Postato venerdì, 23 maggio 2008 alle 01:26 da Luca Andreini


Un poeta è chi attraversa la vita con una sua personalissima chiave di violino. L’immaginazione nutre i diversi strumenti che sono la musica, la parola, l’arte (nelle sue espressioni) o il “canto” (dolce-feroce-tenero-disincantato-critico ecc. ecc) alla vita. La posizione del poeta è scomoda, sempre a barriera, con i piedi nella sabbia di fronte al mare. A volte anche ci scrive poesie è un poeta, ma non sempre.
Grazie per aver riaperto questo post.

Postato venerdì, 23 maggio 2008 alle 14:43 da miriam ravasio


@ Luca Andreini
Grazie anche da parte mia. E benvenuto qui.

Devo aggiornare l’elenco dei “post permanenti”… è vecchissimo!

Postato venerdì, 23 maggio 2008 alle 15:22 da Massimo Maugeri


Caro Massimo, prima che lei passi ad aggiornare l’elenco dei ‘post permanenti’, ne approfitto per tentare di rispondere al cruciale quesito “Chi è poeta”: lo lascio fare alle parole di un poeta di cui uno di questi giorni parlerò più ampiamente agli amici di Letteratitudine:

“L’errore che molti fanno è quello di considerare la poesia un modo aggraziato – e talvolta lezioso – di ammantare i propri sentimenti e le proprie esperienze. Questo semmai, nella migliore delle ipotesi, è la coloritura poetica. Fare poesia è invece collocare le proprie esperienze in un tessuto dilatato, cosmico, in cui anche il più umile evento risuona di echi molteplici, richiamandoci al mistero da cui siamo circondati. Nel mondo in cui viviamo la poesia richiama costantemente alla dignità dell’essere, nelle sue molteplici manifestazioni e sfaccettature (…) Il poeta non può prescindere dalla sua personale esperienza, che comprende sia il vissuto sia quanto, sotto forma di acquisizione, ha elaborato in sé derivandolo dalle esperienze altrui sotto forma di bagaglio culturale. Ciò che conta non sono in particolare gli episodi di vita in sé stessi, quanto la prospettiva secondo la quale essi vengono vissuti e ricordati. Non esistono quindi fatti “più importanti” e altri meno: tutti concorrono, nella misura in cui vengono vissuti, a comporre un edificio dell’anima in cui tutto è strutturalmente funzionale e aperto verso la realtà”. (Giovanni Bruno – intervista per il Magazine on line cannibali.it del 19 nov. 2007)
Saluti

Postato venerdì, 23 maggio 2008 alle 17:40 da Enzo Garofalo


Bravi, riparliamone!
Un bacio a Miriam…

Postato venerdì, 23 maggio 2008 alle 18:16 da Maria Lucia Riccioli


@ Enzo Garofalo:
ho fatto un giro su Cannibali, peccato che il Resegone sia così distante da Bari e zona !!!!
A presto, Miriam

Postato venerdì, 23 maggio 2008 alle 21:48 da miriam ravasio


Cara Miriam, grazie per l’attenzione…a proposito di monti si potrebbe tentare un gemellaggio Murgia barese – Resegone…e poi chissà, magari potremmo un domani allargare il nostro territorio d’interesse dalla Puglia fino in Lombardia…
Saluti, Enzo

Postato sabato, 24 maggio 2008 alle 00:14 da Enzo Garofalo


“La ballata dell’amore perduto” o, forse ancora di più, “La ballata dei suicidi”… non credo siano canzonette.
Se è vero che il poeta è la voce interprete, quello che dice la parola che tutti avevamo sulla punta della lingua ma che nessuno riusciva a dire, allora anche De André è un poeta. Di sicuro.

Postato venerdì, 5 dicembre 2008 alle 19:38 da Lorenza Caravelli


ISOLA PAROLA

Sprofondi
Nei recessi acuminati
Pungenti
Come aghi celati
Tuoni
All’alba del presente
Abisso e misura
Del niente

Una corona di spine
Tra te e l’infinito
Isola parola
Guardi in faccia la morte
Perché il trono di Dio
E’ vuoto
Perché il sangue tinge
Questo cielo
Perché il mare ulula
Stasera
E fende l’aria
Come la parola
Del poeta

MARIA ALLO

Postato venerdì, 8 maggio 2009 alle 21:34 da maryline


Chi è poeta? Chi alla vita ci gira intorno, torna e ritorna. Chi non corre dietro, ma conduce lungo un cerchio che porta a guardare le cose da angoli diversi. A scoprirle nelle ombre o illuminate da un sole nuovo. Diverso.

Postato lunedì, 2 novembre 2009 alle 12:05 da Rosa Benedicta Nicolini


mi danno del poeta, tu lascia dire senza dare ascolto, nel dirlo non c’è alcuna cattiveria, ma tu devi saperlo cosa sono , non sono che il fantasma d’incerta inconsapevole memoria di incontro di te stesso con te stesso, mi vivo un poco fuori e un poco dentro, portando mille storie tutte addosso e poi mi fermo un poco strofinando, parole messe in saldo, come fossero l’ultimo cerino. Poeta vive proprio di quel gesto, possente saldo e largo ch e ti trascina l’anima che resta contro la scorza ruvida del giorno e scortica e ti brucia, al punto che tu stesso te ne incendi. Poesia perse il pudore per la strada, fu qualche buca certo, o qualche laccio lento del bagaglio, sul fondo dissestato della storia.Da lì si cominciò come cassandre a grattar via certezze e accender dubbi.Ma il verso che fa luce a volte brucia.

Postato martedì, 28 giugno 2011 alle 17:19 da anita menegozzo



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