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Archivio di febbraio 2014

mercoledì, 26 febbraio 2014

AMÉLIE NOTHOMB scrive a Letteratitudine (per “La nostalgia felice”)

Il nuovo ospite diL’autore straniero racconta il libroè la scrittrice belga Amélie Nothomb.

Amélie ha scritto a Letteratitudine per raccontarci qualcosa sul percorso che l’ha portata alla scrittura del suo nuovo libro “La nostalgia felice” (pubblicato da Voland e tradotto da Monica Capuani). Questa è la scheda di presentazione del volume…

Un bizzarro e coinvolgente viaggio sentimentale: sedici anni dopo le tragicomiche peripezie raccontate in “Stupore e tremori” e in “Né di Eva né di Adamo“, Amélie Nothomb torna in Giappone. È l’occasione per rivedere i luoghi e le persone amati dopo lo spaventoso terremoto di Fukushima del 2011.

Ringraziamo  Amélie per il contributo che ci ha inviato e ringraziamo la casa editrice Voland per averci concesso la possibilità di pubblicare un estratto del libro (che potrete leggere di seguito).

Grazie mille!

Massimo Maugeri

P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper, Ildefonso Falcones e Joe R. Lansdale

* * *

Amélie Nothomb ci racconta “La nostalgia felice”

di Amélie Nothomb

Quando mi hanno proposto di fare un documentario sul mio ritorno in Giappone, nella primavera del 2012, sedici anni dopo averlo lasciato, ho accettato perché ero convinta che non avrebbe interessato nessuno. E invece Laureline Amanieux e Luca Chiari sono riusciti a trovare i finanziamenti per realizzarlo: così è nato Amélie Nothomb: une vie entre deux eaux.

Tornata da questo viaggio ho deciso di scriverne un libro.

Ho tentato di raccontare nel modo più preciso quello che era successo. Non ho mai raccontato fatti realmente accaduti con così poco intervallo di tempo tra la realtà e la scrittura, in questo era passato solo un mese di distanza. Nulla era ancora stato digerito, e per questo i ricordi sono così esatti.

Nell’urgenza della scrittura non dovevo però farmi prendere dal pathos. Ho constatato, visto che conosco bene la scrittura autobiografica, che più l’intervallo di tempo tra i fatti raccontati e il momento della scrittura è lungo, più si ha la tendenza a rendere tragici gli eventi, alla fine ci si fa sommergere dall’emozione e si finisce nel mito.

In questo libro ho descritto l’incontro con la mia tata Nishio-san, la mia madre giapponese, e quello con Rinri, il mio primo amore.

Il titolo, Nostalgia felice, è emblematico. “Natsukachii”, la nostalgia in giapponese, designa una nostalgia felice. In Giappone non è un ossimoro ma un’evidenza. Se la nostalgia non vi rende felice, vuol dire che non avete capito niente. In Giappone si servono di bei ricordi per raccogliere nuove energie…

(Riproduzione riservata)

© Amélie Nothomb

* * *

Un estratto del volume “La nostalgia felice” (Voland - traduzione di Monica Capuani)

Lasciamo Shukugawa in taxi: Nishio-san abita in un angolo di periferia privo di collegamenti. Lungo il tragitto, ci fermiamo per una pausa-pranzo. Incapace di inghiottire alcunché, parto alla ricerca di un fioraio dove compro un mazzo di rose.

– È un regalo? – domanda la negoziante.

Faccio segno di sì con la testa. Lei mi allestisce una confezione molto più notevole del povero mazzo di rose che contiene. Esco di lì con un cesto degno del funerale di una diva.

Il taxi ci accompagna fino a un condominio di case popolari alla periferia di Kobe. L’edificio è un po’ squallido. Siamo in anticipo di dieci minuti, passeggio nel cortile dove un gruppetto di bambini di quattro anni sta giocando a pallone. All’ora convenuta, salgo al sesto piano. Agli appartamenti si accede tramite un ballatoio esterno. Le porte sono misere. Accanto a una di loro, riconosco gli ideogrammi di Nishio. Con il cuore stretto, suono il campanello.

La porta si apre, e vedo apparire una signora molto anziana alta un metro e cinquanta. All’inizio ci guardiamo terrorizzate. Ritrovarsi è un fenomeno così complesso che andrebbe affrontato soltanto dopo un lungo apprendistato, oppure bisognerebbe semplicemente proibirli.

Lei pronuncia il mio nome, io pronuncio il suo. (continua…)

Pubblicato in L'AUTORE STRANIERO RACCONTA IL LIBRO   Commenti disabilitati

lunedì, 24 febbraio 2014

La libreria CAVALLOTTO ci racconta la sua storia

cavallotto-1Care amiche e cari amici di Letteratitudine,
torno a dare spazio a una vecchia rubrica del blog dedicata ai librai indipendenti. Si intitola “Voce di libraio“.
L’obiettivo è quello di raccogliere storie, sogni ed esperienze legate alla “professione libraio” e… contribuire a divulgarle.
Ripartiamo con Cavallotto: storica libreria indipendente (una delle più importanti dell’Italia centro-meridionale) che quest’anno festeggia i 60 anni di vita e attività.
Originariamente fondato da Vito Cavallotto nel 1954, l’omonimo marchio Cavallotto è oggi presente a Catania con due librerie (in corso Sicilia e in viale Jonio), e rappresenta un ottimo esempio di imprenditoria femminile. Dal 1983, dopo la prematura scomparsa del fondatore, infatti, l’attività è stata gestita (e continua a essere gestita) dalla moglie Adalgisa e dalle tre figlie: Cetti, Anna e Luisa (tutte e quattro ritratte nella foto accanto e in quella in basso).
Quella che leggerete di seguito è la loro storia.
Massimo Maugeri

* * *

BREVE STORIA LIBRERIE CAVALLOTTO

Nel 1954 Vito Cavallotto all’età di 19 anni apre la sua prima libreria a Caltanissetta, lo incoraggia la madre Concettina, sorella e collaboratrice negli anni ‘30 di Filippo Ciuni, libraio storico di Palermo.
Nel ‘63 Vito sposa Adalgisa D’Ambra che inizia subito a coadiuvarlo.
L’anno dopo si sposta in locali più ampi, elimina la barriera del tradizionale bancone e promuove mostre di pittura e grafica, accogliendo – anche su proposta di Leonardo Sciascia, che gli è vicino in quegli anni – artisti come Emilio Greco, Renzo Vespignani, Bruno Caruso e giovani al loro esordio.
A Catania nel ‘68 lancia un’idea innovativa: la nuova libreria di corso Sicilia ha quattro piani,offre un vasto assortimento di titoli, un grande reparto Remainder’s, il primo nel sud Italia, una galleria d’arte, e il lettore può fare anche da sé con il self service.
Il 1972 è l’anno della prima pubblicazione: “La civiltà del legno in Sicilia” di Antonino Uccello. Ne seguiranno altre: “Dizionario fraseologico” di Michele Castagnola, “La Sicilia illustrata” di Gustavo Chiesi, “Profumi di Sicilia” di Giuseppe Coria. La libreria diventa un punto di riferimento per la città ospitando artisti di fama internazionale ( Rafael Alberti, Attilio Bertolucci, Renato Guttuso, Eugene Ionesco, Carlo Levi). (continua…)

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lunedì, 24 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 17 al 23 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 17 al 23 febbraio 2014

NOI ITALIA E LA BEFFA DEI BONUS LIBRI

Scuola Librai Italiani: iscrizioni al nuovo corso fino al 28 febbraio

ASSASSINI DI LIBRI, di Fabio Giovannini (l’introduzione del saggio)

Gli editori italiani per la prima volta in Turchia

IL RITRATTO SCOMPARSO, di Patrizia Debicke (un capitolo del libro)

Patrizia Debicke Van der Noot ci racconta IL RITRATTO SCOMPARSO

PAPA FRANCESCO. LA CAREZZA DI UN PADRE, di Maria Di Lorenzo

MENTRE L’EUROPA DORME, di Carmelo Giummo

© Letteratitudine

(continua…)

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sabato, 22 febbraio 2014

GIANRICO CAROFIGLIO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 febbraio 2014

gianrico-carofiglioGIANRICO CAROFIGLIO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 febbraio 2014

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È DISPONIBILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

L’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 21 febbraio 2014 è stato Gianrico Carofiglio, con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Il bordo vertiginoso delle cose” (edito da Rizzoli).

Nel corso della chiacchierata abbiamo approfondito alcuni dei temi trattati dal romanzo (tra cui il rapporto tra filosofia e letteratura) e Gianrico Carofiglio ci ha rivelato qualcosa sul suo personale rapporto con la scrittura.

Nella seconda parte della puntata Carofiglio ha letto una pagina del romanzo.

LA PUNTATA È GIA’ DISPONIBILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

* * *

Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.

© Letteratitudine

(continua…)

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

sabato, 22 febbraio 2014

Il film SMETTO QUANDO VOGLIO e la campagna “#coglioneNO”

Giovani, precari e altruisti per necessità. Il dramma della disoccupazione e dello sfruttamento raccontato dal cinema e dal web

Recensione di Ornella Sgroi

“La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”.
Le parole di Corrado Alvaro, incise nel suo “Ultimo diario (1948-1956)”, sono lame sottili che squarciano la realtà di oggi ancora più di ieri. Oggi, che il fenomeno della disoccupazione in Italia è cresciuto a dismisura e sembra essere inarrestabile. Con più di tre milioni di cittadini senza lavoro, una disoccupazione giovanile che tocca il 41,6% e la metà degli assunti con contratto “a progetto” nel 2012 compresi tra i 30 e i 49 anni.
Mentre la politica si volta dall’altra parte millantando una ripresa economica che non c’è e offrendo esempi di scaltrezza e disonestà squallida e impunita, non stupisce la frequenza con cui capita di sentire dire sempre più spesso che, stando così le cose, converrebbe mettere da parte l’onestà e cominciare a fare i furbi. Perché, tanto, vivere onestamente non paga.
Prendendo spunto da questa constatazione, di fronte ad una classe politica che continua a tergiversare su una questione primaria come quella della mancanza del lavoro, si sono messi in moto il cinema e il web. Attenti invece all’umore del Paese e pronti a registrate una situazione allarmante, per poi riproporla a spettatori e naviganti con intuito, concretezza e una dose massiccia di ironia.
È appena arrivato nelle sale italiane un film che, registrata la situazione catastrofica in cui versa l’Università italiana, o meglio, in cui versano i ricercatori universitari estromessi “per merito” dai giochi di potere politici, dai baronati accademici e dai nepotismi genealogici e clientelari, viviseziona con intelligenza spiazzante la più che reale condizione lavorativa del nostro Paese e la mette in relazione con questa dilagante attrazione magnetica verso l’illegalità, ritagliandosi una dinamica davvero brillante.
Scritto e diretto dall’esordiente salernitano Sydney Sibilia, classe 1981, “Smetto quando voglio” racconta infatti la rocambolesca ascesa criminale di un’improbabile banda di aspiranti delinquenti che vantano curriculum accademici prestigiosi, pagati con il sangue. Sette ricercatori universitari – ragazzi seri, onesti e in gamba – che per dire basta alla loro condizione di precari a vita, squattrinati e repressi, uniscono le rispettive competenze scientifiche per produrre una nuova droga sintetizzata “a norma di legge”. Il loro motto: “meglio ricercati che ricercatori”. Mente dell’intera operazione è Pietro Zinni (Edoardo Leo), neurobiologo trentasettenne vittima dei tagli alla ricerca. Al suo seguito, due latinisti che lavorano in nero di notte come benzinai per un cingalese (Valerio Aprea e Lorenzo Lavia); un chimico che fa il lavapiatti in un ristorante cinese (Alberto Petrelli); un economista che sbarca il lunario con il gioco d’azzardo (Libero De Rienzo); un antropologo culturale che a causa di un errore di gioventù – la laurea – rischia di perdere l’apprendistato da sfasciacarrozze (Pietro Sermonti); un archeologo costretto a farsi offrire il pranzo dagli operai degli scavi che sovraintende (Paolo Calabrese).
Condizioni lavorative surreali? (continua…)

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lunedì, 17 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 10 al 16 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 10 al 16 febbraio 2014

© Letteratitudine

(continua…)

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sabato, 15 febbraio 2014

ROSELLA POSTORINO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 14 febbraio 2014

rosella-postorinoROSELLA POSTORINO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 14 febbraio 2014

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È DISPONIBILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

Rosella Postorino è stata l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 14 febbraio 2014.

Abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Il corpo docile” (Einaudi Stile Libero).

Come sempre ne abbiamo approfittato per approfondire la conoscenza delle tematiche trattate nel libro. Nella fattispecie ci siamo occupati della questione delle nascite in carcere e delle problematiche che ne conseguono.

LA PUNTATA È DISPONIBILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

* * *

Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il martedì sera (h. 20,30) e il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.

© Letteratitudine

(continua…)

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lunedì, 10 febbraio 2014

JOE R. LANSDALE scrive a Letteratitudine (per “La foresta”)

La forestaIl nuovo ospite diL’autore straniero racconta il libroè lo scrittore americano Joe. R. Landsdale, molto noto anche per i romanzi del ciclo di Hap & Leonard.

Joe R. Landsdale ha scritto a Letteratitudine per raccontarci qualcosa di se stesso, della sua infanzia e di ciò che lo ha portato alla scrittura di “La foresta”: romanzo western appena edito da Einaudi Stile Libero (tradotto da Luca Brioschi).

Ringraziamo Joe per il contributo che ci ha inviato e per la nota di chiusura specificamente dedicata alle lettrici e ai lettori italiani. Di seguito, il pezzo tradotto in italiano e la versione in lingua originale.

Thanks a lot, Joe!

Massimo Maugeri

P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper e Ildefonso Falcones

* * *

Joe Lansdale racconta di se stesso e delle storie che hanno ispirato il suo romanzo “La foresta”

di Joe R. Lansdale

Sono cresciuto con i film western. Negli anni Cinquanta e Sessanta ce n’erano a bizzeffe nelle sale  e in televisione. Gunsmoke, Have Gun Will Travel, Rawhide, Cheyenne, Maverick e tanti altri. Anche i racconti sul west narrati da mio padre e mia madre, esercitarono su di me una grande influenza. I miei erano già piuttosto anziani quando nacqui, e le loro esperienze erano diverse da quelle vissute dai genitori dei miei amici.

Mia nonna, che morì nel 1980 a quasi cento anni, quand’era bambina aveva visto Buffalo Bill e lo ricordava benissimo. Aveva viaggiato lungo il Texas sopra un carro. Se la memoria non mi inganna, era in un gruppo coinvolto nella corsa per l’accaparramento delle terre in Oklahoma, ma che poi si diresse in Texas. Mia nonna ha visto accampamenti indiani, ha assistito a scontri con animali selvatici e, come mio padre e mia madre, aveva parenti che avevano combattuto nella guerra civile. Mio nonno era un commerciante di cavalli e aveva due famiglie, una su ciascun lato dell’Ozarks. Nessuna di esse fu a conoscenza dell’esistenza dell’altra fino al 1970, quando conoscemmo la sorellastra di mia madre, che era quasi spiccicata a mia madre. Be’, questa è già una storia.

La mia era una famiglia di narratori. Tra i miei ricordi più belli, c’è questo: sono tutti seduti sotto un albero a raccontare storie, e io lì ad ascoltare, a godermi quei racconti che mi entravano dentro come buona pioggia su un terreno morbido. E continuano a scavarmi dentro ancora oggi.

Ricordo storie riguardanti famosi fuorilegge che i miei familiari avevano ascoltato da qualche parte e poi condiviso con me; e ancora, storie di vita di campagna e di vicende quotidiane. Mentre gli altri bambini andavano a caccia di lucciole, io tornavo sempre lì, a sedermi sotto l’albero, per ascoltare. Mi piaceva molto di più dei tipici giochi d’infanzia e… ragazzi, sono felice di averlo fatto. Ci ho costruito la mia vita, su quelle storie.

Più tardi, negli anni Settanta, cominciai a interessarmi alla letteratura western (non più solo film e storie orali). Prima di allora avevo letto ogni tipo di romanzi, ma poca narrativa western. Oggi non è cambiato granché. Quando trovo qualcosa che mi piace, ci esco pazzo; altrimenti rimango del tutto indifferente. Ho letto “The Shootist” di Glendon Swarthout, “True Grit” di Charles Portis, “Little Big Man” di Thomas Berger, “Last Reveille” di David Morrell, e un romanzo molto sottovalutato: “The White Buffalo” di Richard Sayles. Ho letto anche “Wild Times” di Brian Garfield, “Lonesome Dove” di Larry McMurtry , e certamente il romanzo di Alan Le May  “The Searchers”. C’è un po’ di Twain, lì dentro. Del resto Twain perseguita anche me, come un buon fantasma, nelle tante cose che scrivo.

Con riferimento a questo mio nuovo romanzo, posso dirvi che desideravo raccontare una storia nello stesso modo in cui la raccontavano i miei: con ritmo, dettagli e divagazioni interessanti. C’è un miscuglio di avventura e azione, alla base di “La foresta”.

Scrivere questo romanzo è stato come dare sfogo a un urlo primordiale. Spero che vi piacerà leggerlo.

Vorrei soffermarmi un attimo per dedicare un pensiero a tutti i miei lettori italiani e ringraziarli per il loro interesse. Lo apprezzo tanto. Avete dimostrato di essere lettori forti e di seguire con passione il mio lavoro. E di amare i libri in generale. So per certo che siete lettori di gran lunga più attenti di quelli del mio paese. È una cosa che ammiro molto. Spero che possiate continuare ad amare i libri in siffatto modo. Un buon libro è un’esperienza meravigliosa, e io sono davvero felice che tanti di voi abbiano apprezzato le esperienze vissute leggendo i miei romanzi. Spero possa essere così anche nel futuro.

(traduzione di Massimo Maugeri)

(Riproduzione riservata)

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Joe R. Lansdale tells about himself and the Stories that Inspired The Thicket

I grew up on Western movies and films. In the fifties and sixties they were as thick at the theater and on television as fleas on a stray dog. Gunsmoke, Have Gun Will Travel, Rawhide, Cheyenne, Maverick, and so many others. Another big influence were the stories my father and mother told about the Western era; they were older parents when I was born, so their experiences were different than the parents of my friends.

(continua…)

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lunedì, 10 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 3 al 9 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 3 al 9 febbraio 2014

LA PAURA E ALTRI RACCONTI DELLA GRANDE GUERRA, di Federico De Roberto (l’introduzione di Antonio Di Grado)

- A Messina AmoLeggere – 15 febbraio 2014

Gabriella Serravalle racconta UN CALCIO ALLA SLA

IL MALE RELATIVO, di Stefano Caso (brani del libro)

Il Premio Pepe Carvalho a ANDREA CAMILLERI

IL PIANTO DI IVAN IL’IČ

LA SOLITUDINE DI UN RIPORTO, di Daniele Zito (uno stralcio del libro)

IL PASTICCIACCIO DEI «BONUS LIBRI»

XXXI seminario di perfezionamento della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri

Daniele Zito ci racconta LA SOLITUDINE DI UN RIPORTO

IN MEMORIA DI GUIDO LEOTTA

Festival della narrativa francese 2014

© Letteratitudine

(continua…)

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venerdì, 7 febbraio 2014

È online la puntata con MARGARET MAZZANTINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 7 febbraio 2014

margaret-mazzantini-splendoreÈ online la puntata con MARGARET MAZZANTINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 7 febbraio 2014

PER ASCOLTARE LA PUNTATA, CLICCA SUL PULSANTE AUDIO

L’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 7 febbraio 2014 è stata la scrittrice Margaret Mazzantini, con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Splendore” (Mondadori) e delle tematiche in esso affrontate.

Ne abbiamo approfittato per chiedere alla Mazzantini di raccontarci qualcosa sulla storia del suo percorso artistico.

Nella seconda parte della puntata Margaret Mazzantini ha letto un estratto del romanzo.

PER ASCOLTARE LA PUNTATA, CLICCA SUL PULSANTE AUDIO

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il martedì sera (h. 20,30) e il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.

© Letteratitudine

(continua…)

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mercoledì, 5 febbraio 2014

DALLAS BUYERS CLUB, di Jean-Marc Vallée

DALLAS BUYERS CLUB, di Jean-Marc Vallée

con Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner

Recensione di Ornella Sgroi

Ci sono film che si dimenticano in fretta, a volte mentre ancora scorrono sullo schermo i titoli di coda. E poi ci sono film che si scolpiscono nella memoria, visiva ed emotiva, tanto da ricordarli in ogni loro sequenza anche a distanza di tempo.
È questo il caso di “Dallas Buyers Club” di Jean-Marc Vallée, anticipato lo scorso novembre in Italia al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione del concorso e appena uscito nelle sale italiane nella versione doppiata, che – come di rado succede – ha poco da invidiare a quella in lingua originale.
Del film si è molto parlato nei mesi scorsi, soprattutto a proposito del suo magnifico interprete principale. Quel Matthew McConaughey fascinoso, biondo e aitante che tanto bene sapeva fare il suo mestiere nelle commedie romantiche di Hollywood (facendo storcere il naso ai detrattori del genere) e che adesso si consacra attore di grande calibro nel genere drammatico. Dimagrito di 23 chili, capelli scuri e smunto in viso al punto da perdersi sotto un grande cappello da cowboy.
Il canadese Jean-Marc Vallée ha visto in lui l’interprete perfetto per raccontare la storia vera dell’elettricista texano Ron Woodroof, rozzo omofobo tutto rodei, donne, alcol e cocaina, costretto all’improvviso a combattere la sua personale battaglia contro l’Aids e contro il sistema sanitario nazionale colluso con le grandi case farmaceutiche pronte a lucrare sulla vita dei pazienti. Un’intuizione, quella del regista, che ha reso possibile una performance attoriale di cui ci ricorderemo a lungo, che sradica ogni pregiudizio e mette in moto una valanga di stati d’animo reali.
Meritatissimo dunque il Golden Globe per Matthew McConaughey e meritatissima la sua nomination all’Oscar, che ha davvero diritto di vincere. Per l’adesione perfetta al personaggio, alle sue emozioni, che indossa come fossero una seconda pelle. Senza sbagliare una tonalità nel colore con cui dipinge un uomo disorientato, che dà fondo a tutte le sue capacità imprenditoriali per sopravvivere più a lungo dei trenta giorni pronosticati dai medici e magari fare anche un po’ di soldi senza troppi scrupoli.
È il 1985 e la Sindrome da immunodeficienza acquisita è ancora un nemico misterioso. Una malattia di cui si sa molto poco, considerata prerogativa esclusiva di omosessuali ed eroinomani, che invece dilaga a vista d’occhio, mentre la Food and Drug Administration cerca di tenerla a bada autorizzando la sperimentazione dell’Azt, un farmaco altamente tossico usato in origine contro il cancro e già ritirato dal mercato negli anni Sessanta per i gravi effetti collaterali provocati dalla sua assunzione. È qui che inizia la lotta di Ron contro il tempo e contro il sistema, tra viaggi in Messico mascherato da prete per importare medicine alternative non approvate negli Usa e ricoveri lampo in ospedale da cui fugge senza neanche curarsi di indossare i vestiti. Per tornare, inarrestabile e combattivo, al Dallas Buyers Club che ha messo in piedi, uno dei tanti “club dei compratori” che furono costituiti negli anni Ottanta negli Stati Uniti tra malati di Aids, per procurarsi i farmaci illegali che permisero a Woodroof di vivere altri sette anni.
Già questo basterebbe per trovare qualche buona ragione per andare a vedere il film. Quasi una commedia drammatica che peraltro, con la regia di Vallée, scorre per due ore senza mai annoiare, facendo buon uso della macchina a mano e potenziando al massimo l’efficacia dei suoni. Un film che, tuttavia, non sarebbe quello che è – così come Matthew McConaughey non avrebbe reso l’interpretazione che ha reso – se non ci fosse stato un cuore ancora più vero e battente. Ovvero il personaggio di Rayon, il transessuale cui un superlativo Jared Leto regala un’intensità carismatica che si incide, indelebile, nello sguardo dello spettatore, facendo volare alto il film già nel momento stesso in cui fa la sua prima apparizione. Per poi toccare punte di assolute sublimazione empatica, di fronte al gesto coraggioso di un’anima fragile ma sincera che, spogliata del trucco scintillante, torna ad indossare una cravatta scura con cui non è mai stata a suo agio.
Ecco. Anche il Golden Globe assegnato a Jared Leto è meritatissimo. Come è meritatissima la sua nomination all’Oscar come miglior attore non (!) protagonista, che non può non vincere. Perché è lui la bellezza più struggente e al contempo leggera del film. Racchiusa tanto negli assolo quanto nei duetti indimenticabili tra Ryon e “Ronny”, sintesi emblematica del potere attrattivo dell’affetto e delle contraddizioni che nutrono le amicizie più improbabili e solide.
Rayon e Ronny. Jared e Matthew. Due grandi personaggi. Due grandi interpreti. Da vedere. Rivedere. E rivedere ancora.

* * *

Leggi l’introduzione di Massimo Maugeri

Il trailer del film
(continua…)

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martedì, 4 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 27 gennaio al 2 febbraio 2014

LetteratitudineNews: dal 27 gennaio al 2 febbraio 2014

Il Salone del Libro di Torino a caccia di Startup

TRINACRIA PARK: i pro ed i contro di un parco tematico in Sicilia – Fiumefreddo di Sicilia 01 febbraio 2014

SEI PER LA SARDEGNA

PER UN PUGNO DI LIBRI – da sabato 1 febbraio

FestivART della FOLLIA – Torino, 10/26 febbraio 2014

ELOGIO DEL PROFESSOR BELLAMORE, di Marco Piscitello (le prime pagine)

MISURE PER FAVORIRE LA DIFFUSIONE DELLA LETTURA

Marco Piscitello ci racconta ELOGIO DEL PROFESSOR BELLAMORE

Premio Calvino – LA GIURIA DELLA XXVII EDIZIONE

UTOPIA e/o DISTOPIA – 3° appuntamento con MARIA ATTANASIO

GIORNO DELLA MEMORIA 2014

© Letteratitudine

(continua…)

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lunedì, 3 febbraio 2014

Osservatorio LitBlog n. 30

(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)

a cura di Francesca G. Marone

Nudo di libro
(da Finzioni)

Cosa sareste disposti a fare per trascinare qualcuno nel fantastico mondo della letteratura? Vi mettereste forse come vostra mamma vi ha fatto, con una bella acconciatura elegante in una sala gremita con un libro fra le mani? Non so per voi ma per me è la prima volta che sento parlare di un’iniziativa del genere: donne nude abbigliate come le interpreti del burlesque leggono storie al pubblico. Non so se sia più evento spettacolo o una sorta di festival del nudo letterato il Naked Girls Reading è un evento pubblico volato dall’America a Londra, dove pare abbia un discreto successo. Secondo voi il nostro paese sarebbe pronto per un evento di lettura del genere?
Non lo so. Leggendo questo pezzo sono stata colta prima da un moto di sorpresa poi mi sono fatta qualche domanda in proposito. Non credo nella bontà dell’intento di attirare lettori credo piuttosto all’ennesima spettacolarizzazione per incuriosire la folla. Mi piace l’idea di potere condividere in pubblico la gioia della lettura ma penso possa essere fatto con strumenti appropriati e con meno voglia di stupire a tutti i costi.
Se avete voglia di approfondire leggete qui…

* * *

La forza della musica
(da Doppiozero)
(continua…)

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lunedì, 3 febbraio 2014

VIOLA GIRAMONDO, di Teresa Radice e Stefano Turconi

VIOLA GIRAMONDO, Teresa Radice – Stefano Turconi

La nuova puntata della rubrica GRAPHIC NOVEL E FUMETTI è dedicata al volume “Viola Giramondo” di Teresa Radice – Stefano Turconi (edito da Tunué). Ecco, di seguito, la recensione del nostro Furio Detti.

Massimo Maugeri

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[L'introduzione di GRAPHIC NOVEL E FUMETTI]

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Scappo col Circo! L’avventura di “Viola Giramondo” e della traboccante umanità dell’Arte

di Furio Detti

Occorre una santa maestria oppure una penna fortunata per recensire qualcosa di bello e commovente senza essere stucchevoli. Pertanto spero di essere perdonato se non riuscirò a parlarvi di “Viola Giramondo”, uscito dalle matite di Stefano Turconi e dalla penna di Teresa Radice, senza fallare.
Intanto, difficilmente ho riscontrato tanta sintonia, armonia, fra una sceneggiatrice e un fumettista. I panorami visivi di Turconi, il vibrante e luminoso turbinare delle sue matite, spiegherebbero già da soli come il libro sia stato, nel giorno del 22 gennaio 2014, il fumetto per ragazzi più venduto sul portale Amazon.it. Se poi il testo attraversa con graziosa intensità Gibran, Shakespeare, Thoreau, Terzani, Magris, Al-Rumi, Keats, Rilke e in chiusura Dag Hammerskjoeld (Nobel per la Pace), raccontandoci l’avventuroso viaggio di un circo immaginario fatto di molti uomini e (per fortuna!) pochissimi animali… il gioco è fatto!
Fantasticare in questo circo dei sogni sull’incontro magico tra la protagonista e alcuni grandi dell’arte, della musica e della cultura, come Tolouse-Lautrec e Dvořák, incontrarsi e emozionarsi con gli immaginari e esuberanti artisti del Cirque de la Lune e le letture dei classici, dalle Mille e una Notte in su… non può che essere buona lettura. Semplicemente. Non si potrebbe dire di più e di meglio senza esagerare. Viola Giramondo, figlia della donna cannone e di un entomologo col nome da pittore è una protagonista vera, perché vere sono le riflessioni che fa, i sentimenti che prova, le reazioni alla giornata, perché autentico è ogni turbamento che nasce dalla sua personale esplorazione del mondo: «Forse ho la testa fra le nuvole perché, come quelle, sono costantemente in viaggio, e mi capita di non sapere dove mi porterà il vento… ma mi affido …e mi fido, c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire se il tuo punto di vista si trova a cambiare di continuo.» Questo nomadismo gioioso è il fil rouge che guida la narrazione della Radice e le visioni di Turconi.
Nonno Tenzin, il burbero ma a suo modo generoso Arsène, padrone del circo, il frizzante amichetto Samir e altri compagni occasionali, come l’ispirato Hiawatha, giovanissimo indiano capace di parlare agli animali, sono personaggi intensi, descritti con sicurezza e decisione, forse carenti – se proprio vogliamo – di qualche “chiaroscuro” che non avrebbe affatto guastato. Chiaramente siamo in un fumetto per bambini e giovanissimi, ma sentiamo comunque la mancanza di una dose di cattiveria e ambiguità in più: questi piccoli eroi sono troppo “buoni”, troppo perfetti, e quindi alla fin fine (anche) un po’ stereotipati. Questo è l’unico limite che si riscontra. Sarebbe bello se persino il fumetto di genere osasse di più, rappresentando, pur nella trasfigurazione narrativa e simbolica della fiaba o del racconto avventuroso, un mondo più vero, una realtà un tantinello più scomoda, complessa, sfaccettata. Tant’è. Viola di certo non guasta con il suo comprensibile, acerbo, candore. Forse solo nonno Tenzin sembra meglio calibrato nella sua incontenibile saggezza, in lui l’eccesso di coerenza disturba meno. Anche Samir, innamorato di Viola, ma senza ammetterlo, è credibile e concreto.
Graficamente parlando, il secondo terzo della storia, “Sinfonia d’Autunno” sarebbe da solo premio all’acquisto: i panorami della foresta e dei campi sono splendidi. Turconi ha un tratto agile, vivo, libero dal disneysmo che pure poteva – per comprovata esperienza nella scuderia – proporre. Gran scelta. Gli scorci urbani non sono da meno, deliziosissimi e perfettamente funzionali alla narrazione, mai meramente decorativi. La composizione delle tavole però non apre a sperimentazioni, nessuna scelta ardita neanche nell’impaginazione. Si poteva osare, anche qui come per la caratterizzazione, di più.
Viene veramente voglia di lasciare le proprie abitudini e certezze per seguire i carrozzoni variopinti del Cirque de la Lune, lungo le strade di Parigi, Venezia, Calcutta, Lhasa, o al riflesso dei fiumi indiani, all’ombra delle foreste canadesi. Ci piace pure molto – di questi tempi non stupisce – l’enfasi data a uno spettacolo di quasi soli artisti. Niente leoni o tigri strappati alla foresta, ma un più domestico serraglio. Da animalista apprezzo perlomeno lo sforzo. “Viola Giramondo” è davvero una festosa celebrazione della diversità, della vita, del meraviglioso. Tunuè ha fatto centro anche stavolta. In particolare raccomanderei la toccante conclusione di “Ritorno a casa”, in cui si scopre finalmente qualcosa sui personaggi e sul loro passato con inevitabili lacrime e un epilogo intenso, stracolmo di poesia.
Per questo lo spettacolo convince, (continua…)

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