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Archivio di settembre 2006

venerdì, 29 settembre 2006

IL VALORE DELLA LETTURA

C’è chi lo esprime in termini di Pil.

Parrebbe, infatti, che nelle aree dove c’è maggiore propensione alla lettura si produca – strano ma vero – più ricchezza. Questo, quantomeno, è ciò che risulta da una ricerca svolta da alcuni economisti per conto dell’Aie (Associazione Italiana Editori).

Il suddetto studio evidenzia inoltre il rapporto tra interesse per la lettura e performance scolastiche dei ragazzi italiani. Chi legge di più, dicono, (ma questa non è una sorpresa) rende meglio a scuola.

Naturalmente, manco a dirlo, al Nord si legge molto più che al Sud.

Altro dato: più della metà degli italiani (e per esattezza il 57,7%) non ha letto nemmeno un libro durante tutto il 2005 mentre e il 20,1% ne ha letti al massimo tre.

Interessante, vero? (Per approfondimenti cliccate qui e qui.)

Consentitemi, però, di innestarvi nella mente il tarlo del dubbio.

Non è che (per caso) sia vero anche il contrario? Ovvero che si legge di più laddove si produce di più e c’è più ricchezza?

Tempo fa a un mio amico (che aveva perso il lavoro un paio di mesi prima) consigliai un libro a mio giudizio imperdibile.

"Devi leggerlo" gli dissi.

Mi chiese il prezzo. Il libro costava intorno ai diciotto euro. Glielo comunicai.

Non rispose subito. Prima mi guardò con aria sorniona. Poi disse: "Se tu dovessi scegliere fra i pasti del giorno e il libro imperdibile… cosa sceglieresti?"

Mi sentii una cacca (poi il libro glielo regalai alla prima occasione).

Lancio una piccola provocazione. Immaginiamo che i ricercatori incaricati dall’Aie abbiano ragione al 100%. Bene. Se così fosse perché perder tempo anziché battere subito la strada maestra per risolvere – una volta per tutte – il problema endemico del divario di crescita tra Nord e Sud del Paese? Perché non predisporre un regime di benefici fiscali specificamente mirato al settore-libri? (magari!).

A questo punto, inoltre, bisognerebbe smetterla con il criticare quei lavoratori dipendenti che passano buona parte del loro tempo lavorativo davanti ai giornali. Basterebbe  obbligarli a sostituire il quotidiano del mattino con un buon classico, magari fornito loro gratuitamente (dianime, un buon “Guerra e pace” non lo so nega a nessuno). Che ne dite? Alla fine ne guadagnerebbero tutti. I lavoratori dipendenti in termini di cultura, le aziende (pubbliche o private che siano) in termini di produttività.

O no?

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giovedì, 28 settembre 2006

IL SORRISO DELLA GIOCONDA

Era ora.

Potremmo dire… meglio tardi che mai. Chi continuava a scervellarsi per risolvere l’enigma del sorriso della Gioconda può finalmente tirare un sospiro di sollievo. Mistero risolto, amici. Proprio così… dovete sapere, infatti, che la nostra amata Gioconda sorride perché (rullo di tamburi)… è incinta. Sorriso di madre in dolce attesa è! Lo ha dimostrato un gruppo di ricercatori e studiosi canadese. Hanno scoperto, infatti, che "Mona Lisa è rivestita da un fine velo di mussolina, che all’epoca era portato dalle donne incinte o da quelle che avevano partorito da poco." (Cliccate qui).

Peccato. A saperlo prima questo film avrebbe potuto svilupparsi in maniera diversa.

Ma non è tutto.
Un nostro informatore (non possiamo rivelarne il nome per questioni di privacy) ci fa sapere che i prodi canadesi stanno predisponendo un sofisticatissimo sistema ecografico che consentirà di stabilire con assoluta certezza il sesso del nascituro.

Si aprono le scommesse. Maschio o femmina?

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mercoledì, 27 settembre 2006

ERNEST IL CATTIVO

Di questi tempi c’è un virus che circola e che, a quanto pare, colpisce principalmente i premi Nobel per la letteratura. Dopo il “caso Grass” ecco che si prospetta l’apertura di un “caso Hemingway”.

Alcuni scritti dimostrerebbero, infatti, la natura di sadico assassino dell’autore de Il vecchio e il mare.

Il primo scritto incriminato è un lettera, datata 27 agosto 1949, che Hemingway spedisce al suo editore, Charles Scribner: «Una volta ho ucciso un crauto-SS particolarmente sfrontato. Al mio avvertimento, che l’avrei abbattuto se non rinunciava ai suoi propositi di fuga, il tipo aveva risposto: "Tu non mi ucciderai. Perché hai paura di farlo e appartieni a una razza di bastardi degenerati. Inoltre sarebbe in violazione della Convenzione di Ginevra". Ti sbagli, fratello, gli dissi. E sparai tre volte, mirando allo stomaco. Quando quello cadde piegando le ginocchia, gli sparai alla testa. Il cervello schizzò fuori dalla bocca o dal naso, credo».

Ma l’accusa punta il dito soprattutto su un articolo che lo scrittore americano pubblicò su Esquire nell’aprile 1936: «Certamente nessuna caccia è paragonabile alla caccia all’uomo e chi abbia cacciato uomini armati abbastanza a lungo e con piacere, dopo non si è mai interessato di null’altro». (Per approfondimenti cliccate qui).

Piacere per la caccia, dunque, (e caccia all’uomo, per giunta). C’è da scommettere che non dev’essere stato facile per il (buon?) Ernest dire Addio alle armi.

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martedì, 26 settembre 2006

NELLE RETI DEL GRANDE FRATELLO

Sicuramente molti di voi avranno letto 1984 di George Orwell.

E altrettanto sicuramente molti di voi non saranno riusciti a fare a meno di collegare il suddetto romanzo con quanto sta accadendo in questi giorni. Mi riferisco naturalmente allo scandalo Telecom che ci sta rivelando i retroscena di una raccapricciante Organizzazione di spionaggio illegale. Ma non solo.

Ritengo che le caratteristiche preconiche del libro di Orwell siano impressionanti. Certo, Orwell mirava soprattutto a denunciare i possibili risvolti degli abusi di potere e i pericoli connessi alla crescita di certe ideologie. Ma denunciava anche i rischi derivanti dallo sviluppo del processo di massificazione, dall’uso propagandistico dei mass media (e conseguente appiattimento delle coscienze), nonché i pericoli correlati all’uso strumentale e improprio delle nuove tecnologie (soprattutto quelle di comunicazione e di telecomunicazione).

È impressionante come, oggi, quel libro (pubblicato nel 1949) sia così fortemente attuale.

Peraltro, dicevo, non mi riferisco solo allo scandalo Telecom (a proposito del quale vi consiglio di leggere qui, e qui).

C’è dell’altro. E quest’altro riguarda la vita di tutti i giorni.

La nostra vita.

Vi segnalo, a tal proposito, un articolo di Arianna Dagnino pubblicato su Specchio del 23/9/2006 (pagg. 46-51). L’oggetto è la rete delle reti: Internet.

Ve ne riporto uno stralcio.

“Ormai Internet può guardarti e sorvegliarti da ovunque, anche dall’alto, 24 ore su 24, e seguire ogni tua mossa. Sa dove vai e cosa cerchi quando navighi on-line, quali film ti piacciono, che tipo di acquisti prediligi, quali parole usi più assiduamente nelle tue mail, a chi indirizzi i tuoi messaggi, dove si trova la tua casa, com’è fatto il tuo quartiere e quali perversioni sessuali si nascondono dietro quella tua aria da professionista serio e indefesso.

L’incubo di un Grande Fratello inquisitore, onnisciente e onnipresente, sta uscendo dalle pagine della fantascienza di stampo orwelliano per entrare nelle nostre vite domestiche. Questo è quello che teme un numero crescente di persone di fronte all’inesorabile avanzata di motori di ricerca – Google in primis – sempre più sofisticati e ramificati nel modo in cui captano, intrecciano ed elaborano le informazioni che ognuno di noi lascia inesorabilmente in rete ogni giorno al suo passaggio. E queste informazioni, privatissime, che rivelano molto di ciò che siamo e facciamo, potenzialmente possono finire in mano di chiunque: funzionari governativi, agenzie di spionaggio, compagnie di assicurazione, ricattatori senza scrupoli, comuni cittadini.

A proposito di Google. Forse non sapete che “Google raccoglie dati personali quando vi registrate per accedere ad un (suo) servizio o quando fornite altrimenti tali informazioni volontariamente”. Forse non sapete che è possibile “combinare le informazioni fornite con informazioni provenienti da altri servizi di Google o fornite da terzi allo scopo di acquisire una maggiore conoscenza dell’utente, ivi inclusi i contenuti personalizzati apposta per voi”. Forse non sapete che “Google si serve di cookie ed altre tecnologie per ampliare la sua esperienza online e per capire come utilizzate i servizi di Google”. O che “quando visitate il sito web, i server di Google registrano automaticamente informazioni quali l’URL, gli indirizzi IP, il tipo di browser, il linguaggio del browser, la data e l’ora della vostra richiesta”. Ma la cosa più importante è che forse non sapete che a Google possono “usare i dati personali per fornire i servizi che avete chiesto, ivi inclusa la visualizzazione di contenuti personalizzati e della pubblicità”, che possono “usare i dati personali ai fini di controllo, ricerca ed analisi” e che, ancora, possono “condividere dati aggregati non personali con terze parti esterne a Google”.

Credete che stia esagerando?

Cliccate qui.

Lo sapevate già?

Provate a parlarne in giro. Qualcuno vi dirà che è il prezzo da pagare per il progresso. Altri faranno spallucce. Altri ancora si accontenteranno della ragionevole considerazione che al mondo esistono problemi ben più gravi. E poi è un processo inarrestabile, giusto?

Sì, sì…

Sapete come si chiama questo processo? Mitridatismo (o mitridatizzazione) delle coscienze. Della serie: un sopruso al giorno leva il dubbio di torno… e piano piano ci si abitua a tutto. È un po’ come essere immuni dal veleno. Solo che il veleno ce lo propinano, non lo ingurgitiamo per scelta. O no?

Che fare? Intanto sforziamoci di comprendere… per ciò che ci è dato sapere. L’alternativa, del resto, sarebbe quella di affondare nella quotidianità rabbonendo i nostri pensieri con la visione di una partita di calcio in pay tv o dell’ultimo reality show.

E a proposito di reality show. Rifletteteci. Non costituiscono, in un certo senso, una sorta di paradosso? Non dànno l’illusoria sensazione, a chi li guarda, di essere dall’altra parte dell’occhio?

“Dall’età del livellamento, dall’età della solitudine, dall’età del Grande Fratello, dall’età del Bispensiero… tanti saluti!”

Think about it, people!

Think about it.

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domenica, 24 settembre 2006

IL “CASO GRASS”

Günter Grass

(Le parti in grassetto contengono dei link).

Il “caso Grass” continua a tenere banco.

Sicuramente ne avrete sentito parlare (e anche tanto). Per chi non fosse ben informato mi permetto di ricordare le due date che hanno dato origine al “caso” (sì da occupare pagine e pagine di quotidiani e magazine con interviste, editoriali, articoli).

12 agosto. Il “caso Grass” si apre a seguito dell’intervista che lo scrittore rilascia alla Frankfurte Allgemeine Zeitung in cui dichiara: “Sono stato membro della Waffen-SS. L’ho sempre sentita come una macchia che mi ha oppresso per tutta la vita, ma non sono mai riuscito a parlarne. Un giorno o l’altro dovevo pur scriverlo.”

16 agosto. Esce in Germania Pelando la cipolla, l’autobiografia dello scrittore tedesco, in cui tra le altre cose ricorda l’appartenenza alle SS.

Da qui in poi scoppiano cruente polemiche sia in Germania che all’estero.

Chi desiderasse avere notizie autobiografiche su Günter Grass (vincitore  del Premio Nobel per la letteratura nel 1999) può cliccare qui.

La StampaTorniamo al caso. Tra i vari articoli pubblicati sui vari quotidiani c’è ne uno, in particolare, che vorrei proporvi. Si tratta di un intervento di Mario Vargas Llosa (secondo me possibile prossimo premio Nobel… anzi, azzardo altri tre nomi – tutti americani – Philip Roth, Gore Vidal, Don DeLillo) pubblicato su La Stampa del 26 agosto 2006.

Ne riporto una buona parte.

“Non capisco la portata esorbitante che ha assunto, nel mondo, la rivelazione riportata da Günter Grass d’aver militato per qualche mese, quando aveva 17 anni, nella Waffen SS e il fatto che per 60 anni abbia tenuto nascosta la notizia inducendo a credere d’essere stato soldato in una battaglia antiaerea nell’esercito regolare. (…)

Non sono assolutamente sorpreso che Grass abbia nascosto la sua appartenenza a un corpo d’élite così visceralmente identificato con il nazismo e così sinistramente attivo nella repressione politica, nelle torture e nello sterminio di dissidenti e di ebrei, anche se – a quanto egli ha detto – non ha mai sparato neppure un colpo prima d’essere ferito e catturato dagli americani. Perché ha taciuto? Semplicemente perché aveva vergogna, e forse rimorso, d’aver indossato quella uniforme e anche perché i suoi avversari, in politica e in letteratura, avrebbero approfittato d’un tale passato per squalificarlo nella battaglia politica e civile che, sin dall’inizio della sua carriera di scrittore, Günter Grass ha intrapreso identificandola con la propria vocazione letteraria.

Perché ha deciso di parlare adesso? Sicuramente per liberarsi la coscienza da un peso che lo tormentava e anche, certamente, perché sapeva che, prima o poi, questo lontano episodio della sua gioventù sarebbe venuto a galla e che il suo silenzio avrebbe gettato ombra sul suo nome e sulla sua reputazione di scrittore impegnato e – come si è soliti definirlo – di coscienza morale e civile della Germania. (…)

Quanto è accaduto ha, in qualche modo, riverberi negativi sull’opera letteraria di Günter Grass? Assolutamente no. (…)

Tra pochi anni, magari tra pochi mesi, nessuno più ricorderà l’adesione dello scrittore alla Waffen SS e, al contrario, la sua trilogia su Danzica – e in particolare “Il tamburo di latta” – continuerà a essere letta e reputata una delle opere maestre della letteratura contemporanea. (…)

Molte delle posizioni di Günter Grass sono state coraggiose e degne, e continuano a esserlo ancora oggi nonostante lo scandalo. Lo afferma uno come me che ha idee spesso divergenti rispetto alle sue e ha avuto con lui, alcuni anni fa, una polemica piuttosto aspra. Non mi riferisco al suo antiamericanismo stentoreo e sistematico che l’ha portato, a volte, ossessionato da ciò che va male negli Stati Uniti, a negare anche quello che va bene, ma al fatto che, negli anni della Guerra Fredda, epoca in cui gli intellettuali europei seguivano la moda di schierarsi con il comunismo contro la democrazia, Günter Grass fu uno dei pochi ad andare controcorrente e a difendere quest’ultima – con tutte le sue imperfezioni – come alternativa più umana e più libera rispetto a quella rappresentata dai totalitarismi sovietico e cinese. E neppure s’è mai visto Günter Grass spalleggiare, seguendo Sartre, Mao e la rivoluzione culturale cinese o cercare forzature morali per giustificare i terroristi come, invece, fecero in quegli anni tanti frivoli decostruzionisti. (…)

Forse questo formidabile scandalo che avvolge oggi la sua figura ha parecchio a che vedere proprio con questa veste di “coscienza morale” della società che egli si è imposta e che ha conservato per tutta la vita, parallelamente alla crescita della sua attività di letterato. Sono convinto che Günter Grass sia l’ultimo di quella razza alla quale sono appartenuti un Victor Hugo, un Thomas Mann, un Albert Camus, un Jean-Paul Sartre. Credevano che essere scrittore fosse, sì, lavorare di fantasia creando romanzi, drammi o poesie, ma, al contempo, fosse anche infiammare le coscienze dei contemporanei (…) nella convinzione che lo scrittore possa essere utile anche come guida, consigliere, animatore o dinamitardo ideologico sui grandi temi sociali, politici, culturali e morali. (…)

Nessun giovane intellettuale del nostro tempo crede che sia anche questa la funzione d’uno scrittore e la sola idea di assumere il ruolo di “Coscienza critica d’una società” gli pare presuntuosa e ridicola. Più modesti, o forse più realisti, gli scrittori delle nuove generazioni sembrano accettare l’idea che la letteratura sia nulla di più – o nulla di meno – d’una elevata forma d’intrattenimento. (…)

D’altra parte quegli scrittori che si credevano veggenti, saggi, profeti e che impartivano lezioni non sono incorsi in errori a volte così spaventosi contribuendo a coprire di belletto l’orrore e cercando giustificazioni per i peggiori crimini? Meglio accettare che gli scrittori, per il semplice fatto di esserlo, non devono essere né più lucidi né più puri né più nobili di qualsiasi altro bipede che vive nell’anonimato e non otterrà mai titoli sui giornali. Probabilmente è proprio questa la ragione per cui, dopo aver rivelato la sua fugace appartenenza alla Waffen SS quand’era adolescente, Günter Grass è stato messo alla gogna e tanti, in questi giorni, gli si accaniscono contro. (…)”

In un certo senso, dunque, Vargas Llosa giustifica Grass scegliendo posizioni assai lontane da quelle sostenute da autori come Peter Handke che si sono lasciati andare a dichiarazioni forti, del tipo (è quella di Handke): “Grass è una vergogna per tutti gli scrittori”. (Per approfondimenti vi propongo un articolo pubblicato su Il Giornale del 14/9/06: lo trovate cliccando qui).

Sulla stessa linea di Vargas Llosa, invece, è un altro Premio Nobel: José Saramago. Su Repubblica del 19/9/06, in un’intervista riportata da Massimo Novelli, lo scrittore portoghese ha dichiarato: “Premesso che è un mio buon amico, penso che avrebbe dovuto dirle prima quelle cose. Non lo ha fatto, è stato ambiguo. Comunque, finalmente le ha rese pubbliche. Detto ciò, va ricordato che da allora a oggi è passata una vita, e che pertanto Grass ha dimostrato di essersi ampiamente emendato da quelle colpe”.

Naturalmente sarebbe opportuno conoscere l’opinione dell’interessato. A tal proposito vi propongo un’intervista rilasciata dallo stesso Grass e pubblicata su La Stampa del 14/9/2006: eccola qui.

Infine, per chi non ne avesse ancora abbastanza, vi propongo altri tre punti di vista.

Il primo è quello di un altro Nobel: Dario Fo. Cliccando qui potrete leggere un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera del 14 agosto 2006 e reso disponibile sul sito della Feltrinelli.

Il secondo punto di vista è strutturato sotto forma di una lettera aperta indirizzata allo stesso Grass dal poeta e scrittore etneo Mario Grasso (ed è tratto dalla rubrica on-line Ebdomadario del 22 agosto). Potete leggerla cliccando qui.

Infine, (ma se siete arrivati fin qui siete davvero stoici), ecco quanto scritto sull’argomento dallo scrittore milanese Giuseppe Genna (pubblicato sulla rivista on-line Carmilla il 20 agosto). Fatte clic qui.

Un caro abbraccio a tutti… e fatemi pervenire, se potete, i vostri commenti.

Massimo Maugeri

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sabato, 23 settembre 2006

QUEL DIAVOLACCIO DELLA LETTERATURA DI CONSUMO

Scrivo questo post nella speranza di innescare un (spero acceso) dibattito. L’oggetto è la cosiddetta letteratura di consumo. Il pretesto un articolo scritto sul Corriere della Sera di oggi, 23/9/06, da Giorgio Montefoschi a pag. 41 e intitolato “Moccia e Muccino, avanti c’è posto”.

Vi riporto l’articolo qui di seguito arricchendolo con dei “link”.

“Nella prefazione a un piccolo libro della Archinto nel quale sono raccolte le lettere che negli ani ’50 Anna Banti, direttrice insieme a suo marito Roberto Longhi della rivista Paragone inviava ad Alberto Arbasino, a quei tempi alle prime armi e giovinetto, insieme a molti bei nomi, e importanti, di scrittori che ci rimandano con tanta nostalgia alla nostra infanzia letteraria, Piero Gelli, un tempo direttore editoriale delle più importanti case editrici italiane, una delle sei persone che in questo Paese capiscono di libri, ricorda il livello “alto” delle litigate e degli eventuali insulti (…) e ricorda come <<la letteratura e l’elitarismo predominassero su ogni posizione politica, in tempi assai più schierati dei nostri>>. La politica, insomma, era il pericolo nei ferrigni ’50; e invece (…) vinceva la letteratura. Ah, che nostalgia, davvero! Anche perché la politica odierna, nell’eventualità di un conflitto con la letteratura, non farebbe paura a nessuno. No, oggi, il diavolo è un altro, anche se fingiamo di non saperlo. È la letteratura di consumo, clonata dalla televisione commerciale. Sono i romanzi dei vari Moccia, Volo, Muccino, dei barzellettari, degli attori, presto delle veline. I romanzi ai quali, con divertito scalpore, la comunicazione di massa dedica ogni spazio. Compreso quel poco destinato alla mente.”

Ecco fatto.

A voi la parola!

—————————————-

Di nuovo io.

Mi sembra appropriato aggiornare il post con un articolo apparso sulla rubrica satirica Vespe del domenicale de Il Sole 24Ore di oggi (24/9/06) e intitolato <<Montefoschi contro i cloni della tv>>. Eccolo qui di seguito.

“Chi è oggi il diavolo che minaccia la vera, la nobile letteratura? Dove si annida l’Asse del Male contro cui combattere la Coalition the Willing, gli intellettuali di buona volontà? Se già non lo sapete, ve lo dice Giorgio Montefoschi sul Corriere di sabato: sono i tre sceicchi Moccia, Volo e Muccino, i temibili Hezbollah della <<letteratura di consumo, clonata dalla televisione commerciale>>, dietro i quali si agita un’orda sculettante di <<barzellettari, attori e veline>>. (…) Per reagire a questa deriva, Montefoschi fa appello all’autorità carismatica di Piero Gelli, << un tempo direttore editoriale delle più importanti case editrici italiane, una delle sei persone che in questo Paese capiscono di libri>>. Sei? E chi sarebbero? Fuori i nomi! Montefoschi teme, forse, nominandoli, di esporli alle rappresaglie degli Hezbollah di Moccia&Cuccino? In realtà, secondo quanto risulta alle Vespe, le persone che capiscono di libri non sono sei, ma sette, come i nani di Biancaneve: oltre al suddetto Pièrolo, Stròncolo, Còpiolo, Lèggolo, Stàmpolo, cestìnolo. E naturalmente lui, Montefòscolo. Che capisce più di tutti, anche se vende meno degli altri, perché non è uno scrittore clonato dalla tv. Lui clona da solo i suoi libri. Ai Parioli.”

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giovedì, 21 settembre 2006

MA LA LETTERATURA HA BISOGNO DI CATENE?

Mi riferisco, per chi non l’avesse capito, a Catena Fiorello. Dopo il fratellone Rosario (divenuto da tempo il più importante showman italiano) e il fratellino Beppe (ormai attore osannato) ecco a voi Catena che, dopo il libro-interviste Nati senza camicia, approda sulle spiagge delle lettere nazionali grazie a un nuovo vascello di carta fornito dalla Baldini Castoldi Dalai. Il 26 settembre uscirà in libreria il romanzo Picciridda, scritto dalla nostra Catena e ambientato nella Letojanni degli anni ‘60.

Scrive Mirella Serri sul Corriere-Magazine di oggi (21/9/06), riferendosi a Fiorello (Rosario), che "Lo showman di Viva RadioDue ha appena finito di leggere Picciridda. E sul parto letterario di Cati, ovvero Catena, si è pure commosso."

Messaggio per Fiorellone: in caso di necessità… cliccare qui.

Che altro dire… ben vengano i libri che fanno commuovere!

Appello pubblico! Per caso c’è qualcuno tra voi che è "un incrocio tra un impiegato delle poste e Massimo Cacciari?" Se così fosse (lo apprendiamo sempre dal suddetto articolo della Serri) sappiate che siete l’anima gemella di Cati Fiorello. Cosa? Non vi interessa? Be’, peggio per voi! (ma dico…  avete visto com’è venuta carina la Cati nella foto a pag. 83 del Magazine?)

Scherzi a parte, tanti auguri a Cati che – peraltro – ci fa sapere (pure) il titolo del prossimo libro: Se ti chiedono come stai, tu rispondi sempre benissimo.

Buono a sapersi.

A proposito Cati… come stai?

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martedì, 19 settembre 2006

UN CAFFE’ LETTERARIO VIRTUALE

Il blog, come molti di voi sapranno, è una sorta di diario telematico. Una via di mezzo tra un sito internet, una rivista on-line e un forum telematico.

I blog “fioccano” sulla rete. Ne trovate per tutti i gusti e su ogni argomento. Letteratura compresa.

Soprattutto per quanto riguarda la letteratura c’è chi sostiene che il blog possa essere, in un certo senso, un surrogato dei vecchi e mitici caffè letterari dove gli artisti – scrittori compresi – solevano riunirsi per scambiare le loro esperienze artistiche e quotidiane. Di quei caffè letterari rimane il nostalgico ricordo e i bar che sono sorti (e che sorgono) all’interno di alcune librerie non sembrano capaci di conquistare quel ruolo glorioso di punto d’incontro tra artisti e letterati.

E dunque i blog letterari. Questo l’obiettivo di “Letteratitudine”. Un luogo d’incontro virtuale dove poter scambiare informazioni, notizie, punti di vista su argomenti culturali e letterari. Attendo vostri contributi che potrete inviare, se lo credete, all’indirizzo di posta elettronica: letteratitudine@gmail.com

A proposito… sull’argomento blog e caffè letterari vi segnalo un interessante articolo di Sandra Petrignani uscito su un numero di “Panorama” del mese di marzo. Chi vuole può leggerlo cliccando qui.

A presto.

Massimo Maugeri

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lunedì, 18 settembre 2006

Benvenuti!

Care amiche, cari amici,

benvenuti!!! Letteratitudine è un nuovo blog su argomenti letterari e culturali.

In verità mi piacerebbe dare vita a una sorta di “open-blog” dando la possibilità a chiunque lo desiderasse di contribuire con la segnalazione di articoli o, per esempio, con l’invio di contributi.

Letteratitudine, come “letteratura + latitudine”…

O come “letteratura + gratitudine”…

O come “letteratuta + inettitudine”…

Fate voi!

Massimo Maugeri

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Letteratitudine: da oltre 15 anni al servizio dei Libri e della Lettura

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"Cetti Curfino" di Massimo Maugeri (La nave di Teseo) ===> La rassegna stampa del romanzo è disponibile cliccando qui

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OMAGGIO A ZYGMUNT BAUMAN

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OMAGGIO A TULLIO DE MAURO

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RATPUS va in scena ratpus

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Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

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"TRINACRIA PARK" a Fahrenheit ...

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