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Archivio di giugno 2015

martedì, 30 giugno 2015

ANTONELLA CILENTO e VANNI SANTONI ospiti di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 1 luglio 2015

ANTONELLA CILENTO e VANNI SANTONI ospiti di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 1 luglio 2015 – h. 9:10 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

Sono Antonella Cilento e Vanni Santoni gli ospiti della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 1 luglio 2015.

Nella prima parte della puntata, con Antonella Cilento, discuteremo di “Bestiario napoletano” (Laterza).

Nella seconda parte della puntata, con Vanni Santoni, discuteremo del romanzo “Muro di casse” (Laterza).

* * *

Bestiario napoletano“Bestiario napoletano” di Antonella Cilento

Strade, case, fantasmi e napoletani in carne e ossa, esseri infimi e celesti, scrittori, pittori, musicisti, belve, insetti, dinosauri e diavoli, madonne, angeli e asini.
Se siete stati lettori di fiabe lo sapete: ogni luogo magico, sin dall’antichità, è abitato da bestie.

La zoccola, le balene, i chiattilli, le civette, il monaciello, le mosche d’oro, le teste di cavallo, i coccodrilli, i nuovi migranti, i grandi scrittori, l’immancabile diavolo, i calzolai, gli acquafrescai, i magnafoglie. E poi palazzi, strade, persone, mestieri raccontati con penna da scrittrice. Dai giovani ‘prostituti’ d’oggi, passando per Cervantes, alla scoperta dei sagliuti, i nuovi arricchiti, dalle PR a Sartre, dalle madonne che camminano ai dinosauri nascosti nelle chiese. Le categorie umane e animali che abitano Napoli e la percorrono, nel tempo e nello spazio, prendono forma in una girandola di tipologie, dove i riti antichissimi di una città eterna – il coro dei santi con cui si dialoga come fossero parenti, i sangui che si sciolgono e le capuzzelle dei morti venerate come divinità protettrici – accompagnano il lettore dentro e oltre i tanti luoghi comuni della napoletanità e di quell’umanità speciale che da sempre la abita.

Antonella Cilento, finalista al Premio Strega 2014 con Lisario o il piacere infinito delle donne (Mondadori, in via di traduzione in numerosi paesi) e vincitrice del Premio Boccaccio 2014, ha pubblicato: Una lunga notte (Premio Fiesole, Premio Viadana), NeronapoletanoL’amore, quello veroIsole senza mareAsino chi legge per Guanda; La paura della lince per Rogiosi; Il cielo capovolto per Avagliano; Non è il Paradiso per Sironi; Nessun sogno finisce(Premio Giulitto) per Giannino Stoppani. Insegna scrittura creativa dal 1993 in tutta Italia per “Lalineascritta Laboratorio di Scrittura” (www.lalineascritta.it). Ha scritto testi per il teatro, fra cui Itagliani! per Margherita Di Rauso, Cafone!per Gea Martire, L’angelo della casa – Omaggio a Emily Dickinson (Napoli Teatro Festival 2012), e alcuni cortometraggi. Organizza “Strane Coppie”, incontri di letteratura europea, e collabora con “Il Mattino”.

* * *

Muro di casse“Muro di casse” di Vanni Santoni

Perché sognare un quarto d’ora di celebrità se potevi prenderti dieci o venti ore al centro dell’universo? E la bellezza. Potevamo creare ovunque la bellezza: in ogni angolaccio, sotto a ogni cavalcavia, poteva sgorgare una fonte di meraviglia. Ogni periferia, ogni cittadina di provincia senza più guizzi poteva tornare a splendere e ribollire per una notte. E non parlo solo dei posti dove andavamo: il fatto che andassimo in alcuni faceva sì che tutti, in potenza, custodissero la bellezza.
Quindi, la speranza.

Cosa è stata questa ‘cosa’ sfuggente, multiforme ed entusiasmante avvenuta in Europa tra il 1989 e oggi – una cosa lunga dunque un quarto di secolo? Proprio dalla consapevolezza che nessun dato potrà mai avvicinarsi al significato profondo del rave, del trovarsi lì, a ballare davanti a un muro di casse fino al mattino (e sovente fino a quello ancora successivo) in quelle industrie abbandonate, in quei capannoni, in quei boschi, in quelle ex basi militari, fiere del tessile, ballatoi, vetrerie, depositi ferroviari, rifugi montani, bunker, uffici smessi, pratoni, centrali elettriche, campi, cave, rovine di cascinali, finanche strade di metropoli quando venne il momento della rivendicazione, è nato questo libro – perché, sia pure con una forte impronta documentale, in casi come questo il romanzo è il più potente strumento di analisi e rappresentazione della realtà.

Vanni Santoni (Montevarchi, 1978) vive a Firenze. Dopo l’esordio con Personaggi precari (RGB 2007, poi Voland 2013), Premio Scrittomisto 2007 per il miglior libro tratto dal web, ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), Premio selezione Scrittore toscano dell’anno 2009 e finalista Premio Zocca, In territorio nemico (minimum fax 2013, da coordinatore), Terra ignota (Mondadori 2013) e Terra ignota 2 – Le figlie del rito (Mondadori 2014). È fondatore del progetto SIC – Scrittura Industriale Collettiva.

* * *

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Canta appress’a nuie” di Edoardo Bennato; brano di musica techno

(continua…)

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

lunedì, 29 giugno 2015

LetteratitudineNews: dal 22 al 28 giugno 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 22 al 28 giugno 2015

© Letteratitudine

(continua…)

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martedì, 23 giugno 2015

PIERO MELATI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 24 giugno 2015

PIERO MELATI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 24 giugno 2015 – h. 9:10 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

È Piero Melati l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 24 giugno 2015. Con Piero Melati discutiamo del suo libro (scritto a quattro mani con Francesco Vitale) intitolato “Vivi da Morire” (Bompiani) e delle tematiche a esso legate.

Nella seconda parte della puntata, una lettura del testo.

* * *

Vivi da morireVivi da morire” di Piero Melati e Francesco Vitale (Bompiani)

Palermo, a metà degli anni ’80, è una città abitata dalla violenza, dove l’unico principio ordinante è la legge del sangue di mafia. Dall’estate dell’85, nelle strade cominciano a cadere giusti diventati scomodi, come il poliziotto Ninni Cassarà e il giornalista Mauro Rostagno, vittime ignare come il giovanissimo Gianmatteo Sole, industriali come il presidente del Palermo calcio Roberto Parisi, che coltivava il suo sogno sportivo. In una città che ride per le battute in tv di Franco e Ciccio, all’ombra dei lavori per il nuovo stadio, altri innocenti si aggiungono alla lista nera: a dare voce a tutti loro è il “cuntaru” per eccellenza, il cantastorie Colapesce. In equilibrio tra favola e inchiesta, e tra un castello e uno stadio, Vivi da morire racconta di eroi conosciuti e persone dimenticate, storie di mafia e coraggio, di lacrime e della forza di un sorriso, da leggere come un’appassionante ballata civile, che rivela ai genitori e ai figli dell’Italia di oggi come la Sicilia fu l’incubatrice e il laboratorio di tutti i mali di una nazione, e delle sue più grandi speranze.

Piero Melati è nato a Palermo. È viceredattore capo del “Venerdì di Repubblica” e si occupa di attualità e cultura. Ha seguito per il giornale “L’Ora” di Palermo la guerra di mafia e il primo Maxiprocesso a Cosa Nostra. Con “Repubblica” ha aperto le redazioni locali di Napoli e Palermo ed è stato viceredattore capo della cronaca di Roma.

Francesco Vitale è nato a Palermo. Ha cominciato la carriera giornalistica negli anni Ottanta al quotidiano “L’Ora” di Palermo. È stato corrispondente per “l’Unità” dal capoluogo siciliano. Nel 1992 è passato in Rai, al Tg2, dove ricopre il ruolo di inviato speciale dal 1993.Per uest’ultima testata ha seguito i più importanti eventi nazionali e internazionali: dai fatti di mafia alle grandi emergenze. È stato inviato in Iraq e in Afghanistan. È autore di numerose inchieste per “Tg2 Dossier”.

* * *

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Esercito Silente” di Carmen Consoli; “Camarillo Brillo” di Frank Zappa; “Man in Black” di Johnny Cash; “Minchia signor tenente” di Giorgio Faletti

(continua…)

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lunedì, 22 giugno 2015

STORIE (IN) SERIE n. 2 – La serie perpetua – Community e la consapevolezza di essere personaggi

Storie (In) SerieStorie (in) Serie #2

(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)

La serie perpetua – Community e la consapevolezza di essere personaggi

a cura di Carlotta Susca

Cosa succede a un personaggio quando è consapevole di essere tale? Come si struttura una serie televisiva i cui protagonisti non siano gioiosamente inconsapevoli dell’esistenza di tutte le altre serie simili a quella di cui fanno parte?
In molti degli universi seriali di cui siamo fruitori, i protagonisti portano avanti il proprio ruolo ignorando i loro omologhi (il bello, la svampita, la secchiona…), ma se nella vita vera ci capita di sottolineare le similitudini con situazioni viste al cinema o lette nei romanzi, può capitare che anche i personaggi siano a conoscenza delle citazioni presenti nelle loro vicende, e che, consapevoli di essere parte di uno show, siano anche portati a renderlo interessante, a preoccuparsi della mancanza di trama di qualche puntata.

È ciò che accade nella meravigliosa Community, ideata da Dan Harmon e composta (per il momento) da sei stagioni dalle vicende travagliate: prima della quarta Harmon è stato licenziato dalla NBC, per tornare come showrunner della quinta e poi cercare una nuova piattaforma per la sesta, che è andata in onda su Yahoo Screen, on demand (nell’ultima puntata Harmon fa in modo che siano gli stessi personaggi a prendere le distanze da quella quarta stagione apocrifa).


I personaggi, quindi – un settetto scombinato, male assortito eppure affiatatissimo – sanno di essere parte di uno spettacolo? A dire il vero solamente Abed, il cinefilo onnivoro con probabile diagnosi da Asperger (un must delle comedy, a quanto pare, se si pensa a The Big Bang Theory e a Sheldon), che non solo riconduce ogni situazione a qualcosa di già visto, ma che favorisce il riprodursi di schemi narrativi collaudati, e che conia il mantra adatto alla prosecuzione di Community: «six seasons and a movie» (al punto che la sesta stagione si conclude con un invito alla battaglia, #andamovie: fan, unitevi e reclamate il seguito!).

Harmon non si limita a citare classici della rappresentazione dell’adolescenza (Breakfast Club), capolavori immortali (Il Padrino, Quei bravi ragazzi) e personaggi che conosce chiunque (Gollum): impasta la sua materia narrativa con topoi da cassetta (lo scambio di corpi di Tutto accadde un venerdì) e la plasma in forme sempre diverse. L’avvocato non laureato Jeff, l’attivista svampita Britta, l’ex promessa sportiva Troy, il tardone Pierce, la madre Shirley, la dolce Annie – e, ovviamente, Abed, il deus ex machina –  sono trasposti in personaggi di plastilina, player di un videogioco alla Super Mario, marionette tipo Muppet, cartoni animati in una puntata di G.I. Joe. (continua…)

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lunedì, 22 giugno 2015

LetteratitudineNews: dal 15 al 21 giugno 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 15 al 21 giugno 2015

© Letteratitudine

(continua…)

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martedì, 16 giugno 2015

MAURIZIO DE GIOVANNI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 17 giugno 2015 (“Il resto della settimana”) – nella seconda parte della puntata: “Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr

MAURIZIO DE GIOVANNI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 17 giugno 2015 – nella seconda parte della puntata ci occupiamo di : “Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr - h. 9:10 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

È Maurizio de Giovanni l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 17 giugno 2015 (la puntata è già ascoltabile online cliccando sul pulsante audio)

Con Maurizio de Giovanni discutiamo del suo nuovo romanzo intitolato Il resto della settimana” (Rizzoli) e delle tematiche a esso connesse (tra cui quelle legate al gioco del calcio… ma non solo)

Nella seconda parte della puntata ci occupiamo del romanzo di Anthony Doerr, intitolato “Tutta la luce che non vediamo” (Rizzoli), vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa, anche attraverso una lettura delle prime pagine del libro.

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Il resto della settimana“Il resto della settimana” di Maurizio de Giovanni (Rizzoli)

Il bar di Peppe è un minuscolo porto di mare nel ventre di Napoli. Uno di quei bar accoglienti e familiari, sempre uguali a se stessi, dove sfogliatelle e caffè sono una scusa per chiacchierare, sfogarsi, litigare e fare pace. Inferno o paradiso, dipende dal momento. Ma più di ogni altra cosa è il luogo ideale dove prepararsi all’Evento, quello che la domenica pomeriggio mette tutti d’accordo intorno a un’unica incontrollata passione. Alla cassa del bar c’è Deborah – rigorosamente con l’acca, ostentata come un titolo nobiliare – che parla al cellulare sempre incastrato tra spalla e testa, mentre Ciccillo, il tuttofare di origine asiatica, è ovunque perché non si ferma mai. A uno dei tavolini siede invece il Professore, attento osservatore dei sentimenti umani, che a un passo dalla pensione ha deciso di scrivere un libro facile facile, che sappia parlare a tutti. Già, ma quale argomento può raggiungere il cuore e l’anima della gente? La risposta è sotto i suoi occhi, nella trepida attesa dell’Evento. Il resto della settimana è un vero romanzo sudamericano: è gioia e nostalgia, è la poesia di un sogno, è la celebrazione di un gioco. È un diario dell’emozione che uomini e donne vivono giorno dopo giorno, e che calamita ricordi, ossessioni e amori. È come il caffè napoletano, una sintesi perfetta di gusto ed energia: ti colpisce forte e ti dà il coraggio per affrontare le avversità della vita, fuori dal bar.

Maurizio de Giovanni è nato nel 1958 a Napoli ed è visceralmente tifoso della squadra di calcio della sua città. È autore di racconti e opere teatrali, oltre che di due fortunatissime serie gialle che hanno per protagonisti il commissario Ricciardi e i Bastardi di Pizzofalcone; entrambe diventeranno presto fiction televisive. I suoi romanzi sono tradotti o in corso di traduzione nelle principali lingue.

* * *

Tutta la luce  che non vediamo“Tutta la luce che non vediamo” di Anthony Doerr (Rizzoli)PREMIO PULITZER 2015 PER LA LETTERATURA

È il 1934, a Parigi, quando Marie-Laure, una bambina di sei anni con i capelli rossi e il viso pieno di lentiggini, scopre di essere destinata alla cecità per il resto della vita. Ne ha dodici quando i nazisti occupano la città, costringendo lei e il padre a trovare rifugio tra le mura di Saint-Malo, in Bretagna, nella casa sul mare del prozio. Attraverso le imposte azzurre sempre chiuse, perché così impone la guerra, le arriva fragorosa l’eco delle onde che si infrangono contro i bastioni. Qui, Marie-Laure dovrà affrontare una nuova oscurità. La stessa in cui, in un orfanotrofio della Germania nazista, vive Werner, un ragazzino con i capelli candidi come la neve e una curiosità esuberante per il mondo. Quando per caso mette le mani su una vecchia radio, scopre di avere un talento naturale nel costruire e riparare lo strumento di guerra più strategico, un dono che si trasformerà nel suo lasciapassare per accedere all’accademia della Gioventù hitleriana e poi partire in missione per localizzare i partigiani. Sempre più conscio del costo in vite umane che hanno le sue azioni, Werner si addentra nel cuore del conflitto. Due mesi dopo il D-Day che ha liberato la Francia, ma non ancora la cittadina fortificata di Saint-Malo, i destini opposti di Werner e Marie-Laure convergono e si sfiorano in una limpida bolla di luce. Lirico, potente, malinconico, squarciato da improvvise speranze, il romanzo di Doerr è un ponte gettato oltre lo smarrimento che accomuna tutti, una delicata partitura che ci sussurra come, contro ogni avversità, viviamo alla ricerca di un gesto luminoso che ci avvicini agli altri.

Anthony Doerr è nato a Cleveland, il 27 ottobre 1953. La sua prima pubblicazione è stata una raccolta di racconti brevi, “The Shell Collector” (2002), ambientati perlopiù in Africa o Nuova Zelanda, dove Doerr ha vissuto e lavorato. Un ulteriore raccolta di racconti, “Memory Wall”, è stata pubblicata nel 2010. Il suo primo romanzo si intitola “About Grace”, ed è stato dato alle stampe nel 2004. Doerr ha anche pubblicato un libro di memorie (Four Seasons in Rome: On Twins, Insomnia and the Biggest Funeral in the History of the World), pubblicato nel 2007. Il suo secondo romanzo, “Tutta la luce che non vediamo” (All the Light We Cannot See), ambientato nella Francia occupata durante la Seconda Guerra Mondiale è stato pubblicato nel 2014. “Tutta la luce che non vediamo” ha ottenuto un significativo successo di critica, giungendo finalista ai National Book Award per la narrativa. Il libro è diventato uno dei bestseller del New York Times, che lo ha inserito nella top ten dei libri pubblicati nel 2014. Nel 2015 ha inoltre vinto il Premio Pulitzer per la narrativa.

* * *

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO


La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “È Goal!” di Edoardo Bennato; “Napule è” di Pino Daniele; “The Post War Dream” dei Pink Floyd.

(continua…)

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lunedì, 15 giugno 2015

LetteratitudineNews: dall’8 al 14 giugno 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dall’8 al 14 giugno 2015

IN RICORDO DI SILVIA BONUCCI

I CINQUE FINALISTI DEL PREMIO STREGA 2015

SOLI ERAVAMO, di Fabrizio Coscia (una recensione)

FABIO GENOVESI VINCE IL PREMIO STREGA GIOVANI 2015

Letteratura e Web: il Premio Strega

A TUTTO VOLUME 2015 – Ragusa, dal 12 al 14 giugno

FESTIVAL DEGLI SCRITTORI/PREMIO GREGOR VON REZZORI 2015: Firenze, 10-12 giugno

FESTIVAL DELLE LETTERATURE 2015 – Roma, dal 9 al 30 giugno

LEGGERE FA MALE 2015 – Sarzana, dal 20 giugno al 20 agosto

© Letteratitudine

(continua…)

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mercoledì, 10 giugno 2015

NON SCRIVERE DI ME, di Livia Manera Sambuy

Nel nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” ci occupiamo di un volume che non è – in effetti – un saggio letterario (in senso stretto), ma che  (attraverso storie di incontri con scrittori americani) aiuta a comprendere meglio la letteratura prodotta da autori del calibro di Philip Roth, Richard Ford, Paula Fox, Judith Thurman, David Foster Wallace, Joseph Mitchell, Mavis Gallant, James Purdy, Raymond Carver, Mordecai Richler e Karen Blixen.

Il libro si intitola “Non scrivere di me“, l’ha scritto Livia Manera Sambuy ed è pubblicato dalla Feltrinelli. Di seguito, un’intervista all’autrice.

Le prime pagine del libro sono disponibili qui.

* * *

NON SCRIVERE DI ME, di Livia Manera Sambuy

di Massimo Maugeri

Pochi conoscono Philip Roth come Livia Manera Sambuy. Dice di lei Dave Eggers: “Livia Manera Sambuy ci consegna un ritratto di Philip Roth tra i migliori che abbia mai letto – scritto splendidamente, personale, intimo eppure rispettoso. I suoi ritratti sono di una dignità e di un rigore straordinari, e la sua conoscenza della letteratura contemporanea resta senza pari.” Livia è una giornalista letteraria che scrive sul “Corriere della Sera” (ha vissuto tra Milano e New York; ora vive tra Parigi e la Toscana). Al suo attivo ha, tra le altre cose, la realizzazione di due film documentari su Philip Roth. E il titolo del suo libro, “Non scrivere di me” (Feltrinelli), ha a che fare – per l’appunto – con lo strettissimo rapporto intrattenuto con il celebre scrittore americano che, a un certo punto, le intimò di non scrivere più di lui. In alcuni casi, però, un divieto equivale a un invito. Di questa equivalenza si è servita Livia Manera che, all’interno di questo coinvolgente volume (consigliatissimo agli amanti della letteratura americana… ma non solo), ha aperto ampie e illuminanti finestre sulla produzione artistica e sulle esistenze di Roth e di altri autori e autrici (da Richard Ford a Paula Fox, da Judith Thurman a David Foster Wallace, da Joseph Mitchell a Mavis Gallant… e poi, ancora: Purdy, Carver, Richler, Blixen).

Ho avuto il piacere di discuterne con l’autrice…

- Cara Livia, nelle prime pagine del libro racconti come nasce “Non scrivere di me”. Perché hai deciso di scriverlo proprio adesso, in questa fase della tua vita?
La crisi del 2008 ha cambiato la vita di quasi tutti i giornalisti. Prima, fermarsi per scrivere un libro era una scelta interessante ma improduttiva dal punto di vista economico. Dopo, le cose sono cambiate. E’ il lavoro giornalistico ad essere diventato economicamente improduttivo. Ma come tutte le crisi, lo scossone del cambiamento ha aperto nuove possibilità. Io avevo l’impressione di avere raggiunto, nel mio lavoro di giornalista letteraria per il Corriere della Sera, più o meno il massimo di quello a cui potevo ambire. E da tempo avevo voglia di qualcosa di nuovo, e soprattutto di qualcosa da imparare. E così ho fatto due film documentari e ho scritto un libro. L’idea del libro era di dare un senso al lavoro che avevo svolto fino ad allora, un senso che toccasse corde più profonde e personali. Non, insomma, di pubblicare una raccolta dei miei articoli. Ed è così che ho incominciato a scrivere il libro che nella mia testa si è chiamato per due anni “Making sense” (titolo intraducibile) e che è poi uscito col titolo “Non scrivere di me”: per rileggere la mia esperienza di persona, lettrice e giornalista letteraria, alla luce di qualcosa che andasse al di fuori degli schemi della critica o del giornalismo. E ho scelto la formula americana della “narrative non fiction”, cioè dei racconti dal vero.

- In che cosa la letteratura nordamericana si differisce da quella prodotta in altri paesi e in altre zone del mondo, a tuo avviso? Qual è il suo elemento caratterizzante (ammesso che ne esista uno)?
Domanda difficilissima: dovrei essere più ferrata sulla letteratura contemporanea di altri paesi per rispondere seriamente. Posso dire però che nella narrativa americana c’è un certo pragmatismo che trovo meno altrove: un’altissima professionalità dello scrivere con cui gli autori sono obbligati a confrontare le proprie ambizioni artistiche. Questa a mio avviso è un’ottima cosa, perché áncora la scrittura alla realtà e aiuta i lettori a decifrarla. In Francia, invece, uno scrittore o un regista sono in primo luogo artisti e solo in secondo luogo dei professionisti. E questo espone facilmente a una certa auto indulgenza.

- New York e Parigi sono due mete ambitissime da parte di scrittori e intellettuali. Tu le conosci molto bene. In cosa si assomigliano e in cosa si differenziano le due città, in relazione al rapporto con le scrittrici e gli scrittori che vi abitano?
Non si somigliano in nulla. New York è aperta, competitiva, “workaholic” e giovane nello spirito, ahimè, fortemente capitalistico. Parigi è la tradizione, ha una società chiusa, guarda poco “altrove”, ma essere intellettuali e poveri a Parigi è una medaglia. Ambedue sono internazionali, ma Parigi non lo sa, sembra addirittura ignorare di avere l’opzione di trasformarsi nella capitale culturale d’Europa – se solo riconoscesse gli elementi stranieri che compongono la sua società artistica e letteraria. Faccio un esempio. Una scrittrice come Mavis Gallant, che era canadese, è rimasta quasi sconosciuta ai francesi, pur avendo vissuto a Parigi per sessantacinque anni. Un giorno Bernard Pivot l’ha invitata alla sua celebre trasmissione sui libri “Apostrophes”. E solo allora i vicini di Rue Ferrandoni hanno scoperto che la signora che da quarant’anni abitava al secondo piano era una delle più grandi scrittrici di racconti del mondo. Faccio fatica a immaginare che la stessa cosa possa succedere a Londra, o Roma, o Berlino.

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- Domanda analoga con riferimento alle scrittrici e gli scrittori che racconti nel libro. C’è qualcosa che, in un modo o nell’altro, li accomuna tutti?
Sono diversissimi tra loro, come qualunque essere umano. Gallant intelligentissima, insofferente, spiritosa. Thurman molto intellettuale, sofisticata, piena di “Jewish wit”. Wallace disperato e introverso. Ford amabilissimo e sanguigno. Mitchell un ammutinato gentile. Purdy fiero della sua debolezza. Fox una sopravvissuta, piena di una saggezza al di fuori degli schemi. E Roth seducente, manipolatore, capriccioso, intenso e fedele. No: nulla li accomuna, a parte l’essere delle creature tormentate dalla malattia dello scrivere, con tutto ciò che comporta: ansie, frustrazioni, soddisfazioni occasionali, genio.

Philip Roth. Una storia americana. DVD. Con libro- Pensando a Philip Roth: cosa ti rimane, più di ogni altra cosa, del rapporto con il Roth scrittore? E con l’uomo?
Del Roth scrittore mi rimane la straordinaria esperienza di avere letto (e in alcuni casi riletto) tutta la sua opera in ordine cronologico, nell’edizione della Modern Library. Trentuno libri sono una maratona gigantesca, ma anche una chiave di accesso unica a ciò che rappresenta il mondo di un autore. L’ho fatto all’epoca in cui preparavo per ARTE il documentario “Philip Roth: una storia americana”, che poi è stato pubblicato da Feltrinelli Real Cinema. La gente pensa che Roth si sia aperto con me perché ci conoscevamo così bene da essere diventati complici. Ma non conoscono Roth. Si è aperto con me perché ero diventata la sua memoria: conoscevo la sua opera meglio di lui, si potrebbe dire con una battuta. Perché un segreto degli scrittori è che odiano rileggersi, e se possono evitano. Io in quei mesi gli ho fatto da sponda e da specchio. Ci siamo divertiti.
Del Roth uomo, invece, mi sono rimasti un affetto e una complicità molto profondi. E’ uno dei punti di riferimento della mia vita – e non parlo professionalmente.

- C’è qualcuno, tra gli autori presenti nel libro, con cui ti sei sentita più affine? E per quale motivo? (continua…)

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martedì, 9 giugno 2015

PER DISTRATTA SOTTRAZIONE

Per distratta sottrazioneIn collegamento con il forum di Letteratitudine dedicato a “LETTERATURA E MUSICA

***

Fosca MassuccoPer distratta sottrazione

Raffaelli editore, 2015

* * *

a cura di Claudio Morandini

“Per distratta sottrazione” è il titolo della raccolta di versi che Fosca Massucco ha affidato a Raffaelli Editore – la sua seconda, dopo “L’occhio e il mirino” (L’Arcolaio, 2013).
È vera poesia bucolica, questa di Massucco. Si inserisce con composta naturalezza in una tradizione illustre, che parte ovviamente da Virgilio, tocca Pascoli (gran traduttor di Virgilio, oltre che bucolico di suo), arriva, come sensibilità, dalle parti della Pieve di Soligo di Zanzotto, mette gli a-capo a Fenoglio (è Elio Grasso, che firma la densa prefazione,  ad accostare colline a colline, Langhe a Astigiano). Intendiamoci sul termine “bucolico”: non vuole rimandare a bozzettismo, a localismi di maniera, a arcadie provinciali. Piuttosto indica una poesia che insiste con sguardo acutissimo sugli oggetti, sulle creature della natura, anche quelle più nascoste o neglette, sulle tracce lasciate dal lavoro dell’uomo, sul paesaggio lavorato ostinatamente, anche, se vogliamo, su quel che di tecnologico che ha cambiato la vita delle generazioni dei lavoratori della terra e degli abitanti delle campagne. E forse, a questo punto, potremmo usare più appropriatamente il termine “georgico”.
Non a caso Grasso definisce subito il mondo poetico dell’autrice, il suo quadrilatero di riferimento, come “metropoli boschiva, zeppa di sguardo e di passi privi di retorica”. Si percepisce in effetti una sorta di pudore, nobile, che la Massucco esercita nel lavorare con le parole attorno alle cose che le sono care. Nei suoi versi l’attenzione per i segni della natura e dell’uomo non porta a toni altisonanti, a un’epica della campagna, a un’eloquenza muscolare (il rischio c’è sempre): piuttosto si sottrae, ci si ritrae, ci si finge distratti, si sbircia controluce quel mondo fitto di cose. “Bisogna avere grande prudenza / è tutto un universo di avvisi.” Si ricorre a quella mezza ironia che sorride di tutto, anche di se stessa. Si diventa reticenti, se proprio occorre.
Quei segni di cui la natura si gonfia in disordine, la poesia di Fosca Massucco li distilla in versi che sono un modello di sintesi (“Il disordine composto della piana / nel mese mercedonio, i campi gonfi / d’acqua – un giurassico in ritardo – / la perfezione vibrante del vapore”). La sua ansia di precisione lessicale tende a giocare con le antitesi e gli ossimori (“Il baccano della quiete di collina”, “una casa brulicante di silenzio”), talvolta si spinge verso singolari accostamenti, verso nomenclature insolite – ma ecco che le Note alla fine del volume ricollocano ogni analogia nel suo contesto, definiscono i termini (per esempio “mercedonio”).
Anche le scelte metriche si sintonizzano con questo bisogno di esattezza: oscillano tra le cadenze illustri della poesia italiana, tra endecasillabi e settenari, che ora dilatano ora restringono conservandone sempre una reminiscenza. Diciamo che i versi della tradizione sembrano funzionare come poli di attrazione a cui tendono le cadenze personali di Fosca.
Si sente che Fosca Massucco ama questo paesaggio delimitato e imprevedibile che è l’Astigiano, che non si stanca di percorrerlo con lo sguardo, di toccarlo, di camminarci, di viverci, di interrogarlo, di trovarvi un riflesso di qualcos’altro (di sé). A seconda di come lo guardi, della prospettiva in cui ti poni, un angolo familiare diventa nuovo, rileva nuovi dettagli. Amica dell’infittirsi delle cose, la poesia di Fosca Massucco è attratta anche – leopardianamente – dal suo contrario, dal nulla, dalla “compiutezza ineluttabile / del vuoto”: “Ancora pensi all’universo capovolto, / dove traspare solo vuoto tra i cipressi / e la cinta delle mura? Il nulla / è immagine di sé e il vuoto / non è vuoto, vacilla in solitudine.” La sua personale versione dell’Infinito leopardiano, insieme ironica e sentita, è “Davanti si porge l’eterno / in tutta la sua vacuità, / altèra gramigna / di massicciata.” Segni e silenzi: davvero Fosca Massucco si accosta al mondo come farebbe un musicista, come un interprete (schivo, però, lontano da ogni posa da virtuoso) a una partitura ancora carica di segreti.
Chiedo a Fosca se si ritrova in quest’immagine. (continua…)

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lunedì, 8 giugno 2015

LetteratitudineNews: dal 1 al 7 giugno 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 1 al 7 giugno 2015

VINS GALLICO racconta FINAL CUT

PREMIO BERTO 2015: LA CINQUINA DEI FINALISTI DELLA XXIII EDIZIONE

FINAL CUT. L’amore non Resiste – di VINS GALLICO (un estratto)

PREMIO STREGA GIOVANI (​Lunedì 8 giugno, ore 17.30, Camera dei deputati)

I vincitori del Premio “Scriviamoci”

A TESTA IN GIU’, di Elena Mearini (una recensione)

CARLO FELTRINELLI A “SETTE”: Bisogna dare forma a una nuova idea di editoria

PASSEPARTOUT FESTIVAL 2015

© Letteratitudine

(continua…)

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martedì, 2 giugno 2015

MAURIZIO TORCHIO ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 2 giugno 2015 (Cattivi) – nella seconda parte della puntata: “PERFIDIA” di James Ellroy

MAURIZIO TORCHIO ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 2 giugno 2015 – nella seconda parte della puntata ci occupiamo di : “PERFIDIA” di James Ellroy - h. 9:10 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

È Maurizio Torchio l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 2 giugno 2015 (la puntata è già ascoltabile online cliccando sul pulsante audio)

Con Maurizio Torchio discutiamo del suon nuovo romanzo intitolato “Cattivi” (Einaudi) e delle tematiche a esso connesse (in primis quelle legate al carcere)

Nella seconda parte della puntata ci occupiamo del nuovo romanzo di James Ellory, intitolato “Perfidia” (Einaudi), anche attraverso una lettura delle prime pagine del libro

* * *

Cattivi“Cattivi” di Maurizio Torchio (Einaudi)
«La cella è lunga quattro passi e larga un paio di braccia tese. Se mi alzo in punta di piedi tocco il soffitto. È uno spazio a misura d’uomo. A misura mia».

Quello che scorre in cella d’isolamento è un tempo puro, svuotato di eventi. Tanto da far sembrare i giorni di chi può vedere la luce del sole – seppure attraverso le sbarre – come un luogo di libertà, fantasticato per sentito dire. Il mondo di fuori è piú evanescente ancora, piú irreale del passato, o dei sogni. Cresce allora la tentazione di chiamare il carcere casa, e farlo abitare dai ricordi: «Se ti svegli con il batticuore, per fortuna la prigione è lí che ti aspetta. Ti tiene sollevato, separato da terra, inchiodato con la branda nel muro. Sente i tuoi movimenti. Mentre dormi, la prigione trattiene il fiato per ascoltare il tuo respiro». L’orizzonte si restringe un istante dopo l’altro, ma anche i desideri cambiano forma: l’amore per chi si prende cura di te – non importa quanto crudelmente – dà l’innesco a una Sindrome di Stoccolma universale. Un incrocio di solitudini che accomuna carcerati e carcerieri, fino a estendersi all’intera prigione, compreso chi è apparentemente escluso da ogni società e gerarchia. Cattivi è un romanzo di parole e sentimenti compressi, storpiati dalle cattività che li restringono. Ma anche una storia di sopravvivenza in condizioni estreme. Dando fiato a una voce che finisce per diventare l’essenza stessa della reclusione, Maurizio Torchio è riuscito nel miracolo di descrivere, senza mai giudicare, i fili invisibili che legano carnefici e vittime. Il cibo, il sesso, i rumori, l’attaccamento appassionato agli oggetti, servono a parlare di ogni spazio chiuso. A raccontare ogni attesa vana, ogni dolore ripetuto che nella ripetizione trova un balsamo. Fino all’ostinata irragionevole speranza nel dopo, perché «tutta la vita non consumata dev’essersi conservata, in qualche modo, da qualche parte. Dovrà arrivare. Non può essere evaporata semplicemente passeggiando, dormendo».

Maurizio Torchio è nato a Torino nel 1970. Ha pubblicato la raccolta di racconti Tecnologie affettive (Sironi 2004) e i romanzi Piccoli animali (Einaudi, 2009) e Cattivi (Einaudi, 2015). Il suo sito è www.mauriziotorchio.it

* * *

Perfidia“Perfidia” di James Ellroy (Einaudi)
7 dicembre 1941. Il Giappone ha bombardato Pearl Harbor. Gli Stati Uniti sono a un passo dalla guerra e a Los Angeles scatta un’ondata di arresti. I cittadini nipponici sospettabili di alto tradimento finiscono dietro le sbarre. La bandiera dell’odio razziale sventola alta, perciò nessuno dovrebbe preoccuparsi quando i quattro membri di una famiglia giapponese vengono trovati morti dentro casa, tanto piú che potrebbe trattarsi di un suicidio rituale. Le indagini, però, partono ugualmente: proprio perché ci si prepara a distruggere e depredare una delle comunità straniere piú ricche e integrate della California, è necessario mostrarsi irreprensibili. Ellroy racconta con lucida ferocia ventitre giorni tra i piú drammatici della storia americana, chiamando in scena una folla di personaggi che i suoi lettori hanno già imparato ad amare o a odiare senza mezze misure: dal sergente Dudley Smith all’infiltrata Kay Lake; dagli sbirri Lee Blanchard e Buzz Meeks al gangster ebreo Mickey Cohen. Tutti di qualche anno piú giovani rispetto ai tempi di Dalia nera e L.A. Confidential, ma già immersi fino al collo in quell’intrico di verità e menzogna, idealismo e violenza dentro il quale batte il cuore nero dell’America.

James Ellroy è uno dei piú grandi autori di crime degli ultimi trent’anni e una delle voci piú originali e potenti della letteratura americana contemporanea. Tra le sue opere maggiori, la quadrilogia di Los Angeles (Dalia Nera, Il grande nulla, L.A. Confidential e White Jazz) e la trilogia «Underworld USA» (American Tabloid, Sei pezzi da mille, Il sangue è randagio), oltre al memoir I miei luoghi oscuri. Nel 2013 Einaudi Stile Libero ha pubblicato Ricatto e, nel 2014, La Dalia Nera (graphic novel ispirato al romanzo di Ellroy e adattato da Matz e David Fincher, con i disegni di Miles Hyman). Con Perfidia (Einaudi Stile Libero 2015) inaugura un nuovo Quartetto di Los Angeles, ambientato in California negli anni di Pearl Harbour.

* * *

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Jailhouse Rock” dei Blues Brothers; “Ghosts On Magnetic Tape” dei Bass Communion; “Don Raffaè” di Fabrizio De Andrè.

(continua…)

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martedì, 2 giugno 2015

LetteratitudineNews: dal 25 al 31 maggio 2015

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 25 al 31 maggio 2015

I FINALISTI DEL PREMIO CAMPIELLO 2015

UNA MARINA DI LIBRI 2015 – Palermo, dal 5 al 7 giugno

LEGGENDO METROPOLITANO – Cagliari, 4-7 giugno 2015

MARINA MIZZAU racconta SE MI CERCHI NON CI SONO

PRENDI LA DELOREAN E SCAPPA

LIA LEVI e CARMEN PELLEGRINO premiate al Rapallo Carige 2015

DICO

Le finaliste del PREMIO RAPALLO CARIGE 2015

GIULIO PERRONE racconta L’ESATTO CONTRARIO

Festa del libro 2015 a Sant’Agata Li Battiati (Ct) – 29/31 maggio

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(continua…)

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OMAGGIO A ZYGMUNT BAUMAN

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OMAGGIO A TULLIO DE MAURO

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RATPUS va in scena ratpus

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Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

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"TRINACRIA PARK" a Fahrenheit ...

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