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Archivio di settembre 2016

venerdì, 30 settembre 2016

PETER HØEG racconta L’EFFETTO SUSAN

Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è lo scrittore danese PETER HØEG, autore del romanzo “L’EFFETTO SUSAN(Mondadori).

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PETER HØEG ci introduce alla lettura del suo nuovo romanzo L’EFFETTO SUSAN (Mondadori) raccontando qualcosa sulla genesi del libro e sulle caratteristiche della protagonista della storia

[testo tratto da una conversazione di Peter Høeg con Massimo Maugeri]

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di Peter Høeg

Uno scrittore è una persona che cerca sempre di scrivere. Quindi è sempre alla ricerca di motivi, quasi di scuse, di pretesti, per scrivere delle cose. Con riferimento alla genesi di questo mio libro, mi sono ispirato a due persone che conosco: la prima è una giovane donna, l’altra è un uomo più anziano. Sono due persone che inducono gli altri ad aprirsi. È di questo che volevo scrivere.
Ma c’è anche un altro motivo che mi ha indotto a scrivere questo romanzo: una voce.
Una voce che ho sentito. La voce di Susan.
Bisogna innanzitutto evidenziare che Susan, essendo il personaggio di un libro, non esiste nella realtà. Le persone vere sono fatte, per esempio, anche di suoni e odori; mentre i personaggi dei libri esistono solo grazie al linguaggio. Ed è una pura illusione, per noi, il fatto che siano veri.
Ciò premesso, Susan l’ho intesa come una persona complessa. E questo l’ho fatto intenzionalmente, partendo dal presupposto che i lettori che decideranno di leggere questo romanzo dovranno trascorrere del tempo con lei: qualche settimana, o pochi giorni (il tempo che il lettore impiega per leggere un libro). È questo il motivo per cui Susan doveva essere una persona gradevole, ma complessa. Non lineare. Proprio per dare un’esperienza di lettura piacevole al lettore. Mi piace molto la commistione tra la natura maschile e la natura femminile presenti in questo personaggio.
La complessità di Susan deriva dal fatto che è stata una bambina traumatizzata, perché ha dovuto subire l’abbandono dei suoi genitori. In un certo senso è una sopravvissuta. Se, da un certo punto di vista è debole proprio per questo motivo; dall’altro, però, è una donna fisicamente e caratterialmente forte. (continua…)

Pubblicato in L'AUTORE STRANIERO RACCONTA IL LIBRO   Commenti disabilitati

giovedì, 29 settembre 2016

NOTTURNI di Kazuo Ishiguro

letteratura-e-musica

Il nuovo appuntamento del forum di Letteratitudine intitolatoLETTERATURA E MUSICAè dedicato ai racconti “Notturni. Cinque storie di musica e crepuscolo” di Kazuo Ishiguro (volume pubblicato da Einaudi e tradotto da Susanna Basso).

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Notturni“Notturni. Cinque storie di musica e crepuscolo” di Kazuo Ishiguro (traduzione di Susanna Basso – Einaudi, 2009)

recensione di Claudio Morandini

Sceglie la via della commedia agrodolce, Kazuo Ishiguro, nei racconti di ispirazione musicale che Einaudi ha pubblicato nel 2009 nella limpida, spigliata traduzione di Susanna Basso con il titolo “Notturni. Cinque storie di musica e crepuscolo”.
L’effetto complessivo, piuttosto lontano dalle atmosfere sottilmente, inquietantemente mélo di romanzi come “Quel che resta del giorno” o “Non lasciarmi”, è quello di un mondo di passioni, illusioni (composte) e conseguenti delusioni (mai davvero dolorose), che può ricordare, quanto a ritmo e situazioni, certe canzoni dei bei tempi andati tra il sentimentale e l’ironico, diciamo tra Noël Coward e Cole Porter: brio up-tempo, svenevolezze virgolettate, arguzie british e sottintesi tenuti sotto controllo. Nei dialoghi, nella predilezione per musiche dell’età dell’oro della canzone e del jazz, sembra a volte di trovarsi dalle parti del Woody Allen migliore, quello in cui l’umorismo (anche la comicità più disarmata) non esclude scivolate verso il dramma (che però qui, in Ishiguro, è sempre solo accennato, o per meglio dire eluso).
Lo humour perfettamente british di Ishiguro predilige toni meno farseschi (con l’eccezione del racconto intitolato “Come Rain Or Come Shine”, vera e propria comica slapstick al rallentatore), conversazioni più composte, in cui il non detto finisce per essere più importante delle parole, paradossi meno compiaciuti. Non è cinema, in effetti, è piuttosto teatro, anche nel taglio delle scene, e poco importa che alcuni racconti siano ambientati in luoghi esterni come i rii e le piazze di Venezia o le campagne inglesi. (continua…)

Pubblicato in LETTERATURA E MUSICA   Commenti disabilitati

lunedì, 26 settembre 2016

GIAN PAOLO SERINO con “Quando cadono le stelle” (Baldini Castoldi) a Letteratitudine in Fm

GIAN PAOLO SERINO con “Quando cadono le stelle” (Baldini & Castoldi) in radio a Letteratitudine in Fm di lunedì 26 settembre 2016 – h. 9 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino)


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

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È stato Gian Paolo Serino l’ospite della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 26 settembre 2016.

Con Gian Paolo Serino abbiamo discusso del suo romanzo Quando cadono le stelle” (Baldini & Castoldi).

Di seguito, dettagli su Quando cadono le stelle.

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Quando cadono le stelleGian Paolo SerinoQuando cadono le stelle” (Baldini & Castoldi)

Un attore famoso, alcolizzato e depresso in privato ma simbolo del «sogno americano» in pubblico, riceve una notizia personale che gli cambierà la vita per sempre.
Il più grande artista del mondo, durante l’occupazione nazista, rende immortale la figlia della donna di servizio di un hotel su una spiaggia di Juan-les-Pins, in Francia.
Un giovane scrittore newyorchese s’innamora della figlia di un Premio Nobel per la letteratura. Questa relazione lo sconvolgerà a tal punto da pubblicare uno dei libri più venduti al mondo.
Un anonimo funzionario di una compagnia di assicurazioni si occupa di sicurezza sul lavoro. Conosce una cameriera in un bordello nel ventre nero di Praga e, grazie a lei, troverà il suo modo per salvare l’umanità.
Arrivato alla fine della sua vita, uno dei più grandi scrittori del Novecento si suicida con la canna di un fucile in bocca, mentre una ragazza vitale, chiassosa e ribelle alle regole rigide della sua famiglia, negli anni Quaranta viene sottoposta per volere del padre a un intervento di lobotomia frontale.
Un romanzo corale che ci racconta i luoghi oscuri di quella società dello spettacolo diventata un incredibile e pirotecnico «Grande Show».

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Gian Paolo Serino (Monza 1972). Critico letterario, ha ideato e fondato la rivista letteraria «Satisfiction». Scrive di libri su «il Giornale». Ha collaborato con «la Repubblica», «Libero», «Avvenire», «Il Riformista», «Il Venerdì di Repubblica», «D-la Repubblica», «L’Espresso», «Rolling Stone», «GQ», «Vogue», «Mucchio Selvaggio», «Pulp Libri», «L’Indice dei libri», «Vanity Fair». Ha lavorato con Radio Capital e R101 con la Gialappa’s Band. Ha curato l’edizione italiana de Il compromesso di Elia Kazan, la biografia Dylan Thomas. Essere un poeta e vivere di astuzia e birra di Paul Ferris e Così tante vite. Il Novecento di Giancarlo Vigorelli, con prefazione di Claudio Magris. Nel 2015 ha pubblicato, con ampio successo di lettori e di critica, il saggio Luciano Bianciardi. Il precario esistenziale. Da quattro anni è ideatore di «Parole di Cuore», iniziativa non profit che ogni settimana porta gli scrittori nei reparti pediatrici di molte città. Questo è il suo primo romanzo.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata: “The Show Must Go On” (Queen); “Into The Black” (Chromatics); ”The Show Must Go On” (Pink Floyd).

(continua…)

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

lunedì, 26 settembre 2016

LetteratitudineNews: dal 19 al 25 settembre 2016

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

LetteratitudineNews: dal 19 al 25 settembre 2016

BORN TO RUN di Bruce Springsteen (anticipazione)

PISA BOOK FESTIVAL 2016

SALONE LIBRO / FIERA MILANO: NIENTE ACCORDO

TORINO SPIRITUALITÀ 2016

ELENA VARVELLO racconta LA VITA FELICE


© Letteratitudine
(continua…)

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sabato, 24 settembre 2016

LA CUCCIA DEL FILOSOFO

LA CUCCIA DEL FILOSOFO. Snoopy & Co. di Saverio Simonelli (Àncora)

di Massimo Maugeri

Vorrei dedicare questa nuova puntata della rubrica “Graphic Novel e Fumetti” di Letteratitudine, a un libro che non è – in effetti – né una graphic novel né un fumetto, ma che offre un’ottima analisi saggistica su uno dei fumetti più popolari e amati di sempre: le strisce dei Peanuts create da Charles Schulz (1922- 2000). Stiamo parlando di un’opera a fumetti che, se da un lato riesce a farci sorridere di gusto, dall’altro spesse volte ci induce a riflettere su noi stessi e sulla nostra vita. Il libro in questione è stato scritto da Saverio Simonelli e si intitola “LA CUCCIA DEL FILOSOFO. Snoopy & Co.” (Àncora).
Ne parlo con Saverio nell’ambito di questa corposa intervista, che ci consente già di approfondire la nostra conoscenza di Schulz e della sua opera.

Risultati immagini per saverio simonelli-Caro Saverio, da dove nasce il tuo interesse per Schulz e per i suoi personaggi?
I fumetti di Schulz li ho letti fin da bambino ma all’epoca mi sembravano curiosamente troppo “intellettuali”. Ci sono però tornato da genitore riscoprendone il portentoso potenziale simbolico e surreale quando ho iniziato a leggere le strisce incentrate su Snoopy al mio primo figlio. Nell’occasione visitammo la mostra dedicata a proprio al bracchetto a Roma nel 2002 e da quel momento il legame non si è più sciolto

-Che tipo di prospettive hai scelto per raccontare Schulz e i Peanuts nell’ambito di questo libro?
Partendo da quelle strisce che tra il comico e il surreale mi sembrava aprissero come degli squarci nel nostro vissuto, ma sempre all’insegna di un’ironia, per così dire, di tipo romantico, nel senso che ogni cosa, ogni evocazione, ogni simbolo appare per quanto giusto e espressivo, minimo al cospetto del senso infinito che riesce a esprimere. Per questo mi è stato possibile parlare di un cane filosofo, un ossimoro perfetto, capace di citare la Bibbia a suo uso e consumo, ma di svelare parentele insospettabili con autori del calibro di Beckett, Kafka, Musil.

-Vorrei approfittarne per consentire ai nostri lettori di saperne qualcosa di più su Schulz e sulle sue creature di carta. Raccontaci qualcosa su Schulz…
Schulz era un uomo dalla grande capacità creativa abbinata però ad un forte senso di sfiducia nella possibilità di farsi pienamente apprezzare dal mondo circostante, sentito profondamente come entità estranea al limite dell’ostilità. Cresciuto in una famiglia che lo aveva educato ad un quasi ascetico minimalismo nelle scelte di vita – il padre era barbiere, la mamma morì di cancro prima che il giovane partisse per il servizio militare – ha sempre creduto molto nei propri mezzi ma nel costante timore che in fondo alla sua strada creativa fosse in agguato la delusione, l’incomprensione. Un sentimento che non l’ha abbandonato neanche negli anni del successo planetario. Questi lati opposti del suo carattere si rispecchiano perfettamente nelle due figure cardine del suo immaginario. Charlie Brown, bambino tenerissimo e di grande sensibilità, ma votato a continue sconfitte che pure non ledono mai del tutto il suo istinto a riprovare e Snoopy, il guascone, il cane artista, il vincente, il leader carismatico di quel mondo, capace di interpretare oltre cento personaggi senza alcun senso di frustrazione e rimanendo autenticamente cane appassionato di cibo e sonno.

-Proviamo a conoscerli un po’ meglio questi personaggi, partendo dal punto di vista da cui tu li hai osservati (e poi narrati nel libro). Cominciamo proprio da Snoopy. Cosa puoi dirci di lui? Nel libro c’è un capitolo intitolato “Snoopy, un teologo molto particolare”… (continua…)

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lunedì, 19 settembre 2016

SANDRO VERONESI con “Un dio ti guarda” (La nave di Teseo) a Letteratitudine in Fm

SANDRO VERONESI con ”Un dio ti guarda” (La nave di Teseo) in radio a Letteratitudine in Fm di lunedì 19 settembre 2016 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino)


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

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È stato Sandro Veronesi l’ospite della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 19 settembre 2016.

Con Sandro Veronesi abbiamo discusso del suo nuovo libro Un dio ti guarda” (La nave di Teseo).

Di seguito, dettagli su Un dio ti guarda.

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Sandro VeronesiUn dio ti guarda (La nave di Teseo)

un-dio-ti-guarda-veronesiUn dio ti guarda non è un libro di sport. È un libro di epica. Sandro Veronesi non racconta personaggi dello sport, ma pezzi di storia, della nostra storia. Eroi, semidei osannati dalle folle e consacrati
dalla mitologia, sono accanto a sconosciuti uomini e donne che hanno attraversato stadi, campi di calcio e di tennis, l’aria, il mare e le terre estreme.
Muhammad Alì, e il suo mitico incontro con Foreman; Duke Kahanamoku, il surfista hawaiano bello come il sole, possente, leggero come una farfalla che ha insegnato al mondo a cavalcare le onde più alte del Pacifico; l’immaginazione di Tarcisio Burgnich nella storica Italia–Germania 4 a 3 di Città del Messico; la rocambolesca vicenda di un portiere, Helmuth Duckadam, e della sua jeep nella Romania di Ceausescu; la pattinatrice Tonya Harding, dall’aggressione alla sua rivale al video porno della prima notte di nozze; le ombre della grande boxe che fu, sulla colonna sonora immortale di Franco Califano. Chiude il libro un racconto inedito di Massimiliano Governi. Un dio ti guarda illumina angoli della nostra memoria e della nostra storia, mentre riscrive vicende apparentemente lontane. È un incontro imperdibile, senza arbitri né vincitori, tra la Letteratura e la vita.

sandro-veronesiSandro Veronesi è nato a Firenze nel 1959. È laureato in architettura. Ha pubblicato: Per dove parte questo treno allegro (1988), Live (1996), Gli sfiorati (1990), Occhio per occhio. La pena di morte in quattro storie (1992), Venite venite B–52 (1995), La forza del passato (2000), Ring City (2001), Superalbo (2002), No Man’s Land (2003), Brucia Troia (2007), XY (2010), Baci scagliati altrove (2012), Viaggi e viaggetti (2013), Terre rare (2014), Non dirlo. Il Vangelo di Marco (2015). Pubblicato nel 2005 e vincitore nel 2006 del Premio Strega, Caos calmo è stato tradotto in 20 paesi. Sandro Veronesi ha collaborato con numerosi quotidiani e quasi tutte le riviste letterarie. Attualmente collabora con il “Corriere della Sera” e con “La Gazzetta dello Sport”. Ha cinque figli e vive tra Prato e Roma.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “Momenti di gloria”; “Le Mépris – Camille Thème” di Georges Deleru

(continua…)

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lunedì, 19 settembre 2016

IL CANTORE FOLLE

IL CANTORE FOLLE. Hölderlin e le Poesie della torre (Moretti & Vitali)

di Massimo Maugeri

Il nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” è dedicato a questo nuovo saggio di Francesco Roat intitolato “Il cantore folle. Hölderlin e le Poesie della torre” (Moretti & Vitali). Il libro è incentrato sulla figura del poeta Friedrich Hölderlin (1770-1843), sulla sua poesia e… sulla sua “follia”.
Ho avuto modo di discuterne con l’autore…

-Caro Francesco, come nasce il tuo interesse per le poesie di Friedrich Hölderlin? E come si è evoluto questo tuo interesse al punto da spingerti a dedicargli un saggio?
Hölderlin (1770-1843) a tutt’oggi è considerato unanimemente non solo uno tra i più grandi lirici/scrittori germanici, ma pure uno dei massimi poeti moderni occidentali. Ed io, che sono nato in una regione di confine tra il mondo italiano e quello tedesco (il Trentino-Alto Adige), ho sempre avuto un forte interesse per la letteratura e, in genere, per la cultura tedesca. Negli ultimi anni, non a caso, ho scritto saggi intorno a Goethe, su Rilke e Robert Walser. Era quindi fatale approvassi ad Hölderlin, la cui opera poetica è da senz’altro ritenersi anticipatrice di istanze, inquietudini e forme stilistiche innovative; per certi versi – oso affermare provocatoriamente − quasi novecentesche.

-Approfitterei di questa intervista per contribuire a far conoscere la figura di Hölderlin. Parliamo di lui: che tipo d’uomo è stato?
Direi innanzitutto un personaggio notevole sin dalla più giovane età. Sensibilissimo, appassionato di musica (fu un discreto pianista) e dell’arte in generale, si interessa dapprima dei poeti greci e latini, poi di quelli a lui contemporanei e inizia quindi a comporre egli stesso, andando contro i desiderata della madre che lo vorrebbe pastore protestante. Nello Stift di Tubinga ‒ celebre collegio di studi teologico-filosofici ‒ incontra Schelling ed Hegel, il quale diverrà suo amico fraterno. Ma le loro vie ben presto si divideranno: vocato alla filosofia quest’ultimo, alla poesia Hölderlin, che in seguito avrà la ventura di conoscere Schiller, von Humboldt, Novalis e persino di incontrarsi col vecchio Goethe. Il Nostro scriverà numerose opere: il romanzo Iperione e testi poetici eccelsi, come gli Inni, le Odi e le Elegie; tuttavia egli non verrà comunque mai apprezzato/riconosciuto appieno durante la sua vita. Solo nel secolo successivo infatti la produzione hölderliniana riceve finalmente la considerazione che merita. Ma veniamo al fatidico 1807, quando il poeta cade preda della pazzia, finendo relegato sino alla morte, per i successivi 36 anni, nella cosiddetta torre di Tubinga, dove egli scriverà i suoi ultimi testi, intitolati giusto: Poesie della torre.

-Approfondiamo un po’ di più l’aspetto relativo al disagio psichico di questo poeta. Del resto il titolo del saggio è molto indicativo: “Il cantore folle”. Da dove trae origine la sua “follia”? (continua…)

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lunedì, 19 settembre 2016

LetteratitudineNews: dal 12 al 18 settembre 2016

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

LetteratitudineNews: dal 12 al 18 settembre 2016

ELENA VARVELLO racconta LA VITA FELICE

LA CATTIVA REPUTAZIONE di Francesca Bonafini (recensione)

OMAGGIO A ERMANNO REA

#IOLEGGOPERCHÉ 2016

ETICA DEL LAVORO NELLA NARRATIVA DI PRIMO LEVI


© Letteratitudine
(continua…)

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martedì, 13 settembre 2016

IL MI-TO DEL SALONE DEL LIBRO: UNA PROPOSTA

torino-milano-libriUNA PROPOSTA sul Salone del Libro (tra Torino e Milano)

di Massimo Maugeri

Da giorni si discute della problematica relativa alla organizzazione di  due “Saloni” del libro da svolgersi tra Torino e Milano più o meno nello stesso periodo (leggi qui, qui e qui).
Allo stato attuale, il tradizionale Salone del libro di Torino dovrebbe svolgersi – come sempre – a maggio, mentre la nuova fiera del libro di Milano vedrebbe la luce ad aprile.

Ieri il ministro per i Beni e le attività culturali Dario Franceschini ha proposto l’organizzazione di  «un unico evento che metta insieme Milano e Torino nelle stesse date, che lavori sulla differenziazione e che punti a un’unica governance».
È già stato ampiamente evidenziato che non sarà facile trovare un accordo.
In ogni caso, al di là degli apprezzamenti per la buona volontà e per la proposta del Ministro Franceschini, sorgono alcune perplessità che provo a condividere brevemente qui di seguito.

Il Salone del Libro di Torino è sempre stato il Grande Evento nazionale (e il più conosciuto all’estero, tra quelli organizzati nel nostro Paese) dedicato ai libri e alla letteratura. I visitatori del Salone non sono soltanto i torinesi, ma lettori e addetti ai lavori provenienti da tutta Italia e dall’estero (così come una manifestazione simile realizzata a Milano non sarebbe solo per i milanesi). Immaginare un Salone unico, dislocato contestualmente tra Torino e Milano, non significherebbe dimezzare le possibilità di partecipazione tra le due sedi? Non avendo il dono dell’ubiquità i visitatori non potranno essere contestualmente presenti, nelle stesse date, a Torino e a Milano. Dovranno effettuare delle scelte. Scegliere di essere presenti un po’ qui e un po’ lì, peraltro, comporterebbe comunque evidenti disagi organizzativi e costi ulteriori per tutti. D’altra parte è difficile immaginare che gli editori imbastiscano stand in entrambi i luoghi. Certo, si potrebbe immaginare una sede dedicata alla parte più commerciale (con gli stand) e una dedicata ai grandi eventi. Ma chi farebbe cosa? Come ci si metterebbe d’accordo? E a chi servirebbe davvero uno sdoppiamento del genere?
E allora mi viene da pensare: non sarebbe più saggio e più utile per tutti immaginare un solo Salone, dislocato in una sola sede, da organizzare (insieme) ad anni alterni tra Torino e Milano?
A mio avviso potrebbe essere una buona soluzione.
Per il resto, se si volesse davvero organizzare qualcosa di nuovo e di “ulteriore” si potrebbe pensare a un altro Salone del libro per il Sud del Paese (dove si legge di meno e dove sarebbe davvero utile una presenza letteraria, editoriale e “libresca” forte)… magari itinerante (come è stato detto) e da organizzarsi in un diverso periodo dell’anno. Possibilmente insieme, ovvero per dirla con il Ministro Franceschini «puntando a un’unica governance».
Utopia? (continua…)

Pubblicato in A A - I FORUM APERTI DI LETTERATITUDINE, A MIO AVVISO   24 commenti »

lunedì, 12 settembre 2016

STORIE (IN) SERIE n. 10 – Netflix

Storie (In) Serie

Storie (in) Serie # 10

(Qui, l’introduzione di Massimo Maugeri)

Il nuovo appuntamento dello spazio di Letteratitudine incentrato sulle Serie Tv è dedicato al “caso Netflix”

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Con Netflix le serie tv possono somigliare un po’ di più ai romanzi. Parola di E.M. Forster

di Carlotta Susca

Nelle lezioni tenute al Trinity College di Cambridge nel 1927 (poi pubblicate con il titolo Aspects of the Novel), Edgar Morgan Forster suggerisce un confronto tra il romanzo e il dramma: in «Pattern and Rhytm», lo scrittore sostiene che una struttura narrativa troppo rigida, per quanto sia in grado di conferire Bellezza, nel romanzo lo fa in maniera tirannica, a scapito della mimesi – e quindi dell’immedesimazione dei lettori. Nell’opera drammatica, invece, suggerisce Forster, la rigidità della struttura (una trama in cui tutto torni, costruita come un meccanismo perfetto) è giustificata, perché «la Bellezza può essere una imperatrice sul palco» (p. 145).

Cosa ha a che fare questo con le serie tv?

Se seguiamo il ragionamento di Forster scopriamo anche che una narrazione televisiva, così come una rappresentazione teatrale, consente agli sceneggiatori e allo showrunner di costruire un meccanismo narrativo in cui tutto torni, in cui i singoli elementi trovino una propria collocazione e nulla sia superfluo: gli spettatori saranno più propensi ad accettare la perfezione compositiva perché la storia è messa in scena, proposta per immagini e non per parole. Dalla lettura di un libro ci si aspetta qualcosa che ecceda la scrittura, che sporchi la letteratura di vita: se il romanzo deve essere mimetico, non può essere basato sulla perfezione strutturale, perché la vita non lo è.

È anche vero che applicare le idee di Forster sulla narrazione drammaturgica alle serie televisive non è così scontato, se l’autore accomuna il pubblico del cinema all’uomo delle caverne nell’incapacità di seguire una trama e nella preferenza di una semplice storia che risponda a una serie di ‘E poi?’ (p. 87). Ma ci troviamo nel 1927, il cinema non ha sviluppato appieno le sue potenzialità, e comunque l’autore di Passaggio in India è abbastanza lungimirante da concludere il saggio con l’idea che la letteratura debba fare i conti con le narrazioni audiovisive («will it be killed by the cinema?», p. 151). (continua…)

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lunedì, 12 settembre 2016

LetteratitudineNews: dal 5 all’11 settembre 2016

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

LetteratitudineNews: dal 5 all’11 settembre 2016

ECCOMI di Jonathan Safran Foer (un estratto del libro)

FIERA MILANO E SALONE DEL LIBRO

NAXOSLEGGE 2016- GENERAZIONI: dal 2 settembre al 2 ottobre

MORTE A DEBITO: intervista a Gianni Bonina

FESTIVAL DELL’ERRANZA 2016


© Letteratitudine
(continua…)

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domenica, 11 settembre 2016

A SIMONA VINCI IL PREMIO CAMPIELLO 2016

SIMONA VINCI autrice di “La prima verità” (Einaudi Stile Libero) ha vinto il PREMIO CAMPIELLO 2016. Di seguito, la puntata radiofonica di Letteratitudine in Fm dedicata a “La prima verità” dove Simona Vinci dialoga con Massimo Maugeri.

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO


Simona Vinci con ‘La prima verità’ (Einaudi) ha vinto la 54/a edizione del Premio Campiello beneficiando di 79 voti, sui 280 voti validi della giuria. Seconda classificata: Elisabetta Rasy con ‘Le regole del fuoco’ (Rizzoli) con 64 voti. Seguono: Andrea Tarabbia con ‘Il giardino delle mosche’ (Ponte Alle Grazie), 62 voti; Luca Doninelli con ‘Le cose semplici’ (Bompiani), 41 voti; Alessandro Bertante con ‘Gli ultimi ragazzi del secolo’ (Giunti), 34 voti.

SIMONA VINCI autrice di “La prima verità” (Einaudi Stile Libero) in radio a Letteratitudine in Fm


In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

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Con Simona Vinci abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “La prima verità” (Einaudi Stile Libero) – vincitore del Premio Campiello 2016.

Nella seconda parte della puntata, una lettura del libro.

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Il libro
La prima veritàTra gli abbandonati, i reclusi, i dimenticati Simona Vinci tesse il filo d’oro di una storia che arriva dal passato e viene fino a te, proprio a te che stai leggendo, qui e ora. È una storia scandalosa, perché non si può narrare senza rivelare anche i fantasmi di chi la sta scrivendo.
Ciò che Angela non può sospettare, quando decide di raggiungere l’isola maledetta, l’isola lager, è che il segreto sepolto tra quei bianchi enormi edifici sia piú sconvolgente di ogni immaginazione. E che spetti proprio a lei disseppellire quel segreto e affrontarlo a viso aperto. Costi quel che costi, per il bene di tutti. Ciò che Angela non ha assolutamente messo in conto, è che si apra per lei a Leros l’avventura della vita.
«Poi la serratura, improvvisamente docile, si sbloccò nella sua mano con un gemito e la porta si aprí».

Nel 1992 Angela, giovane ricercatrice italiana, sbarca sull’isola di Leros. È pronta a prendersi cura, come i suoi colleghi di ogni parte d’Europa, e come i medici e gli infermieri dell’isola, del perdurante orrore, da pochi anni rivelato al mondo dalla stampa britannica, del «colpevole segreto d’Europa»: un’isolamanicomio dove a suo tempo un regime dittatoriale aveva deportato gli oppositori politici di tutta la Grecia, facendoli convivere con i malati di mente. Quelli di loro che non sono nel frattempo morti sono ancora tutti lí, trasformati in relitti umani. Inquietanti, incomprensibili sono i segni che accolgono la ragazza. Chi è Basil, il Monaco, e perché è convinto di avere sepolto molto in alto «ciò che rimane di dio?» E tra i compagni di lavoro, chi è davvero la misteriosa, tenace Lina, che sembra avere un rapporto innato con l’isola?
Ogni mistero avrà risposta nel tesoro delle storie dei dimenticati e degli sconfitti, degli esclusi dalla Storia, nell’«archivio delle anime» che il libro farà rivivere per il lettore: storie di tragica spietata bellezza, come quella del poeta Stefanos, della ragazza Teresa e del bambino con il sasso in bocca.
Con
La prima verità che, fin dal titolo, da un verso di Ghiannis Ritsos, allude a una verità di valore assoluto oltre e attraverso le vicende del libro, che si svolgono in luoghi e tempi diversi, e delle vite dei personaggi che via via si presentano al lettore, Simona Vinci torna al romanzo dopo molti anni, e vi torna con una felicità e una libertà mai raggiunte prima

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Simona Vinci è nata a Milano nel 1970 e vive a Bologna. Il suo primo romanzo, Dei bambini non si sa niente (ultima edizione Einaudi Stile libero, 2009) ha riscosso un grande successo. Caso letterario dell’anno, è stato tradotto in numerosi altri paesi, tra i quali gli Stati Uniti. Sempre per Einaudi sono usciti la raccolta di racconti In tutti i sensi come l’amore («Stile libero», 1999) e i romanzi Come prima delle madri («Supercoralli», 2003 ed «Einaudi Tascabili», 2004), Brother and Sister («Stile libero», 2004), Stanza 411 («Stile libero Big», 2006), Strada Provinciale Tre («Stile libero Big», 2007) e La prima verità («Stile libero Big», 2016). Per i lettori più giovani ha pubblicato Corri, Matilda (E.Elle, 1998) e Matildacity (Adnkronos Libri, 1998). Ha scritto il racconto La più piccola cosa pubblicato nell’antologia Le ragazze che dovresti conoscere («Stile libero Big», 2004). Inoltre nel 2010 ha collaborato alla raccolta Sei fuori posto (Einaudi, Stile libero Big). Con “La prima verità” (Einaudi Stile libero) ha vinto il Premio Campiello 2016.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata: Comfortably Numb (versione live di David Gilmour); La danza di Zorba (Dalila); Alfonsina y el mar (Avishai Cohen)

(continua…)

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domenica, 11 settembre 2016

In Inverno le mie Mani Sapevano di Mandarino

Risultati immagini per In Inverno le mie Mani Sapevano di MandarinoLa nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “Graphic Novel e Fumetti“è dedicata a In Inverno le mie Mani Sapevano di Mandarino di Sergio Gerasi (BAO Publishing, 2014)

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Stralunarsi a Milano. Di mandarini, cerniere in testa e dolori quotidiani.

Recensione a Sergio GERASI, “In Inverno le mie Mani Sapevano di Mandarino”

di Furio Detti

Il fumetto di Gerasi è poetico e singolare, purtroppo non convince e non è per lo stralunato, la cifra più forte e di merito di questo fumetto che aspira a farsi graphic novel. È una sensazione fortissima di “deja vu” quella che ci coglie mentre fra pagina 66 e 79, sarà per la ripetizione – che non sembra aggiungere nulla alla storia – dell’attracco all’ennesima isola i cui abitanti mimano vizi e pochissime virtù umane; sarà per il ricorso a caricature rubate sin troppo all’immaginario pop (Berlusconi e il personaggio di Cetto LaQualunque a pag. 66 o l’Hitler dai baffetti poco più lunghi). Ripeto, solo impressioni, ma la storia concepita per intero da Gerasi si impantana di colpo, si arena, per restare in metafora, a metà libro, in un troppo compiaciuto affresco/grottesco che, appunto, non convince. C’è un inceppo narrativo e visuale forse dovuto all’impostazione ripetuta dell’opera, la critica al grottesco della normalità.
Ci si blocca e finisce il rapimento iniziato invece molto bene come una microepica di quotidiana alienzazione, quella del protagonista, Nani, alle prese con una cerniera sulla testa, un trattamento farmacologico per le allucinazioni e le …allucinazioni. (continua…)

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sabato, 10 settembre 2016

JACKIE di Pablo Larrain (dal Festival Cinema Venezia 2016)

Dalla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia pubblichiamo un nuovo articolo di Ornella Sgroi (curatrice della rubrica Letteratitudine Cinema).

Venezia73 – Concorso

“Jackie” di Pablo Larrain

Con Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, John Hurt

di Ornella Sgroi

(Venezia, 10 settembre 2016)

Jackie: oggi in concorso al Festival di Venezia il film con Natalie Portman - Guarda la clip

Pablo e Natalie. Multipli e molteplici. Con classe, maestria e immaginazione. Rispettivamente, regista e attrice protagonista di un ritratto di donna che fugge tutti i rischi del biopic e mette a segno un Larrain “doc”, senza mai ripetersi. Sempre nuovo, sempre diverso, sempre lui. Maneggiando una materia incandescente come incandescente può essere la ricostruzione di ciò che accadde nel cuore, nella mente e nella vita di Jacqueline Kennedy nei tre giorni immediatamente successivi l’assassinio di suo marito, l’amato e compianto presidente degli Stati Uniti JFK, ucciso a Dallas il 22 novembre 1963.
Primo progetto cinematografico americano per il giovane regista cileno, con la produzione esecutiva di Darren Aronofsky che ha diretto Natalie Portman dritto verso l’Oscar per “Il cigno nero”, “Jackie” in concorso alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia è un continuo alternarsi di primi piani, stretti, strettissimi, sul volto della First Lady, per catturarne ogni più intima e sottile sfumatura, ogni emozione, ogni sobbalzo dell’anima. E tutto – dalla musica stridente di Mica Levi alla regia di Larrain, dalla fotografia di Stéphane Fontaine all’interpretazione della Portman – sembra restituire il forte senso di straniamento in cui precipitò Jackie dopo avere tenuto sulle proprie gambe quel che restava del volto dilaniato del marito John.
Dubbi, paure, sensi di colpa. Rabbia, confusione, disorientamento. E tanto dolore. Inerte, immobile, impotente. Con tutti gli occhi puntati addosso ed un protocollo da rispettare, mentre chiusa nelle sue stanze private alla Casa Bianca Jackie ripercorre in una notte ciò che aveva preceduto quel fatidico momento in cui tutto cambiò. Spazzando via il mito di Camelot, tanto caro a JFK e preservato fino all’ultimo dalla sua Jackie. Affinché “nessuno dimentichi che ad un certo punto ci fu un barlume di gioia”.
È così che Larrain ci regala un gioco di contrasti cromatici ed emozionali rari e preziosi. Lavorando con scrupolo certosino alle contrapposizioni tra la Jacqueline pubblica, restituita in bianco e nero attraverso la famosa intervista televisiva in cui la First Lady accompagnò l’America dentro la Casa Bianca “in una visita guidata” in prima persona, e la Jackie privata, a colori, scavata a fondo da un reporter accolto con diffidenza e rigore nella dimora in cui Jacqueline si rifugiò dopo avere lasciato la dimora presidenziale. Un contrasto messo a nudo con una somiglianza sorprendente da Natalie Portman, data come favorita per la Coppa Volpi che verrà consegnata questa sera, grazie alla sua interpretazione raffinata e potente che incarna con la stessa forza la vanità effimera dei balli di corte di questa “regina senza trono” – come l’ha definita lo stesso Pablo Larrain in conferenza stampa a Venezia – e la determinazione dolente che l’ha accompagnata nel lutto. Con la paura che tutto, prima o poi, sarebbe passato e che il suo John sarebbe diventato solo un ennesimo ritratto appeso alle pareti della Casa Bianca.
Che non fu così lo ha testimoniato la Storia e a ricordarcelo, oggi, è questo film rigoroso e solenne, con uno sguardo dinamico e originale che passa attraverso il punto di vista di una donna diventata icona contro ogni sua aspettativa. «Non ho mai voluto la celebrità. Sono solo diventata una Kennedy» dice Natalie/Jackie ad un certo punto al suo prete confessore. E già in queste poche parole è racchiuso tutto il suo mondo. Insieme al senso del film di Larrain. (continua…)

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venerdì, 9 settembre 2016

PREMIO CAMPIELLO 2016 (il SuperCampiello)

PREMIO CAMPIELLO 2016: domani sera, sabato 10 settembre, sarà assegnato il Premio SuperCampiello 2016

Il 10 settembre, a partire dalle 20:40, Rai 5 seguirà in diretta dal Teatro La Fenice di Venezia la finale del Premio Campiello 2016

I finalisti della 54^ edizione del premio letterario promosso da Confindustria Veneto sono stati scelti nel corso di una cerimonia nell’Aula Magna G. Galilei di Palazzo Bo il 27 maggio. Il vincitore assoluto della 54^ edizione del Premio Campiello verrà proclamato sabato 10 settembre a Venezia sul palco del Teatro La Fenice.

La Giuria dei Letterati, composta da autorevoli personalità del mondo letterario ed accademico, presieduta quest’anno dallo storico e docente universitario Ernesto Galli della Loggia, ha scelto cinque romanzi di narrativa italiana tra quelli pubblicati per la prima volta in volume tra il 1° maggio 2015 e il 30 aprile 2016, a cui è stato assegnato il Premio Campiello – Selezione Giuria dei Letterati.

Ecco i vincitori:


(continua…)

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martedì, 6 settembre 2016

PIUMA (dal Festival Cinema Venezia 2016)

Dalla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia pubblichiamo un nuovo articolo di Ornella Sgroi (curatrice della rubrica Letteratitudine Cinema).

Venezia73 – Concorso

“Piuma” di Roan Johnson

con Luigi Fedele, Blu Yoshimi, Sergio Pierattini, Michela Cescon e Francesco Colella

di Ornella Sgroi

(Venezia, 6 settembre 2016)

Leggero come una Piuma. Senza gravità come in Acqua. E se non si sente mai una volta dire la parola Amore, l’Amore si respira ovunque, nella voglia di esserci. Ad ogni costo, con incoscienza e responsabilità.
«La cosa più dolce che possa esserci è la volontà di prendersi cura di chi abbiamo accanto, questo vale molto più delle parole. Non ci credo mai, quando nei film sento dire ti amo. Nella vita non c’è lo diciamo mai, o almeno non così spesso come fanno nei film».
Scherza il regista italiano Roan Johnson, nome inglese e accento toscano. E nel suo modo di dire cose serie con il sorriso sulle labbra, senza filtri e con immediata sincerità, c’è molto del suo modo di fare cinema. Quel cinema che porta alta la bandiera della leggerezza, entrando nelle cose in profondità. Per raccontarle così come sono. Senza filtri e senza troppi cliché.
Lo aveva fatto già nel suo precedente “Fino a qui tutto bene”, storia di un gruppo di coinquilini giunti al fatidico capolinea della convivenza studentesca per fare il tuffo nella vita da adulti. E lo ha confermato con questa nuova commedia, “Piuma”, in concorso alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e in uscita il prossimo 20 ottobre.
Risate a cuore aperto, idee che inondano, tenerezza che prende il largo, poesia che tocca terra per riprendere subito a volare. Come solo due diciottenni saprebbero fare. Messi di fronte ad una gravidanza inattesa arrivata troppo presto. O forse no. Trovando impreparati gli adulti, più che i futuri genitori. Giovanissimi, alle prese con le rispettive famiglie, sgangherate e più caotiche del caos che regnerà sovrano per nove mesi in questo nucleo allargato che schiera in campo un cast indovinatissimo. Dai due protagonisti, Ferro e Cate, interpretati da Luigi Fedele e Blu Yoshimi, ai due padri, Franco e Alfredo, che offrono due ruoli esilaranti a due ottimi attori, Sergio Pierattini e Francesco Colella.
Sono loro a strappare applausi a scena aperta, qui a Venezia, soprattutto Pierattini alle prese con le confessioni del figlio in una scena che vale da sola tutto il film. Girato con lunghi piani sequenza e molti piani di ascolto, per non farci perdere neanche un attimo delle reazioni dei personaggi a ciò che accade loro intorno.
Tutto questo, Roan Johnson lo fa – complice il suo direttore della fotografia Davide Manca – con incanto e fantasia. Riuscendo persino a trasformare Roma in una distesa d’acqua da attraversare a nuoto, lasciando sulla terra ferma la zavorra della razionalità. Che deve comunque fare i conti con il dramma della sopravvivenza e della quotidianità.
Perché essere leggeri, non vuol dire essere irresponsabili. Così come essere giovani oggi non vuol dire necessariamente essere fannulloni e inconsistenti. «L’incontro con i due giovani attori protagonisti è stata la conferma che la scelta fatta nel copione era quella giusta» sottolinea il regista, diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia, allievo di Paolo Virzì e Francesco Bruni, a loro volta figli cinematografici di Age e Scarpelli. Nella tradizione della migliore commedia (all’)italiana.
E se la polemica alla Mostra non è mancata, ad opera di chi non ha ritenuto “Piuma” all’altezza del concorso principale, viene da pensare che sì, a volte, la nazionalità conta. http://www.teknemedia.net/magazine/esposizioni/2016/TKmag57ce75c813efe.jpgNon sempre a vantaggio dell’opera. Che in questo caso non è di certo meno riuscita dell’altra bella – e invece apprezzatissima – commedia in concorso battente bandiera argentina, “Il cittadino onorario” di Gastón Duprat e Mariano Cohn, con altre due prove d’attore sublimi, quelle di Oscar Martinez e Dady Brieva. Protagonisti di una intelligente divagazione sul tema della notorietà e della provincia, in cui lo humor è il risultato di situazioni scomode che invitano lo spettatore a pendere posizione uscendo dalla propria passività. Un’acuta riflessione critica sul mondo della cultura, della letteratura e dei premi, che peraltro celebra l’importanza della semplicità dell’Arte. Semplicità che, nel campo della scrittura, viene definita “un gesto di generosità creativa”.
E a proposito di premi, chissà se mai qualcuno avrà il coraggio di fare a Venezia un discorso spiazzante e geniale come quello pronunciato dallo scrittore argentino (immaginario) Daniel Mantovani alla consegna del Nobel per la letteratura. Potrebbe essere un’idea per un eventuale remake, di cui si fantastica già, qui in Laguna.
(continua…)

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lunedì, 5 settembre 2016

LetteratitudineNews: dal 30 agosto al 4 settembre 2016

letteratitudinenewsLetteratitudineNews:

dal 30 agosto al 4 settembre 2016

IL TEATRO SULL’ACQUA 2016: intervista a DACIA MARAINI sul suo nuovo spettacolo teatrale

TAOBUK 2016: ospiti e programma

OMAGGIO A TOMMASO LABRANCA

NAXOSLEGGE 2016

© Letteratitudine
(continua…)

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domenica, 4 settembre 2016

THE YOUNG POPE (dal Festival Cinema Venezia 2016)

Dalla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia pubblichiamo un nuovo articolo di Ornella Sgroi (curatrice della rubrica Letteratitudine Cinema).

Venezia73 – Fuori Concorso

The Young Pope – episodi 1 e 2

di Paolo Sorrentino

con Jude Law, Diane Keaton, Silvio Orlando, Javier Cámara, Cecile De France, Gianluca Guidi

di Ornella Sgroi

(Venezia, 4 settembre 2016)

Paolo Sorrentino non si è posto il problema di quale potrebbe essere la reazione del Vaticano alla sua nuova impresa artistica, “The Young Pope”, serie in dieci puntate prodotta da Sky, HBO e Canal+ presentata in anteprima con i primi due episodi Fuori Concorso alla 73ª Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Lo ha dichiarato il regista napoletano, con grande disinvoltura, in conferenza stampa. E dopo avere visto le prime due puntate non c’è dubbio che sia così. Perché se ci avesse pensato anche solo per un attimo, probabilmente, molta dell’originalità vivace e sfrontata della sceneggiatura e della messa in scena ne avrebbe risentito. Laddove invece l’inizio di “The Young Pope” risulta irriverente e critico, brillante e grottesco, divertente e pieno di spunti di riflessione. Come non erano riusciti ad essere nella loro immobile solennità “La Grande Bellezza” e “Youth”. Per quanto l’equilibrio funambolico di questa nuova avventura non permetta, in soli due episodi, di capire dove e come Sorrentino affonderà il colpo. «Con un lavoro che affronta con curiosità e onestà, senza pregiudizi, le contraddizioni, le difficoltà e gli aspetti più affascinanti del clero».
Parola del regista. Che si imbatte in questa nuova esplorazione raccontando le gesta del primo Papa americano della storia, Pio XIII, un papa che fuma, mangia pochissimo, inneggia all’anonimato mediatico e beve solo coca cola alla ciliegia. Eccentrico, arrogante e ironico, capriccioso e un po’ folle. Ma anche ingenuo, dubbioso, dolente e vacillante. Con un piglio tutto da capire, incarnato abilmente da un Jude Law istrionico che si presta a giocare a sua volta con l’ossessione di Sorrentino per i dettagli e le sfumature e che, ammirato dal «linguaggio meraviglioso di Paolo», ha definito «un onore essere stato un colore sulla sua tavolozza».
Già dalle prime sequenze, oniriche e spiazzanti, risulta subito chiaro che non c’è niente di ordinario né di già visto nel giovane Papa di Sorrentino, che in una scena si definisce intransigente e vendicativo e che nasconde invece molte fragilità. Un Papa che sullo schermo diventa presto personaggio e che a sua volta inizia ad emergere come ruolo pubblico interpretato a sua volta da un orfano dal carattere incontrollabile che di nome fa Lanny Belardo. «In fondo anche lui non è altro che un attore» a sentire Jude Law e sembrerebbe proprio così. Una mina vagante, eletto in calcio d’angolo da un conclave che ben presto capirà di avere forse commesso uno sbaglio.
In che direzione non è dato saperlo, almeno non prima di avere visto la serie completa. Tenendo bene a mente però quanto dichiarato da Sorrentino al Lido per fugare possibili riferimenti a Papa Francesco: «Nulla esclude che dopo il Papa attuale non ne venga eletto un altro diametralmente opposto. È illusorio credere che la Chiesa abbia avviato un vero percorso duraturo di liberalità».
In un prodotto seriale concepito per la televisione ma scritto e girato con i canoni del grande cinema, ad incarnare gli aspetti manipolatori e politici della Chiesa ci pensa il nostro Silvio Orlando, nelle vesti porporate del Cardinale Voiello, che rincorre la fede calcistica più che quella in Dio. Accanto a lui, un cast di comprimari d’eccellenza, da Diane Keaton a Javier Cámara, da Scott Shepherd a Cécile de France, passando per un superlativo Gianluca Guidi, che si distingue per ironia e sberleffo anche solo nel movimento di un sopracciglio. Mentre osserva di sottecchi la spregiudicatezza con cui il nuovo papa potrebbe usare il proprio potere. Se poi lo farà davvero, chissà. Bisognerà aspettare il resto della storia per saperlo, quindi il 21 ottobre con la messa in onda della serie completa su Sky Atlantic in Italia e in contemporanea in Germania, Regno Unito, Irlanda, Austria e Francia. (continua…)

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sabato, 3 settembre 2016

FRANTZ di François Ozon (dal Festival Cinema Venezia 2016)

Pubblichiamo il primo degli articoli dalla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia a cura di Ornella Sgroi (curatrice della rubrica Letteratitudine Cinema).

Venezia73 – Concorso

“Frantz” di François Ozon

di Ornella Sgroi

(Venezia, 3 settembre 2016)

Ci sono registi che riconosci senza difficoltà per uniformità di stile e linguaggio, a volte persino guardando anche un solo fotogramma. E poi ci sono registi come François Ozon che riconosci subito nonostante ogni suo film sia sempre diverso dal precedente e sebbene sia praticamente impossibile classificare il suo cinema dentro una sola precisa categoria.
Mai uguale a se stesso e sempre pronto ad esplorare nuovi generi, il regista francese torna alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia per la terza volta in concorso con “Frantz”, dopo avere debuttato proprio al Lido nel 1999 con “Amanti criminali” e avere realizzato con questa nuova pellicola il suo sedicesimo film.
Forte dei suoi ultimi successi, da “Potiche” a “Giovane e bella”, da “Nella casa” a “Una nuova amica”, passando dalla commedia colorata e brillante all’indagine più intima e psicologica, oggi Ozon porta in competizione una storia che gioca ancora con il tema dell’identità, questa volta viaggiando indietro nel tempo e portandoci nel bianco e nero della Germania e della Francia del 1918. Con quella che sembra una semplice storia d’amore spezzata dalla guerra e pronta a rinascere in un nuovo potenziale innamoramento capace di andare oltre l’odio per il nemico e che invece si trasforma, poco alla volta, nella ricerca di una nuova dimensione individuale e affettiva che trova nella splendida protagonista, la Anna di Paula Beer, romanticismo e forza, grazia e furore, passione e senso di protezione per chi le ha fatto da genitore. Tutto questo Ozon lo racconta con un bianco e nero elegante, sfumato di passaggi a colore sbiadito dal tempo, facendosi perdonare un inizio apparentemente banale che invece si trasforma in un nuovo punto di vista, conquistando con discrezione e garbo l’attenzione – e perché no, anche il cuore – dello spettatore. Complice la nota cinefilia del regista francese, che anche in “Frantz” rievoca tanto bel cinema del passato. Da cercare negli sguardi, come in quello dell’attrice Marie Gruber che sussurra la poesia di Giulietta Masina. Nelle inquadrature, come quella che incornicia la giovane Anna sulla panca del Louvre davanti al quadro di Manet, rimandando la memoria a Vertigo di Hitchcock. E nella fotografia, che evoca il cinema di Charlie Chaplin ed Ernst Lubitsch, autore di “Broken Lullaby”, adattamento per il grande schermo dello spettacolo teatrale di Maurice Rostand cui anche il film di Ozon si ispira.
È così che “Frantz” si propone come un film da esplorare con pazienza e da assaporare con lentezza, facendo decantare le suggestioni che suscita oltre la più scontata delle apparenze. Prendendosi il tempo – e la libertà – di ritrovarvi un disperato bisogno di rinascere, protetto e custodito dentro una bugia bianca. Coraggiosa e folle, come solo l’amore sa essere. In tutte le sue declinazioni. (continua…)

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giovedì, 1 settembre 2016

LETTERATITUDINE alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016

Letteratitudine sarà ufficialmente presente alla 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia – come “testata” indipendente – con la partecipazione agli eventi della critica cinematografica Ornella Sgroi (curatrice della rubrica Letteratitudine Cinema).
Potrete seguire i servizi da Venezia di Ornella Sgroi, a partire dal 3 settembre…
(continua…)

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Letteratitudine: da oltre 15 anni al servizio dei Libri e della Lettura

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"Cetti Curfino" di Massimo Maugeri (La nave di Teseo) ===> La rassegna stampa del romanzo è disponibile cliccando qui

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OMAGGIO A ZYGMUNT BAUMAN

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OMAGGIO A TULLIO DE MAURO

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RATPUS va in scena ratpus

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Ricordiamo VIRNA LISI con un video che è uno "spot" per la lettura

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"TRINACRIA PARK" a Fahrenheit ...

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