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mercoledì, 11 giugno 2008

L’INDECENZA di Elvira Seminara: una moglie, un marito, una colf straniera

Elvira Seminara fa la giornalista e vive ad Aci Castello (in provincia di Catania). È docente di Storia e tecnica del giornalismo nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania. Ha curato diverse trasmissioni radiofoniche per la Rai ed è redattrice del quotidiano “La Sicilia”. Ha pubblicato il racconto lungo Bayt al-rih – Casa del vento (Siciliano, 2004) e Sensi. Donne sull’orlo dell’isola (Sanfilippo, 2005), un libro-inchiesta sulle donne siciliane.
Ho il piacere di presentarvi Elvira Seminara qui a Letteratitudine in occasione dell’uscita del suo romanzo d’esordio L’indecenza (Mondadori, 2008, pag. 181, € 17).
Una moglie e un marito abitano in una villa circondata da un giardino rigoglioso dove, in lontananza, si vede “l’Etna che si staglia contro il cielo limpido e il mare scintillante”. A un certo punto una ragazza dagli occhi azzurri e le trecce bionde suona alla porta: è Ludmila, la nuova colf ucraina. Giovane, innocente, piena di speranze, Ludimila vivrà con loro e diventerà parte della famiglia.
Questi i personaggi.
Per capirne di più potrete leggere, di seguito, la recensione realizzata in esclusiva da Sabina Corsaro e un’intervista, pubblicata su Repubblica, che l’autrice del libro ha rilasciato a Silvana Mazzocchi.
Avrete modo di ascoltare l’incipit del libro, e saggiare gli effetti della bella penna della Seminara, collegandovi a Radio Alt (una volta aperta la pagina cliccate su su “ascolta l’incipit”).
Il libro affronta diversi temi.
C’è il tema della follia, di cui abbiamo discusso altre volte. C’è il tema della precarietà degli equilibri famigliari. E poi c’è il tema dell’ambivalenza: come sostiene la stessa Seminara nell’intervista, si tratta di ambivalenza “non solo del genere umano. Viviamo in un mondo sempre più ibridato, mescolato, contaminato. Ambivalenti sono i nostri sentimenti, ma anche la natura intorno, sempre più irriconoscibile, malata, insidiata dai virus della contaminazione, e non solo simbolica purtroppo”.
E poi si innesta l’argomento “colf straniere”.
Insomma, potremmo affiancare alla discussione sul libro una serie di dibattiti collaterali.
Per esempio…
Ritenete che, oggi, gli equilibri famigliari siano più precari rispetto a un tempo?
Viviamo davvero in un mondo sempre più ambivalente, ibridato, mescolato, contaminato?
E come fare per uscire dal circuito dell’ambivalenza?
E poi… avendo la necessità di beneficiare dei servizi di una colf… sarebbe meglio assumerne una italiana o una straniera? E perché?

Vi ringrazio anticipatamente per l’attenzione e per la cordialità che riserverete a Elvira Seminara, che parteciperà a questo dibattito.
Sabina Corsaro mi darà una mano a moderarlo.
Massimo Maugeri

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L’INDECENZA di Elvira Seminara

recensione di Sabina Corsaro (nella foto)

sabina-corsaro.jpgL’indecenza può essere intesa come una lunga e graduale involuzione verso la non comunicabilità; il contatto della protagonista con il mondo oggettivo subisce una graduale alterazione attraverso un viaggio su binari costantemente in bilico tra sensazioni elegiache e stati d’animo cupi. L’alternarsi dei sentimenti e delle emozioni della protagonista si riflettono nel graduale alternarsi delle stagioni, con descrizioni minute, rese impeccabili da una scrittura ‘pittorica’. Lo sguardo di Elvira Seminara è attento, acuto; uno sguardo che si posa senza remore sui pensieri ingarbugliati, sull’animo imperscrutabile e insondabile. Le idiosincrasie della protagonista, le sue allucinazioni esistenziali, il confine tra l’opacità e la trasparenza in cui è posto il suo animo inquieto, emergono lentamente attraverso un linguaggio che si amplia e intensifica con climax, enfasi psicologiche e danno vita ad una spirale espressiva che risucchia i personaggi e i lettori in un unico vortice.

Le stagioni vengono descritte attraverso il linguaggio delle cose, dello spazio, con espressioni umanizzate, mediante una continua osmosi tra aggettivi e sensazioni, tra oggetti e stati d’animo: “C’era un silenzio, ad esempio, che tessevamo come un filo, trasparente e teso, come quello della biancheria. Ci appendevamo i nostri pensieri ad asciugare al sole, a sventolare” oppure: “Erano a volte pensieri umidi e vecchi, specialmente i miei, un poco mesti come calzini spaiati, oppure sfatti come stracci”. Le stagioni, il tempo, si personificano: “Ci eravamo distratti. Mentre pioveva, l’autunno si era stabilito a casa nostra con tutti i suoi bauli”.

La violenta passionalità che aleggia nell’animo della protagonista è inizialmente latente e solo alla fine del libro si intuisce che essa era celata dietro un presagio: la descrizione della scena della gabbia dentro la quale i piccoli criceti si mostrano col capo mozzato, perchè appena divorato dalla mamma criceto. L’inquietante scena della gabbia dei criceti preannuncia un’altra tragedia che si compirà; la microrealtà dei piccoli esseri irromperà oltre le sbarre della gabbia e si amplierà fino ad innescare nuovi tragici ingranaggi nelle esistenze delle due spettatrici inebetite.

Ed ecco comparire le ombre: “Ci sono ombre che a loro volta fanno ombra, oppure si mescolano tra loro… ombre in movimento, più svelte delle cose da cui nascono, ombre a grappolo, trappole, che sembrano ombre di cose invisibili. Ombre spezzate, ma originate da cose intere… Le cancellavo con lo straccio, quelle per terra, e ricomparivano”. E mentre la luminosità dell’estate accoglie la ‘bambina’ dai grandi occhi azzurri, l’autunno sprigiona la viscida infelicità, da tempo compressa, entro la quale poco per volta annegano i personaggi.

L’indecenza assume diverse sembianze: ora quelle di ciò che non è adeguato socialmente, ora del non corretto linguisticamente: “incedente”. Ma l’indecenza è, paradossalmente, nella complessità del libro, soprattutto lo scontro tra lo stato innocente della ragione e la sua parte forzata che diviene accondiscendente alle norme della vita. Può essere inoltre l’istintività smaliziata di Ludmila, macchiata dall’adattamento alle regole quotidiane ed esistenziali all’interno di una casa che mostra crepe profonde.

La lettura è resa accattivante da un linguaggio che oltrepassa i caratteri del genere noir e trascina il lettore in un affascinante gioco di forme e pensieri. Scrittura pittorica dicevo, perché il linguaggio descrittivo dell’autrice pone i riflettori sull’essenza delle cose, sullo spazio e ne umanizza le immagini che in esso si generano.
Sabina Corsaro

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Intervista su Repubblica
di Silvana Mazzocchi

Elvira SeminaraUNA donna che rimane prigioniera del dolore per il suo bambino mai nato. E un marito che non riesce a dissolvere la rabbia e la sofferenza che consumano un amore ormai alla fine. Tra loro Ludmila, una ragazzina con trecce bionde e occhi blu. E con un’innocenza più destabilizzante di un uragano. Ludmi è ucraina, arriva in Sicilia, non è abile nei lavori domestici, non sa fare nulla con professionalità. Ma basta che lei appaia con la sua svagata bellezza per riempire la casa e il giardino di nuova vita. La sua è una presenza che innesca calore dove c’era freddo, luce dove c’era ombra. E, con lei, nulla sarà più come prima. Un noir intimo, tessuto di sensualità e grazia.
E’ L’indecenza, il romanzo d’esordio di Elvira Seminara (nella foto), in libreria per Mondadori.

Un romanzo ha sempre un perché?
“Non so per gli altri, per me sì. Più che nell’ispirazione, io credo nella cospirazione. A un certo punto della vita, è come se tutto congiurasse perché tu scriva quella storia, un albero, una certa luce che ci sbatte sopra, un fiume di parole che devi arginare e incanalare in ragionamenti o immagini, se no rischi di esserne travolta, e sragionare. Ma questo è il perché a monte, diciamo fisiologico. Poi c’è un perché più strutturale, e di solito lo ritrovi dopo, alla fine del romanzo. Alla parola fine, ho pensato di aver scritto questa storia perché da un po’ sono coinvolta e impaurita dal tema dell’ambivalenza. Non solo del genere umano. Viviamo in un mondo sempre più ibridato, mescolato, contaminato. Ambivalenti sono i nostri sentimenti, ma anche la natura intorno, sempre più irriconoscibile, malata, insidiata dai virus della contaminazione, e non solo simbolica purtroppo”.

Ludmila, la protagonista, è luce, eppure crea ambiguità
“Lei è multiforme, come gli altri, e per questo crea ambiguità. Anche la sua bellezza è pericolante, insidiosa, e la sua grazia è instabile. Oscura. E’ insieme prodigio e sgomento. Anche i suoi sentimenti per l’uomo e la donna sono ambigui, carichi di innocenza e malizia. E’ un’adolescente, impara presto a esercitare potere sulla coppia grazie alla sua giovinezza, ma lei stessa è ignara del suo potenziale di rischio. Di fronte alla sua ambivalenza naturale, affiorano ed esplodono le inquietudini della coppia che la ospita. E’ ambivalente la donna, che guarda a lei confusa e intimorita, con un sentimento fatto di eros e tenerezza materna, è ambivalente l’uomo che la vuole proteggere sino, forse, a possederla. Ambivalente è la casa, insieme trappola e nido. Ambivalente è l’amore senza più corpo fra marito e moglie, fatto di silenzi senza abbandono, di ricordi senza più forme, di colpe senza imputazioni, di amore senza più amore”.

Qual è L’indecenza richiamata dal titolo?
“Questa parola la pronunciano tutti e tre i personaggi, ma ciascuno in un senso diverso, e addirittura Ludmi lo fa sbagliando. Indecente è la natura ma anche la casa, che qui è un personaggio a tutti gli effetti, è un organismo che soffre, geme, si spoglia, si infetta. Indecente è il dolore quando non gli dai un nome, è il nostro difetto di comunicazione, è la perdita della fiducia, dell’armonia”.

Quanta Sicilia c’è nel libro?
“C’è l’Etna che ricopre tutto, uomini e cose, con un sudario di polvere nera che toglie l’aria e i contorni. E’ una metafora ma anche un fenomeno “naturale”. C’è un mare che fa perdere i sensi a Ludmila, c’è una natura feroce ed eccessiva, cannibalesca, che insidia le fondamenta stessa della casa, con le radici che spingono sotto il pavimento, e i rampicanti che premono per entrare. Una natura fortemente erotica ma ambivalente, fatta di piante che si incrociano sino a produrre improbabili innesti. Una natura carica di una vitalità furiosa ed esorbitante, che tuttavia non genera vita e slancio, ma piuttosto morte e detriti”.


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Scritto mercoledì, 11 giugno 2008 alle 07:33 nella categoria SEGNALAZIONI E RECENSIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

164 commenti a “L’INDECENZA di Elvira Seminara: una moglie, un marito, una colf straniera”

Buona giornata a tutti.
Un ringraziamento a Sabina Corsaro per la recensione e per l’aiuto che mi darà nel condurre questo post.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 07:36 da Massimo Maugeri


Ringrazio anticipatamente tutti voi per l’accoglienza cordiale che riserverete a Elvira Seminara (alla quale va, ovviamente, un grande in bocca al lupo).

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 07:38 da Massimo Maugeri


Ascoltate l’incipit su Radio Alt.
Che ve ne pare?
Vi piace l’idea dell’incipit recitato?

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 07:39 da Massimo Maugeri


Elvira Seminara è moglie di Antonio Di Grado, docente di letteratura italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania.
Tempo fa, se vi ricordate, presentammo questo libro di Di Grado:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/10/18/giuda-loscuro-di-antonio-di-grado-recensione-di-sabina-corsaro/
Anche in quell’occasione chiesi a Sabina Corsaro di predisporre una recensione.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 07:44 da Massimo Maugeri


Vi ripropongo le domande poste per il “dibattito generale”:
Ritenete che, oggi, gli equilibri famigliari siano più precari rispetto a un tempo?
Viviamo davvero in un mondo sempre più ambivalente, ibridato, mescolato, contaminato?
E come fare per uscire dal circuito dell’ambivalenza?
E poi… avendo la necessità di assumere una colf… sarebbe meglio una colf italiana o una straniera? E perché?

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 07:45 da Massimo Maugeri


Caro Massimo,
ringrazio te perché per me è sempre un piacere scrivere per Letteratitudine.

Devo dire che il libro di Elvira Seminara mi ha preso in modo continuo in quei 3-4 giorni in cui l’ho letto; il linguaggio usato è seducente, stimolante, per cui hai sempre voglia di sapere cosa succede e specialmente di continuare ad entrare in quelle atmosfere in cui riesci sul serio ad estraniarti per un po’ da tutto. Poi, dopo la lettura, oltre alle sensazioni forti ti rendi conto che c’è tanta riflessione pronta a venir fuori, per via della molteplicità di tematiche attuali che nel libro sono contenute.

Al contatto con ‘l’altro’ soprattutto mi riferisco (lo straniero), a cui Massimo stesso ha accennato tra i temi da poter sviluppare. E credo che in un momento come il nostro sia importante parlarne quanto più possibile per cominciare a comprendere quali possano essere dei compromessi civili e ragionevoli.

L’autrice avrà il piacere di intervenire quanto prima su Letteratutidine, quindi chiunque lo desideri potrà rivolgerle delle domande, delle riflessioni, delle opinioni sul concetto dell’indecenza e sul suo libro.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 08:07 da sabina corsaro


Mi piace questo post. Un saluto a Elvira Seminara, persona squisita, che ho avuto il piacere di avere ospite a Sortino, qualche anno addietro, in occasione della Mostra- Mercato dell’editoria siciliana, quando abbiamo presentato Bayt al-Rih.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 08:11 da Salvo zappulla


Ho letto la recensione e l’intervista.
Belle.
Ho anche ascoltato la lettura delle prime pagine sul sito Radioalt. La scrittura della Seminara sembra molto coinvolgente. C’è atmosfera.
Complimenti.
Smile

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:02 da Elektra


Un abbraccio forte forte a Elvira. Il suo libro è già sul mio comodino e appena sarà terminato il mio tumultuoso impegno di lavoro ( che Elvira conosce…) sarò tutta per lei. Bayt al-rih – Casa del vento, mi piacque moltissimo. Era un libretto intenso, dove l’autrice era alle prese con le affascinanti ombre esoteriche di Casimiro Piccolo. Altro libro, altro genere, più giornalistico e patinato, ma non per questo meno coinvolgente. Vi rimando ad una mia recensione di allora: http://www.ildito.it/articolo.asp?id_articolo=818
E vi segnalo anche questa bella video-intervista che l’autrice ha rilasciato a Booksweb: http://www.booksweb.tv/#
Grazie sempre a Massimo Maugeri per le sue belle segnalazioni.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:04 da Rosa Maria/BitLetteratura


Il titolo, “L’indecenza”, evoca i classici titoli dei romanzi moraviani. Chiedo alla Seminara e alla Corsaro: c’è, in questo libro, qualche attinenza con la narrativa di Alberto Moravia?

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:17 da Lorenzo


…indecenza è sviamento da ciò che è decente.
Ma cosa è decente?
La colf coglie la coppia in un momento di ripiegamento in se stessa, di dolori non detti.
La coglie nel buio già cresciuto, nei vuoti tesi di chi vive sfiorandosi senza appartenersi.
La coglie – credo – in un disamore che avanza.
Questo è indecente.
Il silenzio che precede il trauma.
E in cui la novità si insinua come un rimedio. O un sollievo.
Un sollievo che non dipana le risposte. Che può confondere e ammaliare. Che può intrigare e sedurre.
Ma che ha il merito – credo – di spezzare un piatto rincorrersi di giorni. Un rallentato andare del tempo condiviso.
E allora – forse – molte indecenze hanno la forza – almeno – di un grido. Di una parola. Di una necessità.
Di mettere a nudo una verità difficile da confessarsi: che l’indecenza più grande sta nel lasciare che tutto si consumi. Che la disfatta si allunghi sulle ore senza lamenti.
Senza parole.
Vorrei chiedere ad Elvira Seminara se condivide l’idea che il crollo dell’universo familiare possa affondare le radici in questi deserti della memoria e dello spirito. In questa incapacità di dirsi. Di dire. Di annodare i lembi di un colloquio che non andrebbe mai spezzato.
L’indecenza dell’arrivo di un altro, di un terzo, credo che sia sempre anticipata da una voce interrotta.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:21 da Simona


Prima domanda di Massimo: Ritenete che, oggi, gli equilibri famigliari siano più precari rispetto a un tempo?
Beh, sì. A pelle direi di sì. Quali le cause? Molteplici. La prima, secondo me, la fretta eccessiva. La mancanza di comunicazione, ecco. Credo che oggi, in famiglia, si parli un po’ di meno rispetto a qualche tempo fa. Ma forse è un luogo comune.
C’è mancanza di comunicazione tra i coniugi protagonisti di questo libro?

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:23 da Elektra


Dimenticavo…..
Smile

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:24 da Elektra


Credo che Simona abbia già risposto alla mia domanda.
“… incapacità di dirsi. Di dire. Di annodare i lembi di un colloquio che non andrebbe mai spezzato.”
Sono d’accordo.
Aspettiamo la risposta dell’autrice.
Smile

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:27 da Elektra


Grazie per aver invitatato i tuoi amici, caro Massimo a rispondere a questi quesiti attuali che il libro della scrittrice Elvira Seminara pone.

Non ritengo che gli equilibri famigliari oggi siano piu’precari di quelli del
tempo passato.
Se vogliamo parlare del fenomeno separazione tra coniugi, disgregazione del nucleo famigliare di tipo patriarcale, solo all’apparenza puo’ emergere come improvviso e non previsto fenomeno.
In realta’ il lavoro della donna, il fatto che i ragazzi vengono mandati fuori zona a lavorare o a studiare, che ciascuno desidera abitare per conto proprio, trovo sia in segno di crescita e maturità.
Di assunzione precoce dei responsabilita’, nel sapersi gestire fuori dell’ambito famigliare ed avere quall’autocoscienza che e’ alla base della formazione di una personalita’ adulta.
Si rompono equilibri e se ne formano nuovi, anche se il processo di cambiamento non e’ privo di difficolta’.
Personalmente non trovo la famiglia di un tempo, ne’ unita, ne’ portatrice di valori etici importanti.
La famiglia di un tempo mi appare semplicemente chiusa, sorda a qualsiasi contatto con sollecitazioni che provenissero dall’esterno, incubatrice di profondi silenzi,di infelicita’ avolte celate , altre volte conclamate, mai ascoltate.
Uno stagno insomma, dove la personalita’ dei deboli era sacrificata all’ipse dixit del padre, intollerante e fermo nei propri pregiudizi, uno su tutto quello di mantenere la facciata, difendere la citttadella ed altre amenita’ del genere per poi cercarsi i propri spazi fuori della cerchia domestica, in circoli, club, e quant’altro.
Forse non se faceva divulgazione come ora, per pudore, per una ambiguita’ di fondo che e’ caratteristica dell’adattarsi alle circostanze

Matrimoni combinati, nascite non volute, amori ancillari, erano una consuetudine , certo poco rispettosa dedi diritti della persona.
Soccombevano i piu’ giovani, gli adolescenti, le fanciulle, le donne in genere ed un tramonto preannunciato impediva l’espandersoi gioioso di un’alba.

Goethe diceva che bisogna essere disposti ai cambiamenti ed auspicava l’avvento di nuovi popoli e nuova linfa vitale,aveva ragione.

Ben vengano dunque situazioni nuove, purche’ siano accettate positivamente, nel rispetto della liberta’ altrui, nell’accoglienza civile e dunque programmata.
Poiche’ se ritengo che le lavoratrici straniere non siano piu’ infide di quelle delle antiche casi borghesi, e’ altrettanto vero che mi fa orrore vedere tanti morti galleggiare sulle acque, ragazze sfruttate dalla prostituzione e violenze di ogni genere.

Non e’ la societa’ che deve restare immobile, non avrebbe senso, quello che dovrebbe rimanere saldo e’ il rapporto fra l’uomo ed il suo simile.

Se ci fosse, non vi sarebbero i morti in autrostrada, le violenze sui bambini, insomma tutte quelle piaghe che si attribuiscono alla societa’ attuale, solo perche’ c’e’ una maggiore informazione, ma che erano gia’ presenti, sotto altre forme, in tutte le forme di societa’.

Non e’ un argomento che si puo’ esaurire, ma parlarne serve a far cadere miti e costruire pian piano un terreno su cui rendere possibile oggi una convivenza civile.

Questo in breve cio’ che penso .Un caro saluto_CaterinaNicoletta Accettura.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:28 da Nicoletta


Complimenti a Elivira Seminara per questo suo romanzo che mi sembra già fascinoso anche senza averlo letto. Sarà che alle ambientazioni siciliane non resito, sarà per il tema che mi sembra molto attuale, sicuramente lo leggerò. Merito anche della recensione di Sabina corsaro che fa venire voglia di leggerlo, e di farlo in fretta.
@ Massimo
1) Ritenete che, oggi, gli equilibri famigliari siano più precari rispetto a un tempo?
Si, Massimo, purtroppo si. O forse c’è solo più libertà e meno impegno per mantenerlo, questo equilibrio. Si sfalda tutto in modo semplice e automatico…ma non chiedermi i motivi perchè starei qui a far un elenco infinito!
2) avendo la necessità di assumere una colf… sarebbe meglio una colf italiana o una straniera? Io ne assumerei una brava, senza preoccuparmi che sia italiana o straniera. Ovviamente, considerando la presenza di un uomo a casa mia, dovrebbe essere di mezza età, cicciottella e col culone, altro che Ludmila!! ;-)

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:41 da Silvia Leonardi


@ Nicoletta
Sono d’accordo con te sul fatto che gli equilibri non siano meno precari di un tempo. Oggi lo sembrano maggiormente solo perchè non c’è difficoltà ad ammetterlo. Gli “scompensi”, le solitudini, le rotture, una volta implodevano (e forse faceva anche più male), oggi esplodono e basta.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 09:44 da Silvia Leonardi


L’altro libro di Elvira Seminara che avevo recensito era “Sensi”. Nel post di prima non l’avevo specificato.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 10:12 da Rosa Maria/BitLetteratura


Condivido in pieno l’intervento di Nicoletta. Non credo che le famiglie di una volta fossero più sane e che il mantenimento a tutti i costi di tale nucleo fosse un patrimonio da custodire. Semplicemente il soggetto più debole (in genere la donna) si rassegnava a subire una condizione di sudditanza nei confronti dell’altro. Soprattutto al sud, lo scandalo di una separazione era duro da accettare, e la donna aveva nel marito l’unica fonte di sussistenza, sacrificando ogni aspirazione “incubatrice di profondi silenzi”. Ben vengano leggi liberali che permettono agli individui con più snellezza di liberarsi dalle pastoie burocratiche; leggi osteggiate da una chiesa bigotta e conservatrice. Non è un vincolo legale che può tenere legate due persone ma un sentimento, spesso deterioratosi con l’incalzare del tempo. Io ritengo superato il matrimonio e consiglierei alle nuove generazioni un semplice rapporto di convivenza. In quanto al ruolo delle lavoratrici in casa, il problema maggiore consiste nel fatto che le straniere accettino di lavorare in nero, senza aver riconosciuto il proprio stato, contribuendo ad incrementare una situazione di illegalità. Negli anni addietro le famiglie nobili utilzzavano le serve per svezzare sessualmente i rampolli, con il beneplacito di tutti, la miseria e l’ignoranza costituivano un deterrente a qualsiasi tentativo di ribellione. Io non ho ancora letto il libro di Elvira ma penso che questi temi nel romanzo siano trattati e Ludmilla assurga al ruolo di protagonista in grado di spezzare una situazione stagnante e logora. Così mi pare di intuire dalla presentazione.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 10:23 da Salvo zappulla


@silvia Leonardi.
Hai mai pensato di assumere “un colf?” Per la par condition. Sono disoccupato, di mezza età e abbastanza cicciottello. Potrei fare al caso tuo.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 10:51 da Salvo zappulla


Un saluto ricambiaterrimo al massimo al sergio sozi e al luca. Sto periodo latito per tanto studio. Luca, l’esame, se è quello che dici te è mercoledi. grazie:) E pure alla Simona eh:)))

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 10:56 da zauberei


Grazie per la segnalazione. Questo libro sarà la mia prossima lettura.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 11:04 da Marta


Un saluto a Salvo Zappulla (autore di un libro che ho letto anni fa: “Il Maresciallo dei sogni rubati”, con Prova d’Autore), a Silvia Leonardi per l’apprezzamento della mia recensione (tra i miei propositi c’è la futura lettura del libro “Allo specchio”).

Ad Elektra: è sempre un piacere essere accolti dalla tua simpatia e dai tuoi interventi pertinenti agli argomenti.

Ho trovato molto suggestive e lucide le riflessioni di Simona, prediligendo questa frase: “Il silenzio che precede il trauma… la voce interrotta”.
Alla domanda di Lorenzo, intanto, rispondo io (in seguito lo farà Elvira):
attinenza con Moravia? Indubbiamente il titolo potrebbe essere moraviano, così come questo scavo pisicologico nei personaggi, questi lunghi silenzi che vengono sostituiti da interminabili sensazioni e monologhi interiori della protagonista. In tal senso potrebbe esserci qualcosa di moraviano e personalmente credo che proprio il comprendere più strati di lettura, di influenze e riflessi lasci intuire quanto sia errato a volte parlare di genere.
L’Indecenza è molto più di un noir, è un libro che dà adito ad una lettura multiforme ed eclettica.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 12:53 da sabina corsaro


Grazie Sabina, sarei onorata. Davvero. :-)
@ salvo zappulla
ah ah ah…se non fossimo così lontani, perchè no?? un colf come te non me lo perderei di certo :-) )

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 13:12 da Silvia Leonardi


Ciao Sabina,
nella tua magistrale recensione descrivi con molta lucidità i complessi stati d’animo della coppia in una alternanza di enfasi e prostrazioni che li costringono quasi a uno stato di staticità fisica. In questo contesto mi sembra di capire che l’avvento della ragazzina straniera assuma un ruolo liberatore, un risveglio dei sensi purificatore. Nuova linfa vitale per l’anima.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 13:15 da Salvo zappulla


Complimenti alla scrittrice Signora Elvira Seminara e Chiarissimo Professore all’Università di Catania, ché il suo romanzo è così delicato da sembrare una tessitura con fili d’oro ma anche con una sua colonna sonora, ché l’autrice mi sembra nella narrazione come una concertista al pianoforte che sviluppa questo suo tema ormai della memoria con intensità e variazioni di movimenti musicali: certo, è la mia sensazione: quando l’autrice va oltre la propria scrittura letteraria e diventare una partitura musicale il racconto ma anche un film con immagini nitide e sentimenti contrastanti che rilasciano i profumi e gli odori dei ripensamenti ma non dei
rimpianti,forse.
Forse ho esagerato sicuramente: ma ho letto sentitamente l’incipit, l’intervista e Simona che anche lei vivo come concertista e in questo caso appassionata come un Editor: povero me!
Luca Gallina

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 14:08 da luca


Le risposte ai quesiti di Massimo:
Ciascuno di Noi è da tempo ormai che non basta più a se stesso: gli impegni quotidiani non solo le ambizioni personali e familiari che difficilmente riescono a farci superare uno stato catartico: perché le delusioni a vario titolo ci lavorano dentro e scavano la pietra della nostra anima:perché una pietra è diventata la nostra anima; questa potrebbe essere la ragione maschile, per esempio, la vera “indecenza”, certo dal mio punto di vista.
Ma a una donna non possiamo chiedere di non sentire il vuoto dentro di sé come un richiamo straziante che non riesce a colmare
Lei e soprattutto lo scontro tra lo stato innocente della ragione e la sua parte forzata che diviene accondiscendente alle norme della vita: né con una maternità e né
banalmente con una storia d’amore dove l’egocentrismo dell’uno non si può coniugare in una comunione profonda e armonica d’intenti con l’egocentrismo dell’altra, forse.
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Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 14:09 da luca


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A questo punto mi rimane la risposta alla domanda delle colf: italiane o straniere.
Cosa? Lo sapete che a Milano non si trovano: dobbiamo seguire il passa parola con le filippine e prendere in seria considerazione le signore dell’est e distinguere se l’impiego necessità come badante o per la gestione della casa: perché quelle italiane con Noi da 35 anni le figlie le hanno sistemate meglio: certo, chi se l’ho può permettere le cerca direttamente nelle scuole alberghiere, in sostituzione della vecchia governante e per le pulizie rimangono le comunitarie in regola con il permesso di soggiorno.
Del resto bei tempi quelli passati, negli anni ’80 a Milano ma anche a Napoli: in montagna in Svizzera o a Roccaraso incontravi le famiglie in giro con una filippina per ogni figlio e nello chalet c’era la cara Vincenzina che ci dava col mattarello preparando la pasta all’uovo: bei tempi si fa per dire, però era cosi!
Luca Gallina

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 14:10 da luca


@Luca Gallina.
Sarebbero tempi ancora più belli, per tutti, se le povere filippine avessero la possibilità di trovare lavoro nel proprio Paese.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 15:16 da Salvo zappulla


Leggo ora intervista e recensione. Il libro mi sembra molto interessante, e mi intriga sotto il profilo professionale. Mi piace questa cosa dell’equilibrio nevrotico che viene destabilizzitato e portato all’evoluzione da uno squilibrio, mi piacciono tutte le ambivalenze cui si accenna, mi sembraa vero, mi sembra onesto verso l’umanità ecco. Non ci possiamo più permettere i buoni e i cattivi e la commedia dell’arte, con i ruoli fissi e le certezze. E trovo anche molto sano politicamente che un libro tolga la “colf” dalla parola di “colf” dallo stereotipo e la restituisca alla sua singolarità alla sua storia, alla sua individualità.
le domande di Massimo – ciao Massimo!
1. L’umanità non cambia, non diviene più complessa con il tempo, nè più felice, nè più infelice nè più o meno ambivalente. Ogni volta che si crea un cambiamento culturale si spera di poter decidere se prima era meglio o peggio, ma stare si sta sempre allo stesso modo, perchè il malessere e il benessere sono nello stile delle cose che facciamo prima ancora che nelle cose stesse: tradotto: se uno è depresso grave e rompicojoni esso è depresso grave e rompicojoni sposato con dieci figli ottant’anni fa, oggi in una forma familiare leggermente diversa, ma sarà il suo modo di starci a dagli il destino.
2. La seconda domanda MAssimo… mi imbarazza. Come se la nazionalità davvero prevalga sull’individualità: è una domanda che sollecita commenti razzisti, se si stabilisce una preferenza, sollecita generalizzazioni. Sono meglio straniere perchè, sono meglio italiane perchè. Non lo so non mi piace. So benissimo che sei in ottima fede e vuoi solo sollecitare il dibattito, dico solo la mia impressione sulla frase ecco.
Io per mio, ce l’ho una Ludmilla per casa. Cioè i miei genitori. La mamma della mia Ludmilla era a casa di mia nonna, non pagava affitto e lavorava per conto suo. Quando è morta mia nonna non avendo un posto civile dove andare è andata da mia mamma, e ora dalla Russia è venuta la piccina 13 anni. Sicchè insomma da mia mamma mo’ c’è un reggimento:))
Non fanno niente, perchè non c’è bisogno di niente, non pagano niente, ma noi figlie con questi genitori anziani e sbadati siamo più serene. Loro si sentono ottimi, le due hanno una stanza in centro e insomma ecco qua. E poi devo dire. Un sacco di allegria: le telefonate dei fidanzatini della Ludmilla. La nuova energia politica a difendere i razzismi di cui è oggetto LUdmilla mamma e Ludmilla piccola. I mei genitori che soffrivano l’arrivo della vecchiaia, e che facevano fatica a sentirsi marginalizzati dal centro della vita, trovano in questa situazione una nuova linfa, una prova seconda di familiarità. La questione è che a prescindere dalla nazionalità, in tutti i rapporti umani è bene essere fortunati.
Magari veniva una da Zagarolo ed era una stronza che lèvate.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 17:03 da zauberei


A proposito di ambiguità, società moderna, a me un film che è piaciuto molto (scritto e diretto da Blake Edward è Victor Victoria (1982).
La trama racconta di Un artista di sesso femminile che per lavorare (altrimenti moriva di fame) si mise i panni di uomo che fingeva d’essere donna.
L’ambiguità elegante di questo personaggio femminile volto al maschile, grazie alla sua arrapante femminilità, riscosse molto successo. Divertente e distaccato, nei panni di uomo in doppiopetto con tanto di sigaro in bocca, ricordo l’attrice per il buon gusto e lo stile: meritò il plauso generale di maschi e femmine, senza lasciare reminiscenze morbose e scandalose an entrambi i sessi. Victor Victoria non fu un film applaudito perchè mise in relazione vojerismo ed esibizionismo e l’intreccio piacque per il travestimento al di là del travestito. E non si pensi all’aspetto culturale che non si cimentò di trattare e neppure a riflettere su aspetti morali – sociali, fu puro spettacolo senza divieto per i minori.
Ciao.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 17:17 da rossella


A Salvo Zappulla rivolgo i miei ringraziamenti per il ‘magistrale’ dato alla mia recensione, io credo che siano i libri a determinare la bellezza di una recensione.
La ragazza ucraina, è vero, nella vita di una coppia la cui freddezza è solo adornata da parole e frasi di circostanza, in una morsa di disperato tentativo di tenere in vita qualcosa che inevitabilmente è destinato ad estinguersi, dopo un grande dolore. Ma la sua presenza sarà uno scontro tra emozioni ed effetti contrapposti. Prolunga, in modo meno angoscioso, una convivenza di affetti che ormai non sono più radiosi, intensi ma solo di prassi, di dovere; nello stesso tempo riesce a dare quella forza necessaria per potare ciò che non è più rigoglioso.

Trovo interessante l’intervento di Luca, e il suo accostare le parole alla musica: la scrittura è melodia talvolta, Proust scrive un lungo pianto accorato, la sublimità della parola, credo, è legata al raggiungersi della musicalità di un testo. Basta togliere una sola parola per stroncarla.

Oltre ai temi rilevati da Massimo (a cui molti di voi hanno già dato avvio) si può aggiungere anche quello della nostra ragione in bilico tra la sua parte oscura e primitiva (innocente) e quella che accetta il contratto con il viver civile.
Insomma gli argomenti sono vari e in un certo senso per vari aspetti abbiamo più volte modo di associare il concetto del perturbante (lo straniero, gli istinti, la follia).

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 17:18 da sabina corsaro


Oltretutto Julie Andrews è una grande attrice e protagonista di classe.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 17:24 da rossella


Vi ringrazio per i vostri interventi.
Un grazie speciale alla brava Sabina.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 17:36 da Massimo Maugeri


Fuori argomento ne approfitto per salutare Rossella Grasso (autrice del commento qui sopra).
Cara Rossella auguri per la tua mostra.
Per chi fosse disponibile e interessato: dal 21 al 28 giugno 2008, nei locali della ex pescheria, sala nuova “Francesco Messina”, Comune di Giarre, sarà possibile ammirare le opere pittoriche di Rossella. “Ritratti su juta”, questo il titolo della mostra.
Orari: tutti i giorni, dalle 16 alle 20.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 17:45 da Massimo Maugeri


@ Zauberei
Grazie per il tuo intervento e per le belle risposte.
La mia domanda “colf straniera/italiana” non è per nulla razzista (ci mancherebbe). Come hai sottolineato tu è volta a favorire il dibattito.
La mia impressione è che di colf e badanti italiane non ce ne siano tante in giro… e che quelle straniere stiano aiutando e “salvando” le nostre famiglie spesso a discapito delle loro (che sono costrette a lasciare nei luoghi d’origine).
È, appunto, un argomento di attualità.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 17:52 da Massimo Maugeri


Ringrazio Rosa Maria per la segnalazione dell’intervista su Booksweb.
Inserisco di seguito il link completo:
http://www.booksweb.tv/content/show/ContentId/507
A dopo!

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 18:01 da Massimo Maugeri


Per le domande di Massimo:

1) la precarietà degli equilibri familiari è sempre esistita.
2) “contaminazione” è un termine forte, che potrebbe voler dire molte cose. In verità si, credo che ci barcameniamo in una specie di equilibrio instabile…
3) No, la ricetta per uscirne fuori non esiste.
4) La colf? Per quanto mi riguarda, purché oneste, italiane o straniere, è del tutto indifferente.
Infine:
“La lettura è resa accattivante da un linguaggio che oltrepassa i caratteri del genere noir e trascina il lettore in un affascinante gioco di forme e pensieri”. Così scrive Sabina e mi sembra già una nota di merito.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 18:08 da bitletteratura.blogspot.com


Ri-fuori argomento. Io ho visto alcuni dipinti di Rossella, (anche se solo in foto) sono davvero stupendi, credo valga la pena fare un salto a Giarre.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 18:35 da Salvo zappulla


@ Sabina Corsaro
La sua recensione così sentita e puntuale, mi ha motivato in realtà ad entrare in sintonia con la voce femminile narrante come uomo che riconosce i silenzi e i sentimenti profondi di tutte le donne problematiche – intendo qualcuna che ho conosciuto – ed ecco per magia: la colonna sonora del racconto ha preso il solfeggio attraverso la sua recensione Sabina Corsaro,l’intervista di Silvana Mazzocchi e Simona Lo Iacono e sempre in successione le altre signore intervenute in quest’occasione: perché tutte Voi assieme all’autrice avete composto la colonna sonora che si amplia attraverso la lettura partecipata femminile: ché la figura maschile è ombra o forse si perde nei silenzi del racconto: povero me e povero lui il marito, questo ho percepito, forse ho esagerato.
Grazie!
Luca Gallina

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 18:49 da luca


@Salvo Zappulla
Certo, sono d’accordo con te e ti posso garantire che per il futuro le filippine saranno costrette a ritornare nel loro Paese: perché gli appartamenti saranno monolocali e bilocali, in Milano, per le giovani coppie che si metteranno insieme – certo etero e non – puoi immaginare gli affitti e il costo dei mutui in tutta Italia.
Mentre le italiane hanno ragione a non lavorare in casa degli altri: non se ne può più dello sfruttamento del lavoro domestico: eppure nemmeno le giovani compagne,compagni, sposati e non italiani vogliano fare i casalinghi a tempo pieno e allora: quando gli orari e impegni di lavoro non coincidono chi prima arriva cucina, lava e stira: questi sono tempi belli!
Io stavo ricordando gli anni ’80 come testimonianza di una media borghesia con le case importanti: che oggi solo i politici e l’amico dell’amico si possono permettere cotante case, forse.
Luca Gallina

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 18:53 da luca


@Luca. Non volevo certo far polemica. Intendevo solo spezzare una lancia in favore di povere donne straniere costrette a vivere in condizione quasi di schiavitù, lontane dai propri affetti , insieme a tante altre ancora più sfortunate(albanesi, rumene, nigeriane) che battono per le strade. Una vera piaga sociale che andrebbe affrontata con maggior decisione.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 19:06 da Salvo zappulla


Ho ascoltato la lettura dell’incipit. Essendo romano non so quanto l’atmosfera del romanzo sia nata grazie (anche) alla Sicilia. A prescindere dalle influenze socio-geografiche, però, mi ha colpito quello che avverto come un “decadentismo” lucido che rinnega l’estetismo e punta sulla parola-immagine. Rimango sempre favorevolmente colpito quando una frase “fa luogo e ambiente”. Auguro grande successo alla scrittrice e mi complimento con Sabina Corsaro per l’efficace e comprensibilissima recensione.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 19:47 da enrico gregori


Nella bellissima intervista della Mazzocchi – precise le domande ed eccellenti le risposte – il seguente passo mi fa pensare che questo romanzo mi piacera’. Tenebrosamente, ma mi piacera’:
-
”Ludmila, la protagonista, è luce, eppure crea ambiguità
“Lei è multiforme, come gli altri, e per questo crea ambiguità. Anche la sua bellezza è pericolante, insidiosa, e la sua grazia è instabile. Oscura. E’ insieme prodigio e sgomento. Anche i suoi sentimenti per l’uomo e la donna sono ambigui, carichi di innocenza e malizia. E’ un’adolescente, impara presto a esercitare potere sulla coppia grazie alla sua giovinezza, ma lei stessa è ignara del suo potenziale di rischio. Di fronte alla sua ambivalenza naturale, affiorano ed esplodono le inquietudini della coppia che la ospita. E’ ambivalente la donna, che guarda a lei confusa e intimorita, con un sentimento fatto di eros e tenerezza materna, è ambivalente l’uomo che la vuole proteggere sino, forse, a possederla. Ambivalente è la casa, insieme trappola e nido. Ambivalente è l’amore senza più corpo fra marito e moglie, fatto di silenzi senza abbandono, di ricordi senza più forme, di colpe senza imputazioni, di amore senza più amore”.
-
Si’, perche’ il dolore che avvolge – nube mefitica – il trio mi discosta alquanto terrorizzandomi, ma anche mi lascia capire che costituisce e pone le basi di un’opera di vera letteratura.
Decadente.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 22:41 da Sergio Sozi


P.S.
Azzardo: ci sia Moravia, di mezzo? Chi ha letto la Semerara me lo dica. Grazie.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 22:43 da Sergio Sozi


Pardon: Seminara.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 22:43 da Sergio Sozi


Sabina Corsaro,
bentornata a Letteratitudine.Si ricorda i nostri colloqui di qualche mese or sono? Saluti Cari.
Sozi

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 22:44 da Sergio Sozi


Penso ci sia molto di “condivisibile” in questo libro di Elvira Seminara, perché il tema mi è caro e mi sembra sia quello delle percezioni. Non intervengo mai su un libro che non ho letto ma “curioserò” al più presto fra le pagine , per cercare le immagini che Sabina Corsaro evoca nella sua recensione “la microrealtà dei piccoli esseri irromperà oltre le sbarre della gabbia e si amplierà fino ad innescare nuovi tragici ingranaggi nelle esistenze delle due spettatrici inebetite.”
I criceti imprigionati nel moto continuo della giostra, ci corrispondono efficacemente; prigionieri, noi, di quella mancata semplicità che ci destina all’estinzione, come scriveva Ezra Pound…ma non ho ancora letto…

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 23:15 da miriam ravasio


Intanto vi ringrazio per i nuovi commenti.
Spero che Elvira abbia la possibilità di intervenire quanto prima.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 23:16 da Massimo Maugeri


Per gli amici milanesi
L’ufficio stampa Mondadori mi ha segnalato che Elvira Seminara sarà a Milano a presentare il romanzo L’INDECENZA venerdì 13 giugno, alle ore 18.30, presso la Libreria Feltrinelli (piazza Piemonte, 2 – Milano).
Insieme all’autrice saranno presenti Franco Battiato e Alessandra Casella.
Chi può… vada!

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 23:18 da Massimo Maugeri


@ Miriam
Hai colto una metafora. Scrivi: “I criceti imprigionati nel moto continuo della giostra, ci corrispondono efficacemente; prigionieri, noi, di quella mancata semplicità che ci destina all’estinzione, come scriveva Ezra Pound”.
Sabina, sei d’accordo?
E tu, Elvira?

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 23:20 da Massimo Maugeri


Elvira, rivolgo anche a te la seguente domanda:
A tuo avviso, oggi, gli equilibri famigliari sono più precari rispetto a un tempo?

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 23:21 da Massimo Maugeri


Sempre per Elvira Seminara…
Come è nata l’idea che ti ha spinto alla scrittura di questo romanzo?
Quanto tempo hai impiegato per scriverlo?
Quante stesure?

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 23:23 da Massimo Maugeri


Adesso vi saluto e vi auguro buonanotte.

Postato mercoledì, 11 giugno 2008 alle 23:31 da Massimo Maugeri


Una domanda per la Signora Seminara,
Le piace Moravia?
Cordiali Saluti
Sozi

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 00:16 da Sergio Sozi


Ricopio una domanda/osservazione della Simona Lo Iacono che faccio mia, sperando in una risposta dell’autrice:
”…indecenza è sviamento da ciò che è decente.
Ma cosa è decente?
La colf coglie la coppia in un momento di ripiegamento in se stessa, di dolori non detti.
La coglie nel buio già cresciuto, nei vuoti tesi di chi vive sfiorandosi senza appartenersi.
La coglie – credo – in un disamore che avanza.
Questo è indecente.
Il silenzio che precede il trauma.
E in cui la novità si insinua come un rimedio. O un sollievo.
Un sollievo che non dipana le risposte. Che può confondere e ammaliare. Che può intrigare e sedurre.
Ma che ha il merito – credo – di spezzare un piatto rincorrersi di giorni. Un rallentato andare del tempo condiviso.
E allora – forse – molte indecenze hanno la forza – almeno – di un grido. Di una parola. Di una necessità.
Di mettere a nudo una verità difficile da confessarsi: che l’indecenza più grande sta nel lasciare che tutto si consumi. Che la disfatta si allunghi sulle ore senza lamenti.
Senza parole.
Vorrei chiedere ad Elvira Seminara se condivide l’idea che il crollo dell’universo familiare possa affondare le radici in questi deserti della memoria e dello spirito. In questa incapacità di dirsi. Di dire. Di annodare i lembi di un colloquio che non andrebbe mai spezzato.
L’indecenza dell’arrivo di un altro, di un terzo, credo che sia sempre anticipata da una voce interrotta.”
-
Poi aggiungo la mia interrogazione:
perche’?

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 00:22 da Sergio Sozi


Risposta a Maugger sugli equilibri familiari:
la famiglia e’ la famiglia. Crepi il mondo. Punto. Ragioni chi lo possa. Io no.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 01:31 da Sergio Sozi


@ Sergio…credo perchè cerchiamo sempre ciò che non abbiamo. Perchè non amiamo ciò che ci manca.
E perchè quando qualcosa ci manca , non sappiamo dirlo. O non siamo stati educati a dirlo nel modo giusto.
In questi incavi dell’anima c’è dolore. C’è solitudine, anche.
C’è, in nuce, la possibilità di sbagliare.
Anch’io credo che la famiglia sia una congregazione sacra e da consacrare. Ma non ignoro – come dice Jeshoua (grande indagatore degli equilibri familiari…vedi L’amante) – che è una delle istituzioni più rischiose che esista.
Perchè esige un amore rinnovato. E che abbia voglia di rinnovarsi ogni giorno.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 08:01 da Simona


Eccomi ! Scusate il ritardo, sono giorni convulsi… Grazie a tutti, anzi uno per uno, Massimo Sabina Salvo Elektra Luca Nicoletta Simona Silvia Marta Sergio e tutti quelli che sto dimenticando. Vi ho letto tutti con grande sorpresa, allegramente stesa e snudata sul tavolo operatorio…
Ok. Comincio, cioè accordo gli strumenti (musicali, non chirurgici !!!) sapendo che tanto è solo l’inizio di questo concerto di voci.
Chi è lei, Ludmila. Forse é l’ Altro da noi. Il perturbante. La seduzione e la paura. Qualcuno citava Teorema di Pasolini. Ma è anche lo straniero che accogliamo in casa bisognosi e diffidenti, cui deleghiamo l’enorme responsabilità dei nostri affetti, la cura dei bimbi e degli anziani. E’ in questo fatale ossimoro, il massimo dell’estraneità nel massimo dell’intimità, che si nasconde e nutre il legame, il mistero, l’insidia. O la trappola, in questo caso.
Nella mia storia, essendo Ludmi ucraina, si scatena anche il conflitto emotivo-esistenziale fra i due mondi, un Occidente sazio e annoiato e un Oriente “adolescenziale”, smarrito e affamato di consumi, emozioni. La ragazza è la più forte, ha il potere della giovinezza, esprime un eros dimenticato dalla coppia, ma sarà lei a essere divorata, cannibalizzata, da quella casa.
In un’ Italia sempre più sterile e invecchiata, incapace di riprodursi in ogni senso, Ludmi col suo fulgore macchiato, la sua innocenza pericolante è forse anche una metafora.
Con lei esplode il difetto di comunicazione che già corrode quella casa. La donna non sa come chiamarla, lui glielo scrive sul foglio, lei sbaglia, poi contrae il nome per comodità: Ludmi. E la ragazza usa parole del ‘52, sbanda fra lessico e intonazioni, inciampa nell’”incedenza” (incedere, incidente, indecente…).
Questo, quanto a una lettura simbolica. Se però, come sento necessario, devo parlarvi da “dentro”, cioè dal profondo della storia, devo confessare che sul piano narrativo il ruolo di Ludmi non è legato alla sua identità di “colf”, di “straniera” o di “ucraina”, nel senso che il turbine emotivo ci sarebbe stato anche se lei fosse stata un’ospite inglese capitata per lavoro o per caso fra i due.
Lei è Ludmi è basta, è l’unica ad avere un nome… gli altri non si chiamano mai, l’avete notato?

Ma non vi voglio annoiare, penso che un autore che si auto-legge è quanto di più efferato si possa subire… Anche perchè, diciamolo senza vergogna, quando scrivi non pensi alle implicazioni teoretiche o sociologiche, scrivi e basta, e almeno io quando scrivo sono in una specie di trance iper-percettiva, dove la “logica” è solo dentro l’ingranaggio, interrata nel congegno narrativo… Insomma una logica (ehm che azzardo)… ipersensoriale. Forse perchè scrivo di getto, in modo vorace e predatorio, e questo romanzo l’ho scritto in tre mesi, in un’estate…
Sono tornata, dopo, solo sulle pagine “fredde”, quelle invernali, perchè per “girarle” dovevo toccare l’inverno.

p.s. Sì, un romanzo sulla decadenza. Una storia di dissolvimento, di decomposizione, sfaldamento. Cento giorni. Dove si sgretola tutto, i protagonisti, la casa, le relazioni, la natura. Una lenta e oscura cremazione.

So di non essere stata esauriente, mi scuso, però vi prometto che ne parleremo ancora. Adesso sto per partire, vado a Milano per la presentazione di domani…E sono anche un po’ ansiosa, perchè manco a dirlo io e Franco Battiato abbiamo scelto il giorno… della partita dell’Italia !…
… Mi sento praticamente un ‘idiota… Poi vi dirò. Fate una preghiera “ipersensoriale” per me !
A prestissimo, grazie a tutti. E complimenti a te, Massimo, per questo blog straordinario
elvira

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 09:57 da Anonimo


Ho finito di leggere i Vostri ultimi interventi e il punto di vista maschile che sento più vicino a me è quello espresso da Sergio e auspico anche: il dialogo nella coppia amorevole e complice e l’amore come attrattiva fondante irrinunciabile per costruire una famiglia solidale – che il rincorrersi anche doloroso nella coppia ci può stare – e aperta alla comprensione della vita totalizzante: humus necessario per crescere entrambi uniti con obiettivi comuni, – non ultimo la maternità, la cui mancanza non deve produrre sensi di colpa nella moglie da riversare sul marito come vittima e carnefice – aggiungerei; il terzo incomodo femminile, invece, mi ha fatto sorgere un dubbio che il più delle volte può succedere che due donne possano decidere di punire un uomo che sentono lontano da una delle due: la moglie in realtà cerca, questa è la mia percezione, con la complicità tacita della ragazza giovane e inesperta d’illudere con la sua avvenenza il marito: un uomo che per sua natura cerca la vera femminilità in una donna: estenuato presumo dalle problematiche retoriche e infelicità negazione della moglie; in buona sostanza, la vittima inconsapevole è il marito che non si dovrebbe fidare di una presenza femminile estranea seppur alettante, ché potrebbe complice con la moglie infierire un’ennesima negazione et umiliazione all’uomo superficiale e debole nell’eros.Perché No?
Segue%

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 11:02 da luca


Segue%
P.S. Ma diciamola tutta: la moglie non stima gli uomini in generale e preferisce condividere con una donna estranea che seduce, anche se più giovane e attraente, e consumare la sua vendetta di donna egocentrica: sarebbe stato lo stesso se la protagonista avesse avuto una figlia; certo, sarebbe mancato l’eros e per un uomo sarebbe stato più comprensibile la trama a suo danno: alla prima avvisaglia di rancore e di complicità delle due donne!
Così mi piacerebbe leggere il significato della vera “indecenza”: dal mio punto di vista maschile.
Luca Gallina

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 11:04 da luca


@Massimo
Grazie, per la dritta, venerdì sono fuori Milano o ritorno in tempo o dovrò contattare l’ufficio stampa per farmi avere la cartella di presentazione ed eventuale video: Ciao, bella perfomance con Battiato e la Casella: la scrittura in musica e la Sicilia tutta docet!
Luca Gallina
P.S. Se vado vi racconto: Battiato è il mio mito da sempre e siciliano come fu il mio papà.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 11:06 da luca


Un saluto all’autora! Quanto ha ragione quando dice che chi scrivwe non pensa mica alla psicologia e alla sociologia eh se no scriverebbe da cani! Complementi ancora per il libro e anche per questo commento.
Tuttavia aggiungo, una frase rubata al postino Trosi: arriva un momento in cui “la poesia non è di chi gli scrive, ma di chi gli serve”.
E dunque, mi viene da dire a Luca, al di la di una singola dinamica ben racocntata, nelle vicissitudini psichiche di una famiglia non ci sono mai buoni e cattivi, razionali e irrazionali, faccende che riguardano uno solo e l’altro no, nessuno in una famiglia subisce soltanto o esercita soltano, le ambivalenza sono ovunque. E dunque, in una coppia la gravidanza mancata non è mai un problema solo di lei.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 11:49 da zauberei


il postino Troisi
scusate i refusi

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 11:55 da zauberei


Sì si scrive per scrivere, ed così è anche per le altre arti; si scrive con piacere e con tutte le emozioni che i sentimenti ci provocano. E’ il bagaglio della Memoria che fa la differenza ( oltre, naturalmente, la tecnica). Elvira Seminara ha risposto buttando lì, per prima cosa, l’Oriente e l’Occidente, stanco il primo (ho appena letto Galimberti)e adolescente il secondo; così adolescente che ancora non conosce i “classici,” li sta imparando qui… filtrati da noi, da quello che siamo…indecenti.
Qualcuno, su un altro blog, sostiene che nella lettura non si debba cercare, ma prendere quello che c’è, perché ognuno scrive come scrive e i gusti sono tutti rispettabili. No! Non è così, chi legge cerca, si immedesima, coglie l’emozione, vuol capire i sentimenti, condividere con l’autore i pensieri: un libro è un libro e scrivere vuol dire comunicare.
Leggerò L’indecenza al più presto!!!!
Saluti a tutti.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 12:36 da miriam ravasio


Cara Zauberei, certo che la maternità è condivisa ed è possibile solo se entrambi i coniugi la desiderano per sé sia come continuazione che profondo atto d’amore fondante del loro progetto di vita sia privato che pubblico – pazienza se non c’è maternità, ché una donna e un uomo di per se sono un perfetto intero, grazie all’unicità delle due belle creature umane complici – e mi auguro di avere chiarito: ma in astratto l’interprete principale l’ho percepita come una donna fredda ed egocentrica capace di tutto: rinfacciare una mancata gravidanza e anche di sfruttare una situazione dove una seconda donna bella,giovane,inesperta, inconsapevolmente – subisce il fascino di una donna matura che vede fragile in un dato momento – e che viene in suo aiuto e si fa da tramite per destabilizzare emotivamente un uomo meno complicato della moglie: che l’amore lo riesce ad esprimere solo se stimolato e ricambiato da una femminilità che evidentemente latita nella moglie e che non vuole cogliere la danza d’amore del marito maldestro e la sua modalità solo ormonale, forse: questa è l’ambivalenza vera ed espressione d’ indecenza: dal mio punto di vista maschile. Certo, se fosse dimostrabile che è così!
Segue%

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 13:39 da luca


E , invece, quando ciascuno di Noi saprà ascoltare e valorizzare la diversità dell’altro, solo allora lo auspico, Si che ci sarà comunione e intesa d’amore: fra un uomo e donna che seppur incompatibili sapranno perdersi e ritrovarsi comunque e sempre Insieme,forse!
Allora: perché io sono già al secondo matrimonio e non so ancora rispondere?
Faccetta gialla: perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, forse!
Ciao cara amica Zauberei, schietta e onesta semper, di scrittura virtuale e questa volta abbraccio anche te, se me lo consenti
Luca Gallina
P.S. Il tuo esame di specialità che stai preparando: ce l’ha un nome?

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 13:42 da luca


@@@Sozi.
Però, che simpatica la Seminara. Speriamo che l’Italia becchi tre gol subito, così vanno tutti alla presentazione.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 15:57 da Salvo zappulla


(Luca l’esame in arrivo è mercoledi e si chiama psicologia evolutiva del linguaggio.
se te riferisci a quello.
che lo dovevo dare un mese fa ma me so alzata all’ultimo in preda alla consapevolezza che non ci saremmo capiti tanto…
Io pure te riabbraccio ma:)
Ci ho un blog pure io Dio bloggeur clicca sur nome e viecci!
Oppure convocame nella camera accanto per queste domande che MAssimo se no, ni ci viene un corpo. Ciao Massimo:) nun è colpa mia eh!)

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 17:41 da zauberei


Approfitto per salutare la signora Seminara… spesso è stata a Siracusa, ad esempio per “Scrivere Donna”. Ricordo il suo volume di interviste a donne siciliane (tra cui Silvana La Spina).
Con la figlia Viola ho condiviso l’esperienza di Volo Rapido…
Auguro al libro successo. Apprezzo molto gli interventi della signora Seminara sul quotidiano “La Sicilia”, sempre pieni di riflessioni su questa nostra complessa contemporaneità e credo che il romanzo ne sia la trasfigurazione fantastica…

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 19:24 da Maria Lucia Riccioli


Salve caro Sergio! Non ho affatto dimenticato i nostri lunghi discorsi, piacevoli e stimolanti, anzi devo dire che mi mancano. Purtroppo, come ho detto anche a Massimo, è un momento in cui sono veramente stressata per i troppi impegni ma non appena avrò periodi meno frenetici mi diletterò a interloquire con tutti voi. Io avevo già dato una mia idea sull’associazione Moravia e il titolo del libro di Elvira Seminara, tu cosa ne pensi? Potrebbe il titolo essere moraviano?

Poi, per quanto riguarda la suggestiva associazione che introduce Miriam Ravasio in rapporto ai criceti, confesso che non avevo pensato a Ezra Pound, purtroppo non lo conosco in modo approfondito (insieme ad altre infinite letture). E mi piacerebbe se Miriam approfondisse quest’immagine, mi interessa saperne di più.

Personalmente quando ho evidenziato la scena dei criceti l’ ho fatto perché in essa sembra essere racchiuso un frammento di destino: quello della protagonista e di Ludimila; io l’ho chiamato ‘presagio’, indizio per qualcosa che accadrà di terribile all’interno di qualcosa (casa, affetto, legame) che apparentemente è tranquillo, familiare. E anche qui possiamo vedere la fragilità, la vulnerabilità dei vincoli affettivi, passionali etc. I drammi più orribili accadono tra consanguinei, tra le madri e i loro figli e, ahimé, la cronaca ce lo ricorda.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 19:36 da sabina corsaro


Cara signora Seminara, mi è piaciuta tanto l’idea di ipersensorialità della scrittura… Quando si scrive credo che i sensi siano come amplificati… la percezione viene come ampliata estesa raffinata. Le antenne dello scrittore spesso sono speciali, anche a sua insaputa.
Mi saluti Battiato che è il mio cantautore preferito… Luca, vedo che è una cosa che condividiamo!

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 19:39 da Maria Lucia Riccioli


Salvo. Mentre sto facendo degli orribili ed osceni scongiuri, ti rispondo cosi’: *%/&####!!! (Scusami, e’ la censura). Se perdiamo veramente ti faccio leggere un mio racconto ”calcistico” intitolato ”Direzioni consentite”, il cui incipit venne pubblicato a maggio del 2007 da un quotidiano sportivo, ”10” diretto da Ivan Zazzaroni, che me lo volle pubblicare personalmente.
-
Sig.ra Seminara,
grazie per le risposte e Cordiali Saluti.
-
Simona Lo Iacono,
grazie per le delucidazioni. Comunque la penso come prima, perche’ su cose veramente importanti come la famiglia non si cambia opinione da un momento all’altro.
-
Luca Gallina,
siamo in due a vederla cosi’. O meglio io non la vedo, la sento, e’ dentro di me cosi’. Non c’e’ altro da dire.
-
Sabina Corsaro,
allora spero che Lei si liberi presto. E’ un piacere parlare con Lei.
-
Saluti a tutti
Sergio

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 20:01 da Sergio Sozi


@ Sabina Corsaro,
su Ezra Pound sto approfondendo anche io. Ho riportato quell’immagine, perché è mia abitudine disegnare sulle parole e mooolto tempo fa, su quel frammento e su altre frasi realizzai dei disegni. Oggi, dopo aver postato, ho curiosato nei vecchi album per ritrovare l’intero lavoro…ti farò sapere. Leggerò il libro nei prossimi giorni, a presto.
Ciao

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 21:12 da miriam ravasio


Allora Miriam fammi sapere di questi disegni, sono curiosa, magari me ne mandi qualcuno tramite mail. Potrai chiederla a Massimo. Buonanotte a tutti, anche a Lei Sergio Sozi e spero avremo modo di riprendere i nostri bei colloqui letterari.

P.S. : intanto lancio un sassolino: quali libri secondo voi sono legati al concetto del perturbante? E l’Indecenza può essere perturbante?

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 21:18 da sabina corsaro


@ Elvira Seminara
Qualche giorno fa leggevo un libro di C. G. Argan (Lei lo conoscerà senz’altro) a proposito del destino dell’arte. E’ un testo che intreccia magistralmente i rapporti fra arte e società e che ne analizza i risvolti oscuri della tecnologia moderna, ovvero di quella logica di ingranaggi che non si rivolge più ai quesiti esistenziali tanto cari al pensiero filosofico, che non progetta e dipinge “Lo sposalizio della vergine di Raffaello” ma che, soprattutto, non si occupa di spazi interni.
L’autore con grande lucidità applica le distinzioni fra le varie correnti di pensiero ed è un vero piacere leggere la chiarezza con cui opera le classificazioni e con la quale inquadra la situazione del secolo appena trascorso.
Questa introduzione su Argan è per ragionare e non illudersi di tentare di risolvere le problematiche moderne dell’uomo, attraverso l’analisi delle ambivalenze quotidiane in cui l’ identità sprofonda sempre più nel molteplice: farlo è da ingenui, inevitabile scacco legato a moduli “domestici” che ingannano nel presentarsi alla porta come tali. Aggiungo che pensare d’essere l’altro non aiuta granché, dal momento che gli specchi hanno sempre moltiplicato l’immagine rendendola irreale.
E allora, senza timore, chiamiamole con il loro nome le trasgressioni, le perversioni, note alla corte della regina Elisabetta, al gallismo di Brancati (anch’egli bisognoso di viagra), lontane dagli erotici dipinti di Salvatore Fiume e dalle curve armoniose dei nudi di Renato Guttuso, dove la sensualità era luce e colore, in solare beatitudine mediterranea. Iniziamo, con garbo e senza drammi, a distinguere gli elementi e le loro tonalità.
Infine la poesia della narrativa, soprattutto quando non è un posticcio, è ingrediente di destrezza e collabora nel prendere le distanze dal rovinoso elemento brutale, sia esso anglosassone, ucraino o siculiota.
Non so se questo mio intervento vuole essere un consiglio oppure un monito, ma concludo con Maurice Blondel, un filosofo d’oltralpe, che ha segnalato la logica , si parli di LOGICA DELLA MORALE, come strumento necessario per aiutare l’uomo ad uscire dalla molteplicità e, attraverso un ‘attenta riflessione mettere ordine nel caos, sforzarsi di tendere verso l’ordine divino che ispira l’eticità dei nostri atti, in opposizione all’indulgere delle tendenze naturali inferiori che conducono al depotenziamento della persona.
Ludmilla è quindi necessaria alla società come alla famiglia, è una persona che incorpora aspetti umanitari di notevole spessore e che vanno affrontati con la massima serietà, nel rispetto della sua vita e dell’essere umano, ma Ludmilla è una serva e come serva va trattata. Spiacente ma con lei non rientrano neppure sentimenti d’adozione o di stucchevole democrazia.
Ludmi (come viene affettuosamente vezzeggiata) ha una funzione determinante e non va certamente “sfruttata” né maltrattata da un melmoso sistema che non si occupa di morale, deve essere rispettata nella sua dignità sia a livello individuale che come prototipo da terzomondo, attuata la distinzione tra la logica di mercato e la logica di cui sopra.
Saluti

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 21:22 da Rossella


@ Massimo Maugeri
Fuori argomento: ti ringrazio per gli auguri e, se vorrai onorarmi della tua presenza, mi farai veramente felice!
Come tutti gli altri
Grazie ancora
Rossella Grasso

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 21:31 da Rossella


Vabbè qualche volta anche a me vengono in mente certe cose! Ma chi se frega se ogni tanto penso di sculacciare attempati signori ultrapensionati, di scarabbocchiare manifesti e superfici, ogni tanto anche le ombre mi appaiono strani disegni polimorfici, succede la notte quando un barlume di luce proietta le sagome di foglie e rami che paiono figure strane, a volte mosse dal vento a volte no…

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 21:48 da Rossella


@Sergio…conoscere profondamente il rischio insito nei rapporti familiari vuol dire valorizzare il ruolo della famiglia, proprio perchè la consapevolezza supporta il coraggio.
E aiuta a contrarne l’impegno sapendo che va portato avanti con alto senso di responsabilità…e, come ti dicevo, con la volontà di rinnovarlo giorno dopo giorno.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 21:53 da Simona


Vi ringrazio tantissimo (tutti) per i nuovi commenti.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 21:59 da Massimo Maugeri


Cara Elvira,
grazie mille per il tuo esaustivo intervento. In questo momento dovresti già essere a Milano. Sono convinto che nonostante la coincidenza con la partita della Nazionale la presentazione sarà un successo.
Magari avrai modo di raccontarci.
Mi è piaciuta molto questa tua frase:
“E’ in questo fatale ossimoro, il massimo dell’estraneità nel massimo dell’intimità, che si nasconde e nutre il legame, il mistero, l’insidia.”
Dà l’idea di una sorta di effetto “chiaro/scuro”… Mi piace.
Complimenti anche la per trance iper-percettiva della tua scrittura, dato che l’effetto si traduce in pagine molto belle ed efficaci.
In bocca al lupo per domani, allora!

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 22:05 da Massimo Maugeri


@ Rosella (fuori argomento)
Durante l’inaugurazione della tua mostra sarò a Catania a presentare un libro. Però posso provare a fare un salto in uno degli altri giorni!

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 22:07 da Massimo Maugeri


Secondo me Simona ha scritto una frase importante:
“conoscere profondamente il rischio insito nei rapporti familiari vuol dire valorizzare il ruolo della famiglia, proprio perchè la consapevolezza supporta il coraggio”.
C’è forse un difetto di “consapevolezza dei rischi”?
C’è forse troppa superficialità nei rapporti famigliari?

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 22:09 da Massimo Maugeri


@ Simona
Hai scritto: “Cerchiamo sempre ciò che non abbiamo. Perchè non amiamo ciò che ci manca. E perchè quando qualcosa ci manca , non sappiamo dirlo. O non siamo stati educati a dirlo nel modo giusto.”
Cosa intendi quando scrivi “non amiamo ciò che ci manca”?

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 22:12 da Massimo Maugeri


@ Sabina
Sono d’accordo con chi ha sostenuto che “L’indecenza” è un titolo moraviano. E a proposito di libri perturbanti mi vengono in mente proprio i migliori libri di Moravia.
Sì… anche l’indecenza potrebbe essere perturbante.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 22:13 da Massimo Maugeri


@Massi….voglio dire che la dimensione dell’amore dovrebbe portarci ad amare anche le nostre mancanze, quando sentiamo di non poterle in alcun modo colmare. O di poterle colmare solo a danno degli altri.
Perchè alcune privazioni possono diventare la nostra forza.
Perchè anche ciò che ci manca ci caratterizza, può vestirsi di identità in una dimensione del dono.
Se invece non amiamo le nostre mancanze, se avvertiamo la rinunzia come sacrificio e non come risvolto – a volte necessario – dell’amore, cerchiamo altro. O cerchiamo di colmarle nel modo sbagliato.
E’ in quella vana ricerca, spesso accompagnata da silenzi, che l’arrivo dello “straniero” può insinuarsi come seducente miraggio.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 22:43 da Simona


Grazie mille per la precisazione, Simo.
Molto bella. E condivisibile.

Postato giovedì, 12 giugno 2008 alle 23:17 da Massimo Maugeri


Perfetta, Simona, perfetta questa precisazione. Serviva, in verita’, e tu l’hai scolpita ad hoc. Grazie.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 01:11 da Sergio Sozi


Riguardo invece alla consapevolezza dei rischi nell’unione familiare, riaffermo la mia convinzione: serve fede, non consapevolezza. Serve cecita’. Altrimenti la famiglia non la fai. Diametralmente all’opposto del tuo pensiero. Cosi’ mi pare.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 01:18 da Sergio Sozi


Dunque, Simona, condivido la questione delle ”mancanze” ma non quella della ”famiglia”, a concludere.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 01:20 da Sergio Sozi


- E adesso ”Forza Azzurri” non lo dici, mentecatto ipocrita?
- Opporcasbudell… come hai fatto ad intervenire anche qui, sciagurato…
- Io esco dalla tana quando voglio, che non lo sapevi?
- Euterpe, lasciami almeno tranquillo mentre dialogo su Internet, cogli amici di Letteratitu…
- Negritudine, pinguedine, attitudine, salsedine… te le vai a cercare tutte tu le malattie e le robbe cammuriose, eh, continentale?
- Malattie mica tutte. Parli cosi’ perche’ sei invidioso dei miei amici… eh eh eh… meno male che sei un povero sbir…
- Noi della Benemerita, sbirri?!
- Si’. Sempre di sbirr…
- La realta’ e’ che tu porti sfiga, Sergio. Ecco. E te la prendi con me.
- Tu appari? Diritto sacrosanto. E adesso sopporta senza rompere, prego.
- Forza Azzurri.
- Bravo, hai i cabas… (censura).

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 01:35 da Sergio Sozi


P.S.
L’ha detto lui. Avete visto?

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 01:51 da Sergio Sozi


La fede senza consapevolezza è solo incoscienza dogmatica.
Le famiglie si portano avanti guardando in faccia i problemi. Riconoscendoli. Affrontandoli. Parlandone.
Essere ciechi non aiuta.
Simona ha ragione quando scrive che ‘E’ in quella vana ricerca, spesso accompagnata da silenzi, che l’arrivo dello “straniero” può insinuarsi come seducente miraggio.’
Bisogna combattere i silenzi e amare le mancanze. Sono d’accordo.
Bel post.
Sto iniziando a leggere il libro della Seminara.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 09:20 da Marta


@ Luca
Ho letto cosa pensi di me. Ho capito che hai compreso.
Le foto dei miei quadri posso inviartele anche tramite internet , qualche volta servono anche loro.
Ciao
Rossella

@ Massimo
Alla mia mostra sei il benvenuto. Magari avvisami prima, è meglio.
Ciao
Rossella

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 11:19 da Rossella


“La fede senza consapevolezza è solo incoscienza dogmatica”… bellissima frase riportata da Marta che condivido in pieno.

A Enrico Gregori: grazie dei complimenti sulla mia recensione e chiedo scusa per averlo fatto un po’ in ritardo ;)

A Luca Gallina: la sensibilità di una donna sembra debba essere sempre scontata (in realtà non credo sia così) ma quando gli uomini ascoltano e guardano dentro i silenzi delle donne (problematiche o meno) c’è quasi del divino. Spero che non mi si accusi di femminismo con questa mia riflessione ;)
La protagonista del libro di Elvira Seminara è una donna problematica che viene annientata da quei lunghi silenzi legati ad un dolore indelebile.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 18:17 da sabina corsaro


@ sabina:
oggi ho cercato di ricostruire il “percorso Pound” e infatti i criceti li avevo aggiunti io interagendo graficamente (ma non solo) su questa frase:il ritmo è una forma incisa nel tempo, così come il disegno è una definizione dello spazio.
Non ti mando quegli schizzi, perché ho di meglio….
Però questo Pound, che ambizione smisurata!!! Ancora un po’ e poi faceva dio! Ho sfogliato i Cantos e gli appunti che avevo preso: un Antico Testamento Contemporaneo, c’è sempre da perdersi ( peccato che su ciò che stava capitando non avesse capito niente)
Chiedo a Massimo il tuo indirizzo.
ciao, Miri

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 19:33 da miriam ravasio


Sublime l’unione tra Arte e Letteratura:
il discorso di Rossella, (oltretutto autrice di interessanti opere, da come ho capito, per cui se dovesse trovarsi a Catania mi piacerebbe andarle a vedere) e le squisite osservazioni di Miriam:
la parola è già immagine o comunque nasce da un’immagine (lo diceva Calvino) e i confini tra i vari linguaggi dell’animo sono labili; il simbolismo e l’espressionismo ne sono un esempio concreto: le sinestesie ne sono i segni tangibili.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 19:57 da sabina corsaro


Come si fa a parlare di letteratura in un momento così tragico? immagino il povero Sergio con le bombole dell’ossigeno e le flebo

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 21:03 da Salvo zappulla


Immagini bene, Salvo. Pero’ stavolta avremmo meritato altro: giocare in undici contro dodici (fra i quali un trippone norvegese) non e’ corretto…

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 23:16 da Sergio Sozi


Scusami, cara Marta, ma continuo a non capire come possa la consapevolezza aiutare una qualsiasi forma di fede o di amore. Esempio: si puo’ forse trovare una giustificazione logica o scientifica alla resurrezione di Gesu’? All’esistenza di Dio? No. O ci credi o non ci credi. Ebbene, per me la famiglia e’ lo stesso. Come l’amore: o c’e’ o non c’e’. Se c’e’ e’ assoluto, se traballa vuol dire che e’ ragionato, ”consapevole”, ovvero in poche parole e’ debole. Non c’e’.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 23:20 da Sergio Sozi


Anche San Pietro alla fine ha dovuto dire ‘’si”’ o ”no”, ha dovuto scegliere dopo esser stato in dubbio. Scegliere e’ importante: significa esser seri. Dunque, se dici ‘’si” davanti al prete quando ti sposi, quel ‘’si”’ o e’ eterno o e’ una balla. Poche scuse.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 23:23 da Sergio Sozi


P.S. Per Marta.
Ovviamente quanto affermo non esclude il fatto che fra coniugi si affrontino, si discutano e si guardino in faccia i problemi. Solo che una cosa deve essere salda e cieca: la fedelta’ al reciproco amore. Altrimenti salta tutto. A questo mi riferisco parlando come ho parlato sopra.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 23:30 da Sergio Sozi


Cara Sabina,
sulla faccenda del rapporto immagine/parola credo sia utile essere moderati e ”contemplativi”: insomma bisogna, a mio avviso, contemplare sia i sostantivi astratti (anima, amore, desiderio, sofferenza, pensiero, eccetera) che i concreti. Distinguendo pertanto fra quelli che hanno un’origine concreta, sensoria (tazza, cucchiaio), dagli altri che non possono averla, se non estremamente poetica, soggettiva e dunque del tutto artistica.
La lingua ha (ed e’) queste due facce.

Postato venerdì, 13 giugno 2008 alle 23:37 da Sergio Sozi


Grazie mille per i vostri nuovi commenti. E grazie ancora alla cara Sabina.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:22 da Massimo Maugeri


@ Sergio
Credo che Marta, con il suo intervento, volesse sottolineare ciò che poi hai sostenuto anche tu. Ovvero la necessità che “fra coniugi si affrontino, si discutano e si guardino in faccia i problemi”.
La fedeltà (la fede, la fiducia) è fondamentale, ma diventa tanto più fragile quanto più la si basa sui silenzi.
Credo che il confronto – persino quello duro, a volte – possa aiutare a cementarla.
Forse è questo che manca ai coniugi del libro di Elvira. Il confronto.
Tra loro – credo anche per via di traumi trascorsi – prevale il silenzio. Quello che va oltre le parole vuote.
Di questo chiedo conferma a Sabina e alla stessa Elvira.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:27 da Massimo Maugeri


Massimo,
il discorso e’ lungo e bisognerebbe ripercorrerlo interamente. Ti spiego: io sostengo che alla base del matrimonio ci debba essere la fede cieca nell’amore e nella fiducia reciproci. E questa e’, secondo me, la parte fissa, indiscutibile, inamovibile della famiglia. Tutto il resto si puo’ discutere insieme, fra coniugi e figli. Ma se non esiste una base ”fideistica”, il matrimonio traballa gia’ nelle sue fondamenta. Ecco.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:41 da Sergio Sozi


Non di tutto si puo’ discutere, insomma, a mio avviso. E sopra, se vai a vedere integralmente i miei interventini, ho fatto degli esempi.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:43 da Sergio Sozi


A dirla ancor piu’ chiaramente e sinteticamente: se una famiglia e’ incerta su quanto sia sottaciutamente condiviso si creano gli sconquassi, altrimenti ogni problema e’ secondario. La sostanza di ogni rapporto non e’ da mettere in discussione, fra persone non superficiali. Perche’ mettere in discussione le cose piu’ profonde e’ cosa che compete agli insicuri e ai dubbiosi. Spesso ai traditori. O agli avventati e a chi si sposa per motivi diversi dall’amore.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:49 da Sergio Sozi


Tu apri un nuovo interessante argomento di discussione (legato al libro), Sergio.
Io penso che per sposarsi, oggi come oggi, ci voglia davvero una “fede cieca”… nell’amore e nella fiducia reciproci.
Credo che ci voglia persino coraggio.
Ma credo cha affrontare, discutere, guardare in faccia i problemi sia altrettanto importante (se non di più). Soprattutto se si vuole mantenere quella fede nell’amore e nella fiducia reciproci.
Altrimenti diventa fede dogmatica, come sosteneva Marta.
Vediamo cosa ne pensano gli altri.
(P.s – fuori argomento – però l’Olanda ne ha rifilati quattro alla Francia!)

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:55 da Massimo Maugeri


(Ovviamente faccio un discorso riservato agli adulti, non agli adolescenti. Perche’ considero diverse queste fasi, nonostante l’immaturita’ di molti ”adulti”. E credo che un adulto debba esserlo anche e soprattutto nei sentimenti e nella serieta’ degli impegni presi per motivi sentimentali. Ti sposi? Bene, O e’ per sempre o fai una brutta figura davanti a te stesso. Una figura da ragazzino. Questo e’ il mio ”retrodiscorso” che a molti risulta scomodo.)

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:56 da Sergio Sozi


Io credo che alla base di molti silenzi tra conuigi ci sia “immaturità”.
L’amore passa, se non si coltiva.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 00:59 da Massimo Maugeri


Discutere, parlare, confrontarsi in famiglia per me e’ bello. Non deve essere invece sostitutivo delle basi morali. Ne’ il silenzio ne’ la parola sostituiscano in famiglia l’amore.
E l’Olanda doveva pareggiare con la Francia, mannaggia! Cosi’ siamo finiti, noi Italiani!

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:02 da Sergio Sozi


Gli olandesi sono sportivi. Magari ne rifilano quattro anche alla Romania.
Buonanotte a tutti.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:05 da Massimo Maugeri


Coltivare l’amore lo si puo’ fare anche in silenzio, non c’e’ un ”metodo stabilito di coltivazione amoroso-erotica”. L’amore non e’ psicologia. E’ una cosa che o c’e’ o non c’e’. Se c’e’ si sente, come anche se non c’e’.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:05 da Sergio Sozi


Vediamo cosa ne pensano gli altri, Sergio.

Ora chiudo. Davvero. Sono a pezzi.
Buon fine settimana.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:07 da Massimo Maugeri


Massimo, tu dici ”Io credo che alla base di molti silenzi tra conuigi ci sia “immaturità”. L’amore passa, se non si coltiva.”
Rispondo: tutto cio’ che passa e’ segno che doveva passare. L’amore vero non passa. Mai. Chiacchiere o non chiacchiere. C’e’.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:10 da Sergio Sozi


Buonanotte, caro. Scusa, sai come sono fatto…

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:10 da Sergio Sozi


Io sono dogmatico. Con una ”quota” democratico-illuministica. Ecco. La fede come base e tutto il resto… sopra.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:16 da Sergio Sozi


Ultima considerazione a margine: per i motivi sopra addotti io non sopporto Moravia Alberto. E filone relativo. Mi sembrava fosse ovvio, ma meglio specificarlo, perche’ chiunque legga queste righe vada a rileggersi quanto ho modestamente detto prima, ossia l’itinerario indispensabile per giungere a questa asserzione ”antimoraviana”.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 01:23 da Sergio Sozi


La vera indecenza è che abbiamo pareggiato…
:-)
Scherzi a parte, bel post, accalorato quanto basta.
Io non tengo famiglia però penso che il giustissimo rigore di Sergio vada contemperato con la comprensione per l’umana fragilità. Non scordiamoci che la spada della giustizia di Dio è temperata dalla misericordia (vi ricordate gli angeli di Dante? Quella spada dalla lama squadrata è stata per me un’immagine illuminante). Siamo fragili. Finiti. Deboli. Vero è che se uno prende un impegno è per sempre, ma si può cadere, vacillare. Come Pietro. Che trovo umanissimo e vero. Comprendere non significa giustificare, attenzione. Ma homo sum, humani nihil a me alienum puto è uno dei miei motti scolpiti nella mente e nel cuore: nulla di quanto è umano ci può essere estraneo, nemmeno l’errore. Non possiamo scagliare pietre su nessuno, neanche su noi stessi, perché non sta a noi giudicare. Indicarci a vicenda la strada sì, portare gli uni i pesi degli altri sì.
Mary Lucy predicatrice
:-)

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 09:39 da Maria Lucia Riccioli


Sì, Massimo, è proprio così: tra la protagonista e il marito prevale il silenzio sterile, vuoto, marcio, quale effetto naturale di un trauma che distrugge lentamente il loro matrimonio. Intanto rispondo a Sergio Sozi e poi riprendo il discorso sul silenzio.

La moderazione, Sergio, non è mai un atteggiamento errato, tuttavia dal mio punto di vista qualsiasi parola legata o meno ad un oggetto concreto (il cucchiaio etc.) è generata sempre da un’immagine. La letteratura ( e non il linguaggio orale) si fonda su una diegesi che non può essere solo nozionistica, concettuale senza che ci sia la mediazione dell’immaginazione. Se io voglio descrivere ad esempio la scena che si svolge in una cucina, immagino ogni singolo oggetto o già nella mia mente sto vedendo svolgersi tutta la scena, solo dopo darà vita alla mia scrittura. In tal senso penso al rapporto tra immagine e parola.
Per quanto riguarda il silenzio, ci sono differenti silenzi: quelli necessari, rigeneratori, quando un uomo ed una donna vogliono solo lasciar parlare le loro anime, le sensazioni interiori, le emozioni, facendo a meno del suono della voce, senza dover necessariamente infrangere quell’atmosfera di armonia spirituale.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 19:37 da sabina corsaro


Ci sono poi i silenzi discreti, quelli che vengono fuori e sono necessari quando dopo il litigio si vuole riprendere il dialogo, quando rabbie, divergenze e altro ci hanno fatto esaurire le parole e abbiamo paura di ferire o di essere feriti. E poi ci sono silenzi nocivi, velenosi, e sono quelli più celati, che lasciano intravedere freddezze, distanze che ogni giorno andranno a invadere lo spazio della coppia.

Bisogna avere fede nel matrimonio come si ha fede in Dio? Non so, non vedo divinità nel rapporto tra un uomo e una donna ma solo tanta umanità e imperfezione che solo col dialogo e con silenzi costruttivi possono far durare un’unione nel tempo. Più che fede: impegno e volontà.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 19:43 da sabina corsaro


Scusate se ci sono imperfezioni nelle frasi scritte ma vado di fretta e ho buttato giù le mie osservazioni senza rileggere.

Caro Sergio, preciso:
immaginazione nel senso di vedere nella mente le cose, con la loro forma, il
loro colore, come se queste cose prendessero già vita e solo in seguito fossero trascritte.

Postato sabato, 14 giugno 2008 alle 19:49 da sabina corsaro


Che colore ha l’anima?

Postato domenica, 15 giugno 2008 alle 02:20 da Sergio Sozi


Tu, cara Sabina, vedi diverse tipologie di silenzio, io ne vedo una sola: quella che e’ equiparata alla parola. Perche’ tutto cio’ che e’ umano, compresi il silenzio e la parola e gli atti eccetera, resta umano, secolare, terreno, materiale. Anche i nostri silenzi sono per me materiali. L’amore e la fede, invece, stanno su un altro ordine di idee, stanno in un’altra realta’, del tutto separata dai meri silenzi e atti umani. Non credo che mi capirai, sicuramente anche per mia colpa e limitatezza, comunque ci ho provato, Sabina.

Postato domenica, 15 giugno 2008 alle 02:28 da Sergio Sozi


Ecco, ho trovato le parole, Sabina, o almeno mi sembra di averle trovate: la fede e l’amore sono parole prive di significato umano, sono cioe’ divine, ovvero ”umane” sotto specie d’eternita’ (sub specie aeternitatis).
Ma se tu mi descrivessi la parola ”anima” con parole non astratte com essa, te ne sarei grato.

Postato domenica, 15 giugno 2008 alle 02:34 da Sergio Sozi


1)”Che colore ha l’anima”?

2) “L’amore e la fede, invece, stanno su un altro ordine di idee, stanno in un’altra realta’, del tutto separata dai meri silenzi e atti umani…”.

Risponderò prendendo in considerazione queste tue parole Sergio:

1) Trovo bellissima questa domanda. Qualche mese fa, intervistando via mail il maestro Lucio Ranucci (un savio pittore italiano che lavora e vive in Sud America, erede artistico di Picasso e del cubismo realista, impegnato in passato nel giornalismo e nelle lotte civili), ho chiesto che colore avesse la sofferenza. Lui mi rispose: ” La sofferenza è atona, o al massimo grigia, ma ha più precisamente un sapore: nauseabondo”.

Tornando al colore dell’anima, isitintivamente mi viene da dire “bianca”, perché il bianco racchiude in sé tutti i colori ma nello stesso tempo li annienta o, meglio, li unifica, li armonizza, non lasciando più intravedere le differenze.
Credo che qualcosa del genere succeda anche all’interno della nostra anima.
In genere ho sempre identificato l’anima con la coscienza, nel senso di luogo dei nostri doveri, della nostra carità, del nostro coraggio, forza etc. Non riesco a vederne una consistenza materica, ma solo un colore.

Postato domenica, 15 giugno 2008 alle 07:39 da sabina corsaro


L’amore e la fede hanno un’origine che va oltre alla limitatezza umana, ma differenzio moltissimo la fede dall’amore, nel senso che la fede, per Dio, per un’Entità superiore, per l’amore umano e solidale, va distinta dall’amore. Per non allontanarci troppo dal discorso del matrimonio (riferito a quello dei protagonisti del libro di Elvira) distinguo tra fede e fedeltà, e tra amore cristiano, caritatevole, solidale, universale (che richiede la perfezione) e l’amore tra coniugi. Non so perché, dovrei capirlo, ma fin dap adolescente ho distinto tra i due diversi amori. E’ più facile amare chi ha bisogno di amore:
la protagonista è protettiva inizialmente con la giovane Ludimila, quando però subentra la passione e l’ambiguità quell’amore gratuito degenera in egoismo, possessività, gelosia. Nell’amore tra un uomo e una donna, dentro o fuori il matrimonio, sono troppe le componenti umane (e quindi limitate, corrotte, viziate) che opacizzandola luminosità di quel bianco che si trova dentro di noi.
Spero di non essere stata contorta nel mio ragionamento e di essere stata invece comprensibile caro Sergio.
Complimenti per la bellissima domanda che hai fatto.

Postato domenica, 15 giugno 2008 alle 07:51 da sabina corsaro


[...] “opacizzano la luminosità di quel bianco che si trova dentro di noi”, era questa la frase corretta, scusate per il caos ;)

Postato domenica, 15 giugno 2008 alle 07:54 da sabina corsaro


Cara Sabina,
ancora grazie per i tuoi molteplici interventi.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:11 da Massimo Maugeri


In serata mi ha chiamato Elvira Seminara.
Mi ha telefonato da Trento. Credo si trovasse lì per il concerto di Bob Dylan (beata lei!).
Intanto la presentazione a Milano (nonostante la concomitanza) è stata un successo.
C’era il pienone. “Grazie alla presenza di Franco Battiato”, ha precisato con modestia Elvira. “Non certo per me”.
Poi mi ha raccontato un aneddoto bellissimo…

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:14 da Massimo Maugeri


A un certo punto della serata le è arrivato un meraviglioso mazzo di fiori insieme a un diario in pelle.
Nel bigliettino c’era scritto: “Benvenuta a Milano, da parte di tutti gli amici di Letteratitudine.”
Elvira si è commossa.
Ora… io – come le ho detto – non ne sapevo nulla.
Le ho chiesto di riferirmi il nome del mittente.
E lei lo ha fatto.
Il responsabile è…. Luca Gallina.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:18 da Massimo Maugeri


A Luca Gallina
Ti ringrazio di cuore da parte di tutti gli amici di Letteratitudine.
Un bel gesto da cavaliere, il tuo.
Del tutto inatteso.
Darò a Elvira la tua mail di modo che possa ringraziarti di persona.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:21 da Massimo Maugeri


Visto che belle cose che accadono qui?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:22 da Massimo Maugeri


Luca Gallina e’ una persona bellissima. L’avevo intuito sin dai suoi primi interventi. E ora gli sorrido con gratitudine.
-
Cara Sabina,
grazie per le risposte. Saro’ breve nel proseguire le mie argomentazioni. Allora, anch’io non saro’ esauriente, cosi’ soffermandomi su tre tuoi punti, per me nevralgici, nei quali spieghi determinate opinioni. Li elenchero’ con, di seguito, le mie idee in proposito.
-
1) Dici: ”(…) Differenzio moltissimo la fede dall’amore, nel senso che la fede, per Dio, per un’Entità superiore, per l’amore umano e solidale, va distinta dall’amore”.
Ecco, tu ritieni che anche la fede nell’amore vada distinta dall’amore stesso, quello reale ed umano. Io faccio invece nascere l’amore umano dall’amore metafisico e li unisco in un tutt’uno dove a ”comandare” sia l’amore metafisico, che cosi’ guidi i risvolti carnali e passionali, secolari. Lo ritengo possibile e accaduto in terra. E se e’ accaduto puo’ sempre riaccadere.
-
2) Dici: ”(…)Distinguo tra fede e fedeltà, e tra amore cristiano, caritatevole, solidale, universale (che richiede la perfezione) e l’amore tra coniugi.”
Qui direi che la fede e la fedelta’ siano solo la seconda derivante dalla prima: non esiste fedelta’ senza fede. Chi vive ad occhi aperti non ha fede, penso, ma solo timori, angosce e pensieri ”amletici”. Insomma non sarei tanto pessimista nei confronti della nostra umana capacita’ di amare. L’uomo non e’ solo un animale che sporca le cose pure, e’ un animale che la purezza deve solo cercarla, conquistarla e tenersela stretta. Difficile ma non impossibile.
-
3) E infine, ultima citazione: ”(…)Tornando al colore dell’anima, isitintivamente mi viene da dire “bianca”, perché il bianco racchiude in sé tutti i colori ma nello stesso tempo li annienta o, meglio, li unifica, li armonizza, non lasciando più intravedere le differenze. Credo che qualcosa del genere succeda anche all’interno della nostra anima. In genere ho sempre identificato l’anima con la coscienza, nel senso di luogo dei nostri doveri, della nostra carità, del nostro coraggio, forza etc. Non riesco a vederne una consistenza materica, ma solo un colore.”
Elenchero’ ora le tue ”componenti” dell’anima: dovere, carita’, coraggio, forza. E il colore bianco. Ma mi sembra che questi sostantivi astratti, piu’ il concreto ”bianco”, non facciano altro che dare dei risvolti terreni e fenomenici ad un soggetto (l’anima appunto) che non e’ visibile. L’anima e’ solo invisibile e se stessa, sento e dico. Altra cosa e’ l’insieme delle sue manifestazioni che tu hai elencato.
-
E qui ti saluto col solito affetto, cara!
Tuo
Sergio

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 01:00 da Sergio Sozi


@Luca…ma sei stato delizioso!
Bravissimo!
Ti abbraccio fortissimo!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 08:31 da Simona


@ tutti gli amici di scrittura in ascolto
La mia versione dell’exploit di venerdì è che: ho parcheggiato in seconda fila la macchina, mi sono infilato deciso in questo book-store a più piani della Feltrinelli in Milano, erano le ore 17, per il sopraluogo dovuto all’evento delle 18,30: piano terra grande ambiente – vari reparti di vendita – dritto in fondo in un restringimento rettangolare l’area book-cafè; i tavoli e le sedute ancora lì per il servizio caffetteria: da lì a poco avremmo visto solo sedute allineate e guardare verso il restringimento rettangolare più in alto affacciarsi alla platea con ringhiera a vista, raggiungibile da sotto salendo una scala a destra; sopra questo soppalco rettangolare nella parete di fondo del salone: piano forte a coda lato sinistro e tavoli con sedute ben disposte; ho immaginato gli ospiti illustri della serata tanto attesi: in piedi allineati ben in vista separati dalla ringhiera, sovrastante il pubblico in piedi, prima di sedersi comodamente, ad applaudire calorosamente gli ospiti illustri: Elvira Seminara, scrittrice attenta e sensibile, presentare il suo romanzo “L’indecenza” e il grande Maestro Franco Battiato presentare una scrittrice che ama dal punto di vista creativo-umano e la signora Casella che esalterà l’illustre testimonial Maestro Franco Battiato e chiederà una corretta attenzione alla scrittura di Elvira Seminara: scrittura e musica e la Sicilia docet!
Segue%

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 10:59 da luca


Segue%
Aggiungo io: passo, quindi, all’azione giro l’angolo, si fa per dire, e raggiungo la boutique delle rose unica in zona, centrale in Milano vicino alla Libreria, famosa per le composizioni delicate e rivolte a ricevimenti e quant’altro ci può stare a cuore: il mio cuore per l’appunto ha deciso tutto in un nano di secondo e la gioia e la riconoscenza verso gli artisti,appunto, per la scrittura e l’arte in genere che loro ci donano dopo tanto impegno personale e che si deve condividere e godere con tutti gli altri io credo, per l’appunto: tutti gli amici di scrittura presenti in letteratitudine di Massimo Maugeri: allora ho deciso io per tutti Noi: baci & abbracci sentiti ed energici scambiati reciprocamente, ché siamo vivi e umanamente sensibili ancora , perché No!
L’ho detto! E sottoscrivo,
Luca Gallina

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 11:01 da luca


P.S. Ho dovuto ingraziarmi, anche, l’aiuto della proprietaria della boutique rosea e delle altre signore presenti a farmi consegnare il pensierino con l’allegato diario: pagine bianche e le prime scritte dalla nostra dedica e confesso non riesco più a scrivere a mano con una penna e questa volta non si trattava della lista della spesa; perché avevo un volo alle 20,30 per Parigi e gli ospiti in Milano erano troppo importanti per Noi tutti: e alla fine hanno ceduto alle mie lusinghe; che venditore e attore che io sono, senza ,rimpianti mai!
E la Vostra approvazione me la prendo tutta caro Massimo,Sergio e ricambio Simona lusingato: perché pensiamoci bene, se questo convivio virtuale produce sentimenti ed emozioni e contrasti nel confronto di idee, azzardo: perché la scrittura è anche riconoscenza e continuità nei piccoli gesti, forse.
Questo io ho inteso fare, forse.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 11:04 da luca


errata corrige: paragrafo segue%

e che si deve POTER condividere e godere……………..
Se no chi lo sente il mio Editor, caro amico sincero Sergio Sozi!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 11:17 da luca


A Luca Gallina:
è stato un gesto meraviglioso. Elvira mi ha telefonato domenica mattina mentre era in viaggio ed era emozionata, confidandomi che è stata un’inaspettata e commovente sorpresa.
Io le avevo già detto che l’atmosfera che si respira dentro Letteratitudine è unica. C’è unione, affiatamento, confronto costruttivo… Grazie Massimo per averci dato l’occasione di conoscerci, a tutti noi.

Caro Sergio, ti risponderò con calma e attenzione appena mi libero un attimo, oggi sono esausta: aereoporto a prendere un parente, voto per le elezioni… (non mi dite chi e cosa, sono per lo ’scetticismo politico’ tra poco. Non esiste? Spero che se dovessi creare io stessa questo partito avrò dei proseliti!), ricerca, nuove cose da fare, ma spero di risponderti con calma e attenzione entro stasera non appena riesco a respirare un attimo ;)

Un saluto a tutti!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 11:56 da sabina corsaro


Sono appena arrivata a Ct, scrivo per dirvi grazie. A tutti voi abitanti di questo castello galleggiante (il blog, dico) e soprattutto al sorprendente Luca Gallina…Grazie per questo gesto magico e pressochè principesco. Lì alla Feltrinelli erano tutti incantati, e ho svelato l’arcano: è da parte di un blog. Letteratitudine.
Ma i blog producono alberelli di rose?!
Chi l’avrebbe detto…
Rose che arrivano da sole, con le ali ?
Un sortilegio.
Non è solo un pensiero prezioso per me, è un omaggio al prodigio della letteratura.
Grazie a voi tutti .
elvira seminara

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 17:51 da elvira seminara


Grazie a te, Elvira.
So che il 28 sera presenterai il tuo libro a Taormina.
Preciseremo meglio luogo e ora.
A presto!
Massimo

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:42 da Massimo Maugeri


Luca,
non sono il tuo verificatore ortografico, ma uno che ti ammira sin da quando lessi quel che scrivevi. Ed ora a maggior ragione. Poi, se fai un po’ di attenzione all’ortografia e alla sintassi,… eh eh eh…
Grazie di tutto, di cuore
Sergio

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:55 da Sergio Sozi


Domani, 28 giugno, alle ore 18:00, Elvira Seminara presenterà il suo romanzo “L’indecenza” a Taormina, presso la Fondazione Mazzullo, Corso Umberto, angolo Porta Catania.
Relazionerà il prof. Gioviale, docente di Discipline dello Spettacolo presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania.

Che i siciliani della zona partecipino all’evento!!!
E poi… Taormina è sempre Taromina.

Postato venerdì, 27 giugno 2008 alle 21:06 da Massimo Maugeri


Rettifica: Taormina è sempre Taormina.

Postato venerdì, 27 giugno 2008 alle 21:06 da Massimo Maugeri


@Sergio e Sabina

Scusatemi se mi aggiungo al vostro interessante dialogo.
Per me l’anima è il rispecchio della psiche. Non per niente cerchiamo sempre di stabilire un equilibrio in noi, di modo da sentirci sereni e soddisfatti.
La psiche, e quindi l’anima, viene a sua volta alimentata e sostenuta dalla cultura e quindi istruzione ed educazione raggiunta. Per alcuni è bianca, perché il bianco è il colore della purezza ed armonia, fattore impresso dall’educazione cattolica fin dai primi anni di catechismo, ma che può essere ispirato anche da altri fattori, come l’influenza naturale del colore sulla psiche. Qui concordo quindi con Sergio, quando afferma che il bianco racchiude in sé tutti i colori.
La fede e la fiducia dovrebbero concordare, altrimenti creano malafede e sfiducia.
A capo sta la fede che può riferirsi a diversi orizzonti dei quali il più elevato è quello in un Dio Creatore benigno o altro.
Le altre fedi sono di dimensione minore, perché terrene e quindi sottoposte a regole limitate ed incerte nella loro realizzazione e soprattutto durata.
Ciò che ci congiunge con il Creato è lo spirito, del quale non possiamo farci che concetti speculativi, ma che generalmente intendiamo come forza metafisica e quindi superiore alle nostre capacità d’intendere e immaginare, perché siamo soggetti alla limitatezza del nostro mondo.
Ognuno se ne fa una propria immagine, nella quale poi crede (fede) per trovare speranza e sopportazione dalle restrizioni terrestri.
Infine, con la coscienza intendo lo stato evolutivo raggiunto.
Si forma con l’intelligenza, l’istruzione, l’educazione e soprattutto con la propria volontà e forza di carattere di sostenerla.
Vi ringrazio e vi saluto sentitamente.
Lorenzo

Postato venerdì, 27 giugno 2008 alle 22:18 da lorenzo russo


@Simona e Sergio
credo che noi cerchiamo sempre ciò che non abbiamo, perché il raggiunto diventa limitato come lo siamo noi, solo che noi non vogliamo riconoscerlo.
A che cosa servirebbe, quando intuiamo che ci porrebbe davanti a problemi deludenti e irrisolvibili, nel riconoscere che siamo noi l’origine dell’insuccesso.
È meglio, quindi, lasciarsi ingannare di essere giusti e ottimi e mutare sempre di nuovo tutto ciò che non riusciamo a tenere insieme.
Il dolore viene coperto dal nuovo fino al momento in cui anche lui si rivelerà mediocre e non soddisfacente e verrà sostituito da un altro nuovo.
Tutto sommato, ci muoviamo alla ricerca del proprio benessere fisico e spirituale, senza riconoscere che per ottenerlo dovremmo imparare a rinunciare a molte soddisfazioni per amor proprio, cioè nella riconoscenza che non ne siamo degni e al limite per ottenerle e ancor meno conservarle.
Saluti sentiti
Lorenzo

Postato venerdì, 27 giugno 2008 alle 22:44 da lorenzo russo


Molto interessante il discorso intrapreso da Lorenzo Russo anche se il mio bianco non ha valenza fi matrice cattolica…

Ritornando al libro di Elvira Seminara, ci tenevo a riportare una recensione apparsa il 23 giugno sul L’Unità scritta da Domenico Cacopardo:

«Presi un foglio e cominciai a scrivere ogni cosa. Non mancava solo la collana di perle, ma anche gli orecchini d’oro col turchese che mi aveva regalato mia madre per i diciotto anni».
È così che il sospetto intorno alla domestica bambina Ludmi esce dal nondetto ed entra nell’anima della padrona, io narrante, sino a diventare l’ossessione definitiva, quella da cui solo la morte ci può separare. Un romanzo, questo di Elvira Seminara, immerso nell’attualità sotto molti aspetti: è dei giorni d’oggi il difficile rapporto tra l’immigrata – in questo caso dall’Ucraina – e i suoi datori di lavoro; è dei giorni nostri una condizione familiare sofferente per consunzione, quando il cemento coniugale s’insecchisce screpolandosi; è dei giorni nostri l’abuso di psicofarmaci che rende inerte la mente e parifica il sonno, il sogno e l’essere desti. Ma è antica e permanente l’attrazione per la bellezza, in questo caso la bellezza della giovanissima Ludmi, sia da parte lui, il marito, sia da parte di lei, la padrona. La mescolanza d’una prosa intensamente descritta, eppure asciutta, in un contesto concitato, drammatico e sovente, come già detto, onirico dà all’opera della Seminara una cifra attualissima e sapiente. Nessuno sperimentalismo, solo conoscenza e maturazione: «Sentii il tonfo della mia caduta e mi vidi sul pavimento, esamine, come i detriti e le cose inerti lasciati a riva dalla mareggiata. Lei mi sembrò, accanto, lontana come non l’avevo mai vista. Intoccabile. E vidi l’onda che si allontanava, abbandonando i rifiuti e le carcasse. Non riuscivo ad alzarmi. L’acqua divenne fredda, le mani rugose, piene di pieghe…».
Molto bella l’agnizione, l’ingresso in casa della nuova venuta, una visione in diretta, intimista e tuttavia esplicita, chiarita nell’aldifuori, nella realtà: «Sentii la sua voce leggera che si srotolava sulla scala e s’insinuava tra le cose, e le avvolgeva come un nastro, le tagliava… La prima cosa che vidi fu il borsone ai suoi piedi, ammaccato e stinto. E poi il sorriso nervoso, ma aperto».
E poi, lentamente, il dipinto coi lineamenti di Ludmi si precisa, diviene sempre più leggibile: la mania per la Bibbia e per la messa della domenica, insieme ai mercoledì misteriosi, ai ritorni a notte fonda, sempre più fonda, gli occhi pesti di stanchezza o per l’urto con qualche spigolo troppo acuto. E la dimestichezza legata e gettata nel gorgo dell’inconsapevolezza che gli psicofarmaci inducono e trattengono nelle menti ammalate. Un romanzo borghese che richiama la Storia fosca di Luigi Capuana, conterraneo dell’autrice e, forse, romantico maestro disperso nella modernità. Se il pregiudizio di una Sicilia avvolta su se stessa, incapace di guardarsi in giro e di sentirsi pienamente contemporanea ed europea, si fosse impadronito di voi, leggete questo L’indecenza. Capirete così come la Sicilia delle mafie, della politica corrotta e passiva e dell’arbitrio non è né è stata indifferente a ciò che accadeva in giro e che lo ha assimilato. Oggi, lo rende ai lettori sotto la forma di una vicenda vissuta a Catania, ma che potrebbe svolgersi a Francoforte o a Lille. Legata alla lezione di Marcel Proust, ma anche dell’esistenzialismo, compresa la sua forma tardiva e post di Houellebecq, Elvira Seminara, al suo primo romanzo, dimostra che lo scrivere e il poetare non sono annegati nelle acque sporche della cattiva letteratura di consumo. E che la lingua della Marca peninsulare possiede, nonostante il dilagare dell’inglese, specifiche e singolari doti d’espressione che nessun supermercato riuscirà ad appiattire.

Postato mercoledì, 2 luglio 2008 alle 23:36 da sabina corsaro


Molto bella la recensione di Cacopardo. La condivido in pieno.
Brava, Sabina.
Hai fatto benissimo a postarla!

Postato giovedì, 3 luglio 2008 alle 00:59 da Massimo Maugeri


@ Lorenzo Russo:

condivido la frase: “l’anima è il rispecchio della psiche” , anche nei supi aspetti meno razionali ma più istintivi.

E condivido anche questa:

“con la coscienza intendo lo stato evolutivo raggiunto.
Si forma con l’intelligenza, l’istruzione, l’educazione e soprattutto con la propria volontà e forza di carattere di sostenerla”.

Postato giovedì, 3 luglio 2008 alle 15:27 da Sabina Corsaro


ROCCA NORMANNA DI ACICASTELLO
il 12 DIBATTITO E VIDEO SU L’INDECENZA

Ciao Massimo, ciao Sabina e a tutti voi
avete da fare sabato prossimo? E se sì, é qualcosa di irrinunciabile, improrogabile, ineluttabile? Cioè inevitabile (o incommensurabile, incancellabile, e anche inspiegabile, dunque immancabile), stavo per dire incontestabile?
Se per caso insomma foste liberi, senza niente di meglio da fare, e possibilmente in zona Catania, vi aspetto la sera di sabato 12 luglio (alle 22) ad Acicastello, nella splendida rocca normanna.
Si tratta di un fuori programma della bella rassegna INTRECCI. Alle 21 ci sarà la proiezione di un video di Alessio Armiento, alle 22 un video ispirato all’ Indecenza di Alessandro De Filippo e poi una mia autopresentazione con intervista ai lettori.
L’ingresso è libero, così come, per l’occasione, la visita al castello.
Può essere una bella occasione di incontro!
A presto
elvira

Postato domenica, 6 luglio 2008 alle 18:36 da elvira seminara


Io sarò di certo presente, luogo incantevole e incontro interessante: connubio perfetto.
Tra le altre cose ho avuto modo di vedere in anteprima buona parte del video di Alessandro De Filippo e mi è piaciuto molto: il noir attraverso le immagini e la musica. seducente e incisivo.

Postato lunedì, 7 luglio 2008 alle 19:18 da sabina corsaro


@ Lorenzo Russo:

condivido la frase: “l’anima è il rispecchio della psiche” , anche nei supi aspetti meno razionali ma più istintivi.

E condivido anche questa:

“con la coscienza intendo lo stato evolutivo raggiunto.
Si forma con l’intelligenza, l’istruzione, l’educazione e soprattutto con la propria volontà e forza di carattere di sostenerla”.

Postato Giovedì, 3 Luglio 2008 alle 3:27 pm da Sabina Corsaro

Grazie Sabina,
Stiamo raggiungendo un livello, nel quale sarebbe possibile immaginarsi presenti, senza incontrarsi fisicamente.
Saluti
Lorenzo

Postato lunedì, 7 luglio 2008 alle 19:27 da lorenzerrimo


@ Sabina,
preciso che il mio post, precedente a questo, era rivolto a te.
Saluti e grazie,
Lorenzo

Postato lunedì, 7 luglio 2008 alle 22:15 da lorenzerrimo


ciao massimo
vi scrivo per invitarvi martedi 29 luglio ad Acireale, chiostro ex Gulli e Pennisi alle 21 : ci sarà prima un incontro su L’indecenza con domande andata e ritorno fra i lettori, poi (alle 10,30) la proiezione del film I vicerè di Faenza.
A presto !
elvira seminara

Postato sabato, 26 luglio 2008 alle 09:27 da elvira seminara


Informazioni evento Organizzatore:: ADG
Martedì 9 dicembre 2008
Ora: 19.00 – 20.00
Luogo: Musei di san Salvatore in Lauro
Indirizzo: piazza san Salvatore in Lauro
-

Enzo Bianco e Maria Rosa Cutrufelli
presentano il romanzo
“L’indecenza”
di Elvira Seminara
(Mondadori)
-
sarà presente l’autrice

Postato lunedì, 8 dicembre 2008 alle 14:41 da Enzo Bianco e Maria Rosa Cutrufelli presentano il romanzo "L'indecenza" di Elvira Seminara - martedì 9 dicembre


per tutti i siracusani.
***************************************
La Società siracusana di Storia patria, Sovrintendenza BB.CC. Siracusa
lunedì 15 dicembre 2008
Ora: 17.30 – 19.00
Luogo: Palazzo Bellassai
Indirizzo: Vittorio Veneto 33
Siracusa,
vi invita alla presentazione del romanzo “L’indecenza” di Elvira Seminara (edito da Mondadori)
***
Mariella Muti, Sovrintendente BB.CC. Siracusa, e Andrea Schembari, Facoltà di Lettere Catania, ne parleranno con l’autrice

Postato domenica, 14 dicembre 2008 alle 22:33 da "L'indecenza" di Elvira Seminara -lunedì 15 dicembre - Siracusa


[...] vi invito a rispondere). Lo spunto per la discussione ce lo offre la nuova opera narrativa di Elvira Seminara: “I racconti del parrucchiere” (Gaffi, 2009). [Peraltro siete tutti invitati alla [...]

Postato giovedì, 4 giugno 2009 alle 10:10 da Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » METTERE IN PIEGA UNA STORIA. “I racconti del parrucchiere” di Elvira Seminara


Nel suo ritmo incalzate e via via più serrato fino alla stretta finale, “L’indecenza” racconta la storia di un dolore privato, sullo sfondo di un mondo la cui eco lontana proviene dalle vetrine addobbate, dai centri commerciali alienanti, dall’affollata solitudine cui è affidata l’atmosfera di un insensato Natale, la festa della famiglia e dei bambini, che fa precipitare inevitabilmente gli eventi. Dominato dal tema della colpa per la perdita di ciò che costituisce status symbol e garanzia di un’utilità sociale, il figlio, la vicenda si snoda agilmente attorno all’evento che di quel lutto appare il mostruoso risarcimento: l’arrivo di una figlia mostruosa “Noi l’avevamo cercata, chiamata, attesa…” in uno spazio mostruoso e chiuso (la casa e il giardino che osmoticamente vivono la medesima alterazione della protagonista e ne mostrano sul “corpo” analoghe ferite), che inevitabilmente preparano al mostruoso finale. Molte le letture che si potrebbero azzardare, nell’osservare quest’agiata coppia borghese occidentale, dominata dal senso di colpa che origina dal morso sociale, accogliere nel suo grembo lo straniero cui insegna la lingua, permette di instaurare relazioni e i cui bisogni soprattutto materiali (sublimazione di quelli “nutritivi” che competono alla madre) solerte soddisfa, per poi fagocitarlo e di quella colpa presentargli il conto.
Innegabile l’acutezza dello sguardo di lei, allucinato e consapevole del nulla che la accerchia, sguardo che avidamente beve l’esuberanza e la vita che in Ludmila si agita, fino ai tragici esiti conclusivi di un triangolo amoroso e feroce: Ludmila che si costruisce una storia, che apprende una lingua, impara luoghi, intreccia relazioni, e una coppia che dall’inizio alla fine appare immortalata in una fissità senza storia, dove l’unico accadimento è dettato dal definitivo deterioramento delle condizioni mentali della protagonista. In uno stile mai gratuito ma “barocco” nell’accezione positiva del termine, “L’indecenza” racconta una vicenda claustrofobica con la spietatezza che merita, con coraggio e fino al precipizio finale. Senza sconti o risarcimenti, senza rassicurazioni.
Una la cosa che mi è piaciuta meno: non esiste in tutta la storia una sola scintilla di bene, un momento di umanità, uno spiraglio. Ciò non sia detto perché a tutti i costi si debba ricercare un appiglio consolatorio, ma al contrario perché sempre la realtà è dominata dal male ma anche dal bene, e contemplarlo in una narrazione assicura alla materia narrata una maggiore problematicità.

Postato venerdì, 10 settembre 2010 alle 18:35 da marta aiello


Grazie mille per il tuo commento, Marta. E benvenuta a Letteratitudine!

Postato venerdì, 10 settembre 2010 alle 21:57 da Massimo Maugeri


[...] questo romanzo – che conferma il grande talento narrativo di Elvira Seminara, già apprezzato ne “L’indecenza” e ne “I racconti del parrucchiere” – e su alcuni dei temi da esso affrontati. Anticipo che, [...]

Postato lunedì, 1 agosto 2011 alle 18:24 da Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » SCUSATE LA POLVERE, di Elvira Seminara


Volevo complimentarmi, a scoppio ritardatissimo con l’autrice: questo libro è uno dei più belli che abbia mai letto negli ultimi dieci anni. Una prosa ricca, motivata, mai ridondante, eppure significativa, un coinvolgimento totale in un paesaggio scuro e incombente avvolto dalla polvere soffocante dell’Etna. bello, bellissimo, complimentoni, Elvira!

Postato martedì, 24 dicembre 2013 alle 12:59 da isa


Grazie per il tuo intervento, cara Isa. Riferirò all’autrice. Non è mai troppo tardi! :)

Postato martedì, 24 dicembre 2013 alle 14:42 da Massimo Maugeri



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