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giovedì, 27 maggio 2010

LA CAMERA ACCANTO 17° appuntamento

Il titolo di questo post non si riferisce a un romanzo erotico o a un film spinto.

La camera accanto è la stanza, per l’appunto, posta di fianco a quella ufficiale (letteratitudine).

Se letteratitudine è una sorta di caffè letterario virtuale, la camera accanto è un luogo dove si possono affrontare argomenti di diverso genere. Si può parlare di letteratura – certo -, di libri; ma anche di cinema, sport, televisione, politica, gossip, ecc.

Insomma, si può parlare di tutto ciò che volete. Ciascuno di voi può sentirsi libero di avviare un dibattito o, più semplicemente, scambiare quattro chiacchiere.

Anche qui, però, vige la nota avvertenza (colonna di sinistra del blog); per cui vi chiedo di rispettare persone e opinioni. Vi chiedo, inoltre, la cortesia di evitare litigi e toni eccessivamente scurrili.

Aggiungo che la camera accanto è anche un luogo “integrato” con altri spazi di Letteratitudine, ovvero… il programma radiofonico Letteratitudine in Fm e la pagina Libri segnalati speciali. Di conseguenza potete lasciare qui i commenti riferiti ai suddetti spazi.

(Massimo Maugeri)

———————–

1) Vorrei dedicare questo nuovo appuntamento de La camera accanto alla memoria di Edoardo Sanguineti, che – come tutti voi saprete – è scomparso il 18 maggio scorso. Vi propongo, di seguito, un articolo di Piero Bianucci pubblicato su La Stampa… e vi invito – se avete piacere – a ricordare Sanguineti con un messaggio, anche in riferimento alle sue opere.

2) La seconda parte di questo appuntamento de La camera accanto la dedico a un nuovo progetto letterario collettivo di Marco Minghetti (leader de Le aziende In-visibili, vi ricordate?): si chiama La  Mente In-visibile, e avremo modo di parlarne nel corso della discussione.

3) Tempo di interviste. Vi segnalo questa, che ho rilasciato a Morgan Palmas per il blog Sul romanzo, quest’altra che ho rilasciato a Sabina Corsaro per Lo Schiaffo. Segnalo, inoltre, sempre su Lo Schiaffo l’intervista a Simona Lo Iacono e quella a Salvo Zappulla.

Aggiorno la sezione interviste, segnalandovi questa pubblicata da Sergio Sozi su Flanerì. L’intervista è divisa in due sezioni: prima parte e… seconda parte.

 

4) Alcune considerazioni sull’editoria in un articolo firmato dallo scrittore Gianfranco Manfredi

Per gli amanti della filosofia, infine, segnalo la rivista di cultura filosofica online L’accento di Socrate.

Segue il pezzo dedicato alla memoria di Edoardo Sanguineti e l’articolo di Gianfranco Manfredi.

Massimo Maugeri
(continua…)

Pubblicato in LA CAMERA ACCANTO   189 commenti »

giovedì, 4 giugno 2009

METTERE IN PIEGA UNA STORIA. “I racconti del parrucchiere” di Elvira Seminara

Che caratteristiche deve avere un racconto breve per “funzionare”?
L’incipit di questo post coincide con una domanda (ovviamente vi invito a rispondere). Lo spunto per la discussione ce lo offre la nuova opera narrativa di Elvira Seminara: “I racconti del parrucchiere” (Gaffi, 2009). [Peraltro siete tutti invitati alla libreria Giunti, di Piazza Duomo, a Catania (giorno 5, intorno alle h. 18,30) dove la stessa Elvira, insieme al sottoscritto e a Luigi La Rosa offrirà una sorta di workshop sul racconto presentando - contestualmente -"I racconti del parrucchiere"].

In questi racconti l’autrice dimostra di essere eclettica: la scrittura e lo stile si trasmutano da racconto in racconto – da voce in voce – mantenendo una qualità narrativa molto elevata e mettendo in scena un campionario umano completo, complesso e perfetto nella sua differenziazione.
C’è una sciampista dotata di poteri arcani di cui non era consapevole e che le consentono di carpire i pensieri delle clienti ogni volta che, per fare lo shampoo, tocca con le sue dita l’altrui cuoio capelluto. C’è un’extra comunitaria che decide di farsi bionda e che immola la lunga e nera treccia – curata per anni sotto il burqa – sull’altare dell’integrazione in un mondo che è diversissimo da quello d’origine (il taglio della treccia può essere visto come metafora della recisione delle proprie radici). C’è un poeta transessuale che decide di tagliarsi i capelli e di cambiarne la tinta: (E poi perché ci chiamano trans? Vuol dire attraverso, l’ho cercato sul dizionario. Attraverso cosa, la materia e lo spirito, gli ormoni e il silicone? E allora perché non chiamarci mutanti, sconfinanti, o che ne so. Vivere sul bordo, sulla linea, sul margine, vivere in punta di piedi facendo un fracasso del diavolo. In modo furtivo e smaccato). C’è il marito che si apposta poco fuori la bottega del parrucchiere per fare una sorpresa alla moglie. C’è la figlia di un detenuto che scrive la propria storia per inviarla a una rivista (qui lo stile e la scrittura della Seminara si trasfigurano per uniformarsi a quello del personaggio a cui si presta la voce… in questo caso la penna, caratterizzata dalla punteggiatura un po’ bizzarra). C’è una donna che una mattina si risveglia con gli occhi di colore viola e che vive, con leggerezza, una sorta di provvisorio risveglio kafkiano (la donna asseconderà il cambiamento tagliando i capelli cortissimi e tingendoli di rosso; ma la mattina dopo gli occhi torneranno a essere castani). C’è una giovane suora, dalla fervida immaginazione, che – prima di entrare in convento – decide di passare dal parrucchiere: (Ho capelli castani lunghi, né belli né brutti. Ma per ficcarli tutti sotto il velo, e tenere la testa pulita senza perdere tempo e fantasia, devo per forza tagliarli).
C’è il racconto struggente di un padre separato che, in compagnia del figlio (che non riesce più a vedere ogni giorno come vorrebbe), attende in macchina l’ex moglie che sta per uscire dalla bottega del parrucchiere.
E c’è altro. Molto altro. Perché i capelli hanno anche un forte valore simbolico e, in fondo, esprimono noi stessi. La nostra personalità, la nostra cultura, le nostre origini. E attorno ai capelli e al parrucchiere si accavallano e si alternano storie, caratteri, esistenze, destini. Voci che si mischiano e confluiscono fino a formare un unico particolarissimo coro.
Di seguito potrete leggere la recensione di Sabina Corsaro, direttore editoriale del magazine Lo Schiaffo (chiedo a Sabina collaborazione per animare e moderare il post relativamente ai racconti di Elvira).
Invito Luigi La Rosa ad aiutarmi per portare avanti la discussione sui racconti in generale.
Naturalmente interverrà anche l’autrice della raccolta.

In coda al post potrete leggere una storia tratta da “I racconti del parrucchiere”. L’ho scelta perché è una delle più dolenti… e anche perché proverò a “interpretarla” alla libreria Giunti (Piazza Duomo, Catania) giorno 5. Vi aspettiamo!

Dunque: discuteremo sia di questi racconti della Seminara che dell’arte del racconto in generale.
Vi ri-formulo la domanda: Che caratteristiche deve avere un racconto breve per “funzionare”?
E aggiungo questa (in tema): che rapporto avete con i vostri capelli?
A voi!
Massimo Maugeri

(continua…)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   225 commenti »

mercoledì, 11 giugno 2008

L’INDECENZA di Elvira Seminara: una moglie, un marito, una colf straniera

Elvira Seminara fa la giornalista e vive ad Aci Castello (in provincia di Catania). È docente di Storia e tecnica del giornalismo nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania. Ha curato diverse trasmissioni radiofoniche per la Rai ed è redattrice del quotidiano “La Sicilia”. Ha pubblicato il racconto lungo Bayt al-rih – Casa del vento (Siciliano, 2004) e Sensi. Donne sull’orlo dell’isola (Sanfilippo, 2005), un libro-inchiesta sulle donne siciliane.
Ho il piacere di presentarvi Elvira Seminara qui a Letteratitudine in occasione dell’uscita del suo romanzo d’esordio L’indecenza (Mondadori, 2008, pag. 181, € 17).
Una moglie e un marito abitano in una villa circondata da un giardino rigoglioso dove, in lontananza, si vede “l’Etna che si staglia contro il cielo limpido e il mare scintillante”. A un certo punto una ragazza dagli occhi azzurri e le trecce bionde suona alla porta: è Ludmila, la nuova colf ucraina. Giovane, innocente, piena di speranze, Ludimila vivrà con loro e diventerà parte della famiglia.
Questi i personaggi.
Per capirne di più potrete leggere, di seguito, la recensione realizzata in esclusiva da Sabina Corsaro e un’intervista, pubblicata su Repubblica, che l’autrice del libro ha rilasciato a Silvana Mazzocchi.
Avrete modo di ascoltare l’incipit del libro, e saggiare gli effetti della bella penna della Seminara, collegandovi a Radio Alt (una volta aperta la pagina cliccate su su “ascolta l’incipit”).
Il libro affronta diversi temi.
C’è il tema della follia, di cui abbiamo discusso altre volte. C’è il tema della precarietà degli equilibri famigliari. E poi c’è il tema dell’ambivalenza: come sostiene la stessa Seminara nell’intervista, si tratta di ambivalenza “non solo del genere umano. Viviamo in un mondo sempre più ibridato, mescolato, contaminato. Ambivalenti sono i nostri sentimenti, ma anche la natura intorno, sempre più irriconoscibile, malata, insidiata dai virus della contaminazione, e non solo simbolica purtroppo”.
E poi si innesta l’argomento “colf straniere”.
Insomma, potremmo affiancare alla discussione sul libro una serie di dibattiti collaterali.
Per esempio…
Ritenete che, oggi, gli equilibri famigliari siano più precari rispetto a un tempo?
Viviamo davvero in un mondo sempre più ambivalente, ibridato, mescolato, contaminato?
E come fare per uscire dal circuito dell’ambivalenza?
E poi… avendo la necessità di beneficiare dei servizi di una colf… sarebbe meglio assumerne una italiana o una straniera? E perché?

Vi ringrazio anticipatamente per l’attenzione e per la cordialità che riserverete a Elvira Seminara, che parteciperà a questo dibattito.
Sabina Corsaro mi darà una mano a moderarlo.
Massimo Maugeri

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L’INDECENZA di Elvira Seminara

recensione di Sabina Corsaro (nella foto)

sabina-corsaro.jpgL’indecenza può essere intesa come una lunga e graduale involuzione verso la non comunicabilità; il contatto della protagonista con il mondo oggettivo subisce una graduale alterazione attraverso un viaggio su binari costantemente in bilico tra sensazioni elegiache e stati d’animo cupi. L’alternarsi dei sentimenti e delle emozioni della protagonista si riflettono nel graduale alternarsi delle stagioni, con descrizioni minute, rese impeccabili da una scrittura ‘pittorica’. Lo sguardo di Elvira Seminara è attento, acuto; uno sguardo che si posa senza remore sui pensieri ingarbugliati, sull’animo imperscrutabile e insondabile. Le idiosincrasie della protagonista, le sue allucinazioni esistenziali, il confine tra l’opacità e la trasparenza in cui è posto il suo animo inquieto, emergono lentamente attraverso un linguaggio che si amplia e intensifica con climax, enfasi psicologiche e danno vita ad una spirale espressiva che risucchia i personaggi e i lettori in un unico vortice.

Le stagioni vengono descritte attraverso il linguaggio delle cose, dello spazio, con espressioni umanizzate, mediante una continua osmosi tra aggettivi e sensazioni, tra oggetti e stati d’animo: “C’era un silenzio, ad esempio, che tessevamo come un filo, trasparente e teso, come quello della biancheria. Ci appendevamo i nostri pensieri ad asciugare al sole, a sventolare” oppure: “Erano a volte pensieri umidi e vecchi, specialmente i miei, un poco mesti come calzini spaiati, oppure sfatti come stracci”. Le stagioni, il tempo, si personificano: “Ci eravamo distratti. Mentre pioveva, l’autunno si era stabilito a casa nostra con tutti i suoi bauli”.

La violenta passionalità che aleggia nell’animo della protagonista è inizialmente latente e solo alla fine del libro si intuisce che essa era celata dietro un presagio: la descrizione della scena della gabbia dentro la quale i piccoli criceti si mostrano col capo mozzato, perchè appena divorato dalla mamma criceto. L’inquietante scena della gabbia dei criceti preannuncia un’altra tragedia che si compirà; la microrealtà dei piccoli esseri irromperà oltre le sbarre della gabbia e si amplierà fino ad innescare nuovi tragici ingranaggi nelle esistenze delle due spettatrici inebetite.

Ed ecco comparire le ombre: “Ci sono ombre che a loro volta fanno ombra, oppure si mescolano tra loro… ombre in movimento, più svelte delle cose da cui nascono, ombre a grappolo, trappole, che sembrano ombre di cose invisibili. Ombre spezzate, ma originate da cose intere… Le cancellavo con lo straccio, quelle per terra, e ricomparivano”. E mentre la luminosità dell’estate accoglie la ‘bambina’ dai grandi occhi azzurri, l’autunno sprigiona la viscida infelicità, da tempo compressa, entro la quale poco per volta annegano i personaggi.

L’indecenza assume diverse sembianze: ora quelle di ciò che non è adeguato socialmente, ora del non corretto linguisticamente: “incedente”. Ma l’indecenza è, paradossalmente, nella complessità del libro, soprattutto lo scontro tra lo stato innocente della ragione e la sua parte forzata che diviene accondiscendente alle norme della vita. Può essere inoltre l’istintività smaliziata di Ludmila, macchiata dall’adattamento alle regole quotidiane ed esistenziali all’interno di una casa che mostra crepe profonde.

La lettura è resa accattivante da un linguaggio che oltrepassa i caratteri del genere noir e trascina il lettore in un affascinante gioco di forme e pensieri. Scrittura pittorica dicevo, perché il linguaggio descrittivo dell’autrice pone i riflettori sull’essenza delle cose, sullo spazio e ne umanizza le immagini che in esso si generano.
Sabina Corsaro

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Intervista su Repubblica
di Silvana Mazzocchi

Elvira SeminaraUNA donna che rimane prigioniera del dolore per il suo bambino mai nato. E un marito che non riesce a dissolvere la rabbia e la sofferenza che consumano un amore ormai alla fine. Tra loro Ludmila, una ragazzina con trecce bionde e occhi blu. E con un’innocenza più destabilizzante di un uragano. Ludmi è ucraina, arriva in Sicilia, non è abile nei lavori domestici, non sa fare nulla con professionalità. Ma basta che lei appaia con la sua svagata bellezza per riempire la casa e il giardino di nuova vita. La sua è una presenza che innesca calore dove c’era freddo, luce dove c’era ombra. E, con lei, nulla sarà più come prima. Un noir intimo, tessuto di sensualità e grazia.
E’ L’indecenza, il romanzo d’esordio di Elvira Seminara (nella foto), in libreria per Mondadori.

Un romanzo ha sempre un perché?
“Non so per gli altri, per me sì. Più che nell’ispirazione, io credo nella cospirazione. A un certo punto della vita, è come se tutto congiurasse perché tu scriva quella storia, un albero, una certa luce che ci sbatte sopra, un fiume di parole che devi arginare e incanalare in ragionamenti o immagini, se no rischi di esserne travolta, e sragionare. Ma questo è il perché a monte, diciamo fisiologico. Poi c’è un perché più strutturale, e di solito lo ritrovi dopo, alla fine del romanzo. Alla parola fine, ho pensato di aver scritto questa storia perché da un po’ sono coinvolta e impaurita dal tema dell’ambivalenza. Non solo del genere umano. Viviamo in un mondo sempre più ibridato, mescolato, contaminato. Ambivalenti sono i nostri sentimenti, ma anche la natura intorno, sempre più irriconoscibile, malata, insidiata dai virus della contaminazione, e non solo simbolica purtroppo”.

Ludmila, la protagonista, è luce, eppure crea ambiguità
“Lei è multiforme, come gli altri, e per questo crea ambiguità. Anche la sua bellezza è pericolante, insidiosa, e la sua grazia è instabile. Oscura. E’ insieme prodigio e sgomento. Anche i suoi sentimenti per l’uomo e la donna sono ambigui, carichi di innocenza e malizia. E’ un’adolescente, impara presto a esercitare potere sulla coppia grazie alla sua giovinezza, ma lei stessa è ignara del suo potenziale di rischio. Di fronte alla sua ambivalenza naturale, affiorano ed esplodono le inquietudini della coppia che la ospita. E’ ambivalente la donna, che guarda a lei confusa e intimorita, con un sentimento fatto di eros e tenerezza materna, è ambivalente l’uomo che la vuole proteggere sino, forse, a possederla. Ambivalente è la casa, insieme trappola e nido. Ambivalente è l’amore senza più corpo fra marito e moglie, fatto di silenzi senza abbandono, di ricordi senza più forme, di colpe senza imputazioni, di amore senza più amore”.

Qual è L’indecenza richiamata dal titolo?
“Questa parola la pronunciano tutti e tre i personaggi, ma ciascuno in un senso diverso, e addirittura Ludmi lo fa sbagliando. Indecente è la natura ma anche la casa, che qui è un personaggio a tutti gli effetti, è un organismo che soffre, geme, si spoglia, si infetta. Indecente è il dolore quando non gli dai un nome, è il nostro difetto di comunicazione, è la perdita della fiducia, dell’armonia”.

Quanta Sicilia c’è nel libro?
“C’è l’Etna che ricopre tutto, uomini e cose, con un sudario di polvere nera che toglie l’aria e i contorni. E’ una metafora ma anche un fenomeno “naturale”. C’è un mare che fa perdere i sensi a Ludmila, c’è una natura feroce ed eccessiva, cannibalesca, che insidia le fondamenta stessa della casa, con le radici che spingono sotto il pavimento, e i rampicanti che premono per entrare. Una natura fortemente erotica ma ambivalente, fatta di piante che si incrociano sino a produrre improbabili innesti. Una natura carica di una vitalità furiosa ed esorbitante, che tuttavia non genera vita e slancio, ma piuttosto morte e detriti”.

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