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mercoledì, 7 marzo 2018

NON STANCARTI DI ANDARE di Teresa Radice (ai testi) e Stefano Turconi (ai disegni)

graphic-novel-e-fumettiQuesto post unisce due rubriche di Letteratitudine: A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri) e “Graphic Novel e Fumetti“.

L’occasione ci viene offerta dalla pubblicazione di un ottimo graphic novel pubblicato da BAO Publishing e realizzato da Teresa Radice (ai testi) e Stefano Turconi (ai disegni). Il volume si intitola: Non stancarti di andare. Di Teresa Radice e Stefano Turconi ci eravamo già occupati con riferimento a “Viola Giramondo” (Tunué) (qui la recensione di Furio Detti).

Non stancarti di andare è un romanzo grafico intenso sul senso dell’esistenza e della distanza, che attraversa più generazioni. Una storia per distruggere le barriere, per imparare ad amare senza riserve.

I protagonisti sono Iris e Ismail.

Iris inizia a mettersi comoda nella casa di Verezzi, in Liguria, mentre il suo amato Ismail torna a Damasco per sistemare le ultime faccende prima di trasferirsi definitivamente con lei. Separati da un destino violento e imprevisto, Iris si scopre incinta mentre Ismail lotta per tornare in Italia, bloccato dalla grave situazione in Siria, dove alla lotta tra milizie governative e forze ribelli si affianca l’avanzata dei gruppi fondamentalisti.

Di seguito, il tandem letterario tra i due autori (che ringrazio di cuore per la disponibilità e l’entusiasmo con cui hanno accettato il mio invito).

Massimo Maugeri

* * *

Teresa Radice: Eccoci qua. “Non stancarti di andare”, edito da BAO Publishing, è in libreria da tre mesi, è stato un viaggio lungo cominciato oltre dieci anni fa in Siria e non ancora terminato, perché questo è il momento degli incontri coi lettori, delle chiacchierate sulla storia, dei perché e dei percome. In tanti ci hanno chiesto da dove è venuto questo libro, spingendoci spesso a parlare del passato ma, ora che ci penso, nessuno ci ha mai domandato di quel che resta in noi ora che il libro ha preso la sua strada. Di quel che di questa storia ci è rimasto addosso e dentro, ecco. A distanza di 3 mesi dall’uscita (e per te a soli quattro mesi dal termine della lavorazione ai disegni – io, con la sceneggiatura, avevo finito un po’ prima), c’è un personaggio che ti è rimasto più appiccicato di altri? Qualcuno per cui provi particolare nostalgia?

Stefano Turconi: Un po’ tutti, credo.  Dopo così tanto tempo passato assieme è difficile separarsene. Anche se, in realtà, da disegnatore non ti stacchi mai davvero da un personaggio: ogni volta che fai una dedica su un libro disegni uno di loro, quindi, a conti fatti, mi sa che ho disegnato molte più volte Iris e Ismail da quando il libro è finito che non prima, nelle tavole. In ogni caso i personaggi che mi mancano di più credo siano Iris e Maite, per un motivo banale in realtà: lo sapevo già prima, ma lavorando a questo libro mi sono accorto di quanto sia stimolante disegnare la “quotidianità”, un dialogo tra due persone in auto, o su una veranda una sera d’estate. Il fumare una sigaretta, o bere una birra, cose semplici che si fanno tutti i giorni, gesti banali, ma che, da disegnatore, devi rendere “interessanti”, giocando con i gesti o le inquadrature. Per molti aspetti è più facile disegnare una scena d’azione che non una scena in cui due persone prendono un caffè al bar parlando del tempo. Tu, invece, cosa mi dici in proposito?

Tere: Io, con le storie “grandi” (cioè quelle che ci occupano per anni, che sono vere e proprie navigazioni che assorbono ogni cosa che facciamo, che si tratti di pesare la frutta al supermercato o portare i bimbi a scuola) faccio sempre parecchia fatica a “staccarmi”. Tre mesi sono troppo pochi per aver cambiato completamente orizzonte… anche se parte di me già respira le atmosfere del progetto nuovo e il mio cuore ha riconosciuto nei compagni di strada del prossimo romanzo grafico una consonanza di battiti. Complice il fatto che in tanti ci stanno chiamando a raccontare “Non stancarti di andare”, sento Iris, Ismail, Maite, Tiz, Lucio e Saul ancora tutti attorno a me. E forse quello da cui faccio più fatica a separarmi è proprio Saul, che poi è il cardine del libro, colui dal quale tutto è partito, dal quale la storia di tutti gli altri è scaturita, come i cerchi nell’acqua quando getti un sasso. E’ per raccontare Saul che questo fumetto è nato, è l’essere stati toccati da Saul – e dalla realtà da lui creata al Monastero – che in un modo o nell’altro ha cambiato la vita delle persone del libro… e ha cambiato la nostra. Le vicende di tutti gli altri continuano idealmente oltre l’ultima pagina, il lettore può immaginarsele come vuole, ma quella di Saul ci rimane addosso nelle sue parole, nei suoi gesti, sospesa nell’attesa. E nella speranza. “Le ribellioni si fondano sulla speranza”, dicono in Star Wars. E come pulsa forte la ribellione al Monastero, che rende affollato il deserto e fa parlare tra loro persone di lingue diversissime, azzerando le distanze pur mantenendo le diversità!
A proposito, ricordo quanto ti sei basato sulle nostre foto per ricostruire quegli ambienti e tutto il lavoro di documentazione fatto sulla calligrafia araba. E siccome so quanto sei pignolo e maniaco delle verosimiglianze e ho ancora in mente le vele cancellate e rifatte mille volte per il nostro graphic novel precedente, “Il Porto Proibito”, uscito nel 2015 sempre per BAO, ti chiedo: a libro finito, c’è qualcosa su cui oggi rimetteresti mano?

Ste: Un sacco di cose! Sono ancora totalmente convinto di tutte le scelte di colorazione, di atmosfere, di inquadrature, non si tratta di questo. Si tratta dei “refusi”, degli errori nel disegno: un collo troppo lungo, una sproporzione tra le persone e le auto (le auto sono la mia “bestia nera”, non le so disegnare e sono cosciente che non imparerò mai!) un braccio storto, una testa troppo grande o troppo piccola, le classiche cose di cui ti accorgi quando è troppo tardi… Non sono molte, per fortuna, e in ogni caso non rivelerò mai pubblicamente in quali vignette si trovano…
E io invece ti chiedo: c’è stata una scena o un dialogo che hai scritto e riscritto più volte? Qualcosa di cui non eri mai soddisfatta? Qual è stata la parte del libro più difficile da scrivere?

Tere: Oh, ce ne sono state tante! Ma ricordo di aver cancellato almeno una decina di volte il dialogo tra Iris e Ismail a Istanbul, quando discutono di religione: c’erano cose che Iris sentiva fortemente il bisogno di dire, concetti che desiderava condividere con Ismail per costruire con lui un ponte che azzerasse le distanze, per trovare un comune modo di sentire che li avvicinasse al di là delle differenze. Ma le parole le scappavano, erano sempre troppo rozze o inadatte o approssimative. O rischiavano di ferire, di offendere, di scandalizzare… eppure quelle cose scalpitavano per essere dette. A essere onesta, temevo che qualcuno se la prendesse per quel suo discorso sconsolato su “forse il male sta nelle religioni…”, e invece un sacco di lettori hanno trovato echi di loro difficoltà in quelle di Iris e, al posto di schiaffi, abbiamo ricevuto abbracci.
E poi c’è la lettera finale del libro, quella al nostro bimbo, che in realtà aveva lo scopo di raccontare al lettore il perché di questa storia e il perché proprio ora: ci ho messo sei mesi a scriverla, lo sai. Dal giorno del suo quinto compleanno alla consegna del materiale per la stampa. Ci stavo proprio male, su quelle righe: cercavo il modo di spiegargli, quando si fosse imbattuto nel libro da grande, quello che provavo in quel momento di grida e muri. E quello su cui desideravo che lui e sua sorella posassero gli occhi, invece. Volevo farlo “dal lato illuminato della strada”, come avrebbero cantato i Pogues, ma di colpo attorno era tutto buio e non faceva che peggiorare e faticavo a trovare appigli: “Potrete mai assolvere, amore minuscolo, questi adulti che tanto faticano ad essere all’altezza del futuro che vorrebbero per voi?”. Che strazio è stato!
Ma visto che parliamo di figli, di speranze, di sogni… facciamo un gioco, dai. Si dice spesso in giro, di noi due, che siamo “i fumettisti a zonzo”: quelli che girano il mondo e che dai viaggi tornano con carnet zeppi d’immagini e parole (questo è vero!) e poi, da quelle immagini e parole, con tempi e modi ogni volta diversi, ecco che scaturiscono storie.

Ste: E a volte i lettori ci hanno addirittura attribuito viaggi che in realtà non avevamo mai fatto: è successo con l’India di “Topinadh Tandoori”, o con gli Stati Uniti, o con Istanbul…

Tere: Vero! Succede anche con le citazioni: capita che i lettori colgano, tra le nostre vignette, omaggi a film o libri che in realtà magari non conosciamo affatto! Però, tornando ai viaggi, in effetti praticamente tutte le nostre storie più importanti vengono da incontri con luoghi e realtà più o meno lontane, vissute insieme. Allora ti chiedo: quali posti metteresti in cima a una lista di luoghi da esplorare per ambientarci nuove storie? Il mio top della lista lo sai: l’Uzbekistan. Samarcanda prima di morire. Non so che razza di storia potrebbe venire da lì… ma sono sicura che ce ne sia già almeno una che sonnecchia in attesa di essere scovata…;-)

Ste: Difficile dare delle priorità, quindi via con la lista: Mongolia (sogno di andarci da sempre, da quando vidi “Marco Polo”, lo sceneggiato della RAI, negli anni ‘80), e poi il Sudafrica, la Patagonia, le Svalbard! Tutti posti facili da raggiungere, economici.;-) … Ma forse al primo posto metterei (dando un indizio a chi cerca informazioni sul prossimo libro) la Russia. In Carelia ci siamo già stati, ma mi piacerebbe tanto vedere Mosca, e Jasnaja Poliana (la tenuta di Tolstoj) e magari arrivare a Vladivostok sulla Transiberiana. Lì di storie ne troveremmo parecchie, secondo me. Tanto sognare non costa niente…

* * *

Teresa Radice e Stefano Turconi nascono entrambi nella Grande Pianura, a metà degli anni ’70… ma s’incontrano solo nel 2004, grazie a un topo dalle orecchie a padella e a una pistola spara-ventose. Lei, per vivere, scrive storie; lui le disegna. Si piacciono subito, si sposano l’anno seguente. Scoprendosi a vicenda viaggiatori curiosi, lettori onnivori e sognatori indomabili, partono alla scoperta di un bel po’ di mondo, zaino e scarponi. Dal camminare insieme al raccontare insieme il passo è breve. Le prime avventure a quattro mani sono per le pagine del settimanale Disney “Topolino”: arrivano decine di storie, tra le quali la serie anni ’30 in 15 episodi Pippo Reporter (2009-2015), Topolino e il grande mare di sabbia (2011), Zio Paperone e l’isola senza prezzo (2012), Topinadh Tandoori e la rosa del Rajasthan (2014) e l’adattamento topesco de L’Isola del Tesoro di R.L.Stevenson (2015). Nel 2011 si stabiliscono nella Casa Senza Nord – a 10 minuti di bici dalle Fattorie, a 20 minuti a piedi dal Bosco, a mezz’ora di treno dal Lago – e piantano i loro primi alberi. Nel loro Covo Creativo, i cassetti senza fondo straripano di progetti: cose da fare, posti da vedere, facce da incontrare. Nel 2013 esce Viola Giramondo (Tipitondi Tunué, Premio Boscarato 2014 come miglior fumetto per bambini/ragazzi, pubblicato in Francia da Dargaud). I frutti più originali della loro ormai decennale collaborazione hanno gli occhi grandi e la testa già piena di storie. I loro nomi sono Viola e Michele.

* * *

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Scritto mercoledì, 7 marzo 2018 alle 15:30 nella categoria A BOTTA E RISPOSTA (un tandem letterario conversando di libri), GRAPHIC NOVEL E FUMETTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

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