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Archivio del 22 novembre 2017

mercoledì, 22 novembre 2017

ISTANBUL E IL MUSEO DELL’INNOCENZA DI PAMUK

ISTANBUL E IL MUSEO DELL’INNOCENZA DI PAMUK – Le Ferite tra amore e memoria

Regia e cast: Grant Gee – Genere: Documentario d’arte – Etichetta: Koch Media – Distribuzione: Koch Media – Formato: DVD, Blu-Ray

* * *

di Massimo Maugeri

Chi ha amato “Il museo dell’innocenza“, uno dei migliori romanzi del Premio Nobel per la Letteratura Orhan Pamuk (edito in Italia da Einaudi), non può non amare il film/documentario d’arte intitolato “Istanbul e il Museo dell’innocenza” diretto da Grant Gee (distribuito al cinema nei mesi scorsi e oggi disponibile in versione DVD e Blu-Ray).

Partiamo dal seguente presupposto. In diverse circostanze abbiamo evidenziato come i personaggi e le storie dei romanzi destinati a rimanere nella storia della letteratura (e questo è il caso de “Il museo dell’innocenza“) assumono una valenza così potente da entrare nell’immaginario collettivo e diventare – in un certo senso – reali. Nel caso di questo libro si va oltre. Il museo immaginato da Pamuk all’interno del romanzo è diventato davvero un museo reale, noto in tutto il mondo e meta turistico/culturale di Istanbul.

Il museo dell’innocenza” fu pubblicato un paio d’anni dopo il conferimento del Premio Nobel a Pamuk (avvenuto nel 2006). Subito dopo la pubblicazione dell’opera, Pamuk lavorò al progetto/museo (investendo, peraltro, nel progetto il premio in denaro ricevuto con il Nobel).

«Ho passato l’estate a Istanbul, a casa, a lavorare alla costruzione del Museo dell’innocenza», afferma Pamuk in quel periodo. «Una casa-museo che porta il titolo del mio nuovo romanzo e che raccoglie tutti gli oggetti descritti nel libro. Gli oggetti di un amore innocente, come quello sbocciato fra i due protagonisti». E a proposito dell’intreccio tra stesura del romanzo e allestimento del museo, Pamuk spiega: «Quando la storia era pronta, allora ho cercato le cose. Ma ad esempio non ho mai scritto dei vestiti di Füsun, fino a quando non ho trovato abiti di quegli anni che davvero corrispondessero alla donna amata da Kemal. Quindi vedevo gli oggetti, e poi inventavo il capitolo. C’è stata una fase in cui mi sono comportato come un normale narratore che scrive la sua storia. E poi altri momenti in cui pensavo agli oggetti, e li cercavo ovunque per metterli nel libro. E nel museo. È stato un obiettivo doppio che mi sono autoimposto, piuttosto sfibrante». (cfr. articolo/intervista di Marco Ansaldo pubblicato su la Repubblica del 3 ottobre 2009).

I due protagonisti si chiamano Kemal e Füsun, e la storia del romanzo ripercorre l’ossessione amorosa che lega l’uomo alla giovane donna. Questa è la trama (tratta dalla scheda del libro):

Entrato in un negozio per comprare una borsa alla fidanzata, Kemal Basmaci, trentenne rampollo di una famiglia altolocata di Istanbul, si imbatte in una commessa di straordinaria bellezza: la diciottenne Füsun, sua lontana cugina. Fra i due ha ben presto inizio un rapporto anche eroticamente molto intenso, che travalica le leggi morali della Turchia degli anni Settanta. Kemal tuttavia non si decide a lasciare Sibel, la fidanzata: per quanto di mentalità aperta e moderna, in lui sono comunque molto radicati i valori tradizionali (e anche un certo opportunismo); vuole la moglie ricca e la bella amante povera, il matrimonio e l’amour fou, i party a base di champagne (importato clandestinamente) della Istanbul bene e la seducente atmosfera di una stanza in un appartamento disabitato. Così si fidanza, con un sontuoso ricevimento all’Hilton. E perde tutto: sconvolta dal suo comportamento, Füsun scompare, mentre Kemal, preda di una passione che non gli dà tregua e mosso da una struggente nostalgia, trascura gli affari, si ritrae sempre più dal suo ambiente e alla fine scioglie il fidanzamento.
Quando, dopo atroci patimenti, i due amanti si ritrovano, nella vita di Füsun tutto è cambiato. Kemal però non si dà per vinto. In assoluta castità, continua a frequentarla per otto lunghi anni, durante i quali via via raccoglie un’infinità di oggetti che la riguardano: cagnolini di porcellana, apriscatole, righelli, orecchini, mozziconi di sigarette, ditali, saliere, mutandine, grattugie per mele cotogne… Poterli guardare, assaggiare, toccare, annusare, è spesso la sua unica fonte di conforto.
E quando la sua esistenza subisce una nuova dolorosa svolta, quegli stessi oggetti confluiranno nel Museo dell’innocenza, destinato a rendere testimonianza del suo amore per Füsun nei secoli futuri.

Aggiungo che nel corso degli anni Kemal assembla, oggetto dopo oggetto, questa incredibile collezione che confluisce – appunto – nel museo. In seguito, giunto al termine della vita, chiede all’amico scrittore Orhan Pamuk di narrare questa storia. Dunque, potremmo dire che lo stesso Orhan Pamuk è un personaggio del romanzo (il giovanissimo Pamuk, peraltro, è presente durante il ricevimento del fidanzamento tra Kemal e Sibel).

All’interno del romanzo – come ben sanno i numerosissimi estimatori di questo libro – c’è una pagina che dà diritto all’ingresso del museo. Un appuntamento, a mio avviso, imperdibile per tutti coloro che avranno la possibilità di recarsi a Istanbul. In attesa di quel momento (e per tutti coloro che non avranno modo di calcare il suolo della bella città turca) c’è comunque questa opportunità: “visitare” il museo attraverso le ottime sequenze del film diretto da Grant Gee.

La voce narrante del film è quella di Ayla, che – nel romanzo di Pamuk – è una cara amica di Fusün. Poi c’è la voce dello stesso scrittore che parla in video-interviste che si intravedono qua e là, all’interno di stanze, di negozi e di altri luoghi in cui si infila la telecamera di Gee.

Visiteremo il Museo dell’innocenza, stanza per stanza, angolo per angolo, con i nostri occhi che scorreranno sugli innumerevoli oggetti esposti (impressionante la collezione delle cicche di sigarette di Füsun raccolte da Kemal). Conosceremo la Instanbul notturna, grande protagonista del film insieme alle atmosfere in chiaroscuro del museo. Passeggeremo per le strade e per i vicoli della città. Ci ritroveremo a bordo di un taxi, su un traghetto lungo il Bosforo, accanto a uno straccivendolo. Ascolteremo le loro rapide e fugaci considerazioni sulla città e sulle loro condizioni di vita. E poi passeggeremo con lo stesso autore, che ama girare di notte (oggi scortato da una guardia del corpo). Entreremo nel suo studio, lo vedremo all’opera sulle sue carte, sui suoi manoscritti, con il suo inchiostro a caccia di parole sulle pagine bianche. Migliaia, milioni di parole.

Un’ultima considerazione che vale come ulteriore garanzia di qualità: i testi del film sono stati scritti dallo stesso Pamuk.

* * *

Di seguito, due video relativi al film

(continua…)

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