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mercoledì, 31 maggio 2017

SGT. PEPPER’S COMPIE 50 ANNI

Il 1° giugno 1967 usciva il capolavoro dei Beatles destinato a rimanere una pietra miliare nell’ambito della storia della musica

di Massimo Maugeri

Qual è l’album più importante della storia della musica pop/rock? Quello che è stato capace di tracciare una netta linea di demarcazione tra «un prima» e «un dopo» come nessun altro LP è mai più riuscito a fare? Sono domande ricorrenti, tra gli appassionati di musica. La risposta non è difficile. Vi risponderanno:  “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles. Un album che avrebbe venduto più di 32 milioni di copie, travolgendo e scompaginando il concetto stesso di realizzazione artistica nell’industria musicale. Per dare un’idea dell’influenza che questo disco esercitò anche nei decenni che seguirono, basti pensare che nel novembre 2003 la celebre rivista musicale “Rolling Stone” decise di stilare un elenco dei 500 migliori album di tutti i tempi; per farlo, coinvolse una giuria composta da 273 importanti musicisti, critici, storici e persone dell’industria musicale. Inutile precisare che fu proprio “Sgt. Pepper” ad aggiudicarsi la prima posizione tra i 1600 titoli votati in totale.

“Sgt. Pepper”, che – tra le altre cose – segna l’inizio dei cosiddetti concept album, nasce a seguito di un’idea di Paul McCartney. Nel 1966 i Beatles (per tutta una serie di ragioni) avevano deciso di interrompere definitivamente le loro tournée (anche per ragioni di sicurezza). Pare che nell’estate dell’anno prima (1966) McCartney avesse fatto un giro per i paesini della Francia in anonimato, “mascherandosi” dietro una strana pettinatura e un pizzetto posticcio (e divenendo una sorta di alter ego di se stesso). Nacque da qui l’idea di creare una band musicale fittizia che fosse un “alter ego” dei Beatles e consentisse loro di esprimersi e di sperimentare nella più assoluta libertà creativa. Nella sua visione, la band in questione doveva essere composta da un immaginario gruppo di musicisti: una banda di ottoni d’epoca vittoriana chiamata appunto “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, ovvero “la Banda del Club dei Cuori Solitari del Sergente Pepper”.

Consiglio di visionare la pagina web della BBC che ha dedicato questo speciale al cinquantenario dell’uscita del celebre LP.

Di seguito, ripubblico l’introduzione del volume “L’estate di Sgt. Pepper” di George Martin (La Lepre edizioni, p. 252, € 14,90), firmata dallo stesso autore.

Sir George Martin (Londra, 3 gennaio 1926 – 8 marzo 2016) oltre a essere stato musicista di formazione classico/barocca, è stato anche compositore, arrangiatore, produttore discografico, attore, sceneggiatore e scrittore; ma nel mondo è diventato famoso per il contributo determinante che diede alla musica del più celebre quartetto rock di tutti i tempi (soprattutto in termini di arrangiamenti orchestrali) e che gli valse l’appellativo di «quinto Beatle». Stiamo parlando dell’uomo che – come manager della EMI – mise sotto contratto i quattro ragazzi di Liverpool che avevano appena incassato un rifiuto dalla Decca.

* * *

L’introduzione del volume L’ESTATE DI SGT. PEPPER (La Lepre edizioni), firmata dallo stesso GEORGE MARTIN (autore del libro)

di George Martin

Quando incontrai i Beatles per la prima volta, nel 1962, pensai che la loro musica non fosse un granché: mi sem­brava troppo elementare e ritenevo le loro canzoni di scarso spessore. D’altra parte mi resi immediatamente conto che quei ragazzi avevano un enorme carisma, emanavano un fascino istintivo del quale a quanto pare­va non erano affatto consapevoli. Ognuno aveva qualco­sa di particolare. Erano diversi da qualsiasi altro gruppo che avessi mai incontrato. Erano divertenti, sfrontati senza mai essere volgari; insomma, non si poteva fare a meno di farseli piacere.
A me piacquero moltissimo, e quindi pensai: “Così come sono piaciuti a me, piaceranno anche al pubblico, se soltanto riuscirò a trovare una canzone adatta…”. Fu sull’onda di quella sensazione a pelle che li scritturai per la Parlophone, l’etichetta della emi che dirigevo. Tutti noi sappiamo com’è andata poi a finire, e ovviamente quella decisione cambiò radicalmente sia la mia vita che la loro.
Oggi, a mezzo secolo di distanza, i Beatles sono conosciuti in ogni angolo del mondo. Sono diventati le icone della loro generazione, il simbolo dell’ingegno e della creatività britannici.
Il carisma e il fascino che avevo intravisto quel gior­no hanno toccato il cuore praticamente di tutti, in tutto il mondo, e la loro musica è andata crescendo in bellez­za e in complessità oltre ogni previsione. Quello che avevano raggiunto era genio puro; e quando il mondo se lo trovò di fronte, quel disco, Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, venne unanimemente riconosciuto come il portavoce della rivoluzione sociale che fu poi definita Summer of Love. L’intera nazione britannica ha cavalcato quell’onda di gioia ed esuberanza, con Mary Quant e Carnaby Street che hanno dettato uno stile in seguito copiato ovunque.
I giovani di tutto il mondo scoprirono che non erano più costretti ad uniformarsi allo stile di vita dei propri genitori. Il Flower Power indicava la strada da seguire, e tutti scoprirono che era possibile scrollarsi di dosso gli ultimi rigurgiti dell’epoca vittoriana, piena di bacchet­toni e di ipocrisie sessuali. La terribile minaccia dell’Aids era ancora di là da venire. Ma a dire la verità, personal­mente di tutto questo non mi accorsi minimamente: ero troppo indaffarato.
Per me il 1967 fu un anno di lavoro, di duro lavoro, ma pieno di soddisfazioni incredibili. Un anno di gioia, un anno di tristezze, un anno che non dimenticherò mai. Persi mio padre, che morì appena finito Pepper. Persi un grande amico, Brian Epstein, che morì troppo giovane e lasciò i Beatles senza una guida. In compenso io e mia moglie avemmo una bella bambina, Lucie, la nostra primogenita, indubbiamente una figlia dell’Estate dell’Amore.
Fu allora, in quel 1967, che i Beatles capirono di avere realmente la possibilità di fare tutto quello che volevano. Lavoravano intensamente sulle loro canzoni, sperimentando cose che non si erano ancora mai senti­te, spingendosi sempre oltre il limite. Tutti i miei dubbi iniziali svanirono, man mano che le loro canzoni diven­tavano sempre più complesse e mature, senza che i Beatles perdessero mai l’amore dei propri fans.
E così, questo è il racconto di un anno straordinario della nostra storia, un anno diverso da tutti gli altri che l’hanno seguito o preceduto. Ma, cosa probabilmente ancora più importante, è anche la storia della realizza­zione di un album unico, quello che ha rivoluzionato il modo con cui, da allora, sarebbe stato concepito ogni altro disco.

(Riproduzione riservata)

© La Lepre edizioni

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Scritto mercoledì, 31 maggio 2017 alle 15:01 nella categoria LETTERATURA E MUSICA. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

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