Aprile 27, 2024

257 thoughts on “RECENSIONI INCROCIATE n. 5: Francesco Di Domenico e Enrico Gregori

  1. Oltre alle recensioni incrociate di Di Domenico e Gregori, troverete una doppia recensione di Gea Polonio che mi darà una mano ad animare e a moderare la discussione.

  2. … Enrico Gregori (riferendosi a Francesco Di Domenico) scrive: “Lui, tutto sommato, è il primo a mettersi in gioco e a offrire la sua faccia e le sue strampalate idee al pubblico dei lettori. Comica, infatti, persino la biografia dell’autore “dal 1975 pioniere delle radio libere napoletane”. E via, avanti, fino a pubblicazioni improbabili in occasioni altrettanto improbabili. Una lunga biografia, insomma, di uno che non ha mai combinato un cazzo. Vuoi mettere?”

  3. … Francesco Di Domenico (riferendosi a Enrico Gregori) scrive: “L’autore, scrive come un trucido coatto redento a Regina Coeli, nei tempi morti di un ergastolo”

  4. Mi sa che ne vedremo (leggeremo) delle belle…
    (naturalmente mi premetto di usare questi toni perché conosco i due autori, i due autori si conoscono tra loro e sono entrambi dotati di uno spiccato senso dell’umorismo)
    🙂

    Ma credo che il dibattito, oltre che uno scambio allegro e scherzoso, offrirà degli elementi di discussione di una certa serietà…

  5. Le prime domande ai due autori le pongo io… partendo dal presupposto che qualunque opera,anche la migliore, presenta difetti, così come – almeno, si spera – la più scadente delle opere presenta pregi…
    (segue)

  6. ”Questi energumeni hanno prodotto due libri molto belli”.
    Cosi’ disse il comandante del plotone d’esecuzione davanti alle pallide ma stranamente ancor ridanciane facce dei condannati – un paio di galeotti sorpresi a spacciare libri di Eco taroccati, con dentro segatura al posto dellepagine insomma.
    Poi: ”Caaaaricat! puntat! fuoco!”
    Sic transit gloria mundi.

  7. Due scrittori, due amici, così diversi, così interessanti.
    ha scritto bene Gea, e sarebbe superfluo riscriverne i passi.
    Ho letto i libri di Enrico, ne ho scritto le mie impressioni di lettura, cosa che faccio solo se un libro mi piace davvero e qui dovrei ripetermi ancora perchè mi sono piaciuti molto, soprattutto Doppio Squeeze e, cosa per me insolita, mi hanno conquistata al genere.
    Di Francesco ho letto soltanto stralci , divertentissimi, dai quali risalta il suo spirito di matrice dissacratoria, partenopea, anche un tantino surreale, e credo che farò in modo di procurarmi il libro.

  8. io non parteciperò alla chiacchierata ( sarò fuori tutta la mattinata) ma sono certo che l’incontro sarà “all’ultima battuta” – perciò divertentissima – conoscendo i nostri due amici.
    Un abbraccio a tutti, ciao Massimo
    stefano mina

  9. ehi! voi due… dico a voi: enrico e francesco! se non lo avete ancora fatto, dopo quello che ha scritto Gea, non vi resta che piombare lassù da lei e abbracciarla forte forte senza dimenticare un bel mazzo di fiori ( come minimo)… siete ancora lì? ma chi vi rivolgerà più parole così cariche di affetto?
    vi risaluto
    stefano

  10. In diretta dal viterbese dove sono a smaltire il cenone di capodanno, non potevo mancare all’appuntamento con i miei amici (e approfitto per testare la pendrive col collegamento internet regalo del marito: una goduria!! ;))
    Parto con Francesco “Didò” Di Domenico.
    Ho avuto il piacere di presentare il libro di Francesco e ne ho avuto piacere perché l’ho trovato geniale. Siamo tutti piccoli anti-eroi dela nostra piccola vita, e i suoi personaggi mi sono sembrati tanti noi, solo visti con gli occhi di un umorista, uno che sa cogliere ogni piccola sfaccettatura; quello che a noi può sfuggire non sfugge mai all’occhio furbetto del nostro Didò!
    Non è facile come una volta far ridere per iscritto, dico io; la tele ci ha abituati ale battute rapide e a volte un po’ scontate dei comici di zelig o di coloradocafé, l’ironia alla J K Jerome non fa l’effetto travolgente di qualche annetto fa, per la massa funzionano di più le barzellette dementi alla Totti… Storie Brillanti è un mix di una serie ampia di argomenti che spaziano dalla filosofia alla sociologia, dal calcio al sesso, dalla religione alla storia: una capacità di disquisire mica da tutti, cavolo! E poi le donne… nomi improbabili che però hanno un chiaro senso nel loro contesto.
    Per ora è tutto, fine primo round.
    Aggiungo solo che Didò è unico, nel suo stile, nel suo genere, nel suo delirio letterario. E che io sono onorata di essergli stata accanto nel debutto del suo Storie Brillanti di Eroi Scadenti. E, per una volta, svestita dei miei teschi per poter essere all’altezza delle sue fascinose protagoniste. O almeno ci ho provato! 🙂

  11. @Simonetta Santamaria.
    Anch’io ho letto il libro di Di Domenico. E la penso diversamente.
    Per me quell’uomo andrebbe messo in galera.
    E’un’ indecenza che circoli liberamente per le strade.
    E’ un’ indecenza che trovi ospitalità in un blog come questo, dove ci siamo anche persone serie.
    Approfondirò dopo. Anche su Enrico (ben altra pasta). Ora devo scappare.

  12. “Gli intellettuali sono come la mafia, si uccidono tra di loro”
    Woody Allen

    Ma io non sono un intellettuale, dissimulo abilmente (non sempre), ma sono un ragazzo di strada. Si è vero, una volta mi sono spacciato per professore associato all’Università Orientale di Napoli per poter mangiare gratis alla mensa e ho dovuto tenere una prolusione sull'”Inseminazione artificiale artificiale delle formiche nane del Borneo”, mi sgamarono sulla vaginetta delle formichine.

    Enrico è il contrario! Lui dissimula la conoscenza travestendosi come un Walter Matthau di “Prima Pagina” di Billy Wilder.
    Un brontolone i cui rimbrotti tutti aspettano e anzi implorano, un po’ come i politici degli anni ’60 che aspettavano gongolanti di essere dissacrati da “Fortebraccio” sul “L’Unità”.
    Chiede di essere considerato trucido, ma la sua tastiera è elegantissima, forse un po’ casual, come un giaccone Timberland…ma i giacconi Timberland costano uno stipendio, di tranviere.

  13. Non ho ancora letto (causa montagna libri arretrati che aspettano da mesi) il libro di Gregori ma lo farò e sono certa che mi piacerà. Conosco bene la sua scrittura e so che non delude.
    Del libro di Francesco invece ho già letto molti stralci e in questi racconti ho ritrovato il Didò che siamo abituati a leggere sul web. L’ironia surreale che Di Domenico mette in ogni suo gesto e vissuto quotidiano è la stessa che usa per colpire a morte i suoi personaggi e i lettori che si avvicendano tra le pagine del suo libro.
    Un libro da tenere sempre pronto per risollevarci il morale quando la giornata si presenta grigia.
    In sintesi credo che sia per Gregori che per Didò la bellezza della loro scrittura derivi dall’essere se stessi. Quando lo scrittore non tradisce l’uomo la scrittura ne trae grande beneficio e i risultati si leggono.
    Molto belle le recensioni, quelle degli energumeni e quella di Gea 😉

  14. Gea,
    grazie, non ti rifonderò mai abbastanza il prezzo del libro e neanche gli occhi che hai usato per leggerlo, consumati inutilmente ad idagare su di un traffico di aggettivi falsi.
    Gli occhi delle donne servono per leggere l’infinito.

    Grazie a tutti,
    frittatona di maccheroni avanzati e via, a trasportare anime e cuori per Napoli. Ci sentiamo stasera!

  15. Ringraziamenti d’obbligo (ma sentitissimi e sinceri) a Massimo, Gea e Didò. Quando si viene gratificati da uno spazio del genere bisogna accettare anche le “provocazioni”, quindi non mi sottraggo. Credo che il pregio più evidente del libro di Francesco sia la naturale propensione alla satira-umoristica. Nulla che sembri studiato per strizzare l’occhio al pubblico. Non siamo alle torte in faccia, insomma, bensì in una raffinata parata di situazioni e personaggi che ci accompagnano con gusto e intelligenza verso la risata e alla riflessione.
    Il difetto che PUO’ ESSERCI (ma non è detto che lo sia) è la sporadica tendenza a debordare. Intendiamoci, non è nulla di sguaiato. Ma è come se ogni tanto la “materia” si impadronisse della penna dell’autore. Un autore, peraltro, generoso e coraggioso.
    Devo poi dare atto a Didò di un grande complimento nei miei riguardi nell’aver citato Hitchcock. Ovviamente mi piacerebbe valere un decimo di quel genio, però la concezione del thriller del “maestro” mi ha sempre segnato e convinto.
    Quanto alle parole di Gea, che dire? Lei “sa leggere” e, che si concordi o meno, le sue osservazioni sono sempre e comunque di una persona che nei libri “ci sta dentro”.

  16. @Per Gregori.
    Non ho ancora letto il secondo libro di Enrico e quindi non sono in grado di esprimere un’opinione. Ho letto le recensioni di Gea e di Miriam (in altra sede) e mi sembra di capire che ci sia un’ulteriore crescita rispetto al primo. Il primo mi era piaciuto moltissimo e, come avevo già avuto modo di scrivere, Enrico ha la capacità di tratteggiare con estrema capacità di analisi l’allegoria di un’umanità smarrita tra ansie, frustrazioni e miserie latenti. I suoi personaggi appartengono a un microcosmo dalle infinite sfaccettature, descritti con raffinatezza e ironia. Lo stile è asciutto, essenziale, (come fatto anche rilevare benissimo da Gea nella sua recensione) da giornalista che preferisce andare al sodo evitando fronzoli e alchimie linguistiche. Gregori, come un sapiente regista teatrale, ci propone scene di drammatica intensità, affondando rasoiate cruenti sulle debolezze e le ipocrisie dei suoi personaggi . E sembra divertirsi, giocare sornione manovrandone i fili da dietro le quinte, in un palcoscenico di marionette senza testa e senza amore. Mi sembra una scrittura matura la sua, per poterlo annoverare tra i migliori autori del suo genere.

  17. @ salvo:
    come autore mi becco volentieri qualunque opinione. io ovviamente non so valutare quello che faccio e onestamente ritengo una perdita di tempo analizzare me stesso. posso solo dire (da quasi-lettore) che il primo libro è stato scritto in maniera più “eplosiva”, mentre il secondo è probabilmente più rarefatto…..credo 🙂

  18. ….aggiungo. molti attori dicono sempre che far ridere è più difficile che far piangere. questo, secondo me, vale anche per i libri. il confine tra il comico e il ridicolo è sottile. francesco non lo oltrepassa e la sua “comicità” è davvero di alto livello

  19. Purtroppo non ho letto nessun libro di Francesco e di Enrico, ma solo spiluccato qualcosa della loro scrittura, attraverso brevi e interessanti racconti pubblicati qui e là on-line. Ho letto inoltre molti loro commenti su Letteratitudine, i quali sono anch’essi, a mio parere, delle forme letterarie: e tali commenti mi attraggono. E destano in me molto interesse i riferimenti a Woody Allen e a Groucho Marx, connessi al ricchissimo retroterra partenopeo, per quanto riguarda la scrittura di Francesco, e il nome di Hitchcock citato in relazione al libro di Enrico, evidenziando inoltre una sua scrittura scarna e asciutta che evoca il mio amore per le opere degli statunitensi. Posso solo aggiungere, in attesa di leggere i due libri, che entrambi i titoli – “Storie brillanti di eroi scadenti” e “Doppio squeeze” – impreziositi da belle copertine, mi piacciono parecchio.
    Auguro ai vostri libri l’incontro con moltissimi lettori e una buona fortuna!
    Gaetano

  20. @Enrico. Io ero esercitato a valutare i manoscritti da pubblicare per Terzo Millennio, e la prima considerazione che faccio su un testo è, banalmente, se mi prende o meno. Cioè se mi invoglia a proseguire fino all’ultima pagina. Il tuo primo libro “funzionava” per tutta una serie di motivi: la scrittura immediata, lo spessore dei personaggi, la storia che si evolveva con ritmo incalzante. Funzionava. Tu dici che il secondo è più rarefatto. Aspetto di leggerlo per darti conferma. Rarefatto? Non è che l’hai scritto sulle Dolomiti?

    P.S. Su Didò intervengo stasera, quando rientra lui, con certe persone preferisco confrontarmi faccia a faccia.

  21. @ subhaga:
    grazie, sei sempre attento e gentile
    @ salvo:
    non so, lo stile è più o meno sempre quello. e già ritengo una fortuna che mi venga attribuito uno stile. il confronto, tutto sommato, non spetta a me. ho solo espresso una mia considerazione che vale poco rispetto a quella dei lettori

  22. posso dire la mia?
    non so se ”rarefatto” sia l’aggettivo che avrei usato io.
    la sensazione mia è che in un certo senso sia saltato un tappo, col tè, e che il libro ne sia uscito in un fiotto.
    ”doppio squeeze” è quello che vien fuori dopo, con più calma, con meno urgenza. e il sapore si gusta meglio.

  23. oh beh, su questo potremmo aprire un ulteriore dibbattito con due b.
    lo sai che io sono d’accordo solo in parte con quello che tu sostieni.
    certo che l’autore non è in grado di giudicare il suo operato obiettivamente e con il sufficiente distacco.
    certo che in un mondo ideale e se uno scrive da dio il gap comunicativo, quello che si crea sempre perchè io parlo e scrivo con la mia bocca e la mia mano, e tu ascolti e leggi con le orecchie e gli occhi tuoi, è nullo.
    ma sta di fatto che solo chi ha scritto sa cosa volesse dire in realtà, conosce il processo creativo e i percorsi sinaptici che lo hanno portato al risultato.
    capisco letture e analisi di ogni tipo, dalla strutturalista alla psicanalitica alla semiotica, ma spesso queste sono solo un riflesso di proiezioni personali o deformazioni professionali.
    massimo rispetto, ma non sono la realtà definitiva.

  24. @Gea. Diciamo più spumeggiante. Così ne approfittiamo per un doppio brindisi. Al libro e al nuovo anno. Cin! Cin!

  25. Caro Enrico eccomi qua…il tuo “DOPPIO SQUEEZE” l’ho letto. Non mi è piaciuto…nulla a che vedere con “Un tè….” Mi associo a Salvo Zappulla sulla prima considerazione che facciamo quando ci accingiamo a leggere un libro e cioè se ci prende subito o meno, nel caso di “DOPPIO..” era un po’ soporifero. In sintesi…nel primo libro l’autore era “presente” con tutte le sue peculiarità che in maniera frammentata trasferiva a tutti i personaggi …(caratteristica che fa sì che il libro abbia uno stile personalissimo e inconfondibile) nel secondo no ..quasi totalmente assente lo stile “Greg”. Insomma, se mi avessero fatto leggere il tuo libro senza dirmi che l’autore eri tu, non ti avrei riconosciuto. E per dirla proprio tutta…tutti i personaggi li ho trovati “scazzati”. Troppo severa? Noooo…sincera come sempre. Sono certissima che “sfornerai” un Best quanto prima…almeno …questo e ciò che ti auguro per il 2009. :-))

  26. alllloooooooooraa riflessione personalissima…
    ho letto ” doppio squeeze ” e quando ho finito di leggerlo ho pensato : questo è un bel libro.
    “un tè prima di morire” l’ho letto diverse volte per altri motivi e nonostante il libro mi fosse piaciuto nn ero riuscita a definire del tutto lo stile di Enrico come scrittore. con doppio squeeze vengon fuori talento, capacità e verità. c’è attesa ed è ben portata avanti per tutto il libro. c’è calma e c’è attenzione nei particolari. insomma senza girarci troppo intorno, per me questo libro è la conferma della bravura di Enrico come scrittore.
    più di tutto mi è piaciuto come hai saputo descrivere i tuoi personaggi, uno in particolare
    e poi sn pochi i libri che ho definito ” bei libri”

  27. araba è una mia “antica” sostenitrice che ha diffuso alcuni miei racconti in ogni modo. ha il “vizio” della sincerità e io rispetto e apprezzo la sua opinione perché è certamente motivata e pensata. d’altro canto, cosa potrei mai dire a una persona che ritiene superiore “un tè prima di morire”?. sempre io, sono. e va bene così

  28. I due autori mi incuriosiscono e mi inducono a pormi delle domande sulle loro persone e sul loro modo di essere nella vita di tutti i giorni.
    Francesco di Domenico: “Sei un eroe brillante per storie scadenti? o viceversa? Nella recensione a E. Gregorio mi sarebbe piaciuto leggere il “perchè” del titolo”Doppio Squeeze” anche se il genere letterario lo lascia immaginare.
    Enrico Gregorio:Sei un esperto del doppio squeeze? Qual è il rapporto tra libertà,giuridicità e costrizione?
    Scusatemi ma sono una a cui interessa sempre sapere chi c’è dietro il sipario…..ed anche dietro l’angolo.
    Ciao a tutti e due.

  29. @ mela:
    libertà, giuridicità e costrizione mi mettono in crisi, pardòn 🙂
    quanto al doppio squeeze, si tratta di una manovra abbastanza rara e sofisticata nel gioco del bridge. in italiano si traduce con “doppia compressione”. consieste nell’obbligare i due avversari a disfarsi di carte vincenti. non possono evitare che avvenga. ovviamente nel libro si ratta di una metafora investigativa. un investigaore, appunto, combatte contro due avversari. etc etc etc 🙂
    @ avento: tranquillo. per quanto mi riguarda hai già detto e scritto molto

  30. In questi giorni sto leggendo i libri dei nostri due amici (li ringrazio per avermeli fatti pervenire). Naturalmente avrò modo di comunicarvi le mie impressioni. Per il momento, però, mi preme far notare un elemento che accomuna i due libri e che – per certi versi – crea una specie di “contrasto” con la personalità dei due autori. Mi riferisco a… la dedica. Anzi, alle dediche. Entrambe dolcissime.

    La dedica del caustico e ironico Didò è rivolta a qualcuno che ci ha lasciato di recente:
    “A Marianna,
    volata via in una dolce notte,
    prima foglia d’autunno.”

    La dedica del distaccato e ruvido Enrico Gregori è rivolta ai figli:
    “A Giulia e Luca,
    due figli… “unici”.”

    Un Didò e un Gregori che non ti aspetti… tranne se li conosci.
    Bellissime dediche!
    Bravi entrambi!

  31. Carissimi, sperando sia di contributo a questo dibattito, vi posto un’intervista concessa da Di Domenico al sottoscritto. Penso possa risultare interessante, anche perchè è stata rilasciata in circostanze particolari: in una clinica psichiatrica del napoletano (evito il nome per non fare pubblicità, se no ci vanno anche Maugeri, Sozi e tutti gli altri) dove Didò era stato ricoverato al terzo tentativo di chiedere udienza al Santo Padre per pretendere lo scambio nelle immaginette della foto di Gesù con quella di Carl Marx. E dove mi trovavo ricoverato anch’io, in quanto, credendo di essere il Papa, gli avevo accordato la richiesta.

    INTERVISTA A FRANCESCO DI DOMENICO.

    Francesco, che bisogno c’era di questo libro? Non bastava già la Bibbia a educare i popoli?

    Assolutamente no, fu il Sultano di Chieti a negare quest’assunto quando, durante la preghiera della sera, inciampando in una Bibbia ipocrita (basata anch’essa sui “si dice” e scritta da un consigliere comunale molisano) cadde dal minareto rovinando addosso alla sorella di un Muezzin, che restò incinta e generò Cat, che ha sua volta generò Tom, che generò Sam e furono tutti scritturati come comparse ne “I Dieci Comandamenti”, poi Tom & Cat furono assunti dalla Warner Bros.(Sam ha una gelateria a Beverly Hills).

    Perchè la letteratura umoristica, secondo te, viene considerata ancora letteratura minore, semplice letteratura d’ evasione, da consigliare tutt’al più ai detenuti?

    Nel trattato di Antropologia della dott. ssa Jamie Lee Curtis: “Un Pesce di nome Wanda”, fu stabilito che l’umorismo abbatte le pulsioni sessuali dei coatti, dei ribelli e rende felici i fotografi che non sono costretti continuamente a chiedere: sorrida please!
    Infatti, dopo l’acquisto di alcune centinaia di miei libri si è visto un notevole decremento della violenza sessuale nelle carceri italiane. In quelle americane il fenomeno è però rovesciato, si è sentito urlare in inglese (il libro è stato spedito senza traduzione): “Vieni qui secondino che te lo ficco su per il…”

    Dopo questo libro ti senti più un Masaniello o una Maria Teresa di Calcutta?

    Leo Gullotta. Mi sento molto vicino all’arte di questo attore elisabettiano, anche se non mi sciacquerei la bocca col suo bicchiere, dopo che lui ha fatto i gargarismi.

    Quale tipo di suicidio ti sentiresti di consigliare ai tuoi tre lettori dopo aver letto il libro?

    La vita è fatta di scelte caro Zappulla, io gli metterei su di un piatto uno spogliarello di Rosy Bindi e Marina Sereni con la telecronaca di La Russa (Costretti a tenere gli occhi aperti) o dormire nel letto con Valeria Marini, incatenati alla spalliera.

    So per certo che in questo momento Achille Campanile si sta rivoltando nella tomba. Riesci a intuirne il motivo?

    Bhe. Non c’è nessuno che gli rimbocca la lapide.

  32. Eccomi, appena rientrato da Monaco di Baviera dove ho passato il capodanno tentando di dimostrare la teoria dell’impossibilità del congelamento di un napoletano, fallendo miseramente.
    Ho avuto l’onore di redigere una prefazione per il libro di Didò, e il disonore di non aver trovato (ancora) il romanzo di Enrico in libreria. Alla seconda posso riparare, alla prima ormai non più e faccio ammenda.
    Conoscere Didò è un errore gravissimo; perché poi non puoi fare a meno di pensare a lui mentre leggi, ed è un peccato. I racconti sono sospesi in una (sur)realtà terza, che non è quella del lettore e nemmeno quella dello scrittore. Partono da un assunto per dir così normale, ma dopo la prima curva spiccano il volo per territori sconosciuti e sempre imprevedibili. Ho sostenuto e sostengo che Francesco è pazzo: lo dico seriamente, ne sono convinto. E’ peraltro una tinta di follia che abbiamo tutti, noi che raccontiamo storie; solo che noi ce l’abbiamo riposta in un baule, e ogni tanto la tiriamo fuori e ce ne serviamo. Didò, ahilui, ci vive dentro, novello Obelix della narrativa.
    La lettura del volumetto è imprescindibile, direi. Ci si trova un po’ di Marx (tutti e due, Carlo e Groucho) e di Woody (tutti e due, Allen e Guthrie), e tanta passione. Si ride in mezzo alle lacrime, e la perfida e meravigliosa Gea ha, al solito, perfettamente sintetizzato.
    Si deve ringraziare l’ignaro Essere Supremo, per averci spero inconsapevolmente riservato amici così (tutti e tre, Gea, Enrico e Didò).

  33. @ Francesco(Didò) Di Domenico…
    ma come…hai fatto passare Natale per pubblicarlo? L’avrei regalato vicino ai roccocò e gli struffoli(sereticci!) che la portinaia del nostro “campo di rom-anzieri” ci commisera(se non altro per digerirli).
    Comunque va buò, spero solo di non aver interrotto il tuo caffè o il “tressette” al capolinea( mi sembra di aver capito che sei “collega” del Maugeri. Fallo vencere ogni tanto….).
    Ti faccio tanti in bocca al lupo, e che non sia uno di quei due “sdentati” che ci sono sullo stemma della Roma calcio( di questi tempi….se puzzano e famme!…).

    Un caro saluto

  34. @ maurizio
    ma obelix nel senso che gira brandendo umorismo come un menhir?
    effettivamente..
    e poi il fatto di essere caduto da piccolo in un pentolone (di quale pozione lo sa dio) spiegherebbe molte cose.
    🙂

  35. Ho avuto il piacere e la fortuna di leggere entrambi i libri qui recensiti. Sono d’accordo nel ritenere quello di Geregori superiore e più maturo rispetto al suo precedente alla teina (unico appunto che faccio a Greg è quello di lasciarsi imporre titoli che trovo pessimi, anche se Doppio squeeze è già meglio, o meno peggio, di Un tè prima di morire).
    Sono d’accordo nel ritenere quello di Francesco pirotecnico, pazzoide venato di genialità, a volte fin troppo debordante. Anche io riconosco tra i suoi ascendenti l’umorismo ebraico-newyorkese (Woody, Groucho), Campanile e aggiungerei anche il primo tragico Fantozzi, prima che il mio concittadino Paolo Villaggio (che da ragazzino frequentava casa di mia nonna facendola scompisciare fin da piccolo) cadesse nella facile ripetitività del clichè. Poi il titolo del libro di Francesco è certamente molto migliore dei titoli Gregoriani.
    Sono infine lusingato (lo considero un omaggio) dal fatto che uno dei personaggi creati da Didò porti il mio cognome (il buon Franz me lo aveva preannunciato quando lo scrisse, e poi me lo fece anche leggere in anteprima) anche se di nome fa Romildo e di mestiere il notaio (beato lui, con quel che si guadagna). Lo potete trovare nel racconto “Il segreto di Riva Trigesimo”.
    Grazie quindi a entrambi, che considero validissimi scrittori oltre che carissimi amici, per il puro piacere che mi hanno donato leggendo le loro pagine.

  36. Sto ‘ccà!
    Ecchime (avrebbe detto Gregori).

    @Mela, ero un eroe scadente, fino al 16 dicembre (uscita del libro), nonostante le sei antologie a cui ho partecipato e i 30 anni di pubblicazioni, tra cui il giornale principe del mezzogiorno, “Il Mattino”.
    Oggi, con tutti questi complimenti, mi sento sopravvalutato e comprendo, con orrore, che se uno come me vende libri ed ha un discreto successo c’è un problema nella letteratura umoristica italiana, come affermavo in un mio articolo, essa si è ridotta ai “battutisti” per la tv, che è altro dall’umorismo ed effettivamente: “Non c’è nessuno che rimbocchi la lapide ad Achille Campanile”.

  37. @Gianni Parlato: grazie.
    Il libro è uscito prima di Natale, se non era in “alcune” librerie è per i soliti distributori (immagina se fosse stato un titolo Mondadori).
    Massimo Maugeri non credo guidi gli autobus. Siamo sicuramente colleghi, lui ed io, nell’amore per la bellezza delle cose, come penso tu.

    @Carlo’s,
    inserire il tuo nome è stata una “cazzimma”, se il libro fosse andato male tu, comunque l’avresti difeso (sarebbe stato organicissimo al racconto anche un “Notaio Zappulla”, ma quel folle siciliano mi avrebbe chiesto gli alimenti o il “patrimonio riparatore”).

    Ora c’è della pasta al forno: Zappulla con te non ho ancora finito!

  38. Stasera mi (vi) voglio rovinare: posto in anteprima pure la recensione al libro di Francesco. E’ scritta seriamente, ci tengo a precisare che quando scrivo una recensione destinata ad altri blog letterari o giornali, metto da parte l’amicizia e mi baso esclusivamente sulle mie considerazioni di lettura.

    STORIE BRILLANTI DI EROI SCADENTI.
    Questo libro non dovrebbe andare nelle librerie, e nemmeno andrebbe recensito. Questo libro è una mina vagante che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Il suo autore meriterebbe il pubblico ludibrio e condannato alla sedia elettrica. (Storie brillanti di eroi scadenti, edizioni Cento Autori, pagg.158, € 12,00). Francesco Di Domenico, napoletano che più napoletano non si può, uomo dalla fervida immaginazione e dallo spirito indomabile, riesce a trasformare in satira irriverente qualsiasi argomento tratta. Il suo è umorismo allo stato puro, i suoi personaggi bislacchi e improbabili, coinvolti in situazioni surreali, pirotecnici commedianti degli equivoci, strappano il sorriso anche al più serio dei lettori. Le donne descritte non sono esattamente delle dame, né gli uomini potrebbero aspirare al ruolo di cavalier cortesi. Un’ umanità sgangherata, quella raccontata da Di Domenico, adorabile nella sua vacuità e sventatezza, composta da furbastri e aspiranti tali, che null’altro può pretendere, se non di essere consegnata alla gloria letteraria. L’autore ha il gusto della dissacrazione nel sangue, nel DNA. Una specie di re Mida del buon umore e dell’irriverenza. Il Governo ci scarica nuove tasse da pagare? Nessun problema, Francesco troverà il modo di riderci sopra. Vi è morto il gatto? La zia Matilde è finita sotto un treno? Niente paura, Francesco ha la medicina giusta. Un Campanile contemporaneo? Un pronipote di Toto? Un seguace di Massimo Troisi? Le sue freddure sono invece di stampo anglosassone, prendono spunto anche dall’avvenimento più banale per creare un’atmosfera di ilarità. Francesco somiglia più a un Wodehouse dei tempi moderni, maestro della comicità che ha conquistato intere generazioni di lettori. Le storie di questo napoletano dalla penna tagliente possiedono l’eleganza e la raffinatezza dell’umorismo inglese (Vuoi vedere che è nato sul diretto Napoli- Londra?)
    Questo libro va letto, portato nelle librerie e recensito. E il suo autore è una persona dalla sensibilità sopraffina che forse combatte il suo mal di vivere esorcizzandolo con l’ironia. Questo libro apre con una dedica a una ragazza di vent’anni che in un momento di follia si è tolta la vita, prima foglia strappata ai suoi cari dall’autunno.

    Salvo Zappulla

  39. @ Araba,
    mi permetto di contraddirti in alcune cose, partendo dal presupposto che, considerato di “dover” leggere il libro di Enrico a modo di studio per poterne “tentare” una recensione e non come semplice piacere, ero partito con noia. Avevo creduto che Gregori avrebbe “strafatto”, accentuato quella ruvidezza un po’ splatter che connotava il “The…, dalla decima pagina ho smesso i panni del recensore e, come ho detto a lui in privato, ho messo un plaid sulle ginocchia e mi sono accoccolato davanti al camino.
    Forse lo “stile” è venuto fuori con questo racconto, amalgamando il surrealismo chandleriano del “The”, con l’asciuttezza magistrale del cronista di razza, con i dettagli che solo un giornalista che va a colazione spesso con qualche vice-questore o a letto (e non credo) con qualche avvenente commissaria può conoscere.
    Io muovevo un appunto velato sulla “costruzione” dei nomi, mi sono ricreduto rileggendo stamani alcune parti del libro, se i nomi fossero stati più appariscenti avrebbero complicato l’intrico della trama.
    Poi tutto è soggettivo, a me nel presepe piace Benito: sai l’ubriacone?

  40. @ Didò.
    quella Laura “cadavere che cammina” e che ti ha fatto pensare anche dopo aver chiuso il libro, è l’arte; tratteggiata a “spatolate”, come ha scritto la Costantini, che bene rende la considerazione ( o il riconoscimento) che gli altri, dalle vite piene di orpelli, hanno di lei. “Meglio sporcarsi con quelle pisciate conosciute che annegare in un mare ignoto”, è il limite che Laura, consapevolmente e con filosofia, si impone. Nella Trilogia, Auster descrive molto bene quel rifiuto ad andare oltre il proprio corpo, e il protagonista, per non varcare il confine, si abbandona nel suo spazio corporale, sperimentando l’annientamento. In Doppio Squeeze, invece, c’è serenità perché il limite, che la storia definisce, è solo un’ ipotesi ed è uguale per tutti : la vita è qui ed è una bella lotta, e se non giochi le tue carte migliori sei destinato a soccombere. Infatti, la storia finisce che …
    🙂

  41. vabbè, visto che questo è anche un post promozionale posso avvisare tranquillamente che entrambi i miei libri per ora si possono acquistare solo on-line su
    http://www.ragioncritica.it

    Ma secondo i piani dell’editore “Un tè prima di morire” dovrebbe andare in libreria entro questo mese. Mentre invece “Doppio squeeze” dovrebbe andare in libreria in primavera. Ciò, comunque, non impedirà mai la vendita on-line.
    Ciò detto, Miriam, se parlando del mio libro tiri ancora in ballo Paul Auster verrai perseguitata dalle nove muse 🙂

  42. Ebbravi, tuttibravi. Mo’, pero’, dateci un ASSAGGIO QUI, dei vostri libri – per i quali siete stati condannati alla fucilazione sin dal primo intervento…
    eh eh eh!
    Ciaobbelli
    Sergio

  43. Trovo sempre molto difficile identificare lo stile di uno scrittore mediante l’accostamento ad autori considerati incontrovertibili. Come spesso ha ripetuto Enrico “nessuno potrebbe scrivere ciò che ha scritto un altro”.
    Ha ragione.
    Per Francesco tale dubbio non esiste nemmeno. Non ho ancora conosciuto nessuno che abbia il suo grado di lucida follia.
    Dice bene Sergio. Dobbiamo leggere ora.
    Nessuna breve recensione dovrebbe mai svelare quello che uno scrittore ha scelto di rivelare pagina dopo pagina.

  44. “Ero alla ricevitoria del lutto quando la incontrai.
    Mi era morto un geranio imperiale, pianta di rara bellezza della mia serra; a lei era morto il cane. L’esercizio per il cordoglio era stata un’invenzione miracolosa, a chiunque gli fosse morto qualcosa bastava pagare un biglietto per ricevere le condoglianze, bevendo un bloody-mary. Mescolammo le nostre lacrime in una saletta per gli svenimenti. Con un ticket di 5 dollari ci rotolammo per 2 ore sul divanetto ululando di piacere mentre elaboravamo il lutto.
    Si susseguirono giorni tragici, a volte romantici, ma sempre passionali. Spesso ci davamo appuntamento nel “Piagnisteo”, una sala fantastica nel museo dell’Olocausto dove ci si andava a commuove sulla tragedia della Shoa’; era sempre vuota e discreta, a nessuno fregava più degli ebrei al forno, la gente era indirizzata più verso il cosciotto d’agnello alla Farisea . ”

    Tratto dal racconto “L’Esercizio per il cordoglio” pg. 93

  45. Ho scelto due brani, da due racconti totalmente diversi di concezione, gli amici potranno loro stessi comprendere le differenze e le diverse contaminazioni, io le so e in questo do ragione a
    @Gea, quando afferma: “…ma sta di fatto che solo chi ha scritto sa cosa volesse dire in realtà, conosce il processo creativo e i percorsi sinaptici che lo hanno portato al risultato…”.

  46. ” Il delegato Pellecchia prese la parola scoreggiando inavvertitamente nei pressi del microfono, la platea disattenta pensò all’effetto “Larsen”, quel brutto fischio prodotto dagli impianti voce; fu la puzza a mettere sul “chi va là” l’assemblea.
    Un odore antico, di zolfo e sudore di giumenta violentata da un mulo, invase l’aula “Feriti al Congresso di Parma”, la sala era stata intitolata così in memoria del crollo del buffet al congresso del ’56, quando era arrivata la notizia che i carrarmati russi dopo l’Ungheria avrebbero invaso anche la Puglia.
    La puzza sedò una polemica in atto tra Emilio Spadavecchia delegato di Molfetta e Turi Abbatiello di Trani. Turi asseriva che senza l’opposizione dei Molfettani la Puglia si sarebbe annessa tranquillamente l’Albania e si sarebbero piantati migliaia di ettari di broccoletti e cime di rape, invece di coltivare mignotte; poi scapparono al bar, infatti l’effluvio consentì a molti di sgomberare l’aula con un motivo.
    Fu quello il momento topico, il partigiano Orazio, presidente supplente dell’assemblea, mise ai voti un ordine del giorno che chiedeva al comitato centrale di acquisire la sua casa come monumento storico del partito ed evitargli di pagare la pigione, vita natural durante.
    Il documento ebbe cinque astenuti e il suo voto a favore e passò a maggioranza semplice (gli astenuti erano praticamente cinque delegati di Agrigento che si erano addormentati in aula dopo aver passato la notte alla stazione di Palermo per un ritardo di due giorni del treno Palermo-lecce, gli altri quattrocentonovantaquattro delegati sorseggiavano grappe bulgare alla buvette).

    Tratto da “Il Partigiano Orazio”

  47. @ Enrico:
    è la prima volta che cito Auster, anche perché lo sto leggendo in questi giorni, e devo dire che lui fu colpito straordinariamente dal diario del medico che curò Kaspar Hauser, tale Anselm von Feuerbach, che invece avevo letto! Nelle ultime pagine di Città di vetro, l’autore ripercorre “rivivendole” le stesse annotazioni di quel diario. Forte!
    Scusate l’off topic.
    —————————————————————————————–
    Sulle recensioni: anche le meno brevi non svelano mai il libro, che rimane per la sensibilità di chi scrive e di chi legge una verità insondabile, e sempre diversa ( come giustamente ha sottolineato Gea), perché le emozioni mutano come il tempo; niente è uguale, niente è come prima. Le “identificazioni”, a cui si riferisce Esposito, sono frammenti della nostra memoria che toccate dalle emozioni della lettura, agiscono, promuovendo quella azione immaginifica che il libro ci regala. Se il libro è un libro.
    🙂

  48. Confessione per Didò:
    sono colpevole, lo confesso, ma io ti seguo con fatica, devo sempre rileggerti. All’inizio, ti saltavo, ora invece, per amicizia, mi sforzo e mi applico con dedizione. Forse perché in te vedo sempre il decoratore, l’artigiano che ama sniffare gli afrori dei materiali, che si sporca le mani con gusto, con voluttà, per piegare la materia, dividerla e comporla; l’artista silenzioso che ascolta e memorizza mentre le mani fanno altro. Così quando “ti leggo” il mio pensiero va ai frammenti che hanno originato i tuoi pensieri e mi concentro lì, nel tempo del lavoro. La risata non mi viene. Mannaggia a me!!!
    Però, in comicità non sono portata.
    🙂

  49. Sniper viveva come un topo. Acquattato, nascosto e certosino nei suoi movimenti vitali.
    Mangiava poco, girava poco, dormiva poco.
    Riceveva tanti ordini.
    Non sarà stato alto più di un metro e settanta.
    Un fascio di nervi e di muscoli sempre tesi e sempre sotto pressione.
    Sembrava inesauribile, come una batteria costantemente in carica.
    Il suo nervosismo, ma soprattutto l’eccesso di cocaina, gli avevano fatto perdere progressivamente l’appetito.
    Questo continuo stato di sovreccitazione era il suo sistema d’allarme. Ma anche il suo limite.
    Infatti aveva caldo. E non lo controllava.
    Si bagnava il collo con l’acqua fredda che, dopo un minuto, era già vapore.
    E allora Sniper prendeva a calci il lavandino. E tirava ginocchiate contro le mattonelle del cesso.
    La coca gli aveva bruciato il naso e buona parte del cervello.
    Continuava ad avere un certo credito come eliminatore più che altro perché era così matto da accettare anche gli incarichi più rischiosi.
    Ma aveva bisogno di soldi.
    L’alcol, le puttane, la “neve”, le corse dei cavalli. Tutti vizietti costosi quelli di Sniper.
    E con gli spiccioli manteneva un fratellastro che stava all’ergastolo.
    Tentò la stessa carriera di Sniper, ma era un cacasotto.
    Alla sua seconda missione si trovò di fronte all’alternativa se ammazzare due sbirri o arrendersi.
    Si consegnò.
    “Sei una testa di cazzo”, gli disse Sniper.
    Queste le uniche parole dell’unico colloquio che ebbe in carcere col fratellastro.
    Poi continuò a spedirgli qualche dollaro per le sigarette e altri extra.

    (estratto da “doppio squeeze” in cui c’è la presentazione di uno dei due killer). grazie

  50. E’ per questo che ho scritto “L’esercizio per il cordoglio” @Miriam, vado incontro anche agli animi melanconici…poi c’è il decalogo di Pennac…il diritto del lettore di chiudersi in bagno solo con la carta igienica, senza libro o, al massimo con un “Giulio Carlo Argan, Walter Gropius e la Bauhaus, Torino, Einaudi, 1951”.
    Amore mio, la vita è teatro, si recita a soggetto.
    Totò avrebbe detto: “Tutto è soggettivo, a prescindere!” e Peppino risposto: “Nulla a pretendere!”

  51. Caro Didò… permettiti pure :-))
    anzi, mi dai modo di spiegarmi ulteriormente e, pur tenendo in considerazione e rispettando ciò che hai espresso, confermo il mio giudizio sul libro di Gregori. Vedi, nella vita non faccio parte del mondo letterario e la mia professione è assolutamente distante quindi, ritengo di essere completamente scevra da condizionamenti che attengono ai tecnicismi letterari o quant’altro in materia possa condizionare il mio giudizio. Mi ritengo la classica lettrice comune anzi…comunissssima, che quando legge un libro non sta a pensare se il racconto è troppo splatter o se ha uno stile chandleriano, ma che, appena si accinge alla lettura guarda se “entra” subito nel libro e quando è “dentro” se il contenuto la “cattura”. Con “Doppio..” non mi è capitato, ma non mi preoccupo, resto in ogni caso fedele lettrice di Gregori, la sua capacità descrittiva e il carattere che riesce a dare ai suoi personaggi mi piacciono troppo. Comunqueeeeeeee….sono felicissima leggendo i vari commenti, di essere in fondo l’unica ad essersi espressa negativamente…potrebbe anche essere che io mi sbagli e alla grande (anche se non modifica il mio parere) Bene, a questo punto ritengo opportuno comprare “Storie brillanti…” (potrei ritrovarmici) così posso parlar male anche del tuo libro…. :-))

    ps.: anche a me piace l’ubriacone nel presepe.

  52. @ Caro Didò, io rido molto, forse più di te, è solo che di questi tempi “amo” la comicità involontaria o quella dei grandi comici che la poesia se la portano dentro, come Totò, appunto, e non hanno bisogno d’altro. Io non capisco il tuo modo di scrivere, non mi fai ridere, ma ti assicuro che non sono malinconica, e affronto liberamente i miei giorni , sia pari che dispari, e gli applausi, mi muovono sempre una grande allegria. Oh! è qui la festa?
    🙂

  53. @ araba e a chiunque:
    come è ormai arcinoto, io dei miei libri parlo solo in termini oggettivi. pertanto, potrei contestare il lettore che dicesse che il mio romanzo è ambientato in Cina. Essendo evidente che siamo a Roma, avrei il diritto di dire a quel lettore “facce pace cor cervello!”.
    Dunque, “doppio squeeze” ha un senso, una trama, un intreccio, personaggi, e tutte cose vere attinenti il mondo dell’investigazione.
    Questo è quanto di oggettivo io possa dire. Poi, ovviamente, scatta il gusto. E araba non si è trovata in sintonia con “doppio squeeze”. Ciò è più che legittimo. Magari potrebbe succedere anche a me di ripensare a questo romanzo e dire “oddio che palle”!…….ma solo perché magari penso al terzo 🙂

  54. @ didò:
    diversamente da miriam, a me fai ridere anche quando taci :-).
    Sai cosa credo? Che il dolore sia a senso unico, mentre la comicità e l’umorismo hanno numerosi percorsi. C’è più varietà, insomma.
    E’ come (solo per fare un paragone) una barzelletta: c’è chi ride e c’è chi rimane impassibile pensando “ma che stronzata”.
    Il rischio del tuo libro è questo. Per me, come sembra chiaro, è intelligentemente satirico. Con qualche botta di comicità vera ed elegante.

  55. Cari amici,
    rientro oggi e vi leggo!
    Velocemente e tra i vari panni da lavare dopo il viaggio credo che:
    entrambi gli autori abbiano la (rara) capacità di evocare sia col sorriso (Didò) sia con l’intrigo (Enrico).
    Che in entrambi l’artificio letterario sia leggerissimo e dosato, mai invadente.Comunque sempre allinenato a un” senso”. A un “significato”.
    Leggendo Enrico penso a un potente soffiatore di destini. A un abile giocatore che sa emozionare.A una prosa lucidissima e senza annaspi. Da maneggiatore di birilli. Ma sognante.
    E Didò mi induce sempre a sorridere con amarezza. Un impasto così difficile, sempre. Così poetico e dolente.
    Bravi.
    E bravissimi i recensori!
    Un bacio e buon anno da un’indaffaratissima Simo

  56. Quand’ero ragazzino andavo spesso al circo e, insieme ai miei compagni, rimanevo incantato col fiato sospeso a seguire le evoluzioni degli acrobati lassù nei trampolini. Anche la figura del domatore esercitava su di noi un certo fascino. Quasi tutti volevamo emularli. Poi arrivava il pagliaccio, vestito goffamente e con quella perenne lacrima dipinta sul viso. Ci entusiasmavamo, ridevamo a crepapelle ma penso che quasi nessuno di noi da grande aspirasse a fare il pagliaccio.

    @Francesco. In questo enorme palcoscenico che è la vita, dove ognuno dfi noi si sceglie un ruolo da interpretare (e siamo già fortunati se il ruolo non ce lo impongono gli altri) perchè si sceglie di fare il pagliaccio? Non diventa alla lunga faticoso dover sempre dire qualcosa di originale, avere la battuta pronta, magari anche quando ci è capitato qualcosa di doloroso e ci verrebbe voglia di mandare tutti a quel paese?

    @Enrico. E’ il nostro percorso di vita che ci rende duri? Ci si abitua alla vista del sangue? Di un corpo martoriato? Anche la morte diventa ordinaria amministrazione?

  57. Allora, eccomi qui, di corsa e con il fiatone perché rientrata ieri da ritemprante due giorni di pace e gelo in quel di Camaldoli. Ho letto tutto, ma proprio tutto. Compreso lo stralcio pubblicato da Didò, perché il suo libro non l’ho ancora comprato. Peccato di cui mi redimerò quanto prima, Invece il Gregori l’ho letto e l’ho pure recensito. Miriam mi ha citata e qui:
    http://lauraetlory.splinder.com/post/19424392/E+fanno+51
    trovate il mio favorevolissimo parere sulla spy story di Enrico. Concordo con lui nel dire che è difficile fare un raffronto tra il Tè prima di morire e questo Doppio squeeze. Viaggiano su binari diversi e paralleli e verrebbe da pensare a un Gregori che si regge in bilico, una gamba di qua e una di là, come un moderno Ben Hur dalla chioma sconvolta nel tentativo di tenere a freno le sue creature. Se la scrittura di Didò (da quello stralcio che ho letto) è un fuoco di artificio di idee, spunti, suggestioni, rimandi e satira al vetriolo, quella di Enrico è direttamente colata dall’altoforno della sua malsana cervice. Per finire, rendendo omaggio a Massimo, agli autori, agli ospiti napoletani (grandissimi De Giovanni e Simonoir) e all’ineffabile Gea che te li rimette tutti in ordine con poche e precise parole, colgo l’occasione per un paio di osservazioni: “Laura è un cadavere che cammina”, l’incipit della recensione di Francesco, non mi trova d’accordo. Primo perché io sto benissimo, secondo perché la mia omonima letteraria non ha nulla del cadavere. Sarà un po’ fuori centro con la testa, ma non è un cadavere che cammina. Seconda osservazione direttamente per Enrico: noi almeno le copertine le cambiamo. Tu, neanche quelle :-)))))
    Laura

  58. @Zap,
    la pianti di fare il poeta, demonio di un siciliano?
    Didò
    (fuori sede)
    Se anche Gregori si mette a fare la persona seria, smetto di bere il rosso (sarà dura, mia sorella, quassù sulle colline di Caserta sta’ praticamente arrostendo un bue)

  59. Grazie per gli assaggini, amici Dido’ e Greg.
    Devo dire che fra le due scritture – che gia’ conoscevo avendo anche recensito altrove il precedente romanzo del Greg – sento a me piu’ vicina quella di Francesco: vitale, florida, iperaffollata di fenomeni retorici e lapilli citazionistici; in qual modo petroniana (absit iniura verbis); di certo strutturalmente ed ineluttabilmente errabonda fra ritmi mozzafiato – rumbe e boogie woogie alla maniera del Campanile – e vaghe rimembranze di Benni (quando ancora non pretendeva di fare il poeta) e Pennac. Una scrittura di primo Novecento, insomma, seppur montata su di una piattaforma che usa e sfrutta le attuali malinconie dando loro il foraggio di molte debite indignazioni piu’ etiche che estetiche.
    Gli appunti che vorrei fare – in tutta modestia naturalmente – a Dido’ sono tuttavia i seguenti: 1) limare laddove sia possibile gli eccessi di accumulazioni di troppi giochi linguistici concentrati in spazi eccessivamente esigui; 2) fare attenzione a non sconfinare nello splatter-kitch.
    Insomma, Dido’, da amico ed estimatore ti consiglierei di distribuire meglio la tua eccellente ed incomprimibile fantasia ludico-verbale, magari cercando anche di curare maggiormente gli intrecci, le trame, insomma gli eventi dei racconti. Anche questi contano e contribuiscono al piacere di leggerti.

    Al Greg, cosa dire? E’ il Greg. Ha i suoi convincimenti e i suoi Maestri, che sono del tutto diversi dai miei ed a tratti incompatibili. Pero’ di sicuro sa catturare l’attenzione del pubblico di questi anni e narra con efficacia spesso di retaggio giornalistico. Sono scelte da rispettare, come quelle di ognuno.

    Salutoni e complimenti ad entrambi!
    Vostro
    Sergio

  60. @ salvo:
    la durezza c’entra poco. direi che certe cose vanno vissute come lavoro. queto non vuol dire che non colpiscano, almeno alcune. perchè è inutile essere ipocriti: l’esecuzione di un pregiudicato in un regolamento di conti non ci colpisce come una revolverata sparata in testa a un ragazzino innocente. non si gioisce manco per la morte del pregiudicato, ci mancherebbe. ma la sua fine va (purtroppo) considerata come un “rischio del mestiere”. comunque direi di sì, per lavoro ci si abitua a tutto

    @ laura:
    in effetti avevi già detto nella tua recensione. però vederti qui mi fa molto piacere

    @ segio:
    so benissimo che didò è a te più vicino di quanto lo sia io. e ci mancherebbe. il fatto che comunque tu legga e commenti ha un valore particolare. grazie

    @ simona:
    “soffiatore di destini” è bellissima 🙂

  61. uno torna da una vacanza nella stratosfera e scopre che le cose sono più o meno come le ha lasciate, i ruoli immutati.
    e va bene così.
    è bello ritrovarsi, comunque.
    🙂

    @ de giovanni
    lei non crederà mica di cavarsela così????

    @ laura
    credo di aver capito cosa intendesse didò, ma temo che spiegarlo ora sarebbe un po’ troppo ”svelante” e non ho voglia di subire le ire del greg.

    @ salvo
    belle le tue domande, davvero. e possibile spunto per ulteriori discussioni. vediamo come i baldi giovini ti rispondono.

    @ simona
    i tuoi commenti sono sempre talmente lirici da far narrazione a sé. un abbraccio

    @ carlo
    🙂

  62. @ Gea: vedi che sei illuminante? Io ho letto Doppio squeeze, ma solo ora, alla luce delle tue parole, capisco quel “cadavere che cammina”. Grazie Gea, luce nelle tenebre 🙂

  63. Allora, io non ho ancora letto i due libri, ma dopo tutti questi commenti, ovviamente, non posso farne a meno! Provvederò al più presto. Poi, quando leggo una rece di Salvo, insomma, beati quelli che vengono recensiti dal demonietto di Sciurtino! Penna al miele di timo selvatico.
    Complimenti!
    Ciao Barbara

  64. Cari amici, intanto mi preme ringraziarvi – ancora una volta – per i vostri commenti.
    Qualcuno, tempo fa, mi ha chiesto privatamente: ma perché perdi sempre tempo a ringraziare tutti?
    Per me non è tempo perso. Tutt’altro. Si tratta di un piccolissimo atto di riconoscenza rivolto a chi – nonostante i mille impegni, che tutti abbiamo – ha deciso di impiegare una porzione del proprio tempo scrivendo su questo blog.
    Dunque…

  65. Grazie mille a:
    Gea Polonio, Enrigo Gregori, Francesco Di Domenico, Sergio Sozi, Cristina Bove, Stefano Mina, Simonetta Santamaria, Salvo Zappulla, Morena Fanti, Subhaga Gaetano Failla, Araba, Ladypazz, Eventounico, Mela Mondi, Maurizio de Giovanni, Gianni Parlato, Carlo s., Katia, Cinzia Pierangelini, Miriam Ravasio, Simona Lo Iacono, Laura Costantini, Anonimo, Barbara Becheroni… e tutti coloro che interverranno.

  66. @Zeppo Zappulla,
    smaltito il vino, fuori dai denti, credo che le tue domande siano tra le più interessanti. Per quello che mi riguarda è vero, sono un pagliaccio per necessità, forse al 40%, ma è già tanto, e la tristezza appare tra le pieghe dei miei racconti.

    @Lo Iacono Simona,
    la vita è generosa con me, potevo nascere armeno e non comprendere l’italiano, e non leggere ituoi dolci commenti e prendere delle sonore legnate dal governo turco.

    @Costantini (lo sai, mi onora chiamarti come una compagna di scuola),
    Laura, Lauretta, se fosse stata un personaggio del “The” sarebe vissuta tre pagine e un paragrafo.
    Quello che non so è: se Enrico l’abbia costruita per usarla come “doppio McGuffin”, cioè doppio elemento, marginale e poi centrale; oppure, se ne sia innamorato durante il percorso, come improbabile figlia (non lo credo pedofilo, e 20 anni per la sua età è realmente pedofilia).
    C’è un altro dato importante, in WSqueeze non si “Tromba”, c’è poco sesso e molto amore.

    @Maestro Sozi,
    già essere preso in considerazione da te è un onore, poi infettarmi della linfa novecentesca…sono d’accordo sul surplus, ‘ho gia sentito dire: tengo presente!

  67. @ Gianni Parlato e Didò
    In effetti io e Didò siamo colleghi… nel senso che provo a guidare una carovana chiamata Letteratitudine.
    E non ho mai preso la patente!
    E poi, con quella camicia celeste da tranviere…
    Dico… vuoi mettere?
    🙂

  68. @ didò:
    bravo, hai capito che col sesso io ho chiuso bottega. ormai per quelle scene lì bisogna leggere i libri di laura e lory, dove ci sono più trombate che virgole 🙂

  69. Trovo che “Storie brillanti di erori scadenti” sia un libro coraggioso… uno di quelli che va in controtendenza. Non è umorismo spicciolo, quello di Didò (che pure si trova, anche oggi, in alcuni volumi presenti sugli scaffali delle librerie). È un umorimo surreale, metaforico e non banale, che procede per contrasti… a volte per paradossi. Ed è un libro coraggioso, dicevo… dato che (come ben ha sottolineato Salvo) da noi la letteratura dell’umorismo (nonostante l’importante tradizione) continua a essere considerata come letteratura di serie inferiore.

  70. In “Doppio squeeze” Enrico Gregori conferma la sua scrittura immediata, d’impatto; ossuta, direi. I personaggi agiscono e dialogano in un contesto narrativo non appesantito da pleonasmi descrittivi, che forse mal si sposerebbero con il racconto d’azione che predilige l’autore. E se, da un certo punto di vista, si intravedono le lezioni di certi grandi autori americani che hanno impostato la loro scrittura sul principio della “sottrazione” (ma non dimentichiamo che c’è un altro filone di grandi autori americani che preferisce usare una scrittura ricca e descrittiva) ritengo che Gregori stia procedendo nella costruzione di uno stile narrativo (secco, sferzante, gergale) che è suo e perfettamente riconoscibile.
    Non tutti gli autori ci riescono.

  71. @Didò: vero, Doppio squeeze ha chiuso i battenti con il sesso. Quando ci si avvicina ad un letto, zac! Si spegne la luce. Forse, chissà, è un riflesso delle attuali inclinazioni dell’autore. Qando l’età colpisce e non si è più ai vertici delle proprie performances… 😉
    E non dar retta a Gregori, nei nostri libri il sesso non è mai fine a se stesso, ma perfettamente inserito nella storia e necessario. Per questo Viole(n)t Red sarà vietato ai minori 😉

  72. @ Enrico
    Be’, almeno nella copertina di Didò c’è un bel disegno di Marassi. Per esprimere un’opinione guardando lo sfondo giallo della copertina del tuo libro bisogna essere dei veri Maestri.
    🙂

  73. Scherzi a parte, vi sto leggendo davvero (e con grande piacere).
    Sono a metà del libro di Didò. E nel tuo sono già a pagina 9.

    No, sul serio… vi sto leggendo davvero e finirò di leggervi domani (credo e spero).
    Rinnovo i complimenti a entrambi.
    I libri sono da acquistare. Come direbbe Serino: “soddisfatti o rimborsati”.
    Eventualmente vi rimborserà Gea.
    🙂

  74. Seriamente… un grande in bocca al lupo per le ottime Laura et Lory.
    E un saluto affettuoso a tutti voi (devo chiudere e non potrò tornare prima di domani).

  75. @Costantini,
    anche tu nel Giallo Bietti?
    Non è proprio come il blù Sellerio, ma insomma…congratulazioni.

    Effettivamente Maugeri è una persona formidabile, un incensatore nato, Gattopardo elefantino, ma come si fa a non volergli bene?

    Non sento più Zappo Zappulla, sarà svenuto?
    Sembra che alcuni missili di Tzahal abbiano colpito per errore una pasticceria di Sortino e Siracusa sia sotto assedio da un collettivo di ex studenti greci di andrologia canina (senile).

  76. Ora sono fuori sede, appena rientro la pubblico, magari ti passo un inedita vignetta marassiana da accoppiare.
    Per esempio il disegno della IV di copertina che fu fatto a casa mia dopo svariate bottiglie di vino.
    Per le 21 stasera.

  77. @Didò: ebbene si, anche noi nel Giallo Bietti e, scherzi a parte, è un onore far parte della stessa scuderia di Enrico Gregori. Ma non dirglielo, altrimenti si monta la testa e poi a smontargliela ci mettiamo mesi di duro lavoro. 🙂

  78. Massimo hai trovato quello più evidente.
    Nel caso di Enrico comunque i refusi sono come gli errori sui francobolli… accrescono il valore.
    A Didò vorrei chiedere (ammesso che voglia rispondermi) se ha mai preso qualche spunto dalle cronache del suo lavoro.
    Ad Enrico invece chiedo se è consapevole di qualche (inevitabile) riferimento autobiografico nella costruzione dei personaggi.

  79. @ evento:
    di autobiografico c’è il mio rapporto con gli investigatori e con la tecnica investigativa. quelle sono tutte cose che ho visto e che continuo a vedere. se poi qualche personaggio ha degli atteggiamento che ho anche io, è possibile. ma non è voluto.

  80. @Maugeri. Come cacchio fai a leggere contemporaneamente due libri del genere? Finirai col sovrapporre le storie e mescolare i personaggi. Sta a vedere che i personaggi maschili di Gregori metteranno incinte le protagoniste del libro di Didò ( che sono tutte un po’ puttane) e spunta fuori un terzo libro.

  81. Didò è ancora fuori sede. Sta girando con un furgone la Campania per vendere porta a porta il suo libro. Tornerà solo quando avrà esaurito anche l’ultima copia, cioè nel 2048

  82. @Massimo Maugeri e a tutti, questa sotto è la “Detrazione”.
    Da vero folle pensai che non mi bastasse una prefazione che dovesse “parlar bene di me” e da umorista pensai ad un amico vero che “parlasse male” di me: tutti e due mi hanno fatto a pezzi è il risultato, anche, schifosamente, a livello di marketing è stato fenomenale, valgono da soli mezzo libro.

    “Detrazione

    Questa detrazione si trova nel posto sbagliato, avrebbe dovuto essere posizionata in quarta di copertina.
    Infatti se state leggendo queste poche righe significa che avete comprato il libro e ormai è troppo tardi.

    Prima ancora che del libro vorrei parlarvi del suo autore, un individuo abietto e ripugnante.
    Me ne resi conto già molti anni fa. Eravamo amici ma lui rubava sistematicamente la benzina dal mio motorino, inoltre mi fregava sempre le ragazze.
    Non che fosse bello, anzi era finanche più brutto di adesso, ma alle ragazze offriva dei soldi e quelle disgraziate preferivano uscire con lui.
    Lo so che potreste logicamente dubitare della tenuta morale delle fanciulle che frequentavo e che in fin dei conti avrei potuto fare una ragionevole controfferta.
    Ma erano gli anni ’70, tempi confusi sia per quanto riguardava il sesso che l’economia.

    Di Francesco Di Domenico potrei ricordare di quando mi costringeva a servigli il caffè sull’autobus dell’Atan (oggi si chiama Anm) *
    Lui guidava la linea che dai Camaldoli arrivava al Vomero e con il suo autobus passava proprio sotto casa mia.
    Pretendeva che glielo servissi caldo, nella tazza del servizio buono e poco zuccherato.
    Ma soprattutto mi costringeva a espormi al ridicolo, facendomi trovare con il vassoio, la tazza e il caffè fumante alla fermata di Pietro Castellino.
    Lui approfittava del fatto che gli dovevo dei soldi (spendevo molto per uscire con le sue amiche) finché un giorno non venni a sapere che lui e le sue amiche erano d’accordo e dividevano al cinquanta per cento.

    Ma parliamo del libro.
    Per certi versi lo si potrebbe definire un giallo, ma già dalle prime righe si intuisce chi è l’assassino della lingua italiana.
    L’uso disinvolto che Di Domenico fa della grammatica è raccapricciante.
    Scrive abitualmente qual’è con l’apostrofo e perchè con l’accento grave, ma soprattutto massacra le coniugazioni.
    Secondo lui il congiuntivo si utilizza solo quando si scrive dei parenti e il condizionale quando ti riducono la pena perché sei incensurato.
    Per non parlare del participio, per usare il quale Di Domenico prepara le valigie.

    La sua conoscenza della letteratura è superficiale e orecchiata, confonde sistematicamente l’autore con il titolo e una volta parlando dei Karamazov mi chiese come avevano fatto tutti quei fratelli a scrivere un unico libro.
    Una volta in libreria l’ho sentito con le mie orecchie chiedere “Il postino” e quando la commessa l’ha pregato di dirgli l’autore, rispondere “Pablo Neruda”.

    Questo libro è il prevedibile prodotto di queste premesse e della confusione culturale dei nostri tempi.
    Nel conflitto logico cognitivo che ne scaturisce fate attenzione a ciò che leggerete e tenete sempre presente che Di Domenico è un bugiardo incallito.
    Tutto quello che in questo libro si spaccia per vero è assolutamente falso.
    In compenso tutto quello che (anche ammiccando) si dà per scontato che sia un prodotto della fantasia dell’autore, è assolutamente vero.
    Le colpe vanno equamente suddivise con l’editore.
    La carta di questo libro non è riciclata e ecocompatibile.
    Per realizzare questo libro molti animali sono stati maltrattati.
    Riccardo Marassi
    *La storia del caffé è autentica.
    http://www.marassi.splinder.com/

  83. Di rientro dopo essere sopravvissuta a meno 4 gradi di gelo e non aver affatto smaltito il cenone di capodanno ma aver aggiunto calorie su calorie, rieccomi per parlare di DOPPIO SQEEZE del nostro amico Enrico Gregori.
    Innanzitutto ho apprezzato moltissimo l’ambientazione romana: io sono una sostenitrice delle storie di casa nostra, di americani, di Jack e Mike ne abbiamo già troppi, ci mancano pure quelli made in Italy… Anche per questo l’ho trovato superiore al precedente eppure accattivante Un tè prima di morire, una narrazione più matura, ancora più pronta, fruibile capitolo dopo capitolo. E, per una macabra del mio stampo, un plauso speciale all’incipit, che è duro e diretto come un cazzotto nello stomaco: da quello capisci cosa ti aspetta tra le pagine che seguono, e la cosa mi ha gasata moltissimo. Anche nelle descrizioni tecniche si vede tutta la competenza di Enrico, una quasi simbiosi tra il suo lavoro di giornalista e quello dell’investigatore. Plauso grande! 🙂
    Ribadisco l’accostamento all’Ellroy di Dalia Nera che mi sembra molto presente nella sua scrittura.
    Mi è piaciuto molto (tant’è che l’ho pure regalato a un mio amico a Natale, così come il libro di Didò) e qui faccio i miei pubblici complimenti a Enrico (a Didò gliel’ho potuti fare di persona), un talento dichiarato verso il noir poliziesco, sperando che si mantenga in Italia con le ambientazioni.

    P.S. Ué, non mi trattate male Didò: il suo delirare è molto più sano della razionalità di tanti ignari deliranti! 😉

    Vado a digerire.
    Ciao!!

  84. @Evento.
    E’ un po’ complicato risponderti sul “mio” lavoro.
    Niente mi ha influenzato in quello che tutti considerano il mio lavoro, guidare bus mi ha solo depresso e forse accresciuto la rabbia dell’umorista. Ma il mio “vero” lavoro, quello in cui ho messo anima e cuore, la mia professione è il decoratore, restauratore, laccatore, indoratore.
    Mestiere che ho fatto a nero per sei magnifici lustri; il mio grande rammarico, non aver potuto esercitarlo in una città e in una nazione dove gli artigiani, quelli che sono ad un gradino dall’arte, sono considerati dei paria, e delle mucche da mungere, dallo stato e dalla malavita.
    Nell’universo borghese della mia clientela ho trovato molto di quello che scrivo. Ti ricordi, Pasquale, quella deliziosa parte de “Il Marchese del Grillo”, quando Sordi nega i soldi al restauratore ebreo (Paolo Panelli)?
    Ecco, io sono quell’ebreo.

  85. @ simonoir:
    sinceramente non sapevo che avessi letto “doppio squeeze” ma ovviamente mi fa piacere. credo che roma sarà sempre presente (o molto presente) in ogni romanzo che seguirà. onestamente non sono così categorico sull’ambientazione di casa nostra, però ti dò ragione sul fatto che l’esterofilia può sconfinare nello scimmiottamento. grazie davvero per le belle parole.
    @ didò:
    lo so, forse per me è facile parlare in quanto sono riuscito a fare il mestiere che volevo fare da quando avevo 14 anni. premesso che nessuno me lo ha regalato, però certamente arrivarci è stata una grande fortuna.
    ciò detto, guidare l’autobus è ciò che fai, ma non è ciò che sei. tu sei altro, probabilmente. sei i tuoi racconti e le tue decorazioni.
    insomma, non ci rompere le palle. natale è passato e nessuno ha la benché minima intenzione di commuoversi per te
    🙂

  86. @ Enrico: uggesù, ma se l’ho comprato appena uscito, potevo mai non leggerlo? E l’ho pure regalato quindi mi devi un favore! 😉
    Sei stato in gamba, guaglio’, ribadisco: mi sei piaciuto assai. E ritengo che il noir poliziesco in particolare sia un genere particolarmente difficile da rendere “digeribile”, a volte capita che le atmosfere si facciano troppo pesanti e affondino la storia. Hai fatto centro.

  87. @ simo:
    e che ne so? e poi che c’entra, anche io ho comprato quello di didò ma mica l’ho letto. per la recensione mi sono buttato a indovinare. scrive dovunque le stesse stronzate, magari ci ho preso
    🙂

  88. Enrico e Didò, vi ringrazio per le risposte (Gesù…la maugerite !).
    In effetti c’è troppa vita dentro quello che scrivete. Per scelta e per fortuna vi siete attaccati alla mammella giusta ed avete avuto la forza di continuare a succhiare. Certo, la gradazione è cambiata con gli anni.
    Se il vezzo della letteratura è essere “come se”, nel vostro caso Est, Est, Est. Buona bevuta a noi.

  89. @ Laura Costantini:
    sono con te, effettivamente quelle copertine sono, a dir poco, strazianti! E anche la qualità del cartoncino…insomma, questa Bietti, dovrebbe impegnarsi di più!
    🙂

  90. Bietti Media potrebbe fare di più, ma anche di meno. Per carità, il fatto che sia il mio editore non mi fa indossare il paraocchi tantomeno la museruola.
    E’ una casa editrice che ha delle idee che possono non piacere e qualcuna non piace manco a me.
    Vediamo i pregi…se tali sono.
    I manoscritti li leggono e non li buttano nel cesso come fanno degli editor di chiara fama che poi se ne vantano pure.
    L’autore viene avvisato entro un mese se il manoscritto piace oppure no. Se piace viene pubblicato presto e la data della pubblicazione viene rispettata (abbastanza), salvo complicazioni.
    I libri vengono messi in vendita on-line (sistema che sta prendendo piede sempre più) e se via internet funziona, si passa anche alla distribuzione in libreria. Le condizioni economiche sono più o meno le stesse di tutte le case editrici. Ovvio che se vendi come Stephen King il discorso cambia.
    Questo è quanto. Non so cosa dire e non voglio appioppare medaglie a chi non le merita. Il mio editore sa benissimo che io potrei mollarlo da un momento all’altro, ma non certo per sfizio.
    Forse può essere Massimo, o qualcuno davvero esperto di editoria, a valutare se e quanto una casa editrice come Bietti Media (in pista dal 1870….sì, 1870) abbia una linea editoriale in qualche modo credibile.
    @ Miriam:
    a casa tua ci dev’essere umidità al 100 per 100: non mi risulta di altre copertine che si accartocciano. Comunque puoi usarla per fare la patata al vapore
    🙂

  91. @ In effetti c’è umido, però l’imbarcatura ( e non accartocciamento) si verifica solo sul Doppio…insomma…
    🙂

    Non sapevo che la Bietti fosse così “vecchia”, in questo caso, al di là della grammatura , considererò quel gusto grafico come testimonianza significativa per un ecomuseo editoriale.
    🙂 🙂

  92. Di Bietti ricordo di avere letto da piccolo l’opera completa di Woodehouse. Solo per questo Dio gliene renderà merito.

  93. e pure jean-charles..
    lo ricordi carlo?
    evidentemente avevano un penchant per lo humour.
    mo’ invece fanno tutt’altro.
    comunque ok. se ci permettono di leggere greg e l&l, ben vengano.
    e per le copertine, pace. in fin dei conti sono solo un abito, che io personalmente, da naturista storica, manco vedo.
    preferisco quello che c’è sotto.
    🙂

  94. siccome ho qualcosa a che fare con la collana “gialla” di bietti media, posso esprimere l’opinione che di cose interessanti ne verranno sfornate più d’una. mi rendo conto che è come chiedere all’oste se il vino è buono, però non sono molto incline al conformismo.

  95. @Sergio Sozi,
    Riccardo Marassi sarebbe stato uno splendido umorista, ma si annoia a scrivere. Da ragazzo, smesso di fare il chimico a “nero” (a Napoli pure le analisi dell’urina si facevano a nero) si mise a guidare autotreni.
    Ora guida solo la moto.
    Poi andò a Paese Sera che chiuse poco dopo, quindi salì le scale del Chiatamone (storica sede de “Il Mattino”), spacciandosi per ragazzo del bar e conobbe il grande Pasquale Nonno, mitico direttore del giornale e fondatore degli odierni tg insieme con Ezio Zavoli, Biagi, Piero Angela…
    Folgorato Nonno, si innamorò di quel fogliaccio e nonostante le numerose chiamate dai maggiori quotidiani italiani, là è rimasto.
    Ha nel curriculum una denuncia di Bettino Craxi.
    Malato il leader Psi, la vignetta raffigurava (ce l’ho ancora) un dottore che lo visitava:” Dottore, come sta’ il malato?” – “Meglio, mi è già scomparso lo stetoscopio!”
    E una memorabile vignetta che raffigurava la buonanima del presidente del consiglio Giovanni Goria, a forma di caramella Golia (battuta di rara cattiveria, titolò “Il Manifesto”)

    Ulteriori informazioni su Wikipedia, o su:
    http://www.marassi.splinder.com/

  96. Formidabile @Simonoir, ieri sera era svenuta in macchina tra le nevi del Lazio, a mezzogiorno si mette a fare la “zeza” con Gregori e quella storia sdolcinata del “Doppio Guizzo”.
    ‘Ncè niente da fare, sto forloccone pure se riscrive le pagine gialle, tutte le donne vi si buttano sopra.
    A proposito…donne, insomma quelle che l’hanno letto e sono femmine, ma avete notato quanta bontà, anche paterna, straborda da questa storia truculenta di Enrico?

    La polemica sulla cover mi fa incazzare, ma si proprio incazzare: nessuno polemizza con la Sellerio con quelle copertine da “mezzochilo di rigatoni lunghi che ce li spezziamo a casa signora Concetta!”?
    Le copertine della sora Elvira sembrano gli involucri della pasta di Gragnano, il “giallo Mondadori” è diventato un cult ma aveva copertine da chewing-gum.
    Certo, visto che sta arrivando la Costantini, Bietti dovrà modificare un po’ di cose, magari inserire un fiocco Lilla (rosa è per le ragazzine e la “L” ha superato l’adolescenza), in alto a sinistra.

  97. @ didò:
    io te lo lascio credere volentieri che tutte le donne stravedono per me. non è vero, ma è meglio così. c’è più gusto a farti schiattare. insomma, è come quando danno un rigore inesistente contro la lazio.
    però, a essere sinceri, anche simonoir ha fatto un salto al messaggero per prendere un caffè con me. ti dirò, è stato un bel momento. senza nulla togliere a quando arrivasti tu con quella 24 ore da venditore di materiale porno per la terza età

  98. Visto che conosci Simonoir, spiegale che quando mi hai incontrato, recavo tra le mani una borsa di cuoio inglese da sella (quel cuoio dove poggiano le regali terga dei Windsor), fattami a mano da Aldo Tramontano, il più grande artista del cuoio italiano, uno che insegnava il mestiere a certi stilisti col levriero.
    Simonetta sa chi era Aldo e sa dove stanno i gentleman, solo che ha il gusto dell’orrido e ogni tanto s’accompagna pure con te.

  99. Dido’,
    grazie per le delucidazioni sul Marassi. Hanno fatto bene ad intitolargli uno stadio a Genova.

  100. @
    allora se non sei un conservatore, vedremo dei cambiamenti. Così oltre al buon vino potremo contare anche su nuovi bicchieri.
    Prosit
    🙂

  101. Siete così strani voi. Leggete un sacco di cose, citate un sacco di cose, vi rispondete a vicenda come se scritto e parlato fossero la stessa cosa. Io non so citare neanche i libri che ho letto, ma so la comicità che cos’è: è la reazione spontanea di un essere umano esausto. E’ come quando ti danno tante di quelle botte che alla fine, pieno di sangue, ridi e non sai perchè. Avete mai fatto a cazzotti senza nessuno a separarvi? Avete mai visto Fight Club? La comicità è dei tristi e dei tartassati, la gente felice scrive vignette per la Settimana Enigmistica. La gente felice è stupida. Spero che Didò sia triste, dato che ha scritto un libro comico. Certo che siete strani voi, vi presentate i libri a vicenda, presentate i vostri libri. Che dite alla gente? Ma la gente è interessata? Io una volta sono andato alla presentazione di un libro di Claire Wedling a Parigi ed ero imbarazzato per lei. In bocca al lupo a voi tutti, specie a Didò che deve reggere con un libro di racconti la pesante nomea di comico. Se saprai fare questo saprai anche reggere King Kong con uno stuzzichino (ovvio, è un esempio, lo sanno tutti che le scimmie giganti non esistono). In tutto questo, tossisco e rido, segno che dal male può nascere il bene. Quando tossisco ripetutamente mi sento bene, è come prendere il Valium e poi andare in altalena. Come è assurdo che lo stesso Dio che ha creato l’aurora boreale, abbia poi creato anche il virus dell’influenza. Come se dopo Guernica, Picasso disegnasse Topolino.
    Un abbraccio a tutti.
    Alessandro

  102. @Alessandro,
    m’era sorto un dubbio, che ci parlassimo addosso: non era un dubbio.
    Non sempre accade in questo blog che è autorevolissimo, forse sta succedendo perchè io ho abbassato il livello, non certo l’amico Gregori, che credimi è di pasta superiore alla mia e, nonostante gli screzi finti tra noi, intellettuale notevole.
    Ti do ancora ragione nel dirti che sono vieppiù un tristo, un timido che attraverso iperboli di parole si è fatto accettare in ambienti dove spesso è difficile metter piede.
    Non sono un comico, quelli lo sono gli attori, scrivo di umorismo, cerco di fare scrittura comica.
    Grazie dell’intervento.
    Già comprato il libro? Se abiti vicino te lo porto a casa, senza sovraprezzo (non sto scherzando, o forse si, comincio ad essere in debito d’ossigeno, saranno le Marlboro).

  103. Se sei triste allora sono sicuro che mi farai ridere. No, ho saputo mezz’ora fa dell’esistenza del tuo libro grazie a Miriam. Lo compro adesso. Io sono a Bahia. Dici che me lo mandano a Bahia? Altrimenti aspetto Febbraio. O altrimenti lo faccio mandare a qualcun altro e me lo prendo quando arrivo, che poi, aspettando uno dimentica. Bella l’idea di Enrico sullo Squeeze, da un buono spunto, se non sei scemo, nascono belle cose. Ed Enrico non è scemo, almeno non sembra.
    Grinta ragazzi.

  104. In effetti mi pare che siamo agli sgoccioli. Didò inventiamoci qualcosa per mettere un po’ di pepe al dibattito. Domani è la befana. Non ti dice niente la befana? Con tante belle signore che circolano nel blog? C’è Miriam, Gea, Laura. Su, tira fuori la grinta, mi sembri un po’ ammosciato.

  105. Gia’, stanotte passera’ la Befana: attenti a mettere da parte il carbone, che presto ci servira’ a molto piu’ che i consueti cioccolatini a forma di moneta.
    ENEL – Campagna Nazionale per il Risparmio Energetico 2009

  106. io domani avrei intenzione di festeggiare, in effetti.
    con l’ultimo compleanno ne ho guadagnato il diritto.
    finora era halloween il mio giorno (o la mia notte, per meglio dire). adesso son passata di grado.
    e, forse, sono pure diventata buona.
    🙂

  107. @Alessandro Cascio.
    Si, triste come una vignetta di Dalmaviva (disegnatore che mandava le sue vignette a Linus dal carcere, rappresentavano sempre sbarre).
    Triste come un sorriso di Schifani (non me ne voglia presidente, è la seconda volta che la cito, ma il suo sorriso è così imbarazzato – non ho detto imbarazzante).
    Triste come un Tucano allo zoo di Berlino, triste come Berlino (hai voglia a dire che è cult, che è cool: è triste Berlino.
    Triste come un baco da seta, che pensa a tutto quel lavoro sprecato sulle spalle di Briatore.
    Triste come un italiano che cerca la felicità a Bahia, o cerca di contagiarla con la sua tristezza, ma Bahia ha cosce lunghe e abbronzate e la sua saudade se la ficca tra, appunto, le cosce.

  108. Io ho sempre avuto il terrore della befana. “Hai fatto il cattivo, stanotte verrà la befana a portarti il carbone!!!” Minchia, me la facevo addosso. A vent’anni ero ancora condizionato. “Oggi è la befana, vieni con me in negozio è prenditi un regalo”. Io sceglievo la commessa. “Quella non si può” “Perchè non si può?” “Non abbiamo abbastanza carta per confezionarle le tette”. Andavo via deluso. Nel mio immaginario associavo la befana a un evento negativo. Ora c’è mia suocera che gira in casa con la scopa. Mah!!!

  109. a quest’ora ci sono circa 150 commenti, diciamo pure interventi. massimo ha avuto l’idea di questo post. a me capita di sentire anche molte critiche circa un blog come questo. che ci si parla addosso, che si parla sempre tra gli stessi, insomma che ce la si suona e ce la si canta. possibile.
    mi piacerebbe, però, avere i nominativi e le tessere degli iscritti a librerie-cenacolo, cineforum, luoghi per presentazioni. e vorrei vedere se non sono sempre più o meno gli stessi a parlare tra di loro. certo, per alcuni intellighenti, la libreria minuscola dove ci si spara le seghe in maniera autoreferenziale è una cosa cult. i blog che non condividiamo sono di serie B.
    credo che ci sia un sistema infallibile per non rimanere contagiati da un blog come questo, ed è togliersi dai coglioni. nessuno verrà rimpianto, specialmente se pseudo-intellettuale da 4 soldi e che si sente ‘sto cazzo per aver venduto 1.000 copie di un libro.
    ps: questo intervento non ha nulla a che vedere con le osservazioni di alessandro cascio

  110. @ Enrico e alle gemelle Woodehouse:
    per questo, per andare oltre al circolo dei pochi amici, anche l’occhio vuole la sua parte, e delle copertine “come dio comanda” aiutano a veicolare anche un buon contenuto.
    🙂 🙂

    servirà un nuovo grafico alla bietti?
    🙂

  111. @Gregori.
    C’è gente che è partita dalla Sicilia per presentare il proprio libro al Salone del Libro di Torino, ha speso 500 euro tra aereo e albergo. 10 persone alla presentazione, 3 copie vendute. Però è tornata a casa soddisfatta. Fa molto chic annoverare nel curriculum una presentazione al Salone di Torino. E’ dura per tutti. Si sta scatenando un meccanismo pericoloso. Altro esempio: conosco gente che pubblica con Mondadori o altri che vanno per la maggiore. Ebbene, è costretta a sbattersi, organizzare da sè presentazioni a destra e a manca per vendere il proprio romanzo. Se non riesce a raggiungere una determinata cifra, automaticamente è fuori dal giro, il prossimo libro non verrà pubblicato. E’ un meccanismo perverso, gli editori rimangono a guardare. Ben vengano blog come questo che ci consentono di divertirci gratuitamente, scambiare opinioni, e tenere i contatti a chilometri di distanza.

  112. Sì, in effetti, Enrico, nonostante qualche “affettuosa” risposta, mi sa che parlate solo tra di voi che vi conoscete già.
    E’ una cosa carina.
    Però se parlate con un vostro “lessico familiare”( del tutto legittimo, figurarsi) le persone vi fanno parlare, non vi leggono( neppure gli interventi qui, voglio dire. Poi magari si incuriosiscono per i vostri libri, non saprei) e se ne vanno.
    Non succede per tutti gli argomenti.
    Qui é difficile intervenire, se non si son letti i vostri libri o non si conoscono gli scrittori.
    Comunque, vi auguro che i vostri libri siano letti da molti e non da una ristretta cerchia: credo che renda uno scrittore più “felice”, vero?

  113. @Roberta,
    finalmente, ben venga la polemica!
    Può darsi, come dicevo a A. Cascio poco sopra, che possiamo dare questa impressione, ma perchè passare e non chiedere?
    “Tu Didò, che diavolo hai scritto? Convincimi a comprarti. Che tipo di umorismo fai?”
    Il lessico familiare può essere presente in finale di dibattito, quando comincia il cazzeggio, ma se apri il blog all’inizio e leggi recensioni e proposte del conduttore Maugeri, non penso ci sia da scappare, si può intervenire anche senza aver letto tutto il dibattito.
    Comunque grazie dello stimolo.

    p.s. tutti siamo entrati in questo blog, ma anche in altri, come te, chiedendo e poi conoscendo, lo facessero tutti e,
    Benvenuta.

  114. Io cerco di parlare con e per tutti. Tutti coloro che hanno a che fare con il libro, ovviamente, se no sarei andato da altre parti.

    A Salvuzzo Zappulla,
    che dice: ”conosco gente che pubblica con Mondadori o altri che vanno per la maggiore. Ebbene, è costretta a sbattersi, organizzare da sè presentazioni a destra e a manca per vendere il proprio romanzo. Se non riesce a raggiungere una determinata cifra, automaticamente è fuori dal giro, il prossimo libro non verrà pubblicato. E’ un meccanismo perverso, gli editori rimangono a guardare.”

    Rispondo: ecco la soluzione: facciamo pagare le opere agli editori, COSI’ DOPO VEDI TU SE SI MUOVONO LORO STESSI PER VENDERE I LIBRI!

  115. beh, io non lo so se qui ci si parla addosso.
    molti di noi si conoscono da tempo, anche di persona, ed è abbastanza ovvio che si sia sviluppato un lessico familiare di battute e scherzi. ma questo a prescindere dal post specifico.
    chiunque è il benvenuto, chiunque può dire la sua. ovvio che se uno i libri non li ha letti non ne potrà parlare, ma di spunti di conversazione ce ne sono stati e ce ne sono parecchi.
    p.s.
    le gemelle woodehouse (penso di poter parlare a nome di entrambe) ringraziano per l’onore dell’appellativo, e ne sono grandemente orgogliose.
    e rimangono della loro opinione.
    alcuni dei libri migliori che ho letto avevano copertine orrende, kitsch e volgari.
    ben venga il giallo unito, almeno non disturba e non fuorvia.
    e un suo senso ce l’ha.

  116. Aggiungo( in maniera del tutto non polemica e mi scuso, se urto la sensibilità di qualcuno):
    sono andata da poco alla presentazione di due libri( scrittori esordienti).
    Ero contenta di esserci.
    Poi però la presentatrice ha fatto un discorso “difficile” per me( la mia amica a fianco, che si intende di “semiotica”, rideva e mi diceva che quelle cose le capiscono tutti..).
    L’autore parlava di sé e del suo libro in modo “difficile” anche lui. Eravamo in pochissimi ad ascoltare e io avrei voluto sentire la “trama” del romanzo.
    Comunque l’ho comprato volentieri.
    Solo che non so quando lo prenderò in mano.
    Magari merita molto.

  117. @Roberta,
    non urti la sensibilità di nessuno, credo.
    Comunque, io non parlo difficile, fino a vent’anni pensavo che la semiotica fosse una malattia, poi su al policlinico ho scoperto anche che la studiavano, è a 50 che ho scoperto la “e” in più.
    Comunque (schifoso marketing), ti ripasso il link dove dovevo parlare del libro e ho fatto una timida ginnastica facciale:
    Maschio Angioino – Napoli
    http://www.centoautori.it/Dettaglio_News.aspx?ID=74

  118. @Francesco:
    grazie per il tuo “benvenuta”.
    Ha ragione Gea, quando scrive che non possiamo dir molto, se non conosciamo i due libri. Gli altri spunti, però, li ho “persi”.
    Non importa. Non é che uno si “offende” perché non può intervenire. Interviene in un altro post. Oppure pensa per sé.
    Io lo dicevo per i due autori e perché ho notato che le “presentazioni” e le “cerchie di intenditori” allontanano il pubblico.
    Dopo l’ultima presentazione a cui ho assistito sono stata invitata una seconda volta. Ero in orario e dovevo incontrare l’amico che mi aveva invitato. Sono entrata e ho chiesto al tipo che organizzava la presentazione nel locale: “Ma é qui la presentazione del libro?”.
    “Sì”- mi risponde-“ma dovrà aspettare un bel pò, perchè sono in ritardo..”.
    Me l’ha detto con un tono talmente “arioso” e vedevo altre persone “piene di arie”( secondo me) che ho pensato: “Ma sono le otto, vado a vedere BLOB alla tele”. Me ne sono andata.
    Certo che non gliene importava a nessuno della mia partenza, perché li vedevo che quelli della “cerchia” erano tutti lì.
    Ma credo che per un giovane scrittore sia più bello “conquistarsi” un pubblico “estraneo”, magari perché un lettore qualsiasi passa davanti alla libreria ed é colpito dalla copertina.
    A me é capitato spesso. Ho comprato un’intervista sul cinema a Federico Fellini perché i suoi OCCHI nella foto della copertina mi hanno attirato e sono entrata a comprarlo.

  119. @ roberta:
    a me sembra che qui (nel caso in esame) del libro mio e di quello di francesco ne parlino più gli altri che gli autori medesimi. e mi sembra giusto. certo, posso darti ragione su una cosa: se uno non li ha letti magari non è stimolato a dire qualcosa. però massimo maugeri tenta sempre di allargare il discorso al di là del libro.
    questo blog ha proposto autori celeberrimi, anche da nobel, e pure (cosa che capita spesso e comprensibilmente) c’era anche chi di questi autori non aveva letto nulla. eppure esprimeva comunque un’opinione.
    ciò premesso, quindi, come dovrebbe essere secondo te un blog letterario? dovrebbe esistere? oppure non dovrebbe esistere affatto?

  120. @Enrico.
    Sì, hai ragione.
    Massimo cerca sempre di allargare il discorso. E non si potrebbe avere moderatore migliore, credo.
    Rispondevo soltanto al tuo commento dell 20,20.
    Penso che un blog letterario dovrebbe essere esattamente com’é questo di Letteratitudine, che é il primo a cui partecipo e sono felice che esista.

  121. @Roberta. Siamo tutti qui a circondarti di premure. Sei diventata tu la protagonista. Vedi come basta poco a inserirsi?

  122. PS: lascio lo spazio davvero a chi può parlare dei due libri e rinnovo ai due autori l’augurio migliore, affinché possano essere apprezzati da molti.

  123. Come al solito vi ringrazio per i nuovi commenti.
    Date un’occhiata al post qui sopra, se vi va… l’ho aggiornato inserendo – in coda – la vignetta di Marassi dedicata a Didò.
    Magari potremmo provare a commentarla.
    Intanto Francesco potrebbe raccontarci il contesto in cui la vignetta è nata.

  124. Ringrazio Francesco per aver inserito tra i commenti la “detrazione” di Marassi, che ho trovato molto divertente. Peraltro fornisce, indirettamente, l’autoironia di Francesco Di Domenico.
    Io apprezzo molto l’autoironia.

  125. Non credo che Alessandro Cascio volesse essere polemico con il suo intervento qui sopra. Tutt’altro.
    Peraltro Alessandro interviene su questo blog – magari non spessissimo – sin dagli inizi (e infatti, se non ricordo male, compare su “Letteratitudine, il libro). Ed è stato gradito ospite, con gli altri del gruppo UBV, in questo post:
    http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/14/le-sette-vite-di-dalila-e-achille-underground-book-village/

  126. Roberta,
    la sai una cosa? Io sono due anni che scrivo qui e… ancora non ho incontrato personalmente NESSUNO.
    N.B.
    ”Nessuno” non in senso omerico, eh… altrimenti avrei incontrato Ulisse… eh eh eh… freddura invernale.

  127. Maugger,
    ti sarebbe piaciuto ottenere una ”detrazione” simile a quella marassiana, eh, dillo, su!

  128. …se vuoi te ne scrivo una simile (non uguale, per carita’!) io e te la mando, su ”Identita’ distorte”. Basta un cenno ed inizio: mi viene facile.

  129. @ Tutti
    Quando vi dicevo: “Siete così strani voi. Leggete un sacco di cose, citate un sacco di cose, vi rispondete a vicenda come se scritto e parlato fossero la stessa cosa. Io non so citare neanche i libri che ho letto […] vi presentate a vicenda, fate le presentazioni, ma come fate?”, non c’era nessun lato ironico. E’ vero, vi trovo strani, ma perchè non sono come voi e io trovo strani tutti coloro che non sono come me. Mica ho detto “str**zi” però, ho detto strani, non mi dispiacete. Io non so presentare un mio libro, mi vergognerei anche, insomma, a meno che non mi pagassero un botto, allora esordirei con un: “Non so cosa ci siete venuti a fare voi qui, ma io ci sono perchè mi hanno dato un sacco di soldi”. Enrico ha detto bene, c’è qualcuno che se la tira perchè vende un migliaio di copie. Penso che sia sbagliato, penso che bisognerebbe tirarsela se sai scrivere bene, non se vendi. Io non trovo che il momento sia difficile per gli scrittori. Insomma, Stephen King, Chuck Palhaniuk, Josè Saramago, Garcia Marquez, Paulo Cohelo, la Rawling, Pennac, Hornby o Grisham so che se la passano bene, producono e sono in salute. ROBERTA mi pare interessante, non so cosa faccia, chi sia e ho provato a cliccarla ma spunta Kataweb, mi sembra però interessante perchè finalmente c’è qualcuno che è in grado di dire agli scrittori “MA LA VOLETE SMETTERE DI FARE PRESENTAZIONI CHE GIA’ E’ TANTO SE NON ANNOIATE COI VOSTRI LIBRI, FIGURARSI SE RIUSCITE AD INTRATTENERE QUALCUNO PARLANDO”. Molti lettori sono intimiditi da chi scrive, non è facile per loro dire agli scrittori che immaginati sulla loro scrivania, negli spazi tra una parola e l’altra di un foglio di carta sono più affascinanti di quando si atteggiano a Nobel su un banco di una sala grande di un Municipio sconosciuto. E poi una questione di interesse, per chi commenta. Io sono stato interessato al livello di tristezza di Didò perchè sostengo che la comicità nasce da lì (i clown di Totò, li ricordate?) e dall’idea geniale dello Squeeze e di quello ho chiesto, poi chiunque può chiedere qualsiasi cosa, non ho mai ricevuto offese e mai ne ho poste, qui dentro. Io per esempio vorrei leggere un incipt di un racconto di Didò per vedere che tipo di comicità è, prima di comprare. Perchè io rido con Woody Allen per esempio, con Chaplin sorrido e solo l’ironia arguta mi fa sbelicare, come quella di Guzzanti di Rieducational Channel o Maccio Capatonda, I Simpson, mischiato al demenziale di Thats 70 show, Scrubs, Will & Grace, Friends, gli Show di MTV sulla vecchia Inghilterra o Brian di Nazareth dei Monty Python. Insomma c’è un libro che si definisce comico e non si parla di comicità. Parliamone, su 200 commenti, in quanti hanno parlato di comicità e in quanti del Mc Guffin di Hitchcok e Gregori? Dico, senza offesa, credo che gli autori vogliano proprio questo, parlarne, quindi, evitiamo di far loro complimenti, parliamone e basta, poi a Pasqua mandiamo loro un cesto di vimini.

  130. A Roberta:
    ”Identita’ distorte” e’ il romanzo di esordio del nostro prode Massimo Maugeri (da me ribattezzato, in onore del Rugger(o) ariostesco, ”Maugger”). Venne stampato e (in)venduto in tutte le bancarelle dei remainders nel 2005 ed ha finora ottenuto il Premio Malgioglio, il Premio Via-a-Reggio; il Premio Befana (succedaneo dello Strega ma lo fanno a Canicatti’) ed il Premio Masaniello (fratello povero del Campiello, ma lo tengono ad Abbiategrasso per via del nome benaugurale).
    Ti pare poco!

  131. @ Alessandro
    Perché scrivi: “Io non so presentare un mio libro, mi vergognerei anche”?
    Mi pare che “Le sette vite di Dalila e Achille” – che è un libro anche tuo – hai contribuito a presentarlo egregiamente proprio su questo blog.

    Sia Enrico Gregori, che Francesco Di Domenico hanno già inserito stralci dei loro libri su questo post.

  132. Ad Alessandro e Roberta:
    avete ragione da vendere. Io non mi sono mica offeso! Sto solo scherzando bonariamente con tutti come sempre. E soprattutto con voi due da’ gusto ”parlare”, mentre aspetto qualche altra nefandezza del Dido’ o una tirata del Greg. Ci si vuole bene, qui, ci si stima vicendevolmente, credo. Si allarga il giro, non lo si chiude mai – anche quando siamo in disaccordo.

  133. Beh, Enrico, non so, non quando si chiede all’autore di un libro comico una prova di comicità o quando capisci qualcosa di comicità. E’ qui che viene il bello. Una recensione viene fatta per buttare allo sbaraglio l’autore, è una scena, gli si aprono le tende e gli si dice: “Adesso scaldali scrittore”. E’ qui che viene il bello. Io credo che se il pubblico facesse più domande, Enrico, allora gli scrittori sarebbero portati a scrivere meglio e a farsi “recensire bene” con cautela. Non chiederebbero a un amico: “Hey, me la fai una recensione buona?” perchè il pubblico li strizzerebbe come genitali di fronte a un carro funebre vuoto. Per favore, che nessuno con la coda di paglia risponda, non sto mettendo in dubbio nulla, nè il livello dei libri che non ho letto (quindi sarei stupido a farlo) nè le intenzioni e il valore delle recensioni (le fanno anche a me) nè Letteratitudine (Massimo sa che lo stimo) sto solo mettendo in mezzo una cosa ovvia ma trattata marginalmente: se scrivi di qualcosa, devi dimostare di conoscere quel qualcosa. Io non mi presenterei mai impreparato per esempio e credo che (per rispondere a Salvo Zappulla) un bel po’ di scrittori cadrebbero su questa prova. Che dite?

  134. L’ho presentato con la scrittura. E’ diverso. Parlare e mimare è un altra cosa, Massimo, è arte dei teatranti quella, degli oratori. Io quando parlo non ho lo stesso accento afono che ho quando scrivo e di certo, azzecco più virgole. Hey Sergio, non mi offendo mica, anzi a me fa piacere che mi si risponda. Mi offenderei se nessuno facesse seguire il mio nome al @.

  135. @Massimo:Grazie, come sempre.
    @Sergio: sì ho visto la presentazione di “Identità incrociate”. Mi sono avvicinata da poco ai “contemporanei”. Andrò a cercarlo in libreria.
    @Alessandro: sono stata “attratta” da questo blog quando Massimo ha proposto il tema della traduzione; poi ha proposto quello sul teatro e sono stata “conquistata”. Qui, in effetti, non c’entro nulla.
    Sono un’insegnante di francese.
    Mi ritrovo molto in quei tuoi “lettori intimiditi da chi scrive”-perché “non é facile per loro dire agli scrittori che immaginati sulla loro scrivania, negli spazi tra una parola e l’altra di un foglio di carta sono più affascinanti”.
    Alcuni scrittori parlano dei loro libri in modo da non intimidire troppo:li preferisco.
    Ciao, good night to all and thank you.

  136. Alessandro,
    infatti sono perfettamente d’accordo con te, come dicevo sopra. Quando scrivo delle recensioni non sono ”incensazioni” ma analisi scritte senza guardare nessuno in faccia. Lo sanno tutti – quei pochi che mi leggono voglio dire. In effetti non sempre mi son fatto nuovi amici recensendo, anzi tutt’altro… Sul fatto che gli autori in genere debbano dimostrare di essere persone di cultura anche al di la’ dei loro libri, anche questo e’ giusto: se i critici sono troppo ”amichevoli” bisogna che almeno il pubblico cerchi la verita’ della qualita’ o meno di un libro saggiando l’autore.

  137. @ Alessandro.
    Chiariamo un punto.
    Qui non c’è nessuno che ha chiesto a un amico “Hey, me la fai una recensione buona?”
    Sono stato io a chiedere a Di Domenico e Gregori di recensirsi a vicenda. E nel farlo si sono esposti anche a commenti polemici come il tuo.
    E sul post ho anche precisato che i due autori si conoscono.
    Poi – per carità – a te l’idea può non piacere e sei liberissimo di criticarla e di criticarmi. Non saresti il primo e non sarai l’ultimo.
    Figurati… mi hanno anche insultato (in genere lo fanno per mettersi maldestramente in evidenza). Ma non è un problema.

  138. Roberta,
    si’, cercalo in libreria: vedrai da sola che ”Identita’ rifatte” e’ un libro che ha meritato i premi che ho elencato sopra. Per non dire di quando ha vinto il ”Premio Bancarella-del-Pesce” a Putignano! C’ero anch’io alla manifestazione e ancora ricordo l’ottimo olio con cui condirono l’autore (io arrivai secondo e ebbi una panzanella di consolazione).

  139. Ma avete notato le associazioni che sono state fatte?
    Roberta assimila le recensioni incrociate a una presentazione reale di libri.
    Alessandro avverte un comune modo di essere (“siete strani….”). Oppure segnala un fare “gruppo”.Roberta, ancora, segnala quali “sensazioni” possono accompagnare l’entrata in un blog. E percepisce un linguaggio comune. Avverte l’emozione di relazionarsi per la prima volta.
    Ora, al di là delle osservazioni sulle recensioni incrociate (francamente godibilissime) è proprio così scontata questa sovrapposizione tra letteratura e rete?
    In questo post più che in ogni altro possiamo toccare con mano che Internet accorcia le distanze. Ma non solo. Altera i flussi della comunicazione anche nel mondo reale.
    Il vero cambiamento è la rottura di quella membrana osmotica che fin dall’inizio della rete ha rappresentato la barriera che divideva le relazioni, interpersonali e non, del mondo virtuale da quello reale. Oggi il confine non è più così ben definito se “parliamo” con la stessa immediatezza della realtà.
    Eppure digitare un commento dovrebbe offrire spazi temporali e di riflessione più lunghi di una conversazione de visu…
    Questo mi fa venire in mente due domande per Enrico e Didò.
    Ma se foste in libreria, innanzi a un pubblico, come vi presentereste?

  140. Poi è anche vero che molta gente preferisce non intervenire per timidezza. La maggior parte degli iscritti alla mia newsletter preferisce leggere senza intervenire. Molti mi rispondono in maniera “personale”, per email, e intrattengo con loro un vivace scambio dietro le quinte.
    Poi… chi ha il piacere di intervenire qui è sempre il benvenuto.
    Sarò sempre pronto ad accoglierlo a braccia aperte… purché rispetti la mia filosofia (che può piacere o no), che è contenuta nella “Avvertenza” visibile sulla colonna sinistra del blog.

  141. Massimo,
    a me sembra che Alessandro abbia parlato in generale, non riferendosi a questo post. O sbaglio, Alessandro?

  142. @ simona:
    io con un perizoma leopardato 🙂
    dunque, di presentazione ne ho fatta una per il primo libro e (pare) andò molto bene. parlai del romanzo, come qui parlo del secondo, ossia in termini oggettivi perché ciò che scrivo e pubblico in un certo senso non mi appartiene più di tanto. l’unica cosa che ricordo è che quando qualcuno mi definiva “scrittore” io replicavo, “autore, semmai. scrittore non mi viene”.

  143. @Enrico….a parte l’abbigliamento succinto, intendevo dire come presenteresti Didò (visto che le recensioni sono incrociate)…

  144. Sergio, ma se anche Alessandro si riferisse a questo post non è un problema. Ha tutto il diritto di intervenire con un approccio critico. I suoi commenti sono stati garbati, nel senso che non ha offeso nessuno. E per me va bene.
    Mi sembrava giusto, però, sottolineare il fatto che sono stato io a chiedere a Enrico Gregori e a Francesco Di Domenico.
    Se devono esserci critiche, dunque, è giusto che vadano a me. Io le accetto ben volentieri.

  145. dunque…..francesco di domenico è la prova vivente che chiunque può pubblicare un libro………a patto però di avere il genio che ha didò 🙂
    simona, sul serio, direi più o meno le stesse cose che ho scritto nella recensione. se ci vogliamo divertire sul serio, invece, vieni a roma e presento il tuo libro
    🙂

  146. Domandina per il Greg:
    se un ipotetico giorno la gente smettesse di sniffare ”la bianca” e di servirsi dei pornoshop, nessuno accoppasse piu’ nessuno a giorni alterni come oggi (mettiamo: solo un paio di omicidi all’anno che fanno discutere per trent’anni l’Italia intera), l’economia arrivasse ad un PIL del 10% e la disoccupazione fosse dell’1%, tutti tornassero a fare sette figli con una moglie sola invece che un figlio con sette mogli com’e’ oggi. Ecco: ”se” tutto questo… tu cosa scriveresti?

  147. @Alessandro. Francamente non riesco a capire il senso del tuo penultimo intervento, mi pare molto confusionario. Uno scrittore parla SEMPRE attraverso la propria scrittura, il resto viene dopo, è solo contorno, azione di marketing. Purtroppo anch’essa necessaria poichè i libri, come tutti i prodotti di consumo, necessitano di essere conosciuti se si vuole sperare di venderli. E siccome gli editori non sono la croce rossa, e investono capitali, è giusto che anche l’autore faccia la sua parte. Le recensioni per me sono una cosa seria, ci metto la mia faccia e la mia credibilità, non recensisco amici e parenti e tutto finisce a tarallucci e vino. In genere recensisco solo il 10% dei libri che ricevo, molti addetti stampa di case editrici mi mandano le novità ma se un libro non mi piace preferisco non parlarne piuttosto che stroncarlo. Una questione di stile mia personale. Va bo va, si è fatto tardi e stasera è il 4 del mese, giorno dedicato ai miei doveri coniugali. Ne riparliamo domani. Pensa a spassartela caro Alessandro, beato te che ti trovi lì.

  148. @Alessà,
    ma fosse gelusia?
    Alessà, guardo che ti mando la foto del mio studio, se mi passi la tua mail ti faccio vedere che scrivo mentre mia moglie frigge le polpette, e prendo appunti quando si blocca il traffico in via Toledo, quando c’è un corteo di disoccupati o ‘nu muort’ acciso e la “questura” arriva col lenzuolo, se prima non è arrivata donna Concetta con una coperta vecchia, nel mentre il morto ti guarda, se nessuno gli ha chiuso gli occhi, e nel mio bus ci sono rimasto da solo, e non so se ridere o sperare che i killer ritornino per finire il lavoro e non lasciare “occhi di tranviere”indiscreti.
    Alessà,
    io, quando avevo la tua età, mi facevo il piercing falso, mi mettevo l’orecchino a molla di mia sorella, quando scendevo in città, perchè in paese mi avrebbero dato del “ricchione”.
    Alessà, molti di noi scrivono, per far ridere o far pensare, per passione, e molti di noi, e parlo per me, e se me lo consente, anche per Enrico, molti di noi scrivono e scrivevano per se stessi, perchè non erano contenti degli scrittori che tu contesti, e, a molti di noi, se non fossero venuti a casa (per carità, non siamo Gesualdo Bufalino, ma l’esempio conta) a frugare nei cassetti nostri, amici editori, le nostre cose le leggerebbero ancora e solo i nostri amici e le nostre sorelle, e forse sarebbe stato un peccato (parlo per Gregori).
    Alessà, cerca di capire, ci sono scrittori e scrittori: Bruno Vespa è venuto a presentare il suo nuovo capolavoro a Scampia e lo ha presentato Fausto Bertynight.
    Per quanto riguarda gli incipit: ho già dato, guarda bene, se poi per 12 euro risparmiati ti vuoi leggere tutto il libro, figlio mio, io tranviere sono, te l’ho già detto, sono naiv, te lo porto a casa.

  149. @ sergio:
    ipotizzi l’irreale. caino e abele erano solo in due al mondo, e uno ammazzò l’altro. e comunque, la cronaca è una cosa, la fiction un’altra.
    Verne scriveva di cose inesistenti (peraltro qualcuna si avverò), e Salgari pure.
    E’ difficile risponderti, insomma. Visto che già nell’Iliade c’erano le carneficine. Io, tutto sommato, in confronto a Omero sono un chierichetto.

  150. Giusto, Salvo. Pero’ bisogna ammettere anche che le analisi ponderate sono quel che manca in Italia: in Italia o si stronca o si fanno le sviolinate e questo mi sembra un andare da un estremo all’altro che non fa capire al lettore se lo si sta prendendo per i fondelli o se si e’ persone serie che lavorano professionalmente. Perche’ un professionista della recensione, a mio avviso, di solito analizza evidenziando qualita’ e pecche, raramente dovrebbe stroncare o incensare.
    Ciaobello

  151. Enrico,
    certo, certo: l’Iliade e’ ”splatter”, l’ho letta integralmente da poco (quella del Monti), ma io appunto ipotizzando l’irreale (che in Slovenia e’ reale, pero’, si sappia) ti chiedevo di fare uno sforzo sublime di fantasia e prospettare per la tua scrittura qualche meta diversa dalle attuali. Mi hai risposto che non e’ possibile. Vabbe’. Mi tengo la risposta sic et simpliciter.
    Ciaociao

  152. tutto è possibile sergio, ma non ipotizzabile. c’è la fantasia oltre ciò che ci circonda. magari un giorno scriverò una storia d’amore tra ET e la bella addormentata, chissà

  153. Roberta, c’entri molto invece, forse più di tutti.
    Sergio: giusto, o al massimo si richiede la cultura per quel che riguarda il tema affrontato, non si chiede altro.
    @ Massimo invece qualche parola in più.
    Io ho scritto in quasi italiano (quasi comprensibile almeno). Poi, se ci vuoi trovare del cattivo, nel mio commento, fai pure, ma credo di aver detto delle cose anche abbastanza ovvie per chi è in questo campo e ho specificato “ai permalosi” di non rispondere perchè non si stava attaccando nessuno (leggere anche dentro le parentesi) in questo particolare blog, ma era soltanto una risposta complessiva a tutti i commenti (io prima di commentare li leggo tutti, anche se sono 150).
    Per capire il senso bisogna partire dagli albori. Io non sono un bravo oratore e non sono un uomo di cultura, quindi trovo strani coloro che sono in grado di parlare di fronte a un pubblico di ciò che scrivono o che rispondono al suono di un nome di un qualsiasi scrittore: “Sì, io di lui ho letto un libro una volta”. Ma che avete in testa, Windows? Poi, ovviamente nel campo letterario, tutto è sempre inteso come un attacco, non si guarda a chi scrive come a uno che sta solo mettendosi lì a scambiare 4 chiacchiere. Personalmente (ho continuato) trovo noiose la maggior parte delle presentazioni, ma solo perchè non è detto che, chi sa scrivere, sappia presentare. Poi ho continuato rispondendo a Roberta sul fatto che qui certe volte si parla tra addetti ai lavori e c’è gente che parla di cose che non conosce, cercando di dare la mia personale visione di come sarebbe bello affrontare una discussione. Per esempio (ho ripetuto) Didò ha scritto un libro comico e se non si è letto il libro di Didò, si potrebbe parlare di comicità, lui stesso potrebbe affrontare il discorso per esempio, come Gregori potrebbe affrontare il discorso della chiave Mc Guffin e del concetto di Squeeze che mi ha affascinato tanto che su Google ho tenuto una finestra aperta a riguardo. In particolare mi sono soffermato sul fatto che “agli scrittori piacerebbe molto parlare di ciò che scrivono, ma non sempre sono portati a farlo”. Ho poi parlato delle recensioni in modo analitico, non polemico, pensando al fatto che molte vengono fatte per complicità, nient’altro e che solo se il pubblico chiede, può scoprire quanto cuore ci sia nelle cose, perchè noi possiamo scrivere qualunque cosa, sta al lettore scoprire il vero. Ma non parlo di me e te, parlo di “noi” come coloro che fanno questo “mestiere”, la tua integrità va vista nell’insieme, non da un mio commento e da una tua risposta, non l’ho toccata e non mi permetterei, noon vi conosco e sono uno che si autocensura pe parolacce come ca**o e str**zo perchè qui non mi sento a casa mia, puoi controllare in tutti i commenti se vuoi. La recensione avrebbe più valore se intesa come immagine su cui confrontarsi. L’artista, se ottiene una buona recensione, deve poi rapportarsi ad essa e non deludere le aspettative. Quando qualcuno parla bene di me, la prima cosa che faccio è migliorarmi perchè ho paura di deludere la parola di chi si è fatto portatore di un messaggio positivo che mi riguarda. E’ come se non dovessi deludere chi ha prestato il proprio nome per inalzarmi di fronte a un pubblico più o meno vasto. E’ di queste cose che ho parlato e credo di essere stato più o meno chiaro, ma qui si scrive, non si parla e se ho usato dei toni piuttosto che altri, è pur sempre per il piuacere dello scambio e della lettura, perchè Roberta (che è una lettrice e basta ed è da ammirare oggi) potesse riportare tra virgolette almeno una mia frase che penso sia, per chi scrive nelle carte dei Baci Perugina o nelle prefazioni degli autori deceduti, un onore e un piacere. Lo ha fatto, si è ritrovata in una frase e io era questa intesa che ho cercato, dopo averla riconosciuta nelle sue parole. Dici che Didò e Gregori si sono esposti a me? Io ho chiesto loro di parlare dei temi che gli stanno a cuore, non poteva capitargli di meglio, penso. Ho pensato che i complimenti, per chi scrive un libro, lasciano il tempo che trovano, almeno così sono io, che preferisco parlare di quello che ho scritto piuttosto che prendermi gli in bocca al lupo (qui l’ironia del cesto di vimini). Poi? Non c’è altro, penso. Mi spiace d’aver dovuto spiegare quello che ho scritto, dovresti essere sicuro della malafede di qualcuno prima di chiarire, te lo dico da persona che più volte ha sottolineato la stima per quello che fai. Il mio scopo era animare, come è successo altre volte, ma stavolta forse, non so … ho toccato qualche tasto dolente che tu mi dirai qual’è, visto che a questo punto, me lo devi quasi.

    Alessandro

  154. @Sergio. Porca putt.. non tirarmi in ballo a quest’ora. Ho un sensore nel computer che emette un bip quando qualcuno scrive il mio nome. Ho dovuto interrompere sul più bello per venire a risponderti (tutto rinviato al mese prossimo). Dunque: scrivere di un libro per me equivale a riportare le mie sensazioni sul medesimo, evidenziando gli aspetti più importanti, facendone risaltare le peculiarità più significative, analizzando con pacatezza anche le lacune. Raramente è tutto nero o tutto bianco. Sappi che a volte stroncature e incensazioni sono create ad arte per provocare la polemica e portare alle stelle l’attenzione dei lettori. In genere funziona così: due critici si mettono d’accordo a pari e dispari “Ne parli male tu o io?” Parlane male tu ed io ti smentisco”. Il successo è assicurato.

  155. Sergio, fortuna che l’hai capito almeno tu. 🙂
    Simona, bella domanda, ora forse si può cominciare col conoscere davvero questi autori tramite i loro commenti. Solo a domande buone si possono dare buone risposte.

  156. @Dolcissima Simona Lo Iacono (reverenza & timore sono d’obbligo),
    sòra mia, la questione è solo d’informazione, io spero di fare una presentazione a Roma, così come siamo abituati a farle a Napoli.
    A Roma ne facemmo una due anni fa, il pubblico uscì spanciandosi, un po’ come quando si usciva dopo la proiezione di “Amici Miei”.
    E sai perchè, perchè per un libro umoristico non si racconta niente, parlava per noi la gioia di averlo scritto e pubblicato, e quella cosa strana, come la chiamate? Ah, l’Empatia della gente che s’incontra.

    p.s. il libro si chiamava “Quel Sacripante del grafico s’è scordato il titolo” Antologia degli umoristi napoletani d’inizio secolo (questo) Graus & Boniello Editore. E’ introvabile.

  157. Alessandro,
    secondo me noi italiani siamo un popolo di disattenti: leggiamo superficialmente e superficialmente scriviamo. Sarebbe ora di trovare un’uscita da questo tremendo difetto – piu’ moderno che ”storico” direi, almeno a giudicare dagli epistolari e dalle opere letterarie degli italiani di trenta quaranta anni fa. Se si torna ancora indietro nei secoli, poi, vediamo ancor piu’ chiaramente la nostra svagatezza, il nostro reale dare poca importanza alle cose serie come l’arte sarebbe. Sarebbe.

  158. @ alessandro:
    il tuo discorso l’ho capito. va detto, comunque, che qui nessuno ha chiesto complimenti a chicchessia. qualche complimento è arrivato, ma c’è anche chi non ne ha fatti. e c’è stata anche qualche opinione negativa. mi pare che sia tutto spontaneo e consentito.
    per quanto riguarda me ho già specificato fino alla nausea che non posso parlare della qualità di un mio libro, anche perché non mi spetta e manco mi interessa. di temi sì, ne parlo volentieri. e quello che posso dire è che mi piace e mi viene di scrivere dei thriller dove l’intreccio e la storia sono anche un pretesto per raccontare vita, manie, sentimenti, tic, luci e ombre di personaggi che, in fondo, rappresentano l’umanità alla quale tutti apparteniamo. se poi ci riesco, o ci riesco bene o ci riesco male lo devono dire gli altri.

  159. Cosa volete che dica. Penso che abbiate dato un doppio senso che non c’era alle mie parole. Forse perchè si scrive sempre per doppi sensi o sensi nascosti e allora avete letto mettendovi a testa in giù. Semplicemente, Salvo (parlando da lettore) penso che uno scrittore che presenta da pessimo oratore perde valore, poi non rifletto sul marketing, a me non frega del Marketing (da lettore). Non bisogna pensare da scrittori quando si commenta una recensione e si vuole capire di che pasta siano fatti gli scrittori che si stanno commentando. Io ho scritto in generale, secondo i miei gusti e ho pensato di dare un’occasione a Gregori e Didò (così come l’ha appena data SIMONA LO IACONO e mi piacerebbe davvero leggere la risposta) di esibirsi sui temi trattati. Insomma, se è questo il senso di una recensione con commenti liberi per attirare la gente e comprare qualcosa, penso di aver fatto il richiesto, nel caso contrario, nessuno ha perso nulla. Per Didò: non so chi sei, volevo saperlo perchè ho studiato fumetto e cinema per anni, allora pensavo di creare un dibattiuto sulla comicità usando come spunto il tuo libro. Non ho cercato di attaccarti, credimi. Non conosco il termine gelosia se non in amore (penso che tu l’abbia detto ironicamente).

  160. Salvuzzo ”in bianco”,
    si’, si’… mi riferivo al genere dei critici, non a te, peccarita’! Torna a letto, su, fa il bravo, che sei ancora in tempo…

  161. I più disattenti al mondo direi, Sergio, visto che viene chiesta attenzione su se stessi.
    Enrico, ripeto, non stavo parlando di te.
    Ripeto sempre a te e per l’ultima volta davvero (sono un po’ come Salvo, mi si accende il bip) ti è stato chiesto questo, di parlare dello Squeeze. Ho detto pure che l’ho trovata un’idea geniale, che ho tenuto Google aperto e …
    Dite la verità ragazzi, avete sonno e non avete letto ciò che ho scritto attentamente per risparmiare tempo. E così? Ammettetelo dai, non c’è nulla di male.
    Ho chiesto a Dido di parlare di comicità visto che ha scritto un libro comico e a Enrico di parlare di Squeeze e del concetto che dà nel libro. Insomma, mi sembrava di fare cosa gradita, ma qui la stessa Lo Iacono chiede qualcosa e gli si risponde con superficialità (e ora la tiritera, “come ti permetti a darmi del superficiale?”). Noi siamo dei potenziali compratori, per questo abbiamo letto Letteratitudine di Maugeri oggi. Mi ha mandato qui indirettamente una persona e mi ha attratto la recensione incrociata, ma se preferite altro, insomma, come vi è stata data la prima parola, a voi anche l’ultima. 😉

  162. @Alessà, n’ata vota’
    Perchè sei stato così prolisso nel difenderti?
    Hai avuto il grande pregio di riaprire il dibattito e penso che vi siate sentiti in privato tu e Zap Zappulla: non farti promettere cannoli, lui li contrabbanda da Tunisi, sono fatti con ricotta di cammello.
    Non sono cattivi, hanno un retrogusto di olio di Hamas (che è un’essenza palestinese oggi considerata un po’ sgradevole) e provocano pericolose flautulenze a convegni e presentazioni librarie (Osvaldo Soriano fu ucciso proprio da una scoreggia di uno scrittore libanese a Siracusa, e soccorso con ritardo da Zappulla).
    Ormai ai reading ci vanno i caschi blu dell’Onu.

  163. @ Alessandro
    Molto semplice.
    Quando hai scritto “Non chiederebbero a un amico: “Hey, me la fai una recensione buona?” credevo che lasciassi intendere che Enrico e Francesco si fossero messi d’accordo per recensirsi tra loro e che poi mi avessero proposto le loro recensioni. Siccome è accaduto l’esatto contrario (nel senso che sono io che ho chiesto loro di “sottoporsi” alle recensioni incrociate) mi sono sentito in dovere di chiarire e precisare. Più che altro per tutelare i due ospiti di questo post.
    È evidente che ho frainteso, dato che tu hai specificato che parlavi in generale.
    Putroppo il web è un mezzo di comunicazione incompleto e può capitare che si fraintenda. L’importante è chiarirsi e andare avanti. (Del resto, come sai, a me non piacciono le web-risse).


    Ne approfitto per dire che mi sento sempre in dovere di tutelare i miei ospiti (non importa se sono Big come Dacia Maraini o pinco pallino come Massimo Maugeri).
    Qualcuno mi dice che sono un po’ “ansioso”, ma ognuno è fatto a suo modo.
    Poi… sulle recensioni “marchettare”, così come sull’editoria a pagamento e sugli scrittori soubrette ne abbiamo discusso a iosa su questo blog, avviando polemiche anche piuttosto accese con post specifici.
    Le polemiche costruttive non mi hanno mai fatto paura (purché siano, appunto, costruttive e non offendano persone e opinioni).

    Detto ciò, caro Alessandro… stretta di mano e via.
    E colgo l’occasione per confermarti la mia stima.

  164. Anzi, Alessandro… tu – con un tuo prossimo libro – potresti essere una futura “vittima” delle mie recensioni incrociate.
    Magari potrei incrociarti con Sergio Sozi.
    Mi piacerebbe molto.
    Di più… vi “prenoto”.
    Ci state?
    🙂

  165. Altra domanda per il Greg,
    vedi veramente l’Italia come mi sembra di capire dai tuoi libri, che in genere esprimono una ”summa” piuttosto negativa del nostro popolo? O piuttosto lo fai per ”partito preso” letterario – intendo dire perche’ vuoi stare dentro al filone ”noir”. Insomma: fino a che punto arriva la cronaca e fino a che punto la finzione, nei tuoi romanzi?

  166. Niente di che Massimo, è che forse leggere con accuratezza e con la giusta inquadratura centinaia di messaggi non è facile per nessuno. Non è di certo una discussione di questo genere a creare dissidi, lo so bene.
    Una buona notte.

  167. Eravamo accavallati @Alessandro.
    Non ci riesco. Non posso spiegarti cos’è l’umorismo, se ti piaccio è bene, io non sono il grande Benni, il mitico Serra, Woodhouse non riesco a scriverlo, Allen ce l’ho sul comodino da 40 anni e lo rileggo, ogni volta comprendendo qualcosa in più, di Totò non potrei parlarne, il mio conterraneo, sua Altezza Imperiale Principe di Bisanzio, era talmente grande che una ricerca della università FedericoII lo ha ascritto ai grandi speculatori della lingua italiana.
    Io pubblico da un tempo immemore e (Sergio Sozi) non mi pagano ma sono pago, mi hanno invitato alla tavola dei re, faccio il giullare e guardo le cosce della Regina, hic!

  168. Ti assicuro che leggere centinaia di commenti è proprio un “lavoro”… ma ti assicuro pure che a volte è proprio difficile capirsi bene via web. Te lo dico per esperienza (ma lo sai anche tu).

    Bene! Tu e Sergio siete prenotati per la prossima “recensione incrociata”, allora.
    Dunque, Sergio… spicciati a pubblicare ‘sto nuovo libro.
    🙂

  169. Io si’, Massimo, ci starei benissimo, a patto che Alessandro non ci andasse per il sottile nell’esprimere TUTTO quel che pensa del mio libro. Senza guardarmi in faccia – bruttina anzicheno’ oltretutto.

  170. @ alessandro:
    io credo che lo squeeze non sia un argomento così intressante, peraltro c’è scitto qui da qualche parte. si tratta, comunque, di una manovra del gioco del bridge e ce ne sono di varie forme il “doppio”, in particolare, consiste nel costringere i due avversari ad abbandonare carte vincenti. non c’è difesa, è una manovra automatica anche se non facile da individuare ed eseguire. ovvio che nel libro è una metafora. un investigatore, insomma, lotta su due fronti e alla fine…..se vuoi te lo leggi 🙂
    @ sergio:
    che ti devo dire? il delitto, il male fanno parte della vita. io uso queste situazioni per (credo) divagare su altro. ma non l’ho inventato io, ci mancherebbe.
    basta leggere, chessò, Conan Doyle e ci si rende conto di quello che voglio dire. Fermo restando che il “padre” di Shelock Holmes scriveva capolavori. Io no.

  171. Sergio, il bello delle “recensioni incrociate” è proprio questo (secondo me, eh). Ci si espone a un vasto pubblico di lettori… dunque è davvero difficile che si recensisca l’altro con l’intento di incensarlo in maniera sfacciata o (peggio) di stroncarlo.
    Secondo me viene fuori una sorta di “equilibrio naturale”.
    Naturalmente è solo la mia opinione, eh.

  172. Il mio prossimo libro? Boh… sto ancora trattando con un editore (non il solito Casini) e ancora non si e’ parlato di date. Sara’ comunque un racconto lungo, dunque un volumetto. In ogni caso, sarei felice di farlo recensire da Alessandro Cascio. Ne parleremo quando uscira’ – se le cose vanno bene: io non ”pago” ne’ ho santi in paradiso.
    Buonanotte, gente, torno alla mia traduzione (noiosissima, ohibo’!).
    Enrico,
    se ti va di rispondere alla mia ultima domandina sciocca, ti leggero’ domani, scusami. ‘Notte a te, caro.
    Sergio

  173. Greg,
    scusami, ho fatto appena in tempo a leggere la tua ultima risposta, dove fra l’altro mi dici:
    ”il delitto, il male fanno parte della vita. io uso queste situazioni per (credo) divagare su altro. ma non l’ho inventato io, ci mancherebbe. basta leggere, chessò, Conan Doyle e ci si rende conto di quello che voglio dire”.
    Io pero’ ti avevo chiesto come la vedi tu, l’Italia, non come la vede Doyle – che un tempo leggevo con discreto piacere, anche se non con trasporto. Allora?

  174. sergio, non è che io non ti voglia rispondere, ma sinceramente quando scrivo, dell’Italia me ne frega poco. Non ho intenzione di criticare i costumi nè di far della sociologia. Non è mio compito, non sono capace e manco mi va.
    E’ concepibile che uno voglia scrivere storie, solo storie, oppure no? Io spero di sì.
    Certo, parlo di personaggi che conosco e di situazioni che vedo anche se ovviamente non metto i nomi veri e probabilmente nei miei libri da qualche parte starò pure io.

  175. Allora, come vedi l’uomo in senso filosofico, al di fuori dell’Italia o dell’America eccetera? Perche’ scrivi dei ”neri”, ossia perche’ solo di cose brutte, di drogati, di ammazzamenti, di poveri giovani sperduti ed indifesi, di pazzi criminali sadici e squilibrati? Perche’ lo fai?

  176. buonanotte signori, non potevo lasciar passare questo post senza salutare … non sono intervenuto, primo perché non c’ero, secondo perché ho trovato molto più interessante leggere i vari commenti e devo dire che come al solito un pizzico di pepe c’è stato anche se questa volta magari non era particolarmente necessario… il piatto era già abbastanza ricco e saporito… la verve dei nostri due amici non delude quasi mai!
    “Cavolo doveva intervenire per dire ste due minchiate” – qualcuno penserà – ma se non lo facevo poi chi ci parlava più con didò ( è di un permaloso!) 🙂
    Buona epifania Massimo
    stefano

  177. Assurdo. Ma non eravate tutti andati a dormire? 🙂
    Siete drogati di Letteratitudine. Non solo nuovi commenti, ma nuovi post.
    Sergio, il mio esce a fine mese, io sono pronto. Facciamo così, da una parte mettiamo le cose positive e dall’altra le cose negative. Non so, esempio.
    Sergio Sozi – Nuovo libro
    Di positivo:
    E’ di carta e non di plastica, quindi biodegradabile.
    Di negativo:
    La carta inchiostrata non produce ossigeno.
    Di positivo:
    E’ corto e finisce subito.
    Di negativo:
    Lo devi ricominciare da capo perchè non se ne capisce nulla.
    Di positivo:
    Ha un finale all’Anatole France e alla fine il protagonista muore.
    Di negativo:
    Se avesse avuto un finale alla Foster Wallace ci saremmo liberati anche dello scrittore.
    Di positivo:
    E’ in terza persona…
    Di negativo:
    … singolare, futuro anteriore.
    Di positivo:
    Il libro si basa sull’intreccio.
    Di negativo:
    E’ un saggio sui lavori all’uncinetto.

    Sarebbe divertente, così. 😉

    Una buona notte.

  178. Alessandro, simpaticone che sei… be’… scherzi a parte, penso che ancora saremo entrambi capaci di strutturare come si deve qualche periodo, no? Mica vorremo imitare D’Orrico, mal ce ne incolga…

  179. Buongiorno!
    @Sergio Sozi,
    mi hai messo a pensare sul “…come la vedi tu, l’Italia, non come la vede Doyle…”.
    Ho rivisto tutto il racconto di Greg e, effettivamente, in quella Roma c’è tanta Italia, un incredibile microcosmo. Enrico è riuscito a farci entrare, tra le pieghette anche una visione antropologica, nonostante non gli dovesse servire. E’ la visione di una società reale, totalmente distaccata dalla politica, che esiste, parallelamente ad essa (e la “notte bianca” raccontata è comunque anche un fenomeno d’invenzione politica di parte, e le idee di Enrico non traspaiono).
    Poi un autore racconta, come un pittore dipinge, devo per forza citare mia figlia: “Papà, che cazzo voglio dire non lo so! Se voglio dirti “ti voglio bene”, te lo dico in faccia, se poi lo cerchi tra i colori, bhe cercatelo, non so dove l’ho messo!”

  180. @Stefano Mina è dolce come il panettone, quello di una volta, che era di un solo tipo; attraversa i blog come un soffice treno magico, quella locomotiva di Spielberg, che lasciava una scia di stelle.

    La vignetta.
    La sede de “Il Mattino” è a 200 metri dalla baia più bella del mondo.
    A cento metri noi Di Domenico abbiamo una botteguccia, in via delle Belledonne, alle spalle di via dei Mille, la nostra via Condotti, era il nostro piccolo cenacolo dove restauravamo cose e cuori, frequentato da pittori e poeti dolci.
    Era la fine degli anni ’80, quando la malavita uccise Giancarlo Siani.
    I grandi redattori di oggi erano quasi tutti “abusivi”, lavoravamo il venerdì alla pagina di satira, si chiamava “Ragù, tutto quanto non fa brodo”. C’erano Riccardo Marassi, Eduardo Cicelyn, Francesco Durante…tutti ragazzi che oggi sono ai vertici dell’intellighenzia napoletana.
    Io guidavo già il bus, dalle 5 del mattino, fino a mezzogiorno, poi di corsa, con la vespa 125, correvo in bottega e preparavo delle frittate, zuppe di fagioli e dopo averle fatte fuori coi miei fratelli, cominciavo l’altro lavoro, fino alle 19.
    Chi passava si sedeva e mangiava con noi.
    Riccardo era quasi sempre da noi e, uno di quei dolcissimi pomeriggi, quando la brezza salata entrava nei vicoli e ti inebriava più di venti di quelle famose “canne” che si sparano questi odierni coglioni, ad una delle mie solite fanfaronate divertenti, Marassi, prese carta da sottoparati e una biro blu e mi disegnò un avvenire da marciapiede.
    Un po’ ci prese, ma sono contento, era questa la mia vita, se fosse stata di Mondadoriano successo sarei avvolto nelle nebbie di una presunzione elitaria e passando per questo blog non vi avrei neanche letto, e non avrei saputo che:
    Siete fantastici.

  181. Accidenti quanto avete scritto, state bene?
    🙂
    Qui nevica, fitto fitto, non ci sono rumori, solo questo zucchero che viene giù e fra un po’ scendo in giardino voglio fare il pandorino che si imbianca. e poi mi mangerò!
    Buona Befana a tutti.
    🙂

  182. @Didò. Cuor di poeta. Immaginavo che anche nei peggiori individui alberga un briciolo di umanità

  183. Nota di servizio.
    A questo dibattito non è stato presente Pino Imperatore.
    Non se ne duole, quel vecchio satiro, perchè ha tagliato i ponti per 5 giorni col mondo umano rifugiandosi in una baita con camino, insieme alla sua collezione di Almanacchi Topolino, con figlia e moglie.

    Pino Imperatore è il direttore editoriale della collana “Humour Lab” di Cento autori edizioni.
    Ha pubblicato in contemporanea con me : “De Vulgari Cazzimma – I mille volti della bastardaggine” e lo presentiamo sempre insieme (Un po’ come “I Pagliacci” e La cavalleria Rusticana”), infatti, dopo questo piccolo divorzio, saremo di nuovo insieme il 22 gennaio alla Libreria Fnac di Napoli.
    Non si scusa perchè ha scoperto, tra gli Almanacchi, una Minnie in costume da bagno e si sono risvegliati in lui “antichi entusiasmi”: che cazzimma!

  184. Didò per fortuna hai riportato ciò che solo l’intelligenza fa dire a tua figlia. Devo confessarti che almeno 50 commenti prima l’avevo pensato anch’io, ma mi sono guardato dal dirlo per non rischiare di acquisire immeritatamente maggiore stima da parte di Sergio. Sono contento anche che tu abbia rimarcato le quinte romane del libro di Enrico. Tra descrivere e raccontare esiste una bella differenza.
    p.s.o.t.
    Salvo sono invidioso delle tue prestazioni. Dovresti “raccontarle” prima o poi…

  185. @Caro Alessandro,
    ti ringrazio per la considerazione. Ma comunque non c’entravo nulla e ho anche scritto perché.
    Sì, é vero, sono solo una lettrice e mi “intimidisco” degli scrittori.. ma non sempre e non troppo spesso. Leggo poche recensioni( l’ultima quella sul libro che Sellerio ha pubblicato da poco: una biografia di Balzac scritta da sua sorella, BALZAC MIO FRATELLO), però vorrei avere il tempo di leggerne di più.
    Vado a pochissime presentazioni( e, viste le esperienze, ci andrò sempre meno..), ma solo perché sono un pò “schiva”..non per altro.
    Secondo me ci sono scrittori che riescono ad “intrattenere qualcuno parlando”. Molti anni fa ero andata alla presentazione di un libro di poesie( non sto confondendo la presentazione di un libro con la sua recensione. Però le “recensioni incrociate” qui mi hanno fatto pensare alle “presentazioni”, non so perché). Ero una studentessa “entusiasta” e il libro lo presentava il mio professore di letteratura inglese e americana: il suo linguaggio era “dolce”, per così dire, e lui SEMBRAVA “intimidito”(dico “sembrava” perché io per anni lo avevo sentito parlare di T.S. Eliot, di Ezra Pound, di Emily Dickinson..e quindi..). Non avevo capito, fino a che non me l’ha detto qualcuno che era lì, che lui presentava con uno pseudonimo un SUO libro di poesie..
    Ecco: io volevo dire che questa mi sembra una presentazione “ideale”: un pubblico misto, lo scrittore che parla di sé come “di un altro”.

  186. Stavo solamente cercando di far ”sviscerare” ad Enrico il/i senso/i della sua scrittura. Sono curioso di sapere perche’ oggi un narratore di ”neri” scriva appunto libri di questo genere. Mi interessano i perche’ della scrittura, la sua in questo caso – proprio perche’ siamo diametralmente opposti come scelte sia estetiche che di soggetto, di argomento insomma. E a me attraggono i contrari, a volte, percio’ voglio conoscerli meglio, saperne di piu’.

  187. sergio, ci sono pittori che fanno solo paesaggi. musicisti che fanno solo brani strumentali. scultori che fanno solo mezzi busti. non so cosa posso dirti più di quello che ti ho detto. la stragrande maggioranza delle mie letture sono state di quel genere lì, faccio un mestiere che tratta quelle realtà. però, a mio avviso, il fatto “nero” è una specie di pretesto per raccontare storie che hanno qualcosa di vero e molto di verosimile. se poi io ci riesca non lo so, e mi sembra che questo giudizio spetti a chi legge

  188. Grazie nuovamente, Enrico.

    Dido’,
    quando leggo le tue memorie partenopee mi piomba addosso una sorta di languida nostalgia, come se tutto quanto ricordi tu l’avessi vissuto io!
    P.S.
    Avrei anch’io qualcosa di napoletano da rimembrare: sono i ricordi di mia madre che visse nella tua citta’ per tre anni, da ragazza…

  189. Ho letto le recensioni e i brani. Interessanti le une e gli altri. Complimenti e auguri agli autori.

  190. Bravo, Didò! Il tuo libro non teme confronti. In rapporto alla tue qualità di scrittore ed al tuo lavoro quotidiano, è il caso di dire: TROLLEYranza zero per chi non riconosce il primato dell’umorismo napoletano! Un abbraccio!

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