Aprile 19, 2024

27 thoughts on “GIOVANI SCRITTORI COLOMBIANI CONTRO GARCIA MARQUEZ

  1. Non conosco questo Medina Reyes. Però conosco Garcia Marquez. Sono d’accordo con lei, Maugeri. Marquez ha fatto la storia della letteratura. Però Reyes non ha tutti i torti quando pone la Allende tra i venditori di fumo.
    Il discorso sulla luce riflessa ha un suo fondamento. Del resto, se questo giovane scrittore colombiano non si fosse lasciato andare a quelle esternazioni il Sole24Ore non ne avrebbe parlato e lei, Maugeri, non avrebbe scritto questo post.
    Sparare a zero sui grandi nomi può rendere popolari, bisogna vedere però se il signor Reyes troverà nuovi lettori dei suoi libri o dovrà accontentarsi dei lettori degli articoli che parlano di lui e delle sue tendenze un po’ dissacranti.
    Saluti.

  2. neanch’io conosco medina. però dico, lo avete letto l’ultimo libro di marquez? obiettivamente mi è sembrato davvero poca cosa. questo “memoria delle puttane tristi” secondo me rimarrà come una piccola macchia nella carriera di garcia marquez. mi piacerebbe conoscere il parere di altri che avessero letto ‘sto libro. secondo me, ad un certo punto, se non si hanno più idee è meglio riporre la penna nel cassetto e crogiolarsi sui successi ottenuti.

  3. Sottoscrivo pienamente. Nemmeno io conosco Medina Reyes e anch’io detesto la Allende. Ma Marquez è semplicemente geniale e il suo ultimo romanzo un piccolo, poetico, dolcissimo gioiello.

  4. twiggy, ma davvero l’ultimo libro di marquez ti è piaciuto fino al punto di considerarlo “un piccolo, poetico, dolcissimo gioiello”? non hai avuto l’impressione che sia stato scritto da un altro, magari da uno che ha tentato di imitare il vero marquez (soprattutto se paragonato con altre opere grandiose del massimo scrittore colombiano)?

  5. In Italia Medina Reyes è pubblicato da Feltrinelli. Posso dirvi che è tutt’altro che malvagio.
    Vi collego a ibs, se volete dare un’occhiata ai suoi libri
    http://www.internetbookshop.it/ser/serpge.asp?type=keyword&x=medina+reyes
    Per il resto penso che, d’accordo, Garcia Marquez è un grande ma a qualcuno può anche non piacere e non c’è nulla di male nel dichiararlo pubblicamente. E poi se leggete bene le frasi dell’intervista riportate, Medina Reyes riconosce che Marquez è stato ungrande scrittore. E poi aggiunge che, pur non negando appunto la sua qualità di scrittore, quelli della sua generazione non si riconoscono nel realismo magico: formula usurata per lettori nostalgici.
    Non mi pare che abbia tutti i torti.

  6. Hey lasciate stare Gabo che è uno dei miei preferiti! Ora ho poco tempo, ma stasera o domani dirò la mia sull’argomento.

  7. Marquez ha scritto cose importanti e cose meno buone come Memorias de mi putas tristas. Io rimprovero a Marquez la piaggeria e la condiscendenza che ha verso Fidel Castro.
    Di questo dovrà rendere conto di fronte alla storia.

  8. Secondo me esistono grandi libri, piuttosto che grandi autori. Ho letto “L’amore ai tempi del colera” quattro volte. Questo mi basta, nel senso che anche se Marquez scrivesse schifezze non m’importerebbe dopo che ha scritto QUEL libro. “Memorie delle puttane tristi” non l’ho letto e non giudico.
    Per quanto riguarda Reyes non l’ho letto e non ho nessuna voglia di leggerlo. I boriosi non li sopporto.
    Ciao e complimenti per il blog.

  9. Mai criticare chi critica. Se chi critica motiva, c’è un’opinione in più. Si ha bisogno di note dissonanti per riconoscere fino in fondo la buona musica.
    Forse il parere di questo scrittore -che non conosco- giova a ricordarci quanto preziosa sia la scrittura di Garcia Marquez.
    Quanto alla notorietà dell’accusatore (!), non credo aumenterà per aver detto ciò che ha detto.
    ebe

  10. Sarò secco e lapidario. Cent’anni di solitudine ha salvato la mia vita e chiunque critichi Marquez desta la mia attenzione. Va bene fare delle dichiarazioni forti per attirare l’attenzione, ma giù le mani da Gabo, uomo e letterato che non può essere discusso. Si può dire non mi piace il realismo magico, ma non che Gabo sia un uomo piccolo.
    Nada mas.

  11. Non disconosco in nessun modo le qualità di Garcia Marquez, ma trovo che il suo mondo sia per me di poco interesse. Il suo realismo magico, come qualcuno l’ha definito non esalta la mia fantasia e del resto Garcia Marquez non cambia la mia vita. Alcuni grandi critici , forse anche Bloom , colloca lo scrittore colombiano tra i grandi della letteratura. Io non riesco proprio e lo considero quasi uno scrittore etnico di interesse locale. Con questo trovo riprovevole che qualcuno cerchi di guadagnare notorietà a spese di Garcia Marquez o di Eco o di altri che certamente hanno raggiunto un meritato successo.Mi pare che anche Piperno sia avviato sulla stessa strada.

  12. Ma la Letteraturatura è cosa nostra?

    Ho cominciato a scrivere per questo forum per l’istintiva simpatia che go provato per Maugeri. Massimo è di Catania come me e, fortunato mortale, ha l’ufficio che dà sulla meravigliosa via Etnea di brancatiana memoria. Curiosamente io collaboro anche con il forum Leggere e Scrivere del Corriere che è condotto da Paolo Di Stefano. Ma che c’entra vi domanderete voi? Bene anche Paolo, persona deliziosa e scrittore più che interessante vincitore del Super Mondello con Aiutami Tu, è di Avola cittadina balneare non lontana da Catania.Insomma sembra che la Sicilia abbia un ruolo sempre più importante nel mondo letterario. Che sia qualcosa che è nelle arancie o nella pasta alla Norma?

  13. Non ho letto l’ultimo romanzo di Garcia Marquez.
    Penso che tutti prima o poi scrivano per necessità e non per bisogno.
    Però gli scrittori che parlano male degli altri scrittori, gli attori che parlano male degli altri attori, i medici che parlano male degli altri medici non fanno una gran bella figura.

  14. Io detesto ciò che ha scritto Marquez, ma questo non c’entra con l’argomento, perché il giudizio che viene dato di lui è politico. E allora mi viene in mente sempre più spesso ciò che disse Alda Merini: i libri sono meglio degli scrittori che li hanno scritti. Il che in questo caso equivarrebbe ad una specie di catastrofe 🙂
    Ciao!

  15. Se un figlio non “distrugge” il padre non cresce e resta sempre piccolo.

    Ha fatto bene questo giovane (?!? ha + di 40 anni) a dissacrare Gabo.

    Uno scrittore può resistere all’usura del tempo ma esiste comunque un tempo in cui dovrà essere messo in discussione.

  16. “Non nego la sua qualità di scrittore, ma quelli della mia generazione non si riconoscono nel realismo magico. Lo stile che ha incantato il mondo è una formula usurata per lettori nostalgici, di cui approfittano venditori di fumo come Isabel Allende”.

    Credo si tratti di una opinione rispettabile e condivisibile (quanto meno da parte mia).
    Non ho mai creduto alla critica fatta per acquisire luce.
    Uno scrittore, anche grandissimo, ha il diritto di avere qualche libro minore e deve essere possibile che altri lo dicano.
    Sui toni usati mi permetto di segnalare che nel modo di esprimersi si manifestano la cultura, la sensibilità, ma anche la personalità. Per fortuna.

  17. Ricordo l’esordio di Marquez in Italia, erano gli anni dell’entusiasmo per il PCI e “Le riflessioni sul Cile” di Berlinguer (la tesi sul compromesso storico)con gli Intillimani, Neruda e Marquez erano il bagaglio formativo di ogni rispettabile compagno. Anch’io ero parte del gruppo. Ricordo un senso di piacevole stordimento alla lettura di Erendira ( La incredibile e triste storia della candida Erendira e della sua nonna snaturata), regalai diverse copie di quel libro agli amici. Però non provai la stessa magica fascinazione per Cent’anni di solitudine; lo leggevano tutti, tutti ne parlavano. Come la scoperta di una nuova America che ognuno, nel suo proprio piccolo mondo privato coltivava e divulgava all’infinito, facendo proseliti. Una massa di lettori che s’ingigantiva sui libri di Marquez. Prima sui libri di Marquez e poi, qualche anno dopo, su quelli di Hermann Hesse. La prima forma di spettacolizzazione letteraria, contagiante come un reality. Ho iniziato allora a diffidare e a prendere le distanze dalle induzioni culturali. Marquez, per me è stato questo:la sperimentazione di un condizionamento possibile.
    Ora, a distanza di tanto tempo, penso non sia male parlare liberamente e in modo sereno dell’autore che tanto ha influenzato i nostri gusti. Penso che l’ingombranza di Marquez abbia veramente inibito gli altri autori sudamericani, costringendoli entro uno stile stretto, stereotipato, addirittura turistico. Comprendo il fastidio dei giovani scrittori, lo stesso che proviamo verso i nostri gerontocrati che, per dovere istutuzionale precludono ogni apertura ad altre generazioni.
    Concludo affermando con sicurezza che ogni forma di moderna letteratura, non può prescindere dal realismo fantastico così efficacemente comunicato da Marquez.

  18. Gabriel Garcia Marquez, nato in un villaggio della Colombia, è autore di
    parecchie opere narrative tra cui :NESSUNO SCRIVE AL COLONNELLO; LA MALA
    ORA, ma la sua fama internazionale è dovuta a CENT’ANNI DI SOLITUDINE che,
    oltre ad entusiasmare il lettore “medio” ha stimolato, per la complessità
    delle sue strutture narrative, una serie di indagini critiche e
    specialistiche.
    Il suo stile si distingue per la straordinaria esuberanza fantastica, la
    più idonea a rendere una realtà percorsa da forze arcane, soggetta a leggi
    misteriose nella quale c’è una continua comunicazione tra natura e
    protagonisti sulla base di un rapporto primitivo, quasi ancestrale. Da ciò
    un tono favoloso e simbolico altamente suggestivo.
    C’è nella narrazione un complesso gioco di piani cronologici,
    l’intersecarsi di tempo mentale e tempo reale da cui derivano vari effetti
    sul piano artistico. Quello che è stato definito “Il tempo curvo” di Garcia
    Marquez è il girare della ruota del tempo che “contamina” e sconvolge
    presente, passato e futuro.
    La dimensione fantastica e favolosa che domina CENT’ANNI DI SOLITUDINE
    finisce col riportare ad una precisa realtà storica: la distruzione di un
    modo di essere indigeno operata dall’imperialismo apportatore di “civiltà”.

    Efrain Medina Reyes pone in rilievo solo aspetti negativi e ciò non per
    l’intima necessità di denunciare e far emergere verità scomode, bensì per
    una sorta di “autocompiacimento distruttivo”, punteggiato spesso da becere
    grossolanità.
    Si intuisce una scarsa cultura letteraria per cui il messaggio dello
    scrittore che si può percepire è questo: “STUPIRE PER POTER MEGLIO APPARIRE”

  19. Ringrazio tutti per i vostri contributi. È davvero bello leggere opinioni così diverse e cogliere le motivazioni che le hanno generato.
    Un saluto particolare all’amico Pino Granata, conosciuto attraverso questo blog: l’istintiva simpatia è reciproca.

    Come ha ricordato Atzeco63, Medina Reyes è pubblicato in Italia da Feltrinelli.
    E proprio da Feltrinelli (dal sito web) “prelevo” un articolo di Natalia Ginzburg pubblicato su “La Stampa” del 6/4/1969.
    In questo articolo la Ginzburg “parla” di “morte del romanzo” e di “Cent’anni di solitudine” di Marquez.

    Ecco l’articolo:

    “Natalia Ginzburg (“La Stampa”, 6 aprile 1969)

    “Tempo fa un giornale mi ha chiesto di rispondere alla domanda se credevo che il romanzo fosse in crisi, ma non ho risposto, perché le parole “crisi del romanzo” le trovavo odiosissime, evocando in me il loro suono unicamente romanzi brutti, e già morti e stramorti, il cui destino mi era indifferente. Credo d’aver pensato che non aveva senso ragionare tanto sul romanzo, e meglio era forse tentare di scrivere dei romanzi per seppellirli magari in qualche cassetto nel caso che non fossero vivi, se siamo o siamo stati dei romanzieri.
    Poi ho letto Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, colombiano che vive in Spagna. Da tempo non leggevo più nulla che mi colpisse tanto profondamente. Se è vero come dicono che il romanzo è morto, o si prepara a morire, salutiamo allora gli ultimi romanzi che son venuti a rallegrare la terra.
    Di Cent’anni di solitudine si è scritto e parlato molto, in ltalia e fuori, ma io lo amo tanto che ho paura che non se ne parli abbastanza, che la, gente lo legga poco e che venga confuso fra i mille romanzi nuovi che escono e che ci affollano da ogni parte. Il fatto che escano sempre tanti romanzi nuovi non prova per nulla che il romanzo sia vivo. Se vi fosse ragione di pensare che la specie dei conigli sta per estinguersi, per lunghi anni vedremo ancora forme pallide e stanche di conigli, le quali continuerebbero a congiungersi, a inseguirsi nei prati e a popolare la terra. I segni d’una prossima morte della specie noi potremmo scorgerli in particolari minimi, un pallore o un vago languore nell’aspetto dei nuovi nati, una nostra diffidenza e malinconia nel guardare le loro evoluzioni sull’erba.
    Il vedere in alcune di quelle forme la felicità e il desiderio di vivere sarebbe per noi doloroso, non destando in noi né desiderio di vivere né felicità, ma solo un aamaro assentimento e un amaro addio. La stessa cosa avrei pensato dovesse accaderci riguardo al romanzo. La scoperta possibile d’un romanzo vivo, non provando per nulla che la specie sia viva, pensavo dovesse essere per noi dolorosa, perché unita a pensieri di compianto su quanto dicono che sta per sparire.
    Ma, quando pensavo così, forse non ricordavo più che cosa fosse un romanzo vivo. Non ricordavo quanta vita porta in noi e come può di colpo, con la sua viva presenza, travolgere insieme le nostre vesti di lutto e la nostra intima lugubre indifferenza.

    Ho letto Cent’anni di solitudine per caso, e l’ho cominciato senza voglia e con diffidenza. Come siamo diventati diffidenti. Siamo diventati dei cattivi lettori diromanzi. Inoltre i romanzi a cui tentiamo di avvicinarci spesso ci respiringono indietro alle prime righe, oppure ci sembra leggendoli di mangiare pietre, segatura o polvere, oppure ancora li leggiamo distratti e tristi come se fossimo in piedi e, carichi di valigie nella sala d’aspetto di una stazione, pieni, di tedio e di freddo.
    Se il romanzo muore perché noi abbiamo cessato di amarlo, o se abbiamo cessato di amarlo perché pensiamo che tanto muore, io non lo so. Si è diffusa intorno a noi l’idea che esso è prossimo à estinguersi e questa idea è penetrata in noi come la sottile stanchezza avvelenata da romanzi brutti e da cibi morti. Si è diffusa l’idea che sia una colpa abbandonarsi a romanzi, che il romanzo è evasione e consolazione, e necessario è non evadere e non consolarsi, ma stare fermamente inchiodati nel mezzo della realtà. Siamo oppressi da un senso di colpa nei confronti della realtà. Questo nostro senso di colpa ci induce a temere i romanzi, come qualcosa che possa portarci lontano dalla realtà. E anche quelli di noi che non credono che non sia così, pure una simile idea la respirano, la subiscono e la patiscono, essendo un’idea sottilmente contagiosa e la nostra presente società umana è stranamente soggetta ai contagi, le idee vere e le idee false, si diffondono e si confondono sopra di noi come le nuvole, mescolandosi a incubi e spettricollettivi per cui non sappiamo più distinguere il falso dal vero.
    Se tentiamo oggi di scrivere un romanzo abbiamo la sensazione di fare una cosa che nessuno vuole più, che dunque non è destinata a nessuno, e questo rende la nostra mano fiacca e la nostra immaginazione fredda e stanca e se tentiamo di leggere un romanzo abbiamo la sensazione che sia proibito e negato ormai l’abbandono a un mondo immaginario che altri ha creato per noi, e così, troviamo infiniti pretesti per non leggere quel romanzo e lasciarlo cadere: la nostra vita, troppo ansiosa e affollata di incubi e spettri privati e collettivi che ci assediano e ci incalzano da ogni parte.
    Torniamo allora a volte ai romanzi del passato, come a una miniera di beni preziosi e vitali che il nostro tempo ha perduto. Ma isolarli nel passato è come averli custoditi sottovetro, come averli imprigionati nei musei della memoria. Abbiamo un estremo desiderio di romanzi nati dal presente, che portino i segni del presente, per mescolarli a quelli di una volta e amarli insieme. E un simile desiderio non sappiamo se sia condiviso da altri o se ormai a sentirlo siamo gli ultimi, se esso sia frutto di una nostra insensatezza di solitari o se sia generato da un’esigenza universale e essenziale.

    Leggere Cent’anni di solitudine è stato per me come udire uno squillo di tromba che mi svegliasse dal sonno. L’ho cominciato senza voglia e aspettandomi d’essere sospinta indietro. Qualcosa ha incatenato la mia attenzione e sono andata avanti, avendo la sensazione di procedere in una boscaglia fittissima e verde, piena d’uccelli, di serpenti e d’insetti. Dopo averlo letto m’è parso d’aver seguito un volo d’uccelli rapidissimo e sterminato, in un cielo di sterminate distanze dove non c’era consolazionen non c’era se non l’amara e corroborante coscienza del vero.
    Ma non parlerò di questo romanzo e non tenterò di riassumerlo, amandolo troppo per poterlo commentare e chidere in poche righe. Vorrei solo pregare chi non l’avesse ancora letto di leggerlo senza indugio. Io ho passato due giorni senza mai veramente staccare da quelle pagine il mio pensiero, tirando su ogni tanto la testa per guardare i luoghi e i volti che là vivevano, come contempliamo i tratti e ascoltiamo nel nostro cuore le voci delle persone che amiamo.
    Dopo ho ancora letto e amato qualche altro romanzo, perché i romanzi veri hanno il prodigio di restituirci l’amore alla vita e la sensazione concreta di quello che dalla vita vogliamo. I romanzi veri hanno il potere di spazzare via da noi la viltà, il torpore e la sottomissione alle idee collettive, ai contagi e agli incubi che respiriamo nell’aria. I romanzi veri hanno il potere di portarci di colpo nel cuore del vero.
    Questo romanzo è la storia di una famiglia in un villaggio. Probabilmente nel futuro non ci saranno più famiglie né villaggi, ma ci saranno solo villaggi e collettività. Esso è dunque l’ultimo o uno degli ultimi romanzi dove abbiano vita queste cose,e vi si avverte la coscienza e lo strazio di essere fra gli ultimi, e insieme la grande e libera allegria e felicità di avere avuto ancora per esistere un breve istante. Nel futuro non ci saranno più romanzi di sorta, ma dovranno passare secoli, per la lentezza con cui si estingue la specie. Per qualche tempo, i romanzi non saranno che grida rotte e singhiozzi, poi calerà il silenzio.

    La gente sarà gonfia di romanzi non scritti e storie sotterranee e segrete circoleranno nella profondità della terra. Per appagare la propria sete segreta, la gente inventerà dei surrogati, come ci saranno compresse e biscotti sintetici per sostituire il pane e l’acqua, così ci saranno dei surrogati dei romanzi, avendo gli uomini una fantasia geniale nel trovare dei surrogati alle cose di cui soffrono la privazione. Così passeranno dei secoli.
    Poi un giorno il romanzo, come la fenice, rinascerà dalle sue stesse ceneri. Perché il romanzo è fra le cose del mondo che sono insieme inutili e necessarie, totalmente inutili, perché prive d’ogni visibile ragione d’essere e d’ogni scopo, eppure necessarie alla vita come il pane e l’acqua, ed è fra le cose del mondo che sono spesso minacciate di morte e sono tuttavia immortali.”

    Fonte: http://www.feltrinelli.it/SchedaTesti?id_testo=1610&id_speclibro=1040

  20. Non ho nessuna voglia di essere logorroico, così faccio mio l’intelligente e preciso commento di “Miriam”, due lettere indietro. Poi penso:se Manzoni fosse stato più prolisso forse ci avrebbe regalato anche lui un’opera minore come “Le memorie…”,che non considero tale perchè i gioielli non sempre debbono essere diademi,e questo delizioso “braccialetto d’argento” mi ha posto tanti quesiti, sulla morte;sul sesso;sul superamento del sesso a favore di un’estetica biologica;sulla vita che ha volte è solo costruzione dei ricordi.
    Bravo, simpatico Maugeri!

  21. L’indulgenza verso l’uomo è quella che cerco di perseguire quotidianamente (con grande fatica anche nei miei stessi confronti). L’artista è altro, di altra, alta, natura. Attaccare uno per sminuire l’altro o viceversa, è misero esercizio.
    Ciao Massimo.
    Elisabetta

  22. Ho letto qualche capitolo dell’ultimo libro di Marquez e devo ammettere che è ripetitivo, non all’altezza degli altri meravigliosi romanzi(l’Autunno del Patriarca è il mio preferito): Daltronde lui stesso ha ammesso di aver perso l’ispirazione, quindi onore al maestro che ammette i suoi limiti.
    Per quanto riguarda Medina Reyes, gli invidio soltanto i peli sullo stomaco: quanto è vero che per essere scrittori bisogna avere un ego smisurato!
    A me personalmente gli artisti “dannati” non sono mai piaciuti. Preferisco la pacatezza e l’umiltà di chi quasi si vergogna a definirsi “scrittore”. Forse perchè sono una lettrice nostalgica.
    A proposito, io sono del ’64 e mi riconosco in Marquez: devo sentirmi sorpassata? E poi che alternative propone Medina Reyes, oltre a scorribande nelle taverne e nei bar ad alto tasso alcoolico? Che tristezza questi autori contemporanei.

  23. Risposte per evitare certe domande: l’autointervista di Efraim Medina Reyes
    a cura della redazione di http://www.feltrinelli.it

    1
    Sentivo il bisogno di raccontare la mia precaria e turbinosa vita e quella pomposa cassa da morto chiamata letteratura mi andava stretta. Sono fatto di pezzi diversi, proprio come i miei romanzi, e cerco di comporre questo stupido rompicapo per capire chi diavolo sono…

    2
    Perdiamo le migliori occasioni perché veniamo allenati a questo fin dal primo vagito. Madre, moglie, figlia = Padre, professore, capo = Casa, aula, tomba. I nostri affetti più sacri non sono altro che pigre abitudini. Semplice esercizio: Un tizio in tivù mastica una gomma mentre balla. Se premi muto sul telecomando vedrai la farsa: è solo un mammifero che gira nella sua gabbietta mangiando i propri escrementi.
    Breve storia: Ho conosciuto una ragazza che come me sognava di essere libera. Siamo andati a letto insieme per condividere e duplicare le nostre libertà. Ora, dopo quindici anni di merda, mi nega il divorzio.

    3
    Sono cresciuto in un quartiere difficile di Cartagena de Indias. I nostri sport di adolescenti possono essere riassunti in una frase: rimorchiare gringas sulla spiaggia e rapinare gringos per le vie del centro. Volevamo avviare un’attività e dato che non c’erano soldi abbiamo fondato la multinazionale Fracaso Ltda. (Fiasco Productions S.r.l.). Aveva all’attivo solo lo slogan: Hai bisogno di un fiasco? Eccoci qui! Volevamo fare musica e abbiamo messo insieme la 7 Torpes Band, la banda dei 7 imbranati (eravamo in tre). Ho composto delle canzoni e abbiamo registrato in casa un nastro dal titolo Canzoni mediocri. Abbiamo venduto nove cassette e deciso di registrare il secondo. Si intitolava Canzoni ancora più mediocri. Abbiamo venduto otto cassette e qui si è conclusa la nostra carriera di musicisti. Allora ci siamo dedicati al teatro. La nostra opera prima si chiamava Tre ore a guardare uno scimpanzé e ha avuto la cifra record per Cartagena di sette spettatori in sei mesi. Siamo quindi passati al cinema, con un film in video intitolato Questo non mi gonfia la banana, poi abbiamo pubblicato un mio libro di poesie, tutto scritto a mano, Succhiamelo, bimba, ma lentamente, che per qualche strano motivo è stato considerato misogino: un gruppo di femministe ha comprato l’intera tiratura (cento copie) e l’ha bruciata sulla Plaza de San Diego. Ho dunque cominciato la mia carriera esaurendo la prima edizione.

    4
    Sono un uomo dei Caraibi colombiani, dove nessuno si prende troppo sul serio. La gente che si prende sul serio è pericolosa… Non vedete quando sono seri certi capi guerriglieri o paramilitari? Il nostro presidente è serissimo. Bene, uno scrittore che si prende sul serio o pensa di essere importante risulta patetico. È incredibile quanto siano seri la maggior parte degli scrittori europei. Gente noiosa, affettata, che si crede chissà chi, la cui scrittura non è altro che un antidoto contro la gioia e l’intelligenza.

    5
    Sarebbe sciocco non riconoscere la qualità letteraria di García Márquez. Io però non mi identifico con lui, perché sono cresciuto ascoltando musica rock, non vallenatos. Quando lui indossava la guayabera io copiavo i vestiti dei Temptations. Io non leccherò mai il culo a un dittatore come Fidel Castro per andare a ballare la cumbia con Bill Clinton alla Casa Bianca due settimane più tardi. Ma la cosa davvero imperdonabile è che avendo la possibilità di sfoggiare un elegante frac alla cerimonia di consegna del Nobel abbia preferito vestirsi da gelataio. Quanto alle monumentali opere d’artigianato di Botero ho poco da dire. Un giorno qualcuno fonderà quelle schifezze e ne farà utili tombini. Come la maggior parte della mia generazione, sono cresciuto con gli aneliti del primo mondo e senza nessuno dei suoi privilegi. Sono uno dei tanti figli bastardi dell’impero yankee, e non posso fare altro che usare e assimilare le mie origini multiple per esprimere e difendere la mia possibilità di essere qualcuno.

    6
    Ci sono due casi in cui la stupidità di uno scrittore supera quella del resto dell’umanità: quando dice di scrivere per se stesso e quando dice di scrivere per il prossimo. Ci sono due casi in cui la stupidità di uno scrittore supera quella degli altri scrittori: quando dice di non badare ai critici e quando se la prende con i critici. Ci sono due casi in cui la stupidità di un critico risulta insuperabile: quando scrive di un libro che gli sembra un capolavoro e quando scrive di un libro che gli sembra una schifezza. Scrittori e critici fanno parte di una stessa stupida razza: in ogni caso, serviamo un unico padrone: il marchio editoriale. L’unica chance per uno scrittore è avere considerazione per i propri lettori, ma la maggior parte preferisce ignorare i lettori e amareggiarsi per quello che dice il critico di turno.

    7
    La mia cultura è in me e nelle mie fantasie, non nei libri di García Márquez. Come qualsiasi uomo sano amo e odio ciò che sono. Conosco la musica della mia terra e l’amore delle sue donne, li sento nel sangue. Ho letto Pavese e al tempo stesso Juan Carlos Onetti. La mia passione per il rock mi ha inevitabilmente portato alla beat generation, a Bukowski, Chandler, Carson McCullers, Capote, Celine, lo straordinario scrittore gotico Charles Maturin… Ho letto come ho vissuto, senza regole. So che grazie a questa totale accozzaglia posso scopare meglio di qualunque scrittore europeo, dare il giusto sapore ai cibi, ballare su una mattonella Down south blues di Muddy Waters e attraversare le strade più pericolose di Bogotà.

    8
    Qualcuno dice che il dovere di uno scrittore è quello di scrivere bene e basta. Io credo che stare al mondo abbia un prezzo e che non bastino un paio di buoni libretti per cavarsela. Un paese come la Colombia, che ha oggi oltre la metà dei sequestrati nel mondo; un paese dove muoiono di morte violenta quasi quarantamila persone l’anno, mentre ventimila tra donne e bambini subiscono amputazioni a causa delle mine antiuomo e l’85% della popolazione vive nella povertà e la miseria più assolute, mentre la ricchezza è concentrata in un 9% di privilegiati che controllano tutto e possono vivere lontano dalle pallottole… un paese così non può permettersi il lusso di avere grandi uomini, per quanto buoni scrittori, privi di impegno e di dignità.

    9
    Per me il linguaggio è un mezzo, non un fine. Uso le parole come potrei usare la musica o le immagini, per esprimere uno stato d’animo o fare emergere le idee. Naturalmente ho una mia estetica, ma questa non si riduce al linguaggio in sé, riguarda anche le circostanze che si possono costruire con le parole. Leggo molta poesia e scrivo poesie a mia volta, perché mi aiuta ad affinare la prosa e la capacità di sintesi. Il futuro della lingua spagnola si gioca indubbiamente in America latina, dove ci sono paesi ossessionati dall’idea di “parlare bene”. “Parlare bene”, in Colombia, è sinonimo di status sociale.

    10
    Il vizio peggiore dei presunti intellettuali d’oggi è confondere l’informazione con il sapere. Ogni giorno vediamo in tivù decine di esperti di violenza, di disastri, di vulcani di Marte, di cetrioli rosa… Un idiota qualsiasi che conosce un paio di cifre si mette una cravatta e comincia a parlare del conflitto in Iraq o in Colombia. Apparteniamo tutti, ormai, a un mondo in cui l’immagine sostituisce il contenuto. Questo accade perché la nostra vita non scorre più ma salta di evento in evento: la partita del sabato o il prossimo Natale. Ci aggrappiamo alle date per dimenticare che i secondi passano e le idee fuggono. Non sappiamo pensare, chi pensa è solo e la solitudine è terribile. Scegliamo di seguire la corrente e la vita volge al termine senza che abbiamo mai riflettuto se non sarebbe stato uguale nascere morti.

    11
    Nonostante i sermoni del Papa, non essere bianchi fa la differenza a questo mondo. Non è l’unica ma è una differenza insuperabile, e se non mi credete guardate come si è ridotto Michael Jackson. Ci sono anche cose peggiori: non essere neri del tutto. Per un meticcio come me è stato difficile trovare il proprio posto nel mondo, dato che tutti i meticci cercano di entrare a far parte dell’una o dell’altra confraternita. I neri ti cacciano dalle loro feste e i bianchi non ti lasciano entrare. Anche gli archetipi sono duri da sopportare: una volta una norvegese rimorchiata in un bar di Cartagena mi ha coperto di insulti perché non riusciva a capire come mai, essendo un maschio latino, non la scopavo almeno sei volte al giorno. Quello che cerco di raccontare nei miei romanzi è proprio l’incomunicabilità derivante dal non avere un’origine certa, e ricorro all’umorismo perché è una tradizione dell’intelligenza e il mezzo di comunicazione più efficace che esiste. È più facile che persone di culture e lingue differenti dividano il riso che il pianto.

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    Scrivo con violenza, cercando di tirare fuori il meglio e il peggio di me, fino a svuotarmi del tutto. Tento di fare uscire di senno il lettore, di smuovere delle cose nella sua mente, di confrontarmi con lui. Chi scrive si esibisce e cerca di sedurre, e questo significa misurare le forze. Il lettore ha sempre l’ultima parola, e il libro può finire sul suo comodino o nel bidone della spazzatura.

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    Credo che l’uomo dovrebbe esplorare di più il suo lato femminile e servirsene per cercare di comunicare con la donna. L’uomo però ha paura di sbagliare, di sentirsi vulnerabile. Si aggrappa al suo misero pene e con esso affonda nella donna senza trovarla, perché in questo senso lei è sconfinata. L’uguaglianza non si raggiunge con la retorica né con le buone intenzioni, bisogna cercare di capire e noi uomini siamo molto bravi a imporre ma molto meno bravi a capire. Quanto alla donna, credo che il suo grande errore sia continuare a vedere l’uomo come un traguardo. Una donna che aspira a ottenere i risultati di un uomo è come un’aquila che sogna di essere un pollo congelato.

    14
    Quando uno si prende troppo sul serio può finire a presentare qualche programma in tivù. Mia madre, che mi ha insegnato a bere come uno scaricatore e a cantare boleri, ha sempre avuto un sorriso nei momenti più terribili. Da noi si usa mettere in burla tutto quello che ti fa paura o ti fa male, e devo dire che questo sistema mi ha dato buoni risultati. Forse non sono in grado di soddisfare una norvegese, ma spero che le italiane siano meno esigenti.

    15
    Alcuni dei personaggi dei miei romanzi sono amici di sempre e si arrabbiano perché trovano che non rendo loro giustizia o li metto in ridicolo. Io rispondo che in realtà sono anche peggio e la discussione finisce con una bella sbronza. In fondo sono contenti, sanno che sono nei miei libri perché li amo. A loro non importa se sono un bravo scrittore o parlano di me sulle riviste, quello che conta tra noi è reggere il rum, rimorchiare le ragazze e ballare fino a cadere stecchiti.

    16
    Per me le tormentate canzoni di Kurt Cobain sono più importanti, commoventi e meglio scritte dell’opera omnia di uno scrittore mediocre come Vila-Matas. Harold Brodkey e Stefano Benni sono i migliori che ho letto negli ultimi anni. Adoro Bukowski, Sterne e Maturin. Onetti per me è un idolo. Carson McCullers, Capote e Fante fanno parte del mio bagaglio. Mi piace molto la poesia di E. Dickinson, W. Blake, C. Pavese, W. Kees, J. Berryman, J. L. Borges…

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    Quando ho cominciato a scrivere ho vinto vari premi ridicoli in Colombia e persino in Messico. I premi, a parte fruttarmi qualche soldo e un articolo sul giornale, non mi hanno spianato la strada e ho continuato a ubriacarmi con i miei amici. Nel 1995 e nel 1997 ho vinto dei premi nazionali del Ministero della cultura, che sono i più importanti del paese. Anche in quel caso non è accaduto un granché, anche se ho potuto comprare una casetta a mia madre. Poi, nell’aprile 2001, una piccola casa editrice aperta da due ragazzi con cui giocavo a calcio ha pubblicato il mio romanzo C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo, che con grande sorpresa di tutti ha esaurito diverse edizioni in breve tempo ed è diventato un libro di culto per i giovani colombiani. Ed eccomi qui.

    18
    Quando scrivo non ho in mente nessun genere letterario. Uso le parole per esprimere idee, immagini o storie che mi hanno colpito e che fanno parte della mia vita. Ho scritto 149 canzoni per la mia banda dei 7 Imbranati. E poi le sceneggiature dei miei tre video, diverse opere di teatro, poesie, racconti e romanzi, senza pensare a cosa stavo facendo, in uno stato d’animo frutto della depressione, dei farmaci che mi prescrivevano per curare la depressione, dei fallimenti sentimentali, della rabbia e della sregolatezza. Ho anche disputato quattordici incontri come pugile dilettante, e anche se li ho persi tutti mi sono divertito molto.

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    Appaio nudo sulle copertine dei miei libri per puro esibizionismo. Cerco di richiamare l’attenzione per vedere se qualcosa raccolgo, e finora non mi è andata male. Tutti gli esseri umani sani di mente desiderano mettersi in mostra in qualche modo, e io approfitto di ogni occasione. Sono cresciuto in ristrettezze economiche ma senza pudori di sorta. Voglio andare a letto con Juliette Lewis, rimpiazzare Ronaldo nel Real Madrid, pagare Laura Pausini per farla stare zitta, comprarmi uno yacht e riempirlo di top model… Dato che non ho abbastanza denaro o talento per fare tutto ciò, mi accontento di apparire nudo sulle copertine.

    20
    Sono d’accordo con tutti i critici, non importa cosa scrivono. Per fare il critico letterario bisogna essere ridotti proprio male. Quella gente mi fa molta pena. Sono lieto di dar loro lavoro e li ringrazio per l’interesse che dimostrano nei miei confronti.

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    Il mio decalogo oggi è:
    Non spendere mai i soldi che ti servono per divertirti in libri di Umberto Eco
    Scopare con chiunque te ne dia l’occasione ma poi sparire in fretta
    Evitare i film francesi e gli “affari” di qualunque genere con i francesi
    Tapparsi le orecchie ai primi accordi o biascicamenti di Eros Ramazzotti
    Non andare mai nei bar frequentati da intellettuali del centrosinistra
    Intervenire a tutte le prime di film porno in città
    Assistere spesso a incontri di pugilato
    Orinare su qualsiasi scultura di Botero, o possibilmente su Botero stesso
    Farsi una sega immaginando Donatella Versace che affoga nella vasca da bagno
    Drogarsi almeno due volte la settimana

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    Piccolo dizionario ragionato:
    ONG: Agenzia di viaggi per chi ama gli sport estremi. Oppure per vecchi e laidi europei che vogliono scoparsi le belle giovinette del sud del mondo oppresse dalla miseria
    Shakira: Foca ammaestrata gonfiata a Miami in grado, contemporaneamente, di dimenarsi, vociare e reggere quindici Grammy regalati dalla sua casa discografica
    Coca-cola: Bevanda amata dai gringos, soprattutto la prima metà
    Boxe: Lo sport più simile alla vita che esiste: tutte le regole sono fatte perché due uomini possano farsi il più male possibile. Non ci sono trucchi, solo odio puro
    García Márquez: Bella mummia illuminata che tanti musei stanno aspettando (speriamo insieme a una brutta mummia cubana non illuminata)
    René Higuita: Fantasia e delirio su un campo di calcio e anche fuori
    Sisifo: Direttore del progetto politico delle FARC
    Harakiri: Sport raccomandato ai vincitori dei premi letterari organizzati dalle loro stesse case editrici
    Julio Iglesias: L’unico essere in grado di biascicare in spagnolo in qualunque lingua (comunque non lo capisce nessuno)
    Situazionismo: La stessa cosa ma al contrario
    Nietzsche: Nome di una fabbrica di hamburger a Bogotà
    Gloria Stefan: La bambolina di plastica creata a sua immagine e somiglianza era più alta e almeno cantava

    Tecniche di masturbazione fra Batman e Robin
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    La scheda autore di Efraim Medina Reyes

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    Interviste e reading
    Medina Reyes non ci sta. “Con Bukowski niente in comune”

    “Così fan tutti. E tutte in solitudine”. Medina Reyes parla del suo ultimo libro

    Efraim Medina Reyes su se stesso: il video

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  24. sinceramente non conosco medina reyes ma ho avuto il piacere di leggere e rileggere tantissime delle magnifiche opere del garcia marquez…folgorata dal suo unico stile,dalla capacità di trascinare il lettore nel suo mondo (che spesso è incentrato nell’emblematico microcosmo di Macondo),e soprattutto dal suo narrare mai banale…posso solo dire che è un umile genio al servizio della letteretura, un uomo del tutto lontano dalla . a garcia marquez, il mio scrittore perferito, devo tanto..

  25. se lo leggi ti accorgi che Medina non odia Garcia Marqueting, Medina odia tutto il mondo, poi ci sono delle pagine dove ti accorgi che Marquez lo ha amato alla follia e anche oggi lo detesta meno di altri

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