
Come nasce un romanzo? Per gli Autoracconti d’Autore di Letteratitudine: LIA LEVI racconta il suo romanzo “E se non partissi anch’io” (Edizioni E/O)
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di Lia Levi
Cari amici,
perdonatemi se mi rivolgo a voi tramite lettera. Ma è solo così che posso immaginare di ritrovarmi di fronte a un interlocutore (a cui si accompagneranno altri, naturalmente).
Mi spiego meglio. Un mezzo di questo tipo sarebbe in qualche modo la sostituzione dei molti miei fortunati incontri con “Letteratitudine” nella persona del suo inventivo dominus. Non si tratta di rammarico del passato, anzi. Ci troviamo sempre tutti dʼaccordo nel riconoscere che cambiare formula è pur sempre indice di vitalità.
Eccomi qui allora a raccontarvi, in modo colloquiale, qualcosa del mio nuovo libro dal titolo E se non partissi anchʼio. A ripensarci, devo dire che mi sta proprio piacendo lʼidea di confidarmi “accanto al caminetto”.
Prima di entrare nel vivo, mi sento forzata a soffermarmi un minuto sul titolo. Non per valutare se è buono o no, ma perché è stato fonte di una mia errata considerazione del tempo che scorre. E allora è meglio che lo spieghiamo anche qui questo titolo.
Addio mia bella addio / è lʼarmata che se ne va / e se non partissi anchʼio / sarebbe una viltà è il cantico italiano patriottico-romantico simbolo, dal Risorgimento in poi, di tutte le guerre a prescindere dalle posizioni politiche dellʼepoca. Negli anni continuava a essere intonato quasi sempre nelle scuole. È successo nella mia classe, ma anche in quella di persone ben più giovani di me.
E cosa mi capita allʼuscita del mio libro? Mi capita che amici e gentili lettori mi stanno garbatamente chiedendo di spiegarlo quel titolo. Il cantico romantico-patriottico per eccellenza non lo conosce più nessuno. Io ve lo sto raccontando come un mio accadimento personale ma, sotto sotto, un poʼ per informare anche voi. Magari siete fra quelli che non hanno mai ascoltato le note della trillante marcetta che tanto ci piaceva.
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Ma passiamo ai contenuti, vale a dire la storia che racconta questa mia nuova storia. E cominciamo proprio dal principio.
“Come è nata lʼidea del libro?” Non è questa la prima domanda che di solito ti viene sempre posta (convertita, in caso di bambini, nella più nobile “Dove hai preso lʼispirazione?”)? Niente di male, ci mancherebbe. È solo che certe volte cercare la risposta giusta fa un poʼ arrancare. Non siamo sempre così precisi allʼinterno di noi.
Questa volta per me non è andata così. Se me lo domandaste, non avrei nessun bisogno di scavare nel profondo. Cʼè stata una richiesta esterna, concreta, fattuale.
Lo scenario è in uno dei primi incontri in piattaforma organizzati al tempo della pandemia. Un eroico libraio insieme al suo gruppo di lettura, accortamente sparso a distanza nella sala, mi aveva posto da remoto una specifica domanda su un personaggio laterale ma rilevante di un altro mio libro allora appena uscito, Ognuno accanto alla sua notte. Il personaggio era Ida, zia di un giovane ribelle e irruento in conflitto con la famiglia. Ida da una parte si sentiva solidale con questo coraggioso nipote, dallʼaltra percepiva doveroso metterlo in guardia: anche lei era stata una rivoluzionaria, ma il destino non lʼaveva di certo appoggiata. Da ragazza, e anche dopo, aveva duramente pagato la propria libertà. Nel libro precedente, però, cosa le era successo in particolare non era stato raccontato. Erano altri i personaggi su cui mi ero soffermata.
E adesso abbiamo sciolto il mistero, il motivo per cui invece di E se non partissi mi sono ritrovata a parlarvi di un libro precedente.
Ma torniamo alla libreria e allʼincontro su piattaforma. Ed ecco lì lʼeroico libraio a chiedermi: “Perché non scrive un nuovo romanzo sulla specifica storia di Ida?”.
E cosa ci possiamo fare quando la realtà fa scherzi faceti? Un mese dopo, in una libreria altra (sempre su piattaforma), il conduttore si sta sbracciando a pormi la stessa identica richiesta, aggiungendo in coda: “Se vuole, lo scriviamo insieme”.
È una coincidenza quasi magica, no? Non è proprio possibile ignorarla. Niente soffiata notturna allʼorecchio di una delle Nove Muse, quindi, o emozioni nate dallʼascolto della Sinfonia in do maggiore di Schubert. Solo un semplice, concreto suggerimento che vibra però di condivisione.
Quello qualificabile come una specie di scherzo si è trasformato in meditazione e ha cominciato pian piano a lavorarmi dentro. Scenari di una epoca più lontana che, insieme a una Ida giovane, si popolavano di una miriade di altri protagonisti. Erano queste le immagini che cominciavano ad affiorare.
Forse non è una scoperta così originale, ma ci ho riflettuto. La mitica “ispirazione” può nascere con qualsiasi modalità anche casuale. Quello che conta è il lavoro con cui la sviluppi.
Io, fra parentesi, dei due librai (o dei loro collaboratori) non ho messo a fuoco né nome né località. Per forza, si svolgeva tutto via computer! Ma spero proprio che leggano questa lettera. Non ho altro modo per ringraziarli.

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Non siamo ancora arrivati al racconto vero e proprio? Forse sì e forse no. Stiamo parlando comunque di scrittura quando giriamo attorno a una trama.
Ma ora qualche cenno più descrittivo.
La mia storia si dipana dallʼinizio del Novecento, il Secolo Nuovo, quello dello slancio verso il futuro che si prospetta allʼorizzonte. La luce elettrica ormai entrata nelle case ne è quasi simbolo.
È in questa atmosfera che incontriamo la nostra Ida appena sedicenne. Ida vuole continuare a studiare dopo le medie, intende entrare nelle classi superiori e, visto che ormai è concesso, trovare spazio nelle scuole miste. Maschi e femmine, ognuno nella propria fila di banchi, ma nella stessa aula. Benedetto, il padre di Ida, ebreo tormentato e sensibile ma aperto ai fermenti dellʼepoca, è pienamente dʼaccordo. La madre Rosina assolutamente no. Lei è legata ancora al modo di vivere dellʼantico Ghetto. In fondo, dalla liberazione e relativa caduta di muri e cancelli è passata solo una generazione. Ma nel ragionamento di Rosina cʼè un elemento in più: è convinta che, se troppo “saputa”, sua figlia non troverà mai un marito. Ancora più difficile se, come sottinteso, il suo dovrà essere un matrimonio ebraico.
Questo è solo il punto di partenza della storia, la base da cui si muoverà uno stuolo di altri protagonisti. Nella sua stessa classe Ida conoscerà Vanessa, figlia di una nota gallerista e figura di spicco del femminismo, e Andrea, genietto-poeta sempre pronto a bersagliarti con battute sulfuree. Sarà la loro imbattibile amicizia a condurre il filo di tutte le vicende. Popoleranno la scena anche Samuele (detto Sam), amico di famiglia che, senza colpa né peccato, si troverà coinvolto nellʼintrigo matrimoniale manipolato dallʼastuta Rosina. Altri personaggi-interpreti: lʼinglese Miss Kilman, cosiddetta governante della troppo solitaria Vanessa, e Angelina, la popolana che non sa scrivere. Sarà Ida a compilare per lei le lettere destinate al marito sul fronte di guerra, ma da parte sua resterà colpita dallʼacuta e amara saggezza che i semplici riescono ad afferrare. Fra le figure fondamentali anche il misterioso vecchio prozio Isacco, che compare sul finale dalle montagne piemontesi.
Di figure ce ne sarebbero ancora molte altre, ma ve le risparmio. Forse ho già esagerato un poʼ.
Cʼè una cosa sola che voglio farvi notare. Qualche riga sopra ho parlato di “fronte di guerra”. Lʼho appena accennato, ma sono proprio la Prima guerra mondiale e la successiva pandemia della Spagnola a formare la tela, il fondale su cui tutto accade. Una guerra in cui, al principio, lʼItalia non si decide a entrare, divisa comʼè in infuocati scontri fra interventisti e pacifisti. (Ma, come sappiamo, poi guerra fu.) Le iniziali, numerose sconfitte sul campo, fonte di angoscia per il paese, la vittoria finale offuscata dallʼerompere della Spagnola, i primi sprazzi di un fascismo che si sta scaldando i muscoli… Come li vivranno Ida e i suoi amici, Rosina con i suoi piani segreti? E la domestica Olimpia, che si nasconde dietro alla porta per ascoltare i discorsi dei padroni?
Il destino continua a mescolare le carte.
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Se io, come autrice, dovessi scegliere e indicare il filone centrale di questa mia storia, a pensarci, punterei il dito su quello che abbiamo già chiamato “femminismo”. Insomma, è stato durante quella guerra che le donne si sono ritrovate a occupare i posti di lavoro lasciati liberi dagli uomini chiamati al fronte. E loro, le donne, hanno dimostrato di essere perfettamente in grado di lavorare fuori casa. Lʼessere ricacciate indietro a guerra finita non lo potranno più accettare.
E la nostra Ida, che sembrerebbe ancora più in conflitto interno, ancorata comʼè, in una parte di sé, alle antiche tradizioni ebraiche? Per quello che riguarda la sua vita privata, trovare un compagno e formarsi una famiglia è compatibile con la sua aspirazione al volo in un libero mondo?
Fermiamoci qui.
Troppo lungo e forse volatile il mio scritto. Ma ci avete fatto caso? È così che capita quando si scrive una lettera. Ci si sofferma di più sui particolari personalizzati, quelli che ci hanno colpito sul momento.
A pensarci, però, un vantaggio lo avete. Alle lettere si può rispondere, anche per criticare, contestare.
E se vi fosse necessario, eccomi qui, di nuovo con la penna in mano.
(Riproduzione riservata)
© Lia Levi
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La scheda del libro: “E se non partissi anch’io” di Lia Levi (E/O, 2024)
1900: inizio di un secolo. Sulla scena di un mondo che cambia, Benedetto, ebreo di Roma a cui arrivano ancora le risonanze di un padre cresciuto all’interno del ghetto ebraico, e la moglie, Rosina, rimasta legata a una colorita arretratezza, sono i personaggi da cui tutto parte. Ma è la figlia Ida che si troverà a lottare per la sua collocazione nel “nuovo”. Il mondo circostante lo permetterà?
Il ventesimo secolo ha gettato sul piatto le proprie carte. Una terribile guerra che coinvolgerà l’intera Europa e non solo. Socialismo pacifista e interventismo patriottico si scontreranno nelle piazze italiane sempre più infuocate. E come la metterà il gruppo ebraico che, in caso di conflitto, si troverà a puntare il fucile su un altro ebreo perché di un paese nemico? La ragazza Ida, insieme a Vanessa figlia di una madre femminista impegnata, e ad Andrea, coltissimo dispensatore di battute “allo zolfo”, sono loro a dover cercare se stessi in mezzo a una società in tumulto. E non sarà facile, specie per la giovane ebrea costretta a dibattersi fra modernità e tradizione anche sul piano dei sentimenti. È possibile che per lei scegliere un’attività lavorativa debba coincidere con l’abbandono di una vita di coppia? Sono proprio i dubbi, gli amori, gli intrighi e le clamorose bugie, i capovolgimenti di situazione a esprimere, sotto forma di una trama ricca di colpi di scena e all’insegna di un sottile umorismo, gli eterni problemi a cui la vita ci sottopone mascherandoli magari con i vestiti del tempo. Quante delle vicende raccontate fanno pensare per un attimo all’oggi?
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Lia Levi, di famiglia piemontese, vive a Roma, dove ha diretto per trent’anni il mensile ebraico Shalom. Per le nostre edizioni ha pubblicato: Una bambina e basta (Premio Elsa Morante Opera Prima), Quasi un’estate, L’Albergo della Magnolia (Premio Moravia), Tutti i giorni di tua vita, Il mondo è cominciato da un pezzo, L’amore mio non può, La sposa gentile (Premio Alghero Donna e Premio Via Po), La notte dell’oblio, Il braccialetto (Premio Rapallo), Questa sera è già domani, vincitore del Premio Strega Giovani 2018, Ognuno accanto alla sua notte e Insieme con la vostra famiglia. Nel 2012 le è stato conferito il Premio Pardès per la Letteratura Ebraica.
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