Maggio 23, 2024

41 thoughts on “QUEL GENIO COSTRUITO DI JOHN COLTRANE (articolo di Roberto Alajmo)

  1. Ringrazio molto Roberto Alajmo per avermi inviato questo articolo. Un pezzo molto bello, ma anche amaro. Un pezzo che – credo – si presta benissimo per un dibattito.
    Potremmo parlare di John Coltrane. Chi di voi lo ha mai ascoltato?
    Siete d’accordo sul fatto che sia un caso di “genio costruito” con la fatica e l’abnegazione?
    E in generale? Ha ragione Hemingway quando dice che “il genio è al cinque per cento ispirazione e al novantacinque per cento traspirazione” (intesa come fatica)?.

  2. E’ possibile interloquire direttamente con Roberto Alajmo? Oppure si può solo partecipare alla discussione…

  3. Ricorda (così, alla grossa) Martin Eden. E sì, personalmente sono per la traspirazione. I talenti naturali sono insopportabili.

  4. Sono convinta che il meglio di se Coltrane lo abbia dato quando suonava con Miles Davis. Due grandissimi che si integravano, arricchivano ma anche si contenevano a vicenda. In ogni caso, trovo straordinario Coltrane fino a “A Love supreme”. Dopo (Interstellar Space etc.) non lo seguo più. Troppo autoreferenziale, a mio parere.
    Avevo già letto questo articolo di R.A. sul suo blog. Il problema non è Coltrane ma molti suoi fans che a volte sono veri e propri integralisti fondamentalisti per i quali Trane costituisce un vero e proprio “Intoccabile” e guai chi si azzarda a sussurrare anche un timidissimo “si, però”.
    Sulla questione più generale del genio costruito oppure no… francamente, mi sembra uno di quei temi su cui si può discettare all’infinito senza cavare un ragno dal buco.

  5. Ecco la domanda.
    Siamo sicuri che il genio si possa costruire? A mio avviso il genio o c’è o non c’è. Perché una cosa è il talento, un’altra è il genio. Il talento si può affinare, si può migliorare col duro lavoro, ma non diventerà mai genio. In definitiva, con fatica e sudore della fronte, si può professionalizzare il proprio talento, che però non diventerà mai genio. Di contro è pure vero che una genialità non affiancata dal lavoro darà molti meno frutti di un talento supportato dalla fatica.

    Personalmente, ho un po’ di riserve sulla genialità di Hemingway.

    Domanda diretta per Roberto Alajmo: se dovesse individuare il più grande dei geni, che nome farebbe?

  6. In attesa degli interventi di Roberto accontentatevi dei miei.

    Mauro, potresti approfondire il tuo riferimento a Martin Eden (a beneficio magari dicoloro che non l’hanno mai letto)? 😉 Grazie molte.

    Per Gabriella. Quello tra Coltrane e Davis è un bel duetto (ma anche un bel duello). Coltrane/Davis come Lennon/McCartney?
    L’idea di discettare all’infinito non mi turba. 😉 Discettiamo, dài.
    P.S. Però sul blog di Roberto mica hai trovato un video di Colt. (Posso chiamarlo Colt anziché Trane senza fare infuriare i fans?)

    Erika, scrivi cose molto sensate. Sono curioso di vedere (o meglio, leggere) cosa ne pensano gli altri. A cosa sono dovute le tue riserve su Hemingway?

  7. Per la musica sono bestiale: sono proprio una bestia. Non conosco, non la pratico, ma mi piace ascoltare e ci sono suoni che a volte riconosco come parte di un bagaglio misterioso…chissà perché e da dove arrivano. Sono suoni che mi emozionano, mi rimandano ad esperienze e vissuti, oppure mi spingono verso nuovi orizzonti. E penso che sia così per tutti. Per la musica, però, bisogna essere predisposti e fra le arti è quella più pura. Forse l’unica espressione che risponde al termine: arte. La musica è libera da comunicazioni, da immagini, da sociologie: è una matematica che si fà corpo e che ancora ci dà la dimensione dello stupore. Ed è anche la disciplina che coniuga felicemente tecnica e spiritualità; una perfezione magica. Ma l’intervento di Alajmo ( e di Massimo) pone un quesito sulla genialità: dono e disciplina. Sì, penso che la genialità, l’intuizione, la capacità percettiva siano doni, ma che privi di autodisciplina, impegno e metodo si disperdano. Così come sono convinta che tutti i metodi del mondo, senza l’intuizione, siano una cosa triste e spenta. La genialità è come il fato: non si vogliono più riconoscere. L’ansia di dominio dell’uomo contemporaneo esclude, o tende ad escludere, l’imprevisto, l’imponderabile. Questa contemporanea capacità tecnica ha bisogno di applausi, di conferme, di certezze. Su questa via si azzerano le differenze, ma il pareggio è solo apparente. Un vivace autismo sociale e che dalle contraddizioni trae il suo alimento, accoglie i pensatori, i sensibili, gli inadeguati; un mondo a parte. Un mondo fatto di volontà, di percezioni ingombranti e inespresse che diventano necessità e bisogno. Il resto dipende dai “sistemi” e qui gioca la fortuna, il luogo, il momento, le frequentazioni…determinanti sono gli incontri.

  8. Sono d’accordo con Lorenzo. Credo comunque nell’esistenza del “genio”. Di quel particolare modo di vedere le cose. Di raccontarle, suonarle, cantarle, dipingerle… che tutto l’umano genere riconosce. Che non è possibile, o è assai raro, riconoscere nella contemporaneità.
    buon 1 Maggio a Massimo e a tutti.
    elisabetta

  9. Wow!un po’ di musica su Letteratitudine!!!
    Personalmente, non sono un esperto di jazz ma lo ascolto spesso perché (soprattutto il mio genio maledetto preferito…Miles!) è un tipo di musica che ti permette di fare dei “viaggi” con la mente e col cuore senza ricorrere all’uso di sostanze psicotrope (i cultori del genere magari mi accuseranno di aver svalutato il jazz con questa affermazione semplicistica …chiedo venia!).
    Il mio incontro con Trane risale a cinque anni fa (sono ancora un giovanotto!), quando mi accorsi che molta della musica che ascoltavo (dal rock psichedelico dei Grateful Dead alla new wave dei Tuxedomoon) era, per affermazione degli stessi artisti, ispirata da Colt.
    Incominciai così un ascolto estenuante di “Blue Train”…mi sembrò davvero, lo dico senza paura di esagerare, di essere di fronte a qualcosa di ultraterreno.
    Impressioni che si accentuarono passando ad “A Love Supreme”.
    Ora, come scrive Carlo Boccadoro nel suo bellissimo “prontuario”(termine che non vuole essere negativo, credetemi) per dischi jazz (“Jazz-come comporre una discoteca di base”…ve lo consiglio…siamo pur sempre in un blog letterario!), è vero che il suddetto disco “album icona, oggetto di cult feticista da parte di persone che non conoscono nient’altro della musica di Coltrane, ha raggiunto livelli mitici di status, diventando per molti uno degli album che bisogna avere nel proprio scaffale per fare bella figura con gli amici. Fortunatamente all’attrazione modaiola corrisponde un risultato artistico di grande valore”.
    Insomma, la stessa sorte capitata a mille capolavori jazz (che ne so…”kind of blue” di Miles o “koln Konzert” di Jarrett)…vabbè, anche il marketing ha la sua importanza…ma se un disco con più di quarant’anni suona ancora dannatamente attuale (e il bello di Trane è che sembra sempre avanti sui tempi) credo che ciò sia davvero dovuto a qualcosa di più del semplice “fa figo avere Coltrane sullo scaffale”.
    Ogni volta che ascolti i suoi assolo scopri nuove venature che le volte precedenti non avevi notato.
    Cavolo, mi spiace ma questo è genio bello e buono.
    Ma, senza l’applicazione, il genio di Coltrane sarebbe stato, che ne so, disperso nell’atmosfera. Il fatto che si sia spaccato la schiena (o un altro organo a vostra scelta) è stato una condizione essenziale perché Coltrane diventasse quello che è. Forse cambierei leggermente il rapporto fra le percentuali hemingwayane (ci vuole qualcosa in più del 5% di ispirazione per essere qualcuno) ma la traspirazione fa sempre la parte del leone.
    Tant è vero che il genio naturale di John avrebbe fatto non dico poca, ma molta meno strada senza l’incontro con Miles (paragonabile ad altre accoppiate-incontri avvincenti…Lennon-Mc Cartney, Jagger-Richards…e direi anche Mozart-Salieri, incontro che fu però più vantaggioso all’italiano, visto il titano che si trovò di fronte) e lo studio approfondito della musica indiana (in cui le tecniche microtonali, fiore all’occhiello della musica di Colt, sono prassi accettata da secoli).
    La tendenza all’autodistruzione di John, poi, è un altro aspetto non trascurabile della sua genialità. Come per altri grandi (Chet Baker, Jimi Hendrix…)lo stato mentale e fisico (dovuto a parecchi “aiutini”, alcolici e non), in cui il nostro si trovava spesso e volentieri, ha fatto si che i mondi da lui creati avessero quella bellezza struggente che noi conosciamo.
    Purtroppo, sono gli stessi abusi che l’hanno portato via da questa valle di lacrime in giovane età.
    Riguardo questo aspetto, comune a molti jazzisti, guardatevi l’ottimo “Bird” di Eastwood, biopic su Charlie Parker.

    Consapevole di essere uscito dal seminato e di aver scritto molte considerazioni fuori luogo, vi ringrazio…un mega saluto in particolare a Massimo (per aver proposto l’articolo)…e a Erika per le sue belle parole (e per avere anche lanciato un “blog nel blog” su Hemingway!!! Io ho letto solo “per chi suona la campana” e l’ho trovato interessante…tu cosa ne pensi????)

  10. Paragonare Miles Davis e John Coltrane a Lennon & McCartney perdonami, carissimo, ma mi sembra cosa un po’… come dire… stiracchiata? Si può dire “stiracchiata”?.
    Con tutto il rispetto per i deliziosi scarafaggi e pur non essendo io un’assatanata coltraniana, non riesco però a glissare sulle abissali differenze qualitative esistenti fra le due coppie. Sull’avvincente tema “nasce prima l’uovo o la gallina?” mi affretto a dichiararmi attenta ed umile lettrice dell’avvincente dibattito avviato.

  11. Coltrane…
    Altrochè se mi piace.
    Tra l’altro, il mio straamatissimo Neil Young cita Coltrane tra i suoi
    maestri (anche se in tutt’altro genere, il jazz, rispetto al rock).
    Ma gli assoli di sax di John ispirano Neil per le sue sfuriate alla
    chitarra elettrica.

    A chi conosce poco Coltrane suggerisco un approccio soft.
    E cioè partire con uno dei suoi capolavori (una delle vette del jazz di
    sempre), MY FAVORITE THINGS nella prima versione in studio (nel corso
    degli anni la modificò sempre di più, portandola verso confini free
    ardui e difficili).
    Ma quella prima versione è gradevolissima: dodici minuti meravigliosi,
    che comunicano un senso di gioia esilarante.

    Se no, altri due dischi del Coltrane accessibile:
    THE GENTLE SIDE OF JOHN COLTRANE (un’antologia bellissima e “facile”)
    oppure
    A LOVE SUPREME (un grandioso atto d’amore nei confronti di Dio, una
    preghiera laica di commovente fede).

    ma almeno in una prima fase è meglio evitare le opere del Coltrane più
    sperimentale: se non ci si arriva per gradi, seguendo la sua evoluzione artistica,
    possono essere sconvolgenti e allontanare per sempre dalla sua musica.

  12. Una riflessione da un musicofilo che ha avuto la fortuna di sentire Coltrane dal vivo: può darsi che per i suoi compagni di scuola non fosse nessuno…lui da solo, ma in quartetto, NELL’INCONTRO con altri (Davis) è sempre stato un genio. Genio quindi, secondo me, è vero, è anche frutto di applicazione, di ‘studio matto e disperatissimo’ ma anche di incontro: in questo caso Leopardi si incontrò (come altri geni dell’antichità)coi classici antichi, coi libri! (Perché no?). Così la magia dei Beatles, che ho avuto la fortuna di sentire anche loro dal vivo, nasceva dal loro insieme. E’ ovvio che comunque una base ‘naturale’ ci deve essere, una zucca non potrà mai diventare geniale, ma è l’incontro che magicamente può fare di qualcuno un genio (o un pistola) meditate, geente, meditate. A Gabriella vorrei dire che il paragone Coltrane-Beatles non è irriverente, ognuno nel suo ambito, è stato il massimo: ancora oggi, chi ha percorso tecnicamente la strada indicata dai Beatles? Pochissimi (es.Dalla). Non per niente furono studiati anche da compositori (come Luigi Nono). Ciao a tutti.

  13. Dibattito interessante.
    Come sempre i ragionamenti di Miriam mi tolgono fiato, sono talmente esaurienti da chiudere i commenti:brava!
    Però Maugeri & Alajmo hanno fatto una proposta diabolica:figli di una trinacria!
    La questione era sul genio, amici musicofoli, non sul jazz.
    Ho conosciuto molti geni, molti di loro sconosciuti e molti universalmente riconosciuti: tutti gran lavoratori, tutti “coltivatori” della propria genia. Pensiamo veramente che Maradona non s’allenasse? Crediamo nel “diabolismo” di Andreotti, o nella sua formidabile volontà di studio e conoscenza (non lo giustifico ma è un genio, anche nel difendersi)? Hendrix montava le corde all’incontrario, non si faceva costruire chitarre mancine: c’era genio,ma anche studio!
    A Gabriella.
    Per favore, gioia bella,non si può dare del “deliziosi scarafaggi” ai Beatles, anzi, la c’era un cumulo di genialità terrificante (a parte Ringo):non si entra nella storia passeggiando sull’ovvio e questo vale anche per Hemingway.

  14. Oops…Mi dispiace che in contemporanea, Ricchezza ed io abbiamo “bacchettato” Gabriella, un bacio virtuale di scuse da parte mia, una bacchettata ad una signora potrebbe andare, due è misoginia!

  15. In realtà il mio è solo un esempio. Non credo che esistano ricette per costruire in laboratorio il genio assoluto.
    Mozart, che resta il mio genio di riferimento, era frutto di talento naturale in enorme quantità, ma combinato con gli effetti di un padre rompicoglioni, che gli insegnava la disciplina.

  16. E’ affascinante seguire l’evoluzione di John Coltrane: dalle prime incisioni alla collaborazioni con Monk o Davis, dai primi capolavori con proprio quartetto alla sempre più avventurosa esplorazione di nuove audacissime frontiere sonore.
    Alcuni dei dischi o dei concerti dell’ultimo Coltrane restano, ancora adesso che sono trascorsi quarant’anni, esperienze sconvolgenti, immersioni in un oceano di suoni tempestoso e quasi alieno, una musica aspra e difficile, lontana mille miglia dalla cristallina godibilità della versione originale di MY FAVORITE THINGS. Che in concerto Coltrane stravolgeva, dilatandola anche a mezz’ora di suoni stridenti, volutamente sgradevoli, rivoluzionari.
    Onestamente, io preferisco il Coltrane che va da KIND OF BLUE a LOVE SUPREME, però ogni tanto ho voglia di entrare nelle foreste primordiali della sua mente, dalle quali scaturiva il free jazz degli ultimi anni.

  17. Grazie molte per i vostri commenti (che in alcuni casi sono veri e propri articoli: bravi!). Mi pare che ne sta venendo fuori un bel dibattito.

    Stavo per replicare alla simpatica Gabriella con lo spirito del beatlesiano (lo sono fino al midollo), ma qualcuno mi ha preceduto. 😉

    Per Roberto. Anche per me Mozart rimane il genio di riferimento (in seconda battuta Beethoven). E credo sia così per molti.

    Luciano, in effetti le versioni Coltrane (quelle live) di “My favourite things” sono superlative.
    Più tardi cambierò il video del post sostituendo “Alabama” con un’esecuzione live di “My favourite things”.
    A più tardi.

  18. in riferimento all’intervento di mauro su martin eden e relativo collegamento con questo post.

    ” “Martin Eden” è la storia di un giovane marinaio che si scopre scrittore e si autodistrugge una volta raggiunta la fama: un romanzo autobiografico. Martin Eden, appena sbarcato da un lungo viaggio, incontra Ruth Morse che gli fa scoprire il mondo della ricchezza e della cultura, affascinata dalla sua vitalità: Ruth si assume il ruolo di educatrice. Il loro è un amore difficile. Il marinaio dalle mani callose e dall’andatura oscillante comincia a scrivere i primi racconti, lavora duramente in una lavande ria, il successo tarda a arrivare. La famiglia di Ruth vorrebbe assimilarlo o respingerlo. Ruth stessa dubita del talento in cui aveva creduto. Martin è indotto da Russ Brissenden, conosciuto a un ricevimento dei Morse, a partecipare a un comizio socialista. I giornali danno rilievo al suo discorso, i genitori di Ruth sono indignati, la costringono a rompere il fidanzamento. La fama di Martin esplode: i racconti spediti invano a tutte le riviste del nordamerica cominciano a essere pubblicati. Prima raccolta in volume, i compensi salgono, Martin si ritrova ricco famoso e solo. Distribuisce il denaro a coloro che l’hanno aiutato nei tempi difficili: la sorella Gertrude, l’affittacamere Maria Silva, il vecchio compagno di lavoro Joe. Respinge l’estremo gesto di ri conciliazione di Ruth, lascia il lussuoso albergo dove vive e si imbarca per i mari del Sud. Sulla nave si scopre estraneo sia ai giovani marinai che ai passeggeri di prima classe tra i quali viaggia: isolato, in una terra di nessuno. Una notte, poco dopo la partenza, si getta in mare «come una bianca statua»: vincendo la disperata volontà di vivere, sprofonda nelle acque nere. ”

    fonte: http://www.girodivite.it/antenati/xx1sec/-london.htm

  19. In effetti, Luciano, avevo pensato che Cicerone fosse un tuo alter ego. Poi ho visto che l’IP è diverso. In ogni caso ho già “sistemato il tutto” (e comunque grazie per il prezioso contributo al nostro amico Cicerone pasticcione).
    P.S. sto per cambiare il video…

  20. Cavolo, il blog è pieno di beatlesiani in rivolta!!!bravi!!voglio essere il vostro capitano…eh,eh…
    aggiungo alle vostre interessanti annotazioni che la mia frase non voleva assolutamente mettere a confronto le rispettive genialità delle coppie (e quindi,nemmeno di ignorare le “abissali differenze qualitative”…che comunque continuo a non vedere:-) ), ma solo sottolinearne l’indiscutibile e comune esplosività delle miscele…
    Ammetto però di essere sullo dislessico andante…capisco quindi che la mia frase si presta benissimo a ipercodifiche!!!
    I’m so sorry, Gabri…

    Concordo comunque con Ricchezza…ognuno nel suo ambito è stato il massimo…già è difficile (direi ingiusto)fare confronti fra elementi simili (Beatles vs rolling)…figuriamoci quando accosto due colossi jazz a Lennon-Mc Carthy…lungi da me voler cercare l’ombra di un confronto…tantomeno di trovare la coppia migliore!
    Anche perchè ho citato i beatles…ma a Miles&Colt avrei potuto benissimo accostare centinaia di accoppiate vincenti,anche al di là della musica…
    ad esempio, incontri esplosivi nella poesia?…Rimbaud-Verlaine?…Ginsberg-Kerouac?
    Io ho in mente queste perchè sono le mie preferite, ma ce ne sono altre mille eclatanti comunque, anche se in maniera diversa…

    bye

  21. Sono d’accrodo con Hemingway, il quale dava forza alla sua affermazione proprio perchè consapevole della propria non-genialità.
    Io non sono un genio, la prima volta che mi confronto con qualsiasi esperienza ne esce quasi sempre un disastro.
    Eppure le cose, alla lunga, mi vengono bene. Nel lavoro, nello sport, nei giochi, nella musica…
    Tali successi non sono il frutto di una innata predisposizione o di una genialità spontanea, ma emergono da anni di prove, tentativi, esercizi, esperimenti, fallimenti.
    Si prova e si riprova. All’infinito.
    Alla fine il movimento deve diventare automatico, meccanico, istantaneo.
    La ripetizione esasperata di un certo movimento – che prima di tutto è un processo mentale – deve diventare mio, devo possederlo.
    Quello che prima non mi apparteneva, che non avevo nel mio dna, ora quasi ne fa parte ed “esce” dal mio corpo con estrema naturalezza e spontaneità.
    Faccio un esempio.
    Il tiro, per l’arciere inesperto, è osservare la propria postura, come e dove impugnare il suo attrezzo, la direzione e la forza del vento, la distanza e la grandezza del bersaglio.
    Un processo mentale che guida e genera un certo movimento. Lento, macchinoso, eterno.
    Il continuo esercizio porta però ad affinare ogni singolo stadio.
    Ed il tiro, per l’arciere perfetto, è un centro là dove cade l’occhio.
    Non un genio, dunque.
    Un movimento perfetto figlio di una serie esasperata di ripetizioni.

  22. Le due cose a mio giudizio si integrano.
    Mi spiego. Il cinque per cento e` genialita`, ed il 95 lavoro. Ma quel 5% e` pero` l`intuizione che fa la differenza fra uno scribacchino ed uno scrittore, fra un esecutore ed un musicista. Certo l`idea si affina, ci si lavora sopra, in modo quasi maniacale, ma il momento inziiale quello dell`intuizione e` quello che fa la differenza.

  23. Il genio e il talento esistono e vanno coltivati. Mozart era sì geniale ma studiava tutto il giorno! Così Paganini, che prendeva anche belle cinghiate dal suo papà se per caso non aveva tanta voglia di suonare… Il rapporto suggerito di 5 a 95 però non mi convince affatto, opterei per una 50 e 50, l’estro, l’idea, il talento sono fondamentali (sarà per ciò che Hemingway non riesco a leggerlo?mea culpa).
    Coltrane… mi ricorda i miei 15 anni, una stanza in un giardino di agrumi, odore di muffa e polvere, umidità di vecchie coperte abbandonate e…l’amore! (chiedo venia)

  24. Io sono per il 20-80. Senza sudare è importante ma il genio vuole la sua parte. Oltretutto, credo che se non si ha dentro di sé la scintilla è anche difficile che ti venga la voglia di sudare!
    Sono sicura che Colt il genio ce l’avesse eccome, e chi erano i suoi compagni di scuola per discettare su ciò???

  25. Devo parzialmente scusarmi con Roberto Alajmo.
    In effetti mi aveva inviato questo pezzo diversi giorni fa e io l’ho pubblicato il 27 non sapendo che lui era in partenza.
    L’unico commento di Roberto che avete letto qui è stato “postato” proprio dal luogo di vacanza.
    Be’, buona vacanza a Roberto e buon 1° maggio a tutti.
    Il post, naturalmente, rimane aperto per ulteriori interventi.

  26. Se volete un paragone di Hemingway con Coltrane (per i rischi che si assumeva)lo trovate sul retro cover di Coltrane s Sound, che consiglio vivamente a chi volesse accostarsi al gigante: secondo me e meglio cominciare da Equinox e Wise One per capire la dissezione e ricostruzione che il genio Trane operava, simile in questo a Bach. Perdonatemi il paragone ma ci sta, come quello coi Beatles.

  27. Nessun problema, caro Massimo: mi pare che il dibattito si sia acceso anche senza altri contributi da parte mia. Del resto la regola d’oro è parlare solo quando si è sicuri di avere qualcosa da dire.
    Augh

  28. Scusate se intervengo di nuovo con un po’ di ritardo.
    Intanto grazie a Roberto Alajmo per la risposta.
    Su Hemingway: ho sempre pensato che la sua scrittura è un po’ troppo celebrale e che è stato sopravvalutato. Il suo lavoro è basato su grande olio di gomito. Da qui, forse, quelle percentuali che non condivido più di tanto.
    Ciao

  29. Ehi, ma io non mi sono sentita affatto “bacchettata”. Caso mai mi sono divertita a vedere come il fatto di aver detto (scherzosamente) dei Beatles “deliziosi scarafaggi” sia stato percepito da alcuni come una sorta di offesa se non di lesa maestà verso i Baronetti. Mi è sembrato un pochettino esagerato, ecco. Però divertente ed istruttivo, giuro 🙂

  30. Che bello parlare anche di musica! Sono comunque d’accordo sia con Erika che con Miriam Ravasio. Genio e talento sono due cose diverse e credo che l’imponderabile, l’imprevedibile, un pizzico di fortuna, il caso, il destino, il karma – Dio mi perdonerà se uso i suoi pseudonimi da Big Author of the Universe – giochino un ruolo fondamentale. Spesso però noi confondiamo talento e genio con successo e felicità. Se guardiamo alle vite dei geni e dei talentuosi o talentati vari ci rendiamo conto che non sono concetti equivalenti…
    Per quanto riguarda la musica: io ho cantato per anni in un coro che faceva polifonia rinascimentale – per inciso: ascoltate Palestrina, Orlando di Lasso, Claudio Monteverdi e non vi resterà molto da ammirare i contemporanei! – e adesso canto in un coro lirico. Per quanto possa studiare, ahimè, non sarò mai Maria Callas. Il genio è come l’amore o il coraggio di Don Abbondio: non si ha né si può ottenere. Si è.
    Nelle scuole di scrittura spesso non si fa capire all’alunno che non sarà mai Hemingway nonostante la traspirazione, ma si rimarrà dei dilettanti di buon livello. Triste da dire e da accettare, ma è così.
    Per quanto concerne Coltrane, chiedo ad Alajmo cosa dovrei ascoltare per capirlo veramente perché a questo punto mi sono incuriosita…
    E poi: i geni non sono tutti alla Mozart, precocità, prolificità e così via. Tanti grandi autori hanno iniziato tardi, non erano granché né a scuola né nei loro primi tentativi letterari, ma sono stati ottimi artigiani della letteratura…

  31. Che bello parlare anche di musica! Sono comunque d’accordo sia con Erika che con Miriam Ravasio. Genio e talento sono due cose diverse e credo che l’imponderabile, l’imprevedibile, un pizzico di fortuna, il caso, il destino, il karma – Dio mi perdonerà se uso i suoi pseudonimi da Big Author of the Universe – giochino un ruolo fondamentale. Spesso però noi confondiamo talento e genio con successo e felicità. Se guardiamo alle vite dei geni e dei talentuosi o talentati vari ci rendiamo conto che non sono concetti equivalenti…
    Per quanto riguarda la musica: io ho cantato per anni in un coro che faceva polifonia rinascimentale – per inciso: ascoltate Palestrina, Orlando di Lasso, Claudio Monteverdi e non vi resterà molto da ammirare i contemporanei! – e adesso canto in un coro lirico. Per quanto possa studiare, ahimè, non sarò mai Maria Callas. Il genio è come l’amore o il coraggio di Don Abbondio: non si ha né si può ottenere. Si è.
    Nelle scuole di scrittura spesso non si fa capire all’alunno che non sarà mai Hemingway nonostante la traspirazione, ma si rimarrà dei dilettanti di buon livello. Triste da dire e da accettare, ma è così.
    Per quanto concerne Coltrane, chiedo ad Alajmo cosa dovrei ascoltare per capirlo veramente perché a questo punto mi sono incuriosita…
    E poi: i geni non sono tutti alla Mozart, precocità, prolificità e così via. Tanti grandi autori hanno iniziato tardi, non erano granché né a scuola né nei loro primi tentativi letterari, ma sono stati ottimi artigiani della letteratura…

  32. Non che io sia un esperto, Maria Lucia. E fra i commenti al mio post troverai qualche citazione che ti potrà essere utile. Nel mio piccolo, posso dirti che forse, considerata la tua formazione classica, “My favourite things” potrebbe entrare a far parte delle tue cose preferite.

  33. @ Maria Lucia.

    Riprendo l’ultimo commento di Roberto e mi permetto di consigliarti l’ascolto (e la visione) del video che trovi sul post. Si tratta proprio di una esecuzione live di “My favourite things”.
    Basta cliccare un paio di volte sul pulsante play in basso a destra del quadrante (ma devi essere dotata di connessione ADSL).
    Ciao

  34. …ma di cosa stiamo parlando? Genio, non genio…. che categorie sono? Non esistono. Certo che Coltrane ha fatto fatica, come tutti. Per avere la sua padronanza dello strumento la fatica e l’esercizio della volontà sono il prezzo da pagare. Se poi non si ha nulla da dire…..

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