Dicembre 1, 2024

63 thoughts on “OMAGGIO A GÜNTER GRASS

  1. non ho dubbi. anche se può apparire scontato, il libro preferito è IL TAMBURO DI LATTA. Una sequenza ritmata di immagini che incalza soprattutto nella narrazione della storia del protagonista, ogni capitolo rimane impresso nella memoria, sia per la sua verticalità (psicologia e interiorità del personaggio) che per l’orizzontalità (riferimenti storici e contesti ambientali). fenomenale.

  2. non ho dubbi. anche se può apparire scontato, il libro preferito è IL TAMBURO DI LATTA. Una sequenza ritmata di immagini che incalza soprattutto nella narrazione della storia del protagonista, ogni capitolo rimane impresso nella memoria, sia per la sua verticalità (psicologia e interiorità del personaggio) che per l’orizzontalità (riferimenti storici e contesti ambientali). fenomenale. matita ispirata,

  3. Grass non è un autore facilissimo da leggere. Richiede un po’ di impegno.
    Ma se lo leggi, ti ripaga con gli interessi di ogni fatica.

  4. Buongiorno! Devo dire che anche la mia conoscenza di Grass è delimitata al “Tamburo di latta”.
    Purtroppo non sono in grado di rispondere alle domande, ma penso che “il tamburo di latta” sia l’opera più significativa di Grass.

  5. Aggiungo che trovo sorprendente che l’opera più celebre di un premio Nobel per la letteratura sia il romanzo d’esordio.

  6. CITAZIONE 1
    Dopodiché, crepuscolo dell’universo. Sopra le macerie del mondo strumentale, si arrampica il tempo universale. […] Dopodiché l’essere-alla-mano taglia i tubi nell’inafferrabilità dell’inutilizzabile e suscita il problema segreto del comando. […] Dopodiché, le ultime emissioni trasmettono il crepuscolo degli dei. In virtù di se stesso. Dopodiché non c’è più tempo per un minuto di silenzio, in virtù di se stesso. […] Dopodiché, nella zona governativa della capitale del Reich le emissioni radio si interrompono. La totalità territoriale, la nientificazione, inclini all’angoscia e da ricomporre pezzo per pezzo. La finalizzazione. La fine. Ma dopo tutto questo, sulla struttura finale il cielo non si oscurò. (da Anni di cane, pag. 350 sg.)

  7. CITAZIONE 2
    [Su Arno Schmidt] Io non conosco alcuno scrittore che abbia ascoltato la pioggia in questo modo, che abbia concesso così spesso repliche al vento e assegnato alle nuvole nomi di famiglia tanto letterari. (citato in Cronologia, a cura di Domenico Pinto, in Arno Schmidt, Brand’s Haide, Lavieri, 2007, p. 111)

  8. CITAZIONE 3
    Non sono un pacifista. A chi mi desse uno schiaffo sulla guancia non porgerei mai l’altra, ma mi difenderei a denti stretti. La guerra è per metà fatta di paura e per metà di noie. I giovani del mio paese non sono per la guerra. Non sono nemmeno per il servizio militare. Gli orfani di guerra, poi, la considerano il peggiore dei mali. (citato in Ester Dinacci, Realtà della Germania)

  9. CITAZIONE 4 (da IL TAMBURO DI LATTA)

    Si può star seduti in eterno su una panchina di parco, fino a diventare di legno e bisognosi di comunicazione.

  10. CITAZIONE 5 (da IL TAMBURO DI LATTA)
    Con dolore, d’accordo, ma sorrideva e incrociando in alto le braccia ha accavallato in basso le gambe dei calzoni, ha dondolato un minuscolo stivaletto nero misura trentacinque e si è goduto la superiorità dell’abbandonato.

  11. CITAZIONE 6 (da IL TAMBURO DI LATTA)
    Gesù, non era così la scommessa. Ridammi subito il mio tamburo. Tu hai la tua croce e dovrebbe bastarti!

  12. CITAZIONE 7 (da IL TAMBURO DI LATTA)
    Non lo nego: sono ricoverato in un manicomio; il mio infermiere mi osserva di continuo, quasi non mi toglie gli occhi di dosso perché nella porta c’è uno spioncino, e lo sguardo del mio infermiere non può penetrarmi poiché lui ha gli occhi bruni, mentre i miei sono celesti… non può essermi dunque nemico.

  13. CITAZIONE 8 (da GATTO E TOPO)
    … e una volta, quando Mahlke già sapeva nuotare, ce ne stavamo sdraiati sull’erba, vicino il campo di palla a caccia. Io sarei dovuto andare dal dentista, ma loro non me l’avevano permesso, perché ero difficile da sostituire come ricevitore. Il dente rumoreggiava. Un gatto strisciò diagonalmente attraverso il prato, senza che nessuno lo bombardasse. Alcuni masticavano o sfilacciavano fili d’erba. Il gatto appartenava al guardiano del campo ed era nero.

  14. Ho iniziato a leggere “Anni di cani” senza sapere a cosa andavo incontro. L’impatto è stato ostico e disarmante; una scrittura ardua ma coinvolgente, minuziosa ma mai pedante, ripetitiva ma non tediosa. Un moltiplicarsi di punti di vista in cui scrittori e personaggi si mescolano in un ingarbugliato coacervo.

  15. Una storia che si insinua, che si cela e si manifesta, che si fa scoprire. “Anni di cani”, cani che scandiscono il succedersi degli anni in un alone mitico calato nella Storia, con personaggi a metà tra il reale ed il paradossale (a volte grottesco).
    Ve lo consiglio!

  16. La trama è questa.

    Romanzo ambizioso e potente, “Anni di cani” fa i conti con le contraddizioni della coscienza tedesca. Lo fa montando una storia a tre strati, fittissima di eventi, di memoria, di figure umane e animali. Due i personaggi centrali: Eduard Amsel, il ragazzo mezzo ebreo, grassoccio, goffo, materasso della ragazzaglia, figlio di mercante, dotatissimo nella costruzione di spaventapasseri, più tardi pittore, poi coreografo e infine proprietario di una miniera; e Walter Matern, il robusto rampollo di una dinastia di mitici mugnai, l’amico d’infanzia e il fratello di sangue di Amsel, lo sbandato, l’ubriacone, l’ex comunista, l’attore, il milite SA, il nazista, il disertore, il cattolico, l’heideggeriano, l’antifascista che, accompagnato dal cane di Hitler, percorre la Germania del dopoguerra alla ricerca dei colpevoli… Intorno a queste due vite parallele, un brulichio di personaggi: gli arcaici abitanti dell’estuario della Vistola, come il mugnaio Matern, che predice il futuro ascoltando i vermi della farina, come i paesani del Werder, i professori, le SA, le nonne e, specialmente, la ragazzetta Tulla, sinistra, attraente, misteriosa, perduta.

  17. Certo che Grass ha avuto una vita fuori dai canoni, pervaso – a mio avviso – da un’inquietudine lacerante che si portava nell’anima fin dall’adolescenza e a cui non sapeva né poteva dare una ragione, consapevole forse che la vita è una continua ricerca di sé e della verità.
    Notoriamente intellettuale controverso per la sua adesione giovanile al nazismo, ha saputo imporsi e riscattarsi con le sue opere letterarie e saggistiche da cui traspaiono i principi e i valori socialdemocratici di cui fu assertore convinto, seppure con dei netti distinguo.
    Anche per me il suo capolavoro è il romanzo d’esordio: “Il tamburo di latta”,
    ma vorrei ricordare anche la sua autobiografia “Sbucciando la cipolla” (Einaudi), che ripercorre gli anni compresi tra il 1939, anno dello scoppio della guerra, e la fine degli anni Cinquanta, quando uscì “Il tamburo di latta”.
    Caro Massimo, permettimi di citare un breve passo appunto della sua autobiografia: “La cipolla ha molte pelli. Se ne parla al plurale. Appena sbucciata si rinnova. Tagliata butta lacrime. Solo quando la si sbuccia dice la verità. Quello che accadde prima e dopo la fine della mia infanzia bussa con i fatti e si svolse peggio di quanto si sarebbe voluto, chiede di essere raccontata ora in un modo ora nell’altro e induce a storie menzognere”.
    Cordialmente, A. B.

  18. Sono molto dispiaciuta per la scomparsa di un altro Nobel per la letteratura (anche se lo conosco meno bene di altri).
    Provo a rispondere alle domande.

  19. 1. Che rapporti avete con le opere di Günter Grass?
    Penso che Grass sia uno scrittore non facile, un po’ ostico, ma di immenso spessore.

  20. 2. Qual è quella che avete amato di più?
    “Il tamburo di latta” (scusate la scarsa originalità).

  21. 3. E l’opera della Grass che ritenete più rappresentativa (a prescindere dalle vostre preferenze)?
    Idem, come sopra.

  22. 4. Tra le varie “citazione” di Grass di cui avete memoria (o in cui, magari, vi siete imbattuti in questa occasione)… qual è quella con cui vi sentite più in sintonia?
    Più che altro ho apprezzato il coraggio di Grass nell’esprimere le proprie idee andando controcorrente. Di questi tempi è tutt’altro che scontato.

  23. 5. Qual è l’eredità che Günter Grass ha lasciato nella letteratura mondiale?
    Credo che Grass abbia rappresentato la letteratura tedesca del secondo Novecento ricucendo tra un prima (il periodo pre, durante e post nazista) e un dopo, offrendo opere di grande valenza.
    Ci mancherà. E mancherà la sua voce.

  24. Figlio di madre polacca e padre tedesco, Günter Grass nasce a Danzica, allora città-stato indipendente. Un luogo multietnico in cui polacchi, tedeschi e kashubi convivevano tra tensioni e fatiche.

  25. I genitori del piccolo Günter possiedono una drogheria, e lui va a scuola fino a 15 anni, quando prova ad arruolarsi nella marina del Terzo Reich. Non ci riuscirà, ed entrerà come volontario nel Reichsarbeitsdienst e due anni dopo nelle Waffen SS.
    (Confesserà la sua infatuazione per il Terzo Reich in un libro di gran scalpore, “Sbucciando la cipolla”, edito in Italia nel 2007 per Einaudi).

  26. Nel 1945 viene ferito dagli Alleati e, catturato dagli statunitensi, viene rinchiuso in un campo di prigionia in Baviera.
    Dopo la guerra viene liberato ma perde del tutto i contatti con la famiglia d’origine: è l’inizio di una nuova vita, in cui Grass tenta i lavori più umili, e intanto scrive.

  27. Comincia a studiare scultura e grafica (frequenta l’Accademia delle Belle Arti di Berlino), viaggia e si sposa due volte.
    L’esordio letterario vero e proprio avviene nel 1959, con “Il tamburo di latta” (pubblicato per la prima volta in italia da Feltrinelli nel 1962), primo della “Trilogia della città di Danzica”, che prosegue con “Gatto e topo” (Feltrinelli, 1964) e “Anni di cani” (Feltrinelli, 1969).

  28. Nel 1960 si stabilisce a Berlino, e sostiene la SPD. Negli anni ’80 diventa Presidente dell’Accademia di Belle Arti che aveva frequentato, poi vive a Calcutta con la moglie per qualche anno.

  29. Continua a scrivere, diventando un maître à penser per la cultura tedesca. Nel 1999 Günter Grass viene insignito del prestigioso Premio Nobel alla letteratura, e dal 2005 risiede a Lubecca.

  30. Oltre che romanziere, Grass è saggista e poeta, drammaturgo e scultore. Tra le sue opere più importanti ricordiamo “Anestesia locale” (Einaudi, 1971), “Viaggio elettorale. Discorsi politici di uno scrittore” (Einaudi, 1973), “Dal diario di una lumaca” (Einaudi, 1974), “Il rombo” (Einaudi, 1979), “L’incontro di Telgte” (Einaudi, 1982), “La ratta” (Einaudi, 1987), “Mostrare la lingua” (Einaudi, 1989), “Il richiamo dell’ululone” (Feltrinelli, 1992), “È una lunga storia” (Einaudi, 1998), “Il mio secolo. Cento racconti” (Einaudi, 1999) e “Il passo del gambero” (Einaudi, 2002); oltre che varie raccolte di poesie, saggistica e opere teatrali.
    Günter Grass ci lascia il 13 aprile 2015, a 87 anni.

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