Marzo 19, 2024

137 thoughts on “IN MEMORIA DI GIOVANNI FALCONE

  1. Chiedo a tutti di contribuire lasciando un ricordo, un’impressione, una citazione… ma anche link ad altri siti e quant’altro possa servire a ricordare Giovanni Falcone e il suo impegno per la lotta alla mafia.

  2. Caro Giovanni, la tua morte non è stata inutile, ma il ricordo della tragedia brucia ancora nella mia memoria.
    Vorrei che fossi qui.

  3. Il tempo della lotta alla mafia

    “Lezioni civili”  in ricordo di Falcone e Borsellino

     

    21 maggio – 18 luglio 2012

     

    “È per dire no a tutte le mafie, per favorire una società aperta e libera che la Provincia di Roma promuove questa iniziativa, che abbiamo deciso di chiamare “Lezioni civili” in memoria di Falcone e Borsellino e degli uomini delle rispettive scorte uccisi tra la primavera e l’estate di vent’anni fa. E che dedichiamo anche a Francesca Morvillo, a Pio La Torre, al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ai giornalisti Mauro De Mauro, a Giovanni Spampinato e Giancarlo Siani, al piccolo Santino Di Matteo, a Rita Atria. E ai tanti magistrati, giornalisti, imprenditori, carabinieri e poliziotti, gente comune, che hanno avuto solo il torto – o la ragione – di non accettare il silenzio a cui la mafia li avrebbe voluti costringere. Non chiamateli eroi, ma cittadini. Uomini e donne che hanno pagato anche con la vita la loro dedizione alla legalità, e che con il proprio impegno ci hanno insegnato che la mafia non può soltanto essere combattuta. Può essere sconfitta”.

    Nicola Zingaretti

     

  4. 13 giugno  ore 18.00

    De Mauro, Impastato, Siani. Morire per un’inchiesta. Il giornalismo nella realtà cinematografica

    Marco Tullio Giordana (regista) con Andrea Purgatori (giornalista e sceneggiatore)

    Lettura di “Nonna manda il nipote a vendere l’eroina”, l’ultimo articolo di Giancarlo Siani con Orsetta De Rossi

  5. 18 luglio  ore 18.00

    Informazione e giornalismo come passione civile

    Un ricordo di Giuseppe D’Avanzo

    con Ezio Mauro (direttore la Repubblica) e Attilio Bolzoni (giornalista e inviato). Modera Vittorio Zambardino (giornalista)

    Lettura da “Il pensiero conteso di Giovanni Falcone” di Giuseppe D’Avanzo, tratto da “La posta in gioco” di Giovanni Falcone (edito da Bur 2010) con Anna Bonaiuto

  6. Chi tace e piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e cammina a testa alta muore una volta sola. Sono parole di Giovanni Falcone , parole che dobbiamo sempre ricordare per imparare a comportarci come lui. Impariamo da Falcone, molti lo hanno fatto, tutti dovrebbero farlo

  7. In occasione di una delle ricorrenze più sentite Interlinea, in collaborazione
    con l’Associazione Libera, pubblica un interessante dossier sulla diffusione
    delle mafia al nord ricco di testimonianze e spunti di riflessione
     
    A vent’anni dalla strage di Capaci in cui persero la vita Giovanni Falcone e la moglie viene pubblicato un volume che intende testimoniare il radicamento mafioso nel nord Italia. Mafie al nord, curato da Domenico Rossi e con la prefazione di Nando Dalla Chiesa, consiste in un dossier basato sui risultati delle due maxi inchieste delle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e Milano, “Il Crimine-Infinito”, e che fornisce gli elementi necessari a comprendere il contesto entro cui leggere quanto accade nei diversi territori: sia quelli in cui ci sono state o sono in corso azioni della magistratura sia quelli in cui tutto “appare” tranquillo, perché bisogna avere «gli occhi aperti. La voglia e non il rifiuto di sapere. L’assunzione di responsabilità che spetta al cittadino degno di questo nome» (Nando dalla Chiesa).

  8. UN BRANO DEL LIBRO
    Per affrontare il tema delle mafie al nord si devono vincere alcuni luoghi comuni e molti pregiudizi. È infatti opinione diffusa ancora oggi che la criminalità organizzata di stampo mafioso sia prerogativa del sud del Paese o comunque una realtà distante dai territori non tradizionalmente mafiosi. Il fenomeno, invece, è ormai divenuto un problema nazionale, anzi internazionale. Un fenomeno sempre affrontato come un’emergenza, che connota invece il nostro Paese almeno dalla sua unità e si segnala per essere estremamente complesso e non solo un problema criminale, ma di ben più ampio respiro (da Mafie al nord: la situazione attuale e le dinamiche in corso di Anna Canepa).

  9. Mafie al nord. Il radicamento visto da Novara, a cura di Domenico Rossi, prefazione di Nando Dalla Chiesa, testi di Alessandro Barbaglia, Anna Canepa, Ciro Vittorio Caramore, Lorenzo Frigerio, Marco Nebiolo, Francesca Rispoli, Giulia Rodari e Francesca Rubino, pp. 192, euro 15
     
    ufficiostampa@interlinea.com, http://www.interlinea.com

  10. Grazie per aver ricordato Giovanni Falcone in questo autorevole blog che si occupa di letteratura.
    Falcone e’ un uomo simbolo, una bandiera. Tutti noi dovremo essergli eternamente grati.

  11. “Naturalmente, non ci si deve illudere: la lotta sarà lunga e difficile ed è prevedibile che sarà versato il sangue di altri fedeli servitori dello Stato, colpevoli di aver compiuto il proprio dovere, in un contesto in cui non tutti si comportano allo stesso modo”. Così scriveva Giovanni Falcone in una profetica lettera datata 11 febbraio 1983. Un documento inedito che in occasione del ventesimo anniversario della strage di Capaci una lettrice di Repubblica.it ha inviato alla redazione affinché fosse resa pubblica.

  12. Venti anni sono passati da quel sabato 23 maggio 1992. Venti anni possono essere tanto o poco. Più che dai fatti, dipende da come li interpretiamo. La Sicilia è cambiata. Epidermicamente, sì, come i serpenti che fanno la muta. Ma la Sicilia, i siciliani, in profondità sono gli stessi. Per questo sbattiamo sempre il muso su quella dannata, ma quanto veridica, massima lampedusiana, che resta marchiata a sangue sui nostri petti: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” (si accettano smentite, serie e documentate, però).
    Alla giornalista Marcelle Padovani, il nostro eroe e martire della legalità, Giovanni Falcone, diceva: “In Sicilia, per quanto uno sia intelligente e lavoratore, non è detto che faccia carriera, non è detto neppure che ce la faccia a sopravvivere. La Sicilia ha fatto del clientelismo una regola di vita. Difficile, in questo quadro, far emergere pure e semplici capacità professionali. Quel che conta è l’amico o la conoscenza per ottenere la spintarella. E la mafia, che esprime sempre l’esasperazione dei valori siciliani, finisce per fare apparire come un favore quello che è il diritto del cittadino… La Sicilia è una terra dove, purtroppo, la struttura statale è deficitaria. La mafia ha saputo riempire il vuoto a suo modo e a suo vantaggio, ma tutto sommato ha contribuito a evitare per lungo tempo che la società siciliana sprofondasse nel caos totale. In cambio dei servizi offerti (nel proprio interesse, non c’è dubbio) ha aumentato sempre più il proprio potere…”.
    Ma Falcone era ottimista, tanto da affermare che “anche con il nostro arsenale legislativo complesso e spesso contraddittorio si può impostare una vera e propria azione repressiva in presenza di delitti senza autore e di indagini senza prove. “Possiamo sempre fare qualcosa”: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto. Per evitare di rifugiarsi nei facili luoghi comuni, per cui la mafia, essendo in prima istanza un fenomeno socioeconomico – il che è vero -, non può venire efficacemente repressa senza un radicale mutamento della società, della mentalità, delle condizioni di sviluppo. Ribadisco, al contrario, che senza la repressione non si ricostituiranno le condizioni per un ordinato sviluppo. E, lo ripeto, occorre sbarazzarsi una volta per tutte delle equivoche teorie della mafia figlia del sottosviluppo, quando in realtà essa rappresenta la sintesi di tutte le forme di illecito sfruttamento delle ricchezze. Non attardiamoci, quindi, con rassegnazione, in attesa di una lontana, molto lontana crescita culturale, economica e sociale che dovrebbe creare le condizioni per la lotta contro la mafia. Sarebbe un comodo alibi offerto a coloro che cercano di persuaderci che non ci sia niente da fare. Certo dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l’eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”.
    Questa frase, che si potrebbe scrivere come esergo alla vita di Falcone, perché compendia la sua fiducia ‘illuministica’ nella forza della ragione e dei suoi postulati, è con altrettanta forza scolpita sui petti dei siciliani che nell’azione coraggiosa e nell’insegnamento di Falcone crediamo ancora.
    Epperò, che cosa è cambiato in Sicilia, in questi vent’anni? Tanto. A cominciare dai partiti politici. Infatti, a quelli defunti con Mani Pulite ne sono subentrati altri. Ma sono spariti i privilegi dei politici e delle coorti dei loro cortigiani, sono spariti i costi esorbitanti di una macchina mangiasoldi, quale è la Regione siciliana, e soprattutto sono sparite le zone d’ombra dove politica e criminalità organizzata s’incontrano? Abbiamo un ex presidente della Regione in carcere per contiguità alla mafia e il presidente che gli è succeduto si è dimesso qualche giorno fa perché pure su di lui pende un’accusa di voto di scambio e quindi di frequentazioni mafiose.
    I siciliani che non vogliono cedere al fatalismo e all’eterno ritorno dell’identico stanno, ancora e sempre, – ribadisco con forza – dalla parte di Falcone e del suo insegnamento, che ha indicato la mafia come un fenomeno storico, destinato dunque a scomparire. Ma perché questo avvenga è necessario puntare, oltre che sulla repressione da parte di polizia e magistratura, sull’educazione, continua e capillare, di tutta la società, a cominciare dai giovani, i soli veri banditori della speranza che la legalità, cioè l’interesse dello Stato, prenda stabilmente il sopravvento sugli interessi privati, secondo il codice proprio della mentalità mafiosa.

  13. Caro Massimo, scrivo a nome di un gruppo di ragazzi che credono ancora nella possibilità di un mondo migliore. Uomini come Giovanni Falcone hanno contribuito a rendere questo nostro mondo un po’ migliore di come sarebbe stato, e per farlo ha dato la propria vita.
    Lasciamo qualche citazione di Giovanni Falcone. Nelle prime è indicata la fonte. Le successive sono tratte dal volume “Cose di cosa nostra”.
    Grazie. Ciao.

  14. Perfettamente d’accordo con quanto scritto da Paolo Fai.
    E ora, qualche citazione.

  15. È tutto teatro. Quando la mafia lo deciderà, mi ammazzerà lo stesso. (citato in Juan Arias, La mia triste Italia, El Pais, 15 giugno 2009)

  16. L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza. (Falcone intervistato da Marcelle Padovani in La solitudine del Giudice Falcone)

  17. Il quadro realistico dell’impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. Emotivo, episodico, fluttuante. Motivato solo dall’impressione suscitata da un dato crimine o dall’effetto che una particolare iniziativa governativa può esercitare sull’opinione pubblica.

  18. La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.

  19. La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.

  20. Lo stesso meccanismo di espulsione, praticamente, che si ritrova tra gli eschimesi e presso altri popoli che abbandonano i vecchi, i malati gravi, i feriti perché intralciano il loro cammino in una terra ostile, mettendo in pericolo la sopravvivenza di tutti. In un gruppo come la mafia, che deve difendersi dai nemici, chi è debole o malato deve essere eliminato.

  21. Perché rievoco questo episodio? Perché dimostra ancora una volta quanto siano abili, decisi, intelligenti i mafiosi, e quanta capacità e professionalità è necessaria per contrastare la violenza mafiosa. La mia grande preoccupazione è che la mafia riesca sempre a mantenere un vantaggio su di noi.

  22. Per vent’anni l’Italia è stata governata da un regime fascista in cui ogni dialettica democratica era stata abolita. E successivamente un unico partito, la Democrazia cristiana, ha monopolizzato, soprattutto in Sicilia, il potere, sia pure affiancato da alleati occasionali, fin dal giorno della Liberazione. Dal canto suo, l’opposizione, anche nella lotta alla mafia, non si è sempre dimostrata all’altezza del suo compito, confondendo la lotta politica contro la Democrazia cristiana con le vicende giudiziarie nei confronti degli affiliati a Cosa Nostra, o nutrendosi di pregiudizi: “Contro la mafia non si può far niente fino a quando al potere ci sarà questo governo con questi uomini”.

  23. Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto.

  24. Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.

  25. Temo che la magistratura torni alla vecchia routine: i mafiosi che fanno il loro mestiere da un lato, i magistrati che fanno più o meno bene il loro dall’altro, e alla resa dei conti, palpabile, l’inefficienza dello Stato.

  26. Un’affermazione del genere mi costa molto, ma se le istituzioni continuano nella loro politica di miopia nei confronti della mafia, temo che la loro assoluta mancanza di prestigio nelle terre in cui prospera la criminalità organizzata non farà che favorire sempre di più Cosa Nostra.

  27. Ho un ricordo vivissimo del 23 maggio 1992. Era un pomeriggio di un sabato dal cielo plumbeo, a Palermo. Ero una studentessa di Filosofia e tornavo a casa, accompagnata dalla mia migliore amica, in vespa, quando il portiere ci diede questa terribile notizia! Oggi mi sento molto amareggiata ed anche scoraggiata perchè mi sembra che la Sicilia sia irredimibile. Mi spiace dirlo. Ma ci sono poteri forti, coi colletti bianchi che sfilano pure nelle manifestazioni contro la mafia, che siedono accanto ai figli dei magistrati uccisi e poi col loro potere cercano di intimidire chi fa il proprio dovere di denuncia del malaffare quotidiano. Vorrei tanto che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino fossero ancora con noi!

  28. Ne approfitto per salutare e ringraziare: Letizia Morelli, Giorgio, Midori, Luca, Antonello, Mirella, Anna, giovani siciliani per un mondo migliore… e tutti coloro che sono intervenuti in forma anonima.

  29. Caro Massi,
    grazie di cuore per questo ricordo commosso e importante alla memoria di Giovanni Falcone.
    Quel giorno la notizia arrivò mentre studiavo, stavo dando una delle ultime materie (mi sarei laureata di lì a poco in giurisprudenza), procedura penale. Sostammo tutti per ore innanzi al telegiornale, e nelle ore seguenti, in facoltà, si organizzarono i treni per partecipare ai funerali a Palermo. 
    Furono giorni di un lutto greve, amarissimo, in cui la pena del cuore non bastava a placare la rabbia, lo sdegno, lo sconcerto per la barbarie.
    Fu in quel contesto che molti di noi maturarono l’idea di diventare magistrati, come poi avvenne.
    Io per prima fui ispirata da quel sacrificio, e rinnovai la mia decisione pochi mesi dopo, quando anche Paolo Borsellino perse la vita.

  30. L’estate dopo (era il 1993) ero già a Roma, all’hotel Ergife, per gli scritti del concorso in magistratura. Tra i tanti partecipanti, anche Manfredi Borsellino (attualmente commissario di polizia).
    Quando arrivò la notizia dal ministero del superamento degli scritti,  quelle bombe  tuonarono ancora nel mio cuore, e  quella solitudine nell’andare incontro alla morte, e quella serenità nel compiere il proprio dovere, rendendosi testimoni credibili. Martiri.
    Non furono solo eventi, furono passaggi dolorosi alla maturità, furono iniziazioni al mistero del male, al mistero del bene, al mistero del sacrificio.
    Con tutta l’anima rendo onore a questi morti. Ai miei morti.

  31. Oggi si respira un’aria di tensione e grande scoramento. Per motivi diversi rispetto a 20 anni fa. Manca comunque una figura di riferimento come quella di Giovanni Falcone.

  32. ero a casa, lo ricordo bene, rimasi inorridita, turbata e angosciata, sentiì pesantemente l’angoscia della sconfitta dello Stato. ancora oggi, ripensando al sacrificio di Falcone e Borsellino, provo una profonda tristezza, un lutto che segnò le nostre esistenze. Il ricordo e la memoria di quei tristi eventi ritorna carico di speranze,ogni volta che presento agli alunni le figure dei due giudici come testimoni del nostro tempo.

  33. Cara Simo, grazie mille per le tue preziose testimonianze.
    E grazie per indossare la toga con amore, cura e assoluto senso di servizio per lo Stato.
    Grazie di cuore.

  34. Come forse avrete notato dal link indicato qualche commento sopra, parteciperà alla discussione il giornalista e saggista inglese John Follain.
    Ve lo presento…

  35. John Follain nato nel 1966, laureato ad Oxford, scrive per il “Sunday Times” sull’Italia e altri paesi europei. Ex corrispondente da Roma per lo stesso giornale e prima per l’agenzia Reuters, attualmente vive e lavora a Parigi. Ha pubblicato diversi libri dedicati a vicende italiane, tra cui ricordiamo “Gli ultimi boss” e “L’isola di Mussolini”. Vincitore del Premio Viareggio 2002 con “Zoya la mia storia”.

  36. John Follain ha pubblicato di recente, con Newton Compton, il volume “I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia”.

    Ecco una breve scheda del libro:

    In questo volume John Follain – giornalista inglese inviato in Italia proprio in quegli anni – ricostruisce attentamente la dinamica degli attentati e l’inchiesta che ne seguì: dalla disperata corsa contro il tempo di Borsellino per scoprire chi avesse ucciso Falcone, nella tragica consapevolezza di essere il prossimo della lista, fino alla straordinaria parabola investigativa che portò all’arresto dei padrini Riina e Provenzano. Ma il libro fornisce anche una visione d’insieme senza precedenti sul modo in cui opera la mafia siciliana, descrivendo nel dettaglio la progettazione e la realizzazione degli omicidi dei due eroici magistrati.
    Sulla base di nuove ed esclusive interviste e delle testimonianze di investigatori, pentiti, sopravvissuti, parenti e amici, questo saggio racconta minuto per minuto gli eventi che hanno segnato – in maniera irreversibile – il nostro Paese e la lotta dello Stato contro la mafia.

  37. @ John Follain
    Caro John, pongo pure a te le domande del post…
    1. Dove ti trovavi quel 23 maggio del 1992?
    2. Come hai reagito alla notizia della strage?
    3. Cosa scriveresti, oggi, a Giovanni Falcone se potesse leggerti?

  38. @ John Follain
    (Aggiungo queste altre domande)
    5. Che tipo di impatto ebbero le notizie delle stragi del ’92 nella stampa internazionale?
    6. A vent’anni da quelle stragi, cosa è stato fatto – a tuo avviso – di positivo in merito alla lotta alla mafia?
    7. Cos’altro si potrebbe, o dovrebbe, fare?
    8. Parlaci un po’ del tuo libro… Come è strutturato?

  39. è difficile lasciare un pensiero per giovanni falcone senza rischiare di essere banale.
    quando appresi la notizia dell’attentato non stavo molto bene. niente di grave, una semplice influenza. ma la ricordo benissimo proprio per l’associazione con la strage di capaci.
    che altro dire?
    giovanni falcone ha dato fastidio a tanti, anche all’interno dei palazzi e dei luoghi in cui si prendono le decisioni.
    ed è altrettanto certo che la sua mancanza si sente, come hanno detto altri.

  40. mi fa molto piacere la partecipazione di john follain.
    sono curioso di leggere le sue risposte.
    saluti a tutti.

  41. Caro Massimo,
    grazie per la tua ospitalità, un saluto a tutti. Mi interessa molto leggere i ricordi di tutti – quando cerco di spiegare l’importanza di Capaci a colleghi e lettori stranieri, spiego che ogni italiana e italiano si ricorda dov’era in quel momento.
    nel mio caso, ero andato a Firenze a trovare la mia fidanzata (italiana, e da tempo diventata mia moglie) che studiava li. Mi ricordo le prime notizie in tv, non si sapeva chi era il bersaglio, l’unica notizia era che era ancora vivo.
    ho pensato subito a sette mesi prima, il novembre del 1991, quando ho intervistato Falcone per l’agenzia Reuters. mi aveva impressionato moltissimo la sua dignita, il suo rifiuto di parlare di se (nonostante i miei tentativi), e il suo modo di spiegare che la mafia si sconfigge non con eroismo ma con duro lavoro.
    mi disse: “Quelli che ritengono di fare qualcosa di utile sono piu’ esposti di altri, per molte ragioni: per inerzia, ignoranza e codardia di altri. E vengono assassinati, inesorabilmente. Tutto qui.”

  42. Difficile rispondere alla domanda su cosa scrivere a Falcone. Penso che si sarebbe da dirgli quant’è cambiata l’opinione su di lui, che non subisce piu’ gli attachi personali che l’hanno perseguitato in vita.
    e da dirgli che purtroppo l’Italia non ha imparato molte delle sue lezioni, nel senso che certo gli arresti ci sono, e sono tanti, ma non c’è la mobilitazione per la legalità, nel quale ognuno fa il suo proprio dovere/lavoro come aveva auspicato lui.

  43. 5. Che tipo di impatto ebbero le notizie delle stragi del ‘92 nella stampa internazionale?
    un’impatto molto forte, e particolarmente in Inghilterra e negli Stati Uniti, dov’era molto stimato dal FBI e altre agenzie con le quali lui aveva lavorato.
    ma oggi, sono in pochi a ricordare all’estero cosa ha fatto.

  44. 6. A vent’anni da quelle stragi, cosa è stato fatto – a tuo avviso – di positivo in merito alla lotta alla mafia?
    7. Cos’altro si potrebbe, o dovrebbe, fare?
    Penso che si è perso molto terreno conquistato da Falcone e Borsellino. Si, ci sono tanti arresti, e notevoli progressi nella confisca di bene mafiosi, ma prima di tutto si parla molto meno della mafia oggi, e le infiltrazioni mafiose nella politica esistono sempre. E trovo molto preoccupante il fatto che il numero di pentiti sia molto ridotto, sopratutto perchè è stata un’arma usata con forti risultati da Falcone.
    cos’altro si potrebbe fare? sopratutto cercare di diffondere un senso dello Stato piu’ forte, come cercava di fare Falcone che si descriveva come “servitore dello stato”, e agire contro la mafia in modo duraturo, e non in modo episodico quando c’è un nuovo fatto di sangue.

  45. 8. Parlaci un po’ del tuo libro… Come è strutturato?
    ho cercato di raccontare le vite di Falcone e Borsellino, in parallelo con i preparativi mafiosi sopratutto per Capaci. volevo intervistare i mafiosi/pentiti, ho ottenuto i permessi dai ministeri e dai pm, ma poi alcuni avvocati mi hanno chiesto soldi – quindi ho abbandonato quella strada.
    invece mi sono basato su circa 15,000 pagine di documenti giudiziari, trascrizioni di udienze, e testimonianze di pentiti per descrivere nel maggior dettaglio possibile come hanno agito, e cosa pensavano, i mafiosi.
    fortunatamente ho potuto intervistare a lungo due amici stretti di Falcone, Giuseppe Ayala e Franco Lo Voi, per cercare di descrivere fedelmente il suo stato d’animo negli ultimi anni.
    mi ha colpito particolarmente la descrizione che Ayala ha fatto del momento nel quale ha visto il corpo di Falcone; Falcone era rilassato, sorrideva, gli occhi erano ancora chiusi. Ayala si ricordo’ delle volte in cui lo aveva visto dormire durante i loro viaggi.

    il libro racconta quindi la preparazione di Capaci, i 57 giorni nei quali Borsellino cerca disperatamente di capire come sia morto il suo amico, Via d’Amelio, e poi la ricerca lunga vari anni per catturare tutti i responsabili.

  46. mi hanno molto colpito le risposte di john follain, che ringrazio.
    noto due cose in particolare, tra le cose che ha detto.
    a. oggi, sono in pochi a ricordare all’estero cosa ha fatto falcone
    b. la perdita di terreno, rispetto ai risultati ottenuti da falcone e borsellino, e la mancanza si senso dello stato
    sono sostanzialmente d’accordo.

  47. ringrazio massimo maugeri per l’opportunità di confronto che sempre ci dà.
    acquisterò senz’altro il libro di john follain.
    saluti a tutti.

  48. Tra i libri che meritano di essere letti e citati metterei anche, e forse soprattutto, il libro “Storia di Giovanni Falcone” di Francesco La Licata, amico personale di Falcone, ma principalmente uno dei giornalisti italiani (da anni è il “mafiologo” de “La Stampa”) più accreditati sull’argomento.

  49. Caro Massimo, è bellissimo questo spazio dedicato alla memoria di Falcone!
    Ho letto tutti gli altri interventi, compresi quelli interessantissimi di John Follain.
    Molto bello anche quello di Paolo Fai.

  50. La notizia della morte di Falcone fu devastante, anche qui al Nord. Perché la mafia è un problema nazionale, non solo siciliano.

  51. Aggiungo solo questo.
    Sono tantissime le cose da fare. Il primo necessario passo è tenere viva la memoria. Se si perde la memoria, si perde tutto. Il resto viene dopo.

  52. Caro Massimo, aspetto che tu metta on line la puntata radiofonica con Roberto Alajmo sul “lenzuolo contro la mafia”. La ascolterò con tantissima attenzione.
    Grazie di tutto!

  53. Salve, buon pomeriggio. Lascio come contributo, queste due citazioni su Giovanni Falcone.

  54. [Dopo il maxi–processo di Palermo] In un altro Paese gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nella condizione di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario.
    (Alexander Stille)

  55. Maierovitch, uomo dalla loquela sommessa e dai lineamenti un po’ da gufo, divenne un personaggio di spicco nei primi anni Ottanta, quando collaborò con Giovanni Falcone nei suoi sforzi, coronati da successo, di rintracciare i mafiosi latitanti. Insieme i due convinsero Tommaso Buscetta a tornare in Italia e a divenire un pentito di stato nel cosiddetto maxiprocesso alla cupola della mafia siciliana. Nel gennaio del 1992, grazie alla sua testimonianza furono condannati circa 350 capi mafiosi. Falcone e il suo collega, il magistrato Paolo Borsellino, sono i titani della lotta antimafia in tutto il mondo. Furono assassinati in Sicilia a due mesi di distanza l’uno dall’altro, nel 1992, poco tempo dopo che la sentenza del maxiprocesso era stata confermata, e la loro morte scosse, e infine scardinò, il sistema politico italiano. Entrambi erano partiti (giustamente) dal presupposto che i personaggi più importanti della mafia siciliana godevano della protezione delle più alte gerarchie politiche di Roma. Maierovitch mi racconta delle sue cene con Falcone, e di come si ingegnarono per proteggere il grande pentito Buscetta vuoi da possibili omicidi vuoi dal suicidio. (Un tentativo di suicidio quasi gli riuscì mentre era sotto la tutela del giudice brasiliano.) Dapprima Maierovitch sorride nel ricordare il suo amico italiano, ma dopo un po’ comincia a versare lacrime silenziose: un omaggio che ben si addice a Falcone (cui Maierovitch intitolò il suo Istituto di lotta alla criminalità), il cui carisma e impegno in nome della giustizia, alla faccia della classe dirigente corrotta di Roma, hanno fatto di lui un eroe popolare in tutta Italia e presso tutti coloro che nel mondo lottano contro il crimine.
    (Misha Glenny)

  56. Ieri è stata intitolata a Giovanni Falcone una delle più prestigiose sale del ministero della Giustizia, sede in passato delle adunanze del Consiglio superiore della magistratura ed ora del Consiglio nazionale forense. Con una cerimonia che si è svolta ieri nel cortile del palazzo di Via Arenula, il ministro della Giustizia Paola Severino ha voluto rendere onore a Falcone, “uomo delle istituzioni e magistrato del ministero, perché – ha sottolineato il Guardasigilli – rimanga impresso, ora e sempre, il suo monito di libertà ed indipendenza, quale vero e unico baluardo nella lotta di riscatto della società civile”.

  57. Alla cerimonia hanno partecipato il primo presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo, il presidente e il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Giorgio Santacroce e Luigi Ciampoli, il procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, il Consigliere del Presidente della Repubblica per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia Loris D’Ambrosio, il segretario generale del Csm Carlo Visconti, l’ex ministro della Giustizia Luigi Scotti, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Rodolfo Sabelli, nonché i capi dipartimento attualmente in servizio al ministero e molti magistrati che avevano conosciuto Falcone o lavorato al suo fianco.

  58. Falcone – ha sottolineato il ministro Severino nel corso del suo intervento – era uno “straordinario magistrato” che “aveva dell’ordine giudiziario una visione molto seria, profondamente istituzionale”, incentrata sull'”indipendenza dagli altri centri di potere”. Ed infatti – ha fatto notare il Guardasigilli – “nonostante certi attacchi indiscriminati, soprattutto nel momento in cui accettò di ricoprire l’incarico di Direttore Generale degli Affari Penali del ministero, continuò nella sua azione di contrasto al crimine organizzato, con impegno costante e perseverante, senza curarsi di polemiche eccessive e pretestuose”.

  59. Sono trascorsi venti anni dalla strage di Capaci e le parole e l’insegnamento di Falcone restano ancora oggi di stringente attualità. “Sono parole che ci ricordano la necessità di unire le energie migliori per combattere la criminalità organizzata, così come la criminalità comune più vile e pericolosa. Una necessità – ha detto il ministro Severino – che oggi sentiamo con ancora più urgenza dopo l’atroce attentato di Brindisi in cui ha perso la sua giovane vita Melissa Bassi e altre vite sono state messe in pericolo, con conseguenze indelebili. Il dolore di queste ore non può e non deve cancellare la convinzione, nutrita con forza da Giovanni Falcone, che la violenza mafiosa ed ogni altra forma di illegalità, per quanto subdola e penetrante, possano essere un giorno sconfitte”. Lo comunica in una nota il Ministero della Giustizia.

  60. Ciao a tutti, volevo ricordare altre parole di Falcone. Mi disse anche nell’intervista del 1991: “Cosa mi spinge? Solo la consapevolezza che ognuno deve fare il proprio dovere. Basta.”
    Cercavo di farlo parlare di se stesso, ma senza successo. “Parleremo solo della mafia. Non di me. Io non c’entro niente. Un fenomeno come la mafia non si risolve con l’eroismo, solo col duro, faticoso e umile lavoro di tutti i giorni”, disse.

  61. Grazie, John Follain. Quelle parole di Falcone andrebbero scolpite sui muri di ogni palazzo!

  62. Anche secondo me quell’ultima frase ricordata da John Follain è particolarmente significativa.

  63. purtroppo una terra che ha bisogno di eroi, produce anche dei martiri.
    l’auspicio è che non ci sia più bisogno di eroi.
    ma, al momento, siamo ben lontani da una situazione del genere.

  64. Dove eravate quel 23 maggio del 1992? Come avete reagito alla notizia?
    Nel maggio del 92 ero a Viterbo per una parentesi lavorativa che poi ebbe un esito molto breve.
    Da siciliana, rimasi sconvolta. Pensai che era la fine. La fine di tutto. La fine delle speranze. La fine di una possibilità di ripresa.
    Poi, nel tempo, mi ricredetti e tornai in Sicilia.
    Oggi vivo fuori per lavoro. Ma la Sicilia rimane la mia casa, nonostante le crepe sui muri.

  65. Cosa scrivereste, oggi, a Giovanni Falcone se potesse leggervi?
    Scriverei che il suo sacrificio non è stato consumato invano. Che ha dato frutto, in un modo o nell’altro. Che molta gente vive vite lunghe e inutili. Che la sua vita è stata un dono che non si consuma.

  66. Dove mi trovavo il 23 maggio del 1992 ? Non devo fare fatica a ricordarlo. Era maggio ed il mare di Capaci era azzurro e calmo. C’era silenzio ed io scacciavo un pisolino nell’Hotel Saracen dove con mio marito eravamo andati a riposarci per qualche giorno.
    Ad un tratto un fragore inaudito. I vetri delle imposte iniziarono a tremare come colpiti da un vento d’uragano.
    “Il terremoto” mi dissi e scappai per il corridoio dove incontrai gli altri. Sembravamo tutti dei profughi impauriti. Ci interrogavamo l’un l’altro, con gli occhi, alla ricerca di una risposta su quel che era successo. Silenzio. Tornai in camera e mi affacciai al balcone, Un fumo denso avanzava verso il cielo.
    Saranno passati 15 minuti un cameriere in livrea annunciò, con aria tra lo sgomento e lo scontato, l’accaduto:” Hanno ammazzato il giudice Falcone. Potete ritornare nelle vostre camere.”
    In un attimo rividi la scena della mia Polo che avevo comprato da un mese, bruciare sotto casa mia e due ragazzi che, dopo avere rotto il finestrino ed avere versato benzina dentro l’abitacolo, scappavano in motorino, mentre la mia amica dalla finestra accanto mi gridava “Mela Mela cosa gli hai fatto?”
    Come un automa risposi: “Niente”.
    Avevo soltanto fatto una lotta culturale spietata alla mafia per il trionfo della legalità. Non mi ero piegata a richieste e favoritismi, e per far prendere coscienza della parola “omertà” gli alunni avevano sfilato per le vie del quartiere chiusi in sacchi di corda. Avevo per 10 anni organizzato mostre metaforiche, avevo portato nella mia scuola insigni ed odiati conferenzieri che di mafia ne sapevano più di tutti. Avevo in sostanza portato avanti un processo di coscientizzazione sul significato di libertà come civiltà della legalità. Ma forse avevo fatto qualcosa che per me era normale e per loro no. Avevo preteso che la scuola fosse una cosa seria. Avrei voluto sconfiggere la bestia dell’ignoranza, ossia la regina madre di tutte le tragedie.
    Non un giornale parlò della mia macchina bruciata. Compresi che ero sola e mi chiesi con dolore:“Cosa può fare una persona sola?”
    Penso che anche Falcone e Borsellino se lo siano chiesto ed è per questo che mi inchino davanti a Loro.

  67. Caro Giovanni, il tuo morire per la Patria mi ricorda tanto gli eroi dell’impero romano.Con la tua morte ci hai trasmesso il messaggio che “la mafia deve essere distrutta” se vogliamo elaborare una nuova civiltà del terzo millennio.Per questo messaggio che io interpreto come una sentenza mi somigli tanto a Marco Porcio Catone il quale diceva”Ceterum Censeo “Carthaginem esse delendam”. Tu hai visto benissimo che se essa non sarà distrutta periremo noi allo stesso modo come è successo a te.
    Questa è una guerra, anche se sotto forme diverse dalle guerre che si sono fatte, e le guerre vogliono sempre un vinto ed un vincitore.
    Ma penso pure che un giorno la mafia come struttura criminale potrà essere abbattuta ma quanto tempo ci vorrà per distruggerla come mentalità, poichè la mafia, con il suo linguaggio, con il suo modo di gestire gli affari (di cui noi paghiamo anche le tasse), con la sua struttura piramidale, non sarà facile modificarla in breve tempo.Da qui la mia proposta di “lotta senza tregua all’ignoranza”.

  68. Grazie Rita. Forse i miei post ti sono piaciuti perchè espressi non con parole ma con fatti. E per avanzare in questo limbo di anime perse ci vogliono fatti ossia il dare sostanza alle parole , ai rituali, alle messeinscena.

  69. Proprio così. Penso anche che se ciascuno di noi facesse il proprio dovere, senza necessariamente essere eroi, le cose andrebbero meglio.
    Ma c’è chi rema in senso contrario.

  70. Caro Massimo, di seguito la mia riflessione. Franco

    ALLARME E IPOCRISIA.

    I discorsi di Monti e di Napolitano a Palermo non sono stati rituali e sono  stati assai allarmanti. Li ho sentiti in diretta e poi successivamente riascoltati diverse volte e la sensazione continuava ad essere questa; anzi, si accentuava ad ogni nuovo ascolto. In un dibattito a radio popolare il senatore Maritati e Marzio Breda che è un po’ il portavoce giornalistico di Napolitano e scrive sul Corriere della Sera, hanno rilanciato l’allarme confermando parola per parola quanto detto e cioè che “la ripresa da parte della criminalità organizzata della strategia stragista non si può escludere” (Napolitano) e “non ci può essere ragione di stato che impedisca la ricerca delle responsabilità delle stragi, l’unica ragione di stato è la verità.” (Monti).
    La stessa presenza di entrambi ai funerali di stato di Placido Rizzotto oggi a Corleone, e poi di Napolitano a Portella della Ginestra, accentua  la drammaticità di quanto hanno detto.
    Le due dichiarazioni, diverse ma evidentemente coordinate, si riferiscono a due oggetti di indagine differenti. Quella di Napolitano suona, nell’immediato, come  una sconfessione della procura di Brindisi che si è comportata in modo irresponsabile, esponendo due che non c’entravano nulla al rischio di linciaggio e avallando per due giorni la versione del folle isolato: depistaggio o solo cialtroneria? Adesso spunta addirittura la pista della vendetta tipo Colombine mentre compare un messaggio di cordoglio dei detenuti di Lecce e un documento delle BR che dice più o meno, noi non uccidiamo studenti e lavoratori. La cosa ancora più grave però l’ha detta Maritati questa mattina riaffermando che gli inquirenti hanno  un volto, in sostanza l’uomo del video non è nessuno dei due presi e rilasciati, ma un volto preciso è, sicuramente meglio visibile per gli inquirenti delle immagini che vediamo noi. Come si faccia, avendo un volto, a non risalire al soggetto, è cosa che è difficile da spiegare.
    Cosa sta accadendo realmente? Credo che l’allarme sia giustificato e che valga la pena ritornare a questo punto alla dichiarazione di Pietro Grasso di lunedì scorso e che avevo già divulgato, ma che vale la pena di rileggere e interpretare.

  71. ATTENTATO BRINDISI: REATO CON FINALITA’ DI TERRORISMO
    (ANSA) – BRINDISI, 21 MAG – Cambia il reato ipotizzato per l’attentato di Brindisi: da strage si indaga ora per strage aggravata dalla finalita’ di terrorismo (art. 270 sexies codice penale). La conferma e’ arrivata dallo stesso procuratore  nazionale Antimafia Pietro Grasso che ha parlato di ”finalita’ evidenti”. ”Tolta l’ipotesi del fine personale nei confronti delle vittime – ha spiegato Grasso – non c’e’ dubbio che qualsiasi altra ipotesi ha un effetto di terrorismo sia che venga fatto da un singolo isolato, sia da un pazzo, sia  da un’organizzazione  eversiva, dalla mafia o dalla Sacra Corona Unita. In ogni caso – ha concluso -l’effetto e’ terroristico, intimidatorio e questo produce la competenza della Procura distrettuale Antimafia o di quella competente per atti di terrorismo”. L’art. 270 sexies del codice penale considera ”con finalita’ di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o di struggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, nonche’ le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalita’ di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l’Italia”. (ANSA).
    L’accenno iniziale alle “finalità evidenti” (solo per lui perché non risulta dalle dichiarazioni delle procure che ci sia qualcosa di evidente fino a un’ora fa), farebbe supporre che Grasso sa qualcosa che non dice, ma è quello che viene dopo su cui a mio avviso occorre soffermarsi con attenzione. Grasso cita integralmente l’articolo 270 sexsies del codice penale, un articolo assai complesso e anche scritto in un linguaggio abbastanza ostico, specialmente nella parte citata.
    Perché cita il 270? Lo dico, dal momento che penso che non bisogna essere giuristi per sapere che ci sono leggi che puniscono l’associazione criminale sovversiva o meno, in qualsiasi codice. Allora, forse, bisogna porsi un’altra domanda? Perché ha citato proprio la parte sexies, del 270, peraltro assai involuta? Forse perché la frase significativa dell’articolo in questione è questa questo: “costringere le istituzioni a fare o ad astenersi dal fare…”  A chi sta parlando Grasso? Vuol dire che l’Italia sta facendo qualcosa che non dovrebbe fare, oppure non facendo qualcosa che dovrebbe fare e per questo viene destabilizzata? E da chi? E quale sarebbe la cosa da fare o non fare?

  72. Veniamo a Monti: “L’unica ragion di stato è la verità.” Ohibò! Il Presidente è sicuro di quel che dice? È stato improvvido? Niente processo alle intenzioni, prendiamolo in parola anche perché essendo il Presidente del Consiglio e non un cittadino qualsiasi, ci sono tre cose semplicissime che può fare e sono tutte e tre nei suoi poteri:
    1) Togliere omissis e segreto di stato da tutto ciò che riguarda le stragi a cominciare da quella di piazza Fontana (per Portella della Ginestra solo gli americani potrebbero dargli una mano).
    2) Compiere una visita a Forte Boccea (sede del Sismi) e a quelle del grande Oriente d’Italia o a Palazzo Giustiniani: forse qualcuno che ha qualcosa di interessante da dirgli lo trova anche in portineria.
    3) Rileggersi gli atti della commissione Anselmi sulla Loggia P2 e trarne le dovute conseguenze. Se vuole può farne altri due di atti, uno informale l’altro – mi rendo conto – assai problematico: chiedere all’alleato tedesco cosa c’è negliarchivi teutonici che riguardi le stragi in Italia, dal momento che il quartier generale delle operazioni ‘coperte’ si trovava proprio lì. Quello informale è più semplice: potrebbe chiedere qualcosa al Ministro degli Interni del primo Governo Prodi, l’onorevole Giorgio Napolitano: visto che ce l’ha lì di fianco e lo vede più o meno tutti i giorni.
    Gli accenti anomali e allarmati dei due, contenenti persino accenni a frammenti di verità, lo stesso Grasso che dice che occorre la collaborazione di chi sa, però, possono evocare uno scenario ancora più ampio. Io diffido sempre degli uomini di potere che dicono frammenti di verità in Italia, perché non è mai accaduto che lo facessero per un desiderio e una volontà di porre fine a qualcosa, ma soltanto per poterlo reiterare in altro modo, oppure perché si sentono in pericolo loro stessi (vedi il famoso intervento di Forlani a un congresso democristiano del 1972 in cui denunciava in modo ambiguo l’esistenza di un piano di destra per destabilizzare l’Italia.) Mi sono chiesto se Monti e Napolitano sappiano qualcosa che faccia pensare loro che potrebbe travolgerli: o da quel che si prospetta in Europa, o per qualcosa che si prospetta da noi. Credo che a questo punto non bastino le manifestazioni generiche ma ci voglia una campagna di massa che sostenga la cancellazione degli omissis nei casi di strage e che metta alle strette i servizi segreti.

  73. Non se se può interessare come notizia, ma qualche giorno fa, in occasione del 20/mo anniversario della strage di Capaci, l’Fbi ha dedica sul suo sito ufficiale un tributo al Giudice Falcone, definendolo “un coraggioso avversario della Mafia e uno dei primi sostenitori della cooperazione internazionale nella lotta al crimine organizzato”. L’Fbi ha ricordato che “il 23 maggio 1992, un uomo della mafia fece esplodere una bomba sulla strada uccidendo Giovanni Falcone, sua moglie e tre agenti della sua scorta, mentre si trovavano vicino a Palermo. L’assassinio era una vendetta per tutti i criminali dell’organizzazione che Falcone aveva messo dietro le sbarre come giudice istruttore”. 

  74. Leggo dall’Ansa che nel corso di una cerimonia, il direttore dell’Fbi Robert Mueller ha sottolineato come “molto prima che la parola ‘globalizzazione’ divenisse un termine diffuso, il giudice Falcone capì che nessun dipartimento o Paese può combattere il crimine da solo e fece infatti di tutto per coltivare rapporti forti, amicizie, qui negli Stati Uniti e altrove nel mondo”. 
    L’Fbi ha ricordato anche che “il legame speciale tra Fbi e Giovanni Falcone è stato forgiato decine di anni fa”, con due storiche inchieste, a cui partecipò negli Usa Louis Freeh, un procuratore federale di New York City, che sarebbe poi diventato direttore dell’FBI e amico personale del giudice italiano E Freeh era presente alla cerimonia, dove affermato che la mafia ha commesso un “una grave errore di valutazione uccidendo Falcone: non ha intimorito la polizia italiana, e anzi ha fatto in modo che polizia e Fbi lavorassero insieme nell’inchiesta sul suo assassinio”. 

  75. Il Federal Bureau ha riferito che alla cerimonia ha partecipato il procuratore Liliana Ferraro, “amica e collega di Falcone che ha preso il suo posto dopo il suo assassinio, e che ha detto: ‘La polizia italiana e l’FBI continuano a lavorare a stretto contatto insieme contro nemici comuni. E per combattere la criminalità organizzata insieme, si utilizzano ancora molti insegnamenti di Falcone, come ad esempio l’importanza della cooperazione internazionale e la protezione dei testimoni chiavé”. Il direttore Mueller ha quindi sottolineato che le relazioni che Falcone ha creato tra Polizia di Stato Italiana e Fbi “hanno dato frutti enormi in questa epoca di criminalità internazionale e il terrorismo…”Quelle amicizie hanno stabilito lo standard per la cooperazione globale tra le forze dell’ordine.”.

  76. @ Paolo Fai
    Caro Paolo,
    hai fatto bene a citare l’ottimo libro di Francesco La Licata.
    Per completezza di informazione, indico – nel commento a seguire – i riferimenti ad altre pubblicazioni utili.

  77. – Manfredi Giffone, Fabrizio Longo, Alessandro Parodi, Un fatto umano – Storia del pool anfimatia, Einaudi Stile Libero, 2011, graphic novel, ISBN 978-88-06-19863-3
    ***
    – Giacomo Bendotti, Giovanni Falcone, Ed. BeccoGiallo, 2011, graphic novel, ISBN 978-88-85832-90-9
    ***
    – Gian Carlo Caselli e Raoul Muhm, Il ruolo del Pubblico Ministero – Esperienze in Europa, Vecchiarelli Editore Manziana, Roma, 2005, ISBN 88-8247-156-X
    ***-
    Enrico Deaglio, Raccolto rosso: la mafia, l’Italia e poi venne giù tutto, Feltrinelli Editore, 1993, ISBN 978-88-07-12010-7.
    ***
    – Anna Falcone, Maria Falcone, Leone Zingales, Giovanni Falcone, un uomo normale, Ed. Aliberti, 2007, ISBN 978-88-7424-253-5.

    ***
    -Claudio Fava, Cinque delitti imperfetti: Impastato, Giuliano, Insalaco, Rostagno, Falcone, Mondadori, Milano 1994.
    ***
    – Fondazione Giovanni Falcone, Giovanni Falcone: interventi e proposte (1982 – 1992) a cura di F. Patroni Griffi, Sansoni, Firenze, 1994.
    ***
    Luigi Garlando, Per questo mi chiamo Giovanni Fabbri, 2004.
    ***
    Lucio Galluzzo, Obiettivo Falcone, Napoli, Pironti, 1992.
    ***
    Saverio Lodato, Ho ucciso Giovanni Falcone: la confessione di Giovanni Brusca, Milano, Mondadori, 1999.
    ***
    Saverio Lodato, Trent’anni di mafia, Rizzoli, 2008, ISBN 978-88-17-01136-5.
    ***
    Giammaria Monti, Falcone e Borsellino: la calunnia il tradimento la tragedia, Roma, Editori Riuniti, 1996.
    ***
    Luca Rossi, I disarmati: Falcone, Cassarà e gli altri, Milano, Mondadori, 1992.
    ***
    Alexander Stille, Excellent Cadavers, Vintage (Jonathan Cape), 1995.
    ***
    Maria Falcone, Francesca Barra, “Giovanni Falcone, un uomo solo”, Milano, Rizzoli, aprile 2012, ISBN 978-88-17-05617-5.

  78. Ne approfitto, altresì, per ringraziare e salutare gli autori dei più recenti commenti: Giacomo Tessani, Amelia Corsi, Margherita, Ruggero Ravelli, AgenParl, Salvo, Rita, Sebastiano di Vella.

  79. Dal link che segue potete ascoltare la puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 25 maggio con Roberto Alajmo.
    Abbiamo discusso del suo libro “Un lenzuolo contro la mafia. Sono vent’anni e sembra domani” (Navarra), in ricordo – appunto – delle stragi del ‘92 in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino e dell’esperienza del Comitato dei lenzuoli.

    Si tratta della registrazione della presentazione catanese di questo libro avvenuta presso la libreria Cavallotto qualche giorno fa.

    http://www.rhprogrammi.com/letteratitudine/puntata25maggio2012.mp3

  80. Spero che abbiate la possibilità di lasciare ulteriori interventi.
    In ogni caso ne approfitto ulteriormente per ringraziarvi ancora e per augurarvi una serena notte.

  81. 23 maggio 1992, data che non si può, non si deve dimenticare.. Spero che anche i nostri figli ne custodiranno memoria, per cambiare, per migliorare, per credere nei valori, nei cittadini, negli uomini… Quel giorno ero “chiusa”, protetta tra le mura della mia casa. lì, niente poteva accadermi. 
    Quella strage, però, attraversò la mia casa, il mio stato d’animo, il mio senso civico. Come me, tutti i miei amici, parenti fummo totalmente scossi. Quel giorno ci fu dentro di noi un mutamento generale forte, una presa di cosienza istintiva. Scrissi una poesia dedicata a Giovanni Falcone. Scrissi una lunga lettera indirizzata al  Dott.Maurizio Costanzo.
    Volevo far sentire la mia voce, il mio essere siciliana.
    Gioia Galatà

  82. Anche io e mia sorella scrivemmo delle poesie… eravamo più “piccole” allora, eravamo in casa, insieme a familiari che oggi non ci sono più.
    Ricordi innestati indelebilmente… un’estate di morte e dolore, lutto e lamento.
    Spero davvero che la Sicilia e l’Italia tutta diventino una terra bellissima, che le morti di Falcone, Borsellino e di mille altri – famosi, ignori, semplici cittadini, eroi e antieroi – non siano avvenute invano.

  83. Grazie a John Follain e a tutti coloro che stanno pubblicando ricordi e pensieri.
    Bisogna fare collettività, mettersi assieme, trarre forza gli uni dagli altri perché il periodo non è dei migliori.
    Forse non è mai il tempo dei giusti. Essere giusti vuol dire, per definizione, essere contro. Contro tempo, contro luogo, contro circostanze.

  84. Anche nella ricorrenza odierna del 23 maggio 2015… un pensiero accorato e un ringraziamento di cuore a Giovanni Falcone per tutto quel che ha fatto e per tutto quel che continua a fare ancora oggi sulle ali delle sue idee (che nessuna bomba riuscirà mai a spegnere).

  85. Il Capo dello Stato è intervenuto dalla tribuna dell’Aula Bunker ringraziando a nome dell’Italia le vittime delle stragi, parlando di quella di Capaci come di “una profonda ferita per lo Stato”, e lodando l’attività svolta dalle associazioni a favore dello sviluppo della legalità: “Un saluto particolare e un ringraziamento di cuore va alla professoressa Maria Falcone – ha proseguito Mattarella – che ha avuto la forza di trasformare il dolore più grande in una straordinaria energia civile, la quale, a sua volta, ha generato altra passione, creatività, responsabilità; e tutto ciò ha preso forma in reti diffuse di cittadinanza attiva”. “Un saluto caloroso, e un ringraziamento speciale – ha aggiunto Mattarella – rivolgo ai giovani presenti e a quelli che sono collegati in altre piazze d’Italia: voi ragazzi davvero anche per quel che avete detto rappresentate il futuro e la speranza per il nostro paese”. “Le tante associazioni – ha detto ancora – che operano in favore della legalità sono un patrimonio irrinunciabile per il nostro Paese”.

  86. Credo che sia un dovere morale a carico di tutti coloro che credono nella giustizia e nella legalità ricordare Giovanni Falcone in questa ricorrenza.

  87. La figura del Presidente Mattarella è assolutamente credibile e di grande autorevolezza, per cui le sue parole (a differenza di quelle di altri) suonano tutt’altro che vuote.

  88. Roma, 23/05/2019

    Mattarella ricorda le stragi di Capaci e di via D’Amelio

    “L’Italia si inchina nel ricordo delle vittime della mafia”«A ventisette anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio, legate dalla medesima, orrenda strategia criminale, la Repubblica si inchina nel ricordo delle vittime e si stringe ai familiari.
    Vanno ringraziati quanti da una ferita così profonda hanno tratto ragione di un maggior impegno civico per combattere la mafia, le sue connivenze, ma anche la rassegnazione e l’indifferenza che le sono complici.
    I nomi di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina sono indimenticabili. Nella loro disumanità gli assassini li hanno colpiti anche come simboli – a loro avversi – delle istituzioni democratiche e della legalità. Il loro sacrificio è divenuto motore di una riscossa di civiltà, che ha dato forza allo Stato nell’azione di contrasto e ha reso ancor più esigente il dovere dei cittadini e delle comunità di fare la propria parte per prosciugare i bacini in cui vivono le mafie.
    Questa riscossa ha già prodotto risultati importanti. Ma deve proseguire. Fino alla sconfitta definitiva della mafia, che Falcone e Borsellino hanno cominciato a battere con il loro lavoro coraggioso, con innovativi metodi di indagine, con l’azione nei processi, con il dialogo nella società, nelle scuole, soprattutto con una speciale attenzione all’educazione dei giovani.
    Giovanni Falcone avrebbe da pochi giorni festeggiato i suoi 80 anni. La mafia sanguinaria ha spezzato la sua vita, ma non il suo esempio di magistrato, il suo insegnamento di uomo delle istituzioni, la sua testimonianza civile. Falcone, come Cesare Terranova, Gaetano Costa, Rocco Chinnici, non era mai arretrato davanti alla minaccia criminale. Anzi, è stato determinante nel costruire strumenti più idonei di contrasto alla mafia, istruendo il primo maxi-processo, svelando aspetti non conosciuti dell’organizzazione criminale, contribuendo a far nascere la Procura nazionale e le Direzioni distrettuali antimafia. L’eredità costituita dalle sue conoscenze, dalla sua tenacia, dal suo rigore etico, è un patrimonio preziosissimo».

  89. E poi noi saremo il passato. Con i nostri iphone in mano, seduti nei tram, seduti ai tavoli dei ristoranti, in giro per le città, soli. Con le fiction violente o melense, con i cantanti che emergono in una sola notte di voti digitati, con i film sulle famiglie dissestate, con la sessualità che resta incompresa, con i figli senza lavoro e il loro grido disperato. Ci guarderemo nei selfie e inorridiremo per la foggia dei capelli superata. Ieri guardavo una foto di Falcone e Borsellino, camminavano vicini nei loro abiti dal taglio antico e ciò li allontanava, relegandoli in un tempo che sembra non esistere. Che le loro vite spezzate possano ancora servire, che niente si dimentichi. Che i loro vestiti restino come eterni. E così i loro sorrisi…❤️

    (Letizia Dimartino, poetessa e scrittrice siciliana)

  90. È così che scrissi:

    Il giovane che stamani pranza con noi è un palermitano raffinato come sanno esserlo solo i siciliani colti. Sorride spesso, ha in mano un regalo molto gradito da noi, si inchina dall’alto della sua statura. Trascorre l’estate a Capaci. Così dice. E allora dentro me il silenzio si fa grande. Gli altri continuano a parlare. L’immagine dell’autostrada, l’insegna più volte ripresa, il bianco nero, le auto accartocciate, i poliziotti che si muovono nella tragedia, il pianto dentro… Poi versiamo del freddo vino bianco siciliano e torno agli atti consueti. Anche questo pensiero può trasformarsi in una banalità. In una normale domenica d’Agosto

  91. Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai giovani delle scuole coinvolti nel progetto “La nave della legalità”, nel 28° anniversario della strage di Capaci ha detto:

    Mattarella: «Ragazzi, siate fieri dell’esempio di Falcone e Borsellino e ricordatelo sempre»

    Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai giovani delle scuole coinvolti nel progetto “La nave della legalità”, nel 28° anniversario della strage di Capaci

    «A ventotto anni dalla strage di Capaci invio un saluto caloroso a tutti i giovani delle scuole coinvolti nel progetto “La nave della legalità”, che ricorda Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E, con loro, Francesca Morvillo e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Rocco Dicillo, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Claudio Traina.

    I due attentati di quel 1992 segnarono il punto più alto della sfida della mafia nei confronti dello Stato e colpirono magistrati di grande prestigio e professionalità che, con coraggio e con determinazione, le avevano inferto durissimi colpi, svelandone organizzazione, legami, attività illecite.

    I mafiosi, nel progettare l’assassinio dei due magistrati, non avevano previsto un aspetto decisivo: quel che avrebbe provocato nella società. Nella loro mentalità criminale, non avevano previsto che l’insegnamento di Falcone e di Borsellino, il loro esempio, i valori da loro manifestati, sarebbero sopravvissuti, rafforzandosi, oltre la loro morte: diffondendosi, trasmettendo aspirazione di libertà dal crimine, radicandosi nella coscienza e nell’affetto delle tante persone oneste.

    La mafia si è sempre nutrita di complicità e di paura, prosperando nell’ombra. Le figure di Falcone e Borsellino, come di tanti altri servitori dello Stato caduti nella lotta al crimine organizzato, hanno fatto crescere nella società il senso del dovere e dell’impegno per contrastare la mafia e per far luce sulle sue tenebre, infondendo coraggio, suscitando rigetto e indignazione, provocando volontà di giustizia e di legalità.

    I giovani sono stati tra i primi a comprendere il senso del sacrificio di Falcone e di Borsellino, e ne sono divenuti i depositari, in qualche modo anche gli eredi.

    Dal 1992, anno dopo anno, nuove generazioni di giovani si avvicinano a queste figure esemplari e si appassionano alla loro opera e alla dedizione alla giustizia che hanno manifestato.

    Cari ragazzi, il significato della vostra partecipazione, in questa giornata, è il passaggio a voi del loro testimone.

    Siate fieri del loro esempio e ricordatelo sempre».

    Roma, 23/05/2020

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