Luglio 27, 2024

101 thoughts on “LAVORATORI DI OGGI: “RISORSE UMANE” O “RISERVE UMANE” ?

  1. ho letto l’ultimo libro di avoledo e mi pare davvero buono. all’altezza degli altri.
    per quanto riguarda la lettera di benedetto esprimo la massima solidarietà a lui e a tutti suoi colleghi di lavoro. sono tempi duri. la generazione odierna che va dai ventenni ai trentenni (e oltre) è praticamente una generazione fregata. hanno rubato certezze dando in cambio precariato e becera flessibilità.
    non va bene. non va affatto bene.

  2. In prima battuta, tutta la mia solidarietà per Benedetto; nella speranza che la pubblicazione di queste notizie contribuisca a un cambiamento di rotta, da parte della sua azienda: o che almeno sostenga i cittadini lavoratori in una rivendicazione comune, finalmente extrapartitica e non ideologica, ma semplicemente civile. E democratica. Avrebbe il sostegno di molti liberi cittadini.
    In seconda battuta, Massimo, grazie per aver nominato il libro. Naturalmente, correttezza e coscienza civile impongono di non nominarlo più da questo momento in avanti; voglio contribuire al dibattito in corso senza chiamare in causa quel che ho scritto, per onestà.
    *
    L’argomento è doloroso, per tutti. Scrive bene Gennaro Iozzia, con grande chiarezza e semplicità: “la generazione odierna che va dai ventenni ai trentenni (e oltre) è praticamente una generazione fregata. hanno rubato certezze dando in cambio precariato e becera flessibilità.
    non va bene. non va affatto bene” – e da classe 1978 non posso che annuire.
    *
    Domani – o più tardi – vorrei intervenire raccontando cosa significa essere figlio di un ex sindacalista e nipote di un padrone: questo può aiutare a dare voce a entrambe le campane, come vorresti tu.
    Grazie, sai?
    franco
    *
    Pardon per i refusi, stanchissimo.

  3. Ciao Benedetto, vivo una situazione simile a quella tua anche se in un’azienda completamente diversa. Mi consola il fatto di non aver famiglia. Ma porco mondo, se volessi metter su famiglia come dovrei fare in queste condizioni?

  4. ”Capitalismo arruffato e pasticcione” dice Benedetto a ragione.
    Bene – anzi male: – cerchiamo di proporre dei cambiamenti (che a piangere ci si rimettono solo gli occhi e la salute: esperienza personale).
    Una soluzione ideale sarebbe che la gente in Italia la smettesse di pensare agli affari propri e capisse che bisogna proporre a voce alta MAGGIOR TUTELA PER CHI LAVORA IN OGNI CAMPO, AL DI LA’ DEI (LEGITTIMI) AFFARI FINANZIARI DEI PADRONI ED ENTRO DELLE LEGGI PRECISE, CHIARE, SERIE ED OMNICOMPRENSIVE (e cosi’ dovrebbe essere un cittadino italiano qualunque, altresi’ credo).
    Chi scrive o vende la mortadella, lavora a un centralino telefonico come Benedetto o fa qualsiasi altro mestiere deve essere SEMPRE tutelato da contratti di lavoro quantomeno triennali e il cui mancato rinnovo deve esser seriamente motivato dal datore di lavoro. Senno’ facciamo l’AMERITALIA. E questo non mi va giu’. Poi, che giudici e Guardia di Finanza si risparmino un po’ meno a verificare severamente certe transazioni sibilline, certi arricchimenti precoci, certi sminestramenti nel torbido della finanza imprenditorial-piratesca italiana.
    Bisogna tornare ai tempi di Craxi, amici miei. Monetine sugli arraffoni ladri e speculatori.
    Sergio Sozi (arrabbiato)

  5. P.S.
    Integrazione: io sono un figlio della borghesia intellettuale italiana, ma continuo a precisare: smettiamola di pubblicare i libri senza esser pagati. Questo malcostume deve essere interrotto. L’andazzo deve esser diverso in OGNI campo lavorativo, ripeto e ripetero’ fino allo sfinimento.
    Sergio

  6. Sergio, come può questa non essere “Ameritalia”? Abbiamo perso la guerra, il territorio è militarmente controllato; culturalmente colonizzato; economicamente dipendente. Siamo un gran mercato, e una bella piattaforma aerea. Il tuo discorso è convincente e sensato; purtroppo, se vuoi sentire la visione americana del nostro stato (e di questo Stato), prova a leggere “Palinsesto” di Vidal. Al di là delle notizie autobiografiche – è un memoir – ti colpirà tanto sentire come percepivano lo sbarco in Italia, post-guerra, e cosa pensavano degli italiani. Soprattutto, sentendo l’ex figlio dei dixies parlare di Nazioni controllate dall’America (penso alle pagine sul Guatemala…) avrai un brivido. Hai nominato correttamente chi è responsabile di tante riforme e tanti cambiamenti. E adesso? Come fronteggiamo questa occupazione, illecita almeno post 1989? Averne coscienza è certo un primo passo.
    Mi domando: è coscienza così condivisa? Se così fosse, non dovremmo domandarci il perché di certe riforme: del contratto dei lavoratori; della scuola; del sistema elettorale, ad esempio. Né dovremmo domandarci perché per i nostri governi l’America ha sempre ragione, quali che siano le guerre colonialiste in atto. Perché sapremmo già che siamo un Paese Vassallo. Proviamo a domandare le riforme direttamente al loro Presidente. Forse facciamo prima.
    *
    con stima.
    gf

  7. Caro Franco,
    ora che me l’hai detto, io quel libro di Gore Vidal non lo leggo – che gia’ sono sufficientemente angustiato ed imbestialito. Grazie, comunque: hai detto tutto tu ed io ora mi metto a tradurre dall’inglese (oibo’!!) qualche riga ancora e do’ il bacio della ”Buona Notte-Mattina” a tutti i Letteratitudiniani.
    Almeno ”fra le righe” l’inglese ”ci” da’ da mangiare!!! (eh! eh! eh!)
    Tuo
    Sergio

  8. Ho cominciato a frequentare il Guatemala negli anni novanta e ad interessarmi di diritti umani più o meno negli stessi anni. Quando si parla di di diritti umani si pensa alla pena di morte e mai al diritto di vita.
    Diritto alla vita, include progettualità, serenità e quando é possibile felicità. Non quella che i presidenti ci promettono come una lucciola davanti alla lanterna, ma quella per cui ogni essere umano dovrebbe vedere la luce di questo mondo.
    Se leggete il bellissimo libro di Rumiz “La leggenda dei monti naviganti” vi renderete conto che esiste un’altra Italia, vitale e segreta che abita le montagne, le valii e i territori solitari é l’Italia della Resistenza.
    Mi pare che sia stato Aldo Nove stesso, che in un intervista abbia detto che preferise il computer ad un viaggio in Tibet, poiché chi fa denuncia attraverso la scrittura é comunque imbevuto di ipetcnologia intelletual-genetica.
    La globalizzazione é come una grande zattera che traghetta gli umani da una deriva all’altra senza mai toccare veramente Terra. Perché Terra ormai fa paura e perché la stessa letteratura (anche quella italiana “gestita” da case editrici quali Einaudi o Stile Libero in particolare )si occupa solo di Isole. Di storie galleggianti che procedono inesorabili verso il Nulla. Questo nulla post marxista con cui certi signori con la barba, dall’aria profetica, hanno alimentato tutti i letterati di ultima generazione. Certo é che i giovani letterati al massimo si spaccano in un call center, certo é che i giovani letterati ambiscono a carriere cartacee, universitarie, o confondono la filosofia con il marketing.
    Leggete il bellissimo libro di Etayn Addey, “Una gioia silenziosa” pubblicato da Ellis Selae la cui omonima rivista é una gioiello di resistenza attiva. (www.ellinselae.it) Etayn negli anni ottanta abbandona il suo lavoro in una multinazionale farmaceutica perché capisce che é meglio dipendere dalle proprie gambe che non dal petrolio, che é meglio dipendere dalla Natura che non dai capricci dei signori delle banche. La vita di Etayn é frugale nelle cose materiali, ma é una vita degna di essere vissuta nelle cose reali.
    Quando Marx ha scritto che non é la coscienza che determina vita, ma la vita che determina la coscienza, aveva previsto il vero disastro del capitalismo. I diritti civili calpestati sono cosa grave, gravissima, ma sono storicizzabili, mentre la distruzione di un identità in cui ogni essere umano possa riconoscersi é il vero dramma lungo cui si snoda la storia di questo secolo.
    Non ci dobbiamo incazzare perché manca il lavoro, ma per tutto quello che stanno facendo alla nostra anima, alla nostra intelligenza. Qualsiasi luogo di lavoro, qualsiasi, sia da un dollaro al giorno che da ventimila al mese, é un ” non luogo” un contenitore a perdere dove i signori delle banche frullano pattume umano da smaltire.

  9. Il vero problema e` che secondo me il sistema non funziona proprio da un punto di vista economico.
    Mi spiego.
    Si crea una generazione impaurita e precaria che guadagna stipendi da fame, in netta involuzione rispetto ai propri genitori.
    Una generazione che non viaggia, non spende, non legge, non e` felice.
    Una generazione che persino da un punto di vista economico, e questo dovrebbe rappresentare qualcosa per il sistema stesso, e` assolutamente dannosa per il sistema nel quale vive.
    E tutto questo per permettere a pochi capitalisti di aumentare a dismisura i propri profitti, con il beneplacito di una classe politica inetta e inerme.

    Veniamo al caso in particolare della Vodafone.
    Si tratta di una azienda con quattro miliardi di profitti, bei soldarelli, che ha fatto della crescita umana dei propri dipendenti e del rispetto dei clienti una delle sue “mission”.
    Ed ora con un giro di valzer decide che un migliaio di questi dipendenti, siccome sono altamente specializzati ( parole loro) e` meglio che vadano a spendere la propria professionalita` altrove.
    Ovviamente l`azienda che compra ha rapporti contigui, se non di piu`, con la vodafone e cosi` chi compra e vende appartiene allo stesso potentato economico con le persone sballottate qui e li` come fossero sacchi di patate.
    Credo sia il caso di riflettere.
    Temo questa non sia la strada giusta.

  10. Carissimi,
    Massimo continua a meravigliarmi per l’acume con cui coglie i “punti sensibili” della società italiana, operando una commistione tra letteratura e sociologia che si era un po’ interrotta negli ultimi trent’anni, e chiedendo, tra le righe, una narrativa militante.
    Parafrasando De Andre, potremmo dire “…anche se non ve ne siete accorti, siete lo stesso coinvolti!”
    Non è possibile continuare a nascondere la testa tra le pagine che scriviamo, come struzzi.
    La narrativa può essere uno strumento più forte della saggistica che analizza con dati freddi e sconfortanti la tragica organizzazione del lavoro oggi.
    Qualcuno della mia età può ricordare quando negli anni settanta i libri venivano agitati a mo’ di bandiera, bhe, se si riuscisse a scrivere un romanzo-bandiera non sarebbe una cattiva idea, un libro che coinvolgesse le coscienze e le unificasse sull’umanizzazione del lavoro.
    Un testo che spiegasse, a chi ha tanti soldi; a quei ricchi che con il proprio patrimonio potrebbero ripianare i debiti di un’Albania, una Somalia, di un Darfur.
    Una specie di “Via col vento” alternativo, solidale e politicall correct.
    Io non ne sarei capace. Per incapacità letteraria, per l’essere stato coinvolto in anni di lotte perdute e per la nausea che questo retaggio mi produce: ho la nausea da rivoluzione, ma anche da riformista, ma voi giovani no!
    Vi prego, provateci!

  11. “…a quei ricchi che con il proprio patrimonio potrebbero ripianare i debiti di un’Albania, una Somalia, di un Darfur…” * che solo guadagnando un 5% in meno potrebbero far progredire le loro nazioni (specialmente i capitalisti italiani) e vivere in un altro mondo “possibile” anche loro…

    *scusate, il concetto era monco

  12. L’argomento meriterebbe una serie di annotazioni e considerazioni che attualmente non sono in grado di fare perchè mi manca la serenità necessaria per essere onesta e obbiettiva fino in fondo. In più sono una madre che lavora e qui si aprirebbe un’altra voragine infinita davvero.
    Penso che lo sfogo di Benedetto sia drammatico perchè denuncia un abuso, un sistema malato proprio nelle fondamenta, che se ne frega delle masse lavoratrici e le sposta come pedine a piacimento. Ma penso anche che una qualche forma di miglioramento dovrebbe partire dal basso, dalle piccole realtà economiche per ‘rieducare’ gli imprenditori o comunque chi ‘muove’ ‘stè benedette risorse umane. Azzerare talune logiche e ripartire con poco, piccole cose, gesti semplici che ridiano ai lavoratori di qualsiasi genere e tipo il rispetto, la dignità e un minimo di equità nel rapporto forza lavoro impiegata e reddito percepito. Ho qualche ricordo vago delle lezioni di economia e di certo ci sono molte teorie che hanno analizzato i mercati e le crisi. Sta di fatto che se i più non consumano a mio avviso il circolo vizioso che si crea ha un solo senso e lo porta avanti a testa bassa a beneficio di chi cavalca l’onda. Poi.
    Il rovescio della medaglia c’è, eccome. Ci sono i ‘furbi’ (dov’è poi che non si trovano?) quelli che tra mutua e infortunio l’azienda li vede tre giorni in tre mesi. Quelli che ogni giorno stanno in pausa due ora. E via dicendo.
    Personalmente in undici anni di lavoro ho visto un pò tutte le principali varianti e penso che del lavoro da fare ce ne sarebbe in entrambi i senso per quanto mi sembra più frequente la dinamica ‘riserva umana’.
    E quando ti ritrovi dopo anni di duro lavoro e dedizioni (ore di straordinari tolte alla famiglia e agli affetti, fatica fisica e mentale che si è scaricata sulla vita privata, …) trattato come una pezza da piedi e defraudato anche del riscontro economico minimo… ecco. Se la voglia di lavorare non ti salta addosso non mi scandalizzo più.

  13. Sì, certo. Il titolo è bello. Provocatorio. Siamo tutti bravi a provocare.
    Non è che uno dei problemi è che manca la voglia di lavorare? Non è che come dice bene la Gozzi, a molti, la voglia di lavorare non salta addosso?
    Forse siamo abituati a lamentarci un po’ troppo. Forse ci dimentichiamo i sacrifici che hanno fatto i nostri padri e i padri dei nostri padri. Quelli che lasciavano paese e famiglia in cerca di pane. Magari in un altro continente. Quelli che avevano problemi veri.
    Siamo tutti bravi a lamentarci. Chi si lamenta, perché non prova a fare l’imprenditore? Perché non prova a sentire sulla propria pelle il rischio di potercela non-fare?

  14. X Anonimus
    Sono figlio di un piccolo artigiano, e capisco il suo ragionamento.
    Ma qui non stiamo parlando di dipendenti svogliati che vengono allontanati in modo piu` o meno lecita, ne` tantomeno di imprenditori che hanno paura di non farcela.
    La Vodafone, come tante aziende che stanno esternalizzando a piene mani, hanno bilanci da capogiro e situazioni economiche assolutamente invidiabili.
    Si tratta solo di manovre che rispondono ad indicazioni di tipo finanziarie in barba o in modo del tutto indifferente ai destini di molte persone.

  15. Mi spiace aver creato un fraintendimento, in un certo senso. Io facevo un ragionamento complessivo partendo dal basso perchè mi sembrano le realtà più frequenti e già marce in Italia. Il discorso di chi non ha voglia di lavorare e si approfitta del sistema tendendo la corda delle tutele al lavoratore era inserito in un contesto più ampio solo per ricordarci che c’è chi (come nell’esempio del post, la Vodafone) dall’alto della sua posizione ‘gioca’ coi proprio lavoratori come fossero soprammobili, ma nelle piccole aziende ci sono anche quelli che ho definito ‘i furbi’. Nell’ottica di non spingere la bilancia da una sola parte. Tutto qui.
    A ragione Outworks110 quando dice che il problema era orientato sul discorso esternalizzazioni per mantenere o aumentare un capitale già invidiabile. ‘Manove’. Che se ne fregano del valore umano, perchè siamo ancora un valore? Mhmmm… questa è una di quelle mentalità che, come già accennato, a mio avviso andrebbero corrette dal basso per arrivare ai massimi livellli.

  16. Fino all’altro giorno, ma credo persista, in un giornale di annunci economici c’era il seguente trafiletto: “impresa di costruzioni di Bucarest cerca a Roma lavoratori in campo edilizio per impiego a tempo indeterminato in Romania”.
    E’ ovvio che un caso del genere non possa costituire un fenomeno. Però credo che almeno una riflessione possa spingerci a farla. E forse potremmo considerare che tutta quella marea di contratti strambi “co.co.co”, “rin-tin-tin” e “trottolino amoroso du-du da-da-da” siano alla lunga carta da culo.
    Escamotage, insomma, per un mondo del lavoro che non cresce e ciò anche per pigrizia e mancanza di fantasia. Non mi pare, infatti, che un’azienda possa prosperare solo se assume lavoratori a progetto, a tempo determinato o a marchette come le troie.
    Un paese il cui capo del governo (chiunque esso sia) sta in posa nelle foto ricordo del G8, dovrebbe essere in grado di offrire schemi e modelli, tanto educativi quanto lavorativi. E in ciò, ovviamente, insieriamo anche la scuola e l’università.
    Solo quando ci sarà un’offerta degna di questo nome, potremmo davvero selezionare i volonterosi dai pelandroni cronici. Fermo restando che una sacca di emarginazione sarà sempre e comunque fisiologica.
    Sono stato spesso a Londra. L’ultima volta stavo a cena con alcune persone inserite in contesti economico-lavorativi decisamente importanti. Mi hanno detto senza mezzi termini che l’offerta di lavoro (di tutti i lavori) nel Regno Unito è straordinaria. E l’Inghilterra, mi pare, sia uno di quei paesi accanto ai quali ci facciamo fotografare al G8. Ma noi, per ora, veniamo sfocati. Ciò premesso, che un’azienda tenti di fare profitto mi sembra normale. Non è normale se rifiuta di investire parte dei ricavati in nuovi posti di lavoro. Alla lunga le forze-motrici si fermano per esaurimento. E se il ricambio non c’è, un intero settore produttico può andare in crisi o diventare asfitico.

  17. per enrico gregori.
    bello il tuo intervento. temo però che il problema del ricambio non ci sia. dice bene massimo quando pone la domanda “risorse umane” o “riserve umane”? di riserve ce n’è a bizzeffe. è questa la verità. c’è fame. c’è bisogno. siamo tutti alfabetizzati e con cultura medio-alta. vogliamo fare lavori con i quali non sporcarci le mani. loro lo sanno. e se ne approfittano.

  18. Per Gennaro Iozzia
    Ci sarà anche quello, per carità. Sforniamo laureati destinati a non trovare un posto ‘all’altezza’ della qualifica ottenuta (e questo si sa già, il più delle volte, ancora prima che si laurino).
    Però io ho visto più di frequente l’altra faccia. Gente con il diploma al massimo che si accontenterebbe anche di un posto da operaio/a se gli/le fosse dato l’opportunità di lavorare in una condizione quanto meno accettabile e dignitosa. Senza patire cinque anni tra contratti a termine e co.co.de e sospensioni poi progetti del nulla. Senza la paura di non poter pagare tutto. Senza il timore di non farcela (e per questo c’è chi ha rinviato la formazione di un proprio nucleo famigliare e sopratutto i figli).
    O se proprio vogliamo rimanere sul piccolo piccolo ma scrivere con massima cognizione, io sono una diplomata in ragioneria. Punto. Lavoro da quando mi sono diplomata (ho fatto un figlio due anni fa ma sono rientrata dopo sei mesi) e non chiederei di meglio che rendermi utile. Rendermi utile in base a quello che so fare (studi ed esperienza). Ma.
    Mi fermo qui.

  19. capisco cosa intendi, barbara. credo che il nodo principale sia lì, nell’incertezza, nel timore di non farcela. ma è questo che mi fa rabbia. possibile che in una società che si autodipinge come opulenta un lavoratore debba essere costretto a rinviare a data da destinarsi la formazione di una famiglia? la famiglia non dovrebbe essere alla base di questa società?

  20. Siamo entrati in una fase in cui il capitalismo mostra tutti i suoi limiti. Però, è un cane che si mangia la coda, perchè ragionare solo in termini di profitti, sempre più crescenti, finisce alla lunga con determinare un impoverimento delle idee imprenditoriali, lucrando unicamente sulle retribuzioni, e al riguardo il fenomeno si evidenzia con i contratti a tempo determinato e con la globalizzazione, due invenzioni che sono criminali.
    Qui non si tratta di essere di destra o di sinistra, ma di guardare la realtà e questa non è nè di destra nè di sinistra: c’è un esercito di precari quasi schiavi che non ha nemmeno la possibilità di programmare il suo avvenire, perchè tutto è incerto. E’ una condizione disumana, una sorta di regressione ai peggiori livelli primitivi, e questo in nome della produttività.
    L’origine di questo male? L’industrialismo, il predominio dell’attività industriale su tutte le altre, una sorta di Moloch che impone continuamente di trovare gente disposta a comprare, e si fa con due sistemi: riducendo il costo di produzione e inventando nuovi bisogni, con tutte le conseguenze nefaste anche a livello di ambiente.
    Al riguardo invito, chi interessato, a leggersi i libri sull’argomento scritti da Massimo Fini e se vuole avere un’idea in breve può dare un’occhiata ad alcuni miei editoriali, i cui link sono di seguito:
    http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=42&det=1974
    http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=42&det=1573
    http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=42&det=1497

  21. Intanto solidarietà a Benedetto ed ai suoi colleghi.
    Più tardi spero di tornare per scrivere qualcosa di più.
    Smile

  22. X Elektra

    Grazie da parte di tutti gli “esternalizzandi” della Vodafone.
    Sei in 914 cuori.

  23. Alla mia età (50 passati) auspico un’utopia, che so impossibile, ma lasciatemi sognare! Che nessuno lavori più per questi capitalisti italiani sfruttatori.
    Non che nelle altre nazioni non ci sia sfruttamento, ma in Italia, anche nelle multinazionali estere, il management è particolarmente incapace e nello stesso tempo prepotente e prevaricatore.
    E i lavoratori sviluppano, chi più chi meno, delle malattie dovute certamente allo stress e alle umiliazioni subite.
    Il fenomeno dell’outsurcing o esternalizzazione, va a completare questo bel quadretto. E’ la classica ciliegina sulla torta.

  24. a benedetto/outworks 110.
    se siete in 914 perché non ne approfittate? mandate 914 commenti. insomma, fatevi sentire. costringete i vostri manager al dialogo. è un’occasione, no?

  25. Solidarietà a Benedetto e ai suoi 914 colleghi anche da parte mia. Iozzia ha ragione, perché non scrivete tutti? Avete parlato con i sindacati?

  26. Le iniziative al momento sono un blog tenuto dai sindacati, http://vodafonepeople.blogspot.com/ ed uno sciopero il 5 ottobre con manifestazione unitaria a Milano e Roma.

    Quanto al dialogo con il management esso non esiste, poiche` non esiste alcun problema per loro.

  27. Risorse umane, riserve umane, e siamo solo all’inizio.
    Ho letto con grande attenzione i vostri interventi e concordo con tutti; perché il problema è complesso, le cause sono molte e gli effetti si espandono sulle generazioni “fregate” (come efficacemente scrive Gennaro). Tempo fa, quando qualche giovane suonava alla porta per offrire strampalati acquisti, io mi arrabbiavo. Alzavo la voce e chiedevo a questi ragazzi imbrillantati, vestiti bene, il perché di questo loro girare a vuoto di porta in porta. “Incazzatevi , ribellatevi, fate casino! Bruciate il mondo, o andate in fabbrica!”. Tutto mi sembrava più dignitoso che quel loro elemosinare sui pianerottoli. I Call center non c’erano ancora, e questo impiego palliativo, a quei ragazzi, risultava sicuramente meglio di una qualsiasi mansione come dipendente. Si è fatta strada lì, la grande illusione di libertà. Se non eri un dipendente, lavoravi in proprio. Nessuno si sentiva disoccupato. Se il lavoro, poi non avesse avuto riscontri economici, si sarebbe cercato altrove. Sono passati gli anni; la politica (soprattutto i politici di sinistra, economicamente incompetenti) ha fatto propria l’astrazione liberale, sposando idee e teorie disperanti; lo stato di fatto è sotto gli occhi di tutti. Perché all’economia fa sponda una classe politica stupida che esprime dirigenti che sono avulsi da ogni comune buon senso. Così si sono moltiplicati a dismisura incongruenze, ingiustizie, sprechi, e assurdità. E’ la follia del digiti uno, digiti due… Questa mattina ho telefonato in Comunità Montana ( otto piccoli comuni) per chiedere un appuntamento con un Assessore; sono stata al telefono più di quindici minuti e digitando fra l’uno, il nove e il quattro, finalmente ho parlato con “un operatore” che prima di mettermi in contatto con l’ufficio, mi ha invitata, per il futuro, a passare di persona “perché con il telefono si perde troppo tempo!”. Sono andata di persona, gli uffici erano vuoti, ho bevuto il caffè, incontrato l’assessore e chiacchierato con le impiegate. Che dire?
    Ci siamo digitati la testa, forse è il caso di riconsiderare tutte le nostre scelte.

  28. Le “risorse umane” sono ormai un blando quanto datato “neologismo “, o addirittura un eufemismo per buggerare i lavoratori dipendenti, sia da parte delle aziende che delle rappresentanze sindacali, visto lo “spezzatino” dei diversi regimi contrattuali imposti dalla legge Biagi, ma non solo da questa.
    Quindi giustamente non sarebbe improprio parlare più correttamente di “riserve” umane, anche per la costante “precarietà” del cosiddetto mercato del lavoro.
    Manca la faccia o il coraggio per coniare un’ altro neoligismo che si attaglierrebbe con molta più efficacia e corrispondenza alla nostra realtà:
    ” Le spremute umane”
    Servus!!!

  29. Salve, io sono un dipendente di Omnitel Pronto Italia S.p.A. prima, e Vodafone Omnitel N.V. (societa’ di capitale Olandese ma di diritto Italiano). Per il momento non sono tra le 914 persone che verranno vendute a Comdata. Sono certo che entro meno di due anni Vodafone Omnitel N.V. diventera’ un mero gestore del marchio ed io con gli altri 7000 dipendenti che rimarranno dopo novembre (mese nel quale verra’ attuata la cessione del ramo d’azienda) ci troveremo a casa. A quanti ci suggeriscono di trasformarci in imprenditori e cambiare lavoro, rispondo che non tutti hanno la fortuna di avere un capitale di partenza con il quale avviare un’azienda, che un imprenditore e’ giusto guadagni di piu’ di un dipendente se rischia il proprio capitale; ma se il capitale dell’imprenditore e’ garantito e l’unico rischio cade sui dipendenti, allora e’ sarebbe il caso di rivedere anche le ripartizioni degli utili.
    Grazie per la solidarieta’.

  30. Un articolo di Repubblica un po’ datato ma ancora attuale.
    ===

    La storia di A., anni di insicurezza alle spalle. Tra le difficoltà a crearsi una famiglia a quelle di reinventarsi, ogni anno, una nuova occupazione
    =
    “Il mio futuro? Precario a vita
    Siamo in troppi, basta una scintilla…”
    =
    di DANIELE SEMERARO
    =
    ROMA – “Le nuove generazioni, i ragazzi al di sotto dei trent’anni, molti di quali escono dai percorsi di laurea in Scienze della Comunicazione sono la nuova manovalanza del 2000. Senza diritti né sicurezze”. Così A., il nome lo omettiamo perché, se rivelato, potrebbe perdere il posto di lavoro, ci racconta la sua esperienza da precario nel mondo della comunicazione. Un mondo al quale cui i neolaureati si affacciano con grandi propositi e grandi speranze e dove invece si ritrovano con contratti che cambiano ogni anno e senza alcuna garanzia. Una storia simile a quella di altre migliaia di lavoratori in Italia. Che potrebbe esplodere da un momento all’altro, come è successo alla Sorbona di Parigi.

    Qual è stato il suo percorso?
    “Il mio storia è simile a quello di molte altre persone che si sono professionalizzate per lavorare nel campo della comunicazione. Mi sono laureato in Filosofia con studi sull’estetica del cinema. Il primo approccio di lavoro l’ho avuto con una grande azienda del Nord dove mi hanno fatto un contratto a tempo determinato. Da lì, dopo qualche anno, sono approdato a un’altra azienda molto grande, a Roma, dove ho iniziato un percorso tutto contraddistinto dalla precarietà di lavoro”.

    Di che cosa si occupa?
    “Lavoro nel campo della comunicazione. Un anno faccio l’autore di programmi, un altro anno faccio il giornalista, un altro ancora mi occupo della regia. Il mio lavoro, di solito, va avanti da settembre a giugno. E così all’inizio dell’estate, ogni estate, devo rimettermi a cercare un’altra occupazione, inviare curriculum, fare colloqui per cercare quelle che si rivelano, alla fine, solamente condizioni di lavoro mai ben definito”.

    Come cambia la vita di un precario? Quali sono i problemi principali che bisogna affrontare?
    “Il primo impatto che ho avuto – io vengo da una città del Sud e quindi ho dovuto per prima cosa trasferirmi – è quello della ricerca di una casa: bisogna affittare un appartamento e i soldi non bastano mai. Per qualche anno ho condiviso l’abitazione con studenti o colleghi, poi da alcuni anni convivo con una ragazza e sono riuscito a trovare una sistemazione. Ma, voglio sottolinearlo, non per meriti miei. Questo significa vivere sempre con una spada di Damocle tutti i giorni. Alla fine diventa un disagio, che non ti permette di fare programmi a lungo termine e ti obbliga a trasformare la tua vita e prevedere percorsi sempre nuovi. Per me non esiste il classico percorso fidanzamento – matrimonio – famiglia: questo richiede sicurezze e benefit. Io non ho nemmeno una pensione! E non è tutto: questo ti preclude anche la possibilità di avere diritti a mutui, finanziamenti… Ormai vivo alla giornata, passo da un contratto all’altro e cerco di non pensare troppo a quello che accadrà in futuro”.

    Ogni tanto però ci penserà al futuro… cosa le viene in mente? E quali speranze ci sono?
    “Mi viene in mente, ad esempio, che se avessi un figlio non potrei mai accompagnarlo a scuola, non potrei garantirgli niente: con il datore di lavoro non si può scendere a patti ma bisogna accettare qualsiasi orario, qualsiasi lavoro. E così un giorno potrebbe capitarmi di lavorare dalla mattina presto, un altro giorno tutta la notte e così via. E poi esiste un altro fattore interessate: ormai c’è un percorso strutturato per cui coloro che vengono assunti sono solo quelli che, dopo 10-15 anni fanno causa all’azienda dove lavorano: se hai un contratto a tempo determinato che viene sempre rinnovato, infatti, è possibile dimostrare la continuità e trasformare il contratto da tempo determinato a tempo indeterminato. Ma non è semplice: se si hanno delle conoscenze la trasformazione non ci mette tanto ad arrivare, altrimenti ci sono i tempi lunghissimi della giustizia… E così capita ormai che coloro che vengono assunti sono quasi esclusivamente persone di 55-60 anni”.

    Secondo quanto vede ogni giorno nel suo settore e tra i suoi colleghi, il vento francese di protesta potrebbe arrivare anche in Italia?
    “La situazione del precariato non esiste solo in Italia. Forse nel nostro Paese è ancora troppo sotterranea, c’è una maggiore contrazione. E poi c’è una lunga serie di ammortizzatori sociali, non dello stato ma dei famigliari: si cerca di risolvere i problemi sempre in famiglia, ma è che chiaro che anche da noi basta una scintilla per far scattare una grande protesta. L’importante è che la nostra generazione si comporti in modo maturo e che non si passi dalla parte della violenza. È chiaro che è facile ripetere le esperienze del passato, come nel ’68 o nel ’77. Mi aspetterei forse però un intervento politico più incisivo”.
    (14 marzo 2006)
    Fonte:
    http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/scuola_e_universita/servizi/giovanilavoro/precariocomunicaz/precariocomunicaz.html

  31. Una domanda per tutti.
    Siete così sicuri che per i giovani di oggi i tempi sono più duri che per i giovani di ieri? Non dite solo sì/no. Argomentate le vostre prese di posizione.

  32. Flavio, non capisco bene la retorica della domanda – che sembrerebbe andare a parare alla solfa del fatto che eh è sempre stata dura per tutti, eh sgobbate e soffrite, non scassate la uallera, che i vostri padri non lo facevano.

    Me ne fotto, dei giovani di ieri. per moltissimi andava peggio. vogliamo parlare dellE giovani di ieri? Ah LE giovani di ieri non lavoravano proprio.

    Qui si discute l’aberrazione di un sistema economico che non sa investire su un capitale non concreto. Che vuole eserre postmodermo ma è fermo al mercantilismo. Ora io non conosco nel dettaglio la situazione di Benedetto – a che mi risulta, nei call center si crea una manodopera poco specializzata utile in quanto materia, ma non investita di un surplus di valore da un punto di vista intellettuale: l’operatore del call center è sempre sostituibile, e per tanto non riesce ad avere alcuna forza politica. Dopo tutto ha, nella magior parte dei casi un contratto a termine. Il suo scarso valore intellettuale si riflette sulla qualità del suo lavoro. Alzi la mano chi non prenderebbe a craniate er telefono dopo che ha chiamato il 187. L’operatore del call center non ha alcun interesse a lavorare bene, perchè ciò non ha alcuna conseguenza sulla sua vita. alzi la mano chi lo criticherebbe.

    La sua vita infatti spesso è altrove. Quando chiamate il 187, vi risponde spesso un dottorato di ricerca senza borsa, spessissimo un laureato in lettere amante della filologia classica, un numero incredibile di volte uno specializzando in psicologia dinamica. Il quale svolge ore di lavoro gratis presso un ospedale, il quale poi fattura al paziente, ma allo psicologo non da una lira. Al bambin gesù in questo momento stanno lavorando GRATIS 70 psicologi.

    Allora il call center, colla sua manodopera a basso costo, è la perversione del capitalismo all’italiana. Che è in grado di avere bisogni materiali, è in grado di avere bisogni astratti, ma sa investire solo nei primi e non nei secondi.

    Oh magari sono andata fuori tema ma vabbè – non mi sembrava proprio fuori luogo.

  33. Saluti a tutti.
    Letti gli interventi, nel massimo rispetto e solidarietà a chi vive sulla sua pelle una condizione di disagio, mi sento personalmente vicino all’invito di francesca delle 7.41 circa la necessità di ricollegarsi alla “Terra”. Che io leggo come invito a riconnettersi innanzitutto alla propria necessità biologica, per svincolarsi da false identità.
    Voglio dire, noi qui ci si è dimenticati che siamo vivi. Proprio perché si vive con una sorta di ormai acquisito tacito convincimento di immortalità. Per cui, svincolate dal corpo, le idee, te le puoi internettare come vuoi, ci puoi vivere come Aldo Nove, salvo che poi, la vita c’è, la fuori, e prima o poi ti deraglia via a te, le tue carte, i tuoi pc, e le tue giustissime idee su cosa è giusto.

    Chiunque abbia avuto occasione e fortuna di recente di trovarsi fuori dal nostro caro Occidente, per un tempo adeguato a decantare un poco i nostri roventi encefali, non potrà non aver sperimentato, purtroppo, come la gran parte delle nostre angustie e preoccupazioni, abbiano la stessa forza di aliti di fantasmi, contro l’energia vitale che ti sommerge laggiù.
    Mentre noi stiamo qui a riflettere e a costruire le nostre più o meno raffinate e convincenti argomentazioni con o senza pc sui grandi temi della società civile, beh, laggiù, quello che si avverte è, semplicemente, che quelli “vi-vo-no”. Vivono con una forza, con un energia e una prepotenza, spesso pochissimo preccupata della forma da noi riconoscibile come giusta, ma hanno una “voglia” di esserci a questo mondo, che noi ce la sognamo. Sarà per questo che noi abbiamo procapite sempre meno spermatozooi e loro no. Sarà per questo che spesso noi ci arrampichiamo per gravidanze in uteri indeboliti e loro no. Fanno figli, tanti, più che possono (in cina il governo fa di tutto per farli desistere), e mentre chiunque di noi li guarda giudicandoli dei pazzi incoscienti, degli animali, dei retrogradi selvaggi, che stanno sottoscrivendo una cambiale di sofferenze e dolore con l’esistenza, quelli vanno avanti, e te li mostrano con orgoglio, come se sapessero, che il numero, la quantità delle loro vite, è la loro forza.
    Quando noi di questo passo, fra non moltissimo (20, 30 anni?) saremo una comunità di vecchietti colti e civilizzati che stanno dalla mattina alla sera a questionare e rinfacciarci astiose frustrazioni l’uno contro l’altro, loro saranno la maggioranza, e anche qui. E giustamente, civilmente, democraticamente, dopo averci comprato in base alle nostre regole capitalistico-consumistiche, con regolari contratti da notaio, quel che ci rimarrà della nostra supremazia tecnologica, si faranno le regole come vogliono loro.
    La Natura, la Biologia si riprenderà, trasversalmente, paradossalmente, il suo primato.

    Facciamo una legge che imponga alla Vodafone di assumere i lavoratori dei call-center a tempo indeterminato. Qualcuno lo assumerà. Fino a quando non gli costerà di meno formare ed insegnare l’italiano a moltissime persone che in India o in Cina farebbero carte false per lavorare in un call-center (lo fanno già molte società americane: addirittura in Cina ci sono internet point dove ragazzi cinesi risolvono i problemi di giochi elettronici in rete che i ragazzi americani pigri non hanno tempo o voglia di risolvere…)

    Io credo, che l’unica rivoluzione oggi, l’unico atto vero di coraggio, l’unica vera forza, è riprendersi la propria biologia, e fare figli, ma tanti figli.

    Ma non leggevo l’altro giorno che in Inghilterra tantissime donne pagano denaro, e non poco, per farsi chiudere le tube?

  34. Carlo, è così che si risolvono i problemi? Facendo figli? Anche se non li puoi mantenere perché sei sottopagata e non hai certezze lavorative?
    L’esempio che citi tu sta ad indicare un’altra distorsione, gravissima; cioè l’abitudine di cercare forza lavoro a basso costo in altri paesi dove la gente viene schiavizzata.
    Tanto per cominciare noi viviamo qui e non lì.
    E poi, mentre che ci siamo, si potrebbero assumere i ragazzini pagandoli due soldi. Che dici? Eh? Sì, facciamo tanti figli e mandiamoli a lavorare a cinque anni per un pezzo di pane e un calcio in culo.

  35. Lettera a Verna

    Buonasera dott . Verna ,

    Volevo complimentarmi con lei in merito al libro che ha appena scritto, si tratta di un eccellente caso di capacita’ , da parte del management, di saper rispettare e prendere in considerazione le persone che lavorano e che ( ormai e’ il caso di dire ) hanno lavorato per anni all’interno di questa azienda, facendo in modo che voi, soprattutto, poteste godere di tutti i benefici finanziari, economici e di immagine che Vodafone ha saputo accumulare in questi anni di duro lavoro ( frutto del nostro lavoro e non certamente del vostro …. ) .

    Quando mi hanno girato questa email non volevo assolutamente credere ai miei occhi , ma soprattutto al mio cuore , perche’ tanta sfrontatezza non l’avevo mai registrata nell’arco della mia vita ( in generale) , ma soprattutto in quella lavorativa .

    Credo che l’incoerenza regni alla grande nell’email che lei ha scritto, credo che le sue parole siano dettate da pura voglia di mostrare al di fuori di Vodafone un mondo fatto di reciproca fiducia, di accordi morali forti, di reciproca stima , ma che in realta’ non e’ cosi’ rose e fiori come viene descritto, appunto , nel suo libro.( visto le ultime vicende di esternalizzazione forzata che state portando avanti senza esclusioni di colpi e senza possibilita’ di confronto vero tra noi dipendenti e voi appartenenti al mondo management….mondo lontano dai problemi quotidiani della vita dei lavoratori costretti a rifugiarsi in un misero stipendio da 800 euro per cercare di mitigare problemi seri che attanagliano le nostre vite e quelle cui siamo legati da veri sentimenti umani.

    Sentimenti che voi nemmeno riuscite a comprendere , visto che cio’ che riuscite a capire meglio sono solo i vostri soldi ( NOSTRI , PERALTRO) !!!!!!!!!!

    E quindi ritornando al fulcro del libro credo, onestamente, che il termine “asset persone” di cui lei parla siano solo frutto di un bel sogno che lei , PER SBAGLIO, ha fatto .

    Solo per sbaglio, logicamente, visto che non rientra nel suo spirito fare sogni benevoli per i dipendenti o cercare di rendere loro la vita veramente felice.

    Caro dott Verna , ancora una volta , quasi come il mitico e grande Pasquino ( ma forse lei non sa nemmeno chi sia Pasquino) sono costretto a scrivere i miei sentimenti, le mie passioni , le mie ragioni, le mie inquietudini, le mie angosce, le mie insicurezze e le mie speranze……..

    Ma speranza e’ una parola che toglie il fiato, una parola troppo seria ed intensa per poter essere capita e compresa fino in fondo da parte sua e di tutto il suo staff….

    Mah ….che dire ancora ……vorrei tanto incontrarla di persona ( a lei e a tutti gli altri ) , per guardarla in faccia ( e non in viso….perche’ vede il termine viso determina una connotazione umana….legata alla passione della vita interiore di chi ha un determinato atteggiamento verso le persone …e non le risorse umane ….e non semplicemente di chi si sveglia la mattina continuando ad avere solo e soltanto la stessa faccia che non si trasformera’ mai in vero VISO……….)….

    Queste parole sono l’unico modo che ho/abbiamo per dimostrare il nostro senso di smarrimento alimentato da chi come voi se ne sta tranquillo tranquillo nel proprio ufficio senza nemmeno sforzarsi di mettersi nei panni di noi dipendenti che stiamo per essere ceduti ad altra societa’ di serie B, C, D, ………Z

    Senza nessuna certezza ceduti ( a differenza di quanto lei ci abbia voluto far credere nell’email precedente ) ….

    Senza nessuno scrupolo di coscienza ci state vendendo…….

    Senza sensi di colpa ci state mortalmente smembrando…….

    Senza voglia di ascoltare …….

    Ma in questa sequenza di SENZA ….risiede il vostro vero “essere”…………….ora ho capito…..

    Ed allora vi auguro CON TUTTO IL CUORE di continuare a NON ESSERE ……..COME NON SIETE MAI STATI……..E NON SARETE MAI ……….!!!!!!!!!!!!!!!

    Francesco Forastiere

    ( uomo, cittadino, lavoratore)

    ____________________________________________

    Fare la differenza con le risorse umane. Il caso Vodafone Italia

    Autori e curatori:
    Michele Angelo Verna

    Contributi:
    Marco Autorino, Alessandra Benevolo, Agnese Calcagno, Tito Chini, Valeria Pardossi, Carlo Peretti

    Collana:
    HrCommunity

    Argomenti:
    Direzione degli uomini. Leadership. Lavoro di gruppo.

    Dati
    bibliografici:
    pp. 160, figg. 20, 1a edizione 2007 (Cod.632.5)

    Tipologia: Edizione a stampa
    Prezzo: € 18,00
    Disponibilità: Buona
    Codice ISBN 13: 978-88-464-8250-1

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    Presentazione
    del volume:
    Questo libro si pone l’obiettivo e lo scopo di descrivere il funzionamento di un modello di gestione delle risorse umane all’interno di Vodafone Omnitel N.V. (Vodafone Italia), dove l’HR strategy e la people strategy sono state sempre al centro dell’attenzione di tutto il management. Il libro si muove attraverso gli ultimi dieci anni di vita dell’azienda.
    I vari momenti storici dimostrano come in Vodafone sia stata adottata una strategia che massimizza il valore dell’asset “persone” e che risulta funzionale al business e all’azienda nel suo complesso. Si analizza il modo in cui Vodafone Italia ha dovuto affrontare una sfida importante attraverso la sua trasformazione in azienda globale e multinazionale con un brand fortemente riconosciuto. Viene presentata un’esperienza significativa di employer branding che, pochi anni or sono, introduceva una tematica completamente innovativa e sconosciuta nel nostro Paese. Viene approfondito il concetto di “mercato del lavoro interno”: un resourcing attivo che ha creato concorrenza e liberalizzazione delle posizioni interne. Si evidenzia come in Vodafone ogni processo di valutazione misuri oggettivamente e si relazioni alla performance in qualità di leva fondamentale per i progressi del business.
    Le politiche di total reward sono esposte nei dettagli. Infine si affronta ciò che rappresenta lo strato di base della concezione di cultura in Vodafone: l’identità. Tale mix di principi ha permesso al management team dell’azienda di accompagnare da sempre la people strategy e l’HR strategy, attribuendo loro una connotazione di significato molto più estensiva rispetto a quanto tradizionalmente riferibile e riconducibile ad una semplice
    “funzione HR”.

    Michele Angelo Verna si è laureato in diritto industriale e della concorrenza presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Firenze. Dopo una prima esperienza professionale in La Fondiaria Assicurazioni, nel 1995 entra in Procter & Gamble dove si occupa di selezione del personale, politiche del personale e relazioni industriali. Entra in Omnitel a fine 1998 con l’incarico di responsabile Risorse Umane Centro Italia per poi diventare responsabile centrale della Selezione, Gestione del Personale e Relazioni Sindacali. A seguito dell’integrazione nel gruppo Vodafone, viene nominato HR Operations Director nel 2001, HR Director nel 2003, Direttore Risorse Umane & Organizzazione nel 2004, incarico che tutt’ora ricopre. Fellow e membro del comitato scientifico del Consorzio Elis, J. Fellow di Aspen Institute Italia e membro fondatore di HRC-HRCommunity, Verna ha prestato docenze e/o testimonianze negli anni per SDA Bocconi, Istud, Luiss Management, Somedia e Scuola Superiore S. Anna di Pisa. Nel 2004 ha curato, scrivendone l’introduzione, l’edizione italiana di Confidence. Come la fiducia aiuta a costruire il successo, di Rosabeth Moss Kanter.

    Indice:

    Intervista a Piero Guindani, Amministratore Delegato Vodafone Italia
    Michele Angelo Verna, Introduzione
    La people strategy: molto più di un compito HR
    (Il People management model; La people strategy in Omnitel; La people review in Omnitel; L’organizzazione del futuro: HR strategy)
    Alessandra Benevolo, Valeria Pardossi, Employer branding & resourcing
    (Employer branding; Resourcing interno)
    Tito Chini, Valeria Pardossi, Marco Autorino, La valutazione come supporto ai cicli di business
    (Il processo della people review: il modello organizzativo e i valori di riferimento; L’appraisal; Il performance dialogue. La persona al centro della valutazione: una rivoluzione copernicana)
    Tito Chini, Il total reward
    (Il total reward in Vodafone; Il “patto” con i dipendenti; L’evoluzione del sistema retributivo; L’attuale applicazione del total reward: la comunicazione ai dipendenti; I benefit; Il pay)
    Michele Angelo Verna, Marco Autorino, Agnese Calcagno, Il “DNA” di Vodafone Italia
    (Il passaggio dai valori alle passion; Il DNA di Vodafone Italia; Le survey di clima)
    Carlo Peretti, Postfazione
    Ringraziamenti.

  36. Lettera a Guindani

    Carissimo amministratore delegato Pietro Guindani,

    e’ da diverso tempo che non ci si sente ….o almeno che non ci si scrive ( esattamente dalla famosa e pur triste vicenda legata all’idea del Super Messaggio Solidale,ancora non risolta definitivamente e per la quale attendo ancora un segno tangibile da parte sua )

    Una delle tante idee che hanno reso grande questa azienda la quale ha saputo sottolineare, negli anni, ma soprattutto durante i vari Focus on us cui siamo stati tutti impattati , quale fosse stato , di volta in volta , l’impegno profuso dai dipendenti Vodafone all’interno dell’azienda stessa ed al di fuori di essa ( visti i risultati raggiunti in questi anni, risultati a dir poco straordinari frutto di anni di duro lavoro da parte dei suoi “cari colleghi e colleghe” , come ci sa apostrofare con grande maestria , lei, insieme ai suoi collaboratori piu’ stretti)

    Come potra’ notare , la presente email non vuole assolutamente nascondere il profondo risentimento che ho nei confronti del comportamento che lei sta avendo nei nostri riguardi , un comportamento di ingratitudine e di assoluta scarsa attenzione e sensibilita’ legata solo da ragioni di natura economica , finanziaria, di budget, di strategia aziendale, di grandi visioni tecniche di mercato ( a parer mio, modestissime visioni ) che avrebbero previsto questo smembramento doloroso di 914 dipendenti vodafone verso un’altra societa’, Com Data , appunto.

    Credo, nel profondo del mio animo,ma soprattutto nel profondo del mio pur umile cuore da operatore telefonico , che questa azienda e cioe’ la VODAFONE ( importante sottolinearlo) sia CRESCIUTA grazie a NOI DIPENDENTI, ai nostri sacrifici in termini di lavoro costante, sempre basato sulla reciproca disponibilita’ , sulla voglia di appartenere ad una grande realta’ aziendale fatta di competenze, di enorme professionalita’, di capacita’ di saper ascoltare , di capacita’ di saper trasmettere valori forti alle nuove leve da formare, per garantire la massima qualita’ in ogni circostanza ( anche e soprattutto quando entravano in azienda lavoratori cosiddetti interinali, persone come noi, cui trasmettevamo il nostro know-how in modo eccellente , come se fossero dipendenti a tutti gli effetti , come se fossero persone che conoscevamo da anni.)

    Ecco , appunto , CONOSCERE e’ il verbo giusto da usare in questo contesto, CONOSCERE!

    Noi tutti ci siamo sempre fidati della sua lealta’ ( o parvenza di lealta’, a questo punto ) , della sua capacita ‘ di ascoltare le sue risorse umane ( che brutto termine risorse umane, perche’ destinate ad esaurirsi , come se fossimo un normale oggetto acquistato in un qualsiasi super – mercato , la Carrefour , per fare un esempio) , ad appoggiare le nostre istanze in qualsiasi momento ( o quasi ) e adesso ci ritroviamo catapultati fuori da questa grande famiglia chiamata VODAFONE senza nemmeno poterci difendere adeguatamente, tutto perche’ esiste una legge 30/2003 che permette alle imprese come la nostra ( ancora per qualche piccolo istante ) di poter fare quello che state facendo senza tener conto degli anni trascorsi insieme e del grande contributo dato da tutto noi a questa realta’ aziendale che tocca , ormai , tutti i confini del mondo ………ma certamente non i confini del vostro CUORE ……( sempre se un cuore lo possedete davvero…..)

    Siete stati in grado di ingaggiare personaggi famosi del mondo del calcio, dello spettacolo…..ma di spettacolo non si tratta ….sono in gioco ( per modo di dire ) le nostre VITE …..NOI SIAMO PERSONE CHE HANNO DATO TUTTO A QUESTA AZIENDA , NON MERITIAMO DI ESSERE TRATTATI IN QUESTO MODO.

    Cosa ne sara’ di noi tra qualche tempo, soprattutto se la nuova societa’ decidera’ per noi vie alternative ?

    Cosa rimarra’ degli anni di lavoro basato su una reciproca fiducia che e’ stata puntualmente tradita dal vostro comportamento di disinteressamento totale che state manifestando in questi momenti ?

    Cosa rimarra’ dei buoni propositi, delle strette di mano, dei sorrisi felici che ci facevano congedare da voi , dopo ogni Focus , convinti che un nuovo passo avremmo potuto compiere tutti insieme verso una nuova sfida da affrontare all’insegna della capacita’ di saper lottare per continuare ad essere leader nel settore delle telecomunicazioni ?

    Forse a lei ed al suo strettissimo staff di lavoro non interessa sapere , fino in fondo , cosa rimarra’ di tutto questo , ma a noi SI .

    NOI DIPENDENTI vogliamo continuare ad essere protagonisti di questo nuovo mondo basato sulle nuove tecnologie di comunicazione, vogliamo continuare ad appartenere a questa famiglia ( chiamata VODAFONE ) fatta di persone che HANNO SEMPRE CREDUTO IN QUESTA AZIENDA ……NON POTETE ABBANDONARCI IN QUESTO MODO, PERCHE’ NON LO MERITIAMO .

    Alle domande precedenti forse potremmo rispondere tutti insieme adottando l’aforisma di Karl Kraus il quale recita in questo modo : “ L’ORIGINE E’ LA META”

    Ritorniamo a sederci intorno ad un tavolo e cerchiamo di capire , tutti insieme , come poter uscire da questa situazione , perche ‘ una via diversa esiste , basta solo volerlo, caro amministratore delegato .

    Noi tutti possiamo rimanere dove siamo continuando ad affrontare insieme le sfide di questo nuovo mondo in evoluzione, un mondo che dovrebbe imparare a non comunicare semplicemente e sempre di piu’ , ma a saper comunicare sempre meglio , facendo convergere i nostri sforzi e le nostre passioni ( PASSION FOR OUR PEOPLE….MA GUARDA UN PO’………..) VERSO IL MANTENIMENTO DEI NOSTRI POSTI DI LAVORO , DELLA NOSTRA TRANQUILLITA’ PSICHICA E FISICA E VERSO L’ABBATTIMENTO DELL’UNICA BARRIERA CHE STA VERAMENTE DISTRUGGENDO LA VITA DI TUTTI I LAVORATORI IN QUESTI ANNI DI TRASFORMAZIONI SOCIALI E CHE RISPONDE AL NOME DI

    PRECARIETA’ …..

    Un caro saluto da una povera anima migrante …… ( la mia data di cut over e’ prevista per Novembre 2007…..che tristezza ….. !!!!!!!!!!!! ) .

    Francesco Forastiere

    _____________________________________________

  37. Il qui e lì…
    il fuori luogo…

    il punto è proprio questo…
    non c’è più un lì e qui..
    non c’è più un altro luogo..
    in cui tenersi separati..

    non riuscite a cogliere come quello che succede nel lavoro, ai giovani del call-center, al lavoro precario, sia ormai strettamente connesso a quello che voi chiamate “lì”, e “fuori (altro) luogo”…

    non è più solo una questione di famiglia…tra noi italiani..
    non è più una questione che si può risolvere indignandosi perché è “un’altra distorsione gravissima”…

    la stessa idea di “distorsione” implica un giudizio, altamente condivisibile da un punto di vista etico, ma che si infrange contro una realtà, ahimé, di una portata molto più vasta e potente…

    in Italia ci sono già tremilioni di stranieri, per la maggior parte disponibili a lavorare molto di più e molto a meno..
    è solo il principio del fenomeno..
    i cinesi stanno già comprandosi non solo più gli esercizi commerciali, ma marchi ed aziende tecnologicamente complesse….

    il giovane venuto su negli anni ’80, giustamente pensava, studiando, di vedersi grande consumatore da adulto…questa era la promessa…ma lo scenario è cambiato

    i potenziali concorrenti sul lavoro, in un call center, il nostro amico ce li ha già a Bangalore e Shangai…

    adesso…

    “qui” è già “lì”

    non in termini di condizioni di consumo, certo: è proprio la differenza, il divario di queste condizioni che crea il potenziale economico che muove i flussi di esseri umani, risorse, e genera conflittualità e confusione..

    la nostra società si sta avvitando ciecamente su sé stessa…
    in una sorta di blocco che precede l’autoestinzione..
    e noi non ce ne accorgiamo…
    che è già incominciata..
    lo spostamento delle risorse economiche a favore dei genitori, dei vecchi, rispetto ai figli..che sta accadendo..che tutti sui giornali lamentano..a fini demagogici..
    il padre pensionato e il figlio nel call-center che, di fatto, paga la sua pensione..

    non è questo il sintomo più evidente del processo in atto di autoestinzione?
    se i figli sono, e lo saranno sempre più, rispetto ai vecchi,
    è ed è normale che contino e conteranno sempre meno…
    per questo dico che è rivoluzionario, se si crede al futuro, e c’entra, fare i figli, proprio per andare contro corrente con la “paura” della vita, quella che tanto finiranno a cinque anni per un pezzo di pane e un calcio in culo…che è la nostra gabbia mentale…e che i nostri “concorrenti” per la vita ( e quindi per il lavoro) non hanno…

    e così, loro, il futuro, se lo sono già preso…

    certo io parlo di un processo all’inizio..
    gli effetti conclamati se li beccheranno quelli che oggi sono bambini (e pochi)

    se saremo vivi, ne riparliamo tra qualche lustro..
    per vedere cosa c’entra la condizione dei precari dei call-center, cosa c’entra fare i figli, con l’India e la Cina..

    invito, per qualche spunto più sostanzioso di riflessione sul come il “lì” sia ” qui” la lettura dei saggi di Zygmund Bauman…

  38. Carlo non ha torto, ma è necessario che dica che anche questi paesi emergenti a breve finiranno con il trovarsi nella nostra situazione, poichè il problema è insito nel sistema che spreca ricchezze naturali con il miraggio di ricchezze artificiali. Già oggi produrre costa in termini assoluti assai più del valore dell’articolo realizzato, il che vuol dire che si perpetua l’illusione di creare ricchezza. Nulla di più falso, perchè si tratta di spostamenti di ricchezze, sempre più a beneficio di pochi.
    E’ una forma mentis gretta, da uomo delle caverne, che finisce con il sostenere un’economia innaturale e con il generare sempre più povertà.

  39. Carlo, capisco cosa vuoi dire. Credimi, lo capisco. Quello che dici ha un fondo di verità ed è, allo stesso tempo, terribile.
    Il punto è che in Cina le condizioni di vita, gli standard di vita, sono completamente diversi dai nostri. E’ un paradosso. E’ una contraddizione in termini. Veniamo bombardati dalla pubblicità. Veniamo condizionati ad acquistare beni di consumo forse superflui, come quelli della Vodafone, in fondo. E poi non possiamo nemmeno acquistarli perchè magari siamo precari e sottopagati (e magari lavoriamo per la stessa azienda). Capisci la terribile contraddizione?
    Ai cambiamenti economici e finanziari non corrispondono cambiamenti sociali.
    Chi è che deve pagare?

  40. @ per Renzo

    mi fa piacere che tu condivida…
    io mi fermavo dove già mi hanno segnalato di andavo troppo lontano…
    il tuo intervento allarga la visione del processo ancora più in là nel tempo..
    ..che sicuramente condivido…
    stando le cose come appaiono oggi..

    mi volevo concedere un atto di fiducia nel futuro..
    nel dare una possibilità che la vita, con o senza civiltà italiana e occidentale, possa trovare altre forme…

    ma, io almeno, non ci sarò….

  41. Sono contenta di intervenire su un argomento così “caldo” e dibattuto…
    Ad Anonimus: l’idea di tutti – me compresa – sarebbe massimo risultato minimo sforzo, ma non puoi affermare che l’Italia sia una nazione di fannulloni viziati dai propri genitori. Conosco colleghi precari da 13 – tredici! – anni, che hanno ipotecato il proprio futuro e la speranza di una felicità possibile. Tu ce la faresti a comprare casa o a crescere un pargolo – spesa pannolini latte in polvere Dio non voglia medicine vestiti asilo a pagamento perché se lavori dove lo lasci etc etc – ?
    Un mio amico neanche un mese dopo la laurea in filosofia – materia richiestissima sul mercato – si è “riconvertito” studiando a spese proprie per lavorare nella telefonia e nelle telecomunicazioni, creazione di siti web e quant’altro, ha dovuto trasferirsi a Torino, cioè abbandonando Siracusa, paradiso natural-architettonico per la malinconia savoiarda…
    Cosa ci ha guadagnato? Precariato, sfruttamento e solitudine. raccomandati emeriti raglianti l’hanno sistematicamente scavalcato. Vertenze? Sì, a rischio e pericolo proprio.
    In Sicilia manca il lavoro.
    Io sono stata fortunata. Ho trentaquattro anni e lavoro a scuola da quando ne avevo 26. Non ho ancora comprato casa, perché con lilleduecentoeuro al mese ti concedono rate di mutuo compatibili con un menù pane e cipolla. Come posso viaggiare, acquistare libri o musica, andare a teatro o al cinema? I mattoni non sono digeribili nè tantomeno divertenti.
    Sto seriamente pensando di rinunciare a qualche sogno. Come posso pensare di fare un lavoro diverso da quello di insegnante? Flessibilità? La flessibilità non si mangia. Io mangio col mio lavoro e sono fortunata così.
    La penso esattamente come Iozzia. La nostra è una generazione disperata e senza più sogni. Scusate lo sfogo ma sono molto depressa. Mi dispiace per chi non lavora e per me che forse avrei potuto osare di più e non ho il coraggio o l’incoscienza di farlo.

  42. Mi corre l’obbligo (piacevolissimo e spontaneo) di ringraziare Gennaro Iozzia che ha trovato bello il mio intervento. E ciò, sacripante!, nonostante un paio di concessioni al turpiloquio. Certo, so bene che alcuni se ne sono lamentati. Non direttamente con me, ci mancherebbe. O meglio, direttamente lo ha fatto Sergio Sozi che è persona da me distante ma che rispetto e ammiro sinceramente. Altri lo hanno detto al “preside”, come forse erano usi farlo a scuola. “Lo vede Rossi che mi tira le pallette di carta!”.
    Vabbè, poco male. A insistere sull’argomento si dà importanza ai pavidi delatori e si focalizza l’attenzione su di me che, peraltro, sono uno qualsiasi. Fors’anche meno.
    Sarebbe in linea di massima preferibile ricevere critiche positive o negative sui concetti espressi e non tanto sulla forma dell’espressione. Io, per esempio, se trovassi stucchevole l’uso di ridondanti lemmi, non mi concentrerei su quelli ma li scavalcherei alla ricerca di un complessivo significato. Di questo passo, un giorno, qualcuno potrebbe dire che la Divina Commedia è una porcata perchè a un certo punto il Sommo scrive “e di cul fece trombetta”.
    Va da se che tra me e Dante Alighieri esiste la stessa differenza che c’è tra il Tavernello e la Sassicaia. Il paradosso era a uso e consumo della comunicazione di un concetto. Ringrazio Massimo per la stima incrollabile nei miei confronti (lo so, manco Maugeri è perfetto e ha attacchi di cattivo gusto) e, visto che questo intervento è scevro da qualunque parolaccia, prometto di rifarmi quanto prima.

  43. @ per Lucrezia

    certo è una situazione da schizzofrenici…è il paradosso dei concetti dell’economia (almeno come ce la insegnano).. sulla pagina è tutto perfetto, ma sulla pelle, ci si ritrova spesso in una gabbia di specchi, dove alla fine salta fuori la famosa coperta troppo corta…

    almeno per chi si trova ad essere, contemporaneamente consumatore e lavoratore dipendente.

    Come consumatore della Vodafone a chi non piacerebbe che abbassero il costo del servizio? Se poi però, da questo, ne deriva un taglio delle tue garanzie come dipendente della stessa…
    E in questo essere spaccati a metà, che si regge il meccanismo. Che per stare in piedi deve andare sempre più veloce, come una trottola.
    Ma chi è disposto a pagare di più un servizio perché sa che questo manterrà un posto di lavoro in più?
    Chi compra equosolidale lo fa.
    Ma in Italia, ad esempio, siamo in tantissimi a comprare “taroccato”. Eppure in quel momento togliamo una fonte di reddito a qualcuno che lavora in un azienda. O ad un giovane cantante che non farà più in disco.
    Ce ne frega? Abbiamo da pagare le nostre, di bollette.
    Perché chi dirige un’azienda vuoi che segua una logica diversa?

    Personalmente uno degli aspetti più amari, della lettera all’amministratore delegato, è l’aspetto relazionale della vicenda: il sentirsi traditi da un punto di vista personale. (le strette di mano, i sorrisi felici…)
    E’ durissima.
    Ma chiunque abbia esperienza in un ambito manageriale, sa che esistono corsi alla Tony Robbins per elaborare strategie motivazionali che hanno come unico obiettivo la cosidetta “performance”.
    E i nostri manager diventano spesso anche più bravi, più sottili e meno prevedibili degli americani, in questo.
    Un giorno avranno anche loro la concorrenza di un Indiano o un Rumeno.

  44. Desidero ringraziarvi tutti per i vostri commenti. Nonostante l’argomento spinoso, complesso e controverso credo che abbiamo dato un esempio di civiltà dibattendo con passione, con opinioni diverse, ma senza lasciarci andare in improperi.
    Ne sono molto lieto e vi ringrazio ancora.
    Ribadisco la mia solidarietà a Benedetto e a tutti suoi colleghi (nella speranza che questo post possa servire a qualcosa). E ribadisco pure l’invito a intervenire rivolto ai dirigenti Vodafone. Non perché la Vodafone, in particolare, è sotto accusa (non è così; nel senso, almeno, che la situazione della Vodafone, nei termini discussi in questo post, è analoga a quella di molte altre aziende), ma per capire meglio le posizioni dei vertici societari.

  45. Non so se avete visto, ma ho aggiornato il post segnalando un ulteriore libro per una questione di… “equilibri”. Si tratta del libro di Angela Padrone, giornalista del “Messaggero”, intitolato: “Precari e contenti: storie di giovani che ce l’hanno fatta” (Marsilio, 2007).
    Angela Padrone, se ci legge, è invitata a partecipare al dibattito.

  46. Se il padrone di casa va fuori tema mi accodo volentieri. Ho visto il post su Dante Alighieri. La Divina Commedia, come quasi tutte le cose che a scuola ti obbligano a studiare, è più facile apprezzarla se la si legge senza l’incubo dell’interrogazione. Per questo la lessi un paio di volte a liceo concluso. “Divina” mi sembra anche poco. E, senza temere di essere blasfemo, mi sembra da sempre anche un esempio inarrivabile di “gothic”. Per cui, ben venga Benigni se riesce a essere divulgatore di un poema mitico. Solo che, declamati da lui, mi aspetto sempre che tra i versi spunti da un momento all’altro un “maremma maiala”.

  47. Ciao a tutti
    mi unisco al coro…di quelli che si sentono traditi dall’azienda dove lavorano da diversi anni….in quanto parte in causa….!!!!! le alte dirigenze sono impegnate a portarsi a casa tele2….ci sono diverse notizie in rete a tal proposito riporto un articolo di oggi del sole24ore, mi chiedo quanto di quei 550 milioni offerti da Vodafone “siamo noi”……

    dannkall

    2 ottobre 2007
    Vodafone favorita per l’acquisto di Tele2

    Brasil Telecom con Telco in attesa dell’ok Anatel
    Vodafone sarebbe favorita per l’acquisto di Tele2. Lo sostiene la Reuters, che cita una fonte confidenziale. Secondo indiscrezioni l’offerta di Vodafone sarebbe di 550 milioni sia per la sede italiana che per quella spagnola di Tele2, anch’essa messa in vendita dalla casa madre svedese.In lizza ci sarebbe ancora Tiscali che però avrebbe offerto 400 milioni solo per l’operatore italiano. In corsa ci sono anche Fastweb e Wind. Se entrasse in porto l’affare, per il colosso britannico vorrebbe dire includere anche la telefonia fissa nel suo pacchetto di offerte. L’opzione permetterebbe così all’operatore di rispondere al «quadruple play», l’offerta di quattro servizi in uno (fisso, mobile, tv e internet) lanciata ieri da Telecom Italia.

    Le svedese Tele2, presente in 22 Paesi europei, da diversi mesi ha deciso di mettere in vendita le sue sedi meno strategiche. In Italia conta circa 2,5 milioni di clienti tra servizi di telefonia fissa e Internet, ma di questi solo 600mila sono clienti diretti, cioè integralmente staccati da Telecom.

  48. Ecomi qua, grazie per la citazione del mio libro “Precari e contenti”. Spero che sia un bel masso nello stagno. E schizziamoci un po’ di fango, perché, come direbbe Enrico Gregori, “non se ne può più di fighette”!
    Comincerei da una affermazione (scusate se farò fatica a citare con nome e cognome, ma è tardi, ho lavorato finora e leggendo i commenti non ho preso appunti, e la roma ha pure perso con il manchester): “il mercato del lavoro italiano è asfittico…” Sottoscrivo. Il mercato del lavoro e anche l’economia nel suo complesso. Si fa poca ricerca, poca innovazione, pochi investimenti nei talenti, scuola e università vivono ancora in un loro mondo….e spesso anche i giovani lavoratori. E’ un mercato asfittico e , soprattutto, rigido. Rigido, sì. E la flessibilità? La flessibilità è come un sedentario che si butta all’improvviso a fare palestra: fa male.
    Vogliamo parlare di questi giovani a cui qualcuno ha “rubato i sogni”? Si iscrivono a qualche bella facoltà così, con le idee un po’ vaghe “poi si vedrà”. Intanto studiano filologia romanza o scienza della comunicazione e vanno avanti. Hanno letto le statistiche, si sono informati su quanti poi trovano un lavoro? No. E poi che lavoro? “Boh, intanto vado avanti e poi si vedrà”. Le premesse del perfetto precario sono già poste. Il resto non sarà che una profezia che si autoavvera.
    Ripeto: ci sono tanti che stanno male e hanno tutte le ragioni di lamentarsi, il nostro mercato del lavoro fa schifo da sempre…ah dimenticavo , a voi la memoria non interessa. Ma lo sapete quanti disoccupati uscivano dalle università all’inizio dei meravigliosi anni Ottanta? Più di adesso. Ed eravamo soli. Perché internet non c’era. E non c’erano i call center, non c’erano gli stage, non c’erano questi schifosi lavoretti che però permettono di andare avanti…! E se uno era un po’ scarso o sfortunato che faceva? Non il precario, no: faceva il disoccupato. Stipendio: zero. Curriculum: zero. Ma forse era meglio? O è meglio lavorare in nero? Caro Enrico, quanti collaboratori hai visto vivere per il loro “pezzullo” al giornale e andare avanti per anni, fino a quando si sono resi conto che non sarebbero mai stati assunti. Ma non si chiamavano precari.
    Vi invito poi ad ascoltare Carlo (questo me lo ricordo): altro che poveri cinesi che non hanno niente a che fare con noi…cinesi e indiani sono delle forze della natura (e non solo perché fanno figli) ma perché sono torme di giovani che vanno all’università come se partecipassero a un corso di sopravvivenza. E in effetti per loro significa cambiare la loro vita. I bravi, e sono tanti, nella materie nelle quali in Occidente siamo più scarsi, le materie scientifiche, stanno già invadendo le università americane ed europee. In Italia ancora si vedono poco (per via della lingua) ma arriveranno, statene certi. E i problemi di oggi faranno sorridere in confronto.
    Non ho ricette. O meglio: sono per dei veri ammortizzatori sociali: sussidi di disoccupazione veri, accompagnamento alla formazione e stretto collegamento tra scuola e lavoro, mutui anche per i precari, pensioni anche per i precari (altro che abolizione dello scalone, vi hanno fregato ancora una volta) asili nido, baby sitter, più servizi alle famiglie, meno aiuto ai baby pensionati di 57 anni e assistenza per i grandi vecchi non autosufficienti. E poi meno garanzie per i 40-50 enni super tutelati che non perdono il lavoro neanche se si mettono a dormire in ufficio: rubano il lavoro a voi precari.
    Infline gli imprenditori: non si può dividere il mondo in buoni e cattivi. Lavoratori=tutti buoni. Imprenditori =tutti cattivi. Ma come farebbe l’economia italiana senza imprenditori? Leggete un libro strepitoso: “Volevo solo vendere la pizza” di Luigi Furini e poi ne riparliamo. Ma anche gli imprenditori italiani spesso sono piccoli, “scrausi”, ignoranti. Purtroppo è vero: sono le meraviglie della tanto decantata piccola imprenditoria italiana. Non quelle orribili mega aziende che magari fanno anche ricerca e sviluppo….Vabbé, e con chi vogliamo prendercela? Credete che esista ancora il piano quinquennale? Il Gosplan? Questa è l’economia globalizzata. E non la ferma neanche la giunta della Birmania. Noi possiamo e dobbiamo introdurre dei correttivi, ma ci riusciremo solo rimboccandoci le maniche.
    Questo ho cercato di dire in Precari e contenti. Ho cercato di dare degli esempi, delle idee, per chi cerca spunti, idee e consigli. Perché mi fa rabbia vedere persone che soffrono, giovani che non trovano lavoro o non trovano il loro lavoro. Ci sono passata, e anche io sono stata male. Solo, allora non sapevo di essere “precaria”.
    Quanto alla vicenda Vodafone, come dice Enrico è normale che un’impresa faccia ciò che più gli conviene. Deve farlo però seguendo delle regole. E lo Stato deve tutelare i lavoratori. I lavoratori, non il posto di lavoro, che non si può proteggere, se no salta tutto.
    Ovviamente ho detto il 5% di ciò che volevo. Il resto è nel libro. Ah, dimenticavo. Vorrei citare un frase di Zigmunt Bauman su quello che oggi è il paradosso dell’individualità (che ci fa essere precari in tutta la nostra vita, non solo nel lavoro): “Oggi è importante sentirsi individuo, diverso da tutti gli altri…Il guaio è che sono gli stessi altri a pungolarci, a spingerci, a costringerci ad essere diversi. Quando si tratta dell’obbligo di dissentire e distinguersi, nessuno può osare dissentire e distinguersi”. Questa è la filosofia dell’uomo moderno, che vuole sentirsi libero ma non precario. E’ possibile?
    Scusate se mi sono dilungata. Non rileggo neanche perché è tardi. Spero che ne riparleremo.
    angela padrone

  49. Angela ha “staccato” prima di me dal Messaggero. Fatto insolito. Accade perché io oggi fungo (non allucinogeno ma allucinato) da “capo di notte”. Ma lei, piuttosto che farsi un bel sonno, ha messo nero su bianco. Perché le piace e perché Maugeri l’ha sollecitata a farlo, intuendo che, probabilmente, Angela avesse qualcosa di sensato da dire. Immagino una serie di “chissenefrega” in agguato. Però Angela ha innaffiato con un po’ di palta il dorato mondo del giornalismo. Vero. Altro che precariato! Da noi e in altri giornali c’è la processione di giovani (ed ex giovani visto che anche quarantenni sono ancora in attesa di uno straccio di contratto). Una valanga di gente che pur di vedersi pubblicato un pezzo intervisterebbe una tigre che non mangia da due settimane. Tra tutta questa pletora di jellati (parola più esatta rispetto a “precari”) i più fortunati rimangono collaboratori “in nero” oppure strappano un contratto a termine in agenzie, giornali ed emittenti che danno visibilità quanto un banco di nebbia. E chissenefrega, si potrebbe dire, se almeno ci fosse una retribuzione decorosa. E inceve no. Chi spunta mille euro al mese ha fatto bingo. Se te li metti in tasca a 40 anni, magari con moglie e un figlio, al 15 del mese vai già in profondo rosso.
    Quando cominciai io, arrivavi sul “fatto” e trovavi 5-6 colleghi. Adesso sembra un supermercato col “3×2”. Cento televisioni, settanta radio, giornali classici, free-press, agenzie, quotidiani on-line. Chi trasmette dal telefonino e chi dal microonde.
    La stragrande maggioranza di questi colleghi non è fatta da precari. Ma da “abusivi” che, se per caso gli piove una mattonata in testa durante il servizio, non sono assicurati. Si vanno a medicare e tornano al lavoro (??!!??) sennò nel giro di una settimana il loro posto da sfigati se lo becca qualcun altro.
    Angela ha ragione. E’ sempre stato così. Abusivo anche io, tanti anni fa. Costretto a nascondermi in un armadio se il “padrone” arrivava in redazione. Ma, almeno, avevamo la speranza. Oggi è andata a puttane pure quella.

  50. X Angela Padrone
    Il discorso fatto sul precariato e` giusto solo a meta`, a mio giudizio.
    E` giusto che una persona si metta in gioco e provi a fare esperienze diverse nell`ambito lavorativo.
    Non mi sembra pero` giusto, ed insisto, utile al sistema il fatto che un dipendente dopo 10 anni in un`azienda si veda rimesso il proprio futuro in gioco, e come in un gigantesco gioco dell`oca debba ritornare alla casella 1. Quella di 800 euro al mese.
    Soprattutto quando la sua azienda ha un utile che potrebbe rappresentare una manovra finanziaria di un piccolo paese europeo.

    Quanto alla riflessione fatta da Carlo credo, che i cinesi e gli indiani sono delle forze della natura, e` una riflessione pleonastica.
    Anche noi italiani 70 anni fa lo eravamo, ed il grande boom economico ha messo le basi perche` le generazioni successive fossero un po` meno povere e piu` serene.
    Questa generazione, la nostra, invito a riflettere e` la prima dopo molti secoli che vive con la prospettiva tutt`altro che allegra di essere piu` povera di quella precedente.
    E tutto cio` accade anche, secondo me, per errori fatti anche dalla classe politica ed imprenditoriale.
    Lasciare persone in balia di se stessi a quarant`anni non e` un`ottima idea, soprattutto in un paese dove tutti i concorsi da notaio sino ai dottorati di ricerca sono ampiamente pilotati, e dopo un candidato a primo ministro come Casini viene bocciato perche` “giovane”.
    Un paese sclerotizzato che lascia un`intera generazione in balia di se stessa.
    La ricetta giusta per il sottosviluppo.

  51. Ho letto con interesse tutti gli interventi e le argomentazioni addotte mi sembrano tutte più o meno condivisibili. Però, il fatto di osservare solo un aspetto del problema socio-economico, vale a dire parlare solo del precariato finisce inevitabilmente con l’allontanarci dall’individuazione dei motivi che hanno portato a questo stato di cose.
    Accanto alla cessata spinta della ricostruzione post bellica e alla conseguente sterilità nel sorgere di nuovi ideali, non occorre dimenticare, anzi è d’obbligo ricordare che il difetto sta nel sistema e sia gli industriali che gli economisti lo sanno bene, al punto che usano un correttivo che nel breve periodo offre respiro, ma che nel lungo porta a un vero e proprio disastro.
    L’industrialismo, cioè la produzione di beni di servizio, idea pur valida, porta al suo interno un male devastante, laddove si imperni tutta l’attività umana sull’attività industriale. Produrre sempre di più, generare nuovi bisogni, nascondendo alla gente che la terra più di tanto non può essere sfruttata, sono i cardini di questa politica economica, adottata dall’occidente, ma anche dai paesi emergenti, con risultati che sembrano positivi in India e in Cina, ma che nel lungo periodo saranno nefasti.
    Già noi, che abbiamo iniziato prima, ne stiamo sperimentando le conseguenze, che non potranno che peggiorare, visto che a fronte della carenza di materie prime energetiche si sta già cominciando a convertire la produzione agricola per ottenere combustibili per gli automezzi.
    Come effetto è diminuita la produzione di frumento e così le farine e il pane sono aumentati di prezzo, tanto che arriveremo a un punto che si porrà davanti ai nostri occhi un’alternativa: mangiare o continuare a usare l’auto.
    Ripeto, il male non è nell’attività industriale, ma nell’attribuirle il valore fondante, nello squilibrarla rispetto all’attività agricola, che finirà con l’esserne dipendente.
    Tutte le altre fobie, quali la crescita del prodotto interno lordo, sono specchi per le allodole.
    Aumentare la produzione non vuole dire creare nuova ricchezza, ma distruggere materie prime che non potranno essere reintegrate, oltre al concetto marxista, l’unico a mio parere valido del filosofo tedesco, che sancisce che la ricchezza non si crea, ma si sposta, come appunto stiamo verificando sulla nostra pelle con il crescente trasferimento di valore da noi ai paesi emergenti.

  52. Francamente sentir dire persone in balia di sé stessi a quarant’anni, o generazione in balia di sé stessa, mi fa venire in mente che noi italiani, in fondo in fondo, al di là delle differenti convinzioni politiche od abitudini di vita quotidiana, abbiamo radicata nella nostra cultura, cromosomicamente direi, l’aspettativa cattolica che esista “il Salvatore”, che prima o poi, mentre noi siamo qui sopraffatti dal destino, in una qualche forma (Stato? Arte? Sentimento?) ci ricondurrà nello spazio di ciò che è “Giusto”, e di ciò che tutti meritiamo: la felicità. Come in una bellissima canzone di Venditti.

    Piacerebbe molto anche a me, davvero.

  53. Intanto, ancora una volta, i miei complimenti a Massimo e tanti apprezzamenti per i suoi sforzi di essere sempre super partes e favorire la molteplicità dei punti di vista. Non è da tutti. Saresti un ottimo conduttore televisivo di programmi alla “Porta a Porta” o alla “Ballarò”.
    Massimo Maugeri al posto di Bruno Vespa.
    Smile

  54. Al di là delle prese di posizioni diverse, e tutte civili, come ha sottolineato Massimo, rimane il caso concreto. La fattispecie.
    Cosa possiamo fare per Benedetto e i suoi colleghi oltre a dare loro tutta la nostra solidarietà? Concretamente, dico.

  55. X Carlo.
    Non e` una questione di fede, ma semplicemente di un sistema che da un lato mantiene privilegi e criteri di esclusione vecchi di secoli, per alcune categorie, e dall`altro non lascia tranquille persone, che appartenendo al ceto medio sarebbero, o dovrebbero essere, un puntello fondamentale di una societa` contemporanea.

    Inoltre la ricerca della felicita` e` una cosa prevista dalla costituzione americana non da quella italiana.
    Quello che chiedono molti precari e` un pizzico di serenita`.
    La felicita`, quella vera, ogunno la trova dove vuole…..

  56. X Elektra
    sottoscrivo la tua petizione per Massimo Maugeri, e ne approfitto per ringraziarlo pubblicamente per lo spazio che ci ha concesso.

    Non lo ha fatto nessuno sino ad ora.

  57. Sapete qual è la verità vera? Che la generazione “fregata” è figlia della generazione “rivoltosa”: quella del ’68. Questi hanno fatto una finta rivoluzione, si sono accaparrati, oggi, i posti di potere e hanno abbandonato i loro principii e noi, i loro figli, a un destino che è opposto a quello da loro agognato nelle loro finte battaglie di un falso e fallimentare ’68.

  58. complimenti per il dibattito e in bocca al lupo a benedetto e agli altri ragazzi della vodafone. non mollate, ragazzi.

  59. Per outworks 110.
    Non si potrebbe tentare un incontro con i dirigenti vodafone per tentare, almeno, di dare qualche garanzia in più, magari non a tutti, ma a coloro che hanno famiglia?
    Smile

  60. vorrei raccontare un piccolo aneddoto, dal quale ognuno può trarre la morale che vuole. Due anni fa avevo una baby sitter americana, che viveva a Madison, vicino a Chicago. Diciotto anni, una ragazzina che si era presa qualche mese da passare all’estero tra la scuola e l’università. Una sera viene da me in lacrime e mi dice che se ne deve andare. A parte che anche io stavo per piangere, visto che mi ritrovavo da un giorno all’altro senza baby sitter… il motivo? Sua madre, capofamiglia, avvocato presso una grande azienda, le aveva appena comunicato di essere stata licenziata. Quindi le aveva chiesto di tornare a casa , anche per aiutarla a vendere la casa e forse a trasferirsi. Catastrofe. Disperazione comune, anche mia. In breve la ragazza andò via nel giro di pochi giorni. Io, lei e la madre continuammo a scriverci per un po’…qualche mese dopo, quando chiesi come andavano le cose mi disse in tutta tranquillità che era tutto a posto, aveva trovato un altro lavoro e si erano anche sistemate in una nuova casa.
    PS: non chiedo che l’Italia diventi come l’America, che neanche mi entusiasma, ma come tanti altri paesi dell’Europa occidentale…..?!

  61. Per Angela Padrone.
    Il suo intervento è interessante. Secondo me il problema grosso in Italia è proprio questo. Se uno perde il lavoro, ammesso che si disponga di qualcosa degno di tal nome, e a volte non è così, col cavolo che se ne trova un altro. Sbaglio?

  62. X Elektra
    Questa e` materia piuttosto difficile da spiegare.
    Le basi del nostro contratto dovrebbero a norma di legge essere garantite. Ma a livello di benefit noi dipendenti Vodafone siamo piuttosto “pesanti” , nel senso che abbiamo parecchi benefit che difficilmente una Srl come Comdata, societa` acquirente potra` garantire a lungo.
    Inoltre il contratto vodafone style viene mantenuto sino alla durata dell`appalto. Qualora la vodafone dovesse decidere di appaltare la propria collaborazione ad un`altra azienda, noi saremmo solo dipendenti della societa` acquirente e non piu` della vodafone.
    E non sarebbe decisamente la stessa cosa.
    Se il passato prossimo era piuttosto sereno il futuro nono lo sara` altrettanto.

    X Rosa Fazzi.
    Hai centrato il problema ed il nocciolo della discussione.
    Il problema e` proprio questo: voler essere americani, ma per il cinquanta per cento sbagliato.

  63. Ma vogliamo renderci conto che siamo in un momento di grande crisi epocale? che i parametri vanno completamente cambiati e che la sicurezza professionale ed economica é solo la grande illusione capitalistica con cui siamo stati vaccinati, noi svenduti ai mercanti di telefonini e giubbini. Bisogna cercare strade alternative, e mettergliela in culo alle multinazionali in altre maniere: con i boicottaggi, con la rinuncia a certi beni di consumo che alimentano circoli mostruosi-viziosi. Sento tutta la carenza dell’educazione con cui sono stata cresciuta, che mi ha taglitata fuori da tutta una serie di lavori artigianali per esempio, che comunque renderebbero autonomi, dal controllo delle aziende.
    O pensare di andarsene da questo paese… Andate a vedere il sito di Silvano Agosti e le lettere che gli scrivono tutti quelli che si sono licenziati dai call center e si sono messi lo zaino in spalla girando il mondo. Magari sempre vivendo in precarietà, ma con quello stato mentale che é riconducibile alla libertà. nel frattempo s’imparano altre lingue, si conoscono altri spazi.
    Io sono una precaria da quasi dieci anni. Eppure non é il precariato a distruggermi l’anima, ma i meccanismi perversi che che si creano all’interno di un gruppo di persone impaurite. Ho scritto un libro su queste tematiche se vi interessa ve lo mando via email. C’é una generezione intera, colta, preparata, cosciente, che potrebbe veramenet rivoluzionare le cose, il sistema, e che fa? Vuole il posto fisso, vuole la scrivania e la sedia sotto al culo per mille euro al mese? Cazzo gente così merita di essere schiavizzata.
    E’ come stare con il collare di ferro al collo e ogni tanto il padrone da una bella tiratina oppure lo lascia solo quel tanto per respirare appena. Ma se il cane si rivolta e gli da un bel morso vedi che la catena si spezza e il padrone ci pensa due volte a rifarsi il suo bel cagnolino.
    Io la catena al collo non me la sono fatta mettere mai da nessuno. Anche nel precariato ho sempre detto e fatto e mi sono battuta per quello che credevo, il rispetto per me stessa e per la dignità umana.
    E devo dire che rispetto ho dato e rispetto ho ricevuto. Mi sono rifiutata di fare causa all’azienda per cui lavoro perché io coscientemente ho firmato i contratti temporanei e perché spero che la vita mi porti altro, e perché ritengo che la vita si prima di tutto un’avventura, anche se questo adesso ci sembra il peggiore dei mondi possibili, ci viene comunque data la possibilità di cambiarlo.

  64. Ringrazio Francesca Serra per il suo passaggio “mettergliela in culo”. Non sono più l’unico scandaloso sboccato di questo blog. Contento Massimo? 🙂

  65. E’ auspicabile che l’Italia non diventi come gli USA, e poichè l’erba del vicino è sempre più verde alcuni amici americani invidiano il nostro sistema sanitario e anche quello pensionistico. Non pensiate che altrove il meccanismo sia diverso: la schiavizzazione è frutto di un sistema e quello è ormai radicato ovunque, Cina compresa, dove lavorano anche 14 ore al giorno senza garanzie, ma nelle campagne si fa la fame.

  66. a francesca serra…
    dimmi francesca, tu hai figli?
    quando dici che è meglio pensare di andarsene da questo paese, ti riferisci ai giovani o in generale a tutti, compreso le madri e i padri di famiglia il cui vero (e giusto) collare è quello del senso di responsabilità verso la propria famiglia?

  67. I parametri sono cambiati. Giusto.
    E se un giorno in Cina dovessero decidere che oltre a lavorare per quindici ore al giorno con quindici soldi al mese il bravo lavoratore deve consegnare un rene al proprio datore di lavoro? Dovremmo adeguarci?

  68. Ho un figlio di cinque anni, mi occupo dei miei genitori, che non ce la fanno a vivere con una pensione minima, perché metteteci pure che avremo sulle spalle le famiglie di origine impoverite dall’aavvento dell’euro.
    Andatea a vedere il sito di Malatempora dove De Simone genio di econmia propone corsi e seminari su altra economia e quindi sulla possibilità di tornare ad una moneta locale e quindi ad una economia locale.
    Sono una quarantenne precaria che nonsostante le due lauree ha fatto di tutto per sopravvivere e sopratutto per non farsi stritolare dal sistema.
    Bisogna essere vigili, informati e uniti. Dividi et impera e il motto che regna in tutte le aziende ma sopratutto nel clima psicologico della nostra società ipertecnologica ma sottosviluppata.
    Parlo dall’alto, dico dall’alto di tutte le responsabilità che mi prendo ogni mattina appena apro gli occhi. Quelle familiari ma anche quelle storiche che ci riguardano. Quello che succede in Cina é certo che ci riguarda, ma proprio agendo sul cambio dei consumi possiamo operare in maniera globale oltre che locale.

  69. Vi ringrazio ulteriormente per i vostri pareri. Leggendoli in maniera obiettiva non si può non scorgere un fondo di verità in tutti (o quasi tutti).
    Peccato che non sia intervenuto nessuno dei dirigenti vodafone!
    _
    @ Elektra:
    grazie per l’ennesima sviolinata (ma la smetti di mettermi in imbarazzo? 😉 E poi mi viene sempre il sospetto che mi tu mi stia prendendo un po’ in giro).

    @ Outworks 110:
    Ho pubblicato la tua lettera con vero piacere. Spero davvero che possa essere utile.

  70. @ Francesca Serra:
    ti ringrazio per i tuoi interventi appassionati.
    (Francesca scrive e lavora in Rai. Presto pubblicheremo qui a Letteratitudine qualcosa di suo).

  71. @ Angela Padrone:
    Ciao Angela. Ti ringrazio molto per aver accolto la mia richiesta. Hai scritto delle cose interessanti sulle quali riflettere. Tanti in bocca al lupo per il tuo libro.
    E continua a intervenire, se puoi.

  72. Due minuti dopo che lo Tsunami aveva seminato distruzione e morte, i cinesi stavano già lì a firmare appalti per ricostruire tutto. Agli altri paesi, americani compresi, lasciarono la riedificazione delle scatole da scarpe. Come diceva Renzo Arbore: “meditate gente, meditate!”.
    A Lupus: la tua visione del 68 e dei sessantottini è parziale e distorta. Frutto, più che altro, di racconti e resoconti “politicizzati” (da sinistra a destra) che analizzano soltanto una parte contraddittoria del fenomeno….se così vogliamo chiamarlo. Non ti arrabbiare, ma non avendolo tu vissuto tenta di prendere ciò che dico esattamente come tutti (me compreso) prendiamo i racconti di chi fu giovane in tempo di guerra.
    Un eventuale discorso (serio) sul 68 necessiterebbe di spazio e tempo. Posso limitarmi a una (personale) sintesi: non fu la mastodontica e omnicomprensiva rivoluzione che molti partecipanti credevano di fare, ma non fu nemmeno quella insignificante stronzata che i posteri credono.

  73. Caro Benedetto, esprimo anch’io grande solidarietà per te e per tutti quelli come te. Capisco bene la tua situazione. Ho fatto molti lavori, ho iniziato a diciotto anni, adesso quasi trenta, e ogni volta ho coltivato la speranza “questo è il lavoro della mia vita”. Sogni infranti. Purtroppo erano sempre lavori a tempo determinato e tali sono rimasti sino alla scadenza. Alla fine mi sono arresa all’unico dato di fatto: conto sulle mie proprie forze. Non esiste più l’idea del lavoro come lo hanno vissuto e lo vivono i nostri genitori, esistiamo noi, una generazione che deve rimboccarsi le maniche, una generazione che vale, forse non ne ha preso coscienza del tutto, ma che ha tutte le carte per cambiare le cose. Un abbraccio e un in bocca al lupo,
    Katia

  74. Per Angela Padrone.
    Il suo è un libro di interviste o ha scelto un’approccio narrativo? Quale metodologia ha usato per raccogliere le testimonianze? Intervista in presa diretta, face to face, o anche tramite mail?
    Grazie in anticipo per le risposte.

  75. Un`ultima annotazione : domani ci sara` sciopero dei dipendenti vodafone. Alcuni di noi sono stati precettati.
    Saremo a Roma e Milano per delle manifestazioni.
    Speriamo serva a qualcosa, le stiamo provando tutte.
    Non vi chiedo di spegnere il cellulare, che a ciascuno serve per le proprie esigenze, ma semplicemente quanto lo usate di pensarci e fare un po` il tifo per noi.

    Grazie

  76. X Massimo :
    non mi ha stupito il mancato intervento dei manager vodafone.
    Vivono in un mondo virtuale di grafici, numeri e percentuali.
    Sino a qualche giorno fa li reputavo velleitari ed inoffensivi. Mi sa che mi sbagliavo.

  77. Ciao a tutti

    e’ vero che non bisogna fossilizzarsi sul “lavoro fisso” sul posto sicuro etc, ma non tutti hanno la predisposizione mentale e lo spirito per farlo, diciamo che se ti tocca ti adatti, ma i nostri genitori non ci hanno cresciuto abituandoci alla precarieta’, bensi’ al lavoro “sicuro”… oltre a questo quando hai mutuo, bollette, spesa da fare, non avere certezze non e’ facile da affrontare, e in tutta sincerita’…non e’ nemmeno detto che te ne diano la possibilita’ … quanti mutui ci sono per i lavoratori “atipici”? In Italia ne e’ uscito qualcuno nell’ultimo anno, ma i primi co.co.co quando sono partiti?????..e nel frattempo una persona si doveva sparare a trovarsi le mani legate per vivere e fare progetti????. Secondo me’ e’ stato introdotto un sistema per il quale l’Italia non era pronta….e le conseguenze disastrose sono sotto agli occhi di tutti.
    E’ vero che la felicita’ non la da il lavoro fisso, ma la sicurezza di avere delle entrate, da la possibilita’ di stare sereni, fare progetti e, sopratutto, mangiare tutti i pasti o quasi…..e poi io il datore di lavoro lo cambio per scelta, non perche’ l’azienda decide di vendermi!!!! Poi in effetti in questo paese gli unici ad avere sedia e scrivania fisse, oserei dire FUSE al proprio corpo e’ la classe politica!!!! Se si cominciasse a mandare a spasso tutti quelli che fanno danni a quest’ora ci sarebbe almeno il 50% (perche’ sono buona) in meno di personaggi che vivono sul nostro sangue….e magari il ridimensionamento della LORO busta paga sanerebbe una buona parte der buco intorno a noi…..

    ps tornando a Vodafone, non aspettatevi che i dirigenti Vodafone intervengano, sono troppo impegnati a spostare le nostre matricole da un’azienda ad un’altra …. la gente normale sente parlare di fantacalcio, noi lavoratori di call center siamo i REP, ed e’ cominciato il fantaRep…..ad eliminazione!

    buona giornata a tutti!

  78. Risorse Umane,Riserve Umane, o SPIRITO D’INIZIATIVA?
    Caro Benedetto Lei e i suoi 914 colleghi, potreste contrastare il provvedimento della Vodafone, più che legittimo, proponendovi come “COOPERATIVA DI LAVORO”, presentando un Vs. progetto di fattibilità di fornitura di servizi,nelle modalità da Voi già eseguite in questi anni, e comunque aderenti al core business della Società. Potete rivolgerVi, se ci crederete unitariamente fino in fondo, al Vs. sindacato di categoria che Vi illustrerà le leggi in vigore e i finanziamenti previsti in Italia e nella “CEE”, per le “Cooperative giovanili”. Come dei veri “Partner” dell’Azienda, dunque, e non sudditi ribelli.”Life it’s Now”, frase idiomatica “Vodaphone” per un vero Vs. senso di appartenenza..Spirito d’iniziativa, perché no?
    Caro Massimo, secondo Te, le nuove generazioni, che è anche la Tua, quando decideranno di prendere in mano le redini della loro vita ? Ovviamente, cercando anche alleanze e competenze reali per affrontare la competizione individuale e di mercato; che comporta: SACRIFICIO E DURO LAVORO, DIETRO OGNI SUCCESSO e INSUCCESSO: scolastico,sportivo,professionale e finanche in amore. Una sola aspettativa,quindi, non fa primavera!
    Un saluto a Benedetto e a Massimo,
    Luca Gallina

  79. Ciao Luca

    adesso stiamo pensando a fermare questa cosa, se non ci riusciamo il passo successivo sara’ conquistare delle VERE garanzie e SOLO DOPO eventualmente si potra’ pensare a mettere su qualcosa, o comunque a guardarsi attorno … parlo per me, ma forse anche per qualcun altro, noi non vogliamo essere partner/collaboratori, noi vogliamo RESTARE AZIENDA !!!!!!

    Ciao!

  80. Siglato l’accordo per la cessione dalla Svezia, costo dell’operazione 775 milioni.
    =
    L’azienda: “Operazione importante per lo sviluppo dei servizi integrati fisso-mobile”.
    Vodafone acquisisce Tele2. banda larga in Italia e Spagna
    =
    Milano – Vodafone Italia e Vodafone Spagna hanno siglato l’accordo per l’acquisizione di Tele2 nei due Paesi da Tele2 Svezia, per l’importo complessivo di 775 milioni. L’operazione sarà sottoposta al vaglio delle autorità di vigilanza competenti e si dovrebbe concludere entro la fine dell’anno. Tele 2 Italia e Tele 2 Spagna forniscono servizi di banda larga e di telefonia fissa nei due Paesi. L’acquisizione di Tele 2 consentirà a Vodafone di beneficiare delle elevate opportunità di crescita della banda larga fissa, dato il livello attuale di diffusione dei servizi e il rapido sviluppo del mercato.
    =
    Sviluppo offerta commerciale.
    L’immediata disponibilità dell’infrastruttura accelererà lo sviluppo dell’offerta commerciale e l’integrazione delle reti di Tele2 e di Vodafone genererà sinergie di costo. Grazie alla acquisizione di Tele2, Vodafone Italia disporrà quindi di un ampio portafoglio di tecnologie che includeranno, oltre alla telefonia fissa via radio con Vodafone Casa, anche la rete fissa DSL, concretizzando l’offerta di servizi di comunicazione totale per la clientela residenziale e per le imprese.
    =
    Vodafone: “Un passo avanti importante”.
    “Vodafone realizza la sua prima acquisizione in Italia, un passo in avanti importantissimo nella attuazione della strategia di crescita focalizzata su due nuove aree di sviluppo: i servizi integrati fisso-mobile e la banda larga fissa e mobile”, ha dichiarato Pietro Guindani, Ad di Vodafone Italia.
    =
    “Servizi di comunicazione totale”.
    L’acquisizione di un operatore telefonico dotato di una propria rete infrastrutturale, unita al lancio commerciale di Vodafone Casa, continua Guindani, “concretizzano la nostra strategia di diventare un operatore in grado di offrire servizi di comunicazione totale. La rete infrastrutturale acquisita da Tele2 sarà sviluppata e rafforzata con un nuovo piano di investimenti per fornire prestazioni a larga banda in tecnologia IP per la clientela residenziale e le imprese”. “Nel mondo della telefonia fissa – conclude Guindani – Vodafone porterà nei prossimi anni libertà di scelta, innovazione, concorrenza e servizi di qualità per tutti i clienti, così come ha fatto nella telefonia mobile”.
    (6 ottobre 2007)
    Fonte: repubblica.it
    http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/economia/vodafone/vodafone/vodafone.html

  81. Sogno un mondo dove Tullio Avoledo lavora soltanto in banca e Aldo Nove fa il centralinista a un call center. Chiedo troppo?
    Scusate la battuta…

    Gordiano Lupi

  82. Ciao a tutti

    nonostante il proseguo di stato di omerta’, lo sciopero di venerdi 5 ottobre con manifestazione a milano e sit in a roma e’ ben riuscito!!!!!! Certo e’ stato dedicato molto piu’ spazio all’acquisto di tele2 italia e spagna…e prosegue tutto come se si dovesse fare finta di niente, perche’ certo dobbiamo considerare la nuova prospettiva come opportunita’… allora com’e’ che abbiamo tutti il magone???? Com’e’ che nessuno si sente tranquillo e fiducioso????Cosa e’ successo allora venerdi a milano e a roma ??? ERA UNA GITA????? e tutta questa attenzione nel rassicurare le persone, anzi no..scusate: i numeri! … Giocamoceli al lotto, sti numeri, magari ci va pure bene!

    Saluti TUTTI

  83. Caro Lupi,
    controfirmo il Suo sogno, aggiungendovi il mio: Ammaniti che fa lo studente di Letteratura Italiana e non lo scrittore di professione e gli editori italiani che la smettono di tradurre ogni ciofeca proveniente dagli Stati Uniti.
    (Ma mi scuso anch’io per la – diciamo – battuta)
    Sozi

  84. @ Dannkall:
    Sono contento che lo sciopero sia andato bene. Pensi che sortirà qualche effetto?

    @ Gordiano (seriamente):
    cosa pensi del problema giovani- lavoro-precariato?

    @ Gordiano e Sergio (off topic e poco seriamente):
    Non è che ora mettete su una SAS voi due, vero?
    (SAS = Santa Alleanza per le Stroncature).
    Ditemelo, così prendo provvedimenti.
    Gordiano è bene che tu sappia che a me Avoledo piace. Sul serio. Te lo dico, così lo sai. 😉
    Forse dovresti cominciare a prendere in considerazione la possibilità di inserire anche me nel tuo prossimo eventuale “Quasi quasi…” o”Nemici miei”. Con la differenza che io non mi arrabbierei. Anzi, mi divertirei un mondo. Giuro 😉
    Siete scusati per le battute!

  85. @ Dannkall:
    Sono contento che lo sciopero sia andato bene. Pensi che sortirà qualche effetto?

    Domanda di riserva??? ;0))))))

    L’azienda sta andando avanti come uno schiacciasassi, noi siamo come ho descritto sopra, ma abbiamo appena cominciato !!!! :0) quindi nel nostro intento ci sono i migliori propositi; nel peggiore dei casi le 2 aziende sapranno che siamo disposti a contrastarle … certo questo silenzio che sta regnando sovrano non aiuta…..

  86. Diciamo che lo strapotere del Capitale si e` mostrato in questo week end in tutta la sua ampiezza.
    Manifestazione sindacale degli operatori relegati ad una mera esibizione dei bamboccioni contro padoa-schioppa su rai3, timidissima e quasi tremebonda citazione su rai1 ( vodafone fa molti spot la carne e` debole).
    sabato mattina poi la bomba dell`acquisto di tele 2 in spagna e italia.
    come dire starnazzate voi che qui non si sente.
    poi due mail, per noi “colleghi e colleghe” dicendo che tutto va come previsto, quindi bene.
    Il povero Massimo si attendeva interventi in questo blog dei manager vodafone. che anima pia……

    Sottoscrivo il sogno di Gordiano Lupi, pero` nel caso di Nove poveri clienti che colpa ne hanno loro per beccarsi un operatore del genere……

  87. Buon giorno a tutti. mi aggiungo anch’io: sono coinvolto nell’ “affaire” liquidazione dipendenti.
    ho letto i vostri interventi ed uno mi ha particolarmente incuriosito. Mi riferisco a quello di Luca Gallina.
    Sono perfettamente d’accordo, ad un livello teorico, con l’idea del fronteggiare la calamita’ che ci sta per capitare, con controproposte organizzate…
    tuttavia sul piano pratico questa proposta trova insormontabili ostacoli, che, nella loro esposizione, credo aiuteranno a capire gli aspetti piu’ problematici della situazione:
    1) il colosso Vodafone: stiamo parlando di un’azienda che in questi anni si e’ presentata ai dipendenti come “famiglia”, “amica”, “compagna” (il virgolettato e’ d’obbligo: sono espressioni stra utilizzate in brifing di ogni tipo), ed ai clienti come “solidale”, “trasparente”, “innovatrice”,etc etc. nella sua ricchezza e nella scarsezza della concorrenza, ha sviluppato una patologia che la spinge a convincersi di essere una nuova creatura politica: l’Azienda Etica
    2) i sindacati: da un lato hanno perseguito obbiettivi massimalisti (CGIL) sovraccaricando il nostro contratto di istituti esagerati; dall’altro hanno perseguito il minus estremo del “proviamo a chiedere e forse otteniamo qualcosa” (CISL): questo atteggiamento perdura ed impedisce un dialogo costruttivo. su qualche istituto si potrebbe anche trattare….
    3) i dipendenti: degni di una situazione da film matrix, sono stati assunti in media a 21 anni, e sono cresciuti qui dentro, indottrinati d’illusioni sul mondo del lavoro. In un fenomeno di rimozione collettiva, certuni continuano a pensare che “forse si va in meglio”, oppure “e’ colpa della legge Biagi” (legge non perfetta ma ormai uno spauracchio….) oppure “ma se l’azienda lo fa vuol dire che ha le sue ragioni” (ovvio, ma le tue di ragioni? ne hai qualcuna?)

    in questa situazione, nell’intrasigenza o nella facile accondiscendenza sindacale, non riusciamo ad organizzarci quanto sarebbe necessario per fronteggiare l’ Azienda Etica, senza dimenticare i propblemi connessi alla disclocazione in citta’ diverse ed in zone diverse della medesima.

    di positivo voglio tuttavia segnalare che anche per effetto delle belle manifestazioni di Milano e Roma sembra crescere la compattezza tra i lavoratori e grazie anche a quelle crepe aperte nel silenzio stampa, forse, l’Azienda comincia a temere -no….eccessivo!-, preoccuparsi, per la propria Reputazione.

    vi saluto, ringraziando questo blog per il prezioso aiuto

  88. Ho compiuto 33 anni di contributi ed ho iniziato a lavorare in regola a 16 anni di età fisica fino ai 18 continuativi.
    Farei parte dei lavoratori precoci se la legge non ci avesse delegittimato e discriminato.
    Vorrei esprimere a tutti un mio giudizio; altro psicologicamente pensare, me ne andrò in pensione qualche annetto prima, visto che nei miei 16 anni di età fisica cioè da ” ragazzino ” andavo a lavorare alla zona industriale di CT col troppo freddo e col forte caldo, dovevo essere li alle ore 07,00, e dovevo alzarmi dal letto alle 05,40 per prepararmi per tutte le mie esigenze fisiche prima di partire.
    Mentre Io mi alzavo così presto visto la mia tenera età, quelli più grandi di me, la mattina si alzavano dal letto più tardi, ed io dovrò andare in pensione quando andranno costoro con tanto di rispetto; avendo iniziato a lavorare un bel pò più tardi di me; vi sembra giusto?.
    Nel contempo approfitto per ringraziare tramite questo Interessante topic, i Signori legislatori che con le loro comprensioni e considerazioni che hanno avuto verso di noi, i quali abbiamo iniziato a conoscere il sacrificio e la sofferenza del lavoro molto prima degli altri, e avendo anche dato per primi il nostro contributo per lo sviluppo e per la crescita dell’ Italia.
    Su tutta questa filastrocca c’è da tenere presente in piena considerazione, che Io e gli altri ragazzini come me, in quegli anni più belli dell’ infanzia ci alzavamo prima delle ore 6 di mattina col buio, mentre gli altri, dico quelli più grandi di Noi dormivano indisturbati nel più bello della mattinata e si stiravano le ossa nel letto fra le coperte, compresi anche quelli che ci amministrano.
    Da ragazzino mi facevo forza nell’ alzarmi per non rifarmi chiamare da mio Padre che dopo il suono della sua sveglia veniva a svegliarmi; alzati Pietro, ed io con grande forza d’ animo, anche se ragazzino quale ero, ed anche se mi veniva a mancare il riposo, con voce quasi da bambino e col sonno negli occhi rispondevo a mio Padre, si Papà mi sto alzando.
    A questo punto non riesco proprio a capire perchè Noi precoci in un’età all’epoca infantile non possiamo oggi privileggiare e godere nel potercene andare in pensione qualche anno prima di quelli che hanno iniziato a lavorare dopo di noi e goduto l’ infanzia più di Noi.
    Noi abbiamo subito un trauma che ci trasciniamo da tempo, divenendo dei lavoratori precoci: cioè lavoratori da ragazzini; iniziando a dare il nostro primo contributo, come le pecore quanto iniziano a dare la loro prima lana in modo più precoce della loro maturità, e che ormai adesso non ci viene più riconosciuto, come se il nostro sacrificio non fosse servito a nulla, per le dovute e ingiuste inconsiderazioni di questi legislatori.
    Con questo, Invito coscientemente ed umanamente a riflettere e ha cercare di prendere delle dovute e giuste azioni in un tempo spero abbastanza breve, per tutti noi reduci di precocità, e che con questa precocità di lavoro e non di divertimento che si è tatuato in noi in modo purtroppo indelebile ormai stanco come quello di un anziano, per aver iniziato a lavorare troppo precocemente.

    PER ME, NON SO SE ANCHE PER VOI, LAVORATORI PRECOCI: CIOE’ LAVORATORI DA RAGAZZINI, PER GIUSTO GIUDIZIO E PER GIUSTA CAUSA, NOI DOVEVAMO ESSERE RICONOSCIUTI ANCOR DI PIU’ E MEGLIO DEI LAVORI USURANTI CHE GODONO E PRIVILEGGIANO DI ANNI DI PREPENSIONAMENTO, PENSANDO A QUELLE NOSTRE PICCOLE E TENERE OSSICINE FRAGGILI CHE ERAVAMO.
    PERCHE’ NOI DA RAGAZZINI CI SIAMO USURATI ANCOR PRIMA E DI PIU’ DEI LAVORI USURANTI.

    DAI UN TUO PARERE SE SEI DACCORDO GRAZIE.
    PIETRO.

  89. Carissimo Pietro (benvenuto a Letteratitudine!),
    comprendo benissimo la tua amarezza. Peraltro, a sedici anni, tutti dovrebbero avere la possibilità di andare a scuola.
    Alla tua amara considerazione ne aggiungo un’altra (altrettanto amara): chi inizia a lavorare oggi (ammesso che ci riesca), non è detto che riesca a intravedere il traguardo della pensione…

  90. Vorrei chiedere ai nostri politici, in particolare a quelli addetti alla pianificazione del welfare ed alle diverse rappresentanze sindacali, se hanno tenuto conto del fatto che, con la nuova riforma delle pensioni, quando la stessa arriverà a regime, la pubblica amministrazione e le aziende si troveranno con una marea di dipendenti cosiddetti anziani e poiché non si potrà assumere se questi non se ne andranno, non pensano che potrà esserci un disservizio per i cittadini, i grandi manager, i funzionari dirigenti e gli amministratori stessi che avranno a disposizione personale vecchio e magari dopo tanti anni anche demotivato? Certo gli ultra cinquantenni non sono aitanti come un ventenne o un trentenne o anche un quarantenne. Non pensano che sarebbero bastati i 35 anni di servizio lavorati seriamente per concedere il meritato riposo ad un lavoratore? Non credono che sarebbe necessario svecchiare la Pubblica Amministrazione? Come pensano di ovviare all’inconveniente rappresentato dai naturali acciacchi fisici che eventualmente dovessero presentarsi a causa dell’età? Ed ancora: non potrebbe essere che, sempre a causa dell’invecchiamento del personale in servizio, si andrà in contro tendenza ed invece del calo delle assenze per malattia, via sia un aumento fisiologico delle stesse? Questo ovviamente riferito a tutti i lavoratori, sia del pubblico che del privato. Per un lavoratore pubblico e non, che ad una certa età non sarà più aitante come in gioventù,e quindi meno redditizio dal punto di vista fisico, sono previsti cambi di mansione o incarichi meno gravosi? Non trovano ci sia incoerenza e totale contraddizione tra il pretendere un fisico scattante (non parlo solo di poliziotti) o comunque molto attivo e redditizio sul lavoro, e nello stesso tempo ritardare sempre più l’accesso alla pensione? Purtroppo le lancette dell’orologio della vita non vanno a ritroso, per quanto i Ministri di turno si possano affannare per farlo. Siamo veramente stanchi fisicamente ed intellettualmente, dopo una vita di lavoro. Vi chiediamo fermamente come cittadini elettori ( che hanno il diritto in quanto tali di essere presi in considerazione dato che, come dite sempre anche voi, il popolo è sovrano) di non continuare a prendervi gioco di noi spostandoci in continuazione il traguardo pensionistico, (35 anni non erano pochi!! e volete continuare vergognosamente ad aumentarli!!) anche perché non vogliamo arrivare al punto di non essere più in grado di rendere come in gioventù: vorremmo fermarci prima!! Ne abbiamo il diritto, come hanno avuto tutti i lavoratori nati prima di noi, abbiamo la stessa dignità e vorremmo essere trattati allo stesso modo!!. Sarebbe un’umiliazione per noi, dopo una integerrima vita di lavoro, essere costretti a subire del lavativo o del fannullone perché non più operosi come nel passato; legati ai naturali cedimenti del fisico che invecchia e che ha dato tanto fin da adolescente. Quanto meno dobbiamo avere la possibilità, avendone la necessità, di ritirarci dal lavoro percependo una pensione proporzionata agli anni di lavoro prestati! Credo che le organizzazioni sindacali dovrebbero opporsi a queste continue riforme, sostenendo quello che alcuni buoni politici (che oramai sono pochi), attraverso note trasmissioni televisive, hanno suggerito come soluzione del problema alla mancanza di fondi e cioè l’ azzeramento dei privilegi scandalosi di cui godono diverse categorie, ad esempio: pensioni e stipendi d’oro, riconoscimenti pensionistici dopo soli 5 anni di legislatura, frodi finanziarie, paradisi ed evasioni fiscali ecc.; così facendo si verrebbe a creare un sistema più giusto ed equilibrato, si potrebbe accedere alla pensione tutti un po’ prima ed il carico di mantenimento del sistema previdenziale sarebbe suddiviso in modo più equo. Purtroppo non si capisce il perché… ma quella via non la si vuole percorrere. Un’altra cosa che non capisco, è che anche la Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia chieda di ritardare l’uscita dal lavoro quando specialmente nel privato il datore di lavoro vuole personale efficiente e forte anche fisicamente, per cui credo che gli industriali che la Marcegaglia rappresenta non siano poi così contenti delle sue affermazioni; cosa se ne faranno le aziende private (ed attualmente anche la Pubblica Amministrazione), di persone che non renderanno più come in gioventù? Spero non pensino di licenziarli una volta che non saranno più in grado di assolvere al meglio i loro compiti…… oppure è proprio questo che vogliono fare? Sarebbe un disastro sociale che provocherebbe una rivoluzione civile!
    Ma allora qual’é il vero obiettivo delle affermazioni della presidente Marcegaglia??!?!
    E gli incentivi che un anziano non riuscirà a percepire proprio per i motivi sopra esposti? Infatti essendo meno redditizio, più passano gli anni meno un lavoratore potrà guadagnare di produttività, sia nel pubblico che nel privato, oltre naturalmente a diventare malvisto da dirigenti e colleghi. Aggiungo un pensiero anche per i lavoratori precoci che hanno iniziato a lavorare quasi bambini, (15/16 anni), e tutti sappiamo che a quell’età non si svolgevano lavori di concetto, per cui sono doppiamente stanchi, dato che invece di vivere la loro adolescenza come tutti gli altri, erano già al lavoro in fabbrica o altro, contribuendo all’espandersi economico della nazione, ed alla fine avranno più anni di lavoro sulle spalle rispetto chi ha iniziato a lavorare dopo. Purtroppo da quello che si vede negli spot televisivi, tutti si oppongono giustamente al lavoro minorile, ma negli altri stati e continenti….!! Per loro andrebbe prevista un’agevolazione come anche per i lavori usuranti. Non credo che tutti questi aspetti siano sfuggiti ai nostri Ministri e sarei contento di sapere cosa ne pensano sia loro che le diverse Organizzazioni Sindacali. Mi rendo conto che gli interrogativi nel presente commento sono tanti, ma purtroppo nessuno ha una risposta ufficiale. Concludo aggiungendo un messaggio importante per coloro che chiedono continuamente l’innalzamento dell’età pensionabile: “cari politici, non siamo animali da soma, siamo uomini!! e dopo una vita di lavoro e fatiche uomini stanchi!!
    Lo volete capire oppure no?!?

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