Ottobre 11, 2024

381 thoughts on “27 GENNAIO: GIORNO DELLA MEMORIA

  1. Difendo sempre il giorno della memoria – è sempre un’occasione. Difendo sempre gli storici che si occupano dell’argomento con serietà, anche diciamo controvoglia. Spesso sento una specie di odore di sciacallaggio, spesso vivo una contraddizione emotiva – anche adesso che leggo di questi che dicono “un lavoro che viene da lontano!” – perchè contro alla gratitudine per la divulgazione c’è un lo dico? lo dico – una specie di ribrezzo per il gusto perverso del dolore, della tortura, della morte. Ma quanto è arrapante questo lager eh? Non finisce mai di eccitarci. Sento le unghie sopra la mia storia, il lucro sopra la mia storia e mi vengono reazioni viscerali.
    E non posso farci niente- non posso criticare, perchè mi dico che la cultura, il sapere e il conoscere hanno bisogno anche di passioni sinistre.
    Tuttavia Massimo, a invitare a cena di questi storici, ci penso sempre quattro volte, quando ascolto gli zelanti goy forzati della conoscenza – sei ebrea ooooooh ma davverooooooooo uuuuh che cosa terribile aaaah, e mi assicurano la loro dedizione alla causa, delle volte con senso di colpa, delle altre con consapevole scazzo – dipende certo dalle persone, in ogni caso mantengo una distanza di sicurezza.
    Perdona se ho violato un po’ il fair play di questo posto che amo – ma ru capirai.

  2. Carissima Zaub, grazie per essere già intervenuta.
    Mentre scrivevo questo post, pensavo proprio a te… perché conosco il tuo pensiero sulla questione… e, infatti, pensavo di inviarti una mail per notificartelo.
    Ma mi hai preceduto.
    😉
    Grazie, dunque, per essere intervenuta.
    Unisco la chisura del tuo commento con l’incipit: “mantengo una distanza di sicurezza, difendo sempre il giorno della memoria – è sempre un’occasione”.

  3. Ho iniziato il post inserendo il testo dell’articolo 1 della legge n. 211 del 20 luglio 2000.
    Non tutti sanno (almeno credo) che il Giorno della Memoria è istituito per legge.

  4. Ne approfitto anche per riportare l’art. 2 della citata legge: “In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere”.

  5. L’art. 2 oltre a indicare la necessità di “conservare la memoria” evidenzia anche un fine: il far sì che “simili eventi non possano mai più accadere”.

  6. Rieccomi qui.
    Come ho scritto sul post, mi piacerebbe che discutessimo sul Giorno della Memoria partendo dall’esame (o dal riesame) di due opere che, da questo punto di vista, possono considerarsi come libri-simbolo: “Il Diario di Anne Frank” e “Se questo è un uomo” di Primo Levi.
    Vorrei che riflettessimo sul valore e sul messaggio di queste due opere e – contestualmente – su cosa significa, oggi, celebrare il Giorno della Memoria.

  7. Vi ho proposto anche due articoli (li trovate sul post), pubblicati su Tuttolibri de La Stampa del 22 gennaio e su Domenica de Il Sole 24Ore del 23 gennaio.
    Ne approfitto per ringraziare gli amici de “La Stampa” che danno la possibilità di utilizzare gli articoli in creative commons.

  8. Un ringraziamento speciale all’amico Stefano Salis (della redazione di “Domenica” de Il Sole 24Ore) per avermi autorizzato a pubblicare l’articolo di Anna Foa.

  9. Ecco le domande sui due libri proposti e sul Giorno della Memoria (queste ultime prese a prestito da Anna Foa, autrice dell’articolo pubblicato su Domenica).
    Ringrazio in anticipo chi avrà la possibilità e la voglia di rispondere…

  10. Avete mai letto “Il diario di Anna Frank” e “Se questo è un uomo” di Primo Levi? Cosa vi ha colpito, in particolare, di quelle letture?
    (Riportatene pure stralci, citazioni, recensioni, ecc.)

  11. Quale uso pubblico fare di questa memoria? Quello di una ricostruzione sempre più attenta degli eventi? Quello di una riparazione del crimine e di disvelamento di ciò che i perpetratori avevano voluto deliberatamente occultare? Quello di un monito perché tali eventi non si ripetano mai più? O che altro?

  12. Il diario di Anna Frank e Se questo è un uomo sono due tra i libri che più di tutti mi hanno segnato nella vita. Credo sia sempre importante segnalarli, farli leggere a chi non li conosce.
    Libri assolutamente da divulgare.

  13. Per quanto riguarda il Giorno della Memoria, dico che è senz’altro importante. Ma non basta ricordare. Bisogna conoscere, conoscere a fondo, comprendere certe dinamiche e perchè si è giunti a un certo punto.
    Altrimenti rimane un elemento celebrativo, importante sì, ma non basta.

  14. Alcune precisazioni sul Giorno della Memoria.
    1) La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oświęcim (nota con il nome tedesco di Auschwitz), scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista.

  15. 2) Il 27 gennaio il ricordo della Shoah, cioè lo sterminio del popolo ebreo, è celebrato anche da molte altre nazioni, tra cui la Germania e la Gran Bretagna, così come dall’ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1º novembre 2005.

  16. 3) In realtà i sovietici erano già arrivati precedentemente a liberare dei campi, Chełmno, e Bełżec, ma questi campi detti più comunemente di “annientamento” erano vere e proprie fabbriche di morte dove i prigionieri e i deportati venivano immediatamente gasati, salvando solo pochi “sonderkommando”.

    Tuttavia l’apertura dei cancelli ad Auschwitz, dove 10-15 giorni prima i nazisti si erano rovinosamente ritirati portando con se in una “marcia della morte” tutti i prigionieri abili, molti dei quali morirono durante la marcia stessa, mostrò al mondo non solo molti testimoni della tragedia, ma anche gli strumenti di tortura e di annientamento del lager (anche se è doveroso dire che due dei forni crematori situati in Birkenau I e II furono distrutti nell’autunno del 1944).

  17. 4) In Italia sono ufficialmente più di 400 le persone insignite dell’alta onorificenza dei Giusti tra le Nazioni per il loro impegno a favore degli ebrei perseguitati durante l’Olocausto

  18. Altra considerazione: il Giorno della Memoria è importantissimo e va difeso sempre e comunque. Non dimentichiamo che c’è gente, ancora oggi, che tira l’acqua al mulino del negazionismo.

  19. Avete mai letto “Il diario di Anna Frank” e “Se questo è un uomo” di Primo Levi? Cosa vi ha colpito, in particolare, di quelle letture?
    (Riportatene pure stralci, citazioni, recensioni, ecc.)
    Sì, entrambi libri irrinunciabili per formarsi una coscienza civile. Cosa mi ha colpita? Tutto.
    sono libri che fanno male, ma necessari.
    Lascio questa citazione di Anna Frank:
    « È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. »
    (Diario di Anna Frank)

  20. Qual è, o quale dovrebbe essere, il senso del Giorno della Memoria?
    Ricordare, conoscere, formare.
    Non per pulirsi le coscienze, ma per formarsene appunto di nuove.

  21. Cosa ricordare (e perché)?
    Ricordare le atrocità commesse. Come è stato possibile che si commettessero, per eviatare che si ripetano.

  22. Quale uso pubblico fare di questa memoria? Quello di una ricostruzione sempre più attenta degli eventi? Quello di una riparazione del crimine e di disvelamento di ciò che i perpetratori avevano voluto deliberatamente occultare? Quello di un monito perché tali eventi non si ripetano mai più? O che altro?
    Mi sembrano tutte motivazioni valide. Direi che l’una non esclude le altre.

  23. Il Giorno della Memoria ha più una funzione conoscitiva, o una funzione etica? O ambedue, ma in che modo intrecciate?
    Ambedue, credo. Per far sì che abbia una funzione etica è prima necessario che svolga una funzione conoscitiva.

  24. Il 27 gennaio del 1945 il campo di sterminio di Auschwitz fu liberato dalle truppe sovietiche: una data scelta come Giorno della Memoria dalla legge italiana per ricordare la Shoah ebraica, ma anche quella dei Rom e degli omosessuali. Via via che passa il tempo sono sempre di meno, per motivi anagrafici, i sopravvissuti, ma non per questo, negli ultimi tempi, è diminuita la memorialistica, così come l’indagine storica ed anche la narrazione.

    Per l’occasione LaStampa.it offre dodici brevi video di un minuto l’uno sulla storia del popolo ebraico.
    Ecco il primo (i link agli altri, in sequenza).
    La memoria (1): le origini della diaspora ebraica
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15205&tipo=VIDEO
    La distruzione del tempio da parte dei romani nel 70 dopo Cristo segna la data di inizio della diaspora ebraica che li porterà oltre il medio oriente e le coste greche, lungo la penisola italiana e la Francia , verso Germania e Paesi Bassi verso la Spagna, da cui gli ebrei vengono cacciati dai re cristiani nel 1492 . Piu tardi verso le Americhe su tutte le navi , lungo tutte le rotte viaggiano ebrei . A differenza dalle migrazioni di altri popoli , il popolo eletto mantiene intatta la propria identita lungo il cammino : chi per ragioni religiose , chi per ragioni storiche e culturali , chi per modo di pensare . Per i detrattori : semplicemente per superbia e potere economico

  25. La memoria (2): le radici del popolo ebraico
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15204&tipo=VIDEO
    Gli ebrei sono una tribu asiatica ed etnico religiosa formatasi cinquemila anni fa in medio oriente. Nel pianeta solo alcune comunita sumere che ancora sopravivono in Iraq e gli egiziani vantano identificazione tribale e permanenza nello stesso luogo di pochi secoli piu antica .

    Il patriarca Abramo , figura probabilmente mitologica , sarebbe il capostipite del popolo ebraico ; Mose il fondatore della prima religione monoteista con le tavole della legge e con il patto con un dio solo e imperscrutabile .

    L’epoca piu gloriosa del popolo ebraico viene considerata quella dei Re Salomone e Davide: un millennio prima di Cristo . Distrutto due volte, il tempio di Re Salomone si ergeva sulla altura al centro della antica Gerusalemme . Sulla spianata dove sorgeva il tempio si trova oggi la Cupola della Rocca , una moschea islamica eretta sulla supposta pietra del sacrificio di Abramo . Da 1500 anni il muro occidentale , o muro del pianto , alla base della Montagna del Tempio è il luogo piu importante della religione ebraica .

  26. La memoria (3): le umiliazioni della Shoah
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15203&tipo=VIDEO

    Shoah non è stato solo i campi di sterminio, le camere a gas, i forni crematori, anche qualcosa di più sottile e terribile: umiliazione, derisione e tormento degli ebrei da parte dei tedeschi e di altre popolazioni europee. Facendo pulire loro le strade, come a Vienna nel 1938, facendogli correre le corse dei muli a Minsk, tagliando loro le barbe e gli scialli rituali, imponendo loro di mangiare carne di maiale in tutte le zone occupate; facendoli salutare la macchina fotografica con il braccio teso alla maniera fascista; facendogli fare ginnastica rieducativa prima di ucciderli; facendo additare i bambini ebrei dai loro compagni nelle aule di scuola.

  27. La memoria (4): l’antisemitismo antico
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15230&tipo=VIDEO
    Nel medioevo inizia l’antisemitismo antico. Sono i cristiani a generarlo; vedono negli ebrei i carnefici di Cristo; nelle chiese si comincia a pregare per la loro conversione. Nasce la leggenda dello ebreo errante: colui che, secondo il vangelo, schernisce Cristo mentre trascina la sua croce sul Golgota. Dovra vagare per sempre fino alla fine dei tempi: senza posa, solo, perseguitato, maledetto. Eppure è stato un ebreo a dettare i fondamenti della dottrina cristiana con le sue epistole, Saul di Tarso, anche lui un ebreo errante, un ebreo che non ama gli ebrei, folgorato e convertito sulla strada di Damasco. Nell’Europa dei secoli bui si comincia a parlare di omicidi rituali: di giovani gentili sacrificati in riti misteriosi. Non esistono prove certe che ne sia mai accaduto alcuno. Ma decine di atti processuali mostrano evidenti prove di confessioni estorte con la tortura: avviene nella penisola italiana, in Francia, nei principati tedeschi: piu tardi l’accusa di omicidio rituale diventa endemica in Polonia, Romania e nella Russia zarista.

  28. La memoria (5): l’ebreo pariah
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15239&tipo=VIDEO
    Nel 1555 una Bolla papale impone agli ebrei europei di vivere in aree separate; nel tempo in tutta Europa agli ebrei vengono imposte tasse speciali, viene limitata la loro possibilita di possedere immobili, vietato loro di sposare cristiani; gli viene imposto di portare copri capi speciali per essere distinguibili tra la folla. La accusa verso gli ebrei continua ad essere quella di deicidio e quella di non convertirsi al cristianesimo. Ebrei e gentili non si conoscono: mutuamente si temono e disprezzano. Agli ebrei vengono affidati i lavori che i gentili non vogliono fare: curare i malati, prestare soldi ad interesse , vendere vino e liquori: compiti ritenuti degni del diavolo ma a i cui servigi tutti cristiani ricorrono . Si afferma la concezione degli ebrei come usurai, avidi, bestie infide. Intanto gli ebrei sviluppano notevoli capacita nel maneggio del denaro e accumulano conoscenza. Mentre la maggioranza degli ebrei vive nella miseria dei ghetti, nelle corti della Germania del tardo medioevo si afferma la figura dello ebreo di corte, del cortigiano del principe: come banchiere , diplomatico, a volte giullare. Esotico , misterioso, spesso ricco e poderoso l’ebreo di corte comincia a incuriosire e ad essere accettato dalla nobilta . Ma questo provoca ulteriore risentimento da parte del popolo e della chiesa.

  29. Buondì a Voi!
    Personalmente non ho ancora afferrato le “dimensioni” di questa carneficina.Senza “dimensioni” non si riesce a capire.
    Altro punto di confusione l’ho aggiunto leggendo alcuni libri importanti sul piano di sterminio,esisteva non esisteva,la confusione regna sovrana!

  30. La memoria (6): l’antisemitismo al tramonto?
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15240&tipo=VIDEO
    L’ultimo degli ebrei di corte Amschel Mayer Rothschild intuisce che le fortune degli ebrei di corte è finito con la rivoluzione francese. Manda i suoi figli nelle capitali europee per fondare banche indipendenti seppur collegate da una fitta rete di legami familiari e commerciali. Per un giorno, un giorno solo, la finanza ebraica domina il mondo: a Waterloo il 18 giugno 1815 entrambi i contendenti, Napoleone e la Santa Alleanza sono finanziati dai Rothschild francesi e da quelli inglesi rispettivamente. Non sara mai piu cosi Ma un banchiere ebreo Gerson Bleichroeder finanzia la creazione dell impero tedesco. L’ebraismo colto europeo viene influenzato dagli illuministi : Moses Mendhelsson a Berlino e il Voltaire ebraico. Mentre gli ebrei poveri, la maggioranza , continua la vita dei ghetti, gli ebrei ricchi e colti non disdegnano l’assimilazione. Heinrich Heine, probabilmente il miglior poeta di lingua tedesca del XIX secolo e un ebreo convertito, il salotto di una ebrea, quello di Rahel Varnhagen diventa il salotto più ambito di Berlino. Gli ebrei continuano ad essere guardati con sospetto ma anche con invidia e ammirazione. Il figlio di una famiglia ebraica livornese trasferitasi nell’East End di Londra, Benjamin Disraeli, diventa primo ministro della regina Vittoria. A Parigi, Marcel Proust di padre ebraico, scrive la Ricerca del tempo perduto. Il vecchio antisemitismo medioevale sembra essere finito in Europa occidentale.

  31. La memoria (7): Ebrei Orientali
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15261&tipo=VIDEO
    Dal XIV secolo, gli ebrei tedeschi hanno cominciato ad emigrare in massa verso est fuggendo dalle persecuzioni medievali. Ad est del fiume Vistola, in Polonia, Romania e nelle pianure russe trovano miseria e superstizione. Le autorità locali vedono di buon occhio la immigrazione di ebrei : perché essi sono per tradizione istruiti, commercianti e artigiani e servono da intermediari tra i nobili che posseggono la terra e i contadini che la lavorano. Gli ebrei sono un milione in Polonia alla fine del XVIII secolo, Varsavia ha una comunità di 100 mila israeliti. Sono negozianti, osti, ciabattini e impiantano le prime fabbriche di tessuti. Sono un embrione di classe media in una società ancora feudale: sono anche presta soldi e uomini dei banchi dei pegni. Per conto delle autorità raccolgono le tasse. Visti con indifferenza dai contadini agli inizi, progressivamente ne diventano odiati. La maggioranza degli Ebrei vive in miseria ma in un impianto familiare molto unito : negli shtetl, nei villaggi della pianura. Il centro della loro vita spirituale si trova nella corte rabbinica, dove si ascolta il rabbino, si discute di teologia, si ripetono i passi del talmud. Disprezzati anche dai più colti e raffinati ebrei occidentali, gli ost juden, gli Ebrei orientali sono un mondo a parte. Specialmente su di loro si scatenerà la Shoa.

  32. La memoria (8): Ebrei Comunisti
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15264&tipo=VIDEO
    Da duemila anni gli ebrei sono privi non solo di rappresentanza politica ma anche di un vero rapporto con gli eventi europei. Essi li hanno subiti; in nessun modo ispirati o decisi. Con le nuove teorie sociali del XIX secolo che gli ebrei entrano nella storia. Figlio di padre ebreo assimilato Karl Marx non ama gli ebrei. Per lui e per i leader socialisti e comunisti che verranno il problema ebraico non si pone, è un effetto collaterale del capitalismo e si risolverà solo con la presa del potere da parte dei lavoratori. Nei ghetti e negli shtetl cresce alla fine del XIX secolo una generazione di giovani ebrei insofferenti all’ambiente religioso; dell’ebraismo condividono le speranze messianiche di giustizia e liberta. Sono stanchi delle umiliazioni che gli ebrei subiscono da secoli. Molti confluiscono nel BUND, il partito socialista ebraico che propugna la secolarizzazione degli ebrei orientali, la difesa della propria cultura e della propria storia; e del dialetto tedesco-ebraico, lo yiddish, parlato dagli ost juden. Le donne ebree sono le prime al mondo a partecipare alla vita politica: nel BUND e tra i comunisti; come la polacca Rosa Luxemburg. Il comunismo diventa la grande speranza di generazioni di giovani ebrei e molti diventano quadri, attivisti, leader . Verranno presto decimati nelle purghe e rese dei conti staliniste; moriranno: Lev Trotsky, Grigory Zinoviev, Nikolai Bucharin, Lev Kamevev tra i molti.

  33. La memoria (9): Pogroms
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15265&tipo=VIDEO
    Nel primo decennio del XX secolo fa la sua comparsa in Europa un libro tetro e misterioso: I Protocolli dei Padri di Sion. Sarebbe stato scritto da un gruppo di ebrei che preparano la conquista del pianeta attraverso la finanza ebraica e il comunismo. Si tratta invece di un falso dei servizi segreti zaristi appoggiati dalla corte di Nicola II e dalle gerarchie della chiesa ortodossa. I protocolli conoscono una certa fortuna: nulla sembrerebbe più plausibile ai reazionari antisemiti che la connivenza tra il grande denaro e la rivoluzione. Fin dal XVII secolo le comunità ebraiche della Europa orientale hanno subito la furia di ricorrenti pogroms, della distruzione. Quando il raccolto va male o un bimbo gentile viene trovato morto, quando troppo denaro si deve al presta denaro o all’oste ebreo allora inizia il saccheggio delle case e delle sinagoghe. Spesso a guidare il pogrom sono i preti cristiano ortodossi. I cosacchi e le centurie nere formate dai nobili diventano il nemico giurato dell ebreo. Migliaia di morti ogni decennio dai paesi baltici al Mar Nero; nei pogroms del 1903 e del 1905 i morti sono decine di miglia. Inizia la grande emigrazione degli ebrei orientali verso le Americhe.

  34. La memoria (10): Amerika
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15291&tipo=VIDEO
    Dalla seconda meta secolo XIX l America ha spalancato le sue porte. Decine di milioni di immigranti arriva negli Stati Uniti, in Argentina e in Brasile. Tra loro tre milioni di ebrei per la gran parte Askenaziti dal Europa del est e un 10 per cento di Sefarditi dal Libano e dalla Siria: viaggiano i progenitori di futuri medici, avvocati, commercianti e intellettuali. Tra loro i nonni di Henry Kissinger, Daniel Barenboim e Bob Dylan. Tra loro i corrieri della Zwy Migdal la mafia ebraica della tratta delle bianche e della prostituzione. Questa volta gli ebrei non hanno inventato nulla; hanno imparato il business dai francesi e dagli italiani alla fine del 800. Le città americane sono zeppe di giovani scapoli europei; hanno bisogno di donne; organizzazioni internazionali del crimine le procurano. Gli ebrei trafficano ragazze dalla Polonia e dalla Russia verso New York e il Sud America: i trattanti arrivano eleganti nei ghetti e nei villaggi e chiedono di poter portare con se in America una brava ragazza ebrea con cui sposarsi. In effetti le ragazze appena arrivate a Rio de Janeiro e Buenos Aires vengono immesse nel giro dei bordelli. Almeno 35mile ebree polacche, ucraine e rumene destinate alla prostituzione entrano in Argentina tra il 1910 e il 1920. Seppur non ricercata come la francese la prostituta ebrea ha successo : e esotica, misteriosa e sa essere appassionata. La lotta della collettività ebraica contro i trattanti, chiamati gli impuri, e durissima. Gli antisemiti in tutta Europa rispolverano il vecchio stereotipo dell’ebreo libidinoso. Nei primi anni trenta la Mafia ebraica viene sgominata. Ma le tombe dei trattanti e delle tenutarie di Zwi Migdal si possono ancora vedere in un cimitero di Avellaneda, nei sobborghi di Buenos Aires; comprato nel 1912 dalla mafia e fatto consacrare da un rabbino di fronte al rifiuto della collettività di accettare gli impuri negli altri i cimiteri.

  35. La memoria (11): Ritorno a Sion
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15292&tipo=VIDEO
    L’antisemitismo che si era sembrato assopire in Europa Occidentale risorge violento in Germania e in Francia negli ultimi due decenni del XIX secolo: gli ebrei, senza un vero supporto politico, sono di nuovo odiati e disprezzati come nel medioevo. L’assimilazione non e servita. L’antisemitismo tedesco ha base culturale – si accusano gli ebrei di aver contaminato lo spirito germanico – quello francese economica; si accusano gli ebrei di aver ammassato fortune durante il Secondo Impero . Ciò che e vero per pochi intellettuali e magnati non lo e per le centinaia di migliaia di comuni ebrei tedeschi e francesi ; ma questo non sembra importare. Nell’ottobre del 1894 scoppia a Parigi il caso Dreyfus. Un ufficiale di artiglieria ebreo e del tutto assimilato: il capitano Alfred Dreyfus, viene accusato di spionaggio, degradato e condannato al carcere duro in Guyana. La Francia si divide tra gli innocentisti di Émile Zola e i colpevolisti del giornale antisemita La Libre Parole di Édouard Drumont: occorreranno cinque anni prima che la evidente innocenza di Dreyfus venga accettata dalla giustizia francese. Il secolo XX con i suoi totalitarismi sarà la fornace degli Ebrei. Lo ha capito un elegante e mondano reporter austriaco, Theodor Herzl, assistendo all’umiliante degradazione pubblica di Dreyfus. Herzl diventa il padre del sionismo, della necessita di una patria per gli ebrei. Il 14 maggio 1948, dopo la risoluzione ONU del 1947, il leader sionista David Ben Gurion dichiara a Tel-Aviv la nascita dello stato di Israele.

  36. La memoria (12): Carosello
    http://www.lastampa.it/multimedia/multimedia.asp?IDmsezione=87&IDalbum=15293&tipo=VIDEO
    “L’uomo primitivo odia ciò di cui ha paura, e in alcuni strati della sua anima anche l’uomo colto può essere primitivo. Anche l’ odio dei popoli e delle razze contro altri popoli e razze non si basa sulla superiorità e sulla forza, ma sulla insicurezza e sulla paura. L’ odio contro gli ebrei è un complesso di inferiorità mascherato; rispetto al popolo molto vecchio e saggio degli ebrei, certi strati meno saggi di un’altra razza sentono un invidia che nasce dalla concorrenza e un ‘inferiorità umiliante. Più fortemente e più violentemente questa brutta sensazione si manifesta nella veste della superiorità, più si può essere certi che dietro si nascondono paura e debolezza”.

    Herman Hesse, scrittore e figlio di un pastore luterano tedesco (1958)

  37. Ciao, questo mese i miei ragazzi di 2^liceo leggeranno Se questo è un uomo. mi piacerebbe che venissero a commentare qui, magari tra un paio di settimane ( capisco che i tempi sono un pò dilatati, ma lo hanno cominciato da poco..). Io sono rimasta profondamente toccata da uno dei brani iniziali del libro diLevi…
    … così morì Emilia, che aveva tre anni.. che era una bambina allegra e intelligente; alla quale durante il viaggio nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco…
    mi ha commosso pensare a questo amore materno/paterno che va al di là di tutto, che non si rassegna alla morte, che non vacilla…Emilia, una bambina sola di fronte alle migliaia di morti, ma un simbolo per me dell’unicità dell’individuo. Emilia.
    Il giorno della memoria ha una funzione conoscitiva ed etica nella misura in cui, ad esempio, un insegnante rifiuta che i suoi studenti si sfiniscano di Promessi sposi e non conoscano Levi, quello che racconta, il suo personale dramma. Per me è un dovere e una necessità che i miei studenti lo leggano e ci meditino su. Non possono diventare adulti, non possono pensare di essere pronti per il mondo, se non sanno quanto orrore si cela dentro alla storia dell’uomo. E non saranno mai uomini se non riconoscono ad ogni altro uomo la dignità che merita.
    Ieri ad Auschwitz, oggi ad esempio sull’autobus.
    Grazie, un saluto

  38. Ciao Massimo, ciao Letteratitudine.
    Torno a scrivere su questo blog dopo tanti mesi, perché trovo questa discussione particolarmente importante.
    Mi è capitato di sentire in giro che il Giorno della Memoria è inutile.
    A che serve un Giorno della Memoria, dicono, quando certe vergogne dell’umanità andrebbero ricordate 365 giorni l’anno?
    Giusto, d’accordo.
    Peccato che nella maggior parte dei casi quando sento queste discussioni si sviluppa in me un senso di disagio.
    Lo stesso tipo di disagio che si sviluppa in me quando sento dire frasi del tipo “ma la signora, invece di fare volontariato, perché non si occupa un po’ di più della sua famiglia?”
    oppure
    “perché mandare soldi a progetti a favore dell’Africa, quando abbiamo poveri sotto casa nostra”?

  39. In genere questa è gente che critica, ma non alza un dito a favore del prossimo.
    Io sono a favore del Giorno della Memoria: è un bene che sia stato istituito per legge.

  40. Massimo, amo molto il Diario di Anna Frank. Se mi autorizzi vorrei lasciare un bel po’ di contributi tra i commenti.
    Buon pomeriggio.

  41. ricordare…per non dimenticare…è necessario celebrare la giornata della memoria, lo facciamo a scuola con i nostri alunni, nelle nostre classi “leggendo” le testimonianze che ci sono rimaste(le immagini dei campi di concentramento, gli scritti, i libri). Ricordare la shoah ha una funzione educativa oltre che conoscitiva. Riporto alcune delle frasi del Diario di Anna Frank che mi hanno più colpita, le ho già condivise con i ragazzi a scuola:”Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e completamente distrutti dalla crudele realtà. È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. “

  42. Libri che per me sono pietre miliari della mia formazione.
    Dolenti ma ricchissimi di umanità, spunti di riflessione… mi piacerebbe un giorno vedere la casa di Anna o Auschwitz.
    Non so quale potrebbe essere la mia reazione emotiva, perché a casa mia anche ben prima dell’istituzione della Giornata si discuteva sull’argomento Shoah… ricordo il mio sgomento – ero bimba ancora – al vedere lo sceneggiato OLOCAUSTO. I film, i documentari.
    Quando rileggo Anna per una sorta di sospensione dell’incredulità spero sempre che ce la faccia, che un vicino malevolo e avido rinunci a quella manciata di fiorini e non tradisca i Frank.
    Casa di Anna è casa di tutti. Auschwitz è il campo di tutti. Potrebbe capitare ad ognuno di noi, per i motivi più disparati, finire su per un camino.
    Mi ha molto rincuorata quel servizio di qualche giorno fa sull’incontro di preghiera internazionale ad Auschwitz. Vedere gente di ogni lingua razza popolo e nazione, di ogni religione, cantare e pregare in onore delle vittime è stato bellissimo.

  43. Leggo il diario di Anna Frank da quando avevo otto anni.
    E subito l’ho percepito come un libro al contrario, iin cui la fine già pesava sull’inizio, un conto alla rovescia, una clessidra prossima a riversare la sabbia nella parte bassa.
    Un immenso epilogo, ma anche, in qualche modo, un omaggio struggente e necessario, alla vita decapitata, alla vita non vissuta e negata, persino alla vita reclusa, ma pur sempre pronta a levare alto un grido spaesato, fiero, selvaggio.
    Certo che bisogna ricordare.
    Che la vita ha suoi ostaggi da tenere stretti, che acclama eroi nascosti, che ha le sue stimmate e i suoi agonizzanti, ma che non si perde mai se è narrata.
    Non smette di denunciare i suoi carnefici, non cessa di urlare tra le rovine e non ha tempo, nè scadenza, nè rinuncia a dire, ancora adesso, che la barbarie è a una manciata appena dalla normalità, che il limite tra scempio e quotidianità è valicabile e sottilissimo, un filo di fumo appeso a bracieri neri, a canne di gas, a inceneritori di corpi.
    Certo che bisogna ricordare. Ma ogni giorno.

  44. L’esercizio della memoria, bon. Ma se non è accompagnato dall’azione vigile nel presente serve a qualcosa? Da più di un decennio è invalsa l’abitudine di portare gli studenti ad Auschwitz. Per alcuni (pochi, molti?) di loro, è una gita come un’altra, e questo è noto. E dovrebbe esserlo anche il fatto che neppure Hitler fece quel che fece da subito – nemmeno il falò ai libri. La Lega Nord, ossia un partito che si dichiarò fuori dello Stato con l’esplicito obiettivo di farne uno a parte, avrebbe dovuto essere messa al bando a suo tempo – con gli extraparlamentari, a sinistra, si faceva con disinvoltura anche quando non amavano giocare con la P38. La sua lotta, la Lega, avrebbe dovuto condurla, per ovvie ragioni politiche, fuori dal parlamento, ne fosse stata capace, manu militari. E noi tutti avremmo dovuto essere un po’ più svegli.

  45. Un po’ di sana demagogia auspicando che “Visitare Auschwitz” possa meritare attenzione anche in un periodo in cui sembra avere più successo “Visitare Arcore”.

  46. @ Maria
    Cara Maria,
    mi riferisco al tuo messaggio delle 2:37 pm.
    Intanto grazie per essere intervenuta. Sarebbe molto bello se i tuoi studenti potessero partecipare a questa discussione con loro commenti.
    Di’ loro che potranno intervenire quando vorranno (anche tra settimane).
    Il post rimarrà comunque aperto.

  47. Vorrei mettere in evidenza questa parte del commento di Maria:
    “Il giorno della memoria ha una funzione conoscitiva ed etica nella misura in cui, ad esempio, un insegnante rifiuta che i suoi studenti si sfiniscano di Promessi sposi e non conoscano Levi, quello che racconta, il suo personale dramma. Per me è un dovere e una necessità che i miei studenti lo leggano e ci meditino su. Non possono diventare adulti, non possono pensare di essere pronti per il mondo, se non sanno quanto orrore si cela dentro alla storia dell’uomo. E non saranno mai uomini se non riconoscono ad ogni altro uomo la dignità che merita.

    Anche per me è importante far leggere Primo Levi a scuola.
    Grazie per averlo proposto ai tuoi studenti, Maria.

  48. Un saluto anche a Chiara (grazie per aver riportato quella frase di Anna Frank) e a Maria Lucia (che scrive: “Quando rileggo Anna per una sorta di sospensione dell’incredulità spero sempre che ce la faccia, che un vicino malevolo e avido rinunci a quella manciata di fiorini e non tradisca i Frank”).
    Sarebbe proprio bello, Mari. Davvero.

  49. @ Simona
    Bellissimo il tuo commento, Simo.
    Immagino te all’età di otto anni che leggi per la prima volta Anna Frank.
    Credo che sia una di quelle esperienze di lettura (soprattutto a quell’età) che ti rimangono addosso per sempre.
    D’accordissimo sul fatto che “Certo che bisogna ricordare. Ma ogni giorno”.

    Grazie, socia!

  50. Grazie anche a Michele Lupo che, giustamente, sottolinea che l’esercizio della memoria, se non è accompagnato dall’azione vigile nel presente, serve a ben poco…

  51. Ho letto tutto ciò che mi è stato possibile leggere sulla shoah da quando, circa trent’anni fa, ho visitato il campo di sterminio di Dachao, alle porte di Monaco di Baviera, i suoi forni crematori, il museo parlante di miseria umana e di dolore.
    Ho letto , ho letto tanto, non per cinismo o per asciutta curiosità, ma nella spasmodica ansia d’ìncontrare qualcuno mi dicesse che niente era vero di tutto quello che avevo letto, visto e saputo.
    Però man mano diventavo sempre più consapevole che esistono realtà i cui confini con l’immaginazione sono molto labili e sono questi confini che la “memoria” è chiamata a difendere, perché è su questi confini che si capisce la “banalità del male” come dice Hannah Arendt. Su questi confini infatti durante il processo ad Eichmann in Gerusalemme ci si accorse che il crimine contro l’umanità non può essere giudicato dal tribunale di un singolo Stato
    L’umanità è un patrimonio collettivo e come tale chi è contro l’umanità e si impegna di distruggerla, anche in un solo uomo, si deve agire sulla base di una legge che abbia il carattere di universalità.
    Il giorno della memoria ci ricorda proprio questo: la nostra umanità sempre a rischio come oltre a Levi tanti altri ce l’hanno segnalata, non ultima Herta Muller che nel”L’altalena del respiro” ha fatto del suo racconto un permanente e perpetuo giorno della memoria.
    La disumanizzazione della società contemporanea, il materialismo ambiguo e violento che fa della vita umana un relativo episodio di destino, esige un’ opera di stanamento della ipocrisia che si annida sotto parole come “pace”, “collaboratori di giustizia”, “solidarietà”, “beneficenza”…. Anche agli ebrei dicevano che li avrebbero portati in un “campo di lavoro” invece si ritrovavano in un campo di sterminio.
    La letteratura può far molto, ma come detto da qualcuno,l’umanità non può essere guardata dall’angolo emotivo, ha bisogno di essere coadiuvata dall’impegno personale e dalla fede tenace nell’uomo e nelle sue potenzialità di bene. Secondo me , è questo il messaggio che il giorno della memoria deve, ogni anno, rilanciare alle nuove generazioni.
    Tre anni fa sono stata ad Auschwitz ed a Birkenau : come è possibile che qui ho trovato un dipinto con un’immagine simile , nella figura e nei colori,a quella che io ho dipinto dopo aver visitato Dachao? Allora è vero che la comunità umana si incontra sul torrente della sofferenza? E’ per questo che Anna Frank, e se “Questo è un uomo”li abbiamo incontrati sui libri ma è come fossero ancora affacciati alla finestra di fronte e non riusciremo mai più ad evitarli?
    Se anche chiudessimo la finestra essi resterebbero lì a ricordarci che hanno sofferto anche per noi….
    Ciao Massimo e buona notte a tutti.

  52. Oggi e’ il Giorno della Memoria. E’ un bene che ci sia e questo non impedirà certo di ricordare anche tutti gli altri giorni. Anzi e’ il contrario. Questo giorno deve servire come motore per tutti gli altri. Aggiungo: meglio rischiare la demagogia e la retorica, piuttosto che precipitare nell’indifferenza.
    Ma e’ ovvio che ricordare non basta. Bisogna vegliare, vigilare, interpretare per tempo i segnali per evitare che certi scempi si possano riproporre.

  53. Enorme,scusami,significa nulla!
    Un modo come un altro per dir esci da far domande indiscrete!
    Non rompere!
    Mi aspettavo altro.

  54. Secondo certi negazionisti è accaduto poco o nulla. C’è tanta gente ( più di quanto si possa immaginare ) che si crogiola, sfregandosi le mani, sull’occultamento di verità inequivocabili.
    Ecco perché serve ricordare. Anche per combattere i paladini della negazione, della dissimulazione, del dubbio.
    Ce ne sono tanti.
    Li trovi ovunque.

  55. La Shoah, il Giorno della Memoria – a cura di Elena Loewenthal
    – Perché oggi si celebra il Giorno della Memoria? –
    Istituito dieci anni fa, il Giorno della Memoria si celebra il 27 gennaio perché in questa data le Forze Alleate liberarono Auschwitz dai tedeschi. Al di là di quel cancello, oltre la scritta «Arbeit macht frei» (Il lavoro rende liberi), apparve l’inferno. E il mondo vide allora per la prima volta da vicino quel che era successo, conobbe lo sterminio in tutta la sua realtà. Il Giorno della Memoria non è una mobilitazione collettiva per una solidarietà ormai inutile. È piuttosto, un atto di riconoscimento di questa storia: come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo dei cancelli di Auschwitz, a riconoscervi il male che è stato.

  56. La Shoah, il Giorno della Memoria – a cura di Elena Loewenthal (da LA STAMPA)

    Che cosa è, che cosa rappresenta Auschwitz?
    Auschwitz è il nome tedesco di Oswiecin, una cittadina situata nel sud della Polonia. Qui, a partire dalla metà del 1940, funzionò il più grande campo di sterminio di quella sofisticata «macchina» tedesca denominata «soluzione finale del problema ebraico». Auschwitz era una vera e propria metropoli della morte, composta da diversi campi – come Birkenau e Monowitz – ed estesa per chilometri. C’erano camere a gas e forni crematori, ma anche baracche dove i prigionieri lavoravano e soffrivano prima di venire avviati alla morte. Gli ebrei arrivavano in treni merci e, fatti scendere sulla cosiddetta «Judenrampe» (la rampa dei giudei) subivano una immediata selezione, che li portava quasi tutti direttamente alle «docce» (così i nazisti chiamavano le camere a gas). Solo ad Auschwitz sono stati uccisi quasi un milione e mezzo di ebrei.

  57. La Shoah, il Giorno della Memoria – a cura di Elena Loewenthal (da LA STAMPA)

    Con il termine Shoah che cosa si definisce?
    Shoah è una parola ebraica che significa «catastrofe», e ha sostituito il termine «olocausto» usato in precedenza per definire lo sterminio nazista, perché con il suo richiamo al sacrificio biblico, esso dava implicitamente un senso a questo evento e alla morte, invece insensata e incomprensibile, di sei milioni di persone. La Shoah è il frutto di un progetto d’eliminazione di massa che non ha precedenti, né paralleli: nel gennaio del 1942 la conferenza di Wansee approva il piano di «soluzione finale» del cosiddetto problema ebraico, che prevede l’estinzione di questo popolo dalla faccia della terra. Lo sterminio degli ebrei non ha una motivazione territoriale, non è determinato da ragioni espansionistiche o da una per quanto deviata strategia politica. È deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere. È una forma di razzismo radicale che vuole rendere il mondo «Judenfrei» («ripulito» dagli ebrei).

  58. La Shoah, il Giorno della Memoria – a cura di Elena Loewenthal (da LA STAMPA)

    Quali sono gli antecedenti?
    L’odio antisemita è un motivo conduttore del nazismo. La Germania vara nel 1935 a Norimberga una legislazione antiebraica che sancisce l’emarginazione. Tre anni dopo l’Italia approva anch’essa un complesso e aberrante sistema di «difesa della razza», rinchiudendo gli ebrei entro un rigido sistema di esclusione e separazione dal resto del paese. Ma questa terribile storia ha dei millenari precedenti. Prima dell’Emancipazione, ottenuta in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, gli ebrei erano vissuti per millenni come una minoranza appena tollerata, non di rado perseguitata e cacciata, e sempre relegata entro i ghetti. Tanto nel mondo cristiano quanto sotto l’Islam. Visti con diffidenza e odio per la loro fede tenace (e, dal punto di vista della maggioranza, sbagliata), hanno sempre rappresentato il «diverso», la presenza estranea. Anche se da millenni vivono qui e si sentono europei.

  59. La Shoah, il Giorno della Memoria – a cura di Elena Loewenthal (da LA STAMPA)

    Perché la Shoah è un evento unico?
    Dopo la Shoah è stato coniato il termine «genocidio». Purtroppo il mondo ne ha conosciuti tanti, e ancora troppi sono in corso sulla faccia della terra. Riconoscere delle differenze non significa stabilire delle gerarchie nel dolore: come dice un adagio ebraico «Chi uccide una vita, uccide il mondo intero». Ma mai, nella storia, s’è visto progettare a tavolino, con totale freddezza e determinazione, lo sterminio di un popolo. Studiando le possibili forme di eliminazione, le formule dei gas più letali ed «efficaci», allestendo i ghetti nelle città occupate, costruendo i campi, studiando una complessa logistica nei trasporti, e tanto altro. La soluzione finale non è stata solo un atto di inaudita violenza, ma soprattutto un progetto collettivo, un sistema di morte.

  60. La Shoah, il Giorno della Memoria – a cura di Elena Loewenthal (da LA STAMPA)

    Perché ricordare e commemorare?
    Il Giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l’umanità è stata capace, né sostenere un’assai poco ambita «superiorità» del dolore ebraico. Non è infatti, un omaggio alle vittime, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo. Non è la pietà per i morti ad animarlo, ma la consapevolezza di quel che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse.

  61. Perfetto. Allora, Massimo, per prima cosa bisogna dare qualche informazione biografica su Anna Frank.
    E’ nata a Francoforte sul Meno, il 12 giugno 1929; deceduta a Bergen-Belsen, il 31 marzo 1945).
    Anna Frank, ragazza ebrea tedesca, è divenuta un simbolo della Shoah per i suoi diari scritti nel periodo in cui la sua famiglia si nascondeva dai nazisti e poi per la sua tragica morte nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Visse parte della sua vita ad Amsterdam nei Paesi Bassi, dove la famiglia era riparata dopo l’ascesa al potere dei nazisti in Germania. Fu privata della cittadinanza tedesca nel 1941, divenendo così apolide.

  62. Seconda figlia di Otto Heinrich Frank (12 maggio 1889 – 19 agosto 1980) e di sua moglie Edith Hollander, Anna apparteneva ad una famiglia di patrioti tedeschi che prestarono servizio durante la prima guerra mondiale. Aveva una sorella maggiore, Margot Elisabeth Frank (16 febbraio 1926 – 9 marzo 1945).
    Lei e la famiglia dovettero spostarsi ad Amsterdam nel 1933, quando Adolf Hitler venne nominato Führer, per sfuggire alla persecuzione dei Nazisti.

  63. Il 6 luglio 1942, appena tredicenne, dovette nascondersi con la famiglia nell’Achterhuis, un piccolo spazio a due piani posto sopra i locali della compagnia di Otto chiamata “Gies e co”.
    La porta dell’Achterhuis era nascosta dietro una libreria.
    Vissero lì dal 6 luglio 1942 al 4 agosto 1944, durante l’occupazione nazista.
    Venivano aiutati da persone chiamate Miep Gies, Jan Gies, Johannes Kleiman, Victor Kugler, Bep Voskuilj, il signor Voskuilj e la moglie di Kleiman, che portavano ai clandestini cibo, notizie e oggetti già da tempo nell’alloggio segreto.

    Nel nascondiglio trovarono rifugio 8 persone: Otto e Edith Frank (i genitori di Anna); la sorella maggiore Margot; il Signor Dussel, un dentista ebreo (30 aprile 1889 – 20 dicembre 1944) (vero nome, Fritz Pfeffer); e Hermann (31 marzo 1890 – 6 settembre 1944) e Petronella (29 settembre 1900 – 9 aprile 1945) van Daan con il loro figlio Peter (8 novembre 1926 – 5 maggio 1945) (vero cognome, van Pels).

  64. Durante quegli anni Anna scrisse un diario, descrivendo con considerevole talento le paure causate dal vivere in clandestinità i sentimenti per Peter, i conflitti con i genitori e la sua aspirazione di diventare scrittrice.

  65. Dopo più di due anni, una donna il 4 agosto 1944 chiamò la Gestapo dicendo che al 263 di Prinsengracht erano nascosti degli ebrei. Si pensa che la spia fosse la donna delle pulizie dell’Opekta di nome Lena Hartog Van Bladeren. Tra i sospettati vi è anche un dipendente di nome Van Mareen. Le due famiglie così vennero arrestate dalla Grüne Polizei e trasferite al campo di smistamento di Westerbork insieme a Kleiman e Kugler, nell’Olanda nord-orientale. Questi ultimi riuscirono poi a fuggire.

  66. Il 2 settembre Anna Frank e gli altri clandestini vennero caricati sull’ultimo treno merci in partenza per Auschwitz, dove giunsero tre giorni dopo. Nel frattempo Miep Gies ed Elly Vossen trovarono il diario e lo misero al sicuro.

  67. Anna, Margot ed Edith Frank, i van Pels e Fritz Pfeffer non sopravvissero ai campi di concentramento tedeschi. Margot e Anna passarono un mese ad Auschwitz-Birkenau e vennero poi spedite a Bergen-Belsen, dove morirono di tifo esantematico nel marzo 1945, solo tre settimane prima della liberazione del campo.

  68. Solo il padre di Anna sopravvisse ai campi di concentramento, quando il 27 gennaio 1945 fu liberato il campo di Auschwitz dai Russi; il 3 giugno 1945 tornò ad Amsterdam dopo tre mesi di viaggio. Miep gli diede il diario e, dopo aver scoperto il destino degli altri clandestini, egli lo aggiustò per la pubblicazione con il titolo di Het Achterhuis.
    Otto Frank morì a Basilea, in Svizzera dove viveva sua sorella, il 19 agosto 1980.

  69. Il Diario di Anna Frank inizia come una espressione privata dei propri pensieri intimi, manifestando l’intenzione di non permettere mai che altri ne prendessero visione. Descrive candidamente la sua vita, la propria famiglia ed i propri amici, nonché appunto la sua vocazione a diventare un giorno scrittrice affermata di racconti.
    Durante l’inverno del 1944, le capitò di ascoltare una trasmissione radio di Gerrit Bolkestein— membro del governo Olandese in esilio — il quale diceva che, una volta terminato il conflitto, avrebbe creato un registro pubblico delle oppressioni sofferte dalla popolazione del Paese sotto l’occupazione nazista. Menzionò la pubblicazione di lettere e diari, cosa che spinse Anna a riscrivere sotto altra forma, e con diversa prospettiva, il proprio.

  70. Esistono tre versioni del diario:

    -la versione A, l’originale di Anna, che va dal 12 giugno 1942 al 1 agosto 1944, della quale non è stato ritrovato il quaderno che copriva il periodo 6 dicembre 1942 – 21 dicembre 1943;

    -la versione B, la seconda redazione di Anna, su fogli volanti, in vista della pubblicazione, che copre il periodo 20 giugno 1942 – 29 marzo 1944;

    -la versione C, scritta da Otto Frank basandosi sulla versione B, apportando modifiche e cancellazioni.

    Una recente edizione critica del diario compara queste tre versioni.

  71. La casa dove Anna e la famiglia si nascondevano è ora un museo. Si trova al 263 di Prinsengracht, nel centro della città, raggiungibile a piedi dalla stazione centrale, dal palazzo reale e dal Dam.
    .
    Nel 1956 il diario venne adattato in un’opera teatrale che vinse il Premio Pulitzer, nel 1959 ne venne tratto un film, nel 1997 ne fu tratta un’opera di Broadway con materiale aggiunto dal diario originale.

  72. I negazionisti della shoah hanno tentato a più riprese di mettere in forse l’autenticità del diario, ma questa è stata provata oltre ogni ragionevole dubbio da Simon Wiesenthal, il quale riuscì persino a ritrovare il poliziotto che aveva eseguito l’arresto.

  73. Qualche cenno sulla “trama” del Diario.

    Anna, una ragazza ebrea di tredici anni, ha una vita molto difficile da mandare avanti. Per il suo compleanno riceve in regalo un quaderno, che diventa il suo diario di adolescente, diretto a Kitty, un’amica immaginaria a cui confidare i suoi pensieri, visto che dice di non avere amiche vere a con cui poterlo fare. Anna e la sua famiglia per paura di essere scoperti dai tedeschi ed essere portati nel campo di concentramento, dove poi, sicuramente avrebbero incontrato la morte, si trasferiscono in un rifugio insieme alla famiglia dei Vann Dann e al signor Dussel. In questo rifugio non è semplice viverci, poiché si incontrano vari litigi e bisogna stare molto attenti a non farsi scoprire, quindi si cerca di fare il minimo rumore possibile. Per Anna il suo diario è l’unica possibilità di esprimersi, di raccontare le proprie esperienze e i propri pensieri di adolescente che sta vivendo: i primi amori verso Peter, il figlio dei Van Dann che era rifugiato con lei, le incomprensioni con il padre e il distacco dalla madre, il rapporto poco confidenziale con la sorella maggiore. Anna con il passare dei mesi scrive sempre i fatti che gli accadono e cominciò a pensare di poter trasformare in futuro il suo diario in un libro. Il suo sogno non si avvererà perché il 4 agosto del 1944 quattro agenti della Grüne Polizei fanno irruzione nell’alloggio segreto. Anna Frank dopo l’arresto viene deportata nel campo di Bergen-Belsen e da lì tutti i suoi pensieri e ricordi scritti non potranno più esser svelati.

  74. Fin dove arriva la viltà del negazionismo?
    Qualche cenno riferito al Diario di Anna Frank

    Fin dai primi anni cinquanta gli ambienti neonazisti hanno sostenuto che il Diario fosse un falso; tali tesi non hanno però trovato alcuna conferma, e vengono considerate di scarso valore da parte degli storici.
    Più in dettaglio…
    Una delle affermazioni più diffuse è che il diario sarebbe stato scritto con una penna biro, oggetto che fu prodotto solo a partire dal 1945. Per rispondere a queste critiche, nel 1986 l’Istituto Olandese di Ricerca sulla Seconda guerra mondiale ha sottoposto il diario a una perizia calligrafica che ha confermato l’autenticità dello stesso e il fatto che è stato scritto dalla mano di Anna Frank, con carte ed inchiostro prodotti prima della data di arresto.

    Un’altra critica riguarda la pagina del 9 ottobre 1942, in cui Anna cita le camere a gas, la cui presenza sarebbe stata resa nota all’opinione pubblica molto più tardi; in realtà, già a partire dal giugno 1942 la BBC (ascoltata in segreto nel rifugio) parlava apertamente di camere a gas nelle proprie trasmissioni radio.
    Infine per smentire definitivamente le tesi negazioniste, Simon Wiesenthal nel 1958 iniziò la caccia all’ufficiale delle SS che aveva eseguito l’arresto della famiglia Frank trovandolo infine nell’ottobre 1963: si trattava di Karl Silberbauer, un austriaco che nel frattempo era stato assunto nella polizia austriaca. L’uomo ammise di essere la persona ricercata ed aggiunse dettagli sulle modalità di cattura di Anna Frank e familiari.

  75. L’incipit del Diario di Anna Frank
    .
    (Domenica, 14 giugno 1942)
    Venerdì 12 giugno ero già sveglia alle sei: si capisce, era il mio compleanno! Ma alle sei non mi era consentito d’alzarmi, e così dovetti frenare la mia curiosità fino alle sei e tre quarti. Allora non potei più tenermi e andai in camera da pranzo, dove Moortje, il gatto, mi diede il benvenuto strusciandomi addosso la testolina.
    [Il diario di Anna Frank, traduzione di Arrigo Vita, Mondadori, 1982]

  76. dal DIARIO DI ANNA FRANK
    .
    Ah, quante cose mi vengono in mente di sera quando sono sola, o durante il giorno quando debbo sopportare certa gente che mi disgusta o che interpreta male tutte le mie intenzioni! Perciò finisco sempre col ritornare al mio diario, è il mio punto di partenza e il mio punto di arrivo, perché Kitty è sempre paziente; le prometterò che nonostante tutto continuerò a fare la mia strada e a inghiottire le mie lacrime.

  77. dal DIARIO DI ANNA FRANK
    .
    “Io continuo a star zitta e a rimanere fredda e anche in seguito non retrocederò davanti alla verità, che è tanto più difficile da udire quanto più a lungo è stata taciuta”.

  78. dal DIARIO DI ANNA FRANK
    .
    “Io trovo meraviglioso quello che mi succede, e non soltanto quello che è visibile all’esterno del mio corpo, ma quello che vi si compie internamente. Appunto perché non parlo mai con nessuno di me e di queste cose, ne parlo con me stessa”.

  79. dal DIARIO DI ANNA FRANK
    .
    “È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo”.

  80. Questo è quanto. La chiudo qui.
    Dico solo che leggo spesso le pagine del Diario della scrittrice Anna Frank. E’ come se leggendola e rileggendola le restituissi, in minina frazione, un po’ di quello che le è stato tolto. La sua vita, il suo futuro.
    Il suo sogno di fare la scrittrice.
    Anna Frank è un simbolo che va oltre se stessa e il suo caso.
    E’ il simbolo dell’effetto della violenza cieca (di ogni forma di violenza) e della sopraffazione umana (di ogni forma di sopraffazione).
    Ecco perché è importante leggerlo e farlo leggere, e non solo nel Giorno della Memoria.
    Grazie.

  81. Auschwitz
    Come in un’ecclisse
    ritorna l’ombra!
    Ti vedo tra montagne di capelli
    e dentiere dorate
    nel tuo stato pre-natale
    nella luce astrale
    segnata da una vita
    disumana,
    dove la realtà si illumina
    di riflessi ossei
    dove l’umano ha spostato
    i suoi termini
    ai limiti orfici
    dove la poesia in fieri
    trova la morte
    ed i confini della sua
    stessa consistenza,
    dove non vince né vita
    né morte.
    Nella preghiera risuonerà la mia voce
    per chiedere la promessa
    di una terra sicura
    dove l’amore vive
    un buona sorte.

    Mela Mondì

  82. Bene. Pure io metto il mio pensierino. Noto stranoto ma secondo me potente.
    Nach Auschwitz ein Gedicht zu schreiben ist barbarisch. Ossia, dopo Auschwitz scrivere una poesia è barbarico. (Adorno)

    Il che naturalmente non è una cosa tipo: non si possono scrivere poesie, perchè questo stesso può essere un verso. Vuol dire però che quando si contempla da vicino l’orrore – va bene anche un altro eh, che ce ne abbiamo diversi a disposizione, magari un altro giorno, ma non è che manchino – bisogna tenere dentro la paradossalità. La violazione dell’impossibile. La contraddizione etica ed estetica. Sapere che non si può fare a meno di scrivere, e di dire, e sapere che è un lusso indecoroso fare un fiorellino con delle ossa. (Eppure senza la forma estetica del fiore, nessuno le guarderebbe più – ecco perchè siamo schiavi della letteratura – almeno di quella buona.)

  83. Capisco cosa vuoi dire Zauberei. E siamo d’accordo.
    Eppure: l’esigenza di dire, di scriverne, di parlarne è insopprimibile.
    Ed è un’esigenza che salva prima di tutto noi, come individui (e solo in secondo luogo è rivolta all’esterno). Salva me, almeno (parlo per me). Ho bisogno di dire, di scriverne, di parlarne.
    Dunque c’è un’esigenza primaria che è probabilmente egoistica, egocentrica se vogliamo.
    Ma la rivendico. E la applico.

  84. Se non dimentichiamo che aldilà del fenomeno, del rituale, del dolore, dell’etica che ammaestra, del ricordo, della solennità della contraddizione etica ed estetica, della compunzione c’è sempre l’essere umano nella sua bontà e malvagità, nella sua generosità e cattiveria,nella ricerca di giustizia, allora la poesia diventa un mezzo di comunicazione dove ciascuno di noi può incontrare l’altro senza perdersi nelle emozioni, senza inaridirsi nel ragionamento. Sulle ceneri resta sempre l’unica cosa veramente immortale: la Poesia.

    E chi dice che sia e donde venga
    costui che panni indossa?
    …………..
    Certo un Dio lo muove
    a far giustizia degli ingiusti
    non è facile sempre
    compiere il male e non cadervi…”
    Adorno è il filosofo del capovolgere però salva l’arte….. come profezia per un mondo mgliore.

  85. noto che di “se questo è un uomo” di Primo Levi si è parlato un po’ meno, rispetto al Diario della Frank.
    trascrivo qualche informazione sul libro di Levi.
    “Se questo è un uomo” è un romanzo autobiografico scritto da Primo Levia tra il dicembre 1945 ed il gennaio 1947. È la testimonianza di quanto visse in prima persona nel campo di concentramento di Auschwitz. Levi ebbe infatti la fortuna di sopravvivere alla deportazione nel campo di Monowitz – lager satellite del complesso di Auschwitz e sede dell’impianto Buna-Werke proprietà della I.G. Farben.

  86. « Considerate se questo è un uomo
    Che lavora nel fango
    Che non conosce pace
    Che lotta per mezzo pane
    Che muore per un sì o per un no.»

  87. Breve storia del libro
    “Se questo è un uomo” venne scritto non per vendetta, ma come testimonianza di un avvenimento storico e tragico. Lo stesso Levi diceva testualmente che il libro era nato fin dai giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi. Il romanzo, durante la sua genesi, fu comunque oggetto di rielaborazione. Al primo impulso da parte di Levi, quello di testimoniare l’accaduto, seguì un secondo, mirato ad elaborare l’esperienza vissuta, il che avvenne grazie ai tentativi, da parte dell’autore, di spiegare in qualche modo l’incredibile verità dei lager nazisti.

  88. Il manoscritto fu inizialmente rifiutato da Einaudi e venne pubblicato dall’editore De Silva, che ne stampò però solo duemilacinquecento copie. Il successo e la notorietà del libro si fecero attendere fino al 1958, anno in cui il romanzo venne pubblicato da Einaudi.

  89. Anche dopo la pubblicazione, comunque, la scrittura dell’esperienza personale vissuta alla fine della guerra rimase perennemente un lavoro in corso. Successivamente a “Se questo è un uomo” venne infatti pubblicato il romanzo “La tregua”, che descrive l’interminabile viaggio nei paesi dell’est in cui era stato coinvolto Levi dopo la liberazione del campo. Quest’opera deve il suo titolo al fatto di rappresentare una fase in cui la mente del protagonista resta in parte libera dal pensiero assillante della prigionia. Un pensiero che comunque lo avrebbe riassalito al momento di ritornare a casa e anche negli anni successivi. Nel 1986, ad esempio, venne alla luce il saggio I” sommersi e i salvati”, che tornava a trattare la tematica del lager.

  90. Una copia della prima edizione di “Se questo è un uomo” di Primo Levi si può acquistare a 5.250 euro presso la libreria irlandese Old Head Books& Collections.
    La libreria Pontremoli di Milano e La Galleria Gilibert di Torino, invece, vendono copie della stessa edizione a un prezzo compreso tra i 1.400 e i 2.000 euro.
    Verificare che la sovracoperta bianca non sia sostituita da una fotocopia.

    Natalia Ginzburg non ritenne l’opera sufficientemente valida per essere pubblicata da Einaudi.
    Della serie: quando anche i grandi della letteratura prendono granchi.
    Fu la piccola casa editrice De Silva di Torino a stamparne 2500 esemplari nell’ottobre 1947.
    L’opera passò tuttavia inosservata, tanto che le 1100 copie invendute e depositate in un magazzino de La Nuova Italia di Firenze, finirono nel fango durante l’alluvione del 1966.

    Scritto tra il 1945 e il 1947 “Se questo è un uomo” ha dovuto aspettare il 1958 per cominciare ad affermarsi come una delle più valide testimonianze letterarie su Auschwitz.
    Per me è la migliore testimonianza della follia nazista e l’unica che rileggerei e rileggerei sull’argomento.
    Dalla lettura di “Se questo è un uomo” si esce diversi da come si era prima di averlo letto.
    I romanzi che hanno un senso sono quelli da cui non usciamo come eravamo.
    Sempre più rari, oggi.
    Ines Desideri

  91. In un’intervista rilasciata nel 1985 Primo Levi confidò a Nico Orengo:
    “Toccò all’amica Natalia Ginzburg dirmi che a loro non interessava”.
    All’amica e al suo ex-professore Cesare Pavese.

    In un’altra intervista rilasciata a Ferdinando Camon nel 1987, Levi disse:
    “…le ragioni…molto generiche…le solite che danno gli editori quando restituiscono un manoscritto…forse fu solo colpa di un lettore disattento”.

    Forse c’è da riflettere sulle parole di Levi.
    Ines Desideri

  92. La scritta “Arbeit macht frei”, posta all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz, fu realizzata in ferro da un prigioniero, il fabbro Jan Liwacz, il quale – per esprimere la propria disapprovazione – si vendicò ribaltando la lettera “B”.
    La frase è una distorsione di “Wahrheit macht frei” (“La verità rende liberi”), tratta dal Vangelo di S.Giovanni.
    Primo Levi racconta in “Se questo è un uomo” di quando vide per la prima volta l’insegna, all’arrivo nel campo.
    Ne “La tregua” racconta dell’ultima volta che la vide, dopo la sua liberazione.
    Le definisce “Le tre parole della derisione”.

    Chi ha il coraggio di visitare il campo di concentramento di Auschwitz ne esce con una percezione nuova della vita e con una visione più ampia degli orrori di cui l’uomo è capace durante una guerra, in tutte le guerre.
    Ines Desideri

  93. brava, Ines! hai ben integrato le informazioni su “se questo è un uomo” che avevo inserito io.

  94. @ Caro Massi, anche se ancora sto male per l’intervento subito,
    lunedì, trascrivo un breve commento per non dimenticare due
    persone esemplari e un evento così sconvolgente.
    Disse Primo Levi a proposito di Anna Frank:
    “Una singola Anne Frank detta più commozione delle miriadi
    che soffrirono come lei, la cui immagine è rimasta nell’ombra.
    Forse è necessario che sia così; se dovessimo e potessimo
    soffrire le sofferenze di tutti, non potremmo vivere”.
    Tessy

  95. @ Ines Desideri (Una copia della prima edizione di “Se questo è un uomo” di Primo Levi si può acquistare a 5.250 euro presso la libreria irlandese Old Head Books& Collections.
    La libreria Pontremoli di Milano e La Galleria Gilibert di Torino, invece, vendono copie della stessa edizione a un prezzo compreso tra i 1.400 e i 2.000 euro.)
    *
    Non mi risulta che in questo momento esista una copia di De Silva (1947) o di Einaudi (1958) nè in Italia nè fuori Italia.
    A quando datano le disponibilità?

  96. Grazie, Giacomo. Trovo molto significativo, da sottolineare, quanto tu hai precisato: “Se questo è un uomo” non fu scritto o pubblicato per vendetta. In un’opera successiva ( “I sommersi e i salvati”, se ben ricordo) Levi aggiunge, in appendice, una toccante intervista rilasciata a un gruppo di studenti. Tra l’altro dichiarava (e sicuramente in tutta sincerità) che egli non nutriva odio per i tedeschi.
    Non possiamo considerare, dunque, l’opera di Levi sull’Olocausto una manifestazione dettata dall’odio e dal desiderio di vendetta, ma una testimonianza notevole del dramma dei campi di sterminio.

  97. Ad Antonella Beccari.
    Tale notizia era riportata su La stampa di alcuni mesi fa.
    Probabilmente sono stata incompleta, per non aver riportato questo dettaglio e mi scuso.
    Cordialmente
    Ines Desideri

  98. @ Simone,
    mi scrivi: “Enorme,scusami,significa nulla!
    Un modo come un altro per dir esci da far domande indiscrete!
    Non rompere!
    Mi aspettavo altro”
    .

    Caro Simone, lungi da me l’intenzione di evitare domande di qualunque genere da parte tua e di chiunque altro.
    Tutt’altro.
    Se a volte sono laconico è solo perché il tempo disponibile non è mai abbastanza per interagire come vorrei (e di questo me ne scuso con tutti).
    Cerco di compensare…
    Nel tuo precedente commento, avevi scritto: “Personalmente non ho ancora afferrato le “dimensioni” di questa carneficina. Senza “dimensioni” non si riesce a capire.
    Altro punto di confusione l’ho aggiunto leggendo alcuni libri importanti sul piano di sterminio,esisteva non esisteva,la confusione regna sovrana!
    “.

    Per quel che mi è dato sapere l’olocausto ha comportato lo sterminio sistematico di milioni di ebrei (le stime vanno da 5 a 7, con una media accreditata di 6 milioni circa). Si tratta di ebrei che vivevano in Europa prima della seconda guerra mondiale. Il numero delle vittime è confermato dalla vasta documentazione lasciata dai nazisti stessi (scritta e fotografica) e dalle testimonianze dirette (di vittime, carnefici e spettatori), nonché dalle registrazioni statistiche delle varie nazioni occupate.
    I testi per approfondire sono innumerevoli. Ne segnalo alcuni, di diversa provenienza:
    – De Bernardi, Guarracino, Balzani, Tempi dell’Europa, tempi del mondo, Milano, Mondadori, p. 215
    – Israel Gutman. Encyclopedia of the Holocaust, Macmillan Reference Books; Reference edition (October 1, 1995).
    – Benz, Wolfgang, Dimension des Völkermords. Die Zahl der jüdischen Opfer des Nationalsozialismus., Dtv, 1996. ISBN 3-423-04690-2
    – Gilbert, Martin, Atlas of the Holocaust, New York, William Morrow and Company, Inc, 1993.
    ***
    Ciò premesso, caro Simone, mi sento di riconfermare che – anche se fossero vere le stime più basse (ovvero 5 milioni di morti) – in ogni caso le dimensioni della carneficina, a mio avviso, sono state proprio enormi.
    Un abbraccio e ancora grazie per la partecipazione e per gli spunti di discussione che hai fornito.

  99. Ancora grazie a Zauberei…
    Un saluto e un ringraziamento anche a Giacomo Tessani e Ines Desideri per gli approfondimenti su “Se questo è un uomo” di Primo Levi.

  100. Un saluto specialissimo a M.Teresa Santalucia Scibona (Tessy) con un enorme in bocca al lupo per la sua salute.

    Grazie anche ad Antonella Beccari (ciao, Antonella!).

  101. Riporto questo bel commento che mi ha scritto Miriam Ravasio su Facebook…

    Non importa come, se organizzando o partecipando o semplicemente riflettendo ma “Il Giorno della Memoria” va celebrato nei cuori in comunione con le persone che ci sono vicine: in famiglia e nei luoghi del lavoro. perché fu in quei contesti che tutto avvenne: milioni di persone furono sottratte alla vita sotto gli occhi di chi stava loro attorno. fu possibile, come scrisse Levi…

  102. Ho letto tutti i commenti, ne sento l’importanza, il sentire necessario di condividere il ricordo ma purtroppo non trovo parole per aggiungerne alle vostre. Ho una specie di ritrosia, di imbarazzo, di forte malessere alla bocca dello stomaco, una vertigine e un senso di vergogna per come l’uomo, quello come me, come noi tutti, può agire con l’altro uomo. Ho visto siti dedicati alla giornata, immagini fortissime, ne ho parlato con i miei figli che l’estate scorsa ho portato a Berlino, dove ho fatto vedere i segni rimasti di una storia che come la si voglia interpretare non può essere negata ne tanto meno dimenticata. Ho riflettuto insieme con mia figlia sui due segni, da un lato quello del muro a terra sulla strada e dall’altro quello di un monumento in piazza con grandi steli grigiastre in memoria degli ebrei morti. Non è diverso, non lo è dalla mafia, dalla violenza quotidiana, da tutte quelle mortificazioni fatte all’essere umano altro. E’ abnorme, è di più, è terribile ma ha tutto la stessa medesima natura di offesa al genere umano, orribile per chi lo subisce infamante e vergognoso per chi lo procura.Che si racconti, che se ne parli perchè i nostri figli e i figli dei nostri figli non possano cadere negli errori del male , della guerra e delle brutalità. Dai piccoli gesti di ogni giorno alle grandi indimenticabili tragedie della nostra storia.Speriamo di gettare un seme d’amore nelle prossime generazioni, e in quelle che verranno dopo forse sarà fatto frutto e ricorderemo il Male solo come una grande vergogna che appartiene a noi tutti.
    Anni fa sono entrata nella casa di Anna Frank ad Amsterdam, c’era la gente che con curiosità morbosa si aggirava in fila indiana, non ho vergogna a dirvi che sono fuggita via, forse in preda ad un attacco di panico, in senso inverso alla folla che spingeva per entrare, mi sono sentita lei, quella ragazzina che voleva solo sognare un bacio da adolescente mentre altri le stavano rubando prima i sogni e poi la vita intera. E’ stato molto angosciante.
    un caro saluto a tutti

  103. Carissima Francesca Giulia, grazie per il tuo bel commento.
    Posso immaginare la sensazione che hai provato entrando nella casa di Anna Frank…
    Un saluto a te, cara amica.

  104. Ci tengo a segnalare un contributo che mi ha inviato Enzo Golino(che ringrazio!)…
    L’ho inserito sul post, ma lo riporto anche qui di seguito.

    Zyklon B **
    di Enzo Golino

    Chissà se fu il terrore
    del Piano Madagascar
    (trapiantare tutti gli ebrei
    nell’isola africana)
    a spostare l’equilibrio
    dei suoi ormoni
    verso il femminile,
    inconscio atto civile
    di protesta genetica
    contro l’antisemita
    violenza
    con la quale Hitler & C.
    (über alles)
    additarono
    alle Furie della Storia
    due odiate categorie
    da rottamare:
    il popolo di Mosé
    e gli omosessuali,
    entrambi
    infami diversi.
    Il catasto dell’orrore
    allungò la sua ombra
    avida di morte
    sull’esile trentenne
    pallido
    delicato di petto
    che lesse di un analogo
    Piano Alaska
    nazi-stalinista
    mentre nella testa
    gli scoppiava
    un monologo
    ossessivo
    di parole stracciate.
    E fu allora
    che sognò
    la fuga e la speranza.
    Si chiamava
    Lev Kaminski,
    immaginò
    che a Parigi lo avrebbero
    accolto
    il Louvre, Lipp, la rive gauche,
    i giovani
    sfrontati garçons
    dalle forti braccia
    incollate
    a ceste di verdure
    e quarti di bue
    da scaricare
    alle amate Halles.
    Ma quel giorno a Varsavia
    nel buio ufficio
    al Banco dei Pegni
    gli dissero che era
    licenziato e liquidato.
    Lui capì,
    uno dei sei milioni
    di israeliti,
    quelli da sterminare
    per ordine del Führer
    e dei suoi cani da guardia.
    Giù, in strada,
    lo aspettavano due SS,
    annunci di sciagure
    angeli di morte.
    Deportato
    a Birkenau-Auschwitz,
    cinque giorni
    dopo l’arrivo,
    alla terza selezione
    fu mandato
    a respirare
    Zyklon B
    nella camera a gas.
    Dissolto dal fuoco
    amico
    del Krematorium
    (refugium peccatorum)
    il magro corpo
    si trasformò
    in cenere fumo faville.
    Così Lev Kaminski
    lasciò il campo
    (secondo rituale minaccia
    degli aguzzini: durch
    den Kamin)
    attraverso il camino.


    ** Lo Zyklon B è un acido cianitrico allo stato solido cristallino: i cristalli, se riscaldati al contatto con l’aria, emettono vapori altamente tossici. Nel 1941, ad Auschwitz, lo Zyklon B era impiegato come insetticida e disinfettante. I chimici nazisti, vista la sua efficacia nel debellare tifo e pidocchi decisero di utilizzarlo per uccidere i prigionieri nelle camere a gas. Nonostante l’allarmante pedigree della sostanza (che in tedesco vuol dire ciclone), la multinazionale tedesca Siemens aveva progettato di registrare il nome Zyklon all’ufficio brevetti americano per diffondere negli Stati Uniti una gamma di elettrodomestici di propria fabbricazione, compresi i forni a gas. Fra l’altro la Siemens, durante la seconda guerra mondiale, aveva fatto «largo uso dei lavoratori-schiavi, prigionieri dei nazisti». Contro la scandalosa iniziativa reagirono numerose organizzazioni ebraiche: l’azienda fu costretta a rinunciare. Per ulteriori informazioni, consultare in rete la voce Zyklon B.

  105. Ciao Massi, carissimo, scusa se ho incrociato il commento con i tuoi, solo ora con la famiglia che dorme ho trovato la tranquillità per leggervi.
    grazie a te e a tutti quelli che scrivono qui perchè contribuiscono ad un pensiero comune e una riflessione che mi piace sempre perchè ci fa sentire parte dello stesso genere umano. Credo che sia importante .
    felice notte!

  106. Tra gli altri mi ha scritto anche il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Budapest, dr. Salvatore Ettorre, il quale – oltre a ringraziamenti, ecc. – fa presente quanto segue: “in Ungheria il Giorno della Memoria non viene celebrata in data 27/1 ma in date completamente differenti.
    Invece in data 6 maggio presenteremo al pubblico italiano ed ungherese la traduzione in lingua italiana del catalogo del Museo a Budapest „La Casa del Terrore”, utile strumento per capire quanto avvenuto in Ungheria nel periodo delle barbarie nazista.
    Cordiali saluti.

    Il Direttore
    Salvatore Ettorre”

  107. Ovviamente ringrazio tantissimo il dr. Ettorre per la sua mail e per le informazioni.
    Il catalogo del Museo a Budapest “La Casa del Terrore” sarà senz’altro utile per capire quanto è avvenuto in Ungheria nel periodo delle barbarie nazista.
    Ancora grazie…

  108. Felice notte a te, cara Fran… e a tutti gli amici di Letteratitudine.
    Siamo già al 28 gennaio, ma vi invito ugualmente a intervenire anche nei prossimi giorni sull’argomento del post.
    Buonanotte a voi tutti.

  109. Sì il giorno si è concluso e grazie alle sane abitudini, alle inclinazioni dell’anima e alle tecnologie anche quest’anno, il Giorno della Memoria si è moltiplicato estendendosi fra iniziative, film, testimonianze, interventi, link a decine, arte e soprattutto i ricordi, che la nostra sensibilità riesce a smuovere e promuovere.

  110. grazie a te Ines.
    una proposta: facciamo in modo che il giorno della memoria si dilati oltre il 27 gennaio attraverso questo post.

  111. FONTE: LA STAMPA
    —–
    In un dialogo del 1983 lo scrittore torna sull’esperienza di deportato: «Ad Auschwitz chi sopravviveva finiva con l’imparare le vie traverse»

    PRIMO LEVI

    Il seguente testo è la parte iniziale dell’Intervista a Primo Levi, ex deportato, pubblicata da Einaudi per la Giornata della Memoria 2011 (pp. XXV-93, e10). Si tratta di un intenso dialogo che lo scrittore-chimico torinese ebbe nel 1983, quattro anni prima di morire, con Anna Bravo e Federico Cereja (che firmano lo scritto introduttivo e la postfazione del volume), nell’ambito di una ricerca sulla memoria della deportazione, condotta dalla Sezione di Torino dell’Associazione Nazionale Ex Deportati. Tradotta in vari Paesi, l’intervista era stata pubblicata nel 1989 sulla Rivista Mensile d’Israel, nn. 2-3, e in forma di stralcio nel volume “La vita offesa”, curato nell’87 da Bravo e Cereja per Franco Angeli editore
    —–

    BRAVO. «Una delle cose che erano venute fuori nella sua lezione a Magistero era la serie di rituali, comportamenti suggeriti, imposti, decisi in comune che riguardavano… l’avevamo chiamato il “galateo” del campo, grosso modo».
    LEVI. «Sì, sì. Chiaro, lo dico fin da adesso, può avvenire che mi ripeta, che ripeta cose che compaiono nei miei libri, ma…».
    BRAVO. «Ma è una cosa che non… non c’era».
    LEVI. «È un guaio non evitabile. Ma oltre alle regole, come dappertutto, c’era un codice ufficiale, cioè un complesso di precetti e di divieti, imposto dall’autorità tedesca. Ma, frammisto a questo, e sovrapposto a questo, c’era anche un codice di comportamento spontaneo, che ho chiamato galateo, e alcuni precetti e divieti potevano essere elusi, bisognava saperlo, si imparava con l’esperienza, chi sopravviveva alla crisi dell’iniziazione, che era la più grave. Chi sopravviveva ai primi giorni finiva con l’imparare che le vie traverse, le scorciatoie e il modo più giusto per arrivare a farsi riconoscere malato, per esempio, e il fatto che la… la corruzione era dominante in Lager, cosa che aveva molto stupito tutti, perché, noi per lo meno, noi ebrei italiani che avevamo avuto contatto molto tardi con i tedeschi, ci eravamo fatti l’immagine ufficiale dei tedeschi, cioè crudeli ma incorruttibili; invece erano estremamente corruttibili. Lo si imparava più o meno in fretta, con l’esperienza; non solo i tedeschi che erano abbastanza esterni, ed erano delle divinità inaccessibili, ma tutta la gerarchia del campo che discendeva dai tedeschi era corruttibile, anzi, questa parola polacca “proteczia” si imparava subito.
    «A parte questo, c’era un complesso di comportamenti che non avevano direttamente a che fare con la sopravvivenza, ma che erano considerati di buona o di cattiva educazione, e uno che ho citato era quello del… quando ti chiedevano in prestito il cucchiaio: in generale era un prestito che si concedeva soltanto a una persona di fiducia, perché era un capitale, valeva una razione di pane, e quindi lo si dava soltanto a una persona di fiducia, oppure che si sorvegliava. Il cucchiaio non veniva dato, non era di dotazione, bisognava conquistarselo, cioè comprarlo all’inizio con pane, era una crudeltà supplementare questa… tra parentesi, alla liberazione del campo abbiamo trovato un magazzino pieno di cucchiai, non c’era ragione di non darli, il nuovo venuto era costretto a lappare la zuppa come un cane, perché il cucchiaio non ce l’aveva e nessuno glielo dava; comunque quando veniva chiesto il cucchiaio in prestito era buona norma leccarlo prima, uno mangiava la sua zuppa, poi lo leccava bene perché fosse pulito \ e solo allora lo dava in prestito al… al postulante, … e un’altra cosa ancora, che mi viene in mente, era, come dire, la proprietà nel vestirsi, e sembrerà strano dal momento che era quasi impossibile essere vestiti propriamente, ma… come nella vita comune, aveva importanza avere gli abiti, il cappello e le scarpe decenti, dico decenti tra virgolette, perché decenti non erano mai, o per lo meno ci arrivava soltanto chi aveva fatto una straordinaria carriera, ma… in qualche modo questo era, faceva parte della disciplina del campo.
    «Ma io tendevo inizialmente a trascurarla, mi sembrava una cosa superflua quella di… questa giacca piena d’unto, piena di macchie di ruggine, doverla spolverare mi sembrava inutile, e invece i compagni più anziani mi han detto: “No, devi farlo, qui si deve avere le scarpe pulite, la giacca pulita, e così via, la faccia pulita, non bisogna sottrarsi al barbiere”. La barba la si faceva soltanto una volta alla settimana, però quella volta lì doveva essere fatta, non soltanto in omaggio alla disciplina del campo, alla regola del campo, ma anche come armatura esterna di vita morale, doveva comparire in qualche modo, un istinto collettivo spingeva a questo, chi si lasciava andare era in pericolo, veniva sempre ultimo».
    BRAVO. «Lei ha notato rispetto a questa esigenza di dignità, anche verso l’esterno, che ci fosse una possibile differenziazione in relazione alla estrazione di classe, cioè che certi modelli culturali di proprietà, decenza…».
    LEVI. «Direi proprio di no».
    BRAVO. «Influissero… no?».
    LEVI. «Direi di no; direi che del resto la provenienza di classe spariva molto rapidamente, e prevalevano altri fattori. Io ricordo degli intellettuali decadere con estrema rapidità, mentre invece scaricatori di porto o gente abituata al lavoro manuale resisteva meglio. Non è un criterio assoluto, c’erano altri criteri. Uno era quello del peso corporeo: è chiaro che un uomo come me che all’ingresso nel Lager pesava 49 chili perché era costituzionalmente esile, aveva bisogno di meno calorie di un uomo di 80 o 90 chili; e quindi nel mio caso questo è stato un fattore… di sopravvivenza, un fattore… un vantaggio. Molti intellettuali naufragavano, perché si trovavano davanti a un lavoro mai fatto prima, a una necessità di lavorare fisicamente, di provvedere a cose che un uomo dalla vita agiata non fa, a lustrarsi le scarpe, a spazzolarsi il vestito senza spazzola, con le mani, con le unghie, e…».
    BRAVO. «La manutenzione di se stessi».
    LEVI. «La manutenzione di se stessi, che spesso viene delegata».
    BRAVO. «E sì, nelle famiglie, c’era la donna, la moglie, la domestica».
    LEVI. «Appunto, viene delegata. Qui invece bisognava provvedere. Io stesso mi sono trovato molto in pericolo nei primi giorni, e qui mi ricollego al fattore dell’amicizia; io credo di essere stato salvato da alcune amicizie, anche per un fatto importante per noi italiani, ebrei italiani: la mancata comunicazione. Io l’ho percepita come un ferro rovente, come una tortura, il fatto di trovarsi in un ambiente in cui non si capiva il verbo, la parola e non si riusciva a farsi capire. Trovare un italiano con cui comunicare era una grande fortuna. E eravamo pochi italiani, eravamo un centinaio nel mio Lager su diecimila, l’uno per cento, e degli stranieri pochi parlavano italiano, e di noi italiani quasi nessuno parlava tedesco o polacco e pochi parlavano francese, in sostanza c’era un grave isolamento linguistico. E trovare un buco, un foro, un passaggio che permettesse di valicare questo isolamento linguistico, era un fattore di sopravvivenza. E trovare l’altro capo del filo, una persona amica era… era un salvataggio.
    «Ora questo ragazzo, Alberto, di cui io ho spesso parlato nei miei libri, era l’uomo adatto, aveva coraggio da vendere per sé e per gli altri, ed era in grado di somministrare coraggio e mi sono trovato con lui, abbastanza casualmente, senza mai capir bene… io trovavo in lui un salvatore; cosa trovasse lui in me, che lui mi diceva: “Tu sei un uomo fortunato”, non so bene su quale base, ma infatti il destino l’ha poi dimostrato, io sono stato fortunato».
    © 2011 Giulio Einaudi ed. s.p.a., Torino

    http://www3.lastampa.it/cultura/sezioni/articolo/lstp/385482/

  112. @ Massimo Maugeri,28 gennaio 2011 alle 12:09 am
    La ringrazio della risposta,purtroppo la mia confusione resta tale perchè il numero 6.000.000 è presente già al tempo di Norimberga ,dove si attribuirono al lager di Auschwitz 4.000.000 di assassinati.
    Tale numero(6.000.000) è ancora tale oggi che ad Auschwitz vengono attribuite “circa 1.500.000” assassinati.
    Questo mi è incomprensibile.
    A Norimberga ci furono testimonianze e confessioni,perizie di Commissioni!
    Se non fosse tragico direi che mi si vuol prendere in giro!
    Non Lei ,ovvio!

  113. Scusami, Simone. Secondo me se cominciamo a innescare una discussione sulle cifre rischiamo di incartarci (oltre che di precipitare in un triste squallore). A parte che c’è persino chi ha il “coraggio” di sostenere che sia tutta una montatura. Che non sia mai avvenuto nulla, che i video e le foto siano stati costruiti ad arte.
    Non è il tuo caso ovviamente, perchè tu sostieni che ad Auschwitz vengono attribuiti “circa 1.500.000″ assassinati (anche se non citi la fonte).
    Ma ripeto non è una questione di numeri. Anche se il numero fosse soltanto quello che tu dici, saremmo ugualmente di fronte a uno sterminio di massa dalle proporzioni enormi. Ma soprattutto, ciò che è agghiacciante sono le modalità con cui è stato realizzato.
    Ma ti prego, evitiamo una discussione sui numeri dato che, come sottolinei, stiamo parlando di qualcosa di tragico. Impegniamoci tutti, invece, a tenere gli occhi aperti perché questa indicibile vergogna dell’umanità non torni a ripetersi.

  114. La mia prima osservazione era dovuta al suo termine “enormi”,che mi ha dato il “la”,presentando le mie confusioni dovute ai numeri.
    Tu parli di possibile squallore dei numeri,ti faccio presente che da quando ho memoria ne sento parlare.Che ci sia chi è autorizzato e chi NO a usarli?
    Sento odore di rogo e di Giordano Bruno!
    La targa nuova la vedi qui: http://www.flickr.com/photos/43005456@N05/3975936323/
    Qui vedi le due targhe: http://www.holocaustinfo.net/images/plaques.jpg
    Mi sembra che senza le “dimensioni” o la confusione dei “numeri” si stia parlando di qualcosa di fantastico senza senso.Un pò come il famoso “sarchiapone” …
    Purtroppo la speranza che genocidi non ne avvengano più è pura speranza,dal Vietnam …alla Palestina,e qui da almeno 63 anni.

  115. Caro Simone, per me puoi usare i numeri che ti pare. Lo hai fatto, lo hai detto, lo hai ribadito. Mi pare che nessuno te l’abbia impedito. E puoi sentire gli odori che vuoi. Puoi anche dire che si stia parlando di qualcosa di fantastico e senza senso. E lo hai fatto.
    Non sei il primo, non sarai l’ultimo.
    E sì, forse la speranza che di genocidi non ne avvengano più è pura speranza.
    Motivo in più per stare all’erta e combatterli.

  116. Scusatemi, ma sono d’accordo con Martina. Non è una questione di numeri.
    Voglio anche aggiungere ( quel che tutti sappiamo)che la shoah è legata alla “caccia all’ebreo ” che la Germania nazista ha messo in atto fin dagli inizi del suo sistema politico.
    Per me questo è un fatto sicuro perchè raccontatomi da mio padre che, durante l’alleanza, è andato a lavorare in Germania e dopo sei mesi se ne è ritornato terrorizzato per aver visto come gli ebrei scomparissero da un giorno all’altro dal posto di lavoro ed anche dalle loro case. Aveva infatti fatto amicizia con un operaio ebreo e un giorno questi l’aveva invitato a cena. Ma quando la sera è andato a casa con un’amico comune, ha trovato la porta sprangata. In un primo momento se l’era presa ma una donna passando senza fermarsi aveva detto loro che era meglio andarsene. Niente era ancora ufficiale ma mio padre, a Dusserdolf, ha visto ed udito perchè quando si parlava di ebrei diceva sempre “li rubavano come galline.”
    Quando io dopo aver visitato il campo di Dachao sono ritornata incredula lui mi disse” cosa credi? Quelli che sparivano li portavano in questi campi.” e poi aggiunse “Chissà forse conoscevo qualcuno!”
    ________________________________________

  117. Alcune cose. La prima è che ho apprezzato moltissimo il commento di Francesca Giulia Marrone, ho sentito l’onestà emotiva che cerco. Non è che poi se non la trovo è perchè non c’è ma o è questione di affinità o di linguaggi, o di sporcizia che incrosta.
    Anche se non ha molto senso, perchè i genocidi ci riguardano tutti, e se uno dice “sporco negro” a un altro, non so voi io mi sento male, mi sento di ringraziare Mela Mondi e Marina per le loro risposte a Simone, che onestamente non so qualificare, o meglio lo so qualificare ma ho rispetto per Massimo e per i toni che vuole in questo blog. Diciamo che io imputo all’anestesia emotiva e intellettuale di Simone l’incapacità di molti di difendersi dal male, di riconoscerlo. Trovo questo modo di argomentare su questi temi quanto di più deleterio (Massimo carillino, dimmi quante cassate me manni? Oh me conosci si? Apprezza la diplomazia. 🙂 )
    Comunque il giorno della memoria, è alla fine per me – ebrea molto assimilata e quindi molto esposta – una specie di cartina tornasole degli umori intorno all’argomento. Nella rete ho sentito molto partecipato affetto, e alla fine questo è bello. Anche se un po’ smandrappato, anche se alle volte lo trovo retorico e mi ritraggo, mi dico va là sempre meglio del contrario. Capitano anche cose subdole eh – tipo gente che invece ti dice, oh boh non capisco perchè ti definisci ebrea, ma allora l’antisemitismo te lo vuoi! Come è successo su un blog che frequento. E tu senti che non tutto è proprio risolto.

  118. Grazie Zauberei, non tutto è risolto, hai ragione.
    E grazie a Max che ci consente di esprimerci senza fare a botte. 🙂

  119. @ mela mondì ,28 gennaio 2011 alle 8:08 pm
    Le fonti ufficiali,ebree,parlano di un “Accordo di trasferimento” degli ebrei tedeschi in Palestina,firmato tra ebrei tedeschi e governo tedesco il 25Ago1933.Valido fino all’Ott 1941.
    A questo link trovi i riferimenti :http://olo-dogma.myblog.it/archive/2011/01/02/ha-avara-heskem-haavara-transfer-agreement-gli-ebrei-collabo.html
    Tale accordo prevedeva l’esportazione dei beni,tramite collaborazione tra banca di Palestina ed una banca tedesca.

  120. @zauberei ,28 gennaio 2011 alle 8:42 pm
    Di quale male sarei affetto?
    Per studio e formazione professionale sono portato a verificare ogni informazione,ne va della correttezza formale e vantaggio per l’interessato. In sintesi il rispetto delle procedure. L’emotività nelle attività tecniche, qualunque esse siano,la Storia è una di queste,non ha alcun senso, nè da vantaggi,anzi può rappresentare la calamita per l’ago della bussola.Un non senso.
    Sono confuso da questa “giostra” di numeri,versioni al limite della presa in giro,smentite .

  121. Non è Simone che i numeri non siano importanti, come anche altre cose assai poco romantiche, solo che è la capacità di discriminare i contesti e i complementi che per me ti manca del tutto. Sei come un ginecologo che parla di sesso. Per citare Benigni. E forse una certa corda tutta mentale (ma dove credi che stanno i sentimenti? nel pancino? Molti sentimenti sono un fatto di intelligenza) che ti aiuti a capire di cosa qui si parla. E se non l’hai capito fino ad ora – che ti si può dire qui in alcune righe? Niente – tanti auguri.

  122. Ma il giorno della memoria è istituito per ricordare date e numeri o per capire noi stessi e sapere da quale parte stiamo?
    Il giorno della memoria ci ricorda che siamo tutti sui “Fiumi di Babilonia”. C’è chi appende ai salici le sue chitarre e c’è chi recita il mea culpa, c’è chi…..
    Chi sono io?
    Interrogarsi. Forse ci riteniamo migliori e lo siamo ma, forse, perchè non abbiamo avuto l’occasione di mettere in mostra la parte peggiore di noi o forse perchè non comprendiamo quante volte abbiamo condannato senza guardare a noi stessi o forse……….
    La nostra è una “ragione” malata, atrofizzata nella ripetezione.
    Il giorno della memoria mi ricorda che devo svegliarmi e curare la mia mente
    con il chinino della libertà.
    Non continuo perchè non vorrei che esorbitando da dati precisi le mie parole venissero “accusate” di pura retorica.
    Zauberei io penso di capirti.

  123. Desidero per prima cosa salutare Zauberei e dirle che sono felice che le sia arrivato il messaggio nelle parole che a stento ho tentato di scrivere qui.
    Mi trovo in sintonia con ciò che dice Mela Mondì, perciò ringrazio anche lei. Vorrei però dire, con tutto il rispetto che ho per chi possa avere opinioni diverse dalla mia e per chi abbia desiderio, anzi esigenza di precisione e verità nei dati e nella storia, a Simone, che non arrivo a comprendere se sia più grave sapere che in un giorno sono stati brutalmente calpestati i diritti umani e poi strappati al diritto sacrosanto alla vita, una due o un milione e mezzo di esseri umani.Non credo che faccia molta differenza, è l’atto in sè che determina la barbarie di un essere umano su un altro essere umano per non parlare delle modalità.Dunque, potrei chiamarli anche Indiani d’America o vittime della Mafia o morti per stragi terroristiche.Insomma Simone, rispetto il fatto che uno dica”voglio chiarezza e verità”- sempre che trattandosi di dati analizzati da uomini della stessa specie umana che ha compiuto certi orrori sia possibile attribuirgli la capacità di portare verità; ma non arrivo a comprendere come non si possa provare vergogna per il male inflitto e compassione per chi lo subisce. Cosa cambierebbe la certezza di un numero?laverebbe le coscienze forse sapere che non erano quattro milioni ma “solo” un milione e mezzo?Se buttano sotto le ruote dell’auto un cane volontariamente, mi indigno, provo vergogna per chi lo ha fatto, provo pietà per la bestia innocente.Io faccio parte della natura, io rabbrividisco di fronte al Male, io divento piccola, indifesa come tutte le creature della terra, pur sapendo che il Male è dentro noi tutti, pur sapendo che il vero mistero della vita è l’innocenza, io mi auguro che continueremo a rabbrividire, avere vergogna, compatire l’umana sofferenza; nel senso più ampio del termine, sentire come se il male fosse stato inflitto anche a me o alle persone che amo.
    Scusate lo sfogo.
    un saluto a tutti.

  124. Per quanto riguarda quest’ultima parte del dibattito la mia posizione coincide con le opinioni di Martina, Mela, Zauberei, Francesca Giulia.
    Simone ha il diritto di pensarla come crede (e di continuare a pensarla in quel modo), ma ritengo anch’io che la questione non si possa ridurre a una “questione numerica” (anche se, ribadisco, stiamo parlando di uno sterminio di milioni di persone).

  125. La questione, a mio avviso, è la seguente. Quello che è accaduto è così infame, così vergognoso, così indegno per l’umanità tutta che la comunità internazionale ha proposto di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.

  126. Quello che è accaduto è così infame, così vergognoso, così indegno che il Parlamento italiano – con legge n. 211 del 20 luglio 2000 – ha stabilito quanto segue:
    «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.»

  127. Nelle motivazioni non si parla di cifre, ma si evidenziano i seguenti punti:
    sterminio del popolo ebraico,
    leggi razziali,
    persecuzione italiana dei cittadini ebrei,
    italiani che hanno subìto la deportazione,
    prigionia,
    morte

  128. Non solo. C’è anche questo passaggio dedicato a coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
    Il fatto che, persino allora, ci sia stato qualcuno anche in campi e schieramenti diversi, che si è opposto al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita, ha salvato altre vite e protetto i perseguitati, lascia ben sperare per il futuro.
    Ed è giusto ricordare anche costoro…

  129. L’art. 2 della Legge (riporto di nuovo il testo) dice così: “In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere“.

  130. Ora (lo faceva notare anche qualcuno) in occasione di questi eventi il rischio di demagogia, retorica, ecc. è sempre dietro l’angolo… ma siccome l’antisemitismo continua a covare sotto le ceneri, io questi rischi li accetto tutti di buon grado.
    Di conseguenza, farò di questo spazio un forum permanente di modo che il giorno della memoria possa durare 365 giorni l’anno. E in prossimità di ogni 27 gennaio lo rimetterò in primo piano.

  131. Vedo di spiegarmi meglio:
    In assoluto i “numeri” sono solo mezzi per identificare un evento fisico. Come il mq l’elemento che identifica un appartamento che si vuole vendere o acquistare.Quindi la base di ogni passo ulteriore.Credo si concordi.
    Se non conosciamo i mq dell’appartamento,come possiamo procedere?
    Parlando delle motivazioni ideali di chi ha costruito quell’appartamento?

    Qui non si tiene a mente il fatto che ogni “numero” affermato,prendo in esempio i 4.000.000 derivati dal Processo di Norimberga,era SUPPORTATO da “prove” quali:

    1)Perizie di una Commissione tecnica del governo Russo supportate da “centinaia” di testimonianze di sopravvissuti
    2)Confessioni del comandante di Auschwitz

    Ora se dobbiamo dar credito alla versione attualmente in essere(1.500.000) si mette nella pattumiera della Storia il processo di Norimberga e quanti testimoniarono in quella sede. Non se ne esce!
    Purtroppo ne esce che si è mentito(obbligatoriamente.Stante la versione attuale) a livello personale(le testimonianze) e istituzionale (il tribunale).
    Qui centrano nulla morale ,etica,filosofia,è semplice reato penale!
    Qui la filosofia degli interventi, va a far compagnia nella pattumiera alla versione 4.000.000!
    Chiarito che si è mentito,le nuove targhe di Auschwitz lo provano oltre ogni ragionevole dubbio, ne esce la domanda:
    Perché si è mentito?
    …è anormale avere disorientamento?

  132. I numeri dell’Olocausto (a cura di Alberto Parisi)

    Il 27 Gennaio del 1945 l’esercito sovietico varcava i cancelli di Auschwitz, il più grande dei campi di concentramento costruiti dai nazisti nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
    Aprendo gli occhi a un mondo che non aveva visto, costringendo alla realtà dei fatti tutti coloro che sapevano e avevano taciuto, portando i responsabili materiali del più grande omicidio di massa di sempre dinnanzi al tribunale degli uomini e della Storia.
    Spalancando gli occhi del mondo sulla più grande tragedia dei nostri tempi. Una tragedia che ha portato il mondo a dire “Mai più”.
    Un mondo che è ancora, dopo 62 anni, è costretto a invocare il proprio “Mai più” come una speranza.

    La macchina di morte messa in piedi dalla Germania nazista si può raccontare in questi freddi numeri:
    – 6 milioni di ebrei morti nei lager e negli omicidi di massa perpetrati dai tedeschi e da alleati e collaborazionisti
    – almeno 300.000 zingari di etnia Rom e Sinti morti nei campi di concentramento (anche se numerose altre stime riportano cifre che potrebbero raggiungere le 800.000 vittime)
    – 300.000 esseri umani affetti da qualche tipo di disabilità mentale o fisica “eliminati” in nome dell’eugenetica e dell’”improduttività”
    – 100.000 oppositori politici del regime nazista uccisi (in maggioranza comunisti e liberali massoni)
    – 25.000 omosessuali
    – 5.000 testimoni di Geova

    Numeri. Spesso approssimativi. Tragicamente approssimativi.
    Perchè le dimensioni della tragedia, e la furia razionale e cieca del regime di Hitler, ha completamente annientato intere popolazioni, rendendo spesso impossibile ricostruire la morte di interi villaggi e comunità.
    Numeri che, andando avanti le ricerche storiche, sembrano essere addirittura inferiori a quelli reali.
    Numero incompleti. Perchè alle vittime dell’Olocausto, per le quali il nazismo aveva scientificamente organizzato il totale annientamento, vanno aggiunte quelle di milioni di morti, soprattutto polacchi e russi, che furono vittime di rappresaglie e di stragi compiute nel solo nome di una presunta superiorità della razza ariana.

    (a cura di Alberto Parisi)

  133. @ Massimo Maugeri 29 gennaio 2011 alle 11:49 pm
    Buondì a Lei.
    Il riferimento a quelle otto righe di legge è pericoloso,in quanto si da credito a 2 affermazioni prive di alcun valore,mi spiego:
    1)I cancelli di Auschwitz NON furono mai abbattuti,nè ve ne era necessità alcuna,i Tedeschi avevano evacuato il lager il giorno 18 Gennaio 1945.
    2) Allo stato attuale della ricerca NESSUN piano di sterminio è stato trovato,nè si conosce CHI lo avrebbe ideato.Il maggior storico mondiale di olocausto,Raul Hilberg,ebreo americano,ebbe a scrivere(nell’opera di riferimento di qualunque storico):
    « Ma ciò che cominciò nel 1941 non era nessun tentativo di genocidio [degli ebrei], pianificato in anticipo e organizzato da un ufficio centrale . Non c’è stato nessun piano e nessun bilancio per questi provvedimenti di genocidio…Ciò accadde perciò non certamente eseguendo un piano ma per un’incredibile coincidenza d’intenzioni, una concordante LETTURA NEI PENSIERI A L T R U I d’una burocrazia [tedesca] di ben grande portata.»
    Incomprensibile che in 8 righe di testo di legge,scritte da Furio Colombo,si trovino tali errori storici !

  134. Gentile Simone,
    era ora! Aspettavo che venisse fuori…
    Lei è un negazionista.
    Per me il discorso si chiude qui.
    Le auguro sinceramente buona vita e la ringrazio per i suoi interventi, perché dimostrano ancora una volta la necessità di tenere gli occhi aperti e le coscienze all’erta.

  135. Terribile!
    Non me lo aspettavo.
    Ovviamente Lei è in casa propria e decide chi può stare e chi no, esattamente come si comportò Adolf Hitler con i suoi indesiderati!
    Corsi e ricorsi!

  136. Gentile Simone,
    Adolf Hitler non invitò indesiderati ad andarsene dalla sua casa. Li prelevò con la forza dalle loro case, li fece rinchiudere in campi di concentramento e fece eseguire un progetto di morte studiato a tavolino sterminando milioni di innocenti.
    Cosa che lei nega!

  137. Inoltre, Simone, le segnalo quanto segue…
    Nella nota “Avvertenza” (la trova nella colonna di sinistra del blog) è scritto quanto segue:
    “La libertà individuale, anche di espressione, trova argini nel rispetto altrui. Commenti fuori argomento, o considerati offensivi o irrispettosi nei confronti di persone e opinioni potrebbero essere tagliati, modificati o rimossi. Nell’eventualità siete pregati di non prendervela.
    Ora… io non ho rimosso il suo commento in cui mi paragona a Hitler (molto offensivo, irrispettoso e molesto… oltre che paradossale).
    La invito, inoltre, a prendere visione di questo link, invitandola a interrompere gli atteggiamenti molesti:
    http://letteratitudine.blog.kataweb.it/category/aaa-nota-legale/

    Prendo inoltre atto della sua mail (ricevuta poco fa) in cui mi accusa di essere incapace di argomentare positivamente, e in cui si ripropone di copincollare i suoi interventi e le risposte e segnalare a vari siti il caso, citando la fonte e segnalando il banno perpetrato nei suoi confronti.
    Faccia pure, signor Simone. Non mi sono mai piegato di fronte a minacce di nessun tipo. Io, da questo momento, la metto in moderazione.

    Vede, signor Simone, ho fatto dell’accoglienza e del garbo le bandiere di questo blog.
    Ma c’è un limite a tutto.
    E tuttavia quello che più mi preme, è tutelare la memoria dei milioni di morti vittime della Shoah, delle leggi razziali, della persecuzione, della prigionia, della morte… così come indicato nella legge del Parlamento italiano che lei stigmatizza.
    Questo è quanto!
    Le riconfermo gli auguri di buona vita.

  138. Per quello che vale appoggio pubblicamente le parole e l’atteggiamento di Massimo Maugeri, che oltre ad argomentare con garbo rispetto ed intelligenza il suo pensiero, non ha mai negato la possibilità agli altri di esprimersi, benchè il blog sia suo e lui sia libero di fare ciò che desidera senza per questo essere tacciato di posizione dispotica. Ritengo l’ultima offesa fatta dal “signor Simone” a Massimo veramente inaccettabile, oltre tutto offende lo spirito di questo raro blog che ha sempre dato spazio a chiunque abbia voglia di esprimersi nel rispetto dei limiti della decenza. Personalmente le disquisizioni di questo tecnicissimo signore Simone non mi interessano proprio, preferisco restare nella mia ignoranza certamente lei saprà argomentare meglio di noi tutti- ma il post si intitola “Il giorno della memoria” ed è stato pubblicato con l’intento di ricordare con rispetto quei morti- uno due o milioni- che purtroppo e per fortuna per lei Simone, non possono replicare alle sue affermazioni.
    Detto ciò, che mi sembrava doveroso verso la signorilità e l’intelligenza sensibile di Maugeri, mi tiro fuori dalla discussione. E non replicherò ad alcuna altra sua affermazione o polemica.
    saluti

  139. Ringrazio moltissimo Massimo – che ha saputo unire fermezza a eleganza, la giornata della Memoria si rivela dunque in tutta la sua necessità.

  140. Ringrazio molto Francesca Giulia, Martina, Zauberei.
    Ne approfitto per dirvi che difficilmente potrò pubblicare un nuovo post prima di martedì o mercoledì sera.

  141. Caro signor Simone,
    lei vuole numeri, testimonianze davanti ai tribunali, prove inconfutabili. Come se i documenti fotografici, i filmati, gli orrrori narrati dai sopravvissuti non fossero già abbastanza.
    Io posso raccontarle di aver perduto ben 14 compagni ebrei iscritti all’università di Catania, e di averne visto tornare uno solo che ha raccontato del lager quello che lei si ostina a non voler credere.
    E cioè: esperimenti dai dirupi ( i suoi compagni venivano lanciati nel vuoto da enormi e massicci altopiani), esperimenti al freddo (a molti gradi sotto zero per verificare la resistenza), esperimenti per accertare la capacità di reazione ai virus (a lui personalmente e ad altri venne iniettato il virus della malaria), esperimenti col gas (venivano infettate col gas ferite volontariamente inflitte), il tutto nel campo di Ravensbruck.
    Ora….mi chiedo, caro signore. Ma se anche queste atrocità fossero state inflitte ad un solo essere umano, non sarebbe già troppo?
    Appoggio in modo incondizionato la fermezza del dottor Maugeri e ribadisco ora più che mai, la necessità di ricordare.
    Il professor Emilio

  142. Caro Massi,
    una buona notte a te e grazie per la fermezza con cui hai protetto la memoria di quanti non sono più. Di quanti non potrebbero opporre altro che le proprie lacrime ormai essiccate dal tempo, ossa ammassate su ossa, nudità oscenamente violate. E a cui tu hai ridato voce.
    A nome di quei morti che ancora urlano dalle loro tombe, e a nome di chi non è mai stato sepolto, a nome dei bambini, dei vecchi, dei genitori trucidati, degli sposi separati, a nome di ogni vita recisa, a nome di ogni fragilità trafugata e di ogni santità infranta, grazie.

  143. Cari amici, sapete il problema vero quale è? le domande sui numeri di Simone sono, secondo me, solo la punta dell’iceberg che si cela sotto, è una tecnica per sviare, per far sorgere dubbi, mettendo in discussione di volta in volta alcuni aspetti riguardo alla tragedia di cui discutiamo. Questo tipo di persone nasconde la vera tipologia di pensiero e di ideologia a cui appartiene e una volta mette in discussione la vicenda sotto forma di esame storiografico, un’altra sotto forma di esame documentaristico, un’altra mettendo in discussione le testimonianze di persone vittime. Dunque più che mai mi sento di dire a Massimo e a tutte le sensibilità intelligenti che transitano da qui che alla domanda
    “lL Giorno della Memoria ha più una funzione conoscitiva, o una funzione etica? O ambedue, ma in che modo intrecciate?” dobbiamo continuare a cercare di rispondere sempre e costantemente che la funzione etica nel senso più alto del termine, come riconoscimento del male , è di primaria importanza. Perchè purtroppo, quel male si cela dietro tanti volti ancora oggi e può rappresentare una minaccia in ogni momento della vita e del destino dell’umanità.
    un abbraccio a Martina, Zau,Emilio, Simo, Amelia e terzo anno.

  144. Purtroppo chi non vuol ricordare ha scelto consapevolmente di andare verso una certa direzione.
    E’ indispensabile accennare a Nice, al pensiero filosofico dominante, ulteriormente decidere se il “superuomo” professato ( a quel tempo ?) sia il prodotto di una psiche malata con relativo delirio di onnipotenza, oppure il plausibile risultato di menti eccelse al di sopra della media che, proprio perché hanno sviluppato un grande ego, possono guidare l’umanità, selezionarla, eliminarne la parte malsana e ritenuta inutile ai loro scopi. Tutto ciò nell’esercizio del potere.
    Ora se si decide a favore di un responso psichiatrico che condanna il fenomeno, comprenderemo cosa vuol dire la mancanza di ragione espressa nel fanatismo e nell’ulteriore confusione sugli uomini , o meglio sui sogggetti – mi riferisco alla condanna dei singoli o di interi popoli in nome di una corrente di pensiero, nell’ evidente assurdità di chi si rivolge agli innocenti , pensando che gli stessi siano i portatori dei problemi(?) da sanare. Ciò che sottolinea il delirio che ha condotto la Storia universale ai ben noti risultati, è la convinzione di essere “i prescelti” in delega ad una missione a favore della specie.
    Se invece si propende a credere che alcune menti costituzionalmente possano essere al di sopra di altre e quindi maggiormente idonee al “comando “, per dna, per predestinazione, per il possesso di doti non comuni che determinano (nella fattispecie del nostro argomento) gli individui, la razza , un popolo – ma questi discorsi li ho sentiti anche all’interno di cellule sociali come famiglia o da parte di chi rappresenta un governo – allora avremo l’identificazione nella figura di potere, il proselitismo, soprattutto un imbecille tifoseria da stadio curva sud curva nord, destra – sinistra politica non è differente, una totale assenza di vera individualità e indipendenza. Per dirla semplicemente vi mostro la privazione di libertà. Il castigo del Cielo è durissimo.
    Ora, cari amici, ritengo che le SS abbiamo rappresentato la follia Storica ma che il pensiero niciano riferito al superuomo non sia per nulla tramontato, tutt’altro. Solo che a volte non ce ne rendiamo conto o ce ne rendiamo conto troppo tardi, quando sopraggiunge lo sfascio.

  145. Avevo messo io i contributi del quotidiano LA STAMPA. Scopro, leggendo gli ultimi commenti, che non è proprio possibile abbassare la guardia.

  146. Vorrei ricordare le parole con cui il Presidente Giorgio Napolitano ha celebrato a Quirinale la Giornata della Memoria.

    Perché non basta ricordare le vittime della Shoah. Occorre capire come si arrivò a quella «mostruosa vicenda», capire che il primo germe distruttivo fu il miscuglio di intolleranza, nazionalismo e populismo che producono «demonizzazione e odio del diverso e dello straniero». E allora occorrono «attenzione, vigilanza e pronte reazioni, dovunque quel germe dell’intolleranza si manifesti, in qualsiasi forma, anche in paesi che si sono dati dichiarazioni di principi e Costituzioni democratiche».

  147. Sempre dalla STAMPA, inserisco un po’ di articoli interessanti. A partire da questo di Arrigo Levi.

  148. 27/1/2009

    Non ebrei tocca a voi ricordare

    ARRIGO LEVI

    E se gli italiani fossero più antisemiti oggi che al tempo del fascismo, delle leggi razziali, e della caccia agli ebrei per mandarli a morire nelle camere a gas? È il dubbio che mi pesa sull’anima, leggendo i risultati dell’inchiesta sull’antisemitismo in Italia pubblicata sul Corriere della Sera di ieri. Lo stesso Corriere è rimasto così sconcertato dai dati da minimizzarli nel titolo, che dice: «Sono antisemiti 12 italiani su 100».

    Ma non è così. Gli antisemiti che si dicono tali oggi in Italia sono il 45 per cento, suddivisi in varie categorie di «pregiudizio»: chi (il 10 per cento) per antigiudaismo religioso-culturale; chi (l’11 per cento) perché ritiene gli ebrei troppo potenti e poco patrioti; chi (il 12 per cento) perché ce l’ha con Israele e con quella scocciatura che è la Shoah. Infine, c’è un 12 per cento di antisemiti per tutte queste ragioni insieme. Si aggiunga che soltanto il 12 per cento dice di non avere pregiudizi. Mentre il 43 per cento si dichiara soltanto «indifferente» al problema. Il titolo più giusto sarebbe stato: «Non sono antisemiti 12 italiani su 100».

    Nel 1938, quando il fascismo approvò le leggi razziali, avevo 12 anni, vivevo a Modena, andavo a scuola e al circolo del tennis, ero anche, ahimè, un balilla. Ciò detto, fino ad allora noi non avevamo sofferto di pregiudizi antisemiti.

    A proposito dell’affare Dreyfus in Francia, ci era stato detto che questo non sarebbe mai potuto accadere in Italia, dove gli ebrei eroi del Risorgimento erano innumerevoli, dove c’erano stati primi ministri e ministri della guerra ebrei, ebrei la prima e l’ultima medaglia d’oro della Grande Guerra, ebreo il generale Ottolenghi, già precettore del Re. Ci dicevano con convinzione che in Italia l’antisemitismo era scomparso. Noi giovani non ne avemmo alcun segno, fino al giorno fatale delle leggi razziali. Dopo la guerra, gli otto o novemila ebrei italiani assassinati nei lager tedeschi li attribuimmo ai nazisti e ai fascisti, che giudicammo cattivi italiani. Mentre i 25 mila circa che si salvarono lo dovevano all’aiuto di buoni italiani, di quasi sconosciuti «Giusti» cristiani.

    Così ci riconciliammo presto con l’Italia repubblicana, e pensammo che dopo la Shoah l’era dell’antisemitismo fosse finita. Quando nacque lo Stato d’Israele, gli italiani ci parvero tutti o quasi tutti filo-israeliani. Rassegnarci, sessant’anni dopo, all’idea di un’Italia largamente antisemita, è così difficile da farci sembrare sbagliati quei dati. Ma sembra che siano veritieri. Neanche possiamo «consolarci» pensando che il nuovo antisemitismo si debba all’effetto, che speriamo momentaneo, della guerra di Gaza. L’effetto Shoah-Gaza riguarda solo il 12 per cento degli antisemiti italiani. Gli altri lo sono per motivi più radicati, non occasionali.

    Rimugino fra me e me questi dati, con il turbamento che si può immaginare, cercando di consolarmi col pensiero che tanti antisemiti, attorno a me, non li vedo proprio. Ma forse sono un privilegiato. Cerco spiegazioni, e non le trovo. Trovo soltanto un pensiero, un monito: state attenti, amici non ebrei, che la Shoah non ricorda una tragedia ebraica, ma una tragedia europea. Non riguarda le vittime, ma i colpevoli. Il Giorno della Memoria non è fatto per ricordare gli ebrei morti, ma i non ebrei che li hanno ammazzati. È fatto per mettervi in guardia contro le idee ignobili dei carnefici, nella speranza che queste idee siano morte. Sembra che non lo siano. Non è importante che al Giorno della Memoria partecipino gli ebrei. Noi non ne abbiamo bisogno, per ricordare. Sono i non ebrei che debbono parteciparvi, col pentimento nell’anima. Il Giorno della Memoria non è fatto per noi. È fatto per voi.

  149. Bravissima Margherita! L’articolo di Arrigo Levi mi sembra importantissimo.
    Perdona l’ignoranza: è parente di Primo Levi?

  150. Molto interessante…
    Grazie a Massimo per aver salvaguardato, in questo civile e sereno spazio di discussione, i diritti di chi non può difendersi.
    I morti, i sopravvissuti che non potranno più parlare…
    La Giornata della Memoria serve – come ricordava levi giustamente – a noi.
    Perché la follia dell’intolleranza, del pregiudizio, dell’odio non si ripetano.
    La memoria è un muscolo da tenere sempre in allenamento.

  151. Le ultime parole di Anna Frak dice
    “Sono felicie di natura mi piace la gente non sono sosprttosa e voglio vedere tutti felici e insiemi

  152. Cari si amici, si avvicina il “Giorno della memoria” che – come ogni anno – ricorre il 27 gennaio.
    Ho deciso di riproporre questo post, con gli stessi obiettivi che avevano determinato la sua pubblicazione originaria: contribuire a ricordare… a non dimenticare.

  153. Ricordo che il “giorno della memoria” è talmente importante che si è deciso di istituirlo per legge.
    Il nostro paese ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati con la legge n. 211 del 20 luglio 2000.
    L’art. 1, che evidenzia, appunto, le finalità del Giorno della Memoria) recita così:
    La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.»

  154. Per la Giornata della Memoria. L’umana partecipazione dello scrittore ebreo Giorgio Bassani per la tragica condizione di un omosessuale durante il fascismo.
    Nel febbraio del 1958 Giorgio Bassani pubblica sulla rivista “Paragone-Letteratura” il romanzo breve “Gli occhiali d’oro”, edito poi in volume presso Einaudi nello stesso anno. Successivamente stampato con varianti, “Gli occhiali d’oro” compare in versione definitiva nel “Romanzo di Ferrara”(1980). Ne “Gli occhiali d’oro” un giovane ebreo studente di lettere, nel quale è raffigurato lo scrittore stesso, racconta a posteriori la storia tragica del dottor Athos Fadigati, ambientata nella Ferrara del 1937, che registra i primi annunci delle leggi razziali.
    Otorinolaringoiatra di mezza età, Fadigati, approdato a Ferrara dalla nativa Venezia dopo la grande guerra, è il titolare di uno studio ben avviato, frequentato dalla buona società del tempo. Distinto, affabile, colto e raffinato, Fadigati, incline a frequentazioni omosessuali, finisce per fare amicizia con un gruppo di giovani universitari (la maggior parte ex pazienti del suo ambulatorio privato), che la mattina in treno lasciano Ferrara per raggiungere Bologna. Durante i viaggi bisettimanali tra Ferrara e il capoluogo emiliano, Fadigati si invaghisce del giovane Eraldo Deliliers, cinico e sfrontato compagno di studi dell’io narrante. Deliliers dapprima evita Fadigati e poi corrisponde alle sue avances, senza per questo rinunciare a scatti d’ira, aggressioni, provocazioni e insulti ai danni del dottore, dietro i quali uno studioso ha intravisto “le forme di un paradossale corteggiamento”, una omosessualità repressa. La via crucis di Fadigati inizia quando questi non riesce a tenere nascosta la sua omosessualità che da discreta diventa visibile, esponendolo alle discriminazioni.
    E così, quando il dottore preso completamente dall’amore per il suo giovane compagno dà pubblico scandalo, comparendo nell’estate del 1937 insieme al bellissimo Deliliers sulla spiaggia di Riccione, affollata di ferraresi, la falsa tolleranza dei suoi concittadini per la sua diversità, prima dissimulata, viene meno. La buona borghesia, che in precedenza, per calcolo moralistico e politico, si era mostrata comprensiva nei riguardi del dottore, permettendogli di raggiungere la “più invidiabile delle carriere”, a poco a poco gli fa perdere il rispetto e la clientela, condannandolo a una solitudine senza scampo. Assalito dai sensi di colpa, incapace di affrontare il disprezzo e l’ostracismo della società omofoba, Fadigati, dopo il vano tentativo di accettare la dignità della propria natura, si uccide gettandosi nelle acque del Po. Parallela alla storia di Fadigati, si svolge la vicenda dell’io narrante ebreo, che, quando si avvertono le prime avvisaglie delle leggi razziali, sperimenta sulla sua pelle l’intolleranza antisemita della città di Ferrara.
    La condizione di escluso all’interno della città un tempo amata e ora ostile avvicina lo studente ebreo alla persona del dottore e fa scattare nel più giovane la simpatia umana, la solidarietà della vittima del pregiudizio antiebraico per Fadigati, discriminato per la sua diversità sessuale.
    Il finale sconsolato del romanzo, con il giovane che non si riconosce nella logica del padre e dei suoi correligionari, fiduciosi che il fascismo non li avrebbe mai perseguitati davvero, e in cuor suo desideroso (come fanno presagire i suoi viaggi in treno verso Bologna alla ricerca di nuove amicizie ed esperienze) di allontanarsi fisicamente e culturalmente da un luogo chiuso e meschino, rimanda alla biografia esistenziale e politica di Bassani. Maturato (traumatizzato) dalla vicenda legata alle persecuzioni razziali, il Ferrarese, a differenza del dottor Fadigati, saprà vincere la disperazione e riscattarsi dalla sua condizione di inerzia per rinnovare la vita e poi dare materia autentica e significato alla sua opera di scrittore: “ …gli anni dal ’37 al ’43, che dedicai quasi del tutto all’attività antifascista clandestina […] furono tra i più belli e i più intensi dell’intera mia esistenza. Mi salvarono dalla disperazione a cui andarono incontro tanti ebrei italiani, mio padre compreso, col conforto che mi dettero di essere totalmente dalla parte della giustizia e della verità” […] Senza quegli anni per me fondamentali, credo che non sarei mai diventato uno scrittore”. LORENZO CATANIA

  155. Ci ho una storia per questo giorno Massimo – risale a IERI.
    ieri, viene a trovarmi mia cognata. E’ una donna che lavora sodo da sempre, anzi lavora duramente – è commessa in un negozio. Come mio marito è figlia di braccianti agricoli, solo che lei si è voluta mettere a lavorare subito, lui invece ha continuato a studiare a lungo e oggi è ricercatore confermato. Naturalmente, in questa scelta incide una cultura patriarcale – per cui sull’uomo si investe, l’uomo va protetto, l’uomo va lanciato in allto nella carriera sociale, lei basta che si sistemi. I libri tutti per lui, lei un impieguccio e via, se non trova uno abbastanza ricco che la mantenga.
    Mio marito, come sai ha sposato l’ebrea – la sorella come non sai, è francamente antisemita.
    Viene a trovarci allora ieri mattina, per salutare il suo nipotino. chiacchieriamo amabilmente, le chiedo come va al nuovo lavoro – il vecchio l’ha perso causa fallimento del negozio – e mi racconta delle sue colleghe.
    Mi spieghi – mi chiede – perchè gli ebrei sono tutti così? Stronzi, cattivi, – ah la pagano bene la mia amica! Però pretendono! dicono!
    Le chiedo, se a parte la sua amica ha mai avuto esperienza diretta di datori di lavoro ebrei – no dice lei – perchè non mi piacciono, ho sempre avuto paura.
    Non è la prima volta Massimo, e non è la prima volta che io, violando il mio carattere, non ho reagito aggressivamente. Mi sono solo mostrata molto dispiaciuta, ho vagheggiato un tentativo di spiegazione sugli stereotipi, ma lei mi parlava sopra. Non ho reagito per amore di mio marito, perchè se la attaccavo violentemente facevo qualcosa che gli procurava dolore.
    Vedete un po’ voi a che serve il giorno della memoria.

  156. Il giorno della memoria non va mai scordato (neanche negli altri 364 giorni dell’anno). Soprattutto dai non-ebrei.
    Grazie a Massimo, per ricordarcelo ogni anno.
    Io vorrei solo segnalare un libro su questo argomento, letto un paio di anni fa, che mi ha molto appassionato: Gli Scomparsi, di Daniel Mendelsohn.
    Un giovane ebreo americano alla ricerca delle tracce di quella parte della sua famiglia galiziana che non riuscì a emigrare in tempo, e di cui i suoi stessi parenti, trasferitisi in America prima che la situazione esplodesse e di cui lui è discendente, tendevano a dimenticare, come per una sorta di vergogna, di senso di colpa dei più fortunati, o di fatalismo di fronte alle forze dell’ineluttabile. O forse più semplicemente per tentare di cancellare il dolore.
    Di loro restano solo poche fotografie sbiadite dal tempo, e molti misteri sulla loro reale (e naturalmente scopriremo tragica) fine.
    La forza della memoria, della necessità di verità, di svelare e ricordare, si impone in queste pagine che consiglio a tutti di leggere, insieme al Diario di Anna Frank, a Primo Levi, e a tanti altri grandi libri che rendono dignità all’uomo di fronte al quel momentaneo trionfo dell’idiozia e della bestialità che non dobbiamo mai dimenticare, e che in ogni epoca tende sempre a ricomparire, sotto sempre nuove e diverse forme.

  157. @ Zauberei
    Cara Zauberei, intanto ti ringrazio di cuore per averci raccontato questo episodio. Hai tutta la mia solidarietà e ti abbraccio forte (e lo dico col cuore, lo sai).
    Però quello che tu mi racconti, ancora una volta, mi conferma la necessità di ricordare… perché fino a quando questo assurdo e rabbioso pregiudizio continua a serpeggiare, il rischio che la Storia possa tornare a ripetersi non è del tutto annullato.
    Ricordare, quantomeno (è la mia speranza), può servire a tenere a bada certi pregiudizi.

  158. Carissimo Carlo,
    grazie per il tuo intervento. Dici bene: “Il giorno della memoria non va mai scordato (neanche negli altri 364 giorni dell’anno). Soprattutto dai non-ebrei”.
    Grazie per averci segnalato il libro di Daniel Mendelsohn.
    Nei prossimi giorni, segnalerò altri libri in tema.

  159. Ciao a tutti. Credo sia importante questo giorno della memoria, per i motivi che sono stati detti. Sarebbe bello che in ogni classe la giornata del 27 fosse dedicata appunto alla memoria, con letture e discussioni in aula.

  160. A proposito di libri da segnalare sulla tragedia della Shoah, suggerisco la lettura del volume di Marino Ruzzenenti, “Shoah. Le colpe degli italiani”, manifestolibri, 2011. Mentre sull’antisemitismo che oggi cresce e si diffonde on line, abbozzo una spiegazione nel mio articolo “Eduardo e Bassani affinità di racconti”, apparso su “la Repubblica Napoli” del 9 novembre 2011. Lorenzo Catania

  161. Io ho letto e discusso “Se questo è un uomo” quando ero a scuola, dunque molti anni fa. Mi colpì l’affermazione che non era possibile in nessun caso superare il trauma della segregazione nel lager, e lui stesso, Primo Levi? mi chiesi, come ha fatto a superarlo? Dopo alcuni anni, Levi si suicidò: forse era stata la memoria di quanto aveva passato, troppo dolorosa da sopportare?

  162. @ Lorenzo Catania
    Caro Lorenzo, se ti va inserisci pure nell’ambito di questa discussione il tuo articolo pubblicato su “la Repubblica Napoli” del 9 novembre 2011.
    Un caro saluto.

  163. @ Pensierini
    Grazie per il tuo intervento.
    Non c’è dubbio che un’esperienza atroce come quella del campo di concentramento segna inevitabilmente per tutta la vita. Credo che quel segno, Primo Levi se lo sia portato addosso per tutta la vita… come una specie di bomba a orologeria.

  164. Accolgo volentieri l’invito di Massimo Maugeri, a cui rivolgo un caro saluto, e riporto qui di seguito il mio articolo “Eduardo e Bassani affinità di racconti”, apparso su “la Repubblica- Napoli” del 9 novembre 2011.
    Oggi in Italia l’ antisemitismo cresce e si diffonde on line, alimentandosi delle vicende legate al conflitto israelo-palestinese e della scarsa conoscenza che gli italiani hanno della storia e degli ebrei in particolare. Complice la narrazione antifascista, che scaricava su Mussolini e sui tedeschi la responsabilità delle leggi razziali e della guerra combattuta dal 10 giugno 1940 all’ 8 settembre 1943, molti ebrei e intellettuali nei primi anni successivi alla Liberazione credevano (o fingevano di credere) che la politica antiebraica avesse incontrato il rifiuto e la resistenza della popolazione italiana. La realtà era ben diversa. Il reinserimento degli ebrei nella società era spesso lento e difficoltoso e non erano pochi coloro che dovevano riconoscere come fosse pressoché impossibile ritornare alla propria vita quale era stata prima del 1938. Ciò rendeva urgente la rieducazione della gioventù per la rifondazione della comunità politica. Se era vero, infatti, che per alcuni il lungo viaggio di una generazione era approdato sui lidi dell’ antifascismo, per molti altri, educati e istruiti durante il ventennio e convinti in buona fede della validità dell’ ideologia mussoliniana, la strada era ancora lunga. «L’ Italia – scriveva il critico letterario campano Francesco Flora in un articolo apparso sul “Corriere d’ informazione” del 20 febbraio 1946 – ha bisogno di ritrovare la fede del suo avvenire e ha bisogno di educarsi alla democrazia». Lo aveva intuito bene Eduardo De Filippo, traumatizzato dalle macerie morali e materiali che il fascismo e la guerra avevano portato. Nella commedia “Napoli milionaria!” (1945), il protagonista Gennaro Jovine, ex deportato in un campo di concentramento, ricordava, alla fine della seconda guerra mondiale, il suo ritorno dall’ “altra” guerra, e osservava che allora tutti volevano sapere, tutti chiedevano. “Quann’ io turnaie ‘ a ll’ ata guerra, chi me chiammava ‘ a ccà, chi me chiammava a’ llà. Pe’ sape’ , pe’ séntere ‘ e fattarielle, gli atti eroici…Tant’ è vero ca, quann’ io nun tenevo cchiù che dìcere, me ricordo ca, pe’ m’ ‘ e llevà ‘ a tuorno, dicevo buscìe, cuntavo pure cose ca non erano succiese, o ca erano succiese all’ ati surdate…Pecché era troppa ‘ a folla, ‘ a gente ca vuleva sèntere…’ e guagliune… Ma mo’ pecché nun ne vonno séntere parla’ ?”. Perché nella Napoli del 1945, come nel resto d’ Italia, la gente non vuole sentire racconti? Eduardo De Filippo individuava la risposta nei “soldi facili”, nel consumismo incipiente, nel desiderio di dimenticare il passato scomodo e le compromissioni con il fascismo e pensare ad altro: costruire le case, cercare un lavoro, ballare, fare feste, mettere al mondo dei figli. Di qui poi la incomunicabilità dell’ esperienza dei reduci dai campi di concentramento, la loro difficoltà a incontrare persone disposte ad ascoltare il racconto degli orrori che avevano visto con i propri occhi. Viene in mente, a questo proposito, il racconto di Giorgio Bassani “Una lapide in via Mazzini” (1952), che con il testo di “Napoli milionaria!” presenta non poche affinità tematiche. Qui il protagonista della storia, l’ ebreo Geo Josz, scampato al lager di Buchenwald e ricomparso a Ferrara, unico superstite dei centottantatré membri della Comunità israelitica deportati in Germania nel 1943, quando vorrà raccontare la sua terribile esperienza, non troverà nessuno che lo voglia ascoltare. Considerato un diverso e non un uomo che soffre, gradualmente emarginato dall’ ambigua socialità dei concittadini, distratti dai primi divertimenti di massa che rivoluzionavano le abitudini della gente, Geo era il redivivo portatore di una verità che creava imbarazzo, perché non addebitava esclusivamente ai potenti e ai criminali del fascismo la responsabilità della guerra e delle leggi razziali. Come l’ ex deportato Gennaro Jovine, Geo Josz, insistendo sul dovere del ricordo, dopo che si era appena usciti dal conflitto e ognuno era desideroso di avvolgere nell’ oblìo la tragedia della guerra, veniva considerato un moralista fastidioso. Tramite l’ antieroe Geo Josz, che tornava continuamente sul suo passato e nessuno voleva ascoltare, Bassani smascherava il sotterraneo sentire dei tanti che preferivano pensare se stessi immuni da ogni colpa. Ci faceva capire che le idealità e i valori legati all’ antifascismo e alla Resistenza, svuotati di significato, si cristallizzavano in miti e stereotipi che peseranno a lungo nella vita della nostra Repubblica, che rimosse quasi subito la vergognosa vicenda delle leggi razziali. Rimozione, va sottolineato, a cui non era estranea la incomunicabilità tra il mondo degli adulti (fatto di soldati, partigiani, fascisti, antifascisti, deportati politici, ebrei reduci dai campi di sterminio) e quello dei giovani degli anni Quaranta-Cinquanta, che si percepivano come un’ entità separata rispetto ai loro padri segnati dall’ esperienza bellica.
    LORENZO CATANIA

  165. Dall’Ufficio stampa della Einaudi mi segnalano questi altri due libri, in tema con questo post. Ve li segnalo di seguito.
    Il primo è il seguente…

    Mirjam Pressler

    I FRANK

    La storia della famiglia di Anne Frank

    Traduzione di Palma Severi.


    Una donna di novantatre anni muore lasciando una soffitta piena di ricordi e memorie. E se quella donna è Helene Frank, sorella di Otto Frank padre di Anne, il valore di quelle memorie diventa inestimabile, perché, se la drammatica storia della giovane autrice del Diario è nota a tutti, quella della sua famiglia colta e cosmopolita lo è meno. Oltre seimila documenti tra fotografie, cartoline, disegni, poesie e lettere, tra cui quelle che Otto spedí dall’orrore di Auschwitz, sono sopravvissuti miracolosamente al turbolento XX secolo e hanno permesso a Mirjam Pressler di ricostruire trecento anni di vita della famiglia di Anne Frank, restituendoci un ritratto inedito e ancora piú indelebile dei Frank: gli amori, le gioie, le angosce e le speranze durante gli anni di guerra e di attese. E partendo dalla vita di Alice Frank, la madre di Otto, Mirjam Pressler ci regala anche un’immagine di Anne precedente al Diario, una bambina piena di aspettative e opportunità.

    Mirjam Pressler è nata a Darmstadt e vive a Monaco. È autrice e traduttrice. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Francoforte e ha studiato Lingue a Monaco. Negli anni Settanta inizia a scrivere letteratura per ragazzi. Ha scritto piú di trenta libri e ne ha tradotti oltre duecento in tedesco dall’olandese, dal fiammingo, dall’ebraico, dall’inglese. È la traduttrice in tedesco del Diario di Anne Frank. Tra i suoi titoli di narrativa tradotti in italiano ricordiamo Anche i vampiri sbagliano e altre storie del mondo (Il capitello, 1995), Amiche (Edizioni EL, 1996) e Cioccolata amara (Edizioni EL, 1996).

    € 17,50

    pp. 397

  166. Il secondo è il seguente…

    Mario Avagliano e Marco Palmieri

    VOCI DAL LAGER

    Diari e lettere di deportati politici italiani 1943-1945

    Le testimonianze dalle carceri, dalle
    tradotte ferroviarie e dai Lager italiani o

    del Terzo Reich per ricomporre il mosaico
    della deportazione politica attraverso le

    parole dei protagonisti.

    Nel dopoguerra gli ex deportati si trovarono

    «immersi in un dolore che rifiuta l’espressione

    narrativa, nel tentativo di rimuovere un’esperienza
    inquietante». Alla paura di non essere creduti e al

    senso di colpa per essersi salvati, si aggiungono il
    rifiuto degli editori, storici, mass media di ascoltare

    e di far conoscere quanto era accaduto nei campi
    di concentramento. Ciò ha determinato un vuoto

    di conoscenza soprattutto per quanto riguarda
    dedicata questa ricerca. Eppure, i deportati politici
    italiani furono oltre trentamila, il 90% dei quali

    non tornarono; mentre altri centomila italiani
    civili (ignari cittadini, sospettati di antifascismo,

    renitenti alla leva, detenuti comuni) furono
    precettati o rastrellati e trasferiti nel Reich dopo

    l’armistizio e utilizzati come manodopera nella
    produzione bellica. Dopo il lavoro di Gli ebrei sotto

    la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945,
    Mario Avagliano e Marco Palmieri ricollegano le

    memorie individuali per restituire un’altra pagina
    di storia italiana al pubblico dominio.

    Mario Avagliano, giornalista e storico, è membro dell’Istituto

    Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza

    (Irsifar), della Società Italiana per gli Studi di Storia

    Contemporanea (Sissco), del Comitato Scientifico dell’Istituto

    «Galante Oliva» e Direttore del Centro Studi della Resistenza

    dell’Anpi di Roma. Con Einaudi ha pubblicato: Generazione

    ribelle. Diari e lettere 1943-1945 (2006); Gli internati militari

    italiani. Diari e lettere dai lager 1943-1945 (2009); Gli ebrei

    sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945

    (2011).

    Marco Palmieri, giornalista e storico, è membro dell’Istituto

    Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza

    e della Società Italiana per gli Studi di Storia Contemporanea.

    Collabora con il Centro Studi della Resistenza dell’Anpi di

    Roma. Con Einaudi ha pubblicato: Gli internati militari italiani.

    Diari e lettere dai lager nazisti 1943-1945 (2009); Gli ebrei

    sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945.

  167. In tutta Italia il 27 gennaio – giorno della liberazione del campo-simbolo di Auschwitz – è il giorno dedicato al ricordo, con una serie di iniziative che, anche nei giorni precedenti e successivi, cercheranno di fermare la coscienza collettiva nella memoria di eventi che – come è fin troppo retorico affermare – non dovrebbero più avere luogo e che invece, purtroppo, si ripetono tutt’oggi in varie parti del mondo.

    Ogni anno affrontiamo questa giornata su Wuz presentandovi piccoli esempi tratti dalla marea di titoli che riguardano questo tema, che ricordano genitori, figli, famiglie scomparse, che fanno rivivere l’anima di mondi ormai dimenticati come gli shtetl dell’Europa dell’Est, che raccontano la banalità del Male e la dignità degli ebrei italiani, come Il giardino dei Finzi-Contini, letto in audiolibro da Marco Baliani, che sul tema abbiamo intervistato.
    http://www.wuz.it/intervista-libro/6666/marco-baliani-legge-giardino-finzi-contini-bassani-audiolibro.html

  168. “Un caso di ordinario coraggio” di Pascale Roze (Guanda, 2011)

    Nato a Varsavia nel 1904, ultimogenito di una famiglia ebraica, Yitzhok Gersztenfeld è un ragazzo tranquillo e silenzioso. Gli tocca la vita da migrante di tanti poveri: si innamora di Maryem, che vuole lasciare la Polonia; raggiunge a Berlino il fratello che ha fatto fortuna; trova lavoro nelle miniere di Bruay, si trasferisce a Parigi, forma una famiglia, insieme alla moglie apre un laboratorio di maglieria… Ma la storia bussa alla sua porta per ricordargli che è pur sempre un ebreo e che per quelli come lui non sono tempi buoni. La Seconda guerra mondiale sconvolge l’Europa, la Francia firma l’armistizio e, dopo averlo accolto, tradisce Yitzhok: nel 1941 viene internato nel campo di smistamento di Pithiviers, solo una tappa prima di Auschwitz. Senonché, la sorte gli offre un’opportunità: gli viene concesso di far visita alla moglie malata, ma se non rientrerà a Pithiviers, nessuno dei suoi compagni di reclusione otterrà più un permesso. Yitzhok non ha ancora visto il fumo nero uscire dai camini dei campi di sterminio, non sa che piega prenderà il conflitto. Di fronte alla possibilità di una fuga quale sarà la decisione di un animo retto e sincero? Un uomo qualunque di fronte a un dilemma più grande di lui, che cerca di operare la scelta più onesta, seppur dilaniato dai dubbi e senza conoscere fino in fondo le conseguenze.
    http://www.ibs.it/code/9788860885500/roze-pascale/caso-ordinario-coraggio.html

  169. “I fratelli Ashkenazi” di Israel J. Singer (Bollati Boringhieri, 2011)

    Ogni giorno che il Signore regala al creato, Reb Abraham Hirsh Ashkenazi, commerciante di stoffe e capo della comunità ebraica di Lodz, lo zucchetto in testa e una barba lunga quanto l’esilio, siede alla scrivania del suo piccolo ufficio scuro e medita sui sacri testi cercando di trarne saggezza da dispensare alle schiere di commercianti ebrei che fanno ressa alla sua porta. Poco più di uno shtetl tra i tanti nella Polonia di fine Ottocento dominata dalla Russia, Lodz pullula in quegli anni di mercanti provenienti da ogni parte dell’impero. In questo piccolo e operoso mondo, nascono i due figli di Reb Hirsh Ashkenazi, opposti nel carattere fin dalla prima infanzia: Jakob Bunin, vitale e generoso, Simcha Meyer, introverso e abile negli affari. Il turbine della vita porterà Jakob ad affermarsi con il suo talento di comunicatore, mentre Simcha, miscuglio di cupidigia e lungimiranza che tutto travolge in nome del profitto, sarà protagonista di una spregiudicata ascesa economica. Attorno a loro si svolgono i grandi eventi della Storia, le passioni e le vicende minime di una folla di personaggi uniti dalla comune spiritualità ebraica. Nelle pagine di questo imponente romanzo-fiume apparso nel 1936, Israel J. Singer seppe dare la rappresentazione di un mondo e di una civiltà che di lì a poco sarebbe stata ferocemente annientata. Introduzione di Claudio Magris.
    http://www.ibs.it/code/9788833921846/singer-israel/fratelli-ashkenazi-israel.html

  170. “Demone” di Thierry Hesse (Fazi, 2011)

    Parigi, novembre 2001. Alcuni giorni prima di uccidersi Lev Rotko racconta al figlio Pierre ciò che aveva ostinatamente tenuto nascosto per tutta la vita: il destino dei suoi genitori, Franz ed Elena, ebrei russi assassinati dai nazisti, e la sua fuga dall’Unione Sovietica nel 1953. Da questo momento l’esistenza di Pierre cambia, sconvolta da una penetrante brama di verità che lo spinge a ripercorrere la vita dei nonni e che gli chiede incessante: -Quali sono stati gli ultimi pensieri di Franz e di Elena?”. Una rivelazione, dunque, che ha la portata di una deflagrazione: la guerra, che conosce così bene per averne scritto come inviato dai fronti più infuocati, questa volta si spinge fin dentro la sua vita intima, privata. E il demone che lo muove è tanto potente da rendergli necessario vivere un’esperienza analoga, per cui decide di recarsi in Cecenia, per scrivere un reportage. Un luogo che si rivela tragicamente perfetto per la dimensione drammatica che rappresenta. Attraverso un racconto dal respiro epico scorrono davanti ai nostri occhi la vita quotidiana in URSS, i massacri degli ebrei dell’Ucraina, la morte di Stalin, il terrorismo visto dalla prospettiva dei potenti e degli umili, l’attentato al teatro Dubrovka di Mosca. Mettendo in scena decine di personaggi, di luoghi, di epoche, Thierry Hesse trasforma la nostra attualità in Storia e la Storia in romanzo, sulla scia dei più grandi scrittori del Novecento.
    http://www.ibs.it/code/9788864111872/hesse-thierry/demone-thierry-hesse.html

  171. Auschwitz. Ero il numero 220543! di Denis Avey (Newton Compton, 2011)

    Nel 1944 Denis Avey, un soldato britannico che stava combattendo nel Nord Africa, viene catturato dai tedeschi e spedito in un campo di lavoro per prigionieri. Durante il giorno si trova a lavorare insieme ai detenuti del campo vicino chiamato Auschwitz. Inorridito dai racconti che ascolta, Denis è determinato a scoprire qualcosa in più. Così trova il modo di fare uno scambio di persone: consegna la sua uniforme inglese a un prigioniero di Auschwitz e si fa passare per lui. Uno scambio che significa nuova vita per il prigioniero mentre per Denis segna l’ingresso nell’orrore, ma gli concede anche la possibilità di raccogliere testimonianze su ciò che accade nel lager. Quando milioni di persone avrebbero dato qualsiasi cosa per uscirne, lui, coraggiosamente, vi fece ingresso, per testimoniare un giorno la verità. La storia è stata resa pubblica per la prima volta da un giornalista della BBC, Rob Broomby, nel novembre 2009. Grazie a lui Denis ha potuto incontrare la sorella del giovane ebreo che salvò dal campo. Nel marzo del 2010, con una cerimonia presso la residenza del Primo ministro del Regno Unito, è stato insignito della medaglia come “eroe dell’Olocausto”.
    http://www.ibs.it/code/9788854131958/avey-denis-broomby-rob/auschwitz-ero-il-numero.html

  172. “Un amore assoluto” di Johanna Adorján (Cairo, 2011)

    Questa è la storia di un uomo e una donna che si sono amati per tutta la vita, sono invecchiati insieme e insieme hanno deciso di morire. Una domenica d’autunno del 1991, marito e moglie vanno incontro alla fine tenendosi per mano, scrivendo l’epilogo appropriato di un amore assoluto. Istvàn, affermato ortopedico ormai in pensione, mite e trasognato musicofilo, va spegnendosi giorno dopo giorno per una subdola malattia. Vera, moglie provvida e decisa, di innata eleganza e di maniere brusche e dirette, apparecchia la loro fine senza alcun cedimento all’autocommiserazione: tira a lucido la casa, pota le rose per l’inverno, porta il cane dalla vicina, sceglie con cura la camicia da notte di pizzo con cui farsi trovare, e non si astiene dalle usuali, benevole scaramucce coniugali. Agisce con la solennità, il puntiglio e la calma di un gran maestro di cerimonie. Perché Vera e Istvàn, ebrei ungheresi scampati alla Shoah, quindi emigrati rocambolescamente in Danimarca dopo i fatti del ’56, sono vincolati da un antico patto. Il patto di morire insieme. Ed ecco che in un atto di amore postumo, la nipote Johanna si tuffa anima e corpo nell’impresa struggente di ricostruire passo passo, con empatia quasi da medium, le ultime ore della loro esistenza. Un’operazione da funambolo, sul sottile crinale che separa affetto, nostalgia, ammirazione e rabbia per un abbandono patito come ingiusto. Come può scegliere di togliersi la vita chi ha superato esperienze simili? Come può non pensare ai figli?
    http://www.ibs.it/code/9788860524058/adorj-aacute-n-johanna/amore-assoluto.html

  173. “Controfigure” di Jadwiga Maurer (Giuntina, 2011)

    La letteratura sulla seconda guerra mondiale annovera migliaia di titoli. Relativamente pochi sono però i testi che si occupano del ritorno degli ebrei nella società civile e del loro rapporto con gli altri sopravvissuti e con la patria, una patria che spesso ha contribuito alla loro persecuzione. È in questa cerchia di problematiche che Jadwiga Maurer ci conduce con i suoi racconti: dalla Cracovia occupata dai nazisti alla Germania del boom economico, all’atmosfera ovattata dei campus statunitensi. Il suo passo è sempre leggero, la sua prosa ha una cadenza semplice e parlata, improvvisamente illuminata da riflessioni filosofiche e da immagini poetiche.
    http://www.ibs.it/code/9788880574248/maurer-jadwiga/controfigure-jadwiga-maurer.html

  174. La sorella di Freud di Goce Smilevski (Guanda, 2011)

    Nella Vienna occupata dai nazisti, a Sigmund Freud è concesso il privilegio di fuggire all’estero, portando con sé i propri cari. Nella lista composta dal fondatore della psicoanalisi entrano la moglie, i figli, la cognata, le due assistenti, il medico personale con la famiglia e perfino il cane, ma non le quattro anziane sorelle, Marie, Rosa, Pauline e Adolfine. È la voce di quest’ultima, deportata nel campo di concentramento di Terezin, a rievocare con doloroso rimpianto il rapporto privilegiato col fratello, da un’infanzia vissuta in simbiosi, in cui Sigmund era il mentore che la guidava alla scoperta del mondo, fino all’inevitabile, ma non per questo meno amaro, allontanamento nell’età adulta e all’ombra tragica del distacco finale. Ne esce un ritratto inedito della Vienna cosmopolita a cavallo tra Ottocento e Novecento, descritta dal punto di vista di una donna che non avendo marito né figli non può ambire ad altro ruolo che quello di figlia e sorella. Figlia di una madre che non perde occasione di farle sentire tutto il peso della sua inutilità; sorella di un genio totalmente assorto nella costruzione del proprio mito di nuovo profeta, destinato a liberare l’umanità dalle false credenze di cui si è nutrita per secoli. Una donna in fuga da una vita già scritta e mai pienamente vissuta, tra gelidi rapporti famigliari, un amore tragico e il sogno irrealizzato della maternità, rassegnata a trovare pace solo nel rassicurante oblio di una follia autoimposta.
    http://www.ibs.it/code/9788860885241/smilevski-goce/sorella-freud-goce.html

  175. Rileggendo alcuni scambi di “opinioni” dell’anno scorso oggi sono ancora più persuasa dell’utilità e dell’importanza del ricordo di quanto accaduto, certamente caro Massimo, posso dire che la funzione etica del giorno della memoria è primaria affinché possa rappresentare una bussola per ogni essere umano che voglia rispettare la dignità dell’individuo sempre e comunque.

    José Zalaquett:

    “La verità non riporta alla vita i morti,
    ma li libera dal silenzio”

  176. Il 27 gennaio, Giorno della memoria delle vittime della Shoah e delle persecuzioni nazifasciste, Mursia mette on line sul proprio sito http://www.mursia.com i i nomi e i dati anagrafici di 23.826 italiani (22.204 uomini e 1.514 donne) che furono deportati nei lager nazisti per motivi politici. Di questi 10.129 non tornarono.

    I nomi sono contenuti nel primo volume (in tre tomi) de IL LIBRO DEI DEPORTATI (Mursia, pag. 2554, euro 120 euro) risultato di una ricerca promossa dall’Aned, Associazione Nazionale Ex Deportati, diretta da Nicola Tranfaglia e Brunello Mantelli e svolta dai ricercatori del Dipartimento di Storia dell’Università di Torino (Francesco Cassata, Giovanna D’Amico, Giovanni Villari) che hanno lavorato sugli archivi ufficiali dei campi di concentramento, dei ministeri dell’Interno di Austria e Germania e della Croce Rossa incrociando le informazioni con gli elenchi dei deportati che in questi decenni sono stati ricostruiti e conservati sia da singoli deportati e dalle loro associazioni, sia da istituti storici locali.

    Antifascisti della prima ora, partigiani, prigionieri di guerra ma anche criminali abituali detenuti nelle carceri italiane e consegnati dalla Repubblica di Salò ai tedeschi, asociali, politici ebrei, lavoratori civili emigrati in Germania, cattolici: per ciascuna di queste categorie nei campi di sterminio c’era una sigla di identificazione. 11.432 furono designati come ‘Schutzhaftling’ (deportati per motivi di sicurezza), 3.723 come ‘Politisch’ (in buona parte già presenti nel Casellario politico centrale dell’Italia fascista), 801 erano AZR, abbreviazione di “Arbeitszwang Reich”, ovvero ‘asociali’, categoria di solito attribuita ai criminali comuni e in alcuni casi a soldati imprigionati dopo l’8 settembre. KGF, “Kriegsgefangene” erano i prigionieri di guerra; BV, “Berufsverbrecher”, criminali comuni; altri ZA, “Zivilarbeit”, lavoratori civili; “Geistlicher”, religiosi; “Pol Jude” o “Schutz Jude” erano gli ebrei considerati anche oppositori politici.

    Diversa la classificazione ma uguale il destino: schiavi del Terzo Reich, manodopera per le esigenze della macchina bellica di Hitler. Le morti furono, sul totale, 10.129, una percentuale vicina al 50%, che arrivò al 55% nel lager di Mauthausen. Fu tuttavia Dachau, con 9.311 persone, il luogo con il maggior numero di deportati politici; a seguire, Mauthausen con 6.615, Buchenwald con 2.123, Flossenburg con 1.798, Auschwitz con 847 e via via gli altri campi. Dall’incrocio dei dati, balza evidente il fatto che oltre il 25% dei deportati fu catturato in operazioni di rastrellamento: in 716 di queste – di cui si conosce la composizione dei reparti – ben 224 (il 31,3%) furono condotte unità militari o di polizia di Salò.

    Il libro sui deportati politici – nato dalla volontà di due ex deportati, Bruno Vasari, sopravvissuto a Mauthausen e per anni presidente dell’Aned di Torino, che ha ideato il progetto di ricerca e da Italo Tibaldi che come responsabile della “Sezione ricerche” dell’Aned ha promosso il censimento dei deportati e la predisposizione del primo archivio – prosegue il lavoro che Mursia ha iniziato con IL LIBRO DELLA MEMORIA di Liliana Picciotto del Cdec, Centro di documentazione ebraica contemporanea, l’elenco con dati biografici di 8000 ebrei deportati dall’Italia e dal Dodecaneso. I nomi degli ebrei italiani vittime della Shoah sono da oggi on line sul sito http://www.inomidellashoah.it promosso dal Cdec.

  177. Shoah, la giornata della memoria – da Repubblica.it

    “Stroncare rigurgiti di antisemitismo”
    Il messaggio del presidente del Consiglio Monti apre la cerimonia istituzionale: “Momento molto delicato per Italia ed Europa, xenofobia e intolleranza non intacchino i nostri valori fondanti”. Napolitano: “Ricordare, miglior antidoto contro negazionismo, intolleranza e violenza”

    http://www.repubblica.it/cronaca/2012/01/27/news/monti_shoah_vigilare_contro_antisemitismo-28844427/

  178. La memoria non la perdono ne’ le vittime ne’ i carnefici. Se la perdiamo noi vi saranno altre vittime, altri carnefici.

  179. Purtroppo l’antisemitismo continua a serpeggiare. Bisogna ricordarsi di non dimenticare 365 giorni l’anno.
    Benvenga, comunque, il giorno della memoria.

  180. Carissimo,

    ti mando un pezzo sul giorno della Memoria e l’antisemitismo, ovviamente confutato…

  181. Il giorno della memoria e l’antisemitismo (di Gianni Ghiselli)

    Ho trovato una interessante spiegazione dell’antisemitismo in un bel libro di George Steiner, “Nel castello di Barbablù Note per la riedifinizione della cultura”. E’ una raccolta di conferenze in memoria di T. S. Eliot, tenute nel 1970, pubblicate in inglese nel 1971, e ripubblicate da Garzanti, tradotte in italiano, nel 2011. La seconda conferenza, “Una stagione all’inferno”, tratta dell’Olocausto e di altri orrori del Novecento.

    Prima di occuparcene però diamo un’occhiata ad alcune espressioni antiche dell’antipatia e dell’odio contro gli ebrei.

    La Giudea viene descritta da Tacito, in un celebre excursus delle Historiae, come una regione corrotta abitata da gente corrotta: “Moyses quo sibi in posterum gentem firmaret, novos ritus contrariosque ceteris mortalibus indidit. Profana illic omnia quae apud nos sacra, rursum concessa apud illos quae nobis incesta” (Historiae, V, 4), Mosè, per tenere legato a sé il popolo nell’avvenire, introdusse riti inauditi e contrastanti con quelli degli altri mortali. Empio è là tutto quanto da noi è sacro e, viceversa, lecito tutto quanto da noi è impuro.

    Tacito ricorda alcune usanze e riti giudaici giustificati dalla loro antica tradizione, come il panis Iudaicus nullo fermento, il pane azzimo, il riposo del settimo giorno e del settimo anno, dedicato alla pigrizia (ignaviae datum). Quindi aggiunge: “cetera instituta, sinistra, foeda, pravitate valuere” (V, 5), altre costumanze, sinistre, ripugnanti, si affermarono per la depravazione. I Giudei sarebbero solidali tra loro, sed adversus omnis alios ostile odium, ma nutrirebbero un odio da popolo nemico nei confronti di tutti gli altri. Per distinguersi da tutti gli altri e riconoscersi tra loro, si circoncidono.

  182. Nel testo non mancano le contraddizioni, come sempre quando si hanno pregiudizi e si fa propaganda. Questo popolo, oltre disprezzare gli dèi, non ama la patria, né i genitori, né i figli, né i fratelli. Tuttavia, per accrescere il proprio numero non sopprimono la prole. In conclusione di capitolo, lo storiografo latino respinge l’analogia che si è voluta trovare tra il padre Libero-Dioniso e il dio venerato dai Giudei: “Quippe Liber festos laetosque ritus posuit, Iudaerom mos absurdus sordidusque” (Historiae, V, 5), Libero infatti ha istituito riti festosi e lieti, mentre il costume dei Giudei è assurdo e squallido.

    La stessa terra di questa gente presenta aspetti sinistri: il Mar Morto e il territorio circostante sembra corrispondere al carattere malsano e alla cultura degenerata di questa gente. Tacito descrive un lago grande quanto un mare ma sapore corruptior ( Historiae, V, 6), molto guasto al sapore, e portatore di peste agli abitanti con la pesantezza del puzzo. Non c’è vita in quel sudiciume quasi solido dove le cose gettate non vanno a fondo, e nemmeno gli uomini, anche se non sanno nuotare: periti imperitique nandi perinde attolluntur. Vicino a quest’acqua orrenda ci sono campi ora desolati, ma una volta popolosi con grandi città che si dice, fulminum ictu arsisse (V, 7), bruciarono colpite dal fulmine

    Nella Genesi (19, 24) si legge di due città bruciate dall’ira divina. Nemmeno dieci giusti vi abitavano: “ Il signore fece piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco”. Gli abitanti di Sodoma volevano abusare dei due angeli ospiti di Lot. Una storia che ha avuto larga risonanza nella letteratura europea.

    Proust premette queste parole al IV volume della sua Ricerca: “ Prima apparizione degli uomini-donne, discendenti da quegli abitanti di Sodoma che furono risparmiati dal fuoco celeste”1.

  183. Di queste città distrutte ictu fulminum resta qualche traccia ma la terra stessa, dall’aspetto bruciato, ha perduto la forza di produrre frutti: “terramque ipsam, specie torridam, vim frugiferam perdidisse” (V, 7).

    Tutto quello che viene alla luce spontaneamente ( cuncta sponte edita) o è seminato ( manu sata), atra et inania velut in cinerem vanescunt, divenuto nero e vuoto, svanisce come in cenere. Il fuoco celeste (ignis calestis), commenta Tacito, può esserci anche stato, ma è a causa del cielo e del suolo ugualmente guasti che imputridiscono i frutti delle messi e dell’autunno: “eoque fetus segetum et autumni putrescere reor, solo caeloque iuxta gravi”.

    Il determinismo geografico presente nella letteratura antica trova delle corrispondenze tra il clima, il suolo e le forme dell’esperienza umana.

    Il nesso tra l’ empietà della gente e la sterilità della terra si trova accennato anche nel Satyricon ” quia nos religiosi non sumus, agri iacent” (44, 18), poiché non abbiamo religione, i campi sono abbandonati.

    Tacito procede facendo la storia di questo popolo e aggiungendo altre maledizioni: sotto gli Assiri, i Medi e i Persiani furono despectissima pars servientium (V, 8), i più disprezzati tra gli assoggettati, dopo Alessandro Magno, il re Antioco2 tentò di sradicare3 il loro fanatismo et mores Graecorum dare, e dare loro dei costumi greci. Ma quella taeterrima gens, quella razza davvero ripugnante non poté essere emendata a causa della guerra dei Parti. In seguito i Giudei si diedero dei re che si dedicarono a distruzioni di città, stragi di fratelli, spose, genitori mentre favorivano la superstizione. Le Storie di Tacito proseguono con la sottomissione dei Giudei da parte di Pompeo (63 a. C.), poi la rivolta sotto Vespasiano e la repressione dei Flavi.

  184. Il racconto si interrompe con l’assedio di Tito a Gerusalemme che poi si concluse con centinaia di migliaia di Ebrei uccisi. Tacito però fa in tempo a ricordare che il popolo giudaico, gens superstitioni obnoxia, religionibus adversa (V, 13), soggetta alla superstizione, contraria alla religione, considera empio scongiurare i prodigi con sacrifici e preghiere (neque hostiis neque votis piare fas habet).

    C’è un rovesciamento fazioso, malevolo nei confronti degli Ebrei, dei termini religio e superstitio. E’ la forte cultura di questo popolo restio a farsi assimilare, incapace di di “tener l’occhio fisso ai calzari dei Romani che sono al di sopra del capo”, come consiglia Plutarco ai Greci4 che suscita tanta incomprensione e tanto odio.

    Il luogo comune tuttora vigente tra gli imbecilli è che gli Ebrei sono stati odiati in quanto usurai e accumulatori di ricchezza.

    Ebbene, il biografo greco, il sacerdote delfico, utilizzato da Shakespeare a piene mani, adorato da Alfieri, celebrato da Foscolo, da Nietzsche e da chissà quanti altri come maestro di vita eroica, Plutarco insomma, aggiunge che quello che conta è il benessere economico e “ai popoli tocca tanta libertà quanta ne concedono i dominatori”5.

    I Romani della prima età imperiale tendevano ad assimilare i Cristiani agli Ebrei. Il cristianesimo viene considerato una religione depravata dagli autori tradizionalisti.

  185. Tacito nella sua opera più matura, gli Annales, nel raccontare i fatti dell’anno 64 d. C. con l’incendio di Roma, definisce il cristianesimo una exitiabilis superstitio (rovinosa superstizione) la quale, dopo essere stata repressa, “ rursum erumpebat, non modo per Iudaeam, originem eius mali, sed per urbem etiam quo cuncta undĭque atrocia aut pudenda confluunt celebranturque” (Annales, XV, 44), di nuovo dilagava, non solo per la Giudea, terra d’origine di quel male, ma anche a Roma dove tutte le atrocità e le vergogne confluiscono da ogni parte e si divulgano.

    I Cristiani quindi vennero accusati dell’incendio e processati. Correva voce che l’incendio fosse stato ordinato da Nerone. Allora l’imperatore, per troncare quelle voci (abolendo rumori), fece passare per colpevoli e torturare quelli che il volgo chiamava Cristiani, per flagitia invisos, odiati per le loro nefandezze.

    “ Auctor nominis eius Christus Tiberio imperitante per procuratorem Pontium Pilatum supplicio adfectus erat ”, Il fondatore della setta Cristo, sotto il regno di Tiberio era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato.Gli accusati in parte confessarono, quindi denunziarono altri i quali vennero dimostrati colpevoli “haud proinde in crimine incendii quam odio humani generis”6, non tanto del crimine dell’incendio quanto di odio del genere umano.

    Infine ricordo Svetonio, che fu segretario dell’imperatore Adriano e scrisse le biografie dei Cesari, da Giulio Cesare a Domiziano. Nella Vita di Claudio il biografo confonde i Cristiani, sobillati da Cristo, con i Giudei e racconta che già Claudio li aveva cacciati da Roma dove tirbavano l’ordine istigati da “Cresto” : “Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Romā expŭlit ( 25).

  186. Tralascio gli antisemitismi recenti per riassumere e commentare l’interpretazione di Steiner. Gli Ebrei sono visti come gli inventori e gli iniziatori di visioni del mondo, di ideali troppo duri e scomodi per i popoli dell’Europa occidentale, insomma per noi. Il primo vulnus inferto all’Europa pagana fu quello del monoteismo. Steiner cita Nietzsche: “ Nel politeismo consisteva la libertà dello spirito umano, la sua poliedricità creativa. La dottrina di una singola divinità…è “il più mostruoso di tutti gli errori unani” (“die ungeheuerlichste aller menschlichen Verirrungen”)”7.

    Il politeismo è stato rimpianto anche da altri autori. Sentiamo, per esempio, Vittorio Alfieri: “Nel trattato Della tirannide (del 1777) l’Astigiano distingue la religione cristiana dalla pagana rilevando l’incompatibilità della prima con la libertà: “La religion pagana, col suo moltiplicare sterminatamente gli dèi, e col fare del cielo quasi una repubblica, e sottomettere Giove stesso alle leggi del fato8, e ad altri usi e privilegi della corte celeste, dovea essere, e fu infatti, assai favorevole al vivere libero…La cristiana religione, che è quella di quasi tutta la Europa, non è per se stessa favorevole al viver libero: ma la cattolica religione riesce incompatibile quasi col viver libero…Ed in fatti, nella pagana antichità, i Giovi, gli Apollini, le Sibille, gli Oracoli, a gara tutti comandavano ai diversi popoli e l’amor della patria e la libertà. Ma la religion cristiana, nata in popolo non libero, non guerriero, non illuminato e già intieramente soggiogato dai sacerdoti, non comanda se non la cieca obbedienza; non nomina né pure mai la libertà; ed il tiranno (o sacerdote o laico sia egli) interamente assimila a Dio” (I, 8).

    Anche qui l’obiettivo polemico è il popolo ebraico, origine della malattia monoteistica, come si vede.

  187. Steiner mette anche in rilievo il fatto che Freud cercò di scagionare gli Ebrei dalla “colpa” del monoteismo : “In una delle sue ultime opere, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, Freud attribuì questo “errore” a un principe e veggente egiziano del casato disperso degli Ikhnaton. Molti si sono chiesti perché abbia cercato di togliere dalle spalle del suo popolo quel supremo fardello di gloria… Quando, durante i primi anni di regime nazista, Freud cercava di scaricare su spalle egiziane la responsabilità dell’ “invenzione” di Dio, stava facendo, pur forse senza averne piena coscienza, una disperata mossa propiziatoria, sacrificale. Stava tentando di strappare il parafulmine dalle mani degli ebrei. Troppo tardi. La lebbra della scelta di Dio-ma chi aveva scelto chi?-era troppo visibile su di loro”9.

    Freud pensa che la religione monoteistica fu portata agli Ebrei da Mosé, un Egiziano seguace della religione voluta da Amenofi IV, che era “salito al trono intorno al 1375 a. C.”10 e adorava “il sole (Atòn) non come oggetto materiale ma come simbolo di un essere divino la cui energia si manifestava appunto nei raggi”11 solari. Il faraone eretico si cambiò il nome in Ekhanatòn cancellando la presenza del dio Amòn dalla propria persona e da tutte le iscrizioni.

  188. “Si trattava di un rigoroso monoteismo, il primo tentativo del genere nella storia mondiale, per quanto ne possiamo sapere; e con la fede in un unico dio nacque inevitabilmente l’intolleranza religiosa, sconosciuta all’antichità prima di allora e per molto tempo dopo. Ma il regno di Amenofi durò solo diciassette anni; subito dopo la sua morte, avvenuta nel 1358, la nuova religione fu spazzata via, e la memoria del re eretico proscritta…Vorrei adesso arrischiare una conclusione: se Mosè fu Egizio e se egli trasmise agli Ebrei la propria religione, questa fu la religione di Ekhanatòn, la religione di Atòn”12. Freud cerca di avallare questa tesi con vari indizi : entrambe le religioni “sono forme di rigido monoteismo”; inoltre “l’assenza nella religione ebraica di una dottrina concernente l’aldilà e la vita ultraterrena, che pure, sarebbe stata compatibile col più rigoroso monoteismo” corrisponde al rifiuto di tale presenza anche nella religione di Ekhnatòn il quale “aveva bisogno di combattere la religione popolare nella quale il dio dei morti Osiride aveva forse una parte maggiore di quella di ogni altro dio del mondo superiore”. Terzo indizio: Mosè introdusse presso gli Ebrei “la consuetudine della circoncisione”. Ebbene: “Erodoto, il “padre della storia”, ci informa che la consuetudine della circoncisione era da lungo tempo familiare in Egitto”13. Dunque Mosè “non era ebreo ma egizio, e allora la religione mosaica fu probabilmente una religione egizia” 14.

  189. Freud però non riuscì a deviare la malevolenza antiebraica dovuta al loro rigoroso monoteismo. Del resto anche la sua psicanalisi ha trovato una forte resistenza nella mentalità perbenistica borghese.

    Ma sentiamo ancora Steiner: “Uccidendo gli ebrei, la cultura occidentale avrebbe sradicato quelli che avevano “inventato” Dio…L’Olocausto è un riflesso, ancor più completo in quanto lungamente inibito, della coscienza sensoriale naturale, degli istintivi bisogni politeistici e animistici”15. Al rigido monoteismo di Mosè si è poi aggiunto il cristianesimo che nella sua fase nascente proponeva ideali e prescriveva regole sostanzialmente impraticabili dai più, deboli e tutt’altro che buoni. Vero è che poi il cristianesimo, e il cattolicesimo in particolare, ha recuperato non pochi aspetti del politeismo e di quel grande apparato di potere che fu l’impero romano. “Le chiese cristiane sono sempre state, tranne rarissime eccezioni, un ibrido di ideali monoteistici e di pratiche politeistiche…Il Dio unico e inimmaginabile-a rigore, “inconcepibile”-del Decalogo non ha nulla a che fare con il pantheon triplice delle chiese, ampiamente tradotto in immagini”16.

  190. Ma i Vangeli rimangono, e questi raccomandano la povertà e l’amore del nemico. In quale modo possono accettare questo gli uomini, fragili e corrotti come per lo più sono ? Gli imitatori di Cristo, quale Francesco di Assisi, sono stati e sono pochi

    La maggior parte dei sedicenti cristiani sono tartufi, falsi devoti i quali vivono una vita che è l’antitesi di quella predicata da Cristo. Si pensi a tanti dei nostri politici che si professano cristiani.

    Ultimo schiaffo all’Europa occidentale: l’ideale marxista. “ Il terzo confronto tra l’esigente utopia e i ritmi ordinari della vita occidentale coincide con l’avvento del socialismo messianico. Anche quando si proclama ateo, il socialismo di Marx, di Trockij, di Ernst Bloch discende direttamente dall’escatologia messianica. Nulla è più religioso, nulla si avvicina al sacro furore di giustizia dei profeti, più della visione socialista che contempla la distruzione della Gomorra borghese e la creazione per l’uomo di una città nuova e pura…Monoteismo del Sinai, cristianesimo primitivo, socialismo messianico: sono i tre momenti supremi in cui la cultura occidentale viene posta di fronte a quello che Ibsen chiamava “pretese dell’ideale”…Tre volte la sua eco si diffuse, e ogni volta dallo stesso centro storico. (Alcuni politologi calcolano che la percentuale degli ebrei coinvolti nello sviluppo ideologico del socialismo messianico e del comunismo si aggiri sull’80 per cento). Tre volte il giudaismo lanciò un appello alla perfezione e cercò di imporlo al corso normale della vita occidentale. Una profonda avversione si radicò nel subconscio sociale, presero forma rancori omicidi…Il gemocidio…fu un tentativo di livellare il futuro o, più precisamente, di rendere la storia commisurata alla naturale barbarie, al torpore intellettuale e agli istinti materiali dell’uomo non evoluto” 17. Ebbene, per fortuna, il genocidio, quello fisico dei nazisti e quello culturale di tempi più recenti, non ha annientato del tutto gli uomini evoluti, colti e morali che capiscono l’altezza degli ideali proposti dagli Ebrei e ammirano la spiritualità ebraica. Vivere nel peccato della barbarie significa vivere contro lo spirito. Gli antisemiti sono ottusi refrattari alla ricettività nei confronti dello spirito, umano e divino. La religiosità e l’umanesimo degli Ebrei sono aspetti dell’intelligenza: l’ intelligenza dell’uomo e di Dio.

    1 Sodoma e Gomorra, p. 5.

    2 IV Epifane, 175-163 a. C.

    3 Con violenza e distruzioni sulle quali Tacito sorvola.

    4 Consigli politici, 813E

    5 Consigli politici, 824 C.

    6 Tacito, Annales, XV, 44.

    7 G. Steiner Nel castello di Barbablù Note per la riedifinizione della cultura, p. 39.

    8 Il predominio del fato non risparmia nessuno: il Prometeo di Eschilo, afferma consolandosi del suo martirio, che nemmeno Zeus “potrebbe in alcun modo sfuggire alla parte che gli ha dato il destino (th;n peprwmevnhn)”(Prometeo incatenato, v. 518). Ndr.

    9 Gerorge Steiner, Nel castello di Barbablù, p. 41

    10 S. Freud, L’uomo Mosè e la religione monoteistica, , secondo saggio (del 1937) p. 349. Il terzo saggio è del 1938. E’ l’ultimo libro di Freud, insieme con il Compendio di psicoanalisi , anche questo uscito nel 1938, del resto incompiuto.

    11 S. Freud, Op. cit., p. 350.

    12 S. Freud, Op. cit., secondo saggio, p. 353.

    13 Nelle Storie leggiamo che “Colchi, Egiziani e Etiopi si circoncidono dal tempo più antico” (II, 104, 2). Ndr.

    14 S. Freud, Op. cit., p. 355

    15 Op. cit., p. 41.

    16 Op. cit., p. 39.

    17 Steiner, Op. cit, pp. 43 sgg.

  191. Pregiudizi antisemiti nella cultura liberale italiana
    Attilio Momigliano (Ceva 1883-Firenze 1952) nato da genitori ebrei praticanti, compie gli studi universitari a Torino, dove si laurea nel 1905 con una tesi su “L’indole e il riso di Luigi Pulci” che pubblicherà nel 1907. Dopo il consueto pellegrinaggio negli istituti medi della Penisola, Momigliano a partire dal 1920 insegna letteratura italiana nelle università di Catania, Pisa e Firenze. Qui, in seguito alle leggi razziali del 1938, viene allontanato dalla cattedra ed estromesso dal ruolo di elzevirista del “Corriere della Sera”. A ricoprire la cattedra appartenuta a Momigliano, il ministro dell’Educazione nazionale Giuseppe Bottai, dopo il rifiuto opposto dallo scrittore Massimo Bontempelli e un’offerta a Luigi Russo – che allo storico Adolfo Omodeo comunicò “la repugnanza della cosa” -, chiama, per meriti eccezionali e con procedura irregolare, Giuseppe De Robertis, ex collaboratore e poi direttore della rivista “La Voce”, polemico nei confronti della critica estetica del Piemontese. Momigliano, ferito, cerca di reagire all’inattività forzata, all’emarginazione e alla solitudine, prestando la sua opera con lo pseudonimo di Giorgio Flores e lavorando sodo, come attestano i suoi commenti alla “Commedia” e alla “Gerusalemme Liberata”, apparsi nell’immediato dopoguerra. Intanto la soppressione di una sua antologia scolastica, che ha fatto registrare buone vendite, scatena la concorrenza di vari editori famelici, pronti a sfruttare le disgrazie altrui. Dopo la fine della guerra, la cattedra di letteratura italiana sottratta in maniera illegittima a Momigliano viene sdoppiata, perché non si ha il coraggio né di annullare né di confermare le nomine fatte sotto il fascismo “per chiara fama”. Sollecitato dalla vicenda umiliante di Momigliano, che dopo la persecuzione razzista rischia di essere reintegrato nel ruolo come professore soprannumerario, in data 30 marzo 1947, il critico letterario siciliano Luigi Russo scrive con alcuni amici (Concetto Marchesi, Arturo Carlo Jemolo, Manara Valgimigli e altri) “una letterina”(ora leggibile in ”Luigi Russo – Benedetto Croce, Carteggio 1912-1948”, Edizioni della Normale, Pisa, 2006) che vuole mandare al Ministro Guido Gonella, “per fare atto di solidarietà col povero Momigliano che vive isolato nella sua facoltà”. Nella lettera si afferma “che il prof. Momigliano ha diritto di reclamare per restare unico titolare della cattedra di letteratura italiana, come era quando fu chiamato dalla Facoltà di Firenze”. E si deplora “la coesistenza di due cattedre della stessa disciplina, con due titolari aspramente in rotta e con l’inferiorità di Momigliano perché ‘ebreo’. Dopo tutto la conservazione del De Robertis, accanto al Momigliano, potrebbe apparire una riaffermazione di antisemitismo”. Nel clima storico-politico dell’Italia del dopoguerra, dove la piena condanna della persecuzione razziale non è una priorità e nell’aria si respira un rinnovato antisemitismo, la lettera indignata di Luigi Russo ci fa percepire lo studioso siciliano come un ebreo d’elezione. Tanto più che qualche anno dopo sarà lo stesso Russo a richiamare l’attenzione su un affondo di Benedetto Croce nei confronti di Carlo Marx, contenuto nel saggio “La monotonia e la vacuità della storiografia comunistica”(1949), che suona come giudizio negativo sul popolo d’Israele: ”Onde io, che ho sempre ripugnato e ripugno alla dottrina naturalistica e fatalistica delle razze, non posso in questo caso astenermi dal pensare, non già propriamente al sangue, ma alle tradizioni e abiti giudaici del loro autore, e a quel che nella singolare formazione storica della gente ebraica avvertivano i Romani come il loro “adversus omnes alios hostile odium”, trasferito a odio di tutta la storia umana, antichità classica, medioevo cristiano, libertà moderna, che, invece di essere rappresentata da Omero, da Dante, da Shakespeare, da Platone, da Kant e da Hegel, viene rappresentata dallo Schiavo, dal Servo, dal Proletario. Questa loro visione si connette con ciò che Volfango Goethe nei Wanderjahre, notava degli ebrei: che essi non possono fondersi con noi, perché non riconoscono – diceva – le origini storiche della nostra civiltà, e a loro ripugna la nostra storia che non è la storia loro, informata ad una loro singolare idea di dominazione”.
    In realtà, se andiamo a leggere le pagine che Russo ha scritto su Momigliano nel volume “La critica letteraria contemporanea” (1943), ci si accorge che anche lo studioso siciliano è caduto nella trappola del luogo comune, del pregiudizio antisemita, come traspare da questo brano non soppresso nelle edizioni successive della fortunata opera: “Nel caso del Momigliano, le sue particolari origini semitiche ci possono aiutare a intendere certe attitudini ascetico-contemplative della sua mente, la solitudine fisica del suo stile, e però anche qualche tiepidezza e distanza storica della sua opera letteraria. Difetto quest’ultimo a cui egli ha cercato di rimediare non solo con una assidua disciplina di studi, ma anche affiatandosi con animo puro e di non facile e opportunistico convertito, da vile marrano (la frase ora torna di moda), alle fonti più alte della religiosità cristiana.” LORENZO CATANIA

  192. Care amiche e cari amici,
    ho rimesso in primo piano il post annuale di Letteratitudine dedicato al “Giorno della Memoria”.
    Vi invito (se ne avete la possibilità) a lasciare contributi (anche rifacendovi alle domande del post).
    Grazie mille!

  193. Credo sia sempre importante ricordare. I motivi, secondo me, sono ben spiegati nel testo della normativa.

  194. Il diario di Anna Frank e Se questo è un uomo sono libri che tutti dovrebbero leggere.
    Memoria o non memoria.

  195. Non so se è davvero utile il Giorno della Memoria. Bisognerebbe ricordare 365 giorni l’anno di certi orribili crimini contro l’umanità.
    Ma forse fissare quel giorno ha una sua valenza simbolica.

  196. Ci saranno tante iniziative e celebrazioni. E i giornali ne stanno parlando ampiamente. Mi pare un buon segno.
    Ciao.

  197. Sono assolutamente a favore dell’istituzione del Giorno della Memoria.
    La Memoria deve essere allenata, soprattutto quando le controindicazioni della dimenticanza sono inaccettabili.

  198. Caro Massimo, grazie per aver rimesso in primo piano questo post. Confermo quanto già detto in precedenza.
    Saluti a tutti gli amici di Letteratitudine.

  199. Di certo c’è molta retorica. Credo sia inevitabile in qualunque tipo di commemorazione. Ma secondo me il giorno della memoria va celebrato lo stesso. Grazie!

  200. Buongiorno!
    Rai Educational intende ricordare il Giorno della Memoria, come ogni anno, con uno speciale realizzato attraverso i filmati presi dalle Teche Rai e con un video-reportage girato direttamente nei campi di sterminio. Infatti come nel 2012, anche nel 2013, una delegazione di Rai Educational e del MIUR, è tornata nei luoghi che hanno visto lo svolgersi di uno dei più grandi stermini mai compiuti nell’umanità ad opera dell’uomo stesso.
    Un viaggio per non dimenticare, ma soprattutto per riflettere.
    Vi proponiamo di seguito alcuni servizi.

  201. Tanti eventi in programma in tutta Italia per celebrare il Giorno della Memoria, la ricorrenza internazionale del 27 gennaio per la commemorazione delle vittime del nazismo e dell’Olocausto.

    Di seguito il calendario dei principali appuntamenti in programma:

    ROMA: Sabato alle 18 al centro culturale Candiani in scena lo spettacolo “Giorno 177” di e con Marcello Serafino. Domenica alle 20.15, su iniziativa del Comune e della Comunità Ebraica, le luci del Colosseo verranno spente in segno di protesta contro il partito xenofobo ungherese Jobbik.
    QUI IL CALENDARIO COMPLETO DEGLI EVENTI ORGANIZZATI DAL COMUNE.
    http://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/Programma_Settimana_Della_Memoria_Alla_Casa_Della_Memoria_E_Della_Storia.pdf

  202. MILANO: domenica alle ore 11, in programma una cerimonia commemorativa presso il binario 21 della Stazione Centrale, luogo da cui partivano i vagoni ferrati con i deportati per Auschwitz e gli altri campi di concentramento. Prevista la partecipazione del presidente del consiglio Mario Monti e del ministro Andrea Riccardi. QUI LE INIZIATIVE DEL COMUNE DEDICATE ALLE SCUOLE.
    http://www.comune.milano.it/portale/wps/portal/!ut/p/c1/04_SB8K8xLLM9MSSzPy8xBz9CP0os_hAc8OgAE8TIwMDJ2MzAyMPIzdfHw8_Y28jQ_1wkA6zeD9_o1A3E09DQwszV0MDIzMPEyefME8DdxdjiLwBDuBooO_nkZ-bql-QnZ3m6KioCADL1TNQ/dl2/d1/L2dJQSEvUUt3QS9ZQnB3LzZfQU01UlBJNDIwT1RTMzAySEtMVEs5TTMwMDA!/?WCM_GLOBAL_CONTEXT=/wps/wcm/connect/ContentLibrary/giornale/giornale/tutte+le+notizie+new/vicesindaco+educazione+e+istruzione+rapporti+con+il+consiglio+comunale+attuazione+del+programma/giorno_memoria_iniziative_scuole

  203. TORINO: Il Museo diffuso della Resistenza dedica una mostra al critico d’arte Luigi Carluccio, visitabile dal 25 gennaio al 5 maggio. Il percorso espositivo presenta per la prima volta gli 80 disegni che il critico d’arte piemontese realizzò durante il periodo di prigionia nei campi di internamento. IL PROGRAMMA COMPLETO DEL COMUNE
    http://www.museodiffusotorino.it/focus_evento.aspx?id=960

  204. FIRENZE: parte domenica dal capoluogo toscano il treno della memoria diretto ad Auschwitz. 507 ragazzi andranno a vedere con i propri occhi i luoghi dell’olocausto. Sempre il 27 gennaio, a Palazzo Medici Riccardi, è in programma (dalle 10 alle 12 e poi dalle 15 alle 19) l’evento “Le parole e le pietre. Letture di testi delle persecuzioni naziste”. Alle 20.30, al Piccolo teatro del Comune di Firenze, si terrà la rappresentazione dello spettacolo “Janusz. Il re dei bambini”. QUI LE INIZIATIVE DEL COMUNE PER LE SCUOLE
    http://www.comune.fi.it/opencms/opencms/comune_firenze/ultime_notizie/e0264.html

  205. PALERMO: alla Biblioteca comunale in Casa Professa saranno esposti, domenica 27, oggetti di fattura ebraica che testimoniano la permanenza del popolo ebraico in Sicilia. Nel corso della mattina, inoltre, saranno letti alcuni brani del libro di Eric-Emanuel Schmitt “Il bambino di Noè”. QUI LE CELEBRAZIONI DEL COMUNE.
    http://www.comune.palermo.it/noticext.php?id=1170

  206. La programmazione TV Rai di domenica 27 gennaio:

    “La vita è bella” di Roberto Benigni in prima serata su Rai1.
    “Il canto del popolo ebraico massacrato” di e con Moni Ovadia, ore 23 su Rai Storia
    Film Rai Movie: Il Cielo Cade (7.15), Cabaret (ore 8.55), Il Generale della Rovere (14.45), Il diario di Anna Frank (17.10), La Caduta – Gli Ultimi giorni di Hitler (prima serata), Vincitori e vinti (2.05) e Good (ore 5.00).
    “Giornata Particolare” con Paolo Mieli, ore 9 Rai Storia
    “Alle falde del Kilimangiaro” (filmato su Berlino e sul museo dell’Olocausto), ore 15 su Rai Tre
    “Vento di primavera” film di Rose Bosch, in prima serata su Rai Tre
    “RES – Speciale Giorno della Memoria”, su Rai Storia ore 19.30

  207. Posto una poesia scritta qualche anno fa… un omaggio di parole a chi ha vissuto l’indicibile.

    SENZA TITOLO

    rovi
    di filo spinato
    a recintare
    campi di morte

    germoglia
    tenace
    la memoria

    Siracusa, 24/01/2006
    Per le vittime dei campi di sterminio

  208. La memoria è un dovere.
    Presto scompariranno per legge di natura i testimoni oculari, coloro che hanno vissuto sulla propria pelle, che hanno ascoltato e vissuto, sofferto e tentato di metabolizzare forse la più grande tragedia umana.
    Preciso compito di noi che abbiamo avuto in sorte di non vivere atrocità e guerra è quello di ricevere la fiamma, passare il testimone ai giovani.
    Stamattina a scuola è stato bello vedere tanti ragazzi mostrare i loro lavori sulla Shoah, commuoversi e indignarsi alle parole di Anna Frank e Primo Levi.
    Approfondire le leggi razziali con l’insegnante di diritto, capire come fu devastante lo Zyklon B che fuoriusciva dalle docce della morte – grazie a un collega di Scienze.
    Capire le forza della propaganda nazista sulla presunta superiorità della “razza ariana”, smontata dalle vittorie di Jesse Owens alle Olimpiadi di Berlino nel 1936.
    Memoria è speranza che tutto questo non si ripeta, che per una volta la storia insegni ad alunni che la ascoltano.

  209. x Massimo Maugeri
    Ho letto il suo articolo su LA SICILIA di oggi. Lo condivido in pieno. Punto per punto.

  210. Vi posto la lettera che una mia alunna ha scritto per un lavoro sulla Giornata della Memoria…
    Il 27 gennaio ha un senso se si riesce a passare il testimone della memoria alle nuove generazioni. Presto purtroppo i protagonisti degli orrori del Novecento ci lasceranno e toccherà a noi e ai nostri ragazzi dire a voce alta che tutto questo è accaduto, contro ogni negazionismo.
    La lettera è indirizzata ad Anna Frank.

    Cara Anna,
    molte volte mi capita di pensare a te, alla tua storia: alla storia di una ragazza a cui è stata rubata l’adolescenza.
    Una ragazza come tante che, a modo suo, aveva qualcosa di speciale, di unico.
    Una ragazza piena di speranze, di sogni e che amava scrivere. Era proprio questo il suo sogno: diventare una famosa scrittrice.
    Un sogno che le è stato rubato da un uomo, se così lo si può definire, Meschino. Un uomo senza vergogna che uccise più di sei milioni di persone senza un motivo ben chiaro.
    Un uomo che deportò nei campi di concentramento sei milioni di ebrei senza nessuna colpa, strappati alle proprie famiglie, ai loro lavori, ai loro sogni e soprattutto alla loro libertà.
    La Shoah deve essere sempre ricordata da tutti, me compresa, non solo il 27 gennaio, ma sempre.
    Marianna

  211. Pur essendo allora una bambina che a quei tempi non conosceva nè la parola razza, nè sterminio, nè olocausto,nè shoah, oggi mi vergogno al solo pensiero di cosa sia capace la persona umana. Cominciai a vergognarmi quaranta anni fa davanti ai forni crematori di Dackao, davanti alle vetrine dell’orrore di Auschwitz e Burkenau. A volte mi commuovo davanti agli scheletri che camminano nei vari video parchè mi fanno pensare a quanto sia grande la forza della vita se riesce a vivere negli occhi sbarrati della morte, e “Nell’altalena del respiro”, come ben descrive Herta Muller.Penso anche, che pur nella tragedia immane, a quanto sia grande il senso della “pietas” in alcune creature, capaci , mentre la città dell’uomo brucia, come Enea, di attraversare l’incendio caricandosi l’altro sulle spalle . Mi riferisco a Massimiliano Kolbe che io definisco il Santo della speranza perché il suo sacrificio mi fa credere in coloro che incontro sul mio cammino come capaci, più di me, a mettersi sulle spalle la croce dell’altro. Ed oggi specialmente, credo abbiamo bisogno di pensare che siamo persone disponibili a condividere, e di avere ricevuto il modello di testimone e la capacità di viverlo nella odierna crisi.Soltanto così, come dice Maria Luisa Riccioli,siamo testimoni veritieri del dolore per la Shoah.

  212. Mi piace quel che ha scritto Ghiselli anche se il “Dio Unico” degli Ebrei io lo lego all’affermazione di “Popolo eletto”.

  213. Un caro saluto e ringraziamenti a Angela, Ricky, Giacomo, Giusy, Loredana, lo staff di Rai Edu, Maria Lucia, Mela, Giacomo, Amelia…
    Spero di non dimenticare nessuno.
    Grazie a tutti!

  214. Caro Maugeri, la ringrazio molto per questo spazio che ha dedicato al “giorno della memoria”. Ho letto anch’io il suo articolo sulla Sicilia e lo condivido.
    L’auspicio è che la memoria permanga anche al di là del giorno di commemorazione.

  215. In Italia “ormai c’è consapevolezza dell’aberrazione introdotta dal fascismo con l’antisemitismo” e “dell’infamia delle leggi razziali del 1938”. E’ intervenuto così il presidente Napolitano oggi al Quirinale celebrando la ‘Giornata della memoria’. C’è la “necessità di tenere alta la guardia, vigilare e reagire contro persistenti e nuove insidie di negazionismo e revisionismo magari canalizzate attraverso la rete”. A due giorni di distanza dalla polemica scatenata dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi, sul fascismo, il presidente della Repubblica prende le distanze dal leader del Pdl. Lo fa con un messaggio chiaro, spiegando che su un tema così delicato non possono esserci interpretazioni ambigue. E lancia un appello a una “forte risposta dello Stato contro mostruosità antiebraiche”.

    “Ritengo di poter dire che si sono in questi anni consolidati nella coscienza democratica del nostro paese, alcuni fondamentali punti fermi. Innanzitutto, il rifiuto intransigente e totale dell’antisemitismo in ogni suo travestimento ideologico come l’antisionismo”. “Perché in gioco – ha aggiunto – non c’è solo il rispetto della religione, della cultura ebraica. Ma insieme con esso il riconoscimento delle ragioni spirituali e storiche della nascita dello Stato di Israele, e quindi del suo diritto all’esistenza e alla sicurezza”.

    Napolitano ricorda che non c’è spazio nel nostro paese per episodi di razzismo e intolleranza. “In Italia propagande aberranti – spiega – si traducono in diverse città in fatti di violenza e contestazione eversiva da parte di gruppi organizzati”. Un chiaro riferimento al gruppo di estremisti di destra che progettavano di violentare una studentessa universitaria ebrea.

    Per Napolitano “c’è da interrogarsi con sgomento sia sul circolare, tra i giovani e giovanissimi, di una miserabile paccottiglia ideologica apertamente neonazista, sia sul diffondersi di violenze di diversa matrice, da quella del fanatismo calcistico a quella del razzismo ancora una volta innanzitutto antiebraico”. Per questo il capo dello Stato bolla come “mostruosità” i progetti “che a Napoli si sarebbero ventilati di distruzione di un negozio ebreo o di aggressione e stupro di una studentessa ebrea”.

    Il presidente esprime anche “solidarietà” con la causa dello Stato di Israele contro “ogni propaganda e minaccia di distruzione, comprese quelle che vengono dalla dirigenza iraniana”. Aggiungendo infine che “giudizi critici che si esprimono liberamente nel dibattito politico e di opinione in seno a Israele non possono essere considerati ostili purché formulati con il rispetto dovuto a ogni governo legittimo di qualsiasi paese amico”.

    Fonte: la Repubblica

  216. Care amiche e cari amici, rimetto in primo piano il post “annuale” dedicato al giorno della memoria.
    Vi invito a lasciare vostri contributi.
    Buon fine settimana e grazie in anticipo a tutti!

  217. Credo che ricordare sia sempre importante.
    Non sono per nulla d’accordo con i contestatori di questa giornata.

  218. Cioè, è ovvio che non basta ricordare UN SOLO GIORNO. Ma intanto ricordiamo!!!
    Nulla ci impedisce di ricordare ciò che deve essere ricordato anche negli altri 364 giorni.

  219. 27 gennaio giornata della Memoria tra Shoah di ieri e oggi:un Convegno una Mostra e proiezioni di film - interverrà Massimo Bray ha detto:

    Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, a Napoli – in Palazzo Reale- prende il via, sotto l’alto Patrocinio della Presidenza della Repubblica, la Conferenza Internazionale su “Il Rispetto dei Diritti umani per una cittadinanza attiva”, un percorso nella disabilità tra la storia della Shoah nazista e i progetti di eutanasia neonatale dell’oggi, interverrà Massimo Bray – Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo
    La conferenza , che vede confrontarsi esperti , storici, sociologi, rappresentanti di organizzazioni sulla disabilità provenienti da diversi paesi dell’EU, è promossa da DPI Italia Onlus, con la partnership della Biblioteca Nazionale di Napoli e di varie associazioni Internazionali , nell’ambito del progetto “HABM: The Holocaust of All. Battle of Memory”, associato al ricordo dell’ Aktion T4, il programma di sterminio nazista di oltre 275.000 persone con disabilità, affinché l’orrore del passato non si ripeta. L’acceso dibattito apertosi in diversi paesi europei, in particolare in Olanda, in Belgio e in Gran Bretagna , sull’ eutanasia attiva per i neonati portatori di spina bifida o di con disabilità grave, “rendono la conferenza internazionale di estrema attualità -sottolinea Mauro Giancaspro, direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli- e invitano ad una riflessione attenta sul diritto alla vita e alla salute”.
    Un’ inquietante “Montagna della solidarietà”, l’istallazione, una ricostruzione del simbolo dell’orrore dell’ Aktion T4, fatta di stracci, vestiti e ausili ortopedici rinvenuti nei centri dove venivano eseguite le uccisioni delle persone con disabilità, apre la Mostra-Evento che si inaugura alle 17,30 nella sala Sala Brancacciana della Biblioteca Nazionale di Napoli ( piano terra -Cortile delle Carrozze). Accanto una riproduzione in braille della lettera di Hitler, che dava inizio all’ Aktion T4, dell’artista belga Pierre Martens, dell’ International Federation of Spina bifida, realizzato con semplici adesivi trasparenti, la lettura sarà possibile solo attraverso una registrazione di una voce di un bambino azionata dagli stessi visitatori. Tutt’intorno proiezioni computerizzate coinvolgeranno il visitatore “ in uno spazio silenzioso, spiccatamente interiore ed emozionale , nel quale interrogarsi sul rispetto dei diritti umani delle persone con disabilità – spiega Giampiero Griffo, curatore dell’evento, responsabile della Sezione Diversità della Biblioteca Nazionale di Napoli- e sull’importanza di garantirne la loro piena cittadinanza europea, tutelando la loro dignità ed i loro diritti. “
    Foto, documenti, flash video proporranno, quali testimonianza di vite che potevano essere cancellate, persone portatrici di disabilità divenute famose, o che si cimentano con successo in attività di danza , motorie e sociali, mentre articoli e commenti ricorderanno la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità della Nazioni Unite ed i diritti di Cittadinanza Europea.
    La storia dello stigma negativo, che colpisce le persone con disabilità, e il drammatico sterminio nazista dei disabili sarà raccontato attraverso tre video :
    “Le discriminazioni verso le diversità umane: le persone con disabilità e la Shoah oggi”, di Giampiero Griffo, responsabile della Sezione sulle Diversità della biblioteca nazionale di Napoli e membro del Consiglio mondiale di Disabled Peoples’ International, (durata 80 minuti); ore 10,10 – 12,50–15,30.
    “Vite indegne” (2009), film di Silvia Cutrera (Agenzia per la vita indipendente di Rome) intervista ad una persona sopravvissuta all’Olocausto dei nazisti (in Italiano e Tedesco – con sottotitoli in Italiano) (35 minuti); – ore 11,30 – 14,20 – 16,45
    “A world without bodies”, film di Sharon Snyder e David Mitchell (dell’Institute on Disability of the Temple University, 2001), (in Inglese con sottotitoli) (33 minuti) ore 12,10 – 15,00 – 17,20

    Alla fine del percorso espositivo il visitatore sarà invitato a contribuire direttamente alla battaglia della memoria dell’ Aktion T 4, inserendo una tessera nel mosaico collettivo, realizzato su una griglia reticolata con materiali non tossici, da Nadia Ridolfini, mosaicista romana. La mostra-evento multimediale – aperta fino al 7 febbraio feriali ore 10-18 ( visite guidate per le scuole) – dopo Napoli si sposta in altre città d’ Italia, in Belgio e in Germania.

  220. 27 gennaio giornata della Memoria tra Shoah di ieri e oggi:un Convegno una Mostra e proiezioni di film - interverrà Massimo Bray ha detto:

    programma
    Saluti delle autorità
    Luigi De Magistris – Sindaco di Napoli
    Mauro Giancaspro- Direttore Biblioteca Nazionale
    Maria Vincenza Ferrarese – Presidente DPI Italia Onlus

    Ore 10
    Presentazione progetto HABM: The Holocaust of All. Battle of Memory
    Rosanna Vignola- DPI Italia Onlus

    Prima sessione – Lo stigma negativo verso le persone con disabilità
    Modera Maria Vincenza Ferrarese
    Giampiero Griffo- Responsabile della sezione diversità della Biblioteca Nazionale di Napoli
    Lo stigma negativo nei confronti delle persone con disabilità nella storia
    Michael Von Cranach
    Storia dell’Aktion T4

    0re 11,20
    Seconda sessione – Uno sguardo al presente
    Modera Rita Barbuto
    Dinah Radtke – ISL
    Situazione della Germania di oggi
    Pierre Mertens – IFSB
    Etica e la Spina Bifida:selezione prenatale e Protocollo di Groningena
    Pietro Barbieri – Presidente FISH
    La situazione Italiana
    Silvia Cutrera – Agenzia per la vita Indipendente Italia
    Azioni positive per ricordare
    Javr Romanach Cabrero – Foro de Vida Independiente y Divertad (Spagna)
    Rompere lo stigma negativo

    Ore 15
    Tavola rotonda
    La cittadinanza attiva in Europa delle persone con disabilità.
    Partecipanti :
    Massimo Bray – Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo
    Luigi De Magistris- Sindaco di Napoli
    Marco Mascia – Centro interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli
    Luisa Borgia – Comitato di bioetica di San Marino
    Ciro Tarantino – Center for Governmentality and Disability Studies
    Jean Luc Simon – Presidente DPI Europe
    Pietro Barbieri – Presidente FISH

    Conclusioni
    Antonio Papisca – Cattedra UNESCO “Diritti umani , democrazia e pace”

    ore 17,3O inaugurazione della mostra

  221. In occasione della Giornata della Memoria, 66thand2nd partecipa a tre eventi di approfondimento e riflessione, per ricordare le vittime della Shoah e di tutti i genocidi, e immaginare percorsi di giustizia e riconciliazione.

    Ecco gli appuntamenti con i libri di 66thand2nd:

    lunedì 27 gennaio, ore 10.00
    Lo sport e la memoria – XIV edizione
    presentazione del libro La strada del coraggio. Gino Bartali, eroe silenzioso
    a cura di Giuliano Boraso, editor della collana Vite inattese – moderatore: Salvatore De Napoli
    Arci Uisp «Antonello Simeon» – Sala Congressi Ipsseoa Domenico Rea – via Napoli 37, Nocera Inferiore

    mercoledì 29 gennaio, ore 21.00
    Per non dimenticare. Oltre il male, ricostruire la speranza
    intervengono Scholastique Mukasonga, autrice del romanzo Nostra Signora del Nilo
    e Gabriele Nissim, presidente dell’associazione Gariwo – la foresta dei giusti
    Centro missionario Pime – via Mosè Bianchi 94, Milano

    mercoledì 29 gennaio, ore 21.00
    La strada del coraggio: Gino Bartali
    a cura della Commissione Biblioteca civica Simona Orlandi
    relatori: Salvatore Pennisi e Cristiana Zanetti dell’associazione Gariwo – la foresta dei giusti
    Cascina Roma – Piazza delle Arti, San Donato Milanese


    Scholastique Mukasonga, di etnia tutsi, è nata in Ruanda nel 1956. Dopo l’inizio del genocidio del popolo tutsi, in cui perse oltre trenta membri della sua famiglia, si è rifugiata prima in Burundi poi in Francia, dove vive tutt’ora. Con Nostra Signora del Nilo – in libreria dal 20 febbraio – ha vinto il premio Ahmadou Kourouma e il premio Renaudot.

    I fratelli canadesi Aili e Andres McConnon, autori del libro La strada del coraggio, hanno ricostruito per la prima volta in modo completo la storia del leggendario campione Gino Bartali, di recente riconosciuto Giusto tra le nazioni dallo Yad Vashem di Gerusalemme per il suo impegno umanitario a favore degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale.

  222. Gli insulti e le minacce contro la Sinagoga di Roma e altri luoghi della comunità ebraica sono «una miserabile provocazione». Parole forti quelle che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sceglie nella celebrazione del Giorno della Memoria al Quirinale riportando la memoria all’attualità.

    Dal passato al presente, mentre gli ultimi sopravvissuti all’Olocausto diventano sempre meno e conservare il ricordo diventa sempre più importante, soprattutto per i giovani.

  223. Napolitano invita a mantenere la «vigilanza contro ogni insorgenza di antisemitismo, comunque camuffato» ma riprendendo un’espressione usata da Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche, elenca gli «innocenti e indifesi» e cioè «gli ebrei, i Rom, i Sinti, i disabili, i malati di mente, gli omosessuali». A braccio Napolitano fa poi una postilla: «E io aggiungo anche gli stranieri».

  224. Gli fa eco a distanza il ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge ricordando che «questa giornata è importante e non riguarda semplicemente il passato, è una giornata che ci deve mettere tutti di fronte alle nostre responsabilità. Mai abbassare la guardia». Kyenge parlava a Roma dove per il sindaco Ignazio Marino «ci sono teste vuote che negano la storia: vanno isolate». Anche perché quanto avvenuto nei campi di concentramento «non è un film o una storiella» e i racconti di chi ci ha vissuto «ci dicono che queste cose sono accadute e che dipende da noi che non accadano più», spiega agli studenti toscani riuniti al Mandela Forum di Firenze il sindaco Matteo Renzi. «Sulla politica potete pensare cosa volete – ha continuato – ma non potete dimenticare che i vostri nonni hanno vissuto una pagina di storia che noi diciamo che non deve più tornare». Renzi ha detto quindi che il suo modo di pensare è cambiato dopo un viaggio ad Auschwitz con un ex deportato: «torniamo a credere che il futuro sarà più bello se lo scriviamo insieme». Mentre a Napoli il sindaco Luigi De Magistris apre le celebrazioni ricordando Sergio de Simone, bambino vittima della ferocia nazista. «Il simbolo più atroce è il nazismo che faceva sperimentazioni sui bambini, l’orrore più grande che possa esserci nella storia dell’umanità – ha detto de Magistris -. Dobbiamo ricordare e lo si fa in tutto il mondo perché l’oblio può essere pericolosissimo».

  225. Contro l’oblio a Milano in migliaia visitano il memoriale della shoah, al binario 21, mettendosi in fila dalla mattina. «La raccomandazione, soprattutto per i giovani, è questa – ha detto il sindaco Giuliano Pisapia -: non voltatevi dall’altra parte, non fate finta di niente, non sorridete neanche davanti al più piccolo sopruso, perché se si accetta un piccolo sopruso, ci sarà sempre un sopruso più grande, senza che ci sia un ripudio di questi comportamenti, e si arriva alla catastrofe dei diritti e purtroppo a quella tragedia che ora stiamo ricordando».

  226. Quindi quello della memoria è stato il filo conduttore di una giornata di eventi e celebrazioni, in Italia e nel mondo, con protagonisti spesso gli ultimi sopravvissuti all’Olocausto. «Il dovere della memoria non si conclude col Novecento: oggi tocca alla mia generazione, nata dopo la seconda guerra mondiale, fare tesoro delle testimonianze dei sopravvissuti, difendere la verità storica, e soprattutto educare i giovani a non rimanere mai più indifferenti», ha detto il premier Enrico Letta, in un messaggio sull’home page del sito del governo. «Tenere alta la guardia – ha dichiarato ancora – contro ogni forma di antisemitismo, razzismo e discriminazione, ricordare la lezione dei Giusti tra le Nazioni: questi sono i due compiti essenziali che il Giorno della Memoria impone a noi, cittadini italiani ed europei».

  227. Ma per fare passi in avanti, ha spiegato ancora il presidente della Repubblica Napolitano «le armi della cultura e dell’istruzione» vanno «privilegiate» per opporsi al negazionismo nei confronti dell’Olocausto. Il presidente accennava alla legge che si sta discutendo in Senato e che introdurrebbe il reato di negazionismo. E proprio un «appello ai parlamentari», è venuto dal presidente della Comunità ebraica Riccardo Pacifici: «prendetevi le vostre responsabilità perché la cosa più vigliacca è non discutere quel documento e soprattutto non votarlo». «Io sono convinto che questa legge passerà. Chi nega la Shoah è un antisemita – ha detto Pacifici – che tenta di portare avanti l’idea dello sterminio, che prevedeva la negazione già prima che iniziasse lo sterminio». Poi ha sottolineato: «14 Paesi in Europa hanno già quella legge: non a caso in primis è stata la Germania, l’Austria, poi la Francia. L’Italia di Mussolini, che ha partorito le leggi razziste, che le ha approvate per acclamazione, credo che meriti, almeno come riscatto di onore e di orgoglio, di introdurre quel reato. E questo soprattutto nel momento in cui i sopravvissuti ci stanno lasciando».

  228. Mentre i sopravvissuti diventano sempre meno è importante non solo discutere la legge sul negazionismo ma incrementare le iniziative. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanni Legnini spiega che «la Presidenza del Consiglio si accinge a sostenere eventi e iniziative e a contribuire al recupero dei principali luoghi della memoria, utilizzando i fondi stanziati con la legge di Stabilità, per la ricorrenza del 70/o della Resistenza». Mentre c’è chi come Stefano Pedica di Cantiere democratico propone di «nominare senatore a vita uno dei sopravvissuti ai campi di sterminio come segno di rispetto verso tutte le vittime della Shoah e chi combatte per non far dimenticare gli orrori del nazismo».

  229. Per Massimo e tutti i miei conoscenti di questo bel Blog, come anche un saluto ai non conoscenti:

    Ho letto i tantissimi commenti, da non dover aggiungere altro che una mia modesta riflessione.
    È giusto ricordare il giorno della memoria, ma è ancor più giusto viverla realmente giorno per giorno, perché ciò che è accaduto è parte della vita e come tale potrà ripetersi ogni qualvolta l’uomo perda la sensibilità per il bene, da contrapporre a quella più forte del male, nel credo che egli basti a se stesso e non debba curarsi del prossimo.
    Chi vive la vita nella sofferenza e sottomissione totale ha vinto nel momento del suo abbandono perché muore senza colpe, mentre chi la vive opprimendo un prossimo qualunque perde nel lasciarla e di lui non rimarrà che dimenticanza e nullità
    Nel sofferente sorge la speranza della salvezza nel dopo, mentre nel violente la rabbia di dover lasciare questa vita.
    .
    Lorenzo

  230. la Repubblica

    Intervista a Tatiana Bucci, una delle ultime e preziose testimoni italiane dei campi di sterminio. Si salvò con la sorella Andra perché le credettero gemelle e finirono nel Kinderblock di Mengele per essere studiate. Ora dal Belgio, dove vive, vede crescere la paura di nuove persecuzioni ma non ha timori in quanto ebrea: “Mi sento prima di tutto una cittadina europea, e non dobbiamo abbassare la guardia contro il terrore”
    di SIMONA CASALINI
    http://www.repubblica.it/speciali/cultura/giorno-memoria-edizione2015/2015/01/25/news/intervista_tatiana_bucci-105719052/

  231. la Repubblica

    Sarà il vice primo ministro russo Serghiei Ivanov a rappresentare di Mosca. Il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha confermato: “Non c’è stato un invito ufficiale” indirizzato al palazzo presidenziale, “ma una lettera del direttore del museo”. Parteciperanno oltre 300 superstiti del campo e i rappresentanti di 38 paesi, compresi Hollande, Poroshenko, per l’Italia Grasso e dagli Usa il segretario del Tesoro Jack Lew
    di KATIA RICCARDI
    http://www.repubblica.it/speciali/cultura/giorno-memoria-edizione2015/2015/01/23/news/auschwitz_putin_polonia-105604886/

  232. la Repubblica

    Da Weisz a Hirsch, la tragedia della Shoah
    Per loro non c’era un Bartali a salvarli
    Tanti uomini di sport hanno perso la vita nei campi di concentramento nazisti. Storie straordinarie, capaci di resistere alla follia dell’uomo e intrise di valori positivi, come quelli del mito del ciclismo, che rischiò in prima persona per salvare tanta gente
    di LUIGI PANELLA
    http://www.repubblica.it/rubriche/la-storia/2015/01/27/news/sportivi_ebrei_shoah-105828558/

  233. La Stampa

    Il nipote di Rudolf Hoess: “Se incontrassi oggi mio nonno lo ucciderei”
    Rainer Hoess, 49 anni, nipote del comandante del campo di sterminio Rudolf,ha ripudiato la famiglia, incontrato decine di sopravvissuti, e lanciato una campagna contro il nazismo e il pericolo del ritorno delle sue idee.

    di Paolo Mastrolilli
    http://www.lastampa.it/2015/01/27/esteri/il-nipote-di-rudolf-hoess-se-incontrassi-oggi-mio-nonno-lo-ucciderei-XV0n4orbsm3wzqtt4ujrBJ/pagina.html

  234. La Stampa

    Primo Levi e la lettera inedita: l’olocausto spiegato a una bambina
    “Piuttosto che di crudeltà, accuserei i tedeschi di allora di egoismo, di indifferenza, e soprattutto di ignoranza volontaria perché chi voleva conoscere la verità poteva conoscerla e farla conoscere”

    di Monica Perosino
    http://www.lastampa.it/2015/01/23/cultura/gli-avevo-chiesto-come-potevano-essere-cos-cattivi-yujG71cq0e9HlC0SBwQMGP/pagina.html

  235. Ho letto entrambi i libri; quello di Anne, anzi, l’ho quasi imparato a memoria, tanto da scriverci un libro. Ma lo dico con molta umiltà: è una cosa che ho fatto con il cuore. “Le pagine Bianche di Anne Frank” è l’ideale prosecuzione, anzi, l’effettiva continuazione del “Diario di Anne Frank”: ho ipotizzato, infatti, che quest’ultima possa aver tenuto un diario anche durante gli ultimi sette mesi della sua vita, passata tra un campo di concentramento e un altro. Ad eccezione di pochissime finzioni narrative, infatti, tutto ciò che vi si racconta è effettivamente accaduto e le ricostruzioni degli avvenimenti sono attinte pazientemente dalle testimonianze oculari, con un’accurata ricomposizione delle date e della cronologia della guerra. Sono reali, infine, i riferimenti storici richiamati volta per volta nelle note, in modo da offrire al lettore un quadro il più completo possibile.

    All’inizio del testo ho pensato di precedere le lettere di Anne, che si trova a Westerbork, con un’introduzione di alcune righe del vero Diario di Etty Hillesum, che pure, esattamente un anno prima, aveva scritto le sue memorie proprio in quel campo della Drenthe. Non è un libro triste, anzi, c’è tutta la leggerezza di Anne, il suo spirito critico, il suo amore per la natura, la sua incrollabile fede. Ho cercato in di imitare il suo modo di scrivere, così che, con il procedere della lettura, sembri che sia proprio la vera Anne Frank a renderci ancora una volta partecipi dei suoi mirabili pensieri.
    Il libro è stato pubblicato il 12 giugno scorso, in occasione dell’ottantaseiesimo compleanno di Anne e il ricavato sarà devoluto in favore dell’Associazione UnPonte per Anne Frank” di Livorno.
    Ecco i miei link, casomai voleste darci un’occhiata: http://lepaginebianchediannefrank.blogspot.it/ https://www.facebook.com/lepaginebianchediannefrank (un mi piace è sempre gradito)
    e, infine,
    http://www.unponteperannefrank.org/le-pagine-bianche-di-anne-frank.html Ciao a tutti!

  236. PER non dimenticare l’orrore. Per non scordare l’atrocità delle leggi razziali. E per commemorare, ancora e sempre, tutte le vittime dell’Olocausto. A 71 anni di distanza dalla liberazione di Auschwitz dai nazisti – ad opera delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa -, l’Italia celebra la Giornata della Memoria. Era il 27 gennaio 1945. Oggi, da nord a sud, sono tanti gli appuntamenti, le mostre, le letture, i concerti e i memoriali allestiti per una continua presa di coscienza collettiva.

  237. In Germania, intanto, saranno presentati per la prima volta cento opere d’arte realizzate da donne e uomini imprigionati nei campi di concentramento, relegati nei ghetti ebraici o sfruttati nei campi di lavoro. L’iniziativa, politicamente significativa, è del Deutsches Historische Museum di Berlino, il museo storico della capitale situato nella centralissima Unter den Linden. L’inaugurazione questa sera, alla presenza della cancelliera Angela Merkel, che terrà un discorso.

  238. “Scopo della Giornata della Memoria è “conservare il ricordo dell’orrore sorto nel cuore dell’Europa, delle vittime, del dolore, ma al contempo anche l’esempio di tante persone giuste”. Così il presidente del Senato, Pietro Grasso, intervenendo questa mattina, nella Sala degli Atti parlamentari della Camera, alla presentazione del documentario Salvate tutti, parte della serie La Shoah dei bambini, che sarà distribuito con La Repubblica e L’Espresso e che nasce dall’impegno della Fondazione Villa Emma.

    “Per fortuna – ha proseguito Grasso – c’è ancora in vita qualcuno che quegli orrori li ha vissuti, è sopravvissuto e ha preso l’impegno con la propria coscienza di raccontarli, così come hanno fatto tanti che oggi non ci sono più. Queste persone hanno tenuto in vita la memoria, e l’hanno consegnata alle nuove generazioni affinché non sia dispersa. Dobbiamo essere consapevoli che spetta a ciascuno di noi raccogliere quella testimonianza e passarla a nostra volta alle generazioni successive”.

  239. A Roma, testimonianze, dibattiti, immagini. La Filarmonica Arturo Toscanini, sotto la guida di Yoel Levi, eseguirà il concerto ‘Toscanini: il potere della musica’, ripercorrendo il programma originale di quella storica serata del dicembre del 1936, quando Toscanini diresse il concerto inaugurale della neonata Palestine Orchestra. Ma ancora: per non dimenticare l’Olocausto, il 28 gennaio alle 11 nel Palazzo di Santa Maria in Aquiro si terrà il convegno ‘Le ragioni del silenzio. Il triangolo del Shoah’: un incontro che intende affrontare l’analisi dei diversi contesti storico-sociali e delle leggi antisemite, che portarono alla persecuzione degli ebrei e degli omosessuali sotto i regimi del fascismo e del nazismo. Il 27, la Fondazione Museo della Shoah ospita la mostra storico-documentaria ‘Anna Frank, una storia attuale’, ideata e progettata dalla Anna Frank House di Amsterdam e promossa dall’ambasciata del Regno dei Paesi Bassi in Italia con il patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri – comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah. Dal 27 gennaio al 6 marzo 2016, alla Casina dei Vallati, numerose riproduzioni documentarie, fotografie e immagini video inedite commemorano lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, raccontandolo dall’angolazione biografica della drammatica storia di Anna Frank.

  240. A Milano, tra le tante testimonianze e le iniziative in calendario, un riconoscimento ai familiari di cittadini italiani militari e civili deportati e internati nei lager nazisti. Con una solenne cerimonia, il prefetto del capoluogo lombardo, Alessandro Marangoni, la prefettura di Milano, domani alle 12, in occasione del Giorno della Memoria, consegnerà 17 Medaglie d’Onore concesse con decreto del presidente della Repubblica ai familiari di italiani che hanno vissuto la drammatica esperienza del lager nazisti.

  241. A Bologna, mercoledì pomeriggio sarà inaugurato il Memoriale della Shoah nella nuova piazza tra via Matteotti e via Carracci: due blocchi alti 10 metri in acciaio cor-ten, un materiale freddo che, col passare del tempo, si ossida e cambia colore. All’interno dei parallelepipedi, disposti uno di fronte all’altro a formare un’angusta strettoia, tante celle uguali danno vita a una geometria ossessiva che richiama i dormitori dei lager nazisti (qui le foto).

  242. A Firenze, i bambini ricordano i bambini. L’appuntamento oggi alle 16.30 all’Auditorium Ridolfi alcuni ragazzi leggeranno un mosaico di testi ad hoc illustrati da immagini. Domani alle 9, invece, il rettore dell’università, Luigi Dei, ricorderà gli universitari fiorentini allontanati da aule e cattedre a seguito delle leggi razziali e deporrà una corona d’alloro sulla lapide a loro dedicata nell’atrio del Rettorato (piazza San Marco, 4).

  243. A Genova, la ‘memoria’ è – oggi dalle 18 – il pranzo dei poeti con Anna Frank, sulla base del racconto che la giovane fa nel suo ‘diario’: “Cara Kitty – vi si legge – l’unica cosa che ci resta da fare è mangiare di meno”. Perché il verduriere della famiglia Frank è stato arrestato. Eppure, nell’alloggio segreto dove, scrive Anna, “patiremo la fame, ma qualunque privazione è preferibile all’essere scoperti”, si fa anche la marmellata di fragole. Ci si passa un po’ di pane e di avena. E si cerca di resistere.

  244. A Napoli e in tutta la Campania, decine gli appuntamenti in programma, con una serie di iniziative che quest’anno portano anche il nome di Luciana Pacifici, la più giovane vittima partenopea della Shoah, morta a otto mesi durante il suo trasporto ad Auschwitz. La sua famiglia rientra nel numero di quei 42 ebrei napoletani (per nascita o adozione) che, fuggiti dalla città, furono successivamente catturati in altri luoghi, a causa di retate o di vergognose delazioni.

  245. A Parma, tra documentari, incontri e commemorazioni, non mancano le riflessioni politiche a teatro. Torino, invece, realizza con la Fondazione Musei e la Pinacoteca Agnelli una mostra inaugurata a Palazzo Madama dal titolo ‘Larry Rivers. Tre ritratti di Primo Levi’. Al centro dell’esposizione, i dipinti che l’artista americano, ebreo di nascita, il cui vero nome era Yitzrok Loiza Grossberg (1923-2002), realizzò negli Stati uniti nel 1987, dedicati allo scrittore del quale aveva da poco letto il libro ‘Se questo è un uomo’.

  246. Sento e leggo in giro commenti sulla scarsa “utilità” di giornate come questa.
    “Bisognerebbe ricordare ogni giorno”, dicono.
    Oppure : “E’ un insieme di ipocrisie e di girotondi mediatici”.

  247. Io penso il contrario.
    Dovremo cominciare seriamente a preoccuparci se giornate come queste dovessere essere cancellate per qualsivoglia motivo.

  248. Si è svolta al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la celebrazione del “Giorno della Memoria” 2017.
    Riportiamo, di seguito, il testo del Presidente Mattarella.

  249. Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la celebrazione del "Giorno della Memoria" 2017 (Palazzo del Quirinale - 27/01/2017) ha detto:

    Signora ministro, autorità, amici deportati, rappresentanti della comunità ebraica, cari ragazzi.

    Il Giorno della Memoria ci ricorda la liberazione di Auschwitz, il più grande campo di sterminio costruito dai nazisti, nel quale furono uccise milioni di persone: ebrei, innanzitutto, ma anche dissidenti politici, zingari – come si diceva -, omosessuali, disabili mentali, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e altre categorie perseguitate dal regime hitleriano.

    I pochi sopravvissuti di quel campo non erano in condizione di vivere con gioia il giorno della liberazione. L’orrore, i patimenti fisici e morali, la paura, la fame, erano stati troppo grandi.

    Ricordava così Elie Wiesel, trasferito da Auschwitz a Buchenwald, il momento dell’arrivo delle truppe americane: «Il nostro primo gesto di uomini liberi fu quello di gettarci sulle vettovaglie. Non pensavamo che a quello, né ai parenti, né alla vendetta: soltanto al pane».

    Non era per nulla facile riprendere la vita di tutti i giorni, dopo essere stati trattati come oggetti di nessun valore, dopo aver vissuto, giorno dopo giorno, con la morte accanto.

    Alcuni sopravvissuti scelsero, comprensibilmente, di rimanere in silenzio, altri di raccontare. Per tutti, il ricordo di quello che avevano subìto ha rappresentato un peso immane.

    Anche per questo dobbiamo esprimere la nostra riconoscenza, profonda e convinta, per quei reduci dei campi di sterminio che ancora oggi ci raccontano e ci tramandano l’indicibile sofferenza patita. Le loro storie e le loro parole ci colpiscono e ci chiamano, in maniera esigente, all’impegno e alla vigilanza.

    Nel Giorno della Memoria ricordiamo anche i 650.000 militari italiani deportati nei campi tedeschi, perché dopo l’8 settembre si rifiutarono di servire Hitler. E’ una pagina di storia, colma di sofferenza e di coraggio, che è parte integrante della Resistenza italiana e che non sempre è adeguatamente conosciuta.

    Auschwitz è assurto a simbolo del complesso e meticoloso sistema di annientamento posto in essere dalla ferocia nazista. Un meccanismo mostruoso e impressionante di distruzione e di morte, organizzato, con lugubre accuratezza, su scala continentale, con il coinvolgimento attivo, o con la connivenza, di migliaia e migliaia di persone, dislocate anche a grande distanza dai campi.

  250. Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la celebrazione del "Giorno della Memoria" 2017 (Palazzo del Quirinale - 27/01/2017) ha detto:

    Del delirante progetto di sterminio, Auschwitz, e la rete di campi omologhi, disseminati nell’Europa centro-orientale, furono – come sappiamo – soltanto il prodotto ultimo, il più estremo e mostruoso.

    Non vanno infatti dimenticate le esecuzioni sommarie di più di un milione di uomini, donne e bambini ebrei, compiute durante l’avanzata dell’esercito nazista in Europa. I camion della morte, le morti per fame, freddo e a causa dei maltrattamenti, verificatesi nei ghetti durante gli anni del III Reich.

    Alla costruzione di Auschwitz non si arrivò per caso. Esso fu il frutto perverso – ma del tutto coerente – di teorie razziste e dell’antisemitismo.

    Questi fenomeni erano già tristemente presenti nella storia d’Europa: ma mai, prima dell’avvento di Hitler al potere, avevano assunto dimensioni così vaste e drammatiche.

    Mai sulla base dell’odio per gli ebrei – fenomeno inspiegabile e mostruoso – era stato costruito un sistema ideologico, pseudo-scientifico, politico, giuridico, propagandistico e, infine, repressivo.

    Mai teorie così nefande erano state sorrette da un consenso popolare spesso maggioritario e dalla compiacenza di intellettuali, con rare ed eroiche eccezioni.

    Scrisse a questo proposito Hannah Arendt: «Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma colui per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso non esiste più».

    È una lezione terribile che richiama oggi e sempre le nostre coscienze.

    Nella Germania nazista e nei regimi suoi alleati, parole ingannatrici e intrise di odio, promesse mendaci di gloria e potenza, crearono un’inedita mentalità diffusa, che annullava ogni confine tra umanità e barbarie.

    Le camere a gas furono l’estrema conseguenza di questo processo metodico che mirava a esaltare la supremazia degli ariani e a definire una gerarchia di razze umane, al fondo della quale erano collocati gli ebrei.

  251. Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la celebrazione del "Giorno della Memoria" 2017 (Palazzo del Quirinale - 27/01/2017) ha detto:

    Se un cittadino, soltanto perché di sangue ebreo, poteva essere privato di ogni diritto, espropriato di tutti i suoi beni, allontanato dalle scuole e dagli uffici, additato come essere inferiore, deportato, il passo successivo sarebbe stato, come inevitabilmente fu, quello della sua eliminazione fisica.

    Erano buoni cittadini, ben integrati nella vita culturale, sociale e politica del loro Paese. Avevano tanti amici non ebrei. Di colpo, furono scaraventati nel baratro nella morte civile. E di lì alla morte fisica il passo fu davvero breve.

    Ha fatto bene Luigi Diberti – che ringrazio per la sua intensa partecipazione – a ricordare come la cieca e determinata furia nazista si rivolgesse persino contro i protagonisti della vita culturale tedesca del passato.

    Ai nazisti non bastava sterminare tutti gli ebrei d’Europa. Ma doveva essere estirpata dalla storia della Germania e dell’Europa ogni loro presenza, ogni loro traccia, ogni loro simbolo. I già progettati “Musei della razza estinta” dovevano nascere nelle città, una volta che camere a gas e crematori avessero esaurito il loro lugubre compito.

    In quei terribili anni, in cui la storia d’Europa e dell’umanità conobbe una regressione senza precedenti, si avverava la fosca profezia di Heinrich Heine, citata da Primo Levi in una pubblicazione sui campi: “Dove si bruciano i libri – scrisse il poeta tedesco – prima o poi si finisce per bruciare anche gli uomini”.

    La memoria di Auschwitz, e di tutto quello che Auschwitz rappresenta e contiene, ci pone ogni volta di fronte al lato più oscuro dell’uomo, all’abisso del male, all’offuscamento delle coscienze e alla perdita totale del sentimento più elementare di pietà e di umanità.

    Nel buio più fitto risaltano ancor di più le azioni luminose di coloro che, rischiando la vita, hanno contribuito a salvare ebrei e perseguitati.

  252. Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la celebrazione del "Giorno della Memoria" 2017 (Palazzo del Quirinale - 27/01/2017) ha detto:

    Rammentare e onorare – come è bene fare – i tanti giusti, le tante azioni eroiche, come ci ha appena ricordato il professor Riccardi, non cancella, tuttavia, le colpe di chi, anche in Italia, si fece complice dei carnefici per paura, fanatismo o interesse.

    Pensare, oggi: «Io non c’ero, non ero ancora nato», non può rendere estraneo al dovere di rispondere alla domanda posta da un fardello così opprimente; non libera la storia presente da una domanda così stringente e carica di angoscia: come fu possibile che nel cuore dell’Europa cristiana, l’Europa culla di civiltà, nella quale erano nati i diritti della persona, i principi di libertà, eguaglianza, fraternità, si infiltrasse un cancro tanto micidiale e distruttivo?

    Perché alcuni popoli, che avevano da poco e con grande sacrificio, conquistato l’indipendenza, la libertà e la democrazia, si consegnarono a forze tenebrose, tiranniche e assassine?

    Cosa poté oscurare le menti, serrare i cuori, cancellare – tracciandovi sopra una svastica – progressi, conquiste e valori secolari?

    Le risposte sono, e sono state, tante; aiutano la nostra comprensione del fenomeno: ma nessuna, credo, possa riuscire a sciogliere pienamente interrogativi così inquietanti.

    La realtà dei campi di sterminio va oltre l’umana comprensione e oltre i limiti delle possibilità di espressione.

    Intellettuali, filosofi, storici, artisti hanno dibattuto a lungo sulla reale impossibilità di descrivere pienamente il sistema Auschwitz: “il silenzio di Dio”, evocato da Wiesel, “l’esilio della parola”, di cui parla André Neher, non possono costituire però un ostacolo al nostro diritto e al nostro dovere di conoscere, indagare, studiare, riflettere. E prevenire.

    Nulla deve fermare la nostra volontà di ricordare, anche se ci provoca tuttora orrore e dolore.

    E, ancora oggi, dobbiamo chiederci: com’è possibile che, sotto forme diverse – che vanno dal negazionismo, alla xenofobia, all’antisionismo, a razzismi vecchi e nuovi, al suprematismo, al nazionalismo esasperato, al fanatismo religioso – ancora oggi si sparga e si propaghi il germe dell’intolleranza, della discriminazione e della violenza?

    La giornata della Memoria, allora, non ci impone soltanto di ricordare, doverosamente, le tante vittime innocenti di una stagione lugubre e nefasta. Ma impegna a contrastare, oggi, ogni seme e ogni accenno di derive che ne provochino l’oblio o addirittura ne facciano temere la ripetizione.

    Auschwitz, oggi, è diventato un monumento contro l’orrore nazista. Ma è, e deve essere, anche la testimonianza, presente e consapevole, di quali sciagure sia capace di compiere l’uomo quando abbandona la strada della convivenza e della solidarietà e imbocca la strada dell’odio.

  253. Sotto gli occhi ho una lista di libri che vorrei leggere o rileggere, tema, la Shoah. Il nostro dovere civile è ricordare, la ‘Giornata della memoria’ deve mantenere il riferimento alla persecuzione e sterminio degli ebrei in Europa. Un apparato politico, culturale e militare votato all’eliminazione fisica di uomini, donne e bambini. La ferocia totale.

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