Marzo 28, 2024

156 thoughts on “GERUSALEMME LIBERATA

  1. Ringrazio Sergio per il pezzo.
    A lui l’onore e l’onere di darmi una mano a moderare questo post.
    Per la verità di mani ne servirebbero due, anziché una. Soprattutto in considerazione del fatto che ne prossimi giorni sarò off line per una breve vacanza.
    Dunque, Sergio… fatti sotto!

  2. Ripeto…
    Secondo voi “Gerusalemme liberata” è un’opera ancora attuale?
    Se sì, perché?

    Provate a tracciare delle connessioni con i “nostri tempi”.

  3. E poi discutiamo dell’opera. Male non fa.
    Anche perché – diciamo la verità – se qualcuno, oggi come oggi, dice Tasso… la prima cosa che viene in mente alla maggior parte delle persone è la percentuale d’interesse sul mutuo.

  4. Un grazie di cuore al Maugger, unito agli auguri di Buone Vacanze. A lui chiedo di salutarmi il mare italiano – e soprattutto la sabbia, che non sento sotto la pelle da anni.

    Da chi interverra’, invece (dico ringraziando costui o costei anticipatamente) mi aspetto solo una cosa: la massima sincerita’ e schiettezza. Niente ”buone maniere”: scrivo per accogliere opinioni di ogni tipo, anche del tutto aspre. Non si abbia timore di offendermi, rimanendo, ovviamente, in tema. Col vero Protagonista, invece, magari abbiate riguardo della vetusta’… ha mezzo millennio d’esperienza!
    Saluti Cari e Benvenuti
    Sergio Sozi

  5. P.S.
    Chi avesse altre idee in testa, puo’ accomodarsi nella ”Camera accanto”. Non mi offendo mica.

  6. Ma che bello bello bello questo post! Grazie Sergio!
    Sono convinta che questa è la vera epica (non il testo della new italian epic , pur così tanto scaricato, dei wu ming), perché nell’opera di Tasso c’è il riferimento ad una vera trascendenza e a valori forti e imperituri, realtà che al giono d’oggi si sono perse o quanto meno annacquate. Però, recuperando i confini semantici e narrativi entro i quali si muove Tasso, sono convinta che anche al giorno d’oggi si potrebbero scrivere capolavori simili. Non in metrica, ovviamente, e non così lunghi e dettagliati. Oggi la sensibilità è diversa, ma il desiderio di leggere cose alte e belle c’è in ogni epoca storica, persino tra noi italiani che siamo così tanto sbeffeggiati perché non leggiamo. Rimango sempre della mia idea che gli italiani (in generale) non leggono perché i libri pubblicati molto spesso sono avulsi dalla loro realtà. Invece Tasso fa il contrario (tanto per capirci): mette in scena una storia, grandiosa, in cui descrive ciò che interessa al lettore: la lotta tra bene e male, tra cristiani ed infedeli, l’amore, la guerra, l’odio, l’amicizia… basterebbe da solo uno di questi argomenti per condurre a buon esito un romanzo. Ma che l’argomento in questione sia trattato bene, dal punto di vista della vita e dell’esperienza vissuta, non ridotto a mero esperimento culturale.

  7. Complimenti Sergio! Ti confesso che in alcuni passaggi mi sei sembrato fin troppo accademico, proprio da libro universitario. Però ammetto che mi è piaciuta molto la poesia che hai messo tra alcune righe in particolare sul finale.
    Vi lascio con dei versi che mi piacciono particolarmente
    “A l’onesta baldanza, a l’improviso
    folgorar di bellezze altere e sante,
    quasi confuso il re, quasi conquiso,
    frenò lo sdegno, e placò il fer sembiante.
    S’egli era d’alma o se costei di viso
    severa manco, ei diveniane amante;
    ma ritrosa beltà ritroso core
    non prende, e sono i vezzi esca d’Amore”

    Direi che nella Gerusalemme Liberata c’è tutto. C’è epica e religione, erotismo e sensualità, tragedia, poltica, peccato. Cosa può esserci di più attuale?

  8. Salve a tutti. Grazie dei bellissimi contributi. Sì, come sostiene Sergio, Tasso è uno dei più emblematici esempi di genio e follia, di uomo da sempre ai margini, attento alla lucidità dei propri progetti artistici, ma al tempo stesso scosso dal tormento che dalla vita ricadeva sull’opera, e viceversa, partendo dalle inquietudini della pagina, finiva per coinvolgere e far deragliare un’esistenza già di per sé difficile, conflittuale. Estrema. Secondo me costituisce il primo vero romantico della letteratura, e non è un caso che si tratta del solo poeta la cui tomba commosse Giacomo Leopardi in visita a Roma. Io amo particolarmente anche i suoi madrigali, che vi consiglio caldamente. Perle di musicalità e passione. Gocce di vita che si spargono per l’universo regalandogli tutta la loro sapienza. Credo si tratti di uno di quegli artisti che superano il proprio tempo, per lanciare una sfida interessante al futuro. Tasso ci tocca ancora da vicino, i suoi versi sono profondissime interrogazioni esistenziali, e come ribadiva anche Silvia, nelle sue opere c’è tutto: dall’epica della vita a quella dei sentimenti, della dimensione sociale a quella mistica e metafisica. Grazie Massimo del bel suggerimento. Un abbraccio

  9. OFF-TOPIC

    Sergio, una cosa, che non riguarda il tuo post. Vorrei saper su cosa si basa la tua convinzione che gl’Italiani, non italiani, costituiscano un’unità etnico-nazionale ben definita. Come sai, la cosa non è granché condivisa, soprattutto dai diretti interessati.

    Grazie, ciao.

  10. FINALMENTE UNA COSA SERIA DA SERGIO SOZI! 🙂
    allora vediamo, meglio maradona o pelè? meglio i beatles o i rolling stones? meglio ariosto o tasso? i grandi dubbi dell’umanità….si fa per dire. E nel dire, magari, si trascura il Boiardo. I classici sono fondamentali, ci sono opere inarrivabili. Ariosto o Tasso? Mah, Ariosto è il furore, Tasso è l’introspezione. In un certo senso sono “sinergici”.
    Che la Gerusalemme Liberata sia ancora di attualità io non ho dubbi.
    Per il livello dell’opera immortale in se e poi, basta dare uno sguardo alla triste attualità, al sanguinoso e sanguinario antagonismo tra mondo cristiano e mondo musulmano per comprendere che certi temi fanno parte di noi. Purtroppo, però, non c’è alcun Torquato Tasso a parlarcene.

  11. Che bella sorpresa, cari Maugeri e Sozi. Tasso e’ una delle mie letture preferite (consiglio a tutti anche le “Lettere”). Cosi’ internet diventa davvero una cosa sopportabile e bella. Bravi. Andrea

  12. Caro Sergio,
    troppo lontani sono i miei ricordi della cultura classica, assimilati nel mio periodo scolastico, da poterne ora fare un commento adeguato.
    Mi limiterò, al valore che il poema a mio parere rappresenta ancor oggi, e rappresenterà nel futuro e fino a quando l’essere umano non riuscirà a superare certe sue limitatezze, come presunzione e avidità.
    A che cosa è servita la liberazione di una Gerusalemme, se non ad appagare la sua fame di potere e conquista.
    È un fatto che ancor oggi si ripete, e non vedo un barlume di speranza che un giorno sarà diversamente, se non quando una catastrofe incombente e superiore ad ogni rimedio umano ci costringerà ad aprire gli occhi e la mente e a riconoscere la nostra ignoranza e cupidigia.
    Mi sembra che i passi dell’evoluzione abbiano sempre avuto il loro spunto da una tragedia, contro la quale non esisteva alcun rimedio, se non nell’azione comune ed unitaria.
    L’ultima Gerusalemme liberata sarà quindi questa da me indicata e mi auspico che fino alla sua realizzazione non trascorra più troppo tempo, perché ne è già passato abbastanza inutilmente.
    Questo, per il momento, è il mio commento alla tua introduzione, che hai grandiosamente presentato e della quale ti ringrazio vivamente.
    Ciao, Lorenzo

  13. Bei commenti, gente! Mille Grazie a tutti. Continuate, se vi interessa, a scrivere: stasera verso le 22 rispondero’ ad ogni intervento, dettagliatamente come mio solito.

    A Giulio, magari, rispondo subito perche’ mi ha sottoposto una domanda fuori tema e vorrei risolverla subito e in breve. Al di la’ del diversificato pensiero (che neanche tu, credo potrai conoscere a fondo) dei 59 milioni di Italiani che popolano una Nazione che si chiama Italia, con Bandiera e autorita’ nazionale riconosciuta mondialmente; ecco, al di la’ di cio’, le convenzioni storiche, letterarie, politiche e sociali dell’intero Mondo Creato indicano nell’Italia un Paese fatto in larga maggioranza dall’etnia italiana che usa la lingua italiana ed ha costumanze e tradizioni, appunto, italiane, e con delle minoranze linguistiche autoctone che tutti sappiamo (Francesi, Tedeschi, Sloveni, ecc.). La lettera maiuscola di ”Italiano” (sostantivo) e’ altra convenzione grafica usata da molti anche oggi per scrivere il sostantivo di un nome indicante ”cittadino di una tal Nazione”. E’ permesso dalla grammatica infatti scrivere questi sostantivi con la minuscola o con la maiuscola. Io ho scelto la maiuscola.
    Grazie per l’intervento e ora, se la risposta ti soddisfa, credo sia meglio parlare del Tasso. Grazie. Ciao e Benvenuto.

  14. Il più delle volte leggo i vostri scritti senza poter intervenire per via del tempo tiranno di qeusti mesi ma non ho resistito alla tentazione di rispondere dopo aver letto fino in fondo la lucida esaustiva e affascinante recensione di Sergio Sozi.

    Così prima cercherò di rispondere in modo sintetico alla domanda di Massimo:

    – la tematica che viene affrontata nell’opera del Tasso in qualche modo ha legami con i nostri giorni; c’è alla base uno scontro di civiltà, di ideologie, di religioni: viene analizzata a spaccature tra l’Occidente e l’oriente, se così possiamo dire (negarla mi appare riduttivo e ingenuamente bonario, perché esiste).
    E l’analisi svela anche la fragilità, le insicurezze, l’umanità di coloro che vengono definiti guerrieri (quindi attori di quella tragedia che è il conflitto bellico).
    Quello che mi viene da chiedere è se possiamo cogliere nella “Gerusalemme Liberata” una celata ‘apologia della guerra’ o se invece si possa rilevare l’elemento che dissolve qualsiasi fanatismo nei confronti di tutti i conflitti.

    Oggi è diverso da ciò che cantava Tasso in riferimento a quei tempi lontani? Non so, forse oggi, come allora, i nemici sono in realtà uomini accomunati da sentimenti e ideali non così opposti ma che sono costretti a combattere perché una corazza (oggi invisibile) li fa schierare da una parte in modo inevitabile.

    Per il mio parere invece sull’opera di Tasso come gradevole nella sua complessità e lunghezza, dico che è un’opera che se non viene spiegata con parole ed immagini semplici, chiari si può rischiare di annoiare i giovani alunni. Qualcosa va di certo colta ma è difficile, e per linguaggio e per complessità stilistica, approfondirla per intero.

  15. Sergio, non capisco il tuo tono difensivo, in etimologia diciamo pure acrimonioso; ti assicuro che hai frainteso, ma proprio parecchio. Buon Tasso,

    Un saluto,

  16. @ Andrea Di Consoli
    Ci avrei scommesso che il Tasso è una delle tue letture preferite.
    😉
    Anticipo a te e agli altri che presto organizzeremo, qui a letteratitudine, un bel dibattito sul tuo nuovo ottimo romanzo.

  17. @ Sergio
    Nei prossimi giorni dovrai condurre questo post da solo.
    Mi raccomando, eh?
    Incontro, accoglienza, cordialità, polemica (solo se costruttiva)…
    Le parole chiave di questo blog.
    😉

  18. Vi lascio con una battuta dedicata alla nostra giudichessa: Simona.
    Sapevi che esiste un Tribunale Amministrativo dove i giudici non fanno altro che parlare di Tasso?
    Appena entri non fanno altro che inondarti – con una certa veemenza – di notizie, informazioni e considerazioni sull’autore della “Gerusalemme liberata”.
    Questo Tribunale si chiama… Tar Tasso.
    🙂

    Terribile, lo so!

  19. ….@Massi…non sapevo di questo tribunale…Però, se è un tribunale in cui si parla di letteratura….MI TENTI…vorrei andarci anch’io…

  20. Giulio, non intendevo essere acrimonioso, ma solo preciso, esatto, meticoloso. Mi spiace di aver dato un’idea diversa. Ciao.
    Sergio

  21. Caro Sergio, complimenti!
    Sono fuori Milano e ritornerò solo domenica; andrò a leggere con interesse la tua esposizione e relativi riferimenti storici sulla Gerusalemme Liberata, pur consapevole di raggiungerti con ritardo col mio intervento, già superato dagli argomenti esaustivi degli altri amici di scrittura, voglio provarci comunque ad individuare gli eredi semantici moderni di Torquato Tasso; più di uno, forse: ché i classici sono sempre attuali quando trattano i vizi e le virtù di tutte le gens, forse.
    Un abbraccio, ché non potevo mancare al tuo invito rivolto a tutti Noi.
    Luca Gallina

  22. Sergio e Massi, bella idea… Un po’ di Letteratura ci vuole, i padri fondatori intendo. Tutti noi siamo nani sulle loro spalle…
    Ciao Luigi: anche io pensavo a Giacomo mio a Roma sulla tomba di Tasso, unico ricordo bello di un viaggio pieno di sofferenza e deludente.
    Achille Campanile scrisse un pezzo bellissimo sul tasso del Tasso ma non lo trovo! (OT).
    Io amo i madrigali di Tasso in cui la poesia è “pura”, cioè è pura lirica, sciolta dalle necessità encomiastiche, apologetiche, programmatiche. Non voglio fare la crociana e dire poesia/non poesia, ci mancherebbe: per me la GL è uno dei capolavori fondanti della letteratura italiana. Però il temperamento lirico di Tasso si imbarcò in un’impresa titanica, quella del poema epico, che ne minò la fibra per gli scrupoli religiosi, morali, formali. Tasso visse nel terrore di aver scritto qualcosa che non si adattasse allo spirito severo e arcigno della Controriforma, e giù ad emendare, purgare, mentre l’inquietudine, la follia, unite alla scoperta, forse, della meschinità, della falsità, della malvagità delle corti dei suoi mecenati finirono per annientarlo.
    Non so se Tasso aderisse profondamente a quanto narrava. Il Tasso lirico è quello dell’episodio di Erminia tra i pastori o di certe pause tra un combattimento e l’altro, in cui forse – locus amoenus – si è lontani dal cozzare di brandie piastre e maglie e si vagheggia una vita in cui non è necessario combattere, un’esistenza di contemplazione, utopica forse, che non richieda bracci secolari per rapportarsi al Divino.
    Mio parere personale, eh…
    🙂

  23. Salve a tutti, o Letteratitudiniani, benvenuti in questo galeone navigante in acque che neanche ”ex cathedra” oggi vengon piu’ attraversate – ed e’ un peccato.

    Prima di rispondervi vorrei dire che preferirei far in modo che tutti insieme creassimo un discorso collettivo, per far si’ che il ”botta-e-risposta” infine non si esaurisca, pertanto esaurendo anche l’argomento che invece e’ vastissimo e contiene miriadi di spunti d’ogni tipo (storico, filosofico, morale, civile, politico, stilistico, grammaticale, retorico, ecc.).

    Cio’ detto, iniziero’ dall’ultimo intervento fin ora apparso (Marilu’), per poi risalire ai precedenti, rispondendo dunque con un singolo commento ad ogni singolo intervento dei vostri. Per questo mi occorrera’ del tempo: abbiate pazienza, per favore… se si cerca di far bene le cose non si guarda l’orologio.

    Cara Maria Lucia,
    hai ricostruito perfettamente, a mio avviso, il travaglio del Nostro che, alle prese con l’Opera Immortale quasi ne mori’ fisicamente. L’ambiente circostante del Tasso forse e’ quello che ben descrive il De Sanctis (un laicista convinto), parlando dell’epoca della Controriforma nei suoi risvolti italiani per introdurre il discorso appunto su Torquato:
    ”(…) In Italia non ci fu lotta (fra Protestanti e Cattolici, ndr), perche’ non ci fu coscienza, voglio dire convinzioni e passioni religiose, morali e politiche. Le altre nazioni (aveva citato Francia e Spagna, ndr) entravano pure allora in via; essa (l’Italia, ndr) giungeva al termine del suo cammino stanca e scettica. Rimase papale, con una coltura tutta pagana ed antipapale. Il suo romanismo non fu effetto di rinnovamento religioso negli spiriti, come tento’ di fare frate Savonarola; fu inerzia e passivita’: mancava la forza e di combatterlo e di accettarlo. Piacque quella maggior castigatezza e correzione nelle forme, stucchi della licenza; ne’ dispiaceva quel nuovo splendore del papato; e, non avendo patria, si fabbricavano volentieri una patria universale o cattolica, col suo centro a Roma.” (Storia della Letteratura italiana, Newton Compton, p. 399).

    Poi, sempre nel medesimo testo, per scoprire quale fosse lo spirito profondo del Nostro, eccoci la descrizione desanctisiana del Tasso, magnifica, potente, nel suo paragone col Petrarca:
    ”Guardate in viso il Petrarca e il Tasso. Tutti e due hanno la faccia assorta e distratta, gli occhi gittati nello spazio e senza sguardo, perche’ mirano al di dentro. Ma il Petrarca ha la faccia idillica e riposata di un uomo che ha gia’ pensato ed e’ soddisfatto del suo pensiero; il Tasso ha la faccia elegiaca e torbida di un uomo che cerca e che non trova. E nell’uno e nell’altro non vedi i lineamenti accentuati ed energici della faccia dantesca. Manca al Tasso, come al Petrarca, la forza, con la sua calma olimpica e con la sua risoluta volonta’. E’ un carattere lirico: non e’ un carattere eroico. E, come il Petrarca, e’ natura subbiettiva, che crea di se stesso il suo universo.” (ibidem, p. 409).

    Riguardo allo scritto umoristico di Campanile, si intitola ”La quercia del Tasso” e sta nelle ”Vite degli uomini illustri”. Ti riporto l’incipit dell’edizione BUR:
    ”Quell’antico tronco d’albero che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale e’ stato murato acciocche’ non cada o non possa farsene legna da ardere, si chiama la quercia del Tasso perche’, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand’essa era frondosa.”
    (Ma, vicino, esisteva, continua Campanile, un’altra quercia nella quale viveva un tasso…).

    Ciao cara
    Sergio

  24. Caro Luca Gallina,
    scrivi ”(…) Voglio provarci comunque ad individuare gli eredi semantici moderni di Torquato Tasso”.
    Al momento a me, di eredi, non me ne vengono in mente; pero’ bene, anzi benissimo: attendo le tue nuove scoperte qui.
    Ciao, caro
    Sergio

  25. Cara Sabina Corsaro,
    innanzitutto grazie per gli (immeritati) complimenti alle mie noterelle.
    Poi, credo sia importante rispondere al fulcro delle tue riflessioni, ossia questo:
    ”Quello che mi viene da chiedere è se possiamo cogliere nella “Gerusalemme Liberata” una celata ‘apologia della guerra’ o se invece si possa rilevare l’elemento che dissolve qualsiasi fanatismo nei confronti di tutti i conflitti.”

    Bene. Sono dell’avviso che non sia possibile, nel poema, scindere le motivazioni morali di fondo fra: 1) Un uso diciamo ”tecnico” della guerra cristiano-mussulmana; e 2) Degli elementi diciamo ”umanitari” che scavalchino la violenza e il fanatismo delle due fazioni in guerra.
    No, questo non e’ possibile, secondo me, perche’ Tasso, pur concedendo pari dignita’ umana e morale ad Aladino, Argante, Solimano e a Goffredo, Rinaldo, ecc., non puo’ dimenticare il motivo unico e direi monolitico della sua opera ”princeps”: dimostrare la veridicita’ unica ed incontrovertibile delle sue personali (e tridentine) convinzioni, secondo le quali la Salvezza e la Verita’ erano solo ed esclusivamente rappresentate dal Cattolicesimo romano. Un Cattolicesimo ecumenico ed indiscutibile. Per noi, oggi, sarebbe comodo vedere diversamente lo spirito belluino dei nostri antenati tardo cinquecenteschi, ma questo, secondo me, sarebbe un semplice abbellimento.
    Ciao, cara
    Sergio

  26. Caro Lorenzo Russo,
    voglio citarti:
    ”A che cosa è servita la liberazione di una Gerusalemme, se non ad appagare la sua fame (dell’essere umano, ndr) di potere e conquista.
    È un fatto che ancor oggi si ripete, e non vedo un barlume di speranza che un giorno sarà diversamente, se non quando una catastrofe incombente e superiore ad ogni rimedio umano ci costringerà ad aprire gli occhi e la mente e a riconoscere la nostra ignoranza e cupidigia.
    Mi sembra che i passi dell’evoluzione abbiano sempre avuto il loro spunto da una tragedia, contro la quale non esisteva alcun rimedio, se non nell’azione comune ed unitaria.”
    Ti cito condividendo, seppur parzialmente, i tuoi toni pessimistici e al contempo speranzosi. Ad esser precisi, non condivido affatto quando parli generalmente di cupidigia, ignoranza e sopraffazione, riguardo alla conquista di Gerusalemme del 1099: credo infatti che i soldati cristiani e mussulmani di allora fossero ben diversi da quelli odierni, piu’ simili a Tasso e ai muezzin del tempo che ai loro re e principi – i quali invece si’, erano in gran parte motivati da mera cupidigia e sete di potere e di denaro. Condivido invece la (ma attuale, contemporanea) tua implicita condanna netta di qualsiasi violenza, uccisione e conquista, per qualsiasi motivo essa venga posta in essere. Questa coscienza della stupidita’ della guerra e’ cosa recente e me ne sento parte. Pero’ noto che questa pace e nonviolenza valgono solo se i Popoli, sia cristiani che mussulmani, riescono a vivere bene ognuno nel proprio territorio e nel proprio Credo. Cosa, questa, oggi non vera, mi sembra, visti i continui sconfinamenti di entrambi.
    Parlando della Gerusalemme attuale, auspicherei che fosse libera ed abitata fraternamente dalle tre religioni che la considerano sacra: l’Islam, il Cristianesimo e l’Ebraismo. Ma questo e’ un argomento che vorrei approfondiste voi tutti, tu e gli altri Letteratitudiniani.
    Ciao, caro
    Sergio

  27. Caro Andrea Di Consoli,
    ci dici che ”Tasso e’ una delle mie letture preferite (consiglio a tutti anche le “Lettere”)”.
    Un complimento cosi’ da parte tua e’ un onore… Allora riportaci qualche brano dell’epistolario tassiano, dai…
    Ciao, caro
    Sergio Practicus

  28. Caro Enrico Gregori,
    ”Sdegno, dover, benevolenza e duolo” portano Rinaldo sul finir del Canto XX a cercare la vendetta verso Solimano (nomato anche Soldano), il quale aveva affettato (come diresti tu) i cristiani Gildippe ed Odoardo. Ecco: i motivi sovracitati portarono Tasso, a mio parere, a parlare in termini tanto immortali quanto apologetici di una sanguinosa guerra di religione del 1096 d.C.
    Ma veniamo all’attualita’.
    Il nostro sentimento, sia fra i cristiani che fra i mussulmani di oggi, purtroppo e’ tanto vicino a tali intenti bellicamente crociateschi o da sharia, quanto lontano anni luce dai motivi che nel 1096 ne provocarono il conflitto d’armi. Perche’ allora, seppur utilizzati dai ”soliti” poteri forti, i sentimenti belligeranti popolari, soldateschi e dei poeti come il Nostro, erano motivi puri ed eminentemente religiosi (anche la ”pagnotta”, dirai tu, ebbene: pagnotta e Croce insieme, rispondo, o pagnotta e Maometto insieme, indistinguibilmente). Ma perche’ cosi’? Perche’ le loro societa’, i due mondi ”Pagano” e Cristiano, erano basati su queste Confessioni, erano societa’ confessionali, quelle di allora, nonostante gli intellettuali ”laici” – che pur esistevano, vedi Machiavelli fra tutti.
    Ma le fondamenta, ripeto, erano religiose per tutti i Popoli in gioco – questo lo si vede anche da un ”romanzo” di ben altra natura e respiro come il ”Don Chisciotte”, stampato all’inizio del Seicento ma in Ispagna, dove il rinnovamento riformistico era penetrato molto piu’ che da noi. Oggi il panorama e’ cambiato profondamente: abbiamo di fronte pochi motivi, e tutti materiali o moralmente confusi, anzi SIA materiali che moralmente confusi, a riscaldare gli animi: iniqua distribuzione delle ricchezze nel mondo, senso di perdita delle proprie tradizioni (fenomeno interiore a ciascuno dei popoli, cristiani e islamici) e nichilismo profondo; il tutto in combutta maligna per un guerreggiare senza sapere in fondo perche’. Ma il Tasso il perche’ lo sapeva e lo sentiva bene. Anzi TROPPO bene, visto che veniva perseguitato in casa dai soliti ipocriti ne’ veri fedeli cristiani ne’ veri guerrafondai materialisti e arraffatori… da quella gente vuota e perduta ma forte e prepotente che guida i popoli e gli individui alla morte collettiva ed individuale. Da quella gente i cui pronipoti stanno scatenando gli stessi nichilistici confilitti del XXI secolo.
    Ciao, caro
    Sergio
    P.S.
    Avrei da dirti dell’altro, ma… fa caldo. Perdonami!

  29. Caro Luigi La Rosa,
    Eh… il Tasso lirico… Lo volevo lasciar fuori – per semplificare ed indirizzare il discorso su un ”focus” unico a scanso confusioni – ma giustamente non me l’hai permesso, e di questo ti ringrazio! Pertanto… riporto un madrigale, commentato dal Pazzaglia cosi’: ”C’e’ la stessa ricerca di intellettualistica arguzia del madrigale precedente (”Amor l’arco e la face”, ndr), divenuta qui ancor piu’ ingegnosa, complicata, ma anche avvivata da un sottile e morbido erotismo, fra sensuale e crudele.”
    Tu, La Rosa, la conoscerai di sicuro e qui dunque lo espongo soprattutto a chi non l’abbia ancor notato.

    ”Un ape esser vorrei”

    Un’ape esser vorrei,
    donna bella e crudele,
    che, sussurrando, in voi suggesse il mele
    e, non potendo il cor, potesse almeno
    pungervi ‘l bianco seno
    e ‘n si’ dolce ferita
    vendicata lasciar la propria vita.

    Ciao, caro
    Sergio

    P.S.
    Mi scuso per gli apostrofi al posto degli accenti, ma uso una tastiera straniera e devo far cosi’.

  30. Cara Silvia Leonardi,
    si’, sono un po’ fatto alla vecchia maniera – o alla ”nuova” ma d’un certo tipo e retaggio. Comunque anche a me e’ piaciuta molto la tua stanza 20 del Canto II, dove il re islamico di Gerusalemme (Aladino) resta quasi sedotto dalla bellezza di Sofronia, la candida Sofronia che si immola per salvare i cristiani gerosolimitani. Infatti prima, nella stanza 19, lei cosi’ si era presentata ad Aladino:
    ”(…) Vengo, signor, gli disse, e intanto l’ira
    Prego sospenda, e il tuo popolo affrene,
    Vengo a scoprirti e vengo a darti preso
    Quel reo che cerchi, onde sei tanto offeso.”
    Poi viene la tua ottava. Dopo ancora Sofronia – quantunque innocente – si autoaccusa del furto sacrilego:
    ”(…) Il reo si trova al tuo cospetto (…)”
    Ciao, cara
    Sergio

  31. Cara Elisabetta,
    intervento, il tuo, che condivido appieno – eccetto qualcosina di cui ti diro’ dopo averti citato:
    ”Sono convinta che questa è la vera epica (non il testo della new italian epic , pur così tanto scaricato, dei wu ming), perché nell’opera di Tasso c’è il riferimento ad una vera trascendenza e a valori forti e imperituri, realtà che al giono d’oggi si sono perse o quanto meno annacquate. Però, recuperando i confini semantici e narrativi entro i quali si muove Tasso, sono convinta che anche al giorno d’oggi si potrebbero scrivere capolavori simili. Non in metrica, ovviamente, e non così lunghi e dettagliati. Oggi la sensibilità è diversa, ma il desiderio di leggere cose alte e belle c’è in ogni epoca storica, persino tra noi italiani che siamo così tanto sbeffeggiati perché non leggiamo. ”

    Ecco. L’unica cosa di tutto cio’ – ed anche di quel che esprimi piu’ avanti – che non condivido e’ quando dici che la rima e’ sorpassata. Non per forza: perche’, forse nel 2008 le note musicali sono sorpassate e in Italia e in Inghilterra, in Arabia, facciamo la musica solo picchiando sui coperchi e martellando contro le serrande di ferro?
    La musica, dunque, esiste anche nella parola. Non esiste l’orecchio saggio che la sappia ascoltare e/o realizzare. Ma non e’ una condanna, e’ un’educazione al gusto da riportare in auge… cosa FATTIBILISSIMA.
    Io infatti la rima la uso – se vuoi ti faccio aver un poemetto (da quattro baiocchi) – ed in altri, pur modernissimi posti del mondo, la rima la si usa a iosa. Nel Duemilaotto. E sono bravi i poeti che la usano altrove, penso, quanto i versoliberisti italiani di oggi, che si vergognano (!!) della propria tradizione metrica – illustre tradizione, come vediamo anche dal Tasso. Insomma… Mai vergognarsi, Italiani, di cio’ che di augusto abbiamo!
    Ciao, cara
    Sergio

  32. CONCLUDENDO
    Ho scritto risposte a tutti per circa tre ore e mezza e NE SONO FELICE. Continuiamo cosi’, che’ la Letteratura e’ pane e companatico per tutti noi.
    Bacioni
    Sergio

  33. Il pezzo di Sergio Sozi è molto interessante, ma dopo aver studiato Torquato Tasso al classico non lo rileggerei. Forse perchè me l’hanno fatto odiare, me l’hanno reso noioso, fastidioso. Rcordo con terrore L’Aminta… Non credo che La Gerusalemme liberata sia opera ancora attuale, non la consiglierei a mio figlio, almeno, che ha 11 anni e sta legendo con passione Trilussa (lui sì,attuale).

    Gordiano Lupi

  34. Anche io ho creduto per lungo tempo che la grande letteratura fosse immune dalla polvere del tempo, ma mi sono dovuto ricredere quando ho cercato di leggere Oliver Twist, personaggio e testo che ho sempre amato. Ho lasciato il libro dopo le prime 50 pagine, cosa assolutamente anomala per me, che mi impongo di arrivare sino alla fine se non altro per rispetto di chi ha scritto il testo… Stavolta non siamo in sintonia, Massimo 🙂

  35. @ sergio:
    grazie mille. io ho scritto cinque righe e tu mi hai dato una risposta esaustiva lunga quanto la Gerusalemme Liberata medesima. Nonostante il caldo
    🙂

  36. Bravo Sergio, e bravi anche gli altri che qui intervengono. Leggo questo post con continuità e sommo interesse. Non oso parlare dell’opera del Tasso, per motivi che ho già espresso nella nostra “camera accanto”, ma mi è piaciuto il tuo pezzo introduttivo e altrettanto mi ha colpito la tua coraggiosa difesa della rima; ma ancora più in generale vorrei parlare della tua strenua posizione di difesa della nostra lingua, per portare, se posso, qualche ulteriore freccia al tuo arco.
    In questi giorni ho qui due nipotine canadesi (“ine” si fa per dire: la piccola ha vent’anni e la più grande trenta; mio fratello (il padre) vive a Montreal da più di 25 anni). La minore non spiccica una parola di italiano, ma proprio ieri sera mi diceva quanto le piaccia sentire semplicemente il suono della nostra lingua, che trova affascinante e ‘romantico’.
    Ecco, noi forse non ce ne rendiamo conto: ci sembra così (o anche più)romantico forse il suono del francese, così fluido e scorrevole l’inglese. Giusto il tedesco credo appaia all’universo mondo una lingua dura e spigolosa, di non facile attrattiva (per non parlare dell’olandese allora, dal suono quasi scatarrante).
    Ecco, secondo me è proprio leggendo le rime del Tasso che qui vengono riproposte ad esempio, o solo dal nome dei personaggi citati (Argante, Soldano, Gildippe, Odoardo….) che ci si accorge inevitabilmente (solo un sordo potrebbe non riuscirvi) dell’estrema musicalità dell’Italiano, un po’ come a mia nipote basti sentire la ricetta della parmigiana.
    Comprendo un po’ di più il tuo amore per questo idioma, e quello per la rima e per le nostre ‘illustri tradizioni’ (virgoletto perché son parole tue) di cui menare orgoglio e vanto.
    E comprendere di più è sempre un passo avanti.

  37. Caro Sergio,
    innanzi tutto due cose fuori tema. La prima: ti ho scritto qualche ora fa privatamente. La seconda, a proposito dello scambio di idee con Giulio su italiani (o Italiani) ecc.: gli antropologi sono ormai concordi nel ritenere l’accezione di razza e di etnia come scientificamente infondata, utilizzata, tale accezione, più volte, anche per i fini nefasti che ben si conoscono (ultimo caso, in Italia, i Rom).
    Torquato Tasso. Oggi è un autore considerato un po’ marginalmente. Uno dei tuoi grandi pregi, caro Sergio, è l’inattualità. E’ facile essere “a la page”, seguire la corrente delle mode culturali o il flusso più ampio del’onda storica. Difficile invece è rimanere ben saldi, e con gli occhi aperti, a prescindere dal vento che tira. E ti sono grato proprio di questa tua inattualità, della devozione alla lingua italiana, della possibilità che mi offri di osservare attraverso prospettive inconsuete per i nostri anni – prospettive vitali e non casuali o vacuamente peregrine -, di arricchire dunque il mio sguardo.
    Sono ritornato più volte ai classici italiani: soprattutto a Dante, Francesco d’Assisi, Boccaccio, Ariosto, fino ai più recenti: Pinocchio e I promessi sposi. Con poca passione ho ripreso talvolta Petrarca, molto raramente sono ritornato a Tasso. Perchè per ultimo Tasso? Probabilmente, non mi ha attratto un certo barocchismo (non disprezzo il barocchismo in generale, anzi) e una scrittura talvolta immersa in visioni cupe, e inoltre mi ha forse respinto l’idea di fondo della celebrazione d’una guerra di conquista cristiana.
    Trecento anni di crociate hanno probabilmente lasciato nell’inconscio collettivo dei discendenti di quelle due fazioni un odio feroce, il quale si fa ben sentire oggi; e ancora oggi le popolazioni arabe devono subire altre invasioni cristiane.
    Ma questo motivo, il motivo storico-politico e ideologico, avrebbe dovuto precludermi la lettura di numerosi capolavori, non ultimi quelli di Celine e Hamsun (come è noto, entrambi gli autori sono stati collaborazionisti durante le invasioni naziste delle loro rispettive nazioni), o la visione d’una grande opera cinematografica come “Ombre rosse”, avente come retroterra ideologico la celebrazione dell’invasione, da parte degli europei, delle terre dei nativi americani.
    Un motivo di attrazione/repulsione legato a Tasso è, inoltre, la sua follia: come tutto ciò che altera profondamente uno stato mentale, può in qualche modo affascinare e nel contempo terrorizzare. Ma tu ora mi ricordi che la follia di Torquato Tasso era legata anche alla ossessione relativa alle innumerevoli riscritture del suo capolavoro, e ciò mi affascina più che inquietarmi.
    Altro non voglio e non so dire, non avendo più ripreso Tasso in mano come si deve. Voglio solo ringraziarti ancora, Sergio, per avermi dato la possibilità e la voglia di rinnovare il mio interesse (che diventerà forse amore?) per un grande della letteratura italiana.
    E naturalmente un ringraziamento anche a Massimo per la sua consueta gentile ospitalità.
    Un abbraccio affettuoso,
    Gaetano

  38. tanto per ridere….quando sostenni l’esame da giornalista professionista c’era in commissione un collega che aveva il compito di fare domande di cultura generale. questo collega era già celebre per aver fatto un collegamento dal gianicolo esordendo “eccoci qui, sotto la quercia del Carducci”
    🙂

  39. Io abito a Monteverde e tutte le sere, per tornare a casa dal lavoro, sotto la quercia del Tasso al Gianicolo ci passo, con il mio vespone.
    @ Sergio
    Se vuoi te lo saluto (il buon Torquato, seduto lì, sotto i resti della quercia).
    @ Enrico
    Se vuoi, per te saluto il Carducci, a nome del tuo collega
    (sperando che Torquato non mi mandi a FNC).

  40. Nuovi ringraziamenti a tutti per gli interventi. Le solite risposte personalizzate – un mio commento per ogni vostro commento – a piu’ tardi, verso le 22.
    Salutoni
    Sergio

  41. @ carlo:
    lascia stare, forse Tasso era un brav’uomo ma non sopporterebbe tanto. forse tirerebbe una radice della quercia tra le ruote della tua vespa. da lì puoi scegliere tra il Nuovo Regina Margherita e il Santo Spirito

  42. Fuori Tema (spiritoso) per Greg:
    be’, visto che la radice gliel’ha tirata il Tasso, io opterei per il Santo Spirito (eh eh eh).

  43. Sergio, io il Tasso non l’ho studiato, non ho fatto studi classici e non ho più il tempo per recuperare. Come si fa? Avrei voluto intervenire con qualcosa di più concreto. Preferisco evitare le battute facili e di andare fuori tema. L’argomento è molto impegnativo e tu lo stai affrontando con rigore e professionalità. Posso solo complimentarmi. (E comunque il Tasso è sempre meglio della tassa).

  44. Giusto, caro Sergio, cupidigia e presuntuosità, da parte di coloro che impongono ubbidienza e sottomissione, anche velata, agli altri ancor privi di coscienza propria ed istruzione migliore.
    Da quel che ho potuto leggere, Tasso fu un propulsore per la formazione di una nuova coscienza sui principi dell’equità dei popoli e dei loro diritti fondamentali.
    Ogni guerra è una forma d’incomprensione verso il prossimo, che si annida nell’incapacità dell’uomo di riconoscersi in lui.
    Mi viene in mente la citazione moderna dei pacifisti: è guerra, ma nessuno va a farla.
    Qui giace il nocciolo del problema, che affligge l’umanità sin dalla sua apparizione.
    Nessuno ne ha colpa; essa è da trovare altrove, cioè nel processo evolutivo umano, impostato altrove, che abbisogna di più tempo e cognizioni per la sua realizzazione.
    Siamo tutti, uguali di quale rango e intelligenza, espressione di questo processo e al servizio di, non so, di quale intelligenza; ognuno deve, anche non volendo, interpretare il suo ruolo, che si contraddistingue solo al confronto con gli altri ruoli.
    Buoni o cattivi, lo siamo per riconoscerci e per reagire al differente dal noi, e dar atto alla trama universale, che assume così le più svariate forme e denominazioni secondo il nostro modo d’intenderla nel momento preso in atto.
    Varia così dal tragico al comico, dal ridicolo al serio, dal fantasioso al reale, più reale della realtà stessa, come per sfuggire e sentirsi liberati dai suoi influssi.
    La Gerusalemme liberata va quindi intesa come monito agli errori umani nel giudicare gli altri e nel mettersi al servizio di coloro che seguono solo la propria fama e cupidigia; per questo, questa meravigliosa città non è ancora libera, ma schiava degli errori che l’uomo deve superare sul suo cammino.
    Torquato Tasso è, insieme a moltissimi altri, un propulsore del processo evolutivo, una sua creazione per accelerare il tempo del suo arrivare al fine finale.
    Va quindi ricordato ed elogiato, ma ancor più seguito per ciò che ci ha insegnato con i suoi scritti che illuminano la nostra mente e riscaldano i nostri cuori di persone che desiderano l’emancipazione della nostra specie.
    Di questi esempi ha bisogno tutta l’Umanità, nei quali possa rispecchiarsi e, riscoprendo la propria meschinità, risollevarsi e muoversi verso le foci della sua salvezza.
    Un caro saluto.
    Lorenzo

  45. Caro Gaetano,
    Vado subito ”fuori tema” per parlare del nostro Paese. Orbene, io, sopra, ho scritto cosi’:
    ”Le convenzioni storiche, letterarie, politiche e sociali dell’intero Mondo Creato indicano nell’Italia un Paese fatto in larga maggioranza dall’etnia italiana che usa la lingua italiana ed ha costumanze e tradizioni, appunto, italiane, e con delle minoranze linguistiche autoctone che tutti sappiamo (Francesi, Tedeschi, Sloveni, ecc.).”
    Ho pertanto parlato di ”etnia” e non di ”razza”. Il vocabolo ”razza” infatti non l’ho usato. Per quanto concerne invece il vocabolo ”etnia”, ho fatto mia la definizione che ne da’ lo stesso dizionario Devoto Oli, questa:
    ”Etnia s.f. Aggruppamento umano basato sulla presenza di caratteri somatici, culturali, linguistici comuni (Dal gr. ethnos ‘popolo’).”

    Sotto questo profilo, mi sembra giusto dire che, come le altre, anche la nostra e’ un’etnia. Che, inoltre, l’Italia sia una Nazione sovrana con una sua storia, dei suoi usi e tradizioni, una sua religione largamente condivisa, una sua lingua ben definita e quant’altro di caratteristico e tipico, mi pare altrettanto evidente. Questo infatti non toglie che esistano anche, in Italia, delle sfumature individuali o dei sottoinsiemi; solo che l’insieme maggiore li include – minoranze, appunto ”etniche” a parte. Questo avviene in ogni Nazione europea, ed i collanti principali sono la lingua, la Confessione religiosa, la Storia e le Istituzioni politiche comuni. I tratti somatici sono in second’ordine, direi: questo e’ un particolare trascurabile.
    Faccio un esempio che mi pare calzante: tre fratelli spesso hanno capelli o nasi diversi, caratteri parzialmente diversi, ma cio’ non toglie che portino lo stesso cognome e siano, appunto, membri della stessa famiglia.

    Sul Tasso considera, Gaetano, che il mio interesse nei suoi confronti e’ piu’ motivato da un mio approccio affettivo e soprattutto storico-cultural-linguistico, piu’ che filosofico in senso stretto. Lo ammiro come poeta personale e tecnicamente eccellente; come uomo di cultura ossia umanista; come persona dai forti sentimenti e dalla adamantina onesta’ complessiva, a tutto tondo. Il suo cattolicesimo e’ serio piu’ di quello di un vescovo, diritto e espresso a fronte alta, privo di furbizie e stratagemmi, esente da meschine convenienze personali. E’ un vero cattolico, per la sua epoca: vuole diffondere il Verbo Biblico a tutto il mondo e riappropriarsi dei luoghi di culto sottratti ai cristiani – va infatti detto che fra cristiani e musulmani e’ stato nella Storia un continuo sottrarsi reciproco di luoghi di culto. Nel Cinquecento, infatti, si duellava ad armi pari, e non si deve considerare l’Islam o il Cristianesimo di allora come la vittima ingiusta: semplicemente ognuno stava dalla propria parte e punto. Vinceva il piu’ forte.
    Ma veniamo al 2008.
    Secondo me, se oggi cadessero i REALI e VERI motivi delle attuali guerre di religione – motivi questi in fondo materialistici ed economici senz’altro – smetteremmo di farci la guerra a vicenda. Se, insomma, un cattolico fosse un cattolico vero come Tasso ed un islamico un islamico autentico come Aladino, inizieremmo a pregare insieme o tutt’al piu’ ognuno resterebbe nella propria Nazione senza rompere le scatole a quelle di diversa Confessione. Invece i potentati economici di entrambe le parti la vedono diversamente, ohime’! Cosi’ di chiese cristiane, in molte Nazioni islamiche, non ve ne e’ manco l’ombra, invece in Europa troviamo molte moschee, d’altro canto l’invasione capitalistica o militare occidentale ha invaso i Paesi islamici… come vediamo, siamo ancora pari: si fa a braccio di ferro, a gara fra chi si comporta peggio perche’, in realta’, nessuno dei ”belligeranti” e’ piu’ convinto di aver la Verita’ religiosa in mano. E questi esiti nichilistico-materialistici ci spiegano come ambedue (cristiani e islamici) abbiamo perso un’occasione dorata: quella di essere ognuno seriamente calato nella propria religione; se lo fossimo stati, avremmo captato il messaggio di pace contenuto nei testi sacri di tutti (Corano e Bibbia) e l’avremmo smessa con le prove di forza, che in entrambi i Testi non hanno molta importanza nell’ambito dell’intero contesto dottrinario.
    In soldoni, a riassumere il discorso: se queste due religioni in conflitto avessero potuto seguire degli iter preminentemente spirituali, oggi non sarebbero piu’ in conflitto.
    Ciao, caro
    Sergio

  46. Caro Lorenzo,
    grazie anche per il tuo secondo contributo – nel quale hai interpretato molto ”liberamente”, mi pare, le mie precedenti parole. Se non capisco male, tu poni l’istinto guerresco al di fuori delle intenzioni razionali umane; e questa e’ un’ipotesi che rispetto.
    Ciao, caro
    Sergio

  47. Salvo,
    grazie, commovente: sono cosi’ pochi, oggi, quelli che pagano i tassi!
    Ciao, caro
    Sergio (ehm…)

  48. Cara Elisabetta,
    eh, si’, Letteratitudine e’ proprio un ”luogo virtuale” eccellente per tutti noi. Grazie a Maugger, piu’ che a me, ovviamente.
    Ciao, cara
    Sergio

  49. Caro Carlo S.,
    grazie per le frecce: le ho messe nella faretra e stanno bene assieme alle altre. Salutami Torquato al Gianicolo, foglia per foglia!
    Sulla lingua italiana:
    la sento mia, parte di me come un braccio o una mano, ecco il motivo del mio amore: non sopporterei di convivere quarantatre’ anni con qualcosa di usato per semplici fini comunicativi… insomma la voglio suonare, la mia lingua!
    Ciao, caro

    P.S.
    Mi ci vedi a parlare in sloveno con la mia piccola (o un giorno anche grande) Laura?

  50. Caro, Fabioletterario,
    ti capisco: in effetti la lettura della ”Gerusalemme liberata” non e’ facile. Solo che secondo me e’ un sacrificio e uno sforzo che l’opera tassiana merita; una fatica insomma che arricchisce chi la compie. A me almeno sembra di esser piu’ ricco, ora, piu’ completo come bagaglio storico, umanistico e letterario.
    Ciao, caro
    Sergio

  51. Caro Gordiano Lupi,
    ti cito per far capire a tutti il perche’ della mia risposta a seguire:

    ”Non credo che La Gerusalemme liberata sia opera ancora attuale, non la consiglierei a mio figlio, almeno, che ha 11 anni e sta legendo con passione Trilussa (lui sì,attuale).”

    Be’, credo che un Trilussa non escluda un Tasso (io leggo Dostoevskij, Plauto e Tasso). Poi, secondo me, per avere una seria e completa formazione letteraria, per dirsi dei letterati insomma, penso sia indispensabile anche soffrire un po’ su dei testi non linguisticamente e narratologicamente facili, almeno per avere un’idea fondata e chiara della variegata forma della nostra lingua. Mica dico di leggere tutti i minori, ma i principali si’, secondo me sono indispensabili. Cosi’ e’ per tutti i letterati di ogni Nazione del Mondo, checche’ ne sappia. Certo, mica dico per forza uno studio integrale, ma almeno degli ampi stralci da studiare per bene.
    Ciao, caro
    Sergio

  52. CONCLUDENDO:
    Oggi ci ho messo ”solo” un’ora per rispondervi, amici cari. Continuate a proporre idee e possibili sviluppi, a proposito della Liberata, del suo Autore o delle tematiche che ne scaturiscono o che scaturiscono dalla vostra sensibilita’.
    Io son sempre qui.
    Ciao, cari
    Sergio

  53. @ Zappulla:
    fa moltissimo caldo anche lì….la tassa non è preferibile al tasso! Sei forte!
    @ Sergio:
    scusami ma Salvo è intervenuto come quella gocciolia: c’è nessuno qui?
    Complimenti per la competenza e la costanza, ti seguo e imparo.
    🙂

  54. Cara Miriam,
    grazie per avermi scritto. Anch’io imparo da te – e dal Tasso in modo diverso ovviamente. E soprattutto dai bambini, che reputo superiori a tutti noi, in ogni epoca… forse c’e’ qualcosa di infantile in Torquato Tasso… non trovi?
    Ciao, cara
    Sergio

  55. A TUTTI:
    Un argomento interessante per dei letterati come voi sarebbe – sono sicuro che molti ci abbiano gia’ pensato e dunque diro’ una cosa ovvia – il confronto fra l’ ”Orlando furioso” e la ”Gerusalemme liberata”. Sara’ banale, ma… perche’ non provarci?

  56. Un’altra idea da sviluppare – stavolta mi sembra meno scontata – potrebbe essere il concetto di isolamento del poeta dal mondo e soprattutto dalla sua Patria reale – ovvero, per il Tasso e per noi, l’Italia.

  57. Ultimo argomento – collegato col precedente – che mi sovviene:
    l’isolamento del vero credente (in senso religioso) rispetto alla realta’ circostante.

    Mi sembra di aver messo molta carne al fuoco, gente… Mo’ fate vobis!

  58. ANCORA A TUTTI:
    Chi non abbia letto la mia risposta al proprio commento puo’ cortesemente andar sopra: la trovera’ di certo.
    Buonanotte e a domani, amici.
    Sergio

  59. Ho letto la tua posta diretta a Gaetano e concordo pienamente con il suo contenuto.
    Mi pongo ora la domanda se l’istinto guerresco sia più primitivo delle intenzioni razionali umane.
    A mio parere esso è dipendente dalle condizioni di vita dell’uomo.
    Allora il giovane sceglieva questa professione, non solo per seguire il suo stimolo forte di cercare l’avventura, ma anche perché rappresentava per lui l’unica forma di vita rispettata ed onorata. Il mito del re Arturo e della tavola rotonda rimane un mito per glorificare l’agire di queste soldatesche.
    Alla base sono sempre i problemi economici a determinare le decisioni, per cui anche oggi si riscontrano giovani involti in una guerriglia di liberazione o nell’occupazione di una terra straniera sotto la pretesa di voler portare la democrazia e con essa benessere per tutta la popolazione. I veri motivi sono ben altri e da ben altri messi in atto e del tutto razionali.
    Oggi, il giovane, per fortuna non tutti, che non abbia problemi pecuniari e/o di riconoscimento nella società, sceglie il rischio unito al divertimento, al piacere, all’allegria, e lo fa con disinvoltura viaggiando da un capo all’altro di questo mondo come se appartenesse solo a lui.
    Il rischio è rimasto alla base delle sue decisioni, ma il mezzo è cambiato, grazie alle sue
    disponibilità materiali che lo rendono indipendente.
    Gli ideali elevati e seri non esistono per il momento, non sono di moda nel mondo occidentale evoluto materialmente. Lo spirito, impoverito dai riflessi luccicanti del benessere, tace, non ha possibilità di reclamare ed aspetta il momento del ritorno della carenza, alla quale non esiste nessun rimedio se non rifacendo la rivoluzione o pregare di nuovo il Dio della salvezza e della sopportazione. Il benessere materiale ci rende razionali, ci eleva al divino da non aver bisogno di un Dio, mentre la spiritualità è idealista, essendo il frutto della disperazione che si crea uno sfogo nella fede in un Dio della salvezza.
    Cari saluti.
    Lorenzo

  60. Caro Sergio,
    parto dalla premessa che ogni opera intellettuale debba contenere un insegnamento etico e morale per il suo tempo, altrimenti ha per me poco senso e servirebbe solo al gusto del leggere per divertirsi e passare il tempo.
    Premetto anche che i principi etici e morali debbano essere variabili nel tempo, se vogliono essere idonei al confronto con gli impegni da assumere che diventano sempre più complicati e difficili, di pari passo con il nostro agire progressivo.
    Premetto anche che il senso di progredire non sia altro che una necessità per sopravvivere, al confronto con una natura troppo complicata da poterla regolare e ancor meno dominare, e al confronto con le nostre invenzioni e creazioni sempre più intelligenti, nel meglio come nel peggio per noi.
    L’opera di Torquato Tasso assume così per me un’esortazione a liberarsi degli incombenti, assunti con la nascita o acquisiti per volontà propria o di altri nel disporre di noi, come infine di quelli esterni a tutto ciò elencato e che ci accompagnano durante tutta la nostra vita, tanto da renderla a volte avventurosa, caotica, leggera, pesante, irrisolvibile, fino a distruttiva.
    Ogni opera ed azione umana sorge sempre su un dilemma, irrisolvibile se non in una fede forte e determinante, che ogni essere intelligente si dovrebbe porre: cos’è la vita, perché vivo, quali sono i miei compiti in essa e cosa sarà dopo di me.
    Sono domande abbastanza complicate, da farci apparire la nostra esistenza troppo breve, anche soltanto nel scegliere il momento più opportuno per porsele.
    Saluti cari.
    Lorenzo

  61. A TUTTI:
    Ripeto i tre argomenti di discussione che propongo qui:
    1) Confrontiamo la ”Gerusalemme liberata” con l’ ”Orlando furioso”; affinita’ e differenze.
    2) L’isolamento del poeta dalla Patria e dal Mondo.
    3) L’isolamento del vero credente (in senso religioso) dalla realta’ circostante.

    Chi volesse intervenire o proporre altro e’ sempre benvenuto
    Ciao a tutti
    Sergio

  62. Caro Lorenzo,
    preferisco citare la prima tua:
    ”Gli ideali elevati e seri non esistono per il momento, non sono di moda nel mondo occidentale evoluto materialmente. Lo spirito, impoverito dai riflessi luccicanti del benessere, tace, non ha possibilità di reclamare ed aspetta il momento del ritorno della carenza, alla quale non esiste nessun rimedio se non rifacendo la rivoluzione o pregare di nuovo il Dio della salvezza e della sopportazione. Il benessere materiale ci rende razionali, ci eleva al divino da non aver bisogno di un Dio, mentre la spiritualità è idealista, essendo il frutto della disperazione che si crea uno sfogo nella fede in un Dio della salvezza.”

    E’ un’analisi con la quale concordo appieno. Manca pero’ una controproposta per ovviare questi problemi. Insomma le soluzioni quali sarebbero, secondo te (a parte l’aspettare una crisi economica bestiale che ci riporti tutti al Medioevo)?

    Poi desidererei una chiarificazione su queste tue righe del secondo messaggio:
    ”L’opera di Torquato Tasso assume così per me un’esortazione a liberarsi degli incombenti, assunti con la nascita o acquisiti per volontà propria o di altri nel disporre di noi, come infine di quelli esterni a tutto ciò elencato e che ci accompagnano durante tutta la nostra vita, tanto da renderla a volte avventurosa, caotica, leggera, pesante, irrisolvibile, fino a distruttiva.”

    La spiegazione riguarda quell’aggettivo ”incombenti”, al quale manca il sostantivo: cosa e’ incombente?

    Grazie Tante
    Abbraccio Caro
    Sergio

  63. A Salvuzzo:
    Ma cosa te ne frega degli studi classici? Apri la Gerusalemme e leggitela – dai retta a un povero cretino!

  64. Caro Sergio,
    intervengo sul terzo punto (benchè un po’ distante dalla discussione centrale su Tasso): “L’isolamento del vero credente (in senso religioso) dalla realtà circostante.”
    Vi è un detto di non ricordo quale tradizione religiosa (orientale forse?): “Essere nel mondo, ma non essere del mondo”. Il detto vuole intendere, a mio modo di sentire, la capacità del ricercatore spirituale di partecipare attivamente alla mondanità, nel dare il suo contributo di consapevolezza, di equilibrio, di pace e di luce a questa terra, senza rimanerne invischiato, soffocato, reso schiavo. “Non tradite la terra!” ammoniva Nietzsche. Ed io condivido profondamente il suo sentire. Il rischio primo del ricercatore spirituale è quello di disprezzare la terra. Ed inoltre, un ricercatore sincero prima o poi scopre che è inutile e fuorviante tracciare confini tra mondo interiore e mondo esteriore; vi è solo il porre momentaneamente l’enfasi su un aspetto o su un altro dell’intera unica realtà.
    Un abbraccio,
    Gaetano

  65. Caro Sergio,
    aspettare significherebbe un parlare nel vuoto. Sarebbe necessario, ognuno secondo le sue possibilità, di promulgare i propri pensieri ed essere di esempio, affinché da una voce ne sorga una seconda e così via, fino all’organizzarsi democraticamente per i fini nei quali si crede.
    Infine, non è il risultato ottenuto quello che conta, ma l’impegno serio e deciso.

    Sul secondo punto, chiedo scusa per l’uso inappropriato dell’aggettivo e ti ringrazio della notazione. Intendevo i difetti che ognuno porta con sé dalla nascita e quelli che si aggiungono nel corso della sua vita.
    Ti saluto caramente.
    Lorenzo

  66. @Sergio-Gaetano
    Sergio, scusami se m’introduco su ciò che ha citato Gaetano.
    Chi disprezza la terra lo fa per timore di soccombere alle sue espressioni maligne, dimostrando di essere debole e non idoneo di assumersi i compiti elevati che la fede gli impone. Fede ed idoneità a rappresentarla devono formare una simbiosi sul cammino delle sue rivelazioni in un mondo imperfetto.
    Il vero credente crede nella vita ed è pronto ad affrontarla, perché solo così dà dimostrazione del suo credo, che include fermezza, coraggio, forza determinata di promulgarla e sostenerla proprio là dove l’incompletezza della nostra dimensione lo richieda. Il credo assume così la forza evolutiva contro il male ancor dominante.
    Infine, si può solo credere nella vita per migliorarla e non altro.
    Grazie e saluti,
    Lorenzo

  67. Cari Gaetano e Lorenzo,
    stiamo formando un bel ”colloquio triangolare”, mi sembra. Guai, infatti, a credere di parlare solo con il destinatario di una missiva, quando questa sia esposta a tutti su Internet. E’ ovvio pertanto il coinvolgimento di ogni lettore: e a me questo fa profondamente piacere, Lorenzo, non scusarti!
    Ad entrambi, per venire al nostro punto, proporro’ una risposta unica, poiche’ mi sembra che ambedue, in fondo, diciate che si deve lottare nel mondo senza paura di ”sporcarsi” con i suoi difetti.
    Eccola. E’ piccola e modesta, del tutto personale; ma ve la sottopongo.
    In ogni uomo di fede vi sono due vite che scorrono parallelamente, senza soluzioni di continuita’: quella mondana e quella interiore. La prima dialoga con la seconda, poiche’ ne e’ dipendente; la seconda guida la prima, ma, come ogni buon duce, ascolta, quando siano buoni e costruttivi, i suoi suggerimenti per evitare di diventare cieca e chiusa in se’. Dunque la guida a volte segue i voleri della sua anima ”mondana, terrena, pratica, tangibile”, ma mai senza prima averci riflettuto, secondo i suoi tempi. La terza voce, esterna a tale uomo, e’ quella divina, ossia la vera Guida; solo che spetta a quell’uomo di fede riuscire a coglierne i messaggi, spesso criptici. Se la triangolazione funziona, e siamo sinceri, ne traiamo un benessere profondo e condiviso con altre persone, animali e cose. Forse questo sara’ almeno Amore, se non propriamente ispirazione e vera fede. E puo’ bastare. Almeno a me. Quando ci riesco.
    Ciao, cari
    Sergio

  68. ”Siete voi nel grembo immenso
    De la terra, che tutto in se’ produce;
    Ne’ gia’ potreste penetrar nel denso
    De le viscere sue senza me duce (…)”

    Questo dice il mago cristianizzato (era prima Pagano) Ascalona a Carlo e Ubaldo, nell’ospitarli nella sua reggia subacquea mentre cercavano Rinaldo – rapito dalla maga Armida. Ascalona poi spiega da cosa provengano le sue doti sovrumane:

    ”Ne’ in virtu’ fatte son d’angioli stigi
    L’opere mie meravigliose e conte
    (Tolga Dio ch’usi note e suffumigi
    Per isforzar Cocito e Flegetonte) (…)”

    (Canto XIV, st. 41 e st. 42)

    Ovvero dice che e’ stata la Natura stessa a dargli tali doti, non le forze infernali. Infatti Ascalona e’ una sorta di ”mago-scienziato-astronomo” che va ”(…) Spiando (…) Quale in se’ virtu’ celi o l’erba o il fonte; E gli altri arcani di natura ignoti (…) e de le stelle i vari moti”. (XIV, 42).

    La natura e’ tutto (e a noi spetta scoprirla, vivendo), ma il suo cuore lo comanda solo l’Altissimo. Ecco… un motivo del mio amore (ir)razionale per il Tasso.

  69. Grazie Sergio,
    le “tre voci” di cui parlavi mi hanno evocato il tuo libro “Il maniaco e altri racconti”, dove il protagonista Santonastasio, siciliano, capitano dei carabinieri, ascolta con attenzione alcune sue voci.
    Grazie Lorenzo,
    sono colpito in special modo dalla tua frase finale “si può solo credere nella vita per migliorarla e non altro”. Questa frase trova in me una forte risonanza.
    Mi rivolgo adesso a entrambi, perchè abbiamo parlato di mondo, di etica. E voi – oltre che amici “in video” (e con Sergio si sta cercando anche un incontro in carne e ossa) – avete forse uno sguardo prospettico privilegiato sull’Italia perchè vivete entrambi all’estero.
    Ogni tanto scrivo miei messaggi di allarme, nella sezione “La camera accanto”, riguardante la situazione politica e sociale molto grave che sta vivendo l’Italia. Anche ieri l’ho fatto, pubblicizzando la manifestazione antigovernativa, promossa da Di Pietro e altri, di dopodomani 8 luglio a Roma. Questi miei messaggi d’allarme non hanno mai ricevuto risposte, tranne due sole volte, quando mi ha risposto Massimo e un’altra persona. In Italia la gente è vittima di una specie di narcosi ipnotica, c’è una sorta di assuefazione, di passività, e tale situazione sociopolitica ed economica rischia di diventare, oltre che ardua attualmente da vivere, anche di difficile ritorno, se dovesse procurare troppi disastri (e siamo solo a pochi mesi dall’insediamento del Governo Berlusconi).
    Un saluto affettuoso,
    Gaetano

  70. A Sergio: un merito ce l’hai. La mia pila di libri sul comodino si è innalzata… con “La Gerusalemme liberata”. Visto che ho fatto anche la rima?
    Io scrivo poesie in versi liberi. Utilizzo molto gli endecasillabi e i settenari, scrivo haiku, ma forse hai ragione tu sull’idiosincrasia della rima. La rifuggo ma amo la musicalità e il ritmo e li ricerco costantemente.
    Gaetano ha colto perfettamente il senso delle tue “considerazioni inattuali”…
    Salvo: tu dici che non hai fatto studi classici e che non puoi recuperare. Io ho studiato all’istituto magistrale e poi ho fatto Lettere moderne, però io non credo che uno scrittore possa prescindere dai classici, perché nutrono lo spirito, la mente e la lingua. I classici ci appartengono, TI appartengono, parlano a noi, a me a SALVO: aiutati con buone edizioni commentate, con apparati di note che ti aiutino. Nessuno ce la fa all’inizio, specie con opere lontane – apparentemente – dai nostri contesti culturali di riferimento. Ma ne varrà la pena. Io ho letto così Boiardo e Ariosto… bellissimo!
    Oppure possiamo fare come Manganelli: leggere Dante senza note, di seguito, quello che capisci capisci, quello che ti resta ti resta. Un contatto, una full immersion. Non sarà stato inutile.

  71. @Gaetano, Sergio
    Che bellezza comunicare con voi; allora continuiamo.
    Gaetano, mi viene da permanere sulla tua specificazione del mondo interiore ed esteriore.
    Quello interiore, aggiungo, è l’energia dalla quale sorge quello esteriore. Entrambi si abbisognano, essendo, come afferma giustamente Sergio, prodotti di un’energia superiore, quella che dichiariamo divina.
    Al loro confronto si forma la nostra coscienza, che ci guida e suggerisce come correggere gli errori, anche se ne facciamo degli altri, dovuti alla nostra mancanza di caratteristiche e veggenza migliori.
    I più saggi si muovono in questo mondo, che mi sembra simile ad una trama senza fine, come attori e nello stesso tempo spettatori, così che riescono a mantenere quella distanza così necessaria per riconoscere gli errori, quelli propri e degli altri.
    Mi viene in mente la professione del pasticcere. Il pasticcere è qui l’essere umano, e la torta la terra. Pur impegnandosi con diligenza, non riesce a produrre una torta eccellente e squisita, sempre compie un errore.
    Il suo prodotto abbisogna quindi sempre di correzioni, ma lui non perde la pazienza e ci riprova sempre di nuovo. Infine è il suo prodotto in causa, senza il quale non saprebbe chi fosse.
    La terra è la nostra identificazione. Senza di lei non sappiamo chi siamo; bisogna quindi amarla e rispettarla come si amasse e rispettasse se stessi e cercare di migliorarla, perché solo così miglioriamo anche noi stessi.
    La terra è ancor più la nostra madre, per cui dobbiamo rispettarla e imparare da lei, invece di offenderla e disprezzarla, come un prodotto da usare e poi buttar via, perché allora diventa matrice e ci punisce.
    Il Creato si basa quindi su un sistema di dimensioni coordinate e nello stesso tempo subordinate, nel senso che un disturbo o una mutazione in una dimensione causa secondo della sua intensità disturbi o mutazioni nelle altre, fino a poter distruggere o mutare tutto il sistema. L’armonia finale viene raggiunta solo alla fine, quando le dimensioni si riconoscono e si rispettano e forse si uniscono.
    Buona Domenica ad entrambi e cari saluti.
    Lorenzo

  72. A TUTTI:
    Ripeto i tre argomenti di discussione che propongo qui:
    1) Confrontiamo la ”Gerusalemme liberata” con l’ ”Orlando furioso”; affinita’ e differenze.
    2) L’isolamento del poeta dalla Patria e dal Mondo.
    3) L’isolamento del vero credente (in senso religioso) dalla realta’ circostante.

    1. Oddio, mi sento all’esame di Letteratura italiana con il mitico Paolo Mario Sipala, netino mazziniano specializzato in Letteratura otto-novecentesca specie siciliana… Ariosto e Tasso sono due mondi diversissimi perché temperamenti diversi e perché si servono del genere poema epico in modo differente. Ariosto è figlio del Rinascimento, del suo spirito luminoso. Tasso è figlio della Controriforma.
    Ne riparliamo…
    Buona domenica a tutti!

  73. Sergio, provo a scrivere qualcosa nonostante la lontananza di certi studi.

    Tasso è, a suo modo, un “contemporaneo”. Lo è la Gerusalemme liberata.
    Non riesco ad immaginare nulla di più attuale e sofferente della evidente contraddizione tra l’aspirazione a mostrare un mondo perfetto e ideale, ispirato ad ideali raffinati ed alti, fatto di personaggi superiori e il profondo senso di delusione e di sconfitta, che si legge nelle vicende amorose. Gli inganni della vita, le sue chimere hanno il sopravvento. Dunque, mentre afferma, il bisogno di una superiore visione ideale, propria di eroi tutti dotati di coraggio, fierezza, energia, lealtà, al tempo attesta l’impossibilità di realizzare quella visione, trovando essa il suo limite proprio nel senso di peccato dell’amore e della felicità.
    Non c’è storia d’amore del poema che non sia caratterizzata dalla irrimediabile incomunicabilità, dalle fatali separazioni: Erminia e Tancredi, Tancredi e Clorinda, Armida e Rinaldo. Passione e amarezza sono sempre sapientemente miscelate, quasi a diventare una identità unica di sentimenti. L’amore è attesa, compimento rinviato ed agognato e, proprio questo, doloroso, non un piacere certo, quanto l’appuntamento con un destino che si compie in prossimità della morte.

    I personaggi del Tasso sono soli, tormentati psicologicamente, incapaci di comunicare i loro sentimenti o semplicemente impossibilitati a farlo.
    Il fato o la fortuna dominano molte vicende umane (ricordo gli interventi degli angeli e dei demoni).
    Nell’amore, tutti cercano una alternativa alla guerra, ma è solo una illusione, presenza fantasmatica che mai si incontra, una alternativa alla vita reale, una dimensione “virtuale” nella quale esistere per amare, esistere per cantarne o scriverne.
    Il combattimento fra Tancredi e Clorinda rimane in noi quasi come topos letterario, quale raffigurazione iconica della felicità impossibile.
    La conquista finale di Gerusalemme passa quasi inosservata, tanta è la drammaticità delle vicende umane.

    Avremmo bisogno, oggi, di riferimenti quali Rinaldo, Tancredi soprattutto, ma anche Argante e, magari, di innamorare Armida, lasciarci conquistare da Erminia, appassionarci per Clorinda.
    .
    Come mio solito, mi sono lasciato prendere, ma non riesco ad immaginare sorte migliore per un’opera del genere.
    Un abbraccio e complimenti per il post.

  74. Grazie a tutti per gli ultimi interventi. Fra poco rispondero’ a tutti, come al solito.
    S.

  75. Caro Gaetano,
    capisco e seguo la situazione socio-politica italiana, ma personalmente credo di dar meglio il mio (doveroso) contributo ad un miglioramento della mia Patria facendo quel che so fare – ovvero operando nel campo della cultura umanistica e letteraria. Le mie opinioni strettamente politico-partitiche le tratto in separata sede, in altri luoghi.
    Riguardo ai tre ”Santonastasi” di cui gode (non ”soffre”, attenzione!) il mio capitano siciliano, diro’ che due sono molto ”settoriali” – e dunque li ho concepiti con delle ”specializzazioni” – ed uno e’ ”riassuntivo”. Cosi’ e’ il quadro:
    Euterpe I: e’ Euterpe-Euterpe, ossia lui e basta, la sua personalita’ complessiva, a tutto tondo.
    Euterpe II – ”Il Dialogante Solitario”: e’ l’allegoria dell’attivita’ dialogica interiore ad ogni uomo, il suo ragionamento, il suo mettere a confronto con l’attivita’ comparativa le opzioni e le possibilita’ che si offrono all’uomo.
    Euterpe III – ”L’Astuto”: e’ lo ”sbirro” vero e proprio, quello che fa il suo dovere senza troppo riflettere. Ma fortunatamente esiste il Dialogante a tranquillizzarlo e renderlo meno zelante.
    Ciao, caro
    Sergio

  76. Cara Marilu’,
    ti cito, va’:
    ”A Sergio: un merito ce l’hai. La mia pila di libri sul comodino si è innalzata… con “La Gerusalemme liberata”. Visto che ho fatto anche la rima?”
    E per giunta, cercando tua valutazione professionale e seria, ti copio una mia rimetta sciocca (e’ il prologo di un poemetto che ho pubblicato da poco in Italia):

    ”Miroir de mes reves”

    In un turchino pelago
    di carta e tramonto
    lascio’ egli il sol natio
    e la cara Metaponto

    Ruggi’ d’attorno l’onda
    e mal l’accolse il remo
    perche’ l’amara sponda
    in un ascosto seno

    Avea supremo aspide
    stillante rio veleno
    che in un’oscura grotta
    malediceva l’uomo.

    Non di gabbiano il canto
    ne’ voce o divin segno
    ma solo inchiostro e vento
    spingevano il suo legno:

    Prego’ dunque da solo
    le assenti Muse e Apollo
    gli dessero del volo
    la grazia e non il fallo;

    I Diavoli d’Elettra
    sembravano assenti
    o stavano i Papiri
    fra le calme correnti?

    Quali dinoccolati
    monstri ratti e arpie
    avrebbero occultate
    le aruspicine vie?

    Tenebre poi tacquero
    e solingo l’umano
    fischiando nel vespero
    dette abbrivio alla mano.

    (Segue il poemetto ”Miroir de mes reves”).

    Ciao cara e grazie: rileggiti con amore e somma ammirazione il Tasso!
    Sergio

  77. Caro Lorenzo,
    bello il paragone torta/Terra e uomo/pasticciere.
    Ed eccezionale quel che dice Esiodo nella ”Teogonia”, riferendosi in principio alle Muse:

    ”Salve figlie di Zeus, datemi l’amabile canto;
    celebrate la sacra stirpe degli immortali, sempre viventi,
    che da Gaia nacquero e da Urano stellato,
    da Notte oscura, e quelli che nutri’ il salso Mare;
    dite come dapprima gli dei e la terra nacqzero
    e i fiumi e il mare infinito di gonfiore furente (…).
    Dunque, per primo fu Caos, e poi
    Gaia dall’ampio petto (…).
    Da Caos nacquero Erebo e nera Notte.
    Da Notte provennero Etere e Giorno
    che lei concepi’ a Erebo unita in amore.
    Gaia per primo genero’, simile a se’,
    Urano stellato, che l’avvolgesse tutta d’intorno.”

    (Trad. G. Arrighetti)

  78. Dunque, secondo il poeta greco, dal Caos (= Vuoto) nacque prima Gaia (= la Terra), poi tutto il resto…

  79. Caro Eventounico,
    splendida analisi, come sempre approfondita e incentrata su un aspetto dell’opera che analizzi con esattezza, sentimento e partecipazione.
    Ti riporto il passo con il commento del Tasso stesso nel vedere i sentimenti di soddisfazione di Tancredi quando l’eroe vede che (mentre duella con Clorinda senza averla riconosciuta) il suo nemico perde piu’ sangue di lui e anzi lui ha solo poche ferite:

    ”Misero, di che godi? oh quanto mesti
    Fiano i trionfi, ed infelice il vanto!
    Gli occhi tuoi pagheran (se in vita resti)
    di quel sangue ogni stilla un mar di pianto.”
    (Canto XII, st. 59)

    Ciao, caro
    Sergio

  80. Anche l’amore e’ un argomento molto attuale, a vedere il poema.
    Se volete ne parliamo.
    Ciao a tutti e grazie mille, a domani
    Sergio

  81. A TUTTI:
    CHIUNQUE ABBIA INVIATO UN COMMENTO IN QUESTO ”POST”, VADA A CERCARE PIU’ SOPRA LA RISPOSTA, CHE HO SCRITTO A TUTTI.
    Sergio

  82. Caro Sergio,
    mi ricordo, seppur vagamente, di una lettura, nella quale Gaia salvò i suoi figli, tra i quali anche Giove, dalla gelosia e timore di essere usurpato di Urano.
    Ciao e grazie della poesia, che riecheggia ancora nel mio orecchio e illumina la mia mente.
    Lorenzo

  83. Caro Sergio, in realtà confesso di non poter parlare molto del Tasso e della Gerusalemme Liberata perché non ho mai approfondito molto né l’uno e, quindi, nell’altra. Il confronto a cui inviti nei fatti è pragmatico poiché a scuola il Tasso viene presentato ai ragazzi subito dopo la vivacità, l’attrattiva tipiche di un’opera come quella dell’Ariosto. Quindi in parte il Tasso sembrerebbe essere penalizzato da una collocazione cronologica che lo pone, vuoi o non vuoi, a confronto con l’Orlando Furioso. Ma sono mie supposizioni, legate alle mie esperienze.

  84. Caro Lorenzo,
    che bel complimento! Grazie! Ma ho solo riportato le aligere parole del grande Esiodo di Ascra (Beozia). Dopo Omero forse il piu’ grande fra gli arcaici greci.
    Dunque:
    Caos – Gaia (o Gea) – Urano – Cronos – Giove. Questa e’ la linea genealogica secondo Esiodo.
    Ciao, caro
    Sergio

  85. Cara Sabina,
    e’ proprio cosi’. Ariosto e Tasso sono in ”aperta concorrenza”, ma, per quante nuvole vi sono in Tasso, tanti sono i raggi di luce ariosteschi.
    Dunque, per sovvertire l’ingiusta penalizzazione che di Torquato si compie sui banchi dei Licei, io direi di presentare anche le parti ”luminose” della Liberata. Eccone qualche frammento: e’ il giardino incantato di Armida (Canto XVI) e quanto di magnifico offre agli estasiati occhi di Carlo e Ubaldo che stanno cercando il fuggiasco Rinaldo:

    ”(…) In lieto aspetto il bel giardin s’aperse:
    Acque stagnanti, mobili cristalli,
    Fior vari e varie piante, erbe diverse,
    Apriche collinette, ombrose valli,
    selve e spelonche in una vista offerse (…).”

    ”L’aura, non ch’altro, e’ della maga effetto,
    L’aura che rende gli alberi fioriti.
    Co’ fiori eterni eterno il frutto dura;
    E mentre spunta l’un, l’altro matura (…)”

    ”Vezzosi augelli infra le verdi fronde
    Temprano a prova lascivette note.
    Mormora l’aura, e fa le foglie e l’onde
    Garrir, che variamente ella percote (…)”

    Ciao, cara
    Sergio

  86. Caro Sergio, pensavo di proporti come autore moderno Tolkien che oltre la saga del “Il Signore degli Anelli” – il mondo sotterraneo e magico degli Hobbyt – il suo maggior successo letterario; conosceva molto bene il mondo epico cavalleresco del XIII/XIV secolo della sua Inghilterra: per la sua ispirazione compositiva letteraria potrebbe aver letto sia l’Ariosto che il Tasso, forse?
    Se poi volessimo raffrontare l’Orlando Furioso con la Gerusalemme liberata, potremmo considerare anche “I Nibelunghi”, perché No?

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  87. Segue%

    A proposito del “Don Chisciotte” e della nostra bella lingua italiana e se poi contestualmente volessimo sdrammatizzare, se me lo consenti,ricordare:
    1
    L’arte come imitazione della natura o come parodia?

    Secondo la retorica bizantina imitazione è soltanto un eufemismo e sono parodia
    dell’inafferrabile natura anche i poemi epici e le tragedie della Grecia classica.
    I poemi cavallereschi da Ariosto a Tasso a loro volta sono parodia dei poemi epici,
    ma ancora capaci di mettere sulla strada delle avventure “cavalleresche”; e,
    finalmente, parodia della parodia sono i poemi burleschi: Pulci, Tassoni e, caso
    estremo, il Baldus di Teofilo Folengo.

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  88. Segue%

    Il monaco Teofilo Folengo – ha altri nomi e cognomi – l’ho preso in prestito perché contemporaneo a l’Ariosto e più vicino nel sentire ascetico al Tasso, forse.
    Non abbandona il latino umanistico neanche per l’Hagiomachia, ovvero
    l’elaborazione delle diciannove passioni dei martiri.
    E’ poi la volta della Palermitana, opera in terzine d’ispirazione dantesca (tre sono i
    libri e trenta i canti), in cui c’è , da parte dell’autore, la volontà di alludere,
    attraverso il racconto della propria ricerca spirituale, ad una palingenesi della chiesa
    e dell’umanità.
    Quanto alle opere italiane, sono saggi di opere nuove sia sul piano più
    specificatamente letterario dei metri e delle forme del poema, sia su quello del
    contenuto: un tentativo di scrivere un nuovo poema morale-teologico, mediante il
    quale prendere parte ai dibattiti sulla riforma della chiesa e, in scala minore, della
    vita monastica.
    Folengo si rivela in continuità e nello stesso momento in rottura con il proprio
    tempo; dopo Dante, egli ritentava il poema teologico e profetico, avendo presente sia
    la Commedia sia l’Orlando furioso.
    Pensavo che potesse servire alla causa in-post.

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  89. Segue%

    Caro Sergio, amico mio sincero, grazie per l’opportunità che mi hai dato di riflettere in questa occasione, come in altre, su argomenti per me così lontani nel tempo.
    Un abbraccio e complimenti sinceri sul tuo sentire di letterato e italianista per davvero: vero Prof d’italianissimo!
    Luca Gallina, puntiglioso semper, forse

    P.S. Non potevo dimenticare un pittore del’600 Paolo Domenico Finoglio – Paulus Finolius Neapolitanus – , minore all’epoca, autore iconografico dell’immagini cavalleresche dei personaggi epici del Tasso: Tancredi e Clorinda, Rinaldo e Armida e altre scene della Gerusalemme Liberata;rivalutato ai giorni nostri: in occasione della Mostra Antologica di Conversano – Aprile 2000 – collocandolo a fianco dei principali pittori della Napoli del ‘600: Cavallino,Battistello Caracciolo – suo maestro di bottega, al cui apprendistato crebbe artisticamente -, Stanzone ecc.

  90. Torquato Tasso- Ludovico Ariosto

    Due personaggi della letteratura italiana che, nonostante vissero nello stesso periodo, svilupparono una trama dell’epoca differente.
    Il Tasso era un idealista e promotore della riforma teologica e sociale nel periodo più grigio, perché assoluto, del dominio clericale cattolico.
    Rischiò di essere accusato e condannato dalla Controriforma, ma rimase fedele ai suoi principi umani, e dimostrò così di essere un idealista etico e romantico di valore.
    L’Ariosto, mio concittadino nella mia bella città, fondata dal console romano Emili Lepidi e da qui denominata allora Regium Lepidi, trattò nella sua opera le virtù dei cavalieri; fedeli al loro capo di turno, risultarono infedeli nella messa in pratica degli ideali, altissimi e nobili nella loro dichiarazione di principio, ma poi ipocriti e irrispettosi, specialmente verso la loro donna di turno.
    La donna fu allora stilizzata a un frutto immacolato e da rispettare e conservare sempre come tale, costi la vita del cavaliere.
    La purezza e verginità della donna fu quindi tenuta in grande considerazione e non pochi cavalieri morirono nei duelli, susseguenti il disprezzo ed abuso di lei da parte dei vari concorrenti.
    Eppure, loro stessi, difensori della propria femmina, non perdevano ogni occasione di rubare il frutto di tanta bellezza, localizzata nella verginità, ritenuta il simbolo dell’onore e valore, sia per il maschio come per la femmina.
    L’epoca descritta da Lodovico Ariosto fu caratterizzata da norme e consuetudini severe e rigide, la cui trasgressione fu punita severamente.
    Sarà per questa estrema rigidità, che nessuno riuscì ad osservarla e rispettarla, ma d’altronde, senza di essa, i personaggi d’allora non avrebbero dimostrato un minimo di coscienza e pudore umano.
    L’amore fu esaltato e ritenuto lo stimolo migliore verso la realizzazione del progresso e del costume sano. Si delinea, qui, un antipodo alla rozzezza e falsità dei costumi, dominanti in una era che stentò di evolversi, perché troppo dominata dalla incultura di massa praticata dal potere.
    Il personaggio di Ariosto, Orlando, perdendo subito la testa per l’amore verso la sua Angelica, troppo giovane e bella per il suo animo d’uomo conquistatore incolto, dimostra che l’amore allora fu inteso solo fisicamente.
    Oggi, lo dichiariamo passione, che prende ogni uomo giovane all’apparizione di una femmina, nella quale sente di appagare i suoi forti e dominanti stimoli carnivori.
    L’intelletto e lo spirito non trovarono riscontro nei loro rapporti, anche perché la gente allora non poté formarsi una coscienza propria, essendo ogni espressione di vita regolata dall’alto, rappresentato dal potere laico e religioso.
    Furono tempi duri, quindi, che trovarono il loro sfogo nella trasgressione clandestina ed esasperata, ma proprio per questo permisero agli artisti e poeti di comporre versi inimitabili per bellezza e profondità, e liberatori dalle molteplici costrizioni e dipendenze.
    Come sempre, mi sono espresso liberamente, trattando aspetti tematici che mi interessano di più.
    Cari saluti.
    Lorenzo

  91. Carissimo Luca,
    finalmente esci allo scoperto – e stranamente proprio mentre sto leggendo il ”Don Chisciotte” – Bravo, bella panoramica!
    Ecco, per l’appunto, a proposito di ”parodia”, credo che tale sostantivo sia pienamente adeguato proprio all’opera e agli intenti di Cervantes, piu’ che all’Ariosto e al Tasso.
    Inoltre l’aggettivo composto ”parodistico-burlesco” calza bene alla ”Secchia rubata” del Tassoni, nonche’ alla favola villereccia ”Beca da Dicomano” (parodia appunto della ”Nencia da Barberino” di Lorenzo il Magnifico) scritta dal precedente Luigi Pulci (ricordiamoci che mori’ nel 1484, un secolo prima del Tasso), nonche’ al suo capolavoro poetico: ”Il Morgante maggiore” (1483).
    Questo e’ eccezionale: nelle sue ottave di gusto burchiellesco (ricordi il Burchiello? anche lui sta nella brigata!) compaiono Carlo Magno, Rinaldo, ed altri eroi ridicolizzati mediante tecnicismi e voci dialettali-popolari di grande espressivita’ e di forte sale e pepe, diremmo! Una parodia eccellente, ”Il Morgante” del Pulci, realizzata col beneplacito della splendida, aperta, illuminata ed ironica corte fiorentina di Lorenzo de’ Medici.
    Riguardo al monaco benedettino Teofilo Folengo (1491-1544), sul quale tu molto ti sei concentrato dianzi, credo che le ”Maccheronee” siano perfettamente adeguate, nel loro composito essere, al genere di cui hai trattato, contenendo anche il poema eroicomico ”La Moscheide” (guerra tra formiche e mosche) e soprattutto il notissimo ”Baldus”.
    Ciao, caro, grazie mille!
    Sergio

  92. Carissimo Lorenzo,
    probabilmente la tua ricerca sull’origine storico-sociale di certe attuali storture riguardanti il rapporto uomo-donna e l’identificazione verginita’-purezza (con i relativi contrari impudicizia-sporcizia), tutt’ora persistenti in Italia e nel nostro Continente, ha le sue buone ragioni d’essere – anche se personalmente considero molto piu’ carnale e perversa la nostra modernita’ sregolata e consumistica rispetto al brutale Cinquecento. Grazie mille di cuore, tuttavia, per avermi espresso una profonda, civile e convinta analisi di cio’ che ”amore” non va chiamato.
    Saluti Cari
    Sergio

  93. Per tutti i nostri amici ”in rete”, credo sia opportuno copiare le opinioni di Luca Gallina sul Folengo, l’autore del ”Baldus”. Sarebbe bello discuterne.

    ”Il monaco Teofilo Folengo – ha altri nomi e cognomi – l’ho preso in prestito perché contemporaneo a l’Ariosto e più vicino nel sentire ascetico al Tasso, forse.
    Non abbandona il latino umanistico neanche per l’Hagiomachia, ovvero
    l’elaborazione delle diciannove passioni dei martiri.
    E’ poi la volta della Palermitana, opera in terzine d’ispirazione dantesca (tre sono i
    libri e trenta i canti), in cui c’è , da parte dell’autore, la volontà di alludere,
    attraverso il racconto della propria ricerca spirituale, ad una palingenesi della chiesa
    e dell’umanità.
    Quanto alle opere italiane, sono saggi di opere nuove sia sul piano più
    specificatamente letterario dei metri e delle forme del poema, sia su quello del
    contenuto: un tentativo di scrivere un nuovo poema morale-teologico, mediante il
    quale prendere parte ai dibattiti sulla riforma della chiesa e, in scala minore, della
    vita monastica.
    Folengo si rivela in continuità e nello stesso momento in rottura con il proprio
    tempo; dopo Dante, egli ritentava il poema teologico e profetico, avendo presente sia
    la Commedia sia l’Orlando furioso.”

    Grazie ancora, Luca.
    Ciao
    Sergio

  94. Vi amo …. quanto vi amo…. tutti quanti….
    ho qualche problema col mio computer, ma vi giuro che l’argomento mi riporta a Tommaso Campanella e qualcosa invierò.
    qui fa un caldo bestiale..però vi amo lo stesso
    magica pittura del seicento!
    a presto
    baci

  95. @ Sergio e gli altri interessati
    Caro Sergio, dato che più volte hai accennato alla leggenda di Don Chisciotte, ti allego due mie interpretazioni, scritti anni fa.
    1.) Don Chisciotte e i suoi Mulini Era sera; seduto su un prato, ammiravo il sole calante; i suoi raggi, ancora tiepidi, rispecchiandosi sugli alberi, riflettevano sull’erba ombre a forma di sagome, simili agli esseri delle fiabe e dei miti, che portarono la mia fantasia alla leggenda di Don Chisciotte. Chi fu questo nobile cavaliere dalle qualità impeccabili, fedele ai suoi principi, coraggioso nel volerli realizzare e disposto a lasciare la sua vita, pur di non rinnegarli?. Penso che sia un essere voluto dalla natura, sorto al momento giusto per ristabilire l’ordine naturale che minacciava di sbandare e degenerare. Confrontato con i tempi attuali, penso che abbiamo di nuovo bisogno di questo personaggio: un essere testardo e credente nei suoi ideali, pronto a prendersela con i giganti del suo tempo, impervio e sicuro della sua vocazione. Lo spirito umano ha di nuovo voluto correggere gli errori in corso, per evitare il caos che con loro sarebbe sorto, evitando così peggiori errori, che avrebbero messo a rischio tutto il piano universale. Don Chisciotte quindi ha riportato in primo piano principi e concetti che erano andati persi; egli fu quindi strumento della natura per i suoi scopi.
    Vuol dire che tutti noi siamo figure di un piano superiore, così come nel gioco degli scacchi, dove ogni contraente, anche il più preparato, prova emozioni e diffidenza nel giocarlo, individuando in esso il suo destino nei suoi pregi e difetti? Fino ad un certo punto sì; credo però che l’essere, cosciente della sua personalità, strettamente collegata con il suo inconscio, possa assumersi le proprie responsabilità e conseguenze, perché preparato e pronto a dare tutto al momento giusto.
    Don Chisciotte riconobbe i suoi compiti, affidatigli da una forza a lui superiore, li accettò e li mise in pratica, fecendone parte essenziale della sua esistenza: un altro Cristo senza partecipazione dell’aspetto religioso, intesa come istituzione.
    L’aiutante Pancio Villa rappresenta, nel contesto, l’essere umano non cosciente delle sue qualità, perché rimaste nel suo inconscio con cui non volle mai confrontarsi e confidarsi. Dire che la sua vita fu inutile sarebbe troppo, forse sono questi esseri necessari per far emergere i prediletti, così come le figure del gioco degli scacchi. Sta quindi ad ognuno di noi di riconoscere le proprie attitudini, farle parte essenziale della propria vita, onde trovare in lei la propria vocazione, predestinazione. I mulini rappresentano le difficoltà che si pongono sulla nostra strada; più alti sono i nostri compiti, più alti saranno gli ostacoli da superare.
    Non meravigliamoci quindi, se Pancio Villa provò una paura tremenda davanti agli ostacoli che il suo padrone volle superare, il quale invece li aspettava ed era pronto al confronto. Ben vengano gli ideali, quando in essi si riscontri la propria vocazione; assimiliamoli e facciamone scopo e meta della vita; non esiste di più falso che mettersi al sicuro per vivere da capra per cento e più anni, senza averci mai domandato perché viviamo?
    La seconda interpretazione segue con posta separata.

  96. @Sergio e gli altri interessati
    2.) Ancora una mia su Don Chisciotte……. Nell’altra mia, ho trattato l’aspetto per me più significativo di questo personaggio, dimenticando che naturalmente si possono trarne degli altri. Don Chisciotte, l’eterno idealista che non vuole aver a che fare con la realtà degli esseri comuni, sempre attirato dalla propria fantasia, spesso troppo vicina alla follia; un folle quindi che oggi sarebbe trascurato, se non internato e curato?, mentre Pancio Villa, il buon realista che accetta la vita così com’è e cerca di schivare i pericoli?
    Due contrasti, che insieme creerebbero la via di mezzo, dove la vita scorrerebbe senza grosse esaltazioni e novità, senza lasciare un’impronta della nostra apparizione, del nostro agire.
    A ognuno, quindi, lascio la propria interpretazione e la propria possibilità di vita. Chi seguirà Don Chisciotte, avrà certamente più impegni e pericoli da affrontare, ma anche soddisfazioni e possibilità di mostrarsi a se stesso e agli altri con un valore personale e indistinguibile.
    Questa leggenda è simile ad altre, tutte create con lo scopo di svelare i segreti della nostra esistenza. Ogni tentativo di svelarla richiede conoscenza del nostro essere, inteso come: spirito, anima e psiche, e contatto profondo con la natura di cui noi siamo parte essenziale, non solo come realizzatore, ma anche trasformatore, conservatore, cose che oggi non sempre riscontriamo. La leggenda si estinguerà solo con l’estinguersi della razza umana. Fino allora, faremmo bene a prenderla in considerazione, come un rispecchiarsi della nostra personalità e delle nostre attitudini. Altri pensieri passarono nella mia mente senza averne più conoscenza, quando improvvisamente aprii gli occhi e mi trovai ancora sul quel prato, dove sognai storie straordinarie, come appartenenti ad un altro mondo. Il sole stava per sorgere, i suoi raggi riscaldavano già l’aria fresca del mattino. Era un altro sole, un altro giorno, in cui mi accorsi di essere diventato un altro essere, tutto differente da quello di prima. Mi alzai e mi avviai verso la strada del mio nuovo mondo, pronto per l’altra vita, una che vorrei augurare a tutti, costi quel che costi. Il mito di Don Chisciotte era entrato in me e mi accorsi che mi avrebbe influenzato per il resto della mia vita.
    La realtà di Don Chisciotte si può avvertire solo nella nostra mente, quando si sogna di realizzare un’impresa quasi irrealizzabile, ma che si vuole realizzare alla ricerca del nostro intimo e della nostra origine.
    Spesso è la realtà dei folli, che noi releghiamo nelle case di cura, pur intuendo che è anche vera, ma non riusciamo ad accettarla, per paura di perdere l’orientamento nel caos che creerebbe. Con sincera affettuosità, Lorenzo

  97. Erratum:
    l’opera del Tassoni si intitola ”La secchia rapita” e non ”La secchia rubata”. Pardon.

    Ciao, Rossella. Amore ricambiato! A stasera.
    Sergio

  98. @ Sergio e gli altri che mi leggono
    correggo l’errore grammaticale commesso sulla mia prima interpretazione, riferentesi alla leggenda di Don Chisciotte. Mutando il sostantivo originario “commento” in “interpretazione”, ho sorvolato, perché preso dalla fretta, di concordare il participio passato del verbo scrivere.
    Mi scuso per la frettolosa noncuranza.
    Lorenzo

  99. @Sergio
    Carissimo Lorenzo,
    probabilmente la tua ricerca sull’origine storico-sociale di certe attuali storture riguardanti il rapporto uomo-donna e l’identificazione verginita’-purezza (con i relativi contrari impudicizia-sporcizia), tutt’ora persistenti in Italia e nel nostro Continente, ha le sue buone ragioni d’essere – anche se personalmente considero molto piu’ carnale e perversa la nostra modernita’ sregolata e consumistica rispetto al brutale Cinquecento. Grazie mille di cuore, tuttavia, per avermi espresso una profonda, civile e convinta analisi di cio’ che ”amore” non va chiamato.
    Saluti Cari
    Sergio
    Postato Martedì, 8 Luglio 2008 alle 12:42 am da Sergio Sozi
    Caro Sergio,
    hai certamente ragione. Le perversità sessuali sono oggi consumate e godute senza rimorso di coscienza, mentre allora avevano almeno una parvenza di principio nobile e auspicato, sebbene spesso non corrisposto per i motivi che ho cercato di descrivere.
    Concordi con me, quando affermo che oggi manca la forma poetica negli intenti umani?
    La poesia aiuta a trasformare le stesse espressioni sregolate e perverse dell’uomo, donandole un senso dolce e soggiogante, da illudere chiunque ne sia sottomesso.
    È come un riconoscere di peccare, senza riuscire a comportarsi diversamente.
    Riconosco, che agisca un po’ d’ipocrisia in questo atteggiamento, ma cosa fare quando la carne è troppo richiedente e lo spirito debole o assente?
    La brutalità è chiara perché parla una sola lingua, mentre dietro la raffinatezza della forma e del linguaggio stanno nascoste sottomissioni velate e compromettenti per un uso sano e liberatorio delle necessità umane.
    Saluti.
    Lorenzo

  100. Caro Lorenzo,
    be’, che dirti… sono dell’idea che la Letteratura (soprattutto la poesia) sia qualcosa di estremamente diverso dalle scienze sociali e della mente (psicologia e affini, sociologia, antropologia, etnologia, politologia, ecc.), magari invece un po’ piu’ vicina alla filosofia. Dunque personalmente non sono attratto dalle opere letterarie psicologiche ed erotiche, soprattutto quando, come sintetizzi giustamente tu ”Dietro la raffinatezza della forma e del linguaggio stanno nascoste sottomissioni velate e compromettenti per un uso sano e liberatorio delle necessità umane”.
    Sono dell’avviso che oggi molta Letteratura sia priva di quella che definisci la ”forma poetica”, ed anche, povere Lettere, spesso ridotta ad un semplice gioco di disvelamento (ed accrescimento) delle labirintiche ossessioni e morbosita’ umane e sociali.
    Ciao, caro
    Sergio

  101. % Segue per Lorenzo.
    Percio’ concordo quando dicei che ”oggi manca la forma poetica negli intenti umani”. Sottolineo ed amplio il medesimo tuo concetto: negli INTENTI e nelle FORME. Infatti in Italia oggi la poesia e’ sovente brutta esteticamente, afona o cacofonica o prosastica e brutta nelle intenzioni e nei contenuti. Infatti mi sembra che la rivista dell’editore Crocetti ”Poesia”, che e’ la massima autorita’ nel campo essendo l’unico mensile serio, abbia delle grandi difficolta’ a trovare dei bravi poeti nostri connazionali, mentre spesso presenta validi autori stranieri. E’ un problema nazionale, secondo me, questo della cattiva Letteratura, fatta da dilettanti impropriamente portati sugli allori da autorevoli editori nazionali. Questo e’ un segnale evidente dell’incompetenza di molti direttori editoriali e della mancanza di intelligente selezione delle opere da pubblicare.
    Tu che vivi all’estero come me, credo confermerai la ”prova del nove” per valutare un’opera letteraria: tradurla in una lingua straniera. Soprattutto cosi’, infatti, si vede la preparazione letteraria dell’autore e dunque le sue capacita’ di esprimere i propri vari intenti e opinioni, sentimenti, racconti, significati. Ecco, per restare in questo argomento, io noto che molti ”romanzi” italiani, quando vengono tradotti, rivelano essere quel che sono veramente e nudamente: opere ne’ veramente poetiche ne’ veramente narrative, insomma roba mal fatta ma pretenziosa.
    Ciao, caro
    Sergio

  102. Sempre a Lorenzo,
    sulle tue opinioni ”donchisciottesche”: credo che esista anche una ”via di mezzo”, che per i nostri antenati latini era espressa e sintetizzata dalla sentenza ”In medio stat virtus”. Si puo’ sognare anche restando tra Don Chisciotte e Sancio Panza. Solo che e’ piu’ difficile e spesso la gente ti vuol vedere solo come un cavaliere errante o uno scudiero prudente. Ma esistono tanti altri ”mestieri”, per fortuna… Ci sono piu’ cose in cielo che nella nostra filosofia, no?

  103. A TUTTI: CHI NON L’ABBIA ANCOR FATTO, PUO’ ANDARE SOPRA A LEGGERE LA RISPOSTA AL PROPRIO COMMENTO, e magari continuare a discorrere con me e con gli altri.

  104. Avevo inviato stamani un altro mio intervento ma ci sarà stato qualche problema tecnico col mio pc e la mia connessione… Lo rinvierò in questi giorni.

    P.S. intanto vi prego di scusare le mie orribili e imbarazzanti sviste di cui mi rendo conto solo dopo, quando rileggo con calma ciò che ho scritto.

  105. Cara Sabina,
    cose che capitano: questo non e’ un giornale o un libro e i refusi li facciamo tutti e tutti li perdoniamo. Piuttosto pensa a rimandarci il tuo intervento, che’ ne sono curiosissimo!
    Ciao, cara
    Sergio

  106. P.S.
    A esser sinceri, ti dico che le sviste NON dovrebbero MAI apparire, qui a Letteratitudine solo negli articoli dei ”post”. Li’ no. Ma i commenti sono un altro paio di maniche, vero? Ciao.

  107. Caro Sergio,
    Abbiamo scambiato molte opinioni su questo tema posto in discussione dal nostro benemerito capo Massimo, e introdotto con profondità di cognizioni e amore per il significato, che allora come ancor oggi rappresenta, da te.
    L’abbiamo fatto senza perdere l’interesse e la disponibilità a comprendere ogni articolazione, anche la più differente, quando ha rappresentato una convinzione personale ed è stata espressa con sincerità.
    Questo è l’unico modo utile di corrispondere con persone che hanno a cuore la propria identificazione, ma che sono disposte a metterla al confronto con ogni altra, nella convinzione che ogni livello raggiunto non possa essere e mai sarà quello definitivo.
    Lo facciamo, anche se a volte ci sembra di muoverci in un cerchio, così che ogni nuova cognizione comprende in fondo un’altra che l’ha preceduta.
    Negli effetti di questa illusione, di creare sempre qualcosa di nuovo, ci muoviamo nel cerchio, fino al momento della sua apertura non decisa da noi, dove poi lasciarla e avviarci verso una nuova realtà, certa ma non definibile nel cerchio.
    Credo, però, che il bagaglio accumulato in questa vita sarà esaminato e selezionato, e secondo dell’esito dell’esame, avviato verso la prossima avventura, per terminare un processo, il cui fine si manifesterà nella serenità ed armonia degli elementi che, dopo innumerevoli trasformazioni, saranno arrivati alla loro fine.
    Ti ringrazio vivamente per l’abilità e destrezza mostrate nella conduzione della discussione che ne è sorta, di certo interessante e viva e spero non ancora finita, e per le tue risposte, sempre chiare, pazienti e sensibili al tema trattato.
    Lorenzo

  108. “La corte e l’accademia agiscono però non solo col determinare il raggruppamento di una particolare materia, e quindi il successivo configurarsi di essa nella celebrazione di un ideale, quello della regola e della tecnica, ma ancora sviluppano uno spiccato senso coreografico dello spettacolo e del decoro. E’ questo piacere estetico di scene festose e di magnifiche prospettive che, applicandosi al tema delle armi e della religione, dell’amore e della magia, suscita……” Getto – Storia della letteratura italiana.
    E’ successo che qualche settimana fa invitando a disegnare il piccolo Giorgio di sette anni, occhialuto bimbo furbacchione e simpatico (di padre napoletano), avendo vinto la sua ritrosia dopo svariati tentativi, mi sono accorta della bellezza del suo disegno, colorato a tempera e gessetti. La rappresentazione della sua storia scelta di spontanea volontà non era un tema facile: La guerra di Troia! Raffigurarla metterebbe paura a qualsiasi pittore professionista, amici cari, ma questo bambino osando nella sua impresa e con ammirevole ordine, ha distanziato gli elementi con spazio quasi matematico, pur rimanendo un disegno vivo con tanto di cavalli, cavalieri radunati in gruppi e alberi verdi distribuiti in simmetrici filari.
    A questo punto Vi chiederete: cosa c’entra Torquato Tasso con il mio piccolo amico?
    La rappresentazione del combattimento è il loro denominatore comune. Io li amo, grandi e piccini, scintillanti di ferrea armatura, in groppa al quadrupede al trotto, sguainata la spada difendono l’amore, la religione, il territorio, gli ideali, la natura, con tecnica narrativa immortale, scusa cosa vuoi di più? E’ come quando guardi e t’incanti in uno di quegli affreschi di dimensioni paretali e inizi a vedere la tua faccia al posto di quella del glorioso combattente, naturalmente il protagonista del quadro, ti immagini sul suo cavallo che nitrisce, dentro cieli tumultuosi e splendenti, ti sei percorso tutto il dipinto dall’inizio alla fine, oppure preferisci immedesimarti nel personaggio che s’intravede sullo sfondo e che avanza sulla prua di un veliero solcando i mari e le “fortune” ?

  109. Bellissimi ”pezzi”, cari Rossella e Lorenzo!
    Brindo con Lorenzo all’armonia dell’oggi e dell’eterno e con Rossella alle emozioni, alla fantasia e all’immedesimazione che i fanciulli CI INSEGNANO (se prima la insegnamo loro noi adulti) e che anche mia figlia Laura (cinque anni) ha ben sviluppata: i suoi personaggi favolistici sono Rinaldo, Ascalona, Goffredo, Ulisse, Ercole e Caco, Ecuba, la maga Circe, la ninfa Calipso, eccetera. Fai i complimento al piccolo Giorgio e digli che un papa’ lontano gli chiede di rimanere sempre cosi’.
    Ciao e grazie mille a entrambi
    Sergio

  110. Un saluto caro va naturalmente al Maugger, ma questo e’ inutile dirlo: e’ implicito!

  111. Figurati, Maugger. E’ stato bellissimo perche’ qui sono tutti beneducati e sinceri, cose che accoppiate mi mandano in visibilio, in brodo di giuggiole (senza ironia, sia chiaro).
    Inoltre sono abituato a comunicare per la mia persistente natura intima romanaccia, anche se a volte sono un po’ rigido/Umbro – rigidita’ che pero’ dopotutto e’ utile perche’ col lassismo e le smancerie non si migliorano le cose mai e in sovrappeso si diventa ipocriti. Insomma, dopo esser passato per le Forche Caudine della rivista che fondai nel ’95 a Perugia, ”I Polissenidi”, Letteratitudine mi sembra il Walhalla, o meglio i Campi Elisi!
    Abbraccioni
    Sergio
    P.S.
    Ma il discorso, per chi vuole, rimane aperto, eh!

  112. @Rossella
    grazie, Rossella, sono rimasto ammaliato dal tuo racconto.
    Ognuno può posare il suo sguardo sulla figura che più gli somigli. Infine, siamo tutti noi degli idealisti, anche il più realista, dove la realtà rappresenta un ideale raggiunto e da proteggere, ma sempre un ideale.
    L’ideale rappresenta quindi un fine da raggiungere, mentre la realtà è ciò che del fine è rimasto, dopo aver fatto di tutto, anche la guerra, per raggiungerlo.
    L’inganno è ciò che alla fine ci rimane, nell’impossibilità di realizzare pienamente un ideale. Per il guerriero è l’inganno che riflette dalle sue vittime, che come fotografie rimangono impresse nella sua psiche e lo tormentano; nell’inquisitore l’inganno di non aver sostenuto la verità, non riconosciuta nell’aver agito per opportunità, nel delinquente l’inganno di aver danneggiato se stesso, prima che la sua vittima, riconoscendo di aver molto in comune con lei.
    Solo nell’amore vero non esiste l’inganno, essendo la forza unificante che supera ogni nostro difetto e limitatezza. L’amore vero è reale, ma per trovarlo bisogna sacrificarsi fino all’estremo; rimane quindi un frutto riservato a pochissimi esseri terreni, mentre per gli altri rimane irreale.
    Sta molto agli adulti, affinché il piccolo Giorgio conservi la grande forza immaginativa attuale. Gli auguro che essa rimanga elemento sostanziale della sua personalità e carattere per tutta la sua vita, di modo che possa difenderla e farne punto di riferimento del suo divenire, anche quando il mondo esterno gli si opponesse.
    Ti allego una mia poesia, che mi sembra passi su questo tema del crescere e rimanere se stesso.
    Cari saluti.
    Lorenzo

    L’acqua: la forza della vita.

    Scorre lentamente giù dai monti imbiancati di neve
    dove la terra protetta riposa dalle fatiche dell’estate
    per mostrarsi di nuovo in primavera
    nel suo verde splendido, soffice e fresco
    e ornarsi alla prima rugiada del mattino sotto i tiepidi raggi di sole
    dei fiori più belli e variopinti mai visti.

    All’inizio, un piccolo rivolo d’acqua limpida e fresca
    con un’apparenza ingenua, curiosa e smarrita,
    simile ad un essere appena uscito dal suo grembo materno,
    scorre incerta e prudente alla ricerca delle sue esperienze
    che le rivelino la sua natura e sorte.

    Arrivata a valle è già un fiume grande e forte.
    Nulla la spaventa, dopo aver superato tanti ostacoli.
    Ora, vuole proseguire e arrivare al suo fine ultimo
    per ricongiungerlo con l’inizio
    e svelare così il segreto della sua vita.

    Quasi alla meta, rallenta il suo corso
    aprendosi in un delta largo e vasto dove tutto si raccoglie
    per le ultime riflessioni e decisioni da prendere.
    Il suo aspetto, all’inizio fresco ed esultante,
    mostra ora i segni delle molte prove sostenute
    in cambio della maturità raggiunta che si palesa
    in un contegno contenuto e sicuro.

    Assorbita da energie nuove, si appresta a ripartire,
    laddove la nuova coscienza la vuole verso una vita migliore.

    L’acqua è lo specchio della nostra spiritualità
    che ci nutre e sostiene durante gli esami della vita intera.
    Il non considerarla significa perdere l’orientamento in questa
    e la possibilità di risorgere altrove.

    Lorenzo Russo Gänserndorf, 10.12.06

  113. Cerco di riprendere il filo del discorso che ho cercato di affrontare nel post mai pervenuto.
    Mi soffermo ancora una volta sul rapporto Tasso/Ariosto (rapporto di opposizione ma in generale di confronto).

    Il primo a preoccuparsi di rilevarlo fu Giosuè Carducci, che accentua la complessità del problema con il suo lavoro Su Ludovico Ariosto e Torquato Tasso: studi (nell’edizione Bologna, Zanichelli, 1924).

    Ma è soprattutto a ciò che scrive Lanfranco Caretti, a mo’ di introduzione nell’edizione Einaudi, credo, del 1994) che rivolgo le mie considerazioni.
    Caretti asserisce che l’Ariosto descrive un contesto storico culturale definito, circoscrivibile, puntando sullo stile vivace, colorato, suscitando quindi nel lettore il senso dell’armonia (del resto l’ottava ne è una dimostrazione esplicita), della coerenza.

    Al contrario il Tasso ci descrive un contesto confuso, indefinito, in quanto non è un luogo specifico, la corte ferrarese, reale, concreto, ad essere presentato (elogiato o ironizzato) ma ci descrive uno spaccato di mondo, di vissuto, di esistenza che, come tale, presenta le sue contraddizioni, le sue incoerenze.

    Per il discorso sulla complessità linguistica, sulla sua comprensione immediata e l’attrazione che ne scaturisce o meno credo, che un ruolo importante lo giochi lo stimolo, lo scopo interiore, per il quale ci avviamo alla lettura, alla conoscenza e alla divulgazione dell’opera del Tasso.

    Magari non rientrerà tra le mie letture preferite ma ti ringrazio Sergio, perché ho conosciuto nuove prospettive e nuovi approcci nella ‘lettura’ Gerusalemme Liberata.

  114. Vedo che il mio commento non è stato pubblicato e tento di riscriverlo… il mio pc ha di queste pazzie. Sarà perché parliamo di Tasso…
    Il poeta, di suo, è nel mondo ma NON è del mondo: il suo “isolamento”, anche se non fisico, è sua condizione strutturale e necessaria. Il poeta soffre di una certa distonia nei confronti del mondo e non potrebbe essere altrimenti. Tasso visse nelle corti e toccò con mano cosa è adulazione, servilismo, invidia, intrigo. Tutto il contrario del suo mondo ideale. Ariosto si salvò secondo me grazie all’ironia – il sorriso di chi è superiore alle bassezze umane, anche e soprattutto a quelle dei grandi – e all’amore di Alessandra Benucci e del figlio Virginio. La sua casa “parva sed apta mihi” era aperta e il suo poema a disposizione di chiunque suggerisse modifiche.
    Il credente è come il poeta: nel mondo ma non del mondo, perché il suo re non è di questo mondo.
    Sergio, i tuoi versi denotano cultura profonda, amore della lingua, un certo compiacimento nell’essere uomo odierno che scrive versi antichi. Io usavo la rima da piccola, poi ho scelto il verso libero e l’endecasillabo sciolto, il settenario… sto pensando di riappropiarmi di forma metriche più tradizionali, ma non ho mai perso il gusto della parola, dell’eufonia. Quando sono stata aspra è stato per adattarmi a quello che volevo scrivere. Ultimamente grazie a Luigi La Rosa ho seguito uno stage di poesia con la bravissima Maria Attanasio, che ci ha fatto fare un bellissimo excursus sulla nistra tradizione poetica, parlandoci anche dei neometrici, che stanno riusando versi classici, rime…

  115. Quando studiavo, nelle antologie scolastiche divoravo i brani tratti dalle opere parodiche tipo quelle di Folengo o Tassoni… uno spasso.
    Poi ho letto per intero il poema di Boiardo e di Ariosto. Del tasso ho letto vari madrigali, l'”Aminta” ma non la “Liberata”. Colmerò la lacuna…

  116. Mi inserisco -sommessamente- nel tiro incrociato dei commenti sulla diatriba Ariosto/Tasso per suggerire due testi illuminanti. Si tratta dei “Dialoghi col Tasso”, di Franco Fortini (per le edizioni Bollati Boringhieri) e di “L’Orlando furioso raccontato da Italo Calvino” (uscito per Einaudi nel ’70). Entrambi i libri nascevano da un intento divulgativo: un parte del saggio di Fortini era destinata ad una trasmissione radiofonica. Calvino, dal canto suo, percorreva la strada che lo vedeva accomunato all’Ariosto come ad una specie di alter ego.
    Né Fortini né Calvino si agitano per dimostrare l’ “attualità” dell’uno o dell’altro poeta: è la loro lettura che rende contemporanei (anche per noi, adesso) ora Ariosto ora Tasso, e nello stesso tempo diventa cartina di tornasole per due prospettive intellettuali assai diverse. Sul piano dialettico, infatti, in quegli anni si misuravano gli intellettuali: Fortini e Calvino in particolare.
    Ma vengo alla questione: la differenza fra Ariosto e Tasso? Forse può bastare una citazione da Fortini (e mi scuso se la scrivo a mente):
    La cifra di Tasso è “sì, ma”. Ariosto invece non dice tutto, ma quel che dice è come se fosse tutto.

    In ogni caso, buona lettura a tutti.
    Maria Rosa Tabellini

  117. Ti ringrazio molto, Sabina, per il contributo – non ricordavo il saggio comparativo carducciano che hai citato e te ne sono grato, lo cerchero’ di sicuro.
    Su quanto mi riporti del Caretti dubito che tal differenziazione tra l’ambiente dipinto dall’Ariosto e quello tassiano possa reggere nell’esame della ”Gerusalemme liberata” e dell’ ”Orlando furioso”: probabilmente tali osservazioni si riferiscono alla poetica generale dei due autori e non in particolare alle due opere di cui stiamo parlando.
    Ciao, cara
    Sergio

  118. Cara Marilu’ (ormai ti chiamo cosi’!),
    non mi son messo a studiare metrica per fare vedere che la sapevo copiare o replicare; io ho solo sempre scritto in versi perche’ me lo dice il cuore e la tradizione, o meglio: e’ una mia strada personale che si incrocia con quella della tradizione, non un compiacimento, o non solo. E’ bello cosi’. Cosi’ so scrivere perche’ e’ bello, la bellezza deve essere nella poesia ed io ne devo (e ne so) godere, assieme a chi legge, cantandola come gli antenati, poiche’ non mi considero ”a parte” rispetto alla storia italiana antica o medievale, ma me ne sento un elemento, una minuscola ”coda” vivente nel 2008, unita alla storia tutta del mio Paese e della cultura mediterranea. Dopotutto il 2008 segue il 2007 e via a ritroso si torna in un attimo all’epoca di Omero, sai. Gli anni armonizzano nel loro scorrere ed un poeta deve essere, secondo me, persona armonica con gli anni. Questo (e molto altro, spero) si riflette dunque nel ”fiume” della poesia in rima. Tutto qua. Semplicemente. Spero ti siano piaciuti, anche perche’ il poeta deve amare i propri versi acche’ i lettori li amino e questo ho fatto: suonano, scorrono, hanno voce, non si scontrano con l’orecchio come i versi/prosa di oggi.
    Il mio ”Miroir de mes reves”, inoltre (riportavo solo il prologo, ma il lavoro andrebbe letto integralmente, visto che e’ una narrazione astratto-concreta e non fumosita’ cervellotica come molta roba che gira), e’ un poemetto mitologico-allegorico-metaforico con molti sensi riposti e significati accavallati. Spero che questo non ti sia sfuggito: e’ il viaggio di un uomo fra le mille tentazioni della sua epoca e del suo Io, eccetera. E’ poesia che racconta, la mia. Roba ”vecchia” che mi soddisfa, o che, anzi, mi rappresenta appieno: nudo e vero, nuoto in essi.
    Ciao, cara
    Sergio

  119. Cara sig,ra Maria Rosa Tabellini,
    be’: proprio di ”diatriba” non mi par che si tratti, veramente.
    Grazie per avermi rammentato due fra i migliori critici e scrittori che l’Italia abbia visto lungo il nostro corto Novecento – gioco di parole, questo, che voglio e faccio sorridendo benevolmente, preciso. Sono un grande estimatore del Calvino narratore. In quanto critico pero’, secondo me, egli non era alla stessa altezza del ”Barone rampante”: la critica e’ un ”di piu”’ calviniano al quale rinuncio volentieri per leggere i critici di professione. Fortini… grande acume coperto da troppo materialismo storico, sottoforma di strutturalismo, forse?
    Dubito dei Suoi citati, a dirla tutta e qui ed ora. Sono dalla parte della critica ”d’arte”, come anche, mutatis mutandis, della prosa d’arte o della affine ma non eguale prosa fantastica. Cose poco italiane, queste, molto distanti dalla carnale e storicistica tendenza nostrana. Le strutture sono utili ma non indispensabili per capire un’opera: meglio vederne lo spirito. Furono forse ”critici letterari” ben piu’ affidabili Goethe o Nietsche, a vederla, come io appunto la vedo, alla maniera di Massimo Bontempelli o Malaparte suo sodale e relativi sodali.
    Saluti Cari
    Sergio Sozi

  120. A TUTTI:
    A partire da domenica prossima 14 luglio non potro’ piu’ accedere ad Internet perche’ con la mia famiglia andro’ in vacanza nella nostra casa di Capodistria, dove il collegamento non funziona. Ci vedremo dunque ad agosto.
    Sarei infinitamente contento se parlaste fra di voi e diventaste amici: di penna, di carta e soprattutto di cuore e carne.
    Sergio

  121. Per finire la serata, dedico col solito affetto profondo a Marilu’ – ma anche agli altri – questi versi, NON tratti da ”La secchia rapita” del Tassoni, MA PIUTTOSTO dalla ”prefazione” di Giorgio Rossi alla seconda edizione di quell’opera dell’agosto 1924 stampata dall’editore Formiggini di Roma:

    ”Dunque la Secchia rapita si legge ancora, dunque il gioioso poema del Tassoni e’ ancora gustato dagli Italiani, che, non ostante tutte le aberrazioni, seguitano nel culto dei loro grandi scrittori, e si dimostrano un popolo sano e forte che sa tuttavia ridere, mentre affronta sereno e sicuro la quotidiana aspra battaglia della vita, senza rinunciare a nulla del suo passato, traendo anzi da esso gli auspici per un migliore avvenire.”
    Giorgio Rossi (Pavia, il 22 giugno del 1924)

  122. Caro Sergio,
    amico mio sincero,sono intervenuto in questo tuo spazio-post: perché convinto del “post” soprattutto, che i classici riescono ad avere quando qualcuno li fa rinascere con occhi sempre meravigliati e lungimiranti come tu hai saputo fare, io credo; Ciao e buone vacanze meritate a te caro Sergio,tua moglie e Laura:tutta la tua bella famiglia sempre unita come la letteratura che riesce da unire tutte le gens, forse.
    Un abbraccio,
    Luca

  123. Caro Sergio,
    auguro a te e alla tua famiglia una magnifica vacanza, a sguazzare nel bel mare di Capodistria e a riposare nella bella Pola. Spero di incontrarti presto. Un abbraccio fraterno,
    Gaetano

  124. Cari Luca e Gaetano, cari tutti intervenuti nessuno escluso,
    nonostante la direi fastidiosa e spesso repellente ”elettronicita”’ del mezzo col quale siamo costretti a comunicare, vi sento vicini: e’ proprio vero che anche nel deserto nascono le storie piu’ mirabolanti e fatte di sangue, ossa e anime; cosi’ il deserto di questa pazza modernita’ puo’ esser superato – lo dimostra il nostro colloquio sul Tasso – con l’umanita’, l’amore e il calore di chi vi partecipa.
    Insomma l’ottima riuscita – collettiva e spontanea – di questa ”inattuale” trattazione su quell’imperituro poeta dimostra chiaramente una cosa che appunto volevo dimostrare: che l’arte VERA non la si puo’ uccidere con le mode rincretinenti e lobotomizzanti, ne’ tanto meno con l’analfabetismo imposto, con l’ ”ignorantismo” obbligatorio sancito gia’ da chi (intellettuali, critici, insegnanti, parlamentari) dovrebbe valutare cio’ che e’ buono moralmente e artisticamente per gli Italiani e invece non lo fa, essendo lui spesso, appunto, ignorante, anche se ben dotato di potere e benefici monetari.
    Alla faccia di chi sputa sulle tombe dei veri poeti, ne abbiamo riportato in vita uno non di poco conto!
    Grazie! In nome della nostra Cultura Letteraria e Storica. I giovani ce ne saranno grati, non dubitatene.
    Sergio
    P.S.
    Domani sera saro’ ancora qui, poiche’ partiremo lunedi’ sera. Poi arrivederci a dopo Ferragosto, amici.

  125. Grazie, Maugger,
    come ho detto sopra, ”Dopotutto il 2008 segue il 2007 e via a ritroso si torna in un attimo all’epoca di Omero, sai. Gli anni armonizzano nel loro scorrere ed un poeta deve essere, secondo me, persona armonica con gli anni. Questo (e molto altro, spero) si riflette dunque nel ”fiume” della poesia in rima. Tutto qua.” E dunque la mia vecchiaia e’ sempre felice… Bacioni ai tuoi!
    Un verzillino – in dialetto spellano ”vivace” – Sergio, sempre tuo e vostro.
    Sergio

  126. Caro Sergio,
    arriverò troppo tardi per augurarti buone vacanze.
    Sono meritate, dopo il gran impegno mostrato per tutto l’anno, e sono anche necessarie per occuparsi meglio dei propri cari che, nonostante tutte le nostre premure giornaliere, rimangono sempre un po’ trascurati.
    Un saluto alla terra di Capodistria, dove una storia comune la rende presente nei nostri ricordi ad un tempo difficile e tragico, ma caro.
    Oggi, non abbiamo bisogno di difenderli, perché, superate finalmente le diversità che ci dividevano dagli altri ritenuti differenti nella nostra presunzione, possiamo conservarli e riattivarli come un ricordo comune di tutti coloro che hanno vissuto e vivono tuttora in questa città.
    Questo è segno di progresso, nel suo senso di liberazione da tutto ciò che ha offuscato le nostre menti e i nostri cuori.
    Nella tolleranza verso il differente, riconosciamo di essere tutti figli di un unico padre universale, e riusciamo a mostrare la nostra identità come un distintivo personale in un mondo dove le diversità sono un arricchimento dello spirito umano e non più un timore da difendere e poi combattere.
    Con piacere ho presentato le mie opinioni sui vari temi presentati in questo circolo letterario, certo che tu li avresti considerati ed accettati, perché espressi sinceramente, e che le tue risposte sarebbero state sempre complementari e chiarificatrici, come dovrebbe essere sempre uso tra persone per bene e civili.
    Buone vacanze, a te e famiglia, quindi, ed arrivederci a più tardi.
    Cari saluti.
    Lorenzo

    PS) un ringraziamento particolare a Massimo, l’ideatore e sostenitore di questo bel circolo letterario, dove ogni mente libera e civile può esprimersi e conversare con gli altri.
    Lorenzo

  127. Grazie, Lorenzo, per il tuo gradevole ”pensierino capodistriano”. Infatti va detto che l’Istria e’ territorio denso di ricordi fausti e nefasti, sia per i nostri Connazionali che per gli Sloveni. Da ormai molti decenni, pero’, un buon bilinguismo italiano-sloveno ha garantito a tutti il diritto alla propria lingua e dunque al proprio modo di vedere le cose. Nel capodistriano (Isola, Pirano, Portorose), inoltre, lo Stato sloveno garantisce alla nostra minoranza autoctona un seggio garantito al Parlamento di Lubiana – conosco personalmente il Deputato italiano, che e’ proprio di Capodistria.
    Ciao, caro e Buone Vacanze anche a te e ai tuoi cari!
    Sergio

  128. Cari Letteratitudiniani,
    tant’acqua e’ scorsa sotto i ponti da quando vi ho scritto l’ultima volta, ossia il 13 luglio 2008.
    Vedo che ultimamente vi siete dati alla pazza gioia musicale. Ottimo – voto per Vivaldi e lo faccio qui perche’ il Rollig Stone non lo contempla, ehm.
    Va be’…
    Io sono appena tornato a Lubiana da Capodistria e tornero’ ad assillarvi con le consuete passione ed amicizia!
    Ciaobelli
    Sergio

  129. P.S.
    Ho anche finito ieri sera di scrivere il mio romanzo ”Adesso a Roma piove”. Cercasi editore.

  130. P.P.S.S.
    Visto che anche il sottoscritto ha fatto il presentatore radiofonico (notturno, ovviamente) per una decina di annetti, mi piacerebbe proporre qualche nome (tutti sotto Vivaldi, certo) fra i rocchettari da me piu’ amati venti anni fa.
    Molti di questi li vidi dal vivo in concerto.
    Eccoli:
    1 – David Bowie.
    2 – Killing Joke.
    3 – Cure.
    4 – Litfiba.
    5 – Moda.
    6 – R.E.M.
    7 – Zucchero.
    8 – Bauhaus.
    9 – New Model Army.
    10 – David Sylvian (e i ”Japan”).

  131. Ciao Sergio, Bentornato!
    Non ho osato invocare la tua presenza, perché l’ultimo post sulla Gerusalemme Liberata è stato (come dire? ) un po’ tosto? Comunque ci sei mancato.
    Faccina gialla e tanti saluti anche alla tua piccola.
    Miriam

  132. Grazie, Miriam. Il piacere e’ tutto mio.
    Ma adesso dimmi cosa ne pensi di questo incipit e per ”premio” ti diro’ da dove l’ho estratto:

    ”Dicono che l’Italia sia un Paese della Comunità Europea, ma a me sembra invece proprio strano, questo posto stretto e lungo; sí, mi pare incatalogabile e per niente adatto alla vita… se non sei una formica o una mosca, certo – anche i topi ci stanno bene, io no: io appartenente alla razza animale umana, vero? E dire che non sarei un uomo troppo differente da molti Italiani, dopotutto, eccetto che ho la pelle bianchissima, misuro quasi due metri e vengo dalla Croazia, esattamente da Pola, città istriana con molti Italiani autoctoni tuttora viventi. Io sono comunque un Croato slavo e mi chiamo Branimir Militović; mentre dicono che a Roma piova, guardo la televisione in una baracca a sei chilometri dalla capitale. La provincia resta la stessa ma qui non piove e c’è il sole: lo vediamo tutti, mia moglie Neda e i nostri due figlioli, uno di sei e l’altra di dieci anni. In città piove a catinelle e qui bruciamo sotto la canicola da una settimana quasi, porca la miseriaccia, ecco perché non sono uscito a zappare l’orto: la terra tu la rivolti e poi diventa come il marmo dopo tre minuti che le hai dato l’acqua e io non ho la forza di fare tutte ‘ste inutili operazioni; spiacente per i carciofi e i sammarzano, se la cavino da soli. Sono magrolino, sapete, mica ho le braccia nerborute di Padre Pio.”

    Ciao cara!
    Sergio

  133. Caro Sergio, bentornato!
    Ma adesso rivelo io il gioco, o almeno ci provo, ma non è difficile indovinare la fonte! Si tratta dell’incipit d’un romanzo inedito, d’uno scrittore italiano, dell’Umbria, da tempo abitante in Slovenia, un autore di notevole talento. A te il suo nome e il titolo del romanzo inedito forse dirà qualcosa:
    Sergio Sozi, “Adesso a Roma piove”, 2008 (in cerca di editore).
    Un abbraccio di bentornato,
    Gaetano
    P.S. Bello l’incipit! In bocca al lupo per il romanzo! (Cosa vinco adesso? 🙂 ho imparato da poco a fare le faccine e mi soddisfano molto…)

  134. a Sergio, Gaetano e Branimir Militovic:
    vi siete conosciuti in vacanza?
    🙂
    Alto due metri, bianchissimo, braccia magroline, poca energia…povera Neda e poveri figlioli! e poveri carciofi!
    🙂

  135. Ciao, Gaetano, bentrovato!
    Grazie per i complimenti sull’incipit in cerca di editore… speriamo che l’altro centinaio abbondante di pagine che segue regga lo stesso ritmo. Insieme al mio abbraccio ”di ritorno” ti consegno dunque seduta stante anche il premio per aver azzeccato l’autore. Il premio consiste in un altro incipit, proveniente da altro talentuoso autore. Eccolo.

    ”Avevamo dei girasoli in un vaso, deposti a terra, nella stanza piu’ piccola. Sembravano guardarmi, con dolce tristezza, e mi parve di comprendere l’antica emozione di Vincent per questi fiori vivi.
    Erano rinati inattesi, piccoli e sparpagliati, nei campi intorno al nostro villaggio durante gli ultimi giorni solari e limpidi d’un recente ottobre.”

    Naturalmente… potrai ritirare questa vincita solo se saprai azzeccarne l’autore.
    Ciao, caro
    Sergio

  136. Cara Miriam,
    Purtroppo non ho potuto conoscere Branimir Militovic poiche’ fino a poche settimane fa viveva a Roma, almeno che io sappia… o almeno cosi’ dice lui scrivendo una lettera-romanzo dove racconta dieci anni di esperienza italiana con la sua Neda. Ora forse, Branimir, invece e’… mah… boh…
    Diciamo che Branimir Militovic e’ chiuso nel mio romanzo che e’ chiuso sulla mia scrivania!

  137. Grazie Sergio. Era l’ottobre del 1995. Sono poi andato sulle tracce di Vincent, ad Arles, due anni fa, in un mio pellegrinaggio solitario, commovente. La Casa Gialla non c’è più, distrutta durante i combattimenti della Seconda Guerra Mondiale, ma ci sono ancora le sue stelle, il suo fiume, il caffè di notte, i girasoli e il giallo che ricercava avidamente. In un ascolto silenzioso si può percepire ancora l’emozione di Vincent, rimasta lì con il battito nascosto del suo buon cuore. Buonanotte,
    Gaetano

  138. Caro Massimo,
    Ciao, vecchio ”Maugger”! Ti ho lasciato dalla mia ”salda presa” solo per le vacanze – che tuttavia non sono state mai troppo poco letterarie, come immaginerai conoscendomi un po’. Infatti, appena avro’ finito di leggerlo, ti diro’ che avrei molto piacere a presentare su Letteratitudine uno scrittore serbo che, finora, mi e’ parso alquanto capace: David Albahari.
    Cosa ne pensi?
    Bacioni a tutti
    Sergio

  139. assodato che poche altre opere della modernità europea hanno espresso il conflitto irrisolto con la diversità, con l’Altro interno ed esterno all’Occidente e alla sua cultura, con la stessa tensione drammatica della “Gerusalemme liberata” di Tasso. Sapreste contestualizzarmi l’opera evidenziando gli eventi significativi che nel 500 hanno segnato l’inizio dell’espansionismo europeo e l’avvio dei processi di mondializzazione, che hanno portato l’Europa ad esercitare un egemonia politico-militare nei confronti del mondo arabo-musulmano, le cui conseguenze conflittuali sono visibili e riscontrabili nella nostra epoca storica?

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