Marzo 28, 2024

194 thoughts on “STORIA DELLA BRUTTEZZA di Umberto Eco

  1. Domande per un dibattito.
    Le ripropongo qui:
    – Il brutto di ieri equivale al brutto di oggi?
    – È corretto (o può aver senso) dire che il brutto di oggi è più brutto del brutto di ieri?

  2. Senza nulla togliere alle domande di Massimo Maugeri, aggiungerei questa, che ho gia’ posto in altre parole nel mio articolo:
    – Siete sicuri che la bruttezza quotidiana italiana abbia bisogno di una sua reinterpretazione letteraria (intendasi: romanzesca e/o poetica)?
    Sergio Sozi
    P.S.
    Ma considerate, per favore, anche gli altri spunti che vi ho proposto nel sovrastante articoletto.

  3. Una volta ero al festival della letteratura a mantova e alla presentazione di un libro, credo si trattasse Vita della mazzucco mi colpi` una statistica del giornalista Gian Antonio Stella nella quale ermegeva, con mia grande sorpresa, come all`inizio del secolo vi fossero piu` morti ammazzati e piu` rapine rispetto agli ultimi anni di cui aveva statistiche( parlo del 2000/2001 etc ).
    La cosa mi sorprese perche` avevo la sensazione epidermicamente di vivere in una epoca di assoluta barbarie.
    Riportando il discorso dall`ordine pubblico a quello della bruttezza, voglio dire che non credo di vivere in un`epoca nella quale la brutezza e` peggiore o piu` volgare di altri periodi.
    Credo anzi che per qualche aspetto la nostra epoca sia un po` meno “brutta” di altre.
    Abbiamo pero` contezza della bruttezza del reale, anche per il preponderante ruolo dei media e della cultura dell`immagine, in modo immediato e continuo.

  4. Ieri ero a Bologna in una libreria per la presentazione di Concepts MODA e GUSTO. Ho visto il libro di Eco e l’ho comprato. Questo commento è quindi interlocutorio, visto che ho fatto solo in tempo a sfogliarlo nel ritorno a Milano.
    Il brutto è brutto oggi come ieri, cambia la consapevolezza della bruttezza. Cambiano i parametri di riferimento e le mode, i riferimenti culturali.
    Ma il brutto è brutto.

  5. Ho riletto qualche volta post, articolo e commenti e ho pensato alla bruttezza. A come cambi per me il giudizio di “brutto”. Non ne esiste uno che duri. Non riesco a trovare persone “brutte”: sgraziate, fisicamente imperfette, aride forse, antipatiche, cattive, ma mai brutte in toto. Poi. Esistono oggetto “brutti” che mi affascinano per una strana attrazione/repulsione che chiama lo sguardo. Forse la letteratura è più oggettiva: il brutto letterario difficilmente può essere mitigato o trasformato in fascino.

  6. in una recensione di questo libro ho letto “non è brutto ciò che è brutto, ma è brutto ciò che piace”.
    anche la bruttezza ha un suo fascino, sì. anche nella storia della letteratura. penso a frankenstein, ai mostri di certi libri e certi film. l’orrido attrae, un po’ come il male.
    poi c’è la bruttezza nell’arte, ma valutare questa è prerogativa degli specialisti. come eco.

  7. – il brutto di oggi è più brutto del brutto di ieri?
    forse sì, ma perché il brutto di oggi ci è più vicino e ci coinvolge di più. è un brutto che ci colpisce in faccia molto più che il ricordo del brutto di ieri.

  8. Un libro interessante. Come un po’ tutti quelli di Eco. Penso che lo prenderò. Ma non perché mi affascina la bruttezza, solo perché sono una lettrice accanita di Umberto Eco.
    Viva il bello.
    Ciao.

  9. Molti studiosi si sono posti il significato del termine bruttezza e ne hanno analizzato i diversi aspetti. L’emerito professore cagliaritano Remo Bodei, dotto e noto scrittore di interessanti testi filosofici, in una stimolante conferenza dal titolo “La filosofia e il corpo” fa notare che l’uomo attraverso il corpo si mette in relazione col mondo. La sua bellissima conferenza andrebbe citata nella sua interezza, mi limiterò ad alcuni frammenti che potrebbero essere oggetto di approfondimento. Bodei ci segnala che” secondo Platone il corpo è qualcosa di caduco, destinato ad essere la sede dell’anima. Personalmente condivido questo suo concetto che ridà ali alle ferite speranze di persone brutte come me….:” Nella bellezza dell’éros, oltre la regolarità, esiste un elemento imponderabile, un non so che, termine petrarchesco che sta per il latino – nescio quid – che non dipende unicamente da proporzioni, armonie o simmetrie….” Mi piace riportare un altro suo pensiero oltremodo calzante ed attuale per i tempi che viviamo che dice:-” Secondo la filosofia contemporanea l’uomo non ha un corpo, ma è un corpo…” Si pensi con quali sacrifici ed eccessi di cura, ci si dedichi oggi alla bellezza senza età, del nostro involucro esteriore, svilendo l’anima! Eppure i nostri ardenti sentimenti e le tante aspettative amorose, nei confronti delle persona amata , sono incorporee ossia figlie della nostra mente e del nostro cuore. Ma poiché nella nostra architettura umana, tutti tendenzialmente miriamo alla perfezione, sarà difficile trovare un essere, bello quanto si vuole, che però ci appaghi interamente… E’ consolatorio pensare che ognuno di noi per quanto possa essere definito esteticamente brutto,
    possieda quel “quid imponderabile” o un suo specifico talento che lo renda unico e irripetibile per coloro che lo amano.
    M. Teresa Santalucia Scibona

  10. L’impressione che ho è quella di un libro che va controcorrente. Nel senso che mi sembra controcorrente, lo dico in termini positivi, proporre “La storia della bruttezza”, oggi… in un’epoca di edonismo imperante ed esasperante.

  11. Una domanda ce l’avrei pure io.
    Cos’è “il brutto” oggi? Quali sono le vere brutture dei tempi moderni?

  12. E’ pressoché impossibile non sentirmi “parte in causa” nel discorso fatto da Umberto Eco. Faccio il giornalista di cronaca nera (spesso tetra), e per diletto scrivo thriller. Da quanto mi consta, posso dire che Eco dice il vero quando afferma che gli intellettuali “si abbeverano” di cronaca nera e leggono i gialli. Evitando, perlopiù, che ciò sia risaputo.
    E’ un po’ come spiare la cameriera dal buco della serratura, insomma.
    Voi non potete immaginare quanti intellettuali “insospettabili” mi abbiano telefonato nel corso degli anni per sapere “confidenzialmente” notizie su omicidi, stupri etc. Gli stessi intellettuali che poi, pubblicamente, affrmano di leggere soltanto le pagine culturali e/o politico-economiche. Semmai uno sguardo agli Esteri se proprio è successo qualcosa di grosso.
    Un atteggiamento, direi, alla “il fango e lo sporco mi affascinano, ma gli schizzi addosso no, please!”.
    Ipocrisia, si chiama al paese mio. Ma è un’ipocrisia che non fa danni. Anzi, fa quasi tenerezza. E’ divertentissimo l’imbarazzo di un Rettore che dice: “ecco, lei che se ne intende…ma a Cogne che è successo?”. E poi aggiunge: “no, ma io lo chiedo così. tanto per…”. E certo, tanto per.
    Il massimo della libidine la raggiunsi con il caso di Erika e Omar. Al cospetto di alcuni “intellettualissimi” che me ne chiedevano impressioni e quant’altro, raccontai alcuni particolari mai usciti sui giornali perché particolarmente “splatter”. Narrando questi particolari, l’espressione degli “intellettualissimi” si faceva sempre più lubrica e assetata di sangue. Alcuni volti mi ricordavano gli zombie di “maestro” Romero.
    Mi sono reso conto nel corso degli anni che leggere le notizie di cronaca nera è anche e soprattutto una forma di esorcismo. “Questa carneficina ha colpito la tal famiglia? Bè, allora è difficile che tocchi a me”.
    Ho anche visto tanti “intellettualissimi” scherzare sugli omicidi. Poi, se per caso a uno di loro rubano la macchina, si sentono assediati da una criminalità feroce.
    Tutto ciò riassumendo, io non so se il brutto, l’orribile, lo zozzo, il deforme piaccia, so soltanto che “serve”.
    ps: c’è qualcuno a cui non piacque il Quasimodo di Notre Dame?

  13. lo prenderò in considerazione sicuramente perché credo che oggi spesso bruttezze infinite siano spacciate per bellezze sublimi. Sono curiosa di sapere cosa significhi Brutto per Eco, che tipo di brutto universiale sia riuscito a identificare. Per me oggi domina il brutto. In assoluto e in tutte le sue forme. Persino le parole brutte. Le storie brutte. Però il brutto ha un fascino decisamente inferiore al Male. Eppure spesso fa danni ben peggiori. Ma se è così di moda probabilmente qualcuno la pensa in maniera decisamente opposta. Anche l’arte non è più in grado di dettare regole. Forse i canoni vanno ridefiniti per questo mi attira l’idea che qualcuno possa averci provato.
    ciao Massimo
    Elisabetta

  14. Non comprerò questo libro di Umberto Eco, come non compro i suoi libri dai tempi de Il nome della rosa. Non sono mai riuscito a finire i libri di Eco. Problema mio, credo. In ogni caso ho letto tutto Cabrera Infante – autore piuttosto complesso – e l’ho letto con passione. Eco no. Non ci riesco. Il nome della rosa lo comprai ma non l’ho finito. Stupendo il film ma noiosissimo il libro che a un certo punto si perde in mille rivoli e non trovi più il bandolo della matassa. Un altro motivo per cui non comprerò questo libro è l’intervista che Eco ha rilasciato al TG1, un’intervista che trasudava arroganza. Eco è un grande intellettuale, nessuno lo nega, ma non può dire che il cinema horror esiste perchè ci sono tanti ignoranti che amano le cose brutte. Questo era il senso di una parte della sua intervista. Non mi ritengo un ignorante e amo il cinema horror, soprattutto quello italiano degli anni Settanta che lui giudica brutto e trash. Non mi pento di aver pubblicato come editore il giovane Izzo che ha scritto un esilarante ECO A PERDERE! Ve lo consiglio come antidoto alla ecodipendenza.

    Gordiano Lupi
    http://www.infol.it/lupi

  15. Gordiano Lupi, grazie per la tua dritta e per il tuo punto di vista. Ognuno ha le sue idee, e i suoi gusti e vede le cose a proprio modo. E’ giusto così. Questi dibattiti che organizza Maugeri sono belli anche per questo, perché non sono scontati e raccolgono opinioni divergenti.
    Però, scusami se mi permetto di dirtelo, quello che hai detto sul romanzo “Il nome della rosa” mi ha fatto un po’ sorridere. Sai perché? Perché è il mio romanzo preferito. Ma come si dice, la vita è bella perché è varia. Per fortuna siamo diversi ed è bello poter esprimere le proprie diversità nel rispetto reciproco.
    Mi fa piacere, per esempio, che consideri Eco un grande intellettuale anche se non ti piacciono le cose che scrive.
    Sul cinema horror ti posso dire che io non lo guardo e lo evito come la peste. Ma non perché non mi piace, perché non mi fa dormire la notte.
    Ciao.

  16. Leggendo l’intervista, in realtà, mi pare che Eco dica tutto e poi anche il suo contrario. Diciamo che sovente l’atteggiamento “italiota” è quello di evitare accuratamente di controbattere il personaggio (ovviamente autorevole) che rilascia dichiarazioni e giudizi. Ciò per piageria, ma anche per evitare di fare la figura dell’incolto. Quando, invece, si intervista (che so) un lavavetri, lo si passa al tritatutto finché non confessa di essere un clandestino, mascalzone e che non paga le tesse. Insomma, forti coi deboli e deboli coi forti. E’ una vecchia storia.
    Riotta, secondo me, ha fatto il suo mestiere. Sapeva di aver fatto una sorta di “scoop” a far parlare Eco e ha evitato di mandare tutto a “donne di malaffare” mettendosi a fare le pulci al “sommo” :-).
    Il problema non è di Eco et similia se spadroneggiano in lungo e in largo con il loro eloquio. La responsabiltà, semmai, è di chi, avvertendo una evidente contraddizione nel “verbo” dell’intellettuale di turno, non dica: “scusi, ma lei sta dicendo una caz…a!”.

  17. quello che dici vale per i big, enrico. per i piccolo vale il contrario. cioè, se sei piccolo e parli bene di un big nessuno ci fa caso. se sei piccolo e parli male di un big, magari dipingendoti come un eroe controcorrente senza paura, la gente ci fa più caso e tu ti fai un po’ di pubblicità. io mi sono fatto questa impressione.

  18. Forse, Gennaro. Ma a me sembrano trascorsi i tempi in cui ad esempio nella “tivvù urlata” faceva premio il “signor nessuno” che svillaneggiava il “big”. I telespettatori e i lettori, caro Gennaro, sono molto ma molto più intelligenti e smaliziati di quanto i mass media credono. E questo, a mio avviso, è un guasto mastodontico in chi fa comunicazione.

  19. infatti. una volta c’era la tv urlata. oggi ci sono il blog. non è il caso di questo di maugeri, altrimenti non ci scriverei. questa è una piccola oasi. ma se giri in rete, tra i blog c’è una specie di silenzioso inferno urlante. silenzioso perchè l’urlo è scritto.

  20. e molto spesso l’urlo è anonimo. così son capaci tutti, o no?
    Che fine hanno fatto, secondo te, le centinaia di “persone qualsiasi” che hanno ingaggiato con Vittorio Sgarbi battaglie dialettiche a suon di urla e parolacce?
    Ne vedi qualcuno diventato celebre in qualche campo? Non mi pare. Sono stati usati come “spalle” (più o meno involontarie) per far crescere il fenomeno del “primattore”. Dei comprimari, invece, non abbiamo traccia. E, detto fra noi, non mi pare una gran perdita.

  21. perfettamente d’accordo. e aggiungo: non solo non è una gran perdita, ma quel fenomeno che tu descrivi lo inserirei nella storia della bruttezza degli ultimi anni.

  22. Eco conosce il segreto del vero potere : l`assenza.
    In un`epoca di sovraesposizione mediatica comparire poco ed in modo sorprendente in tv e` il miglior veicolo di comunicazione.
    Ovviamente una volta davanti alla telecamera e` piuttosto indifferente cio` che si dice.

  23. Senza nulla togliere alla statura di Eco, egli conosce il potere dell’assenza da quando se lo può permettere. Ossia da quando i suoi libri fanno il “tutto esaurito” su prenotazione senza manco che si sappia che cosa ci sarà scritto in quelle pagine.
    Tempo fa, l’illustre alessandrino, compariva in tv e sui giornali molto spesso a dissertar di tutto. Se non ricordo male anche di calcio.
    Nulla da dire sul pregresso e nemmeno sull’attuale scelta d’assenza.
    Peraltro, se i “tuttologi” odierni non sono Eco ma i fuoriusciti dalla casa del Grande Fratello, va da se urlare……”aridatece Umberto!!!!!”

  24. Caro Massimo, sarebbe bello, se fosse lecito, che tu pubblicassi qui l’indice del libro.
    Un esempio di bruttezza attuale e nostrana? L’orario tardo della messa in onda dell’intervista di Riotta ad Umberto Eco. Ma purtroppo siamo abituati ormai e non ce n’accorgiamo più.

  25. Ahimé, perché nessuno risponde alle mie domande?
    Non mi ritenete degna?
    Non vorrete farmi deprimere, spero.
    Scherzi a parte, le ripropongo. Sono curiosa di conoscere le vostre risposte.
    Cos’è “il brutto” oggi? (e potrei aggiungere il “brutto” per eccellenza) Quali sono le vere brutture dei tempi moderni?
    Grazie.

  26. Le brutture moderne? La violenza sui bambini. Ogni orrore che sia banale ma drammatico elencare. E il cattivo gusto. La volgarità. La retorica.

  27. Stiamo vivendo un momento di epocale trasformazione estetica ed è naturale che uno “svelto” come Eco se ne occupasse. Non amo i suoi libri e, anch’io, come Gregori, non ne ho mai terminato uno. Il brutto era facile prima, tremendo o grottescamente osceno, sempre, comunque facilmente riconoscibile. Punto fermo per l’esaltazione del suo opposto. Ma, a sette soli anni di questo nuovo secolo, che lascia alle sue spalle i grandi olocausti, rimossi, normalizzati, istituzionalizzati nelle celebrazioni, il brutto si è fatto strada e le cose sono cambiate. Il passato non si è richiuso in sé , anzi, si è espanso, trovando relative legittimazioni in ogni sua particella. La rivendicazione all’impossibile, arbitraria, egoista, chiusa alla Natura, ha aperto strade nuove; modificando i corpi e la mente. Ci cambiamo, ci sostituiamo i pezzi, invertiamo dati e generi. Insofferenti al tempo, ci schieriamo contro. Viviamo, ognuno per proprio conto, il diritto alla creazione, o come scrisse Mina, qualche anno fa, pretendiamo la Dittatura dei desideri.
    Per farla breve vi propongo: perché non stiliamo un elenco di quello che ci sembra esteticamente brutto? (una voce a testa)

  28. Mi inserisco per la prima volta su questo blog, che da poco ho conosciuto e apprezzato attraverso le parole di Massimo.
    Non entro in merito all’abilità letteraria di Eco (ammetto però che l’argomento mi incuriosisce) e torno a parlare del brutto, indipendentemente da quanto possa esserci nel suo libro.
    Mi sono fatta un’idea. Una volta il brutto era tale per “necessità” e condizione, senza possibilità di trasformarsi in bello. Persone, eventi, luoghi..così com’erano restavano e nessuno sembrava farci caso. Nessuna sfumatura, insomma. O bello o brutto. Oggi il brutto lo è per scelta, per trascuratezza, per inedia. E colpisce proprio per il suo potere di sopravvivere a dispetto dell’affannosa ricerca del bello a tutti i costi.

  29. A Miriam Ravasio:
    non sono io a non aver mai terminato la lettura di un libro di Eco, ma Gordiano Lupi 🙂
    A Rosa Fazzi (ma è un nome d’arte?):
    da un punto di vista artistico, mi riesce difficile oggettivizzare (che schifo di vocabolo!) il brutto.
    Faccio un esempio minimalista. A due passi da casa mia è stata collocata una statua dello scultore Pomodoro. Sembra una via di mezzo tra un albero e un pene. A me fa schifo. Però è probabile che i competenti critici d’arte ne rilevino la incodizionata magnificenza. Io, nel caso, ascolterei i loro giudizi facendone tesoro. Ma “l’albero del pene” (ecco, ho anche trovato il titolo dell’opera) continuerà a farmi schifo.
    In altri campi, personalmente, trovo brutto tutto ciò che viene commesso ai danni di persone che hanno difficoltà o impossibilità a difendersi. Per cui, sempre a titolo di esempio, andiamo dalle truffe agli anziani alla pedofilia.

  30. Mi sembra che sia necessario distinguere il brutto dal male. L’olocausto è dramma e Male. Un ciccione calvo e untuoso, secondo l’opinione comune, è solo brutto, esteticamente brutto. Cosa brutta non coincide con cosa cattiva. E’ così? Parliamo di bruttezza vs bellezza. O di male vs bene? Inizio con la mia personale lista: per me i centri commerciali sono brutti. Le case popolari della periferia di Milano sono brutte. I Suv sono brutti. Le donne troppo truccate, gli uomini con il trapianto di capelli. ;o)
    E.

  31. Quindi, cara Elisabetta, per la proprietà transitiva se l’Olocausto è Dramma e Male, ciò non esclude che possa essere bello. Beh, in effetti, Hitler lo riteneva abbastanza caruccio. Tutto è relativo, certo.

  32. X Rosa Fazzi
    Il brutto per me e` il conformismo.
    E` il pendolo della societa` che prima non permetteva alle donne di parlare ed ora non permette agli uomini di avere ragione in una discussione.
    E` quella serie di barriere archittetoniche mentali che sono l`essenza della buona educazione ma la morte cerebrale per qualunque forma di creativita`.
    Oppure davanti ad un abuso del potere fanno spallucce e dicono che cosi va il mondo.
    Insomma questo per me.

  33. Caro Enrico, qui non si tratta di non escludere la bellezza dell’Olocausto, bensì di tenere ben separate e distinte le categorie di bello e buono, che c’entra la morale con l’estetica.
    Già m’incazzerei se uno definisse l’Olocausto brutto, non avrebbe senso, anzi sminuirebbe il suo orrore morale.

  34. Caro Giovanni e, più che altro, cara Elisabetta, mi pare ovvio che ho usato un paradosso. Peraltro condivido l’osservazione di Elisabetta e, per analogia, anche la tua. Mi è solo sembrato un pò “osé” tirar fuori l’Olocausto e utilizzarlo come esempio nelle nostre conversazioni, specialmente affiancandolo (solo nella scrittura, ci mancherebbe) ai palazzoni della periferia milanese. Sulla distinzione tra male e brutto sono d’accordo. Ma apre a mio avviso un “sub-post” che potrebbe diventare copioso. Ma non per questo di scarso peso, anzi, tutt’altro.

  35. Se stiamo parlando di brutto comprendendo la sfilza di definizioni che vengono elencate, il brutto è qualcosa di sgradevole o che comunque produce in noi questa impressione, ma non è detto che sia condivisibile da tutti.
    Cosa brutta non coincide con cosa cattiva, ma cosa cattiva coincide sempre con brutta, almeno nell’opinione dei più.

    X Giovanni
    D’accordo con te che l’Olocausto non possa essere definito brutto, ma credo che si stia usando questo termine solo per comprenderne altri mille (abominevole, odioso, indecente, immondo…) che sarebbe difficile esaurire in poche righe.

  36. la cosa cattiva coincide sempre con brutta? certo per i fanatici o fondamentalisti la coincidenza c’è: per un fanatico della Lega Nord la Moschea Blu di Istanbul sarà sicuramente brutta perchè la identifica col Male.
    E la distruzione sistematica di magnifiche città come quelle maya ed inca non è forse dovuta all’identificazione dell’inaccettabile moralmente col brutto esteticamente?

  37. Io lo sapevo che non se ne usciva più. Aggiungiamo pure che i funghi velenosi sono i più belli, eppure fanno male, malissimo.
    Tra poco arriverà Massimo a dirci che siamo usciti dal seminato. Ma era pressoché inevitabile. Non c’è nemmeno un Sozi “qualsiasi” a rimetterci in carreggiata? 🙂

  38. Per questo ho aggiunto “nell’opinione dei più”. Come ha scritto Enrico si stanno citando argomenti forti rispetto ai quali le opinioni dipendono da culture, ideologie o convinzioni.
    Ho solo riportato quella che mi sembra essere l’idea di brutto oggi. Distorta quanto vuoi, e proprio per questo non condivisibile nello stesso modo da tutti.
    Sono quini fondamentalmente d’accordo con te.
    Ma sei arrabbiato? 🙂

  39. Solo per precisare che il volume di cui si sta discutendo è una antologia dove si intrecciano immagini e testi: dalla «Medusa» di Rubens al «Fascino del cattivo gusto» di Marcel Proust, dalla «Crocifissione» di Matthias Grunewald fino ai «bimbi impiccati» di Maurizio Cattelan.
    E poi c’è questa dichiarazione di Eco.
    «La storia della bruttezza – ha dichiarato Eco – pone problemi nuovi innanzitutto perché da Platone in poi i pensatori di ogni secolo hanno scritto sul bello, mentre di estetiche del brutto ne esiste una sola, quella pubblicata nel 1853 dal tedesco Karl Rosenkranz, edita in Italia dal Mulino a cura di Remo Bodei».
    Ciao Massimuccio.

  40. Capisco il punto di vista di Carmen. Però, paradossalmente come mio solito, penso che l’elemento della novità, del “mai accaduto prima” non basti a rendere interessante la cosa.
    Non credo, per esempio, che sia mai stato eseguito un concerto esclusivamente con trumfalsilsìl e nacchere. Eppure, chissà perché, ritengo che mi avrebbe devastato tutti gli organi addetti alla riproduzione.
    Il punto è se un’opera spinge a riflettere, sia solo sano passatempo, migliori la vita o ci lasci indifferente.
    Se bastasse la novità ad avere successo, domani mi presenterei da Mondandori con un manoscritto di 1000 pagine itutte bianche tranne un simbolo all’inizio e uno alla fine: alfa e omega. Sai che successone! 🙂

  41. La novità di per sé non è sufficiente. Non c’è dubbio. Occorrono i contenuti, meglio se di qualità. In questo libro, secondo me, di qualità ce n’è da vendere. E ci sono anche analisi e spunti per riflessioni.
    Per il resto, considerate le innumerevoli baggianate che vengono pubblicate oggi, anche in Mondadori, un manoscritto di mille pagine bianche farebbe la sua figura. O quantomeno non sfigurerebbe. Di certo, data la sua natura neutra, non rischierebbe di entrare in un volume di Storia della bruttezza.

  42. Per Umberto Eco: ho adorato “Il nome della rosa”, letto a 16 anni insieme a due compagne di classe… Scoprimmo l’enigma prima di finire il libro. Che soddisfazione!
    Già “Il pendolo di Foucault” mi parve più intellettualistico ma poi mi sono lasciata trascinare dalla storia e dalla scaltrissima coltissima scrittura.
    Poi, mi dispiace,”L’isola del giorno prima” è stata una pena. Io per principio finisco i libri – allo stesso modo in cui dò tutte le possibilità alle persone di far emergere il meno peggio che è in loro – ma ho faticato. Preso, ripreso. Finito. Pretestuoso, irritante, insincero.
    “Baudolino” è ancora lì in attesa che lo finisca.
    Caro Eco, ammiro e stimo la sua dottrina, la sua cultura – erudizione? – ma ecco, sento un fondo di falso, un’insincerità di fondo. Si rilassi, è un professore e uno studioso stimatissimo, non ha bisogno di dimostrare nulla! Mi perdoni se le dico che la sento poco umano. C’è una freddezza di fondo in ciò che scrive, un gelo che a volte mi fa pensare ai suoi libri come ad isole di parole sul nulla. Ho imparato tanto leggendola, ma i miei maestri sono altri.
    Il brutto. Amo Mr Hyde, Quasimodo, Frankenstein, adoro i gialli e me ne vanto: W CONAN DOYLE, AGATHA CHRISTIE, SIMENON E IL MIO CONTERRANEO CAMILLERI… C’è una forza oscura che attrae anche l’intellettuale più scafato… Anche se le mie scelte vanno verso un caos organizzato, un enigma che acuisce la ragione più che verso la scannatina in sé. In molti gialli il morto è un colpo di dadi che avvia il gioco investigativo e letterario. Non so quanto di moralmente osceno ci sia in questo.
    Amo i thriller ma non gli horror perché mi spaventano, meno che mai i film a tema demoniaco. VADE RETRO! A Gordiano Lupi: Battiato in una sua canzone canta “in quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore”. Rispetto chi si dedica a questo genere, comprendo che è lo specchio, spesso, degli orrori del quotidiano, dei mostri della mente, ma è per me fonte di angoscia insostenibile.
    Il Romanticismo, forse perché si impegnò sistematicamente a demolire il classicismo e le sue teorie di bello-buono-decoroso, è l’epoca in cui il brutto assurge ad opera d’arte. Nascono il giallo, i racconti dell’orrore e del terrore…
    Non credo che si possa categorizzare il brutto. Il brutto è l’altro da sé, ciò che vogliamo espellere. Non so se coincida con l’immorale o col Male. L’Olocausto è per me anche l’immagine di quelle orribili baracche, di quei forni che ancora perseguitano Shlomo Venezia. A proposito, che ne direste di leggere il suo libro? Hitler aveva l’ossessione della Bellezza, della Purezza della razza. Il brutto era il diverso, l’ebreo, il nero, l’handicappato.
    Per essere più frivoli: spesso i belli hanno la strada spianata perché non hanno bisogno di tanti sforzi per piacere, ma i brutti, come i cani bastardi che conoscono a proprie spese l’arte di arrangiarsi, sviluppano altre abilità…
    Bruttezza per me è la pedofilia, la prostituzione che rende brutto l’atto più bello tra due persone che si amano, bruttezza è la mafia, bruttezza è la volgarità già sulla bocca di un bambino, è la ricchezza ostentata, la bellezza sfacciata, la cultura tronfia, il vandalismo, certa architettura di periferia, la mutanda fuori dai pantaloni…
    Penso alla descrizione del Messia fattaci da Isaia. Non ha bellezza che attragga i nostri sguardi, è come uno davanti al quale ci si copre la faccia. Anche Dio può non essere riconosciuto per la sua apparenza disprezzabile.

  43. Eco ha scritto un altro libro per dare una storia della bruttezza. I poveri coglioni credevano che la storia si desse solo di eventi, azioni, loro cause e loro effetti. Macché. Chi molto sa, sa far storia anche di un’idea; poi se è l’autore ad inventarsela poco importa. Dopodiché, Augias -il grafomane che sulla scia della letteratura da feiulleton della Parigi di inizio Ottocento, ha invaso gli scaffali con segreti e misteri delle più celebri capitali mondiali- ne ha sfornato uno caldo caldo su quanto sia importante leggere. E Romano, storico, giurisperito, editorialista, opinionista, ex-ambasciatore e non so cos’altro, ne ha scritto uno sull’Islam. Dico io: mica sarà che questi grossi nomi puntano a vendere ad un pubblico grande di numero, ma piccolo di cervello? Io dico di sì, e non ci trovo niente di male. Il male lo trovò però nel modo in cui vengono presentate le loro opere, e cioè come un prezioso contributo culturale, quando invece sono spesso null’altro che un eruditissimo affastellamento di nozioni ben scritte, ma di certo non nuove, né di rilevanza euristica. E lo dico con diplomazia, cazzo.

  44. Si potrebbe dire, riguardo la bellezza e la bruttezza, che:
    la bellezza non è per sempre,
    si deteriora nel tempo, quanto la vita vs la morte.
    La bruttezza è solo un pregiudizio che si cambia col tempo:
    “ciò che è non è”
    Libera traduzione : Gorgia – 483 a.C. –
    Retore Greco del V secolo a.C. maggior esponente della “Sofistica”
    Quant’è bella giovinezza che pur si fugge tuttavia…tanto per sdrammatizzare l’argomento!
    Sono d’accordo con Giulio Prosperi, anche, per il pleonasmo: detto cazzo.
    Luca Gallina

  45. Prima di tutto, un ringraziamento caro a tutti coloro che sono finora qui intervenuti: Outworks 110; MariaGiovanna Luini; M.T. Santalucia Scibona; Maurizio Autieri; Rosa Fazzi; Enrico Gregori; Elisabetta Bucciarelli; Gordiano Lupi; Gennaio Iozzia; Giovanni; Miriam Ravasio; Silvia Leonardi; Carmen e Giulio Prosperi.
    Poi, dico a tutti che mi piacerebbe indirizzare maggiormente il dibattito sulla funzione della Letteratura italiana contemporanea, al di la’ delle diverse opinioni che ognuno ha sulle categorie bello-brutto e buono-cattivo, con i relativi molteplici collegamenti e scambi di collocazione che ne possono derivare.
    La mia domanda e’, infatti questa:
    Senza parlare della nostra definizione di bello, brutto, buono e cattivo (insomma dando per scontata la nostra personale opinione su cosa siano queste categorie estetico-morali), come pensiamo che la Letteratura italiana odierna dovrebbe porsi di fronte a queste categorie? La nostra Letteratura deve tendere a trattare il brutto, il bello, il buono e il cattivo REALI o dovrebbe creare dei mondi alternativi, separati dalla realta’? Quali sono i collegamenti fra realta’ e Letteratura?
    Io porrei cosi’ il problema da dibattere, spero che vi piaccia discuterne in tal modo.
    Sergio Sozi

  46. P.S.
    Comunque chiudo dicendo la mia opinione in proposito: secondo me, il ”cattivo” e’ cio’ che procura dolore a se stessi o ad altri, siano essi degli esseri umani o altri esseri naturali; il buono invece e’ cio’ che procura piacere a se stessi o ad altri. Questo e’ universale. Il brutto e il bello, invece, dipendono dalle categorie che la Storia umana ha creato nei diversi luoghi geografici, epoca dopo epoca; per noi italiani, per esempio, il bello nell’arte (visiva e architettonica) ha una linea di successione che parte dalle popolazioni preromane e arriva ai primi del Novecento. Il resto, dopo il primo Novecento, in genere ci sembra brutto, bruttino o quasi accettabile, o accettabile, ma non certo bello. Il ”bello umano”, inoltre – sempre per noi italiani – ha a sua volta una certa coerenza dagli ideali dell’Antica Grecia fino a oggi, con poche modifiche rispetto alle forme corporee (chilo in piu’, chilo in meno, ma tant’e’) e nessuna modifica sostanziale parlando delle forme facciali. Il brutto e’ tutto quanto sia fuori dal bello. Pero’ resta impossibile trovare collegamenti condivisibili fra i canoni estetici e le categorie extra-fisiche. Parlarne pretendendo di uniformare le due rette parallele e’ un sollazzo e resta tale.

  47. Poi, dando per scontato che in Italia si vive maluccio, ripeto quanto chiesto all’inizio:
    Siete sicuri che la bruttezza quotidiana italiana abbia bisogno di una sua reinterpretazione letteraria (intendasi: romanzesca e/o poetica)?
    Sergio

  48. Non penso che l’estetica sia avulsa dall’etica; se così fosse non esisterebbe una mutazione dei gusti e tutto sarebbe fermo agli splendidi Kuroi e alle Kore: i giganti dello stupore naturale, rassicuranti e incantevoli. Pensiamo alle montagne, che nell’antichità erano considerate un’escrescenza, luoghi orridi e desolati e alla loro scoperta estetica, che avvenne sul finire del settecento. ( Come le montagne conquistarono gli uomini, Robert Mac Farlane, strade Blu). La storia della moda e del gusto, dimostra che l’uomo ha digerito di tutto e trovando, ogni volta , in sé, nella società, nelle sue abitudini, le “ragioni” giuste per adeguarsi. Condivido l’intervento di Maria Lucia , le sue riflessioni e il suo “elenco” di cose brutte a cui aggiungo il mio resto.
    Trovo orribili i trans, le scarpe a punta, i quadri di Francis Bacon, le modelle, le nonne incinta, gli uomini con i capelli tinti, i cavalcavia, i centri commerciali, gli pseudo eventi, gli pseudo oggetti, i vecchi che si travestono da giovani, i visi trafitti dal metallo, il “silicone”…. e Klaus Kinsky in Nosferatu. SMILE

  49. A Miriam:
    le montagne per gli antichi Greci (ripeto: non si puo’ dire solo ”gli antichi” perche’ i Greci sono una cosa, i Babilonesi un’altra, ecc.) erano anche affascinanti e spesso sacre, come i boschi, i fiumi, i laghi, eccetera. I kuroi, poi, sono belli anche per noi. Ripeto: la Storia ci ha trasmesso un’idea del bello e solo in questi ultimi settanta-ottanta anni stiamo cercando di crearne altre alternative, senza riuscirci. Le tue opinioni sulle cose moderne lo confermano. Cio’ non significa, tuttavia, che non ci siano stati dei mutamenti in itinere, ma solo che ogni mutamento e’ stato via via assorbito dall’idea di bello che avevano i nostri antenati dell’Evo Antico.
    Degli extraeuropei non intendo discuterne perche’ non li conosco a sufficienza da permettermi di emettere giudizi o opinioni ponderate.

    A tutti ripeto: e la Letteratura?
    Sergio Sozi

  50. Scusate, ma ho l’impressione che qualcuno di voi ha scritto a sproposito, cioè giudicando senza nemmeno aver aperto il libro oggetto della discussione.

  51. Cara Carmen,
    l’oggetto della discussione, qui, e’ diviso in diversi temi e argomenti; non si tratta solo di discutere sulla Storia della bruttezza di Eco. L’importante e’ restare in tema – o almeno nelle sue dirette ”vicinanze”.
    Sozi

  52. Intrigante il dibattito sulla bruttezza. E’ proprio vero, Massimo, il brutto ha un suo fascino, così come il male, il vizio ma un fascino momentaneo, istintivo.

    Io introduco tre parole chiavi (che poi possono essere dei titoli di libri, dei concetti etc):

    1) Fosca, di Tarchetti.

    2) Il ‘brutto’ ieri ( letteratura e arte realista) e l’ ‘orrorifica’ provocazione oggi, (nell’arte di Cattelan ad esempio).

    3) Il brutto nella sua evoluzione.

    Ecco cosa richiamano le tre parole:

    1) Ugo Tarchetti dedica un intero libro ad una donna dall’aspetto orribile, magra, pallida, malata, agonizzante, capace di suscitare in lui un sentimento contraddittorio tra la pietà e il disgusto. Ma Fosca più che rappresentare il brutto estetico rappresenta una sorta di doppio noir del protagonista/autore, che è diviso tra l’attrazione e il rifiuto dell’abisso, dell’ antro viscido e offuscato che c’è dentro lui.

    2) Riguardo il brutto nell’arte di Cattelan, i confini tra il concetto reso esteticamente e l’etica sono labili. Proviamo a pensare al suo lavoro di diversi anni fa, quello che suscitò un eclatante sdegno nell’opinione pubblica: vi ricorderete di certo i pupazzi appesi sulle fronde di un albero in un luogo pubblico, come fossero bambini appesi. Ebbene, molta gente ritenne orribile quell’opera, non per la resa estetica ma perché accusata di assenza di moralità, pudore etc. In realtà quella di Cattelan non era altro che un messaggio forte, provocatorio ma non per mercificare o strumentalizzare un problema grave a livello sociale, ma per rappresentare attraverso i suoi strumenti artistici (di un’arte contemporanea più o meno esteticamente bella) la condizione delle vere vittime della società odierna: i bambini. L’albero, dunque, era la società,coi suoi vizi, con le sue colpe, i suoi pedofili e i bambini non erano che frutti acerbi da essa strozzati.

    3) il terzo punto si può in parte sintetizzare dicendo che il concetto di brutto si è modificato nel tempo senza dubbio. Il brutto un tempo era il perturbante di Hoffmann, o certi racconti di alcuni scapigliati, persino il primo quadro degli impressionisti fu considerato brutto. I parametri cambiano ed oggi ha forse più valenza morale che estetica. L’arte contemporanea ad esempio è concettuale ed è difficile in quel caso distinguere tra brutto estetico e brutto morale. Io reputo brutto un libro vuoto, un dipinto che non mi comunica nulla, insomma difficile scindere tra brutto oggettivo e brutto soggettivo, ma di certo esiste il brutto sociale.

  53. Infatti, non mi pare giusto discuntere su un libro uscito pochi giorni fa (non so quando con precisione), perchè invece non discutiamo sul prezzo del libro che mi sembra, ahimè, un altro esempio della bruttezza dei nostri tempi ?

  54. Io definirei con una sola parola la nostra era – dal Novecento a tuttodi’: ”confusione”. Una ”parola chiave” che non apre nessuna porta.
    Sozi

  55. Caro Giovanni,
    intendevo solo dire che e’ benaccetto sia chi parla del libro che chi parla di tematiche ad esso affini. I libri, comunque, in Italia costano vome altrove in Europa – e spesso anche meno. Sono i nostri affitti e le nostre paghe ad essere rispettivamente superiori ed inferiori.
    Ma torniamo a noi, direi.
    Sozi

  56. Sul prezzo del libro.
    E’ un tomo considerevole, con carta patinata e bellissime immagini di dipinti. Prezzo giustificato rispetto alla media dei prezzi dei libri di oggi.
    Semmai può essere più corretto fare un discorso generale sull’alto costo dei libri (di tutti i libri). Ciao

  57. Caro Massimo, bellezza e bruttezza sono categorie nichiliste. ‘Oltrepassiamole’ col gigante del pensiero Emanuele Severino

  58. Cara Sabina Corsaro,
    in questa sede, preferirei solo precisare una cosa su Cattelan: la riprovazione nei confronti di quell’opera secondo me fu giusta solo per un importante motivo: l’esposizione al pubblico in un parco dove passano anche i bambini – i quali, ovviamente, non possono cogliere i significati di un’arte ”per adulti” ma ne restano solo terrorizzati. Se posta in un altro luogo l’opera sarebbe stata, certo, un salutare avviso alle coscienze sulla violenza ai bambini. Li’ no.

    Cordialmente
    Sergio Sozi

  59. Caro Marco,
    hai gettato un importante sasso, ora non nascondere la mano e spiegaci perche’.
    Sergio Sozi

  60. Caro Marco,
    ho appena letto l’articolo di Torno su Severino. Magnifico fuoritema. Grazie.
    Sergio Sozi

  61. A tutti:
    invito a non confondere gli aggettivi ”brutto” e ”bello”, che sono pertinenti agli organi di senso (soprattutto la vista), con ”buono” e ”cattivo”, che, oltre al palato e all’udito, riguardano preminentemente questioni d’ordine morale ed etico.
    Non facciamo confusione, altrimenti si conclude poco o niente.
    Sergio

  62. Eccomi. Scusate il ritardo, ma mi è stato impossibile intervenire prima.
    Consentitemi di ringraziarvi tutti per i numerosi commenti. Lo ha già fatto Sergio, lo rifaccio io. Non cito tutti i vostri nomi, ma… come se fosse.
    Un dibattito che si è infiammato in tempi record (e che si è aperto in ulteriori sotto-dibattiti, tutto sommato in tema)! Molto interessante.
    Ho constatato che le posizioni sono divergenti. Mi va bene. Nei dibattiti veri è così che deve essere.
    Ne approfitto per chiedervi, ancora una volta, di attenervi alle regole della buona creanza senza timore di esprimere le vostre idee ed opinioni (ma sempre nel rispetto di quelle altrui).
    Considero Letteratitudine – proprio per la sua natura di open blog – patrimonio comune. Vi prego di fare altrettanto.
    Grazie mille.

  63. Che il professor Eco sia un genio su questo non vi è dubbio.
    ho la sensazione che questa genialità negli ultimi anni sia maggiormente indirizzata verso un contenuto da ‘pronto cassa’ piuttosto che verso l’arte.
    Tuttavia i meriti dell’opera ci sono, anche se non all’altezza eccelsa della fama dell’autore, secondo me almeno.
    Circa la domanda sulla ‘continuità’ della bruttezza, potrei risponderle che sicuramente il canone estetico che la riguarda è maggiormente pevicace di quello della bellezza. Tuttavia, siccome i canoni li stabiliamo noi uomini e donne, entrambi ‘mobili’ er natura, sicuramente la bruttezza dell’oggi assomiglia con quella di ieri ma non coincide perfettamente. Circa l’altra domanda, cioè di elencare opere ecc. ecc. circa la bruttezza spero che lei stia scherzando. Sarebbe già impossibilmente ciclopica un’opera che riguardi la rappresentazione della bellezza, che ha sicuramente canoni più rigidi. Come ha saggiamente osservato Eco si può essere brutti in mille modi e belli in pochi. Se vuole può leggersi, se riesce nell’impresa, “La conoscenza del peggi” di Manlio Sgalambro (Gli Adelphi) ma è sufficiente lei faccia un salto in libreria e ad occhi chiusi tiri fuoiri dagli scaffali dieci libri: mi sappia dire lei cosa trova. Pasienza se ci sarà anche l’ultima opera del professor Eco.

  64. A Miriam.
    Mia cara, l’uso del termine “smile” in questo blog è mio. Ne posseggo il copyright. Vuoi forse usurparmelo? Il fatto che tu lo scriva in maiuscolo non comporta alcun valore distintivo. Chiedo l’intervento arbitrale del maximegaboss di questo blog.
    Smile

  65. Premesso che adoro Umberto Eco (ce ne fossero intellettuali come lui a rappresentare degnamente l’Italia in campo internazionale!), vi fornisco il mio personale elenco del “brutto” d’oggigiorno:
    – il traffico esasperante
    – le modelle scheletriche
    – alcune riviste gossip
    – l’edilizia selvaggia
    – chi parla male di Umberto Eco
    – Berlusconi con bandana
    – la musica house
    – i telegiornali di Emilio Fede
    – i nei di Bruno Vespa
    – Malgioglio (tutto)
    – le donne più belle di me
    – chi mi ruba lo “smile”
    – me stessa quando faccio l’antipatica
    Smile

  66. Questo di Eco è un libro che pensavo di acquistare già. Grazie per le informazioni. E complimenti per il blog: molto attivo e iperfrequentato.

  67. Per me è brutto stare qui in ufficio a perdermi quello che succede fuori 

    Per tornare al tema aperto da Sozi circa il modo in cui pensiamo che la Letteratura italiana odierna dovrebbe porsi di fronte alle categorie del bello e del brutto, non credo che sia strettamente necessario attenersi alla reltà.
    La nostra percezione di determinate cose come belle o brutte – nella realtà – resta un mistero.
    Forse un mondo (letterario) alternativo, dai canoni invertiti, potrebbe sorprenderci, infastidirci o far nascere in noi un nuovo senso estetico. Chissà…

  68. Silvia, sono d’accordo. Il “dover” stare in ufficio merita una buona posizione nelle classifiche delle bruttezze.
    Buon lavoro e auguri per il libro. Ho visto il collegamento.

  69. Arrivo tardissimo – constato che il mio sarà l’ottantunesimo commento.Orco:)

    Concordo con Sozi, quando dice che da quest’intervista si potevano cavare più cose, e anche che Riotta ha fatto il suo mestiere. Per la mia prospettiva era più interessante qualcuno che sollecitasse Eco un po’ di più e su meno temi.

    Ad ogni modo, temi così meriterebbero risposte diverse.
    L’estetica ha sempre un doppio binario, l’asse individuale e l’asse culturale – questi due vettori si guardano e si riflettono e si parlano. Si condizionano. I codici culturali che dettano valori e criteri di giudizio sono storicamente e culturalmente determinati, non riescono a essere mia del tutto fissi e univoci – per esempio. L’estetica ha relazioni segrete e violente con la desiderabilità sociale, con il voler essere. Il bello e il brutto sono i poli opposti di un asse di valori condivisi. Ma ci appartengono entrambi. Uno rappresenta cosa si vuole addosso l’altro cosa in teoria non si vuole affatto. Il chè non esclude per niente che la bellezza formale possa essere respingente e l’imperfezione dell’orrore possa essere attraente. In specie se nel momento in cui si crea un prodotto artistico, si raggiunge il significato e il significato sa aggiungere molta bellezza.
    Trovo strano perciò che si neghi l’attrazione per la cronaca nera, trovo strano che eco dica che si tratta di semplice incagliamento. Da lui non me lo aspetto. L’esame dell’orrore è l’esplorazione di una parte di se. se si va avatni di questo passo si va a dire che Francis Bacon è da buttà.

  70. @ Elektra, lo SMILE era un personale omaggio a te, paciera del blog! Accetto, con simpatia, l’epiteto di brutta. Sempre meglio che niente. Sorriso.
    Il brutto di ieri e di oggi?
    Facilità e complicazione, o come ha scritto qualcuno, confusione. In un Fabliaux del XII sec. si celebra il brutto con l’allegoria sgangherata del peto; oggi, con le defecazioni in diretta dall’isola dei famosi, non sarebbe più possibile. Viviamo nel brutto, ne siamo contaminati; il nostro problema è definire cosa è bello. L’Arte non ci aiuta. Le provocazioni a cui siamo abituati sono troppo numerose e ripetitive per conservare una certa efficacia. Non smuovono più, irritano, perché si muovono attorno ad un unico fine: far parlare di sé per ottenere visibilità. Brutte!
    In letteratura il brutto si riconosce nei libri oggetto, scritti ad agosto e messi in vendita a natale. E l’intellettuale che si presta al gioco è bruttissimo, anche se l’età è venerabile e la sua vita degna di rispetto. Ma l’operazione è proprio infelice.
    @ Zauberei, perché dire che Bacon è brutto è un’eresia? Io non riconosco più la “sacralità” dell’arte, perché l’arte è morta, sopravvive lo spirito che si può solo evocare per edificare cose nuove, lontane dai sistemi commerciali dei collezionisti e degli operatori. Con voce forte e chiara rivendico il diritto ad una nuova estetica.
    Avete visto il gesto della Fontana di Trevi: a me è piaciuto enormemente. Bellissima immagine! Dopo tante stupide provocazioni studiate, programmate, soppesate, capitalizzate, collezionate, ecco un gesto libero per un’opera che diventerà icona riconosciuta, riconoscibile ma pura da ogni listino. E’ il riscatto della “Merda in scatola”, Piero Manzoni, oggi valutata in centinaia di migliaia di euro e per questo snaturata dalla sua vera intenzione.
    Un immagine potente, simbolica, che apre anche altre riflessioni….il gesto possibile che contamina, ammonisce…
    La fontana: come un auriga, su un cocchio fatto a conchiglia e trainato da cavallucci marini è posto OCEANO; ai suoi lati SALUBRITA’ e ABBONDANZA sorvegliano il suo agire. Un anima ferma che non si muove più. TROPPO PESANTE.
    L’acqua è rossa, SPOSTATEVI GALLINE! un nuovo movimento o solo un gesto “vandalico”? (scusate l’esaltazione artistica) Ma ora, che la possibilità di un danno permanente è stata scongiurata (era solo anilina, rimuovibile con l’acqua stessa), a voi, quell’immagine con l’acqua rossa, come vi è sembrata?
    A tutti con affetto, Miriam

  71. Be’, secondo me la sparata sanguigna dentro alle acque sparate della fontana di Trevi è veramente geniale. La approvo con tutto me stesso, e vorrei farmi doppio per approvarla ancora un po’.
    E’ la cosa meno idiota che ho visto in televisione negli ultimi dieci anni, a parte blob, naturalmente. Il falsificatissimo poeticume moralista dell’antiviolenza e del siamo buoni ad ogni costo ha stancato un po’ tutti, non ha mai funzionato davvero, ed ultimamente sta facendo anche dei bei danni. Soprattutto perché nessuno è veramente non-violento e tanto meno buono ad ogni costo. Dunque ben venga l’ardito coglionazzo che ci violenta la cartolina che abbiam dipinta negli occhi della fontana di Trevi.
    Questa -secondo me- non è bruttezza, e non è storia. Ma avrà sempre una grande eco, che Umberto lo voglia o meno.

  72. Miriam cara, ma io scherzavo!!!
    Prenditi pure tutti gli smile che ti servono, te li mando con piacere. Grazie per l’omaggio.
    Smile

  73. Scherzi a parte, questo tuo ultimo commento secondo me meriterebbe un post a parte. Come giudicare il gesto del tizio che fa diventare rossa l’acqua della Fontana di Trevi (senza danneggiare il monumento)? Possiamo dire che rientra, o può rientrare, nella storia della bruttezza?
    Oppure possiamo sostenere che, in quanto gesto provocatorio ma non vandalico (nel senso che non crea danni), a suo modo innovativo, a suo modo mentalmente fervido, a suo modo stimolante, ha una sua bellezza?
    Insomma, mi pare che restiamo in tema, no? Pur avendo aperto una nuova finestra.
    Brava Miriam!
    Smile

  74. Giulio Prosperi, hai già risposto alla mia piccola provocazione che rilanciava quella di Miriam. Grazie.
    Smile

  75. figurati, Elektra. A proposito, sono un ventisettenne, studio alla cosìddetta specialistica di storia contemporanea nella inluridita Firenze e faccio poco altro. Per esempio, dò lezioni di greco antico. Che c’entra? Semplice: sono sottocupato, guadagno una quantità infima di soldi eppure mi dò tanto da fare. E questo è davvero brutto!

  76. E allora? Nessun altro intervento?
    L’episodio dell’acqua rossa nella Fontana di Trevi rientra nel “brutto” oppure no?
    Massimo, non è che dal tuo punto di vista sto portando il post fuori tema e stasera mi fulmini?
    Ci sono troppi punti interrogativi?
    Sì?
    Smile

  77. SALVE A TUTTI!
    NON è CHE IO SONO BRUTTA PERCHé HO PARLATO MALE DI UMBERTO ECO?
    SCHERZO…
    VALIDISSIMO STUDIOSO, CREDO PERò CHE IN LUI LA SUPPONENZA E LA VANITà ABBIANO SUPERATO I LIVELLI CONSENTITI…
    A PRESCINDERE, COME DIREBBE TOTò QUINTESSENZA DELL’UOMO BRUTTO MA CHE IO PERò TROVO NON SOLO GENIALE MA ANCHE AFFASCINANTE!
    TORNIAMO ALLA LETTERATURA, COME GIUSTAMENTE CI ESORTA A FARE SOZI. VERO è CHE TUTTE LE CATEGORIE DI BELLO-BUONO-CATTIVO-BRUTTO SONO MESCOLATE E CONFUSE. QUESTA è L’EPOCA DEI REMIX, DELLA MESCOLANZA, DEL POT-POURRI DI STILI, TENDENZE, CATEGORIE LETTERARIE, FILOSOFICHE, ESTETICHE ED ETICHE.
    FORSE SONO CORSI E RICORSI STORICI. DALL’UNO AL MOLTEPLICE E VICEVERSA, IN UN ETERNO MOVIMENTO DIASTOLICO E SISTOLICO DELLE IDEE.
    NON SAREBBE MALE PERò TORNARE A CERTE IDEE CHIARE E DISTINTE… ALLE COSIDDETTE REGOLE TANTO VITUPERATE – NELLA GRAMMATICA, NELL’EDUCAZIONE DEI FIGLI, NEL MONDO SCOLASTICO, NELLA POLITICA .
    A MOMENTI DI RIGIDITà SEGUONO MOMENTI DI CONFUSIONE ANARCHICA, ALLA DESTRUTTURAZIONE PIù TOTALE SEGUE UN’ERA DI MAGGIORE ORDINE E DI RIFLESSIONE SU QUANTO FATTO PRECEDENTEMENTE.

  78. Be’, rimanendo sulla bruttezza posso raccontarvi una cosa brutta bruttissima puzzolente che mi è capitata. Vorrete perdonarmi, ma la mia ancor verde età mi dispone a parlar di me stesso. Si tratta di questo: memore dell’audere semper del più bischero esteta dei nostri poeti, ho dunque osato inviare un mio manoscritto a Sua Eccellenza Reverendissima Casa Editrice Adelphi. La risposta, caso strano, arrivò. Con perfetta punteggiatura e stile scorrevolissimo mi comunicarono con malversato candore che i miei scritti, così gli pareva, non avevano i requisiti per la pubblicazione; o fuor di editorial diplomazia, facevano cagare.Ordunque, non è questa una bruttura? Umberto Eco avrebbe sicuramente qualcosa da dire, per fortunam. Ma quella latina, col complemento di modo, cioè a caso. E infatti io sono incasatissimo!

  79. Ma miriam, non ci entra la sacralità dell’arte, e proprio brutto/bello che sono due concetti terribilmente relativi. Ma a me Bacon mi piace. per semplicità chiamo quella cosa che mi incatena a un suo quadro,”trovarlo bello”. Se vuoi però è una specie di convenzione semantica. Una volta che si stabilisce una relazione tra me e un oggetto, mi interessa di più quella relazione, la ragione di unìattrazione o del suo contrario (che sempre una specie di attrazione è) piuttosto che la categoria di bello, così.

  80. Grazie per i vostri ultimi commenti.
    @ Zauberei:
    tu non arrivi mai tardissimo

    @ MariaLucia:
    perché usi il maiuscolo? Nel “linguaggio Internet” equivale a urlare 🙂

  81. Sulla questione “Fontana di Trevi in rosso”.
    Ringrazio Miriam per aver introdotto questo nuovo “spunto” e Elektra per averlo rilanciato.
    A dire il vero non è che mi sembri così pertinente con l’oggetto del post, ma riconosco che è un argomento di forte attualità e di certo ne vale la pena discuterne. Anzi, più tardi spero di potervi offrire un contributo interessante.
    A dopo.

  82. Il rosso nella fontana di Trevi, a parer mio, non rientra nè nel bello, nè nel brutto, nè nel bene, nè nel male. Rientra nello stronzo. Ma ciò, quindi, può essere estemporaneo, divertente, provocatorio e anche un po’ intelligente.

  83. @ Zauberei, certo. Io ho usato le immagini di Bacon per uno “spettacolo” multimediale sulla Shoah; inserendo quei suoi autoritratti mutili-deformi, nel pezzo storico che precedeva la catastrofe. Invece, nel punto centrale del “racconto”, a commento di pochissime righe tratte dal Canto del popolo ebreo massacrato ( di Isacco Katzenelson, quel pezzo sui Cieli), non riuscendo a trovare le immagini giuste e avendo deciso d’inserire quelle sui campi (che la CEDEC mi aveva gentilmente prestato) solo alla fine: le disegnai. Con gessetti chiarissimi, disegnai dei volti di bimbo, che con un sistema di proiezioni sincronizzate si componevano e svanivano sulla scansione delle voci. Poche parole, recitate in un italiano stentato da un ragazzo, reduce dalla Bosnia. Per la realizzazione di quel lavoro mi confrontai con il brutto, in tutte le sue immaginabili e bestiali varianti; lavorai sodo, vagliando con attenzione ogni singola scelta, per non scivolare nella retorica e nel cattivo gusto. Scartai montagne di materiale e alla fine, dopo diverse rappresentazioni nelle scuole, chiusi tutto in una scatola, litigando con i musicisti, che su questo lavoro avevano deciso una produzione ad hoc, che “sicuramente avrebbe reso”. Fu una scelta dolorosa ma necessaria, che rifarei.

  84. @ Enrico.
    Che ti devo dire, io le donne che scrivono su questo blog le adoro tutte. Anche perché sono donne con l’intelligenza sopraffina.
    Sì, forse un po’ cicisbeo lo sono.
    😉
    A scanso di equivoci:

    Cicisbeo = s. m. Nel sec. XVIII, cavalier servente di dama di alto lignaggio.

  85. Sul rossore della Fontana di Trevi.
    Ho chiesto a Daria Bignardi di passarmi il suo articolo uscito sul numero di “Vanity Fair” di oggi (grazie mille, Daria!).
    Ve lo offro come contributo al sub-sotto-dibattito lanciato da Miriam e spalleggiato da Elektra. Ditemi che ne pensate.
    ————————————————————–
    La Fontana di Trevi com’era bella, tutta rossa

    “Tutti a parlare di «sfregio», di «rabbia», di «odio». Ma non sono peggio Anita Ekberg e le monetine?”

    di Daria Bignardi

    Oddio, sono di estrema destra e non lo sapevo. «Che meraviglia», ho sussultato vedendo le immagini della Fontana di Trevi rossa al Tg, venerdì sera.
    Stavo preparandomi per andare in diretta con le Invasioni barbariche e l’audio del televisore era spento: l’idea del vandalo non mi ha nemmeno sfiorata, ma ho subito pensato a un’idea ad alto contenuto artistico, una cosa alla Maurizio Cattelan per promuovere la Festa del Cinema di Roma appena iniziata. E, tanto per rimanere in tema, mi sono fatta tutto un film. «Però, come sono avanti questi romani», ho pensato, gelosa, ricordando lo scandalo di Milano per i bambini impiccati di Cattelan. Quando ho saputo della rivendicazione di Azione Futurista che attaccava proprio la Festa del Cinema («Quattro cortigiane, una vecchia gallinaccia e un puffo», è scritto nel volanti­no di rivendicazione, «que­sto è il Cinema di Roma»), sono andata in confusione.
    Ma come, l’assessore Silvio Di Francia capisce immediatamente che è stato un atto vandalico di destra e io invece reagisco come Gianluca Iannone, responsabile di Casa Pound e padre spirituale del Circolo Futurista di Casal Bertone, che subito dichiara: «Ci sembra una bella azione dimostrativa e quasi ci spiace non averlo fatto noi»?
    Che cosa mi sta succedendo? Perché non riesco a non togliermi dalla mente «coi secchi di vernice coloriamo tutti i muri, case, vicoli e palazzi, perché lei ama i colori» di Cocciante? Ecco, lo dicevano che era di destra anche Cocciante.
    Ora tutti parlano di «ferita aperta» e «sfregio», e sicuramente avranno ragione. Anche se l’assessore alle Politiche culturali di Roma, quello che ha capito subito che era stato un gesto di destra, ha assicurato che il colorante, a base di anilina, non ha lasciato tracce persistenti sui marmi della fontana. Il «futurista» sarebbe un esponente locale della destra, di cinquant’anni (identificato dalla Digos, nega di essere stato lui, ndr). Sul volantino c’era anche scritto: «Noi precari, disoccupati, anziani, malati, studenti, lavoratori, stiamo arrivando con il vermiglio per colorare il vostro grigiore. Oggi nasce con noi una nuova concezione violenta della vita e della storia». Firmato FTM, al secolo Filippo Tommaso Marinetti. Vabbè.
    Il sindaco di Roma Walter Veltroni ha parlato «di un gesto che fa del male a una comunità, che esprime un clima di rabbia e odio che, in questo Paese, dobbiamo cercare di debellare». Eh là là. Ma no, dai Walter, take it easy. Non diamogli tutta quest’importanza al protofuturista.
    E poi vogliamo dirlo una volta per tutte che la scena di Anitona che fa il bagno nella Fontana di Trevi è diventata così stucchevole che se la rivediamo ancora una volta ci viene il diabete mellito? Che le monetine e le telecamerine vanno bene per noi turisti, ma insomma ’sta fontana è noiosa e questo povero futurista sfigato ha avuto un’idea? Magari sarà stata un’idea pericolosa, anche se la scelta dell’anilina fa pensare che non volesse rovinare niente. Magari sarà stata un’idea aggressiva, visti i toni del volantino. Ma un’idea è sempre un’idea. Oggi come oggi, buttala via un’idea.

  86. Prima di leggere il pezzo di Daria Bignardi avevo (vedi sopra) detto che secondo me il rosso nella Fontana di Trevi non è Male, Brutto, Bene, o Bello. E’ stronzo.

  87. Secondo me è un pezzo ironico, provocatorio e divertente. Va un po’ nella stessa direzione tracciata da Miriam e credo da Elektra.
    Vediamo che dicono gli altri, poi vi dirò che ne penso io.

  88. Mi associo parola per parola con quanto espresso da Enrico Gregori. Va be’ che siamo ad inizio secolo e qualcuno potra’ anche cercare qualche via – usuale, perche’ ormai atti come questo sono usuali – per ricreare in vitro una qualche sua strampalata pseudo-avanguardia. Pero, dai e dai: chi spezza le dita delle statue, chi sfregia i quadri, chi vorrebbe riconvertire il Colosseo in un parcheggio pluripiano, eccetera.
    Insomma: fin che si tratta di innocua anilina tiriamo un sospiro di sollievo, ma se si prosegue su questa strada… rischiamo di fare la stessa fine ”concettuale” degli artisti che nei secoli passati coprivano gli affreschi precedenti con i loro perche’ pensavano di essere piu’ bravi.
    Bisogna stare attentini, eh. Ricordiamoci che noi italiani post-novecenteschi produciamo opere d’arte che fanno schifo gia’ a chi le crea.
    Se proprio si deve contestare un’opera del passato, che lo si faccia con il dovuto rispetto per la genialita’ dei creatori e per il tradizionale amore del popolo per questi simboli artistici italiani.
    Dopotutto, poiche’ l’arte contemporanea secondo me non ha niente da dire e nessuna qualita’ propriamente tecnico-formale, perche’ prima di rovinare i lavori altrui non ci diamo un bello sputo in faccia davanti allo specchio, mentre ci laviamo la faccia nel nostro bagno di un palazzo della nostra orripilante periferia, prima di prendere la nostra orribile macchina ed andare a lavorare in uno squallido ufficio con le luci al neon e il cemento anche al posto del parquet? Questa si’ che sarebbe arte estemporanea. Vera arte auto-critica.
    Sergio Sozi

  89. P.S.
    Dimenticavo la citazione di prammatica:
    ”Io mi guardo allo specchio e mi sputo in un ecchio” (R. Arbore)
    S.S.

  90. Al sig. Giulio Prosperi,
    eeeh, caro mio… troppe porte sbattute in faccia bisogna prendersi con quei tromboni delle grandi case editrici. Io personalmente ho incassato da un paio di mesi quello di Elisabetta Sgarbi della Bompiani che diceva cosi’:
    ”Gentile Sergio,
    la ringrazio dell’invio del suo testo. Mi colpisce la lingua, ovviamente, infarcita di parentesi dialettali, espressivista, come avrebbe forse detto Gadda, e la storia del protagonista, professore-poeta, amante della pizza e responsabile di un suo speciale delirio anti-mediatico e forse anti-tutto. Credo però, con franchezza, che sia davvero una cosa per pochi, non in linea con la nostra tipologia. La ringrazio comunque delle sue parole gentili e autoironiche, e le auguro di continuare la sua ricerca, senz’altro non banale.
    Le invio un cordiale saluto.

    Elisabetta Sgarbi”

    Allora, piaciuto?
    Sergio Sozi

  91. P.P.S.
    E concordo anche appieno con quanto detto dalla M.L.Riccioli, alla quale dico: pero’, se Lei aggiungesse anche che la nostra Era e’ anche malauguratamente del tutto vuota di creativita’ e fantasia, le prospettive sarebbero ancora piu’ tetre. Come le mie.
    Sergio

  92. Giusto, Massimo. Solo che qui di parlare di Letteratura mi pare non vada a nessuno. Io da parte mia chiudo qui – intendevo solo far capire al baldo Prosperi che purtroppo di pagnotte bisogna mangiarne tante, con l’editoria. Punto e fine.
    Let’s talk ‘bout Literature, please.
    S.

  93. Grandissima Daria Bignardi!
    Il suo articolo è ironicamente provocatorio come sa essere lei.
    Brava.
    Smile.

  94. A Sergio.
    Sei stato bravo a indovinare, ma non potevi aspettare un po’ a dare la risposta? Così potevamo giocare anche noi ritardatari. Potevi fare come Gatt, no? Scrivere a Massimo per certificare la correttezza della risposta.
    Esibizionista! 🙂

  95. Sozi ha certamente ragione. Nulla da dire. Ma purtroppo per me non ho tutta questa gran passione per la letteratura, e di pagnotte devo mangiarne a iosa già per altri motivi.

  96. Arrivo tardi e non ho fatto in tempo a leggere tutti i commenti. Mi è piaciuto quello di Enrico Gregori sull’attrazione dei cosiddetti “intellettuali” (termine che non amo) per i casi più truculenti di cronaca nera. Ho toccato con mano tale fascinazione quando ho trattato la cronaca nera per i settimanali per cui lavoravo anni fa. Devo dire che è una fascinazione che posso concettualmente capire ma che non condivido. Sebbene sia una giornalista con trascorsi da cronista, non ho seguito con il fiato sospeso Cogne, né Erba. Mi sarebbe piaciuto poter intervistare la famigerata Erika, quello si, ma credo per avere un’idea reale della “banalità del male”. E qui arrivo alle domande di Massimo Maugeri: cos’è il brutto oggi? Esattamente questo: la banalità del male. Ne siamo sempre stati circondati, storicamente parlando. Ma la sovrabbondanza di comunicazione ed immagini sta appiattendo verso il basso la capacità di tutti noi di percepire la “bruttezza” di determinate azioni. Chi viene più colpito dalla notizia di un attentato in Iraq o di un bombardamento nella striscia di Gaza? La “quantità” di brutture produce assuefazione: mille vittime colpiscono molto meno di una. Il “brutto” riesce a far breccia solo quando viene presentato singolarmente, in modo inoppugnabile. Io che per lavoro ho visionato foto impressionanti di corpi sottoposti ad autopsia, ricordo la sensazione di malessere provata davanti al video della decapitazione dell’ostaggio americano da parte dei talebani. Mentre osservavo quelle immagini sgranate, mentre ascoltato quei rantoli e immaginavo, più che vederlo, il lavoro crudele e paziente del coltello che sgozzava lentamente, ho toccato con mano il “brutto” e ne sono rimasta sconvolta.
    Laura

  97. Non era mia intenzione urlare! Che è una cosa brutta: dove manca la ragione suppliscono le grida, diceva Leonardo da Vinci che ha dipinto una donna non bellissima facendola diventare la più “bella” del mondo… Grazie del suggerimento, Massimo. Tu non sei un cicisbeo, ma un gentile padrone di casa del tuo salotto letterario, per restare nel ‘700…

  98. Io invece sono un cicisbeo, ed invito tutte le signore o signorine nel mio salotto letterario del 2007. E comunque la bruttezza è solo una parola, anche se Wittgenstein è, in una parola, morto.

  99. MariaLucia, su Massimo sono d’accordo con te. Secondo me i “maschietti” di questo blog lo stanno bistrattando per pura gelosia.
    Guarda il post “puzzle”!
    Emm, scusate la sortita non letteraria.
    Smile

  100. A me francamente più della bruttezza interessa il ghiaccio. Voglio dire:
    è possibile diventar di ghiaccio? vivere di se stessi e nulla sentire se non fame e sete? Saran pure postumi della sbronza adolescenziale, ma in giro vedo molta gente che ci prova!

  101. Alla sig.ra Laura Costantini:
    sono totalmente d’accordo con Lei. La sovraesposizione al dolore e alla cattiveria altrui provoca, alla lunga, solo due risultati: emulazione o indifferenza. Ed io, appunto, reagisco: non guardo i telegiornali e scarto la cronaca nera dei giornali da anni, ormai – mica mi faccio sedurre cosi’ supinamente da quei delinquenti di cronisti che credono di stimolare il mio lato morboso.
    Al sig. Giulio Prosperi:
    ci provano tutti a divenir di ghiaccio ma pochi ci riescono, ancora, fortunatamente… e’ solo un atteggiamento, come dire, ”cautelativo” (nonche’ stupido). Teniamoci la nostra sensibilita’, anzi, e cerchiamo di affinarla sempre di piu’, che mica nessuno e’ santo. Occorre sempre migliorare la nostra pur buona moralita’.
    Sergio sozi

  102. P.S. per Prosperi
    se Lei non ha tutto questo interesse per la Letteratura, allora forse dovrebbe tenersi i cattivi risultati ottenuti senza lamentarsene, giusto? Altrimenti mettersi sotto a testa bassa e cercare di sfondare il muro dei caporioni tromboni editoriali. Fino a rompersi la testa. Io faccio cosi’. Pero’ questa e’ la prima passione della mia vita – dopo quella per i miei, per mia moglie e per mia figlia, s’intende. Una passione ”lavorativa” che io quasi eguaglierei a quella affettiva delle suddette persone, pensi!
    Saluti Cari
    Sozi

  103. Certo, Sozi, lei ha ancora una volta ragione. Ma non credo sia stato per tromboneria editoriale che il mio manoscritto non è risultato interessante. Anzi. In quel dell’Adelphi son stati piuttosto cordiali e di ottime maniere, così tanto che mi hanno immantinente persuaso della mediocrità dei miei scritti.

    P.S. Dal vero parlo a suon di cazzi e frasi sgrammaticate, ma questo
    è un blog letterario perdincibacco e voglio darmi un tono!

  104. Io parlo come mangio e ci scrivo anche. Spero che non sia un reato mangiare bene, visti i tempi (oggi sono tutti sboccacciati se usano la lingua per esprimersi ma educatissimi, aristocratici direi, quando devono mettere in bocca una forchettata di pastasciutta. Che pulitina, la gente con l’anima sporca, al ristorante!). Ma Lei, Prosperi, insista: ha una cultura classica… dunque la faccia valere, che non e’ acqua fresca. Poi con le parolacce in genere si ottiene un nulla al cubo. Oralmente o per iscritto, la parolaccia e’ quanto meno inutile.
    Sergio

  105. Rispondo un pò in ritardo perché non mi è stato possibile in questi giorni, intanto ringrazio Massimo per i complimenti ma più di tutto lo ringrazio per avermi invitata a partecipare agli interventi interessanti di questo bel blog.

    A Sergio Sozi:

    per il discorso dell’effetto terrificante sui bambini sono d’accordo con lei, forse non era il luogo più adatto quello dove è stata posta l’opera. Ma in generale mi domando se il proteggere i bambini dall’orrore della vita, dai forti impatti sia benefico per loro. A questo punto le porto un esempio che lega il discorso bambini alla letteratura del brutto.
    L’anno scorso ho avuto un incarico di supplenza in una scuola media (rientrante nella categoria a rischio) e ho deciso di inserire (fuori programma) Rosso Malpelo e vi ho aggiunto una sorta di riscontro attuale facendo riferimento ai bambini che tutt’oggi nella Bolivia vengono sfruttati nelle miniere, o ai bambini che non possono andare a scuola né giocare perché quasi tutto il loro tempo è dedicato al lavoro nella produzione di palloni per le grandi marche sportive internazionali. Non mi sono posta il problema di far conoscere loro la letteratura del brutto e Verga in Rosso Malpelo, lo sappiamo, tocca i toni più alti del brutto, del cupo, del crudo e persino a noi adulti ci sembra di venire risucchiati da quella caverna tutta buia da cui si può solo risalire per vedere appena uno spiraglio di cielo stellato. Tuttavia ho ritenuto importante e giusto far leggere loro quella novella con tutto ciò che vi è collegato.

    In pittura è stato Signorini a ritrarre il brutto della realtà, ritraendo le condizioni dei bagni penali nella Firenze di fine ‘800 o quelle in cui vivevano le donne rinchiuse nei manicomi, ne è un esempio La Sala delle agitate, che fu ostacolata nella sua divulgazione e fu considerata tetra e scandalosa…perché era scandalosa la stessa realtà.
    Io, da un punto di vista estetico, ripudio l’eccessiva sontuosità della cultura barocca, preferisco il liberty o il manierismo, così come in pittura preferisco un Turner, un Manet e un Goya, piuttosto che un Kandinskj o un Picasso, e di Van Gogh adoro I mangiatori di patate piuttosto che Notte stellata.
    La letteratura di evasione può essere piacevole, rilassante ma se è vero che essa rappresenta la coscienza di una nazione o di una civiltà (poiché oggi il termine di nazione si è modificato) non può scegliere di rinnegare il brutto inventando solo il bello. Ma poi, riflettendoci, esiste una letteratura che può escludere il brutto? I romanzi cavallereschi di C. De Troyes o quelli fantastici delle civiltà orientali erano scevri di mostri o di entità malefiche?

  106. A Laura Costantini:
    avendo apprezzato il mio commento ti confermi donna di classe e di buon gusto. non come una certa elektra 🙂

    A Giulio Prosperi:
    non so se sia o no possibile diventar di ghiaccio. a me infastidiscono di più quelli che nascono di palta e ci rimangono per tutta la vita

    A Sabina Corsaro:
    l’inziativa di inserire la novella di Verga “Rosso malpelo” nel suo programma didattico la trovo lungimirante, creativa e originale.

    A Sergio Sozi:
    hai perfettamente ragione nel ritenere che la parolaccia è sempre inutile. Bravo, porca troia! 🙂

  107. Cara Sabina Corsaro: io mi riferivo a dei bambini piu’ piccoli – in eta’ 2-10 anni circa – i quali avrebbero il diritto di non vedere altri bambini impiccati per finta al parco da un ”artista d’avanguardia” che non pensa a loro. Poi le sue citazioni e considerazioni d’ordine teorico io le condivido e sono d’accordo su ”Rosso malpelo” alle Scuole Medie. Ma per strada ci passano TUTTI. Anche quegli esserini che sembra nessuno – Lei compresa – comprenda.
    Sozi

  108. P.S.
    Usi con me pure il termine Nazione: non e’ il nome di una morta, non e’ una bestemmia. Solo che una Nazione – come anche la nostra – a mio avviso non puo’ andare avanti con il realismo letterario o artistico-visivo. Serve un pizzico di fantasia, su! E la fantasia, cara amica, non corrisponde per forza ad ”intrattenimento”… eeeh: Umberto Eco (narratore) le sembra un intrattenitore? E Pazzi (parlando d’attualita’ di buon livello) e, poi, Ariosto, Tasso, Dante, Petrarca? Altrimenti poi non lamentiamoci dei Bruno Vespa che vendono i libri: sono realisti, i giornalisti che scrivono libri uguali ai loro servizi televisivi o della carta stampata quotidiana, no?

    Sergio Sozi

  109. P.P.S.
    E poi, scusi: ma dove la vede, Lei, tutta questa esaltazione del ”bello” nella Letteratura italiana odierna? A me sembra che parlare di cose senza sangue e perversioni, droga, eccetera, oggi sia identificarsi nella cosiddetta mosca bianca. Non sara’ che, piuttosto, stiamo andando a fondo nella ”bruttezza” (termine improprio, per questo discorso, che andrebbe sostutuito con ”cattiveria”)?
    Ecco: siamo cattivi e lo vediamo anche nella Letteratura italiana. Bella soddisfazione!

  110. A Enrico:
    bravo. M’ero dimenticato della finta-parolaccia, la tua specialita’ – quando messa eccezionalmente bene come adesso e qui. Io d’altronde, sono uno che le parolacce le maschera da parole dabbene, a volte, solo per non scendere di livello. Mea culpa. Ma hanno fatto tutti sempre cosi’.
    Sergio

  111. Caro Sergio,
    ti ringrazio molto per i tuoi molteplici commenti e per la competenza e passione che metti nell’esprimere le tue idee e le tue convinzioni. Consentimi però di farti notare – nell’amicizia – quanto segue. Di tanto in tanto questa tua passione lascia subodorare lievi forme di supponenza. Mi riferisco più alla forma che ai contenuti dei tuoi interventi. Credo che dipenda anche dal fatto che sei un insegnante e che ti viene spontaneo, come dire… “indottrinare”.
    Mi spiego meglio.
    Anch’io – come tutti – ho le mie idee. Quando le scrivo qui il mio obbiettivo è metterle in comune con gli altri nell’ottica di uno scambio reciproco, partendo dal presupposto che non sempre (e non necessariamente) le mie idee sono migliori, o più giuste, di quelle degli altri.
    So che è lo stesso anche per te, perché in varie occasioni l’hai dimostrato.
    L’unica cosa che mi permetto di chiederti (sempre nell’amicizia) è di provare a essere un po’ meno categorico (ripeto: nella forma, non nei contenuti).
    Un abbraccio.
    Massimo

  112. Mi scuso se sono stato un tantino ”forte” ossia sincero: non intendevo offendere nessuno, tantomeno Sabina Corsaro. Solo che quando si parla di bambini e di Letteratura, a volte divento un fiume in piena. Sono le due cose che mi stanno piu’ a cuore.
    Dunque mi scuso se, senza volerlo, abbia offeso qualcuno. Non ne avevo l’intenzione, intendevo solo affermare dei semplici principi che ritengo saldi dentro di me.
    Sergio Sozi

  113. Caro Sergio, non hai offeso nessuno. E alla sincerità non bisogna mai rinunciare. L’importante è esprimerla nel modo migliore.
    Il punto è che – a mio avviso – i fiumi in piena a volte possono creare danni, mentre quelli dalle acque placide, che consentono un’agevole navigazione, si prestano meglio ad avvicinare e unire.
    Ciao.
    Massimo 😉

  114. Per Sabina Corsaro, a proposito di Rosso Malpelo. Non so da voi, ma qui, nel profondo nord, i ragazzini sin dalla quinta elementare si confrontano con Rosso Malpelo! S’ inizia in quinta, si riprende sulle antologie in seconda media; quando il programma è tutto concentrato sulle questioni adolescenziali , poi si studia in IV ginnasio. Ed è proprio a proposito di quest’insistenza che ad un certo punto ho sentito quasi l’obbligo, di “contribuire” lanciando, attraverso conoscenze trasversali, l’idea per un allargamento verso altri autori europei, di quel periodo, e soprattutto verso anche altri stili narrativi con cui il tema è stato affrontato. Altre chiavi d’ interpretazione, Collodi, certe fiabe di Capuana, Dickens, Hugo e molti altri, che ora non sto ad elencare. Il mio timore era che quell’insistere su Verga…Verga, Verga, avrebbe finito per stancare, generando un totale rifiuto verso quel genere di letteratura, ma, soprattutto verso i temi sociali.

    Per Sergio, a proprosito di brutto e di letteratura. Proporre Rosso Malpelo decontestualizzandolo dal suo periodo storico, come appunto si fa solitamente e soprattutto, proporre quella lettura , come approfondimento delle tematiche giovanili, mi sembra brutto. I ragazzi delle medie, interpretano la vita del povero Malpelo come quella di un super “sfigato”, senza speranze e, anche, un pochino portasfortuna. La bellezza della scrittura, soccombe.

  115. Cara Miriam,
    insomma, volevi dire che a scuola bisognerebbe collocare storicamente Rosso malpelo, ossia Verga, nell’ambito della Storia Letteraria d’Italia, giusto?
    Se intendevi dire questo sono perfettamente d’accordo. Isolare le problematiche ed enuclearle, anzi racchiuderle in temi tipo ”l’adolescenza”, ”l’emigrazione”, eccetera, secondo me e’ sbagliato; meglio dare un’idea complessiva e in linea storica della nostra Letteratura, inserendo poi i vari autori in questo sistema, in questa ratio.
    Sergio

  116. A Massimo:
    sono un essere umano come gli altri: a volte fiume, a volte lago. A volte nella ragione e altre volte nel torto. Pero’ se qualcuno pensa che io stia qui a dar lezioni si sbaglia: non ne ho nessuna intenzione. Io ho solo uno stile assertivo, chiaro e netto. Senza nulla togliere a nessun altro.
    Sergio

  117. A Sozi,
    ma veramente fior fior di letterati, letterati, oserei dire, con i controcazzi, hanno a più riprese difeso l’insostibuilità delle cosìddette acce parole.
    Eppoi, per la cultura classica…averla! io ho solo qualche sprazzo, utile solo a farne qualche mediocrissima menzione in luogo di autoelevazione.
    E sinceramente, credevo si fosse capito.

  118. Io ho capito che lei e’ bravo e giovane. Un binomio che non va sprecato, altrimenti dopo si diventa vecchi, acidi e disillusi, come in parte lo sono io. Le parolacce, poi, secondo me sono (eventualmente) utili se contestualizzate in un’opera letteraria. Non qui.
    Saluti cari
    Sozi

  119. A proposito di Steinbeck, che io non conosco, se non per i titoli di alcuni suoi romanzi: ma Philip Roth secondo voi non è punto valido? Ho letto solo pastorale americana, magari, qualcuno di voi che conosce meglio ambo gli autori, sa dirmi qualcosa in più. Così, se un giorno dovrò sottoporre a circonvezione un’americana, saprò far più bella figura. Aiutatemi.

  120. Grazie, Massimo. Mi son reso conto di aver letto anche Everyman, e di averlo interrotto come il libraio di cui tu parli. Ma non per un recente lutto, solo per l’angoscia che mi dava, più del muro e della nausea di Sartre messi insieme. Per un deprimibile come me, è troppo.

  121. Condivido, Giulio: attualmente leggo Campanile e Palazzeschi, che mi danno vita e gioia, insieme ad intelligenza e sensibilita’.
    Sergio

  122. A Sergio Sozi:

    i confronti sono fatti di convergenze ed obiezioni, come qualsiasi dialogo, quindi non mi sono affatto offesa ma, (poiché sono una persona schietta e sincera anch’io, caro Sergio,) la frase “Ma per strada ci passano TUTTI. Anche quegli esserini che sembra nessuno – Lei compresa – comprenda” l’ho trovata, mi perdoni il gioco di parole, incomprensibile, perché non includeva la legittima e proficua divergenza di idee ma una sorta di giudizio avventato che tentava di andare quasi sul personale (pur non conoscendomi). Ma si è chiarito tutto: la passione per un’idea e per un principio, come dice il saggio (e non cicisbeo) Massimo, può ‘fare ‘danni’ (e sono anch’io una persona appassionata delle cose a cui credo).
    Di certo ci troviamo d’accordo proprio su quei due punti che entrambi consideriamo fondamentali: i bambini e la letteratura.

  123. ) A Miriam Ravasio:

    Quello di Rosso Malpelo è una parentesi all’interno di un ampio ventaglio di autori (italiani, inglesi, francesi, russi etc.) che anch’io (come molti miei colleghi) naturalmente mi preoccupo di far conoscere (ad es. tra i tanti anche un Oscar Wilde tutto per bambini)!. Posso dirle per certo che, nel profondo sud :), nelle scuole medie lo si studia al terzo anno (io l’ho invece inserito al II) ma non so se alle elementari lo si faccia leggere (credo che poi l’insegnante abbia una buona dose di elasticità e libertà, altrimenti sarebbe orribile sentirsi completamente vincolati da un rigido programma).
    La scelta di introdurre Rosso Malpelo (che, cara Miriam, i ragazzi non hanno considerato sfigato ma che invece ha suscitato in loro domande e riflessioni importanti, rendendoli consci di essere stati fortunati e proprio per questo richiamando in loro una forma di solidarietà o per lo meno di non indifferenza con chi vive in condizioni differenti) e di collegarlo poi alle condizioni dei bambini nelle miniere della Bolivia, in realtà prende spunto dal regista Scimeca, che mediante il film omonimo riprende la novella di Verga per trattare la problematica sociale dei Rosso Malpelo contemporanei (ahimé attualissimi!) presenti in alcune parti del mondo
    (A Enrico Gregori: l’idea del collegamento tra i due problemi e i risvolti attuali non è nata da me quindi, ma la ringrazio per il suo solare sostegno).
    3) Per quanto riguarda il discorso sulla decontestualizzazione:
    in realtà io parlerei di ‘contemporaneizzazione’ e contemporaneità di Rosso Malpelo, ( o dei Miserabili o di Oliver Twist) e non di decontestualizzazione. Ogni opera letteraria va presentata e spiegata in rapporto al contesto storico a cui appartiene (non mi sembra di averlo negato). Non si può del resto leggere la Divina Commedia senza spiegare il Trecento non solo fiorentino ma europeo, contestualizzando le varie personalità presenti nei canti danteschi e le varie problematiche del tempo. Tuttavia, dopo ciò, (sarà bene precisarlo), a mio avviso, l’opera va, nella spiegazione, contemporaneizzata, estrapolata per un momento dal tempo cristallizzato a cui appartiene per essere inserita, per un attimo, in un contesto attuale, al fine di risultare più comprensibile. Il descrivere l’ostilità tra le fazioni dei guelfi bianchi e neri nella Firenze del Trecento senza fare esempi più attuali e vicini a degli adolescenti, lo ritengo ostico e noioso.
    Nel caso della novella verghiana e delle miniere della Bolivia io credo che i giovani destinatari e lettori abbiano modo, mediante la scrittura artistica, di prendere coscienza di un problema reale; e proprio la sua scrittura ‘realista’ renda sublime e più facilmente immediata la conoscenza del brutto (inteso come tetra realtà) e se nel testo si parla di un problema che esisteva ieri come oggi, si denota l’attualità di quel testo e della sua ‘funzionalità’ in tale direzione. Ecco in quale prospettiva si inserisce il legame tra Rosso Malpelo di Verga e la denuncia degli attuali ‘carusi’.
    Questo non vuol dire rifiuto delle letture de Il piccolo principe o de Il barone Rampante, a vantaggio della sola arte realista (in arte Turner ad esempio è un romantico più che un realista, ritrae un paesaggio con linee sfumate, senza contorni, per dare il senso dell’illimitato e della percezione intimamente soggettiva e lo inserisco tra i miei preferiti).

  124. A Sozi:
    A proposito di Dante: non c’è forse del realismo nella sua Commedia nel momento in cui include uomini e processi storici reali dei suoi tempi (oltre all’elemento mistico-mitologico )? Bisogna, allora, differenziare ulteriormente, credo, tra forma o modo realista in cui è scritta un’opera e contenuto realista in essa presente: forse è il contenuto storico-realista che prediligo in letteratura ma non escludo che una forma più ‘colorata’ lo possieda. Sono d’accordo con lei, Sergio, sulla ricerca smaniosa del brutto in certi libri di letteratura contemporanea, lì dove si trova perversione, violenza estrema etc.
    E cosa dire, di Gautier? Con le descrizioni del brutto estetico (tuttavia suggestivo) in Racconti fantastici quando la bellissima e irreale donna di Arria Marcella, ad esempio, diventa improvvisamente un mucchio di cenere e ossa, sul quale spiccano, alla fine, i soli gioielli?!
    Brutto nel senso di riprovevole, è di certo il Mein Kampf di Hitler, (oltre che per il contenuto), per la forma insipida della scrittura.

  125. A Giulio Prosperi:
    ho letto la Nausea alcuni anni fa, l’ho trovato un pò troppo lento e difficile da digerire…:) ma dove lo si trova un’altra digressione lucida e dettagliata dell’esistenza nel rapporto tra interpretazione soggettiva e mondo soggettivo, tra l’uomo e gli oggetti che lo attorniano?.

    Inoltre E. A. Poe,dove lo mettiamo parlando di brutto nella letteratura?

  126. Alla sig.ra Sabina Corsaro:
    Stavolta abbiamo quadrato il cerchio: sono in perfetta assonanza con lei.
    Cortesemente
    Sergio Sozi
    P.S.
    Enrico Gregori ha scritto di me che ”Sozi e’ fatto cosi’: o lo accettiamo cosi’ com’e’ o lo prendiamo a cazzotti”, precisando poi che a malincuore ha optato per la prima possibilita’.
    Concordo anche con Gregori.

  127. Sabina, tanti complimenti per l’acutezza e la profondità dei tuoi interventi.
    Hai ragione: Massimo non è un cicisbeo. È un “saggio”? Forse. In ogni caso è un libro aperto.
    Ciao a te, e ciao a Massimo.
    Smile

  128. Grazie, cara Elektra! D’accordissimo sul fatto che Massimo sia un libro aperto, è una persona trasparente.

    P.S.= Caro Sozi, dobbiamo ‘sopportarci’ un pò tutti, penso non sia nemmeno facile sopportare me che, nonostante i complimenti di Elektra, scrive fontane di frasi e parole, in modo ininterrotto! 🙂 Chiedo venia.

  129. Grazie per il trasparente, Sabina.
    Domanda: unoche è “trasparente” potrà mai essere di “spessore”?
    Scherzo!
    Invece ti ribadisco che i tuoi interventi mi piacciono davvero molto. E sono serio.
    Ciao
    😉

  130. Cara Sabina Corsaro:
    in primis, grazie per essersi – direi caritatevolmente – equiparata alla mia mania scrittoria.
    Poi, sul realismo: ritengo che la Letteratura – quella buona e noi parlavamo del Sommo Poeta – sia fatta sia come le matriosche – strati su strati di realta’, pensieri, sentimenti e ricordi sovrapposti – sia anche come la tavolozza del pittore: chiazze irregolari fatte di interpretazioni, poesia, critica, rese tramite figure retoriche e grammaticali, modificazioni morfosintattiche, eccetera.
    Cio’ che distingue, alla luce di quanto detto, il bravo dal cattivo scrittore e’ la capacita’ di:
    1) strutturare tutto questo in modo che siano rispettati i punti cardine del ”racconto”, della ”fabula”: premessa, inizio, svolgimento e (importante!!) finale.
    2) Rendere uno stile personale, unico.
    Se infatti giudicassimo solo dai temi affrontati la Letteratura, ci basterebbe leggere una decina di capolavori di tutte le Ere e avremmo finito li’ di leggere.
    Salutoni
    Sozi

  131. Conclusione:
    se e’ vero che c’e’ del realismo in tutta la Letteratura, e’ vero anche che ivi c’e’ dell’interpretazione meta-realistica. Lei preferisce i contenuti storico-realistici e delle forme le piu’ svariate; io invece scelgo i contenuti piu’ lontani possibile dalla realta’ sottoposti al vaglio delle interpretazioni scrittorie piu’ lontane ugualmente, ma purche’ entrambe le peculiarita’ finiscano, infine, per parlare – sia pur indirettamente – di cose comuni all’intero genere umano, o alla Nazione d’appartenenza dello scrittore.
    Per questo il mio scrittore preferito e’ probabilmente Massimo Bontempelli.
    Saluti Cari
    Sergio Sozi

  132. Certo Massimo, a Sabina la ringrazi subito. A me dopo un po’.
    Dimenticavi! Sì, sì. Certo.
    Non si fa così, eh! Questo atteggiamento potrebbe rientrare nella storia della bruttezza?
    Va bene, lo ammetto. Mi sto cominciando a ingelosire.
    Smile

  133. Il brutto è gran parte della letteratura italiana contemporanea, soprattutto quella pompata da certa critica, best seller considerati letteratura. Il brutto è Faletti, ma pure Nanni Balestrini (ce la fate a leggerlo? Ce ne sono altri, ma lasciamo stare.

    Gordiano Lupi

  134. E’ vero, hai ragione Gordiano.
    Io ho pubblicato con una casa editrice che, come tante tra quelle piccole, chiede un “autofinanziamento” per parte delle copie che stampano. Non per questo mi fregio del titolo di scrittrice, quanto piuttosto di persona che, nel mare magnum di gente che scrive letteratura più o mena degna di questo nome, ha solo il piacere e la soddisfazione personale di vedere su carta (di toccare proprio!) le parole che ha partorito. Anche se dovesse finire, come probabilmente sarà, tutto qui.
    Non è il massimo, certo, e non è bello, ma a volte è un’opportunità.

  135. @ Gordiano
    @ Silvia

    Il tema dell’editoria a pagamento è troppo importante e delicato. Vi prometto che dedicherò un apposito post tra qualche giorno (magari con un tuo contributo, Gordiano).
    Per cui (mi rivolgo anche agli altri) vi prego di interrompere qui la discussione aperta su questo argomento… andremmo abbondantemente fuori tema.
    In altre parole: rinviamo il dibattito di qualche giorno.
    Vi ringrazio.
    Massimo

  136. Il brutto, secondo me, e’ anche e soprattutto la Letteratura facile e scorrevole, troppo ospitale. Quella intricata – a patto che abbia molti sensi e significati – invece ci fa fare la ginnastica mentale che ci serve per non rimbecillirci.
    Almeno cosi’ e’ per me, che sono a continuo ”rischio rimbecillimento”.
    Sergio

  137. A Sergio

    Perchè brutta? Se intendi una letteratura piatta e banale siamo d’accordo, ma se intendi una scrittura piana, scorrevole, non è detto che non sia piacevole tanto quanto una più complessa. Forse arriva in modo diverso, o piuttosto nasce per rivolgersi a differenti tipologie di lettori, ma vera dote dello scrittore (qualunque sia il suo stile), a mio parere, è quella di vedere cose che gli altri non sanno vedere o che vedono senza la capacità di capirle e di interpretarle.

    Io trovo brutta piuttosto quella letteratura volutamente artefatta e infarcita di termini aulici, messi così, tanto per sembrare eruditi! quella che parla, parla, e non dice niente ( e che ci fa solo rimbecillire, per rubarti l’esclusiva!)

  138. Certo, certo, Silvia: per esempio Italo Calvino, che e’ fra i miei preferiti, scorre via che e’ un incanto. Io mi riferivo alla bellezza dello stile, che ”orna” la scrittura e fa si’ che essa sia riconoscibile, personale, non parlavo delle artificiose complicazioni, dunque, ma delle complicazioni necessarie quando si vuol esprimere concetti difficili ma importanti.
    Anch’io non sopporto chi complica senza senso la scrittura. L’esibizionismo non mi piace mai.
    Pero’ la ricchezza dei classici come Ariosto o Tasso e’ ineguagliabile, non credi? E spesso accade che per dire cose complesse bisogna scrivere anche in modo complesso.
    Cosi’ mi sembra.
    Saluti Cari
    Sergio

  139. Inoltre, consideriamo anche la ”bellezza plastica”, estetica, direi ”cromatica” della parola, del verso e della sintassi: i testi antichi greci e latini erano in larga parte infarciti di citazioni e accenni religiosi, liturgici, mitologici, politici, poetici, eccetera. E quei testi sono spesso di una bellezza eccezionale. Insuperabile forse da noi ”iperscorrevolisti” moderni.
    S.

  140. Pienamente in sintonia con te, Sergio. Non si chiamerebbero classici se non fosse per l’impareggiabile bellezza, al di fuori di mode, tempi, epoche che ne fanno esemplari unici e preziosi.
    Vuoi mettere le odi di Orazio? ho dovuto impararle tutte anni fa, per l’esame di latino, con la miriade di sfumature metriche che l’autore utilizza. Credevo l’avrei odiato per sempre. Invece mi stupisco di fronte a parole scritte tanto sapientemente.

    Brutto sai cos’è? chi non te le sa spiegare, e chi non te le fa apprezzare. E spesso succede.

    Scappo per il mio ponte lungo….riprendo volentieri l’argomento lunedì (che meraviglia, 4 giorni per me!)
    un caro saluto

  141. Condivido ciò che Silvia Leonardi e Sergio Sozi pensano della scrittura impareggiabile, dello stile superbo dei classici. Una scrittura, dal mio punto di vista dev’essere ‘bella’ nella forma, elaborata ma non artificiosa. Il manierismo così come il barocco ha eretto dei veri e propri templi in onore della dea ‘forma sontuosa ma contenuto scadente”. Condivido anche la bruttezza della letteratura facile, (banale aggiungo), di cui ha parlato Gordiano Lupi.

    A Sozi:
    caro Sergio ancora una volta siamo in sintonia: Bontempelli è il fautore di un realismo che trasformava ‘magicamente’ la gente comune in un soggetto unico.

  142. Cara Sabina,
    non vorrei sembrarti trombone segnalandoti un mio studio su Bontempelli – che pubblicai nell’98 sulla rivista cartacea ”I Polissenidi”, da me diretta al tempo, e che attualmente e’ reperibile in Internet su ”Geocities”… se t’interessasse, cerca ”Sozi Bontempelli” su Google e leggilo. Avevo ancora qualche neurone, allora.
    Saluti Cari
    Sozi

  143. Grazie caro Massimo per il calore e la gentilezza con cui accogli i tuoi ‘ospiti’ , finirai per farmi arrossire e per fare seccare Elektra (che mi fa simpatia). Scherzo, ringrazio te, ripeto, per avermi fatto conoscere gli argomenti interessanti di questo blog. A tal proposito, mi ricollego a Sergio perché, così come per il ‘dimenticato’ Bontempelli (di cui ha egregiamente parlato nel suo studio) mi sa che un pò ovunque si dimentica la letteratura; intendo dire le conversazioni letterarie e sulla letteratura, e in tal senso Letteratitudine sembra riesumare gli antichi e rimpianti caffé letterari di un tempo dove si poteva parlare di Kafka o Degas davanti ad una calda tazza di tè.
    Tornando a Bontempelli, caro Sergio, hai puntualizzato, secondo me, sugli aspetti portanti delle sue opere e della sua concezione della vita descritta nella sualetteratura. E lo considero un contributo importante perché purtroppo non si parla molto di lui, a parte qualche sporadica pagina di antologia dove si riporta un brano di qualche sua opera, si sa davvero poco e poco sanno gli studenti universitari. E il Bontempelli autore teatrale? Minnie la candida è stato riportato in scena dopo circa 50 anni!!! dal Piccolo teatro alcuni anni fa. Ho avuto la fortuna di vedere una di queste rappresentazioni.

  144. Sul Bontempelli drammaturgo poco ne ”saccio”. Mai vista la sua ”Minnie…”, purtroppo. Pero’, in fondo, e’ meglio che ognuno faccia quel che sa fare. Viva le specializzazioni – soprattutto nel campo culturale, dove la cultura e’ una ”sottodivisione” che comprende un mondo a se’.
    A me basta la Letteratura, Sabina. E la vita (ma questo e’ un altro paio di maniche).
    Salutoni e ringraziamenti
    Sergio

  145. Errore: volevo appena dire ”dove la Letteratura e’ una ”sottodivisione che…”.
    Pardon
    Sergio

  146. Chiarisco meglio la mia opinione. Non ho detto che il brutto è la letteratura facile. Non sempre almeno. Non è così facile come sembra scrivere facile (scusate il gioco di parole). Il vero scrittore cerca di farsi capire da tutti. Ho detto che il brutto è tanta letteratura italiana contemporanea che definirei inutile, non certo facile. Per fare alcuni esempi posso citare l’opera omnia di Nanni Balestrini, non è certo facile, a mio parere non è nemmeno utile, oserei dire che è incomprensibile. Opinione personale. Ci mancherebbe… Alberto Moravia e Carlo Cassola sono autori facili, ma non certo inutili. Altra cosa sono gli scrittori commerciali, divulgativi, tutti coloro che non hanno nessuna intenzione di fare letteratura e che sono consapevoli di non essere letteratura… Il fastidio, la bruttezza – a mio parere – viene da chi spaccia per letteratura cose che non hanno niente a che spartire con la letteratura, non certo da chi scrive una sceneggiatura per un fumetto e sa bene che è soltanto una sceneggiatura per un fumetto.

    Gordiano Lupi

  147. Gordiano ha ragione, ma ci vuole anche una dose di fiducia nei confronti del lettore. Credo piuttosto che oggi il brutto piaccia tanto. A volte più è brutto e più piace. Leggo lettori che scrivono: “proprio un libro inutile, brutto, da fine settimana”. Quindi anche se brutto ha una dignità. Anzi se qualcuno dichiara brutta qualcosa, automaticamente la sdogana e finisce in Tv. Insomma brutto è un gusto, esattamente come docle e amaro. Non ha più quella connotazione schifida che aveva una volta. Forse. Altrimenti non mi spiego certi successi stratosferici. Mi sa proprio che il brutto piace, perciò Eco ci ha scritto anche un libro.
    un abbraccio e buon fine settimana
    Elisabetta

  148. E Umberto Eco, Lupi, Lei lo mette fra i ”non scrittori”, vero? Dunque gli stuoli di critici che lo hanno gia’ inserito nella propria Storia della Letteratura Italiana sono o degli incompetenti, o dei conformisti o degli ammiratori di opere inutili, giusto?
    Od ho capito male?
    Sergio Sozi

  149. P.S.
    Senza nessuna polemica personale, beninteso: intenderei solo capire meglio la Sua posizione sull’Eco narratore, tutto qua.
    Cordialmente
    Sozi

  150. Sono un semplice lettore e ho scoperto questo blog solo ieri, aderendo ai “2 libri da salvare”. L’ho fatto (Flaubert e Kafka) e poi ho scoperto quest’altro dibattito con estremo ritardo (mi sembra spentosi il 2 novembre – i morti, guardacaso).
    Manca però una chisura, un tirare le somme di tutto sto lungo parlaparla che mi ha molto divertito.
    Posso provarci io e magari riaccenderla?
    Il Brutto è (e tra le righe ci hanno girato intorno in molti, ma senza colpire quello che per me è il bersaglio) e sempre sarà la stupidità.
    La stupidità è un brutto eterno, immutabile, inesorabile, che nei tempi diversi assume varie forme: estetiche, comportamentali, modaiole, mediatiche e chi più ne ha più ne metta.
    Poi potremmo aprire un discorso sulla stupidità …..
    Finisce così o continua ?
    Oppure (…stupido io) era già finito ?

  151. Per chiarire ulteriormente (se ce ne fosse bisogno) quanto detto nel mio precedente post faccio un esempio lampante: i Bambini impiccati di Cattelan; in un contesto appropriato può sembrare bello perchè intelligente, stimolante, significante. Chi poi l’ha messo in strada a Milano è uno stupido e l’opera APPARE brutta (giusto, Sozi).
    In letteratura (siam pur sempre in letteratitudine, ohibò) chi non ha niente da dire e scrive romanzi o trattati o quelle puttanate alla Vespa fa cosa stupida e perciò i suoi libri APPARIRANNO BRUTTI. Poi forse dopo decenni qualcuno scoprirà che qualcosa da dire c’era e nessuno – per la stupidità dei tempi – l’aveva colto e l’opera verrà di colpo rivalutata APPARENDO BELLA (impossibile nel caso di Vespa).
    E qui vorrei tirare un’altra somma forse ovvia, ma mi piace puntualizzare:
    per cogliere la bellezza ci vuole intelligenza sia in chi crea l’opera che in chi la legge. La bruttezza appare subito anche se solo uno dei due attori è mosso da stupidità (nel caso Cattelan c’è un terzo attore, sicuramente stupido, in veste di mediatore tra i 2, che complica un pò le cose: diverso sarebbe – risemplificando- se Cattelan fosse stato d’accordo).
    Insomma, anche in matematica +per+ fa +; +per- e -per+ fan – ; e -per- fa di nuovo stranamente + (e qui si spiega il caso di Vespa, ma non solo il suo, sarete d’accordo tutti).
    Io poi il libro di Eco non l’ho ancora letto e mi chiedo se affronta anche questo tema matematico o, meglio, di logica (lo leggerò). E qui chiudo.
    Carlo S.

  152. In realtà ci avevo pensato anch’io che questa discussione si era spenta così e serviva qualcosa per rilanciarla…ma sembra che per il momento ci si stia accanendo sui due libri da salvare!

  153. Carlo S., chi sei?
    Hai fatto benissimo a rilanciare questo post e soprattutto “mirando” su Cattelan. Certo che Cattelan era d’accordo, sull’installazione nelle vie di Milano. Ti riferisci al nonno muratore, che nel tentativo di togliere i manichini si ruppe una spalla (o altro) ? Io seguii tutti i telegiornali sperando in una dichiarazione dell’artista che “nobilitasse” il gesto, includendolo come AZIONE CREATRICE, nuova e rigenerante per tensione emotiva, comunicazione e significato. Anzi, in un primo momento arrivai (che sognatrice!) ad ipotizzare addirittura che tutto fosse stato organizzato a priori. Invece no, l’artista commentò risentito quel gesto e come un politico parlò di deturbazione e di vandalismo. Il nonno fu anche denunciato. Un’ occasione persa per “ridare” (ma la vedo brutta) all’arte un po’ di respiro e una dimensione; ormai persa nel suo essere diventata rappresentazione sociologica per un sistema economico-turistico. L’arte è anche senza nome. Miriam R.

  154. E allora lo vedi anche tu Miriam che il gesto del nonno era BELLO perchè intelligente, significativo e nobile? Stupida e pertanto BRUTTA rimane l’opera di Cattelan, la sua installazione in quella strada.
    Gli stupidi (meno per meno fa più) potranno sempre dire di averla letta come bella perchè provocatoria, anticonvenzionale, trasgressiva.
    Ma io mi sono rotto le balle dell’equazione “provocatorio e trasgressivo= intelligente”; mi pare un assioma mai dimostrato, un dogma da deficienti (come tutti i dogmi).
    Come quell’imbecille (mi pare fosse olandese e non mi ricordo neanche comecavolosichiamasse) che organizzava eventi andando in qualche museo e urlando davanti a un Van Gogh “MI STO CAGANDO ADDOSSO” oppure tirando una X a pennello su un quadro suprematista di Malevich e finendo arrestato: ed in Italia, su autorevoli riviste d’arte, giù a difenderlo (anche fra organizzatori di biennali !!!) e a riconoscerlo come “artista di avanguardia”.
    Non ho più comprato quella rivista.
    Non mi riconosco tra i reazionari ma di fronte a certa avanguardia (e soprattutto di fronte a certi “critici”) ho cominciato anche io a cagarmi sotto, per la paura che troppi cervelli stessero andando definitivamente in vacca; e non per questo mi sento un artista.
    Diverso è il caso della fontana di Trevi: secondo me il gesto non era del tutto stupido e soprattutto (forse proprio PERCHE’) era transitorio. Una bella risciacquata e tutto come prima, senza danni. Forse è classificabile nella categoria degli eventi (come ai tempi romani dell’assessore Nicolini?). A qualcuno che l’ha visto, anche in fotografia o in TV, non è dispiaciuto, e forse neanche a me.
    E’ un meno per meno ? (stupidi tutti, io compreso ?) Me lo chiedo e non ho la risposta.
    Comunque grazie per aver raccolto il mio tentativo di riaccendere la discussione: mi fa sentire meno stupido, e quindi un pò più bello.
    Carlo S.

  155. Ciao Carlo Speranza ( va bene come epiteto?), ti rispondo ancora per dirti che l’intervento sulla Fontana di Trevi a me è piaciuto tanto e subito: all’istante! Quel rosso vermiglio e luminoso, tipico dell’ecoline che io suo spesso, non ricordava il sangue e nemmeno il rosso pesante degli addobbi era un rosso quasi virtuale e, infatti, nel giro di poca acqua se n’è andato via lasciando solo delle emozioni, o percezioni, per chi vuole coglierle. Un rosso da Adobe Photoshop che dava risalto alla forma riconsegnandoci un’opera usata troppe volte per la pubblicità ad un film ( sembra una bestemmia, ma non lo è!).
    Dissolto dopo il gesto o se vogliamo assumere un linguaggio da critico d’arte, dissolto dal gesto stesso, come ogni provocazione dovrebbe essere. A proposito di “provocazioni permanenti”, tempo fa ero già intervenuta su questo blog … ma ora non ricordo bene su quale post si possa rintracciare… vado a vedere… NON riesco a recuperare l’intervento, te lo incollo direttamente dalla mia cartella e i lettori del blog, mi scuseranno per averlo riproposto . Leggi e poi dimmi, ecco:
    “Lumi.Lungo la Strada Provinciale 56, a Imbersago, fra Lecco e Merate, c’è una ghigliottina, alta sei metri e larga tre. “Al centro della rotonda che porta alla Madonna del Bosco svetta infatti una forma insolita, un’alta cornice di metallo e cemento che ritaglia uno scorcio di cielo e di asfalto. Una forma nuova, che in qualche modo, pian piano, entrerà a far parte dell’abitudine visiva dei cittadini e dei passanti. All’autore dell’opera e a tutti coloro che l’hanno voluta va riconosciuto il merito di aver trasformato un semplice luogo di transito in un punto fermo che cattura lo sguardo, stimola l’osservazione, e sfida la retorica di certe antiquate decorazioni urbane.” E’ quanto si legge dalla scheda di presentazione ; dal vivo si tratta solo di un’immagine orrenda, straziante per l’occhio abituato ai boschi che la strada attraversa; marrone come il legno che però sembra ruggine o, quando il senso di ciò che si sta osservando è chiaro, sangue rappreso. “Oltre” è il titolo di quest’opera e non nel senso più esplicito che il soggetto rappresenta; oltre piazza di Grève, oltre il sangue, oppure oltre l’idea, il principio, i fatti. No, oltre sta per “al di là del contesto urbano”, della quotidianità, della solita routine: “ecco qualcosa che ci fa pensare”. Come recita la scheda : “Un’opera come quella di Alberto Ghinzani può raccontare molto anche a chi le passa accanto in fretta, o a chi la vede da lontano. Con le sue linee asimmetriche e spezzate, la ripida ascesa del metallo e la veloce caduta del colore bianco all’interno del riquadro, esprime essa stessa un’idea di movimento e transizione, di cambiamento e precarietà. Tutti concetti che hanno a che vedere con l’esperienza di chi viaggia, e si sposta di paese in paese.”
    Cliccando in Google (Imbersago virgola scultura), si apre una pagina del Giornale di Merate con le foto dell’inaugurazione, sono tre immagini singolari di cui la più significativa è la seconda; ma in tutte la “scultura” non si vede: è occultata. Così come in nessun testo compare il termine ghigliottina. Perché? Cosa dobbiamo pensare che le linee simmetriche spezzate, in realtà non sono le lame di uno strumento di condanna a morte, ma solo, come conclude la presentazione ufficiale “un colpo d’occhio magistralmente ridisegnato” ? In cui “si possono sviluppare storie diverse, e molte riflessioni. Ammesso che davvero si tratti di un compromesso, gli artisti della contemporaneità hanno di certo la libertà, se non addirittura il dovere, di accettarlo e praticarlo”. Così tanto per concludere vi descrivo la foto che più mi ha colpita: l’artista è sulla sinistra, quasi fuori dal campo visivo; un po’ spostato verso il centro c’è un prete con la stola rossa, con una mano regge il messale e con l’altra si chiude la bocca; al centro vestito come un impiegato durante il tempo libero, possiamo osservare l’industriale finanziatore; alla sua destra il presentatore di turno e prospetticamente avanti, sull’estrema sinistra, c’è il sindaco, giacca e cravatta, in posa solenne con il nastro tricolore. La ghigliottina non si vede, nella foto non c’è; esiste solo per gli automobilisti di passaggio e per gli abitanti dei condomini che si affacciano sulla rotonda: sempre!”
    Ciao, Miriam

  156. Ancora una cosa su Cattelan, che non comprese la poesia di quel gesto; i suoi bambini di vetro-resina erano stati violati, esattamente come i Bambini nella vita reale; ovvero, il senso stesso dell’opera . In quell’occasione dimostrò di essere un artista brutto, e siccome il Brutto, nell’arte è il Male, Cattelan si comportò da persona negativa e assolutamente ipocrita. E anche poco intelligente.

  157. Cara Miriam (ormai il nostro scambio di idee, pur se in post, sta assumendo quasi la forma dell’epistolario tra noi due e mi piace dunque esordire con la forma che vi si confà, me lo permetterai), grazie per lo Speranza innanzitutto. Della storia della “Ghigliottina della Provinciale 56” (sembra il titolo di un film di Lucio Fulci, più incisivo di “la ghigliottina di Imbersago”) non ne sapevo nulla e il tuo post(ripro)post è molto efficace ed agghiacciante: ribadisco che motivi di cagarsi addosso (scusa se insisto sulla scatologia) e non per arte ma a causa dell’arte (arte?) ve ne sono molti, e ancor di più per il modo in cui generalmente viene descritta l’arte (nelle “schede”, negli articoli, sui libri).
    Nel caso specifico l’insieme di “opera + sua descrizione + fotografia del povero Ghinzani cum presentatore cum industriale finanziatore cum prete cum sindaco” assume un aspetto assolutamente comico nella sua bruttezza(la foto poi specialmente mi fa pensare alle antiche e deliziose vignette di Novello): mi piacerebbe vederla; difficile cogliere (almeno) tale comicità (come ben sottolinei tu) per i passanti e soprattutto per gli abitanti.
    Ciao
    Carlo “S(peranza ?)”

  158. Ciao Carlo S(peranza),scritto così il tuo “nome” suona comico, e oggi, questa mattina per la precisione, mi hanno ufficialmente chiesto di scrivere una commedia in dialetto bergamasco; ambientata proprio dalle parti della “Ghigliottina”. Quando ci si mette il caso!?! Ho delle idee che mi frullano in testa da tanto tempo, le sto mettendo a fuoco, ma è come se si fosse spalancata una porta magica: lavorerò su due tempi/temi, la bachicoltura e l’Antologia di Spoon River (del resto tutto si svolgerà sulle rive dell’Adda). Non so ancora se accetterò l’offerta, ma in questi giorni, da qui al prossimo giovedì, mi prodigherò… e poi vedremo. A proposito di epistolario, da noi quando una persona non è proprio furba si becca l’appellativo di “pistola”, deriverà da epistolario?
    E a proposito della Ghigliottina e della comicità involontaria degli intenti, questa mattina un insegnante della zona, e che abita proprio nei pressi della rotonda, si è sorpresa non poco a proposito del monumento, che vede dalla sua cucina “da quando hanno fatto la rotonda”: solo adesso ha capito che quella cosa che sembrava una lama è proprio una lama, tremendo però !?!” Già!
    Questo blog è letto in tutta Italia e chissà che anche ad altri non venga l’idea di descrivere o raccontare la vita di opere intenzionalmente alte sorte o installate qua e là. A proposito di Bello e di Brutto, si potrebbero raccogliere, come le figurine…

  159. Cara Miriam, assolto il duro compito di salvare i due libri ed in attesa del lancio di un nuovo post, torno a questo e ti faccio i miei auguri per la commedia in bergamasco: immagino che accetterai e che sarà tutt’altro che stupida, perciò un BEL lavoro.
    Temo che se nessuno accoglie il nostro tentativo di rilanciare questo post rischiamo proprio di fare apparire questa nostra coda come l’epistolario di due pistola.
    PS la foto del Ghinzani cum.. cum..cum.. non l’ho trovata; ho trovato l’annuncio dell’inaugurazione, il saluto del sindaco, ecc. ecc., ma foto niet.
    Sarà stata rimossa (per la vergogna ?)
    Ciao
    Carlo Speranza

  160. Mauuger: tu hai una foto inedita in Italia di Umberto Eco… su… proponila come aggiornamento iconografico del ”post” – e di’ a tutti perche’ -.
    Sergio

  161. Allora.
    Ieri, 4 dicembre 2007, il mondo della cultura lubianese era in fermento – ma in verita’ la cosa nei nostri ambienti si risapeva da una decina di giorni – per via del conferimento ad Umberto Eco della Laurea Honoris Causa in Lettere presso l’ateneo della capitale slovena.
    Va detto che qui Eco fa molta eco soprattutto da quando il principale quotidiano ”Delo” (circa 60-70.000 copie in media: gli sloveni sono in tutto due milioni di cristiani, quasi tutti Cattolici), da quando quel giornale, dicevo, allego’ in omaggio la traduzione del ”Nome della rosa” (accadde qualche anno fa).
    Dunque, ieri, alle ore diciotto, mi sono recato nella capiente sala conferenze ”Linhartova dvorana”, sita nel grandissimo complesso ad usum incontri culturali, conferenze, fiere dell’editoria e fiere varie (una specie di Lingotto torinese) che si chiama ”Cankariev dom” (”La casa di Cankar”, Ivan Cankar e’ uno dei maggiori narratori sloveni a cavallo fra Ottocento e Novecento). Avevo il biglietto per via di un mio caro amico e connazionale che insegna italiano all’Universita’ di Lubiana.
    Trovo almeno 6-700 persone nell’anfiteatro della sala (una sorta di teatro, con tanto di sipario, galleria, platea e boccascena), il solito assedio di fotoreporter e telecamere; dunque mi sorbisco l’intera ”conferenza” dell’Eco (corroborata da immagini in diapositiva) in inglese. Solo in inglese! Domande alla fine della ”conferenza”: in inglese. Spiegazione delle virgolette: Eco, furbacchione, ha detto in inglese quel che tutti sappiamo come introduzione della sua ultima ”Storia della bruttezza”, niente piu’: citazioni di poeti, scrittori e pittori con Italo Calvino a concludere. La mattina stessa aveva ricevuto l’onorificenza e la sera ”allentava” ‘sta boiata agli sloveni come se fossero cretini (mio suocero filologo classico, che c’era, ha detto, giustamente, che era una boiata).
    Insomma, finisce la cosa (circa un’ora comprese le cinque sei domande del pubblico, in gran parte studenti, accademici e uomini di cultura interessati alla Letteratura italiana) ed io vado da Eco, il quale stava firmando su di un tavolinetto le copie ai ragazzotti. Gli dico, in italiano ovviamente: ”Mi scusi professore, io non ho libri da autografare, ma vorrei un giorno, magari, parlare con lei a proposito del ”romanzo”, per conto del blog Letteratitudine.”
    Lui risponde: ”E cos’e?”’
    ”Un blog di letteratura molto visitato. Io sono un critico.”
    ”Ah… potrei lasciarLe questo indirizzo. Ha della carta?” E mi scrive sul depliant che io, tremebondo, gli porgo, un indirizzo di posta elettronica.
    ”Arrivederci e grazie.”
    Ecco tutto.
    Una fregatura. Per dirla alla GREGORIana maniera.
    Avrei almeno immaginato qualcosa di piu’ che una serata pubblicitaria per i suoi libri Bompiani. Non c’e’ piu’ dignita’, ragazzi. Onesta’ e’ parola gia’ eliminata persino dal vocabolario dei grandi come lui. Uno che fa eco. Ma ricordiamoci uno dei miti di eco: quello della donna troppo ciarliera che Giunone condanna a parlare solo con la voce degli altri.
    Anzi: se ne ricordi lui.
    Sozi

  162. Sergio, ho appena aggiornato il post.
    Eco non conosce Letteratitudine? Male, malissimo.
    All’ufficio stampa Bompiani mi avevano detto che avrebbe letto questo post.
    Evidentemente l’effetto Eco distorce le voci.

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