Luglio 27, 2024

20 thoughts on “L’OCCHIO ALATO: STORIE DI DISUMANIZZAZIONE SCOLASTICA (di Miriam Ravasio)

  1. In bocca al lupo, cara. Ti capisco insegno arte anche io, musica però. A molte delle domande che leggo qui risponderei volentieri: perché la scuola non la fanno più gli insegnanti ma ministri che non capiscono nulla…

  2. Vi ringrazio per gli auguri e la vostra attenzione. Ringrazio Massimo Maugeri perché la pubblicazione di queste pagine di lavoro mi aiuta a continuare, a cercare nuove strade e anche nuovi modi. Non sono solo pagine di “disumanizzazione scolastica”, in queste mie note c’è anche il tentativo di sperimentare qualcosa di nuovo; riosservando, insieme a chi ci sta, ciò che ci circonda. I progetti, descritti nel diario, sono tutti finanziati dagli Enti locali (pochissimi soldi e molta disponibilità, a dire il vero), per concorso o su richiesta delle singole scuole. Imponendomi, fra centinaia di altre “cose”, ho cercato un mio spazio che, di anno in anno, si è consolidato contaminando anche le altre discipline. Sono progetti che piacciono perché insegnano ad osservare con partecipazione, perché coinvolgono ed emozionano. Tutto però si svolge qui, nel ristretto ambito delle mie valli, ai piedi del grande monte. Sarebbe bello, auspicabile, che questo spazio aperto su Letteratitudine si trasformasse in un laboratorio vasto, geograficamente esteso alle tante storie del nostro paese. Mettendo in relazione storie di monti e di mari, di conquiste e di viaggi, d’arte e di lavoro: un ecomuseo virtuale dove confrontarci e “lanciare” nuovi metodi. E’ un appello artigiano!

  3. Invio la lettera che una mia cara amica mi ha mandato poco tempo fa. La mia amica ha un suo blog, scrive di poesia ed è lei stessa poetessa. La lettera riguarda comunque ben altro. La invio con tanta rabbia in corpo e uno stupore sconfinato per l’apertura mentale che ancora una volta, come sempre del resto, la mia amica Daniela mi ha dimostrato in tanti anni di frequentazione.

    A PROPOSITO DI “BULLI”

    Faccio l’esempio della mia esperienza.
    No, non ci possiamo fermar solo a veder gli eventi!
    Se non prendiamo coscienza di andar oltre non risolveremo mai il problema.
    E l’oltre, in questo caso è valutare i trascorsi, ossia il percorso che ha spinto e che spinge a diventar quello che si definisce il bullo.
    Un tempo si diceva che la verità e il rispetto umano erano le prime cose che andavano insegnate ai bambini.
    I primi valori che gli educatori in genere, come famiglia, scuola, portavano insieme come elemento fondamentale per la crescita.
    Mio figlio alle elementari chiedeva ai bidelli perché non pulissero bene i bagni e che era un loro dovere farlo, perché era un suo diritto trovarli puliti.
    Era un bambino ribelle?
    Alle medie un compagno involontariamente gli ha rotto un dente.
    Anche se l’accaduto poteva capitare è questo un motivo per non essere avvisati dalla scuola?
    L’insegnante presente in aula non avrebbe dovuto avere quanto meno l’educazione di dire: ”Mi spiace”, sia a me, ma soprattutto a mio figlio?
    Parlando con una prof avvisata che in bagno venivano tirati dai ragazzini scope e bastoni, mi sono sentita dire” Signooooora, ma queste son ragaaaazzaaaate”
    Mio figlio che deprecava l’accaduto poteva esser considerato un bambino con manie di persecuzioni?
    Sentirsi sempre dire “il ragazzo non studia”, sentirsi sempre svalutato perché ogni disegno consegnato veniva attribuito a me, sentirsi sempre dire “Stai zitto, non possiamo perdere tempo a far collegamenti con altre materie”, beh, non può tutto questo dar ad un ragazzino in crescita serenità e fiducia né in se stesso, né negli altri.
    Da ciò, nessun miglioramento si potrà avere fino a quando famiglia e scuola non camminano in un percorso
    di stretta collaborazione.
    Dir sempre a un ragazzino “ non studi, non studi” quando la madre conferma il contrario, quando questo bambino ha un insegnante di doposcuola privato che lo valuta bravo vuol dir che a scuola, da studente nell’ambito della classe, ha qualche problema che va affrontato.
    Ed ogni ragazzino chiede aiuto a modo suo, dandoci un infinità di segnali.
    E fino a qualche mese fa pensavo che forse questa collaborazione fosse solo un bla bla bla che si sentiva negli studi televisivi, quando facevano le trasmissioni su famiglia e scuola.
    Credo che uno dei tanti problemi sia che i prof , ora come ora, si sentano non più come educatori, ma dei docenti universitari atti a svolgere esclusivamente la loro lezione e quelli proprio più attenti a chieder solo se ci sono domande.
    Allora, per prima cosa, bisognerebbe rivalutar il ruolo dei prof nelle scuole.
    Un educatore attento alla crescita di ogni individuo.
    Un collaboratore della famiglia che non si limita alla preparazione scolastica, ma che ne valuti la personalità e lo sviluppo affettivo ed intellettuale.
    Un prof che sappia far della classe l’alternativa sociale valida, forte, unita, generosa, collaboratrice, paziente, tollerante, amica.
    È vero, ci sono genitori attenti e genitori che delegano solo alla scuola o, peggio, solo alla televisione e video giochi compiti che spetterebbero a loro.
    Ora come ora, i nostri figli, con i doposcuola aggiunti, passano più tempo a scuola, che non a casa, che non in famiglia, e questo spazio di tempo passato a scuola non è per loro vissuto in maniera passiva, ma al contrario è la loro quasi principale fonte di crescita.
    Lì c’è il confronto, l’antagonismo, la goliardia, e si mettono in gioco anche la timidezza e l’aggressività, lo sviluppo di una crescita più o meno avvenuti.
    Trovo che sia sbagliato riempir le classi di trenta quaranta studenti.
    E’ umano che un prof nel suo ruolo di educatore , non possa in queste condizioni, che far solo l’appello , una spiegazione veloce e una interrogazione che non gratifica nessuno.
    Ma ci sono prof e prof…
    Io li ho conosciuti tutti e due.
    Quelli che non facevano altro che dir che lo studio è solo sacrificio, sacrificio, sacrificio. E quelli che ha adesso, che dicono che lo studio è bellezza della conoscenza, apertura di mondi antichi e nuovi, scoperta.
    Ho conosciuto prof che non gratificano e prof che con gentilezza , con garbo parlano con l’alunno per meglio conoscerlo e per farsi sentire vicini a loro.
    Prof che insegnano che si fa così e basta, solo perché lo dicono loro, e prof che insegnano che si fa così perché è giusto portar avanti delle regole se queste rendono a ciascun individuo il rispetto per se stessi e per gli altri.
    E’ anche su questi modelli che un ragazzino si forma!
    Sul modello genitore e sul modello professore.
    Sul modello genitore e professore autoritari “che si fa così , perché lo dico io” in cui il ragazzino recepisce solo che il potere è del più forte o sul modello genitore/professore che utilizzano il percorso scambievole di opinioni per giungere in un’unica via comune da seguire.
    Noi genitori dovremmo unirci di più fra noi.
    Non insegniamo ai nostri figli di aggiunger violenza a violenza con la scusa che questa è la società e bisogna imparare a difendersi.
    A mio figlio un bullo, in classe, gli ha bruciato il giaccone mentre l’aveva indosso.
    No, non si è girato e ha dato un pugno al compagno, come molti gli hanno detto che doveva fare.
    Certo, ha avuto paura e a casa ha pensato di agire con tutte le più svariate forme aggressive, ma poi piano piano , parlandone, ha riflettuto e ha saputo denunziar l’accaduto in presidenza.
    Ma tutto questo perché sapeva anche di aver accanto prof validi, che lo stimano e che lo vogliono bene, sia a lui che al suo compagno.
    E l’ho conosciuto quel ragazzino!
    E so che può sembrare strano, ma la tenerezza nel vederlo è stata grande!
    Un ragazzino alto quanto mio figlio, grassottello, dal viso confuso imbronciato, che neanche riusciva a guardarmi negli occhi!
    Mi chiedo se vale la pena aumentare i nostri orari di lavoro, guadagnar, far soldi, ancora di più, sempre di più, per non goderci invece la crescita dei nostri figli.
    Io sono stata fortunata perché ho avuto la possibilità di lasciare già da tempo il mio lavoro per star accanto a
    mio figlio supportandolo in una stima di sé che stava perdendo.
    Ma chi non ha questa fortuna, chi affida suo figlio alle sole strutture scolastiche, non dovrebbe esser ripagato di tale fiducia?
    Oltre a rivoluzionar il mondo della scuola, perché vorrei più scuole si, ma anche con più professori validi, meno allievi per classe , una scuola aperta tutto il giorno, dove integrar la propria conoscenza anche con altre attività alternative, che anche i genitori possano frequentare e confrontarsi fra loro .
    Vorrei una scuola dove si potesse trascorrer anche il tempo di quando non si va a scuola per andarsi a divertir.
    Cioè vorrei una scuola per sentita scelta individuale, dove si impara, si, un percorso di cultura, ma dove viverci è piacevole, entusiasmante anche se pieno di difficoltà, certo, ma pieni di risorse e di fiducia in se stessi e negli altri.
    Ma vorrei rivoluzionare anche il mondo lavorativo.
    A che serve a noi, modesti lavoratori, lavorare tutto questo tempo per poi non aver mai un attimo di tempo?
    Corriamo indaffarati in mille faccende, a pagar questo e quello, a far file di qua e di là, ci arrabattiamo, ci arrampichiamo, ci incaparbiamo, mentre piano piano ci distruggiamo.
    E non mi accontento di sentirmi dire “ Ma che vuoi, questa è la vita”

  4. Leggerò volentieri questa rubrica. Mi ha molto colpito la lettera dell’amica di Lucilla Volpes. Purtroppo, da genitore, ho avuto un’esperienza negativa. La mia figlia più grande si è sentita, alle superiori, discriminata. E il motivo, è perché a differenza dei suoi compagni, non aveva comportamenti trasgressivi.
    E i professori, invece di compiacersi con lei, l’hanno fatta sentire poco socievole.

  5. MI è MOLTO PIACIUTO L’INTERVENTO DELLA SIGNORA VOLPES. MAGARI TUTTE LE MAMME FOSSERO COSì! PURTROPPO I GENITORI DI OGGI, NELLA MEDIA, SONO CONFUSI E SPESSO IMPOTENTI DI FRONTE A CERTI ATTEGGIAMENTI DEI LORO FIGLI. VENGONO AI COLLOQUI COME SE NOI PROFESSORI AVESSIMO LA CHIAVE CHE POSSA APRIRE I CUORI SPESSO MURATI DEI FIGLI. IN FAMIGLIA SPESSO NON SI COMUNICA. POCO TEMPO TRASCORSO ASSIEME, C’è DA LAVORARE, DA PAGARE MUTUI E BOLLETTE, DA RISPARMIARE PER LA VACANZA, UN’OCCHIATA DISTRATTA DAVANTI AL CAFFè E POI TUTTI A SCUOLA AL LAVORO DAL PARRUCCHIERE. E LA SERA DAVANTI AL TELEVISORE ALLA PLAYSTATION. E SPESSO MI è STATO DETTO CHE SONO I COMPITI ECCESSIVI LA CAUSA DI DISCUSSIONI E LITI IN FAMIGLIA.
    NON SI RICONOSCE PIù ALLA SCUOLA VALORE EDUCATIVO, LA SCUOLA è CONSIDERATA BABYSITTERAGGIO STATALE, PARCHEGGIO, UN LIMBO IN ATTESA DELLA DISOCCUPAZIONE. NON SI PENSA CHE SI IMPARA SBAGLIANDO, CON SACRIFICIO, APPLICAZIONE E PASSIONE. I LIBRI? COME DICE FIORELLO SONO GIORNALI DURI.
    IO E I MIEI COLLEGHI SIAMO SPESSO RASSEGNATI AL COSIDDETTO SISTEMA. CI SIAMO RASSEGNATI AD UN CERTO STATO DELLE COSE. FORSE SIAMO SACERDOTI, GLI ULTIMI SOPRAVVISSUTI, DI UNA RELIGIONE A CUI NOI STESSI NON CREDIAMO PIù.
    SE GLI INSEGNANTI NON SARANNO RIQUALIFICATI, MOTIVATI, SUPPORTATI NELLO SVOLGIMENTO DI QUELLA CHE è UNA MISSIONE PIù CHE UNA PROFESSIONE – A PROPOSITO: MOLTI ALUNNI CI CONSIDERANO SFIGATI PERCHé A FRONTE DEGLI STUDI FATTI E DEI SACRIFICI AFFRONTATI E DEL TRATTAMENTO CHE MOLTI DI NOI SIAMO COSTRETTI E RASSEGNATI A SUBIRE NESSUNO SANO DI MENTE VORREBBE FARE IL NOSTRO MESTIERE – L’ITALIA NON POTRà USCIRE DALLA PALUDE IN CUI SI è IMPANTANATA. COME è POSSIBILE AVERE 28 E PIù ALUNNI PER CLASSE, FARE PROGRAMMAZIONE DIFFERENZIATA, NON POTER CONTARE SU UN SOSTEGNO SOCIO-ASSISTENZIALE DA PARTE DELLO STATO PER GLI ALUNNI E NOI STESSI?
    RIFLETTIAMOCI SU.

  6. Maria Lucia: la vita non è così brutta! Nemmeno quella delle insegnanti. La scuola è incongruente, fragorosa, gli insegnanti non ricevono grandi compensi (ma ora , anche le altre categorie si stanno adeguando), gli studenti sono demotivati, i dirigenti scolastici sono come capita, così pure i ministri, i genitori, poi, rompono, ma la classe è sempre un insieme di esseri umani.
    Mi dispiace che l’oggetto del mio libro si concentri sulle maestre che, nel bene e nel male si prendono sempre tutte le colpe. E’, infatti, a loro che rivolgo le osservazioni più gravi, ma è a loro che riconosco un impegno che non ha uguali nelle altre scuole. Dopo le Primarie, o Elementari, è quasi impossibile, almeno da noi, realizzare progetti educativi di un certo spessore: i professori si oppongono, non vogliono estranei. Guadagnano troppo poco per dedicare alla scuola anche una sola mezz’ora in più! Allora, sì ai progetti presentati e sostenuti dalle associazioni, che, grazie a questo loro impegno ricevono fondi da Enti e Comuni con cui, poi, potenziano le loro sedi; no ai progetti che comportano un confronto fra le diverse discipline, o che aprono la scuola a tecniche e sperimentazioni nuove. La tristissima verità è proprio questa: nessuno vuol fare sconti.
    L’essere è! E’ un insieme integro che dovrebbe crescere in armonia, ma la scuola frammenta e parcellizza: ci spezzetta l’anima. Chi è cresciuto negli schemi previsti è in regola, in pari con le aspettative del nuovo corpo insegnanti, il resto va per conto suo. Forse, sarebbe interessante aprire la scuola al proprio interno. Con iniziative che mettano in relazione i vari ordini e gradi; non gli open day, ma qualcos’altro. Competenze al servizio della volontà. Le superiori (insegnanti- studenti) sono la competenza, le Primarie, invece, il grande bacino umano delle volontà. Potrebbe essere vincente.
    Quando i figli crescono e a volte sentiamo il bisogno di ricordarli bambini, fatichiamo a mettere a fuoco i ricordi, ricorriamo agli aneddoti, alle fotografie, alle storie già raccontate e cristallizzate nella memoria della famiglia. Solo la presenza di un altro bambino ci riporta emozioni lontane, quel quotidiano così intimo, così nostro, eppure dimenticato. Proprio l’elaborazione di quei ricordi ci aiuta a comprendere , a riconoscere i tratti del carattere che ora si manifesta ruvido, indisponente, irritante. In quel nostro ritorno al passato, a volte, ritroviamo i codici.

  7. Fonte: Idealia.it

    http://www.idealia.it/news/0116/articolo.htm

    Nostalgia per il ”vecchio” nozionismo scolastico? direi proprio di sì. E perché?
    Per qualche buon motivo:

    1) Le persone intelligenti, se la scuola le dota di idonei e ben organizzati strumenti tecnici (le nozioni), possono forse sviluppare una qualche forma di genialità. Altrimenti restano ignoranti, e divengono perciò, attorno ai trent’anni di età, delle ”intelligenze sprecate”.

    2) Perché viviamo in un’Italia dominata dalle nozioni-base tecnologiche e tecniche, e questo significa che siamo dei semianalfabeti della tecnologia e della tecnica e degli analfabeti completi delle scienze. Infatti solo una persona su un milione saprebbe dirci i veri motivi per cui un telefonino ”funziona da telefonino”, gli altri 999.999 cittadini tutt’al più sanno sfruttare le funzioni del telefonino senza conoscerne i perché di fondo.

    3) Perché sapere che in Italia esistono dei libri di Letteratura e poesia scritti da gente migliore di quei quattro accattoni che oggi chiamiamo scrittori e poeti – e capire i motivi morfosintattici, retorici e grammaticali di tale superiorità – almeno ci aiuterebbe a sentirci meno derubati e sfruttati di oggi quando acquistiamo un successo editoriale e vediamo che si tratta di banalità su banalità che solo quarant’anni fa, magari, erano state già scritte e pure con più originalità. Questo possiamo capirlo solo se abbiamo una ”nozione” non superficiale di Storia della Letteratura Italiana. Altrimenti ogni volta che torniamo in libreria ci facciamo fregare, oppure smettiamo di andarci (risultati stupidi entrambi).

    4) Perché dare approfondite nozioni di Storia italiana, Letteratura, Geografia, Lingua italiana e Filosofia resta un DOVERE DELLA SCUOLA PUBBLICA come (e penso molto più) il fornire degli strumenti tecnici per dominare computers, Internet e simili. Infatti: le Materie Umanistiche dànno ai giovani il ”cosa dire” e gli aspetti tecnici servono per formalizzare, esprimere questo ”cosa” (questo ”quid”, diremmo alla latina). Ma se hai la testa vuota, cosa pensi di saper scrivere, su Internet? Magari quattro sciocchezze sgrammaticate.

    5) Ultimo ma non meno importante: se le nozioni vengono ben scelte dagli insegnanti, perdono il ”vestito” di nozioni e restano dei princìpi, dei concetti e delle motivazioni molto solidi. Le ”nozioni nude” hanno creato la costruzione fondamentale di un pensiero europeo durato tremila anni che, in pochi decenni, stiamo azzerando, disintegrando nella confusione e nella mediocre bassezza del nulla. Il nulla è la RAI che manda in onda i reality show, per fare un esempio fra un milione di altri bei nulla.

    Insomma, il nozionismo non è, secondo me, il vuoto imparare a memoria dati e nomi, né l’ipocrita insegnare la buona educazione nei rapporti umani senza saperne il perché etico-filosofico. Il nozionismo in realtà consiste nel sapere le cose e nel sapere anche farle bene e motivatamente. E oggi ne abbiamo tutti un estremo ed urgente bisogno – anche se credo che le intelligenze (in senso prettamente tecnico-neuronico) presenti in Italia nel 2007 non siano confrontabili con quelle del 1967 (però consideriate che un mezzo scemo dotato di una buona scuola almeno non va a chiedere l’elemosina; un mezzo scemo con una scuola mezzo scema, invece, addizionati fanno uno scemo intero).

    Sergio Sozi

  8. Caro Sozi, ti rispondo in corsa (ho del lavoro urgente da sbrigare): prima conosciamo le tecniche e poi ci dedichiamo all’informale. Quando Maugeri pubblicherà i capitoli di Occhio, sarà molto piacevole ricevere e leggere i tuoi commenti. Sono un’autodidatta, ho imparato tutto cammin facendo, e proprio per questo so riconoscere i professori cialtroni (i danni che sanno provocare)e la difficoltà di chi, come me, si è applicato con caparbietà per compensare il vuoto, fabbricato da una scuola solo parolaia. L’imparare giocando, ovvero l’imparare inconsapevole, ovvero la bambinizzazione scolastica, ha stancato e dimostrato la sua pericolosità sociale e democratica. Il gesto dirompente non può essere normalizzato; la provocazione è una sfida, un attimo contingente. Se sostenuta a lungo è solo occasione di scherno, tristezza e incomprensione.
    Sabato scorso, qui, in un vecchio monastero ora restaurato grazie ai fondi europei, il Circolo Didattico del paese ha organizzato una grande giornata di festa. Le insegnanti erano invitate ad esporre, ad uso e consumo dei visitatori, le bontà dei progetti scolastici, realizzati e da realizzare. Stand e piccoli spazi ospitavano i sofferti intenti pedagogici. Nel chiostro minore, un quadrato delimitato dagli archi, le insegnanti di una materna hanno installato un laboratorio (sic!) musicale. Scatoloni di latte, tappi, chiodi per la produzione dei più assordanti tamburi. Che incessantemente si sono imposti sul chiacchiericcio dei visitatori, per tutto il tempo. Disturbando la quiete del luogo, fiume compreso; le rondini, che sotto i portici del monastero hanno nidificato in abbondanza; il fascino di una costruzione antica e secolare. Che dire? Che dire a quelle insegnanti che per la loro installazione si sono prodigate lavorando “gratuitamente” per ore e ore. Una mamma, avvicinandosi al frastuono e riconoscendo alcune delle insegnanti, si è complimentata, perché in tanti anni, tanti da quando i suoi figli non vanno più alla materna, le cose sono rimaste uguali, le stesse iniziative.

  9. Cara Miriam,
    be’, allora siamo d’accordo, su tutta la linea, no? Questo e’ il succo di quanto ho affermato nell’intervento a cui tu mi hai risposto dianzi. Niente tamburi e affini cretinate: a scuola si studia e si sta insieme volendosi bene. E ognuno faccia il proprio dovere: l’insegnante studi, conosca ed insegni; l’allievo anche.

    Ciao, cara.

    Sergio Sozi

  10. Ieri sera ho visto lo sceneggiato su Maria Montessori, con una brava Paola Cortellesi; nel pomeriggio ho iniziato la lettura de’ “L’allievo” di Daniel Zimmermann: fra le 18 e le 22, cento anni di pedagogia. Cortellesi-Montessori: “I bambini si divertono quando imparano” ; Zimmermann “la verità è quella che inventa la gente trasformando il quotidiano in leggenda”. Lei ha come fine una condizione di sollievo per i bambini lasciati a sé , senza mezzi materiali e morali. Si batte per il diritto all’infanzia intesa come primo tempo dello sviluppo umano, attimo fondamentale per la valorizzazione di una vita civile. Il maestro protagonista del libro, autore fallito, invece, “cede al torvo fascino di un bel caso sociale”, per il quale “prova solo repulsione”. Nel divario fra queste due concezioni, la serenità e il recupero, c’è il percorso a gambero condotto dal nostro sistema educativo e la propensione, tutta contemporanea, all’azzeramento delle oggettività. La condizione di normalità è primaria a prescindere dal senso, dal significato che vogliamo dare, all’infanzia. In questo modo, il motore dell’azione è alimentato dalle quantità, dalle maggioranze, dagli omologhi; straordinario diventa il risultato delle tante cose fatte.
    “I bambini sono gli uomini di domani”… a dopo

  11. Non ho letto tutti gli interventi, ma mi ha colpito la tua osservazione Miriam: “Lavorare con i bambini necessita di una preparazione adeguata”. Hai ragione Miriam, ma come ben saprai un insegnante necessita anche di tanta pazienza, e amore, conditi spesso da un bel po’ di acido che spesso lo stomaco forma, anche contro la tua volontà, quando ti scontri con colleghi ottusi, dirigenti antichi e genitori onnipresenti che vogliono importi il loro metodo didattico. Genitori capaci anche di farti fare un richiamo formale da parte del dirigente se sgarri in qualche cosa che va al di là del programma o del loro modo di vedere le cose. Ne ho viste di cotte e di crude, credimi, e sono felice di aver lasciato poco più di una decina di anni fa, alla soglia dei trent’anni, una scuola che non mi dava nulla, per dedicarmi invece ad un lavoro che si è rivelato assai più umano: sia per me, che per le persone a cui impartisco una qualche “cultura” dalla bibliotechina che dirigo. Un plauso agli insegnanti, soprattutto a quelli che come te, intuisco, lavorano tanto e riescono a farlo ancora con passione.

  12. Per Alessandro:
    non sono un insegnante, lavoro a progetto su temi precisi. Per questo mi piace molto.
    Ciao, Miriam

  13. Segnalo ai lettori del blog una simpatica iniziativa editoriale : un giornale sulla/della/ per la scuola che si pubblica nella provincia di Trieste, Fantastica-mente e che viene distribuito gratuitamente a tutti i ragazzi delle scuole.
    Direttore e co-direttore sono rispettivamente Martina Seleni e Cristiana Vignoli, quest’ultima nella doppia veste di animatrice con il simpatico nome di Viperella.
    L’ultimo numero del gionale ospita anche un mio intervento che ricostruisce punto per punto la realizzazione dell’ultimo progetto di educazione all’immagine, realizzato qui, nella Valle San Martino: Copiare dal vero quello che non c’è.
    L’indirizzo del sito, con la copia del giornale scaricabile nel formato pdf, è:
    http://www.fantastica-mente.net

    Buona visione e buona lettura, Miriam

  14. Sig. Ravasio.
    Ho letto con piacere il suo intervento sul mio blog.
    Non ho ben capito cosa l’ha colpita dei miei interventi ma l’autorizzo a fare tutto quello che vuole dei miei interventi.
    Se ha un po di tempo cerchi anche su http://camporeale.blog.com
    E’ un sito creato tempo fa da due ragazze di Camporeale molto vicine a padre Carmelo che sarebbe il nostro parroco.
    Non sono riuscito ancora a sapere chi fossero le autrici(sempre se è vero che siano due ragazze) ma dopo i fatti di carnevale e l’enorme numero di commenti fuori luogo il sito non viene più curato.
    Forse erano delle educatrici professioniste o appasionate molto religiose e hanno posto alcuni post sull’educazione e ruolo dei genitori che potrebbero interessarla.
    Gli interventi firmati “Terremotato cronico” sono i miei.
    So che faccio interventi lunghissimi ma voglio essere capito da chi legge ed esagero nella descrizione dei concetti.
    La mia email è: g.incalcaterra@inwind.it

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