Marzo 29, 2024

162 thoughts on “GENERAZIONE MC DONALD’S di Francesca Mazzucato

  1. Cari amici, ne approfitto per comunicarvi che sono in una fase di passaggio da una compagnia telefonica a un’altra e che, già da stasera, potrei finire in una sorta di “limbo internauta” con conseguenti problemi di connessione.
    Cio premesso…

  2. Per cominciare volevo ringraziare Massimo Maugeri e Letteratitudine per lo spazio e l’ospitalità e per l’apertura. La forma aperta ai tanti affluenti e alle tante direzioni che un tema del genere può offrire

    Un paio di cose a cui tengo. Ho scritto questo libro basandomi sull’esperienza realmente vissuta di un giovane che ha lavorato qualche mese come apprendista operatore di fast food in un Mc Donald’s bolognese. La vicenda è vera, documentata. Ho raccolto le impressioni, le informazioni e tutti i dettagli meticolosamente, per tutto il periodo in cui il giovane Marcello( il nome è di fantasia) ha lavorato nel fast food. Mi pareva un’occasione troppo importante per lasciarla cadere. Gli ho chiesto di scriverlo lui ma mi ha detto che non era il suo compito, di farlo io, che lui desiderava solo, per ovvie ragioni, mantenere l’anonimato.

    Essendo io una scrittrice e non una saggista ho inserito la vicenda in un contesto plausibile alla vita di un ragazzo in questo nostro contemporaneo globalizzato. Un giovane che ha appena terminato l’esame di maturità e si sente svilito, sfiduciato, senza prospettive e senza futuro. Non riesce a immaginarlo, il futuro. Non riesce proprio a uscire da un disagio che è certo psicologico, mentale, emotivo, ma è anche carnale. Lo sente addosso, nelle viscere

    “L’incertezza lo affoga, l’ansia non lo lascia. Ha la gola secca e una continua, fastidiosa erezione. Si scarnifica la pelle del dito pollice. Colano gocce di sangue che lui succhia. Si scaccai il cuscino sulla testa e prova a dormire..Il disagio è vischioso, un’estensione del suo corpo e dei suoi incubi, la tecnologia lo incrina con immagini in rapidissime sequenze, rumori, interferenze. Il tocco dei polpastrelli sulla plastica molle, o sui contenitori appuntiti del DVD aiuta poco, lenisce appena quel fastidio stereofonico,quel bisogno di tutto e di niente.”

  3. Credo che questo nuovo libro della Mazzucato – elaborato con la solita scrittura raffinata a cui Francesca ci ha abituati – offra notevoli spunti di riflessioni e per un confronto.
    Le tematiche che tocca sono attuali e ci coinvolgono nella nostra quotidianità.

  4. Ehi, Francesca… sei già interventuta e – di fatto – hai anticipato una mia domanda (che poi è la classica domanda: da dove trae origine l’idea di questo libro).:-)

  5. Che rapporti avete con le catene di fast food e con Mc Donald’s in particolare?

    Quali sono, a vostro avviso, i vantaggi e gli svantaggi? Sono più i “pro” o i “contro”?

  6. Per il momento chiudo qui.
    Saluto e ringrazio Francesca Mazzucato (che è già intervenuta) e tutti voi… augurandovi una splendida serata.
    Questa discussione ci farà compagnia nei prossimi giorni.
    (p.s. se non mi vedrete “comparire” vuol dire che sono già finito nel “limbo internauta” di cui sopra):-)

  7. In attesa che intervengano altre persone volevo continuare con un paio di cose

    Il ragazzo vive questo disagio, e vive la sua vita abituale, sabati fino all’alba fra pub e discoteche, amici solidali ai quali si sente profondamente legato, e poi vive tutti gli elementi del nostro panorama urbano( lui è a Bologna ma credo siano davvero gli stessi quasi ovunque), multisale, ipermercati, luoghi fisici che diventano anche meta- luoghi, spazi dove far passare il disagio perdendosi, dimenticando il fardello. Fra questi luoghi c’è anche il fast food, prima lui ne è un frequentatore, addirittura da bambino sua madre gli organizzava le feste di compleanno per evitare il caos di ragazzini in casa.

    Poi , per caso, passando da un sito a un altro, in pomeriggio annoiato, capita su quello della Mc Donald’s e invia il curriculum. Viene chiamato. Non se lo aspetta. E’ molto, molto importante per lui essere VOLUTO.
    Sentire che esiste l’ombra di una prospettiva anche se vaga.

  8. Un Saluto cordiale all’Autrice, Francesca Mazzucato, dalla prosa accurata e artigianalmente ”lenta” (lo si vede che e’ una che medita prima di scrivere: dunque scrive con calma, non correndo) a Massimo e a Mascheri;
    poi:
    quale e’ il nostro rapporto con i ”Pastiveloci”, o meglio il ”Ciboveloce”, ci vien chiesto.
    Rispondo personalmente e senza mezzi termini: quale rapporto? Io sono lento ed ho costruito questa mia vita fatta apposta per me, coi suoi ritmi che sono i miei corporei, preferendo a volte fare lavori ”umili” ma mai veloci e frenetici. Guadagnare 500 euro al mese andando tranquilli e’ un conto; guadagnarne 500 correndo con l’ansia e la puzza di fritto e’ un altro conto – ed e’ dunque un destino che non augurerei neanche al mio peggior nemico, se ne avessi uno.
    Saluti Cari
    Sergio Sozi

  9. P.S.
    Io le feste coi bambini le organizzo in casa: per me la domus e’ il centro della mia vita – come tradizione italiana vuole e come io, appunto, proseguo. Da italiano autentico.

  10. E comincia. Sul resto, sulla sua esperienza DENTRO il fast food scriverò qualcosa in seguito.
    Mi premeva dire questo.
    Non ho voluto scrivere un testo “contro”
    Ma nemmeno pro, ecco. Mi sono documentata molto durante la stesura, nel periodo in cui raccoglievo la testimonianza del giovane. Ho letto tutte le notizie circolanti in rete e mi sono accorta che la maggioranza riguardavano fast food inglesi o americani, mai italiani.
    Ho trovato siti come questo
    http://www.tmcrew.org/mcd/mcsbagli.html
    o come questo
    http://web.peacelink.it/boycott/mcdonald/mchome.htm
    ma anche informazioni di questo tipo
    http://it.wikipedia.org/wiki/Indice_Big_Mac

    sull’ultizzo dell’indice Big Mac per la comparazione del potere d’acquisto delle valute

  11. Però il mio punto di riferimento è stato un libro

    Daniel Litvin
    Gli imperi del profitto
    La globalizzazione e le responsabilità delle multinazionali, edito da Garzanti.

    Lo scopo di questo libro è importantissimo. Quando si parla di grandi multinazionali si sovrappongono moltissimi temi che sono sociali, politici, economici, alimentari e hanno un’enorme portata Secondo Litvin l’impatto effettivo delle grandi compagnie commerciali ( e non si parla solo del Mc Donald’s ma anche delle compagnie commerciali, finanziarie, minerarie) non è mai stato studiato a fondo , anche se è innagabile che dai tempi del colonialismo a oggi abbiano svolto un ruolo fondamentale. Con il suo libro lui si propone di documentare spassionatamente e nel dettaglio il comportamento di questi giganti, “come farebbe uno zoologo a proposito di determinate specie di animali o un antropologo a proposito di un particolare gruppo umano”
    Ecco, se il mio. libro ha delle motivazioni, una è senza dubbio quella di contribuire con un tassello, con un piccolo elemento esperienziale, narrativo e documentale, a questa “documentazione delle multinazionali” dalla quale non possiamo prescindere. Perché conoscere, conoscerne le dinamiche, i rapporti di lavoro, i meccanismi con cui si regolano le varie gerarchie, l’impatto che desiderano esercitare su media e sui desideri, sugli archetipi stessi del consumatore, tutto questo, secondo me può rendere più consapevoli e fornire strumenti per avere una bussola di comportamento in questo mondo di brand che seducono, di grandi M a ogni angolo, di cibo economico che diventa un fondamentale antidoto anticrisi( e infatti se c’è un’azienda che non risente della crisi economica è la Mc Donald’s, in crescita, che sta aprendo nuovi ristoranti e programmando nuove assunzioni)

  12. 1. Che rapporti avete con le catene di fast food e con Mc Donald’s in particolare?
    A parte quello di utilizzarle una volta all’anno per dare sfogo ad attacchi bulimici per le patatine fritte, direi un rapporto pessimo. Per principio non alimento gli incassi di situazioni commerciali che non condivido, e questo vale non solo per i fast food, ma anche per supermercati, negozi o bar che adottano una politica di gestione dei dipendenti che genera polemiche e malcontento (a maggior ragione se sfociano in sedi giudiziarie o sindacali con cause per mobbing, imposizioni di contratti coercitivi, lesione dei diritti o qualunque forma di prevaricazione). In sostanza, nel mio piccolo, non spendo un centesimo per comprare il prosciutto o le alette di pollo fritte di chi tratta in modo irrispettoso i dipendenti.

    2. Quali sono, a vostro avviso, i vantaggi e gli svantaggi? Sono più i “pro” o i “contro”?
    Io penso che i fast food abbiano generato un impoverimento dell’atto del mangiare e del concetto di alimentazione che è imperdonabile. Hanno privato queste ultime generazioni dell’opportunità di sviluppare curiosità e attenzione nei confronti di una materia – il cibo – con la quale ci confrontiamo tutti più volte al giorno, che ha un ruolo determinante nella nostra salute, nella nostra economia e nelle nostre abitudini. Non vedo vantaggi, perché non riesco ad ammettere e perdonare nessuna forma di svilimento delle nostre consapevolezze, dall’alimentazione all’informazione fino a ogni settore in cui questo è avvenuto.

    3. Se vostro figlio/a, nipote, fratello/sorella decidesse di andare a lavorare per una di queste catene di fast food… che consigli gli dareste?
    Dopo il trauma iniziale penso che cercherei di capire le motivazioni di questa decisione, poi comunque lo spingerei a sfruttare questa opportunità come un’occasione di conoscenza dall’interno di un mondo, quello legato a queste realtà commerciali e a chi le popola, senza mai abbandonare la capacità di criticare, valutare, paragonare e collocare il contesto in cui si vive in una dimensione più vera possibile. Con la speranza che sia un momento destinato ad esaurirsi….

  13. nON HO ANCORA LETTO QUESTO LIBRO DI fRANCESCA MA AVENDONE LETTI ALTRI NON HO DUBBI CHE SARà INTENSO COME SEMPRE, ops scusate il maiuscolo!
    sui fast food che dire? abito in sicilia, anzi a Messina: patria di arancini, pidoni, focaccia messinese, pignolata, cannoli…ma vuoi mettere? chi se li fila i MD! neanche mia figlia dodicenne che tra l’altro scoraggia amici e cuginetti raccontando che negli hamburger c’è… Va be’, lasciamo stare (gliel’hanno detto a scuola). Invece pensando a un lavoro di questo tipo, a un giovane che passa le ore tra i tavoli, le feste dei ragazzini, i microonde e le patatine di plastica mi viene una gran tristezza… W le trattorie, insomma e auguri a Francesca che se li merita!

  14. Quello che scrive Paola Pioppi sulla politica di gestione dei dipendenti che genera profondo malcontento, frustrazione, situazioni a volte paradossali, ha anche un nome, Mc Donaldizzazione, e una voce a parte su wikipedia

    http://it.wikipedia.org/wiki/McDonaldizzazione
    dove si parla di “un modello che presuppone la riproducibilità universale dei principi di “efficienza, calcolabilità, prevedibilità e controllo”

  15. questo libro di francesca mi ricorda molto un famoso dipinto dove i pesci grandi mangiano i pesci piccoli

    in più e più grande del colore c’è l’amarezza che francesca trasmette con le parole che diventano estensione della conoscenza
    del resto sempre i suoi scritti conivolgono danno struttura materiale alle cose fanno vivere in reale impersonificazione ciò che accade
    e fa aleggiare con un leggero incanto una qualche via d’uscita anche secondaria ma comunque esistente
    è bravissima
    c.

  16. sono lenta per natura,mi siedo a tavola anche se sto da sola,apparecchio e adoro mangiare piano.Per me consumare il cibo è uno dei momenti più alti dellavita,non mi piace distrarmi mentre lo faccio,amo provare nuovi sapori e sperimentare accostamenti,lego l’atto del mangiare indissolubilmente all’atto del dialogare,del posare le posate fra un boccone e l’altro,bere un sorso di vino e alzarsi da tavola solo dopo il caffè. Questo è l’unica cosa che riesco a bere in piedi al bancone,ma con i miei tempi, sono sempre l’ultima a finire,mentre gli altri escono,io sono ancora a girare con cucchiaino e a parlottare con il ragazzo del bar. Ho proprio un problema a sedermi in un fast food,la fretta, la scarsa qualità del cibo,la puzza di fritto,salvo solo le crocchette di pollo,ma preferisco comprarle e poi farle a casa mia.Ad un figlio direi che se vuole un lavoretto può mettersi a studiare e dare lezioni private ad alunni poco diligenti,come ho fatto io da ragazza,però se proprio volesse andare a lavorare al mac donald gli direi :attento a dove metti le mani e indossa i guanti.Intanto cerco di farli appassionare alla buona cucina e alla curiosità del palato stimolandoli con sapori nuovi,la sera a casa però stacco il telefono perchè a tavola non ci devono disturbare.

  17. dimenticavo:leggerò con interesse questo libro,so che la mazzuccato è una scrittrice colta,nonchè brava.

  18. Mi ricordo di una volta in cui io e la mia famiglia ci fermammo con la macchina allo sportello di un rifornimento Mc Donalds (così lo chiamo io).
    Dopo che i miei ebbero ordinato il loro pacchettino, la ragazza allo sportello mi chiese che cosa io desiderassi mangiare. Le risposi semplicemente che io non mi sentivo di appartenere al club dei mangiatori volanti e salutandola gentilmente con un sorriso avviai il motore e ripresi la mia corsa.
    Saluti.
    Lorenzo

  19. Leggo nei commenti di Giulia dei richiami alla lentezza. Lentezza, consapevolezza dei sapori. Leggo anche che Cinzia Pierangelini elenca delle delizie siciliane e dice ” chi se li fila i Mc Donald’s” Ha ragione, che senso avrebbe. Ma quello che dice mi fa riflettere. E mi fa pensare a un amico, che spero possa intervenire, Paolo Melissi, che mi ha presentato a Milano. Lui è di Napoli e mi raccontava che a Napoli i Mc Donald’s sono pochi, non tanto amati, non tanto frequentati, che si preferisce altro, una buona pizza, ovviamente e altre cose
    Dove esistono e sono valorizzati elementi tipici delle cucine locali i Fast food hanno quindi poca fortuna?
    O meno?
    Io credo in parte di sì. Non è un caso che adesso tentino di fare panini, utilizzando saporti tipici regionali, come nel recente “BOSCAIOLO” lo speck doc, di una zona dell’Alto Adige. Me l’ha spiegato il manager, addetto alle pubbliche relazioni della multinazionale, il dottor Massimo Barbieri, che mi ha contattato in occasione dell’uscita del libro e che ho incontrato a Bologna dove è venuto in occasione di un reading. Mi mostrava la scritta che certificava la provenienza doc dello speck, la pubblicità che ne traevano e io gli ho detto:” Ma sono loro che danno di più a voi” Vi offrono un contesto. Un contesto di alimentazione che non si uniforma completamente ma che valorizza la tipicità dei sapori regionali.
    Lo stanno infatti facendo un po’ ovunque.
    Ma non credo che l’inserimento di speck doc o di prosciutto di Parma o di altro possa rendere un Mc Donald’s qualcosa di diverso.
    La struttura, la funzionalità, il simbolico, la formica dei tavoli, gli odori, lo straniamento, queste cose sono le caratteristiche predominanti.
    Dovrebbero mutare radicalmente e non possono.

  20. Questo libro mi sembra utile e interessante. ed il titolo mi pare perfetto. rende proprio l’idea……..

  21. però con la crisi nera che c’è a livello lavorativo, se mia figlia venisse presa da un McDonald’s organizzerei una festa a base di mcChicken

  22. sì hai ragione francesca mazzucato,i cibi del mac donald è come se non avessero appartenenza d’origine,non venissero da una terra,non parlassero di noi.Comunque non so se è un caso,ma anch’io sono di Napoli come il tuo amico e preferisco lo slow food.
    salutoni

  23. confermo quanto detto su napoli e dintorni e in generale questo accade un pò in tutto il sud
    in puglia quest’estate in venti giorni non ho visto spuntare nessuna m e da nessuna parte
    a salerno un punto m è confinato in un area di servizio ma la pizza a libretto di carminuccio ad esempio è molto di più di un rito
    è un dovere

    chissà forse con tutti i mali che affligono queste mie terre una nota comunque di tradizione di territorio resiste
    cmq l’analisi della grande multinazionale e delle sue sfaccettature è magistralmente resa dal libro di francesca
    c.

  24. francesca mazzucato ha scritto un romanzo e, contemporaneamente, un’officina di riflessione sullo spazio della metropoli, e su identità e consumo che vi sono iscritti. il libro di francesca contiene in sé una possibilità dinamica

  25. Diffido di tutte le multinazionali. Ne boicotto molte. Amo i cibi semplici e genuini. Riciclo gli avanzi perhé, con la grandi masse affamate che ci sono nel mondo, con ci si può permettere di sprecare nemmeno una briciola. Preferisco i piccoli negozi ai supermercati. Quando qualcuno mi dice che, per salvare l’ economia, bisogna consumare di più mi arrabbio
    e consumo di meno. Credo che una delle parole magiche per cercare di ridare al mondo un po’ di equilibrio sia SOBRIETA’
    Due parole sulla Nestlè. In Africa è responsabile della morte di migliaia di bambini. Come? Regala una o due confezioni di latte in polvere alle madri che allattano. Quando le confezioni regalo sono finite le mamme, che non hanno latte a sufficienza a causa delle rapine del colonialismo che ha ridotto un paese ricchissimo di risorse, il Paese più povero del mondo, le mamme, dicevo, comprano il latte e poiché sono povere, lo alungano il più possibile e con acqua inquinata. Il problema dell’ acqua è un grosso problema a livello mondiale. La Nestlé ha avuto più di 400 diffide dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità, tutte disattese. Che facciamo, compriamo i prodotti della Nestlè?
    Non dovremmo bere nemmeno l’ acqua minerale. L’ acqua è un bene di tutti. E’ una violazione dei diritti umani privatizzarla. Ciao a tutti.
    Franca Maria Bagnoli

  26. francesca
    in quanto ai consumi locali credo che questi abbiano un peso: la tradizione costituisce, almeno in parte una resistenza alla penetrazione dei cosmumi come quelli da mcdonald’s. diciamo allora che esistono contesti sociali più o meno erosi nella loro “originalità”, anche se non si può pensare una società come immobile e invariabile. probabilmente, in questo senso, milano + più avanzata di napoli nella costituzione di una strutturazione sociale (di consumo, di abitudini, di tendenze ecc ecc) più favorevole all’attrazione mcdonaldiana. In più parlerei della “classe” degli immigrati, una fetta di mondo particolarmente presente nei negozi Mc’s

  27. I mecdonalds per l’Italia sono come la lingua inglese: noi pensiamo di tenerli entrambi ”in bocca” invece saranno loro a mangiare noi. Eh eh eh… guardate le parole che si usano oggi in Italia e i paninazzi orribili e mi darete ragione. Io invece mastico italiano. E l’italiano anche. Lo mastico un po’.
    ‘Notte a tutti
    Sergio

  28. “…fastidiosa erezione. Si scarnifica la pelle del dito pollice. Colano gocce di sangue che lui succhia….”
    E poi fa i panini. Ecco perché fanno così schifo 🙂

  29. E infine: solo il Sud salvera’ il nostro palato – e il nostro gusto in senso piu’ ampio e soprattutto artistico. Parola di perugino (adottivo perche’ so’ nato ar Circo Massimo…Maug… ehm Circo Massimo ebbasta).

  30. Cara Francesca,
    ho appena finito di leggere il tuo Magnificat Marsigliese e già penso di buttarmi a capofitto nella lettura di Generazione McDonald’s.
    Sì, annusi i tempi, annusi gli atteggiamenti con cui dovremo tutti, prima o poi, fare i conti, magari soltanto per stigmatizzarli quasi fossero avanguardie infernali. Sei scrittrice e “indagatrice” sociale, sei la signora della scrittura e la poetessa delle emozioni, anche le più intime, segrete, vergognose. Sei un fiume in piena che dirompe, invade, allaga, ma che adagio adagio fa crescere le sementi e le piante.
    Da te ho imparato e capito molto, da umile narratore e sociologo di strada. Da te c’è sempre qualcosa da imparare, e credo che tu stessa, scrivendo, impari sempre, a tua volta, qualcosa.
    I fast food li frequento di rado o, meglio, ho cominciato a prendere dimestichezza con loro, dal momento che saranno soprattutto loro i nostri luoghi di ritrovo e le nostre piazze. Le piazze dove trascorrere il tempo al caldo, d’inverno, e al fresco, d’estate, e dove scambiare qualche chiacchiera perfino con i giovanissimi: non sono più giovanissimo. Perché nei McDonald’s si acquisisce una dimensione diversa degli anni, nel senso che ci si immedesima (mi immedesimo) con facilità e volentieri nei giovani che vi lavorano e li frequentano, percependo le loro vivacità e anche le loro ansie, le loro attese e quel senso, quel pizzico di perplessità verso il mondo e la vita. Una perplessità che si tramuta spesso – credo – in angoscia verso il domani o il divenire, trovandosi ad affrontare un mondo e una vita colorati fin che si vuole ma di plastica, appunto. Un mondo artificioso e artificiale, e artefatto. Artefatto, cioè imposto. Desolatamente imposto. Ma imposto da chi? …
    Cordialmente, Ausilio Bertoli

  31. Capito abbastanza spesso alla Stazione Termini di Roma. Dal McDonald’s locale si espande una puzza terribile che si sente a 50 metri di distanza, facendo diventare il luogo inavvicinabile. Ed è così nella maggior parte dei locali di questa catena. Ogni volta non posso non pensare alle persone che lì stazionano tutto il giorno. Della qualità del cibo è meglio non parlare…

  32. Buongiorno. Vi ringrazio molto per gli interventi che sono carichi di spunti di riflessione e di aperture. Paolo Melissi mi scrive che il libro “contiene in sé” una possibilità dinamica ed era veramente quello a cui ambivo e quello che mi interessa in gran parte delle cose che leggo. La possibilità dinamica di apertura, di diventare soggetto e oggetto di riflessioni
    Ad esempio mi stanno chiedendo di portarlo nelle scuole e lo farò in futuro, in diverse occasioni.
    L’intervento di Franca Maria Bagnoli richiama alla SOBRIETA’ e scrive testualmente:
    “Quando qualcuno mi dice che, per salvare l’ economia, bisogna consumare di più mi arrabbio”
    Se avessi un evidenziatore virtuale segnerei e segnerei le sue parole. Sto leggendo

    Serge Latouche
    La scommessa della decrescita
    Feltrinelli
    libro che davvero consiglio
    e che ribalta completamente il luogo comune che viene ripetuto sempre sull’importanza della crescita, sull’aumento dei consumi come necessità per l’economia.
    Purtroppo è un modello non più sostenibile.

  33. Serge Latouche scrive: “Il termine decrescita suona come una scommessa e al contempo una provocazione nonostante la generale consapevolezza dell’incompatibilità di una crescita infinita in un pianeta dalle risorse limitate… La società in cui viviamo ha consegnato il proprio futuro a un sistema fondato sull’accumulazione illimitata. Non appena la crescita subisce un rallentamento o si arresta, si boduce una situazione di crisi e addiritttura dilaga il panico. La necessità dell’accumulazione illimitata fa della crescita un circolo vizioso. La capacità di sostenere il lavoro, il pagamento delle pensioni, il rinnovo della spesa pubblica…presuppongono il costante aumento del prodotto interno. Nello stesso tempo, l’uso della moneta e soprattutto il ricorso allo strumento del credito, che permette a chi ha redditi insufficienti di consumare e investire senza disporre del capitale necessario, impongono dittatorialmente la crescita, specialmente nel Sud del mondo”

  34. Riporta anche, proprio nel primo capitolo un’illuminante citazione di Arundathy Roy
    “La quantità di foreste, acqua e terra disponibile è limitata. se tutto viene trasformato in climatizzatori, patatine fritte e automobili, si arriverà al momento in cui non resterà più niente”

  35. Tornando al romanzo per un attimo, volevo spiegare che, l’assunzione dal Mc Donald’s costituisce anche un momento importante della sua vita. Sente di uscire da quel nulla vischioso in cui annaspava nel dopo maturità

    “E’ stordito. Prova compiacimento. E’ lusingato,eccitato. Due. Lo vogliono. Il suo curriculum ha prodotto un impensabile interesse. Saranno troppe, saranno assurdità, saranno illusioni, ma lui vede delle prospettive che cominciano a delinearsi. Qualcosa che lo può aiutare ad uscire dalla fangosa sensazione di immobilità. Da quell’insieme di giorni uguali, troppo lunghi e senza nessun vero desiderio. Lo hanno cercato, hanno detto di essere sotto organico. Saranno prospettive da niente, ma le cose importanti si costruiscono con una somma di piccoli niente. Ne è sicuro, sente che l’euforia lo invade…tutti sotto organico e tutti pronti ad assumerlo. Uno stipendio, un cartellino, una busta paga, Con una rapidità che lo ubriaca. Mai successo a scuola, mai successo con le ragazze. E’ molto contento. Una soddisfazione scorticante. Su sente risarcito. Fanculo la maturità e tutta quella frustrazione.”

    Lavorare lì è quindi un passaggio che serve. Nella sua storia di giovane cittadino di un mondo globalizzato, che ha vissuto cpn genitori dai lavori improbabili, difficili da identificare e probabilmente il passaggio gli servirà nella sua storia futura. Per capire i meccanismi, per adattarsi a certe regole.

  36. Paolo Melissi richiama gli immigrati, una fetta di mondo particolarmente presente nei McDonald’s. Se per Marcello lavorare lì è un’occasione, lavorare nei fast food è certamente un’occasione per moltissimi stranieri che vengono assunti, che trovano una situazione difficile certo, a volte frustrante ma si può sicuramente dire meno frustrante di certe situazioni lavorative che vengono riservate, purtroppo agli stranieri. Infatti questo trasforma i fast food in luoghi multietnici sia come utenza che come personale.
    In questa molteplicità di storie, di paesi, di provenienze, c’è sicuramente un affresco, vorrei dire, della nostra società così come sta mutando, così come sta trasformandosi-

  37. Il dottor Massimo Barbieri, il responsabile delle pubbliche relazioni della McDonald’s Italia sta seguendo con interesse il dibattito.
    Mi ha mandato ieri sera questa mail:
    “Ottimo, grazie: è sempre molto interessante leggere cosa si dice del libro, e più in generale sul lavorare da McDonald’s, e ancora più in generale su McDonald’s.”

  38. Buongiorno a tutti,
    secondo me il valore principale di questo libro è il modo in cui la Mazzucato racconta la catena e il lavoro. Senza il minimo manicheismo, senza mettere da una parte i buoni e da un’altra i cattivi, la Mazzucato ci regala un romanzo “politico” e al tempo stesso “sentimentale” “di formazione”, se mi si passano i termini. Sarebbe stato facilissimo cadere nella forma pamphlet con un tema del genere. La Mazzucato evita questo con eleganza, sostenuta da una scrittura mai così sicura e ferma. E’ un romanzo complesso, questo. Un romanzo in cui Francesca trasforma lo stile ricco e avvolgente di sempre in una scrittura asciutta e efficacissima. Ci sono delle pagine che mi hanno commosso di questo libro: il rapporto di Marcello col padre, la storia con Katy. Ci sono dei momenti di grazia e dolcezze nascoste, parole non dette in questo romanzo. Eppure questo romanzo è anche un libro politico, un’opera ibrida complessa, un minotauro coi muscoli tesi. Chiedo a Francesca: quanto hai lavorato sullo stile? Ho la sensazione che solo con questo stile oggettivo e secco la storia poteva essere raccontata, è così?

  39. Un libro importante e imperdibile.QUesto si evince dalla presentazione di MAssimo. è bello leggere le informazioni che fornisce l’autrice, e immagino il grande lavoro di ricerca che ci deve essere stato a monte

  40. A Francesca Mazzucato.
    compliemnti per il libro. Lei come risponderebbe alle domande di Massimo?
    (Che rapporti avete con le catene di fast food e con Mc Donald’s in particolare?
    Quali sono, a vostro avviso, i vantaggi e gli svantaggi? Sono più i “pro” o i “contro”?
    Se vostro figlio/a, nipote, fratello/sorella decidesse di andare a lavorare per una di queste catene di fast food… che consigli gli dareste?)

  41. Parto dalle domande di Massimo, più o meno, dicendo che i miei rapporti con Mc Donald sono stati altalenanti. Li frequentavo da ragazzina (quando erano ancora Burghy, a Milano), poi ho smesso da adulta, e ho ricominciato ora, da madre. Dal momento che il cibo è sempre lo stesso, grossomodo, è evidente che il contesto ha per me un peso maggiore. L’aggregazione, da adolescente, l’appartenere a un qualcosa chiamato “compagnia” che là si riuniva e quindi il luogo. La fascinazione dei miei figli per i giochetti dell’happy meal, per il cibo insolito, per le feste di compleanno ora.
    Alla fine Mc Donald è una bolla di un mondo alieno e confortante nella sua prevedibilità. Attira chi si trova in un momento di insicurezza, chi non si arrischia, all’estero per esempio, ad assaggiare un cibo “fast” mai provato prima (non è il mio caso, anzi), attira soprattutto chi ha fame e pochi soldi in tasca.
    Sui bambini la fascinazione è irresistibile. Conosco genitori che vietano, e altri che invece concedono due volte la settimana. Io credo che vietare accresca solo il desiderio, che concedere troppo sia letale, davvero letale, e quindi concedo una volta ogni tanto.
    E non sto nemmeno a dire loro che porcherie stanno (stiamo) mangiando. Mi sembrerebbe davvero morboso e senza senso.
    Se mia figlia o mio figlio andassero a lavorarci per un periodo non avrei problemi. Sarebbe un’esperienza, potrebbero incontrare persone molto diverse da loro, imparare sicuramente qualcosa, tenendo gli occhi aperti, come accade al protagonista del romanzo di Francesca.

  42. Dunque, sarei curiosa di sapere cosa ha scritto Francesca Mazzuccato, e non so bene cosa aspettarmi, quanta conoscenza ha del precariato italiano Francesca Mazzuccato. Magari una conoscenza precisa non lo so. L’idea da fuori, anche di Massimo si sente dalle domande, “come vi sentireste se vostro figlio andasse a lavorare da Mac” è che il mondo di questi lavori qui – contratti trimestrali a 20 o 25 ore, è pienissimo di persone che fanno altre cose, ma esse non sono retribuite. Diversamente che all’estero in italia tranne medicina, perchè hanno giustamente scioperato, i praticantati e tirocini sono tutti gratis. Per superare gli esami di stato, da laureato devi quindi lavorare gratis vuoi per un avvocato, vuoi per un ospedale come psicologo, altrimenti non sarai abilitato. I bambacioni dunque, per pagare l’affitto della stanza finiscono nei MC Donald nelle pizzerie nei call center. Io anche a suo tempo mandai il mio curriculum a Mc Donald e poi non se ne fece niente. Considerando l’andazzo non mi stupirei affatto se mio figlio un domani vi si trovasse costretto.
    Per il resto, cresciuta in una famiglia di intellettuali de sinistra a chianti di ordinanza da mane a sera, ho elaborato negli anni un amore sconfinato per Mc Donald, simbolo di massima perversione, trasgressione et edonismo. E a tutt’oggi davanti a un doppio cheesburger provo un senso di gioia infantile. Ne amo l’americanitudo, ne amo l’atroce banalità, ne amo il senso di sicurezza che mi da il fatto di essere a Toronto e mangiare il mio amato cheesburger. Anche se pur tuttavia vi sono delle variazioni incresciose.
    A Toronto la carne è cottissima, e in Israele vaffanculo il Mc è kosher! mi si perde un po’ di universalità Mcdonaldesca.
    (caso mai dopo faccio un commento più serio:))

  43. Del romanzo di Francesca, invece, mi piace sottolineare l’aspetto “generazionale”, perchè l’ho trovato davvero originale e interessante.
    I genitori di Marcello sono entrambi degli “estrosi”, non hanno una fonte di reddito solida, non hanno mai timbrato il cartellino, fanno “cose” artistiche e precarie che più o meno fanno girare la loro economia familiare. Per contro Marcello sembra non vedere l’ora di impegnarsi in qualcosa di solido, con un contratto nero su bianco, con orari, cartellini, ruoli. Mi sono chiesta, leggendo, se questo fosse un bene o un male, questo ritorno ai valori che io, nata da genitori che mi intimavano di trovare un “lavoro vero”, ho ferocemente respinto, a vent’anni. E poi, c’è davvero un ritorno, o quella di Marcello può essere una forma di ribellione davanti a tutti i suoi coetanei che aspirano solo ad andare al grande fratello a succhiare una fetta di immeritata estemporanea visibilità, o a diventare veline, tronisti o miracolati televisivi di qualche tipo?

  44. Sabrina io me sa so della generazione de Marcello.
    Contornata da lottatori per il libero pensiero di ogni sorta, e lottatori per la libera vocazione, io pure sono tra questi. Tra quelli che resistono e ringraziano anche McDonald. – Dio lo benedica. Voglio dire esistiamo anche adesso nonostante gli anni 80. Credo che la questione però non sia da porsi in termini di noi facevamo meglio quest’altri invece fanno peggio, perchè ogni gruppo sociale ha le sue orizzontalità e le sue verticalità. E devo dire che non è che tra i cultori della libera vocazione siano tutti Einstein di default, o tutti Picasso ecco. C’è un cospiquo numero di imbecilli, perchè la superficialità è democratica, transculturale e transgenrazionale. tra i ribelli al posto fisso ho incontrato fior di idioti, nelle cui parole vedevo un’ideoligia di facciata esattamente come certi altri a cui adesso, si rimprovera la superficialità perchè desiderano il posto fisso. Ma c’è anche un senso di responsabilità verso la propria vita, il proprio privato, la propria esistenza. La quale responsabilità a volte ti chiede di avere a cuore prima un figlio che le velleità pittoriche, o una relazione, o il fatto che hai dei genitori anziani. E no non puoi chiedere ai tuoi genitori i soldi per l’affitto ogni volta che sei nell’interregno tra un lavoro pagato a cazzo e un altro a cazzo. Dopo di che tutti questi giovani che desiderano diventare veline e carciatori? Mah, ci sono ma sono anche momenti della loro giovinezza, modi diessere spensierati. A noi piace pensarli così ma certe volte credo che sia un nuovo mito culturale anche questo. Il nuovo clichet dei Gggiovani. Con cui però non parla nessuno.

  45. il libro di francesca non l’ho ancora letto. ho comunque una pregiudiziale simpatia verso le storie della gente comune, gente come noi. mi sono reso conto, negli anni, soprattuto lavorando come cronista, che è la vita a riservarci le sorprese più impensate o le storie più affascinanti. basta guardarsi intorno aprendo gli occhi e le orecchie. mi pare che è quanto francesca abbia fatto, dato che questo libro è nato dall’intuizione che la storia di Marcello dovessere essere messa nero su bianco.

  46. Riprendo il filo con le domande e le considerazioni di Paolo Mascheri e mi collego anche a quelle di zauberei
    Si, io non credo che sia un libro manicheo, un libro che si scaglia contro la catena di fast food. Sono posti che mi capita di frequentare.
    Sono tante, luoghi urbani spesso rassicuranti.
    Sono stata da poco tempo a Zurigo, città estremamente cara, e cenare tutte le sere da McDonald’s è stata una necessità economica( così mi sono potuta permettere un soggiorno più lungo e altre visite, altre cose) e anche un piacere
    C’è un McDonald’s di Zurigo completamente tecnologico con la possibilità di collegarsi a internet, ( inserendo monete per il tempo) con una playstation 3 , svariati video e cuffie, un luogo particolare e straniante che inserisce nella funzione che hanno i fast food nel contesto urbano ulteriori elementi.
    ( era silenzioso come una sacrestia, mi sono seduta in un posto con divanetto e ho riordinato appunti per ore, ho desiderato, io che ho il lavoro che mi accompagna ovunque, farne il mio “ufficio” per sempre, mi sono “legata” se mi passate il termine a quel McDonald’s zurighese.

  47. Entrando nel merito della c.d. ‘generazione Mc D’ confesso di avere poche argomentazioni perchè non la conosco. O meglio. La ‘mia’ generazione, quando si era giovinastri e si andava alle superiori qualche volta si ritrovava in quello che ancora era Burghy (come credo abbia anche già scritto Sabrina), ci si ritrovava se c’erano un paio di ore ‘buche’ (come si diceva) tra le lezioni o magari se si doveva fare qualcosa nel pomeriggio e chi abitava fuori Modena preferiva fermarsi in centro per un pasto veloce (e certamente economico, considerando che io avevo in tasca di solito qualche migliaio di lire). Non l’ho mai vissuto come ‘luogo’ piuttosto come ‘transito’ per quelle brevi finestre temporali da impiegare possibilmente non al freddo o davanti alla scuola.
    Sul fattore ‘cibo da Mc D’ invece credo si potrebbero aprire diverse annotazioni, considerando la facilità di reperimento, il prezzo contenuto e l’apporto calorico (di certo non basso) associato a gusti intensi e ghiotti (da cibo spazzatura per certi aspetti). Patate fritte, salse, gelati e dolci vari con glasse, oltre a carne e pesce ovviamente (fritti di solito)… non ricordo molto bene i menù, appunto perché andavo poco e non prestavo particolare attenzione. Eppure quel tipo di alimentazione, veloce, gustosa, variegata e accessibile nel costo, è un potente richiamo anche per chi non è affamato ma cerca conforto alimentare, cerca un senso di appagamento che volendo può anche consumare nel silenzio e nella protezione della propria casa (si ordina da asporto).

  48. la catena dei fast food non appartiene alla mia generazione per cui, se all’improvviso dovessero scomparire, non me ne accorgerei neppure. Sono entrata una sola volta in un MacDonalds ma non sono neanche riuscita a sedermi; tra le luci e le sedie di plastica, mi e’ venuta una tremenda agitazione interiore. un’improvviso senso di smarrimento e di disagio, lo stesso effetto, per certi aspetti, che puo’ generare in me, l’afa estiva in una grande citta’ nell’ora piu’ infuocata del giorno. Come essere braccati e non sapere dove rifugiarsi. Ma, se tanti genitori ci portano i loro pargoletti, una ragione ci sara’. Vorrei solo che qualcuno mi aiutasse a capirla.

  49. Porgo anzitutto un saluto a tutti.
    In un momento come questo, in cui ancora si discute di postmodernismo e di quanto la realtà debba entrare a far parte della letteratura – come se ci fosse altri principi, diversi da quello della vita – il libro di Francesca indica una direzione, con molta chiarezza e la cura abituale della sua produzione, senza nessun rischio di atteggiarsi. In queste pagine ho trovato una maniera squisitamente letteraria di includere il quotidiano – contratti inclusi – e tutto quello che significa concretamente stare al mondo ora senza rigidità, ma anzi con altissima qualità e costante consapevolezza. Le osservazioni di Paolo Mascheri circa lo stile e il pericolo pamphlet sono correttissime. La soluzione – io credo emotiva prima che razionale – è quella appunto di non scagliarsi, cioè di non spostarsi verso un punto di vista diverso. Il miracolo sereno che si riceve leggendo Generazione è questo: stando fermi dove si è, dire quello che si vede – realtà, cibo, corpo, amori, ricordi, tutto incluso. So che può sembrare una sciocchezza, ma ci vuole una forza e una determinazione – e uno stile, ovviamente, che è l’espressione di tutto questo – non comuni. Per questo Francesca studia il contesto – multinazionali, principi economici – e osserva ciò che è, ma poi – senza muoversi d’un solo passo e resistendo a correnti facili e dozzinali – scrive, nella maniera limpida – qualcuno qui sopra l’ha definita lenta – nella maniera limpida e pacata, cioè tesa a un sereno esserci e riesce a metterci a parte di questa splendida lucidità. (Il compimento ideale, poi, è sentire lei, Francesca, leggere ciò che ha percepito).

    Cordiali saluti a tutti e un ringraziamento a Massimo Maugeri che ci ospita

  50. Credo che questo sentimento sia presente in tutto il libro e che venga filtrato e assorbito dalla vicenda di Marcello. La vicenda del giovane è vera e documentata ma c’è una parte di creazione romanzesca dove il fast food luogo, il fast food riparo, ricorre senza alcun manicheismo. E’ parte della scenografia e della storia. C’è stato a monte, oltre alla raccolta delle informazioni dal vivo, un lavoro di documentazione molto intenso e anche un lavoro sullo stile.
    Si, doveva essere, credo così, diviso in capitoli brevi, molto leggibile, denso.

  51. Zauberei mi chiede cosa so del precariato
    Beh, devo assolutamente chiarire I contratti che fanno dal Mc Donald’s non sono contratti precari( almeno quello che hanno fatto al giovane protagonista che mi ha narrato la sua esperienza)
    Gli hanno fatto un contratto di tre anni come apprendista operatore di fast food
    Io del precariato so.
    Del precariato di chi ha a che fare con l’industria culturale ho scritto molto nell’altro mio libro uscito l’anno scorso, Kaddish profano per il corpo perduto. Libro omaggio a Imre Kertész e sul corpo, certo, ma anche libro dove narro certe amarezze e certe difficoltà di chi, come me , vive di traduzioni, diritti d’autore( quando ci sono e si spera spesso) , collaborazioni occasionali con giornali, anche rubriche, ma che si possono sempre interrompere con una e mail, corsi di scrittura itinerante
    Io conosco questo precariato direttamente
    Ed è un precariato per cui ti dicono anche ;” ma sei fortunata” e non è vero, o per lo meno non è il modo di impostare il problema. C’è uno sfruttamento del lavoro culturale in Italia più che altrove, si pensa che tante cose uno le farebbe persino gratis, e si fanno gratis, fanno parte a volte di forme di apprendistato, per capire, per allargare le competenze, le conoscenze. Ma quando si è professionisti e si lavora da tanti anni, quando si è letto e studiato sempre nella stessa direzione può essere pesante, difficile. Però l’ho scelto, e adesso, da Kaddish in poi, credo di poterlo analizzare, raccontare, mettermi come osservatrice, narratrice e testimone, la stessa cosa che ho fatto anche con Generazione Mc Donald’s

  52. @Marco Busetta.
    Sì, il pericolo pamphlet c’era. C’è anche il pericolo proclama a volte quando lo porto in giro, per forza. Andrò nelle scuole e voglio evitarlo. E’ facile persino troppo facile e tenatore.
    Certamente questi “imperi del profitto “che sono le corporation vanno studiate e capite. Ed è proprio per quello che voglio stare lontana dalla superficialità del proclama. Per capirle bisogna ragionare sul loro impatto da sempre nel tessuto sociale e archetipico delle società
    Sia in quelle del mondo industrializzato, sia in quelle del sud del mondo.
    E in gioco ci sono tanti elementi.
    Le corporation, anche quelle che cercano di mostrarsi in modo “umanista” alla fine sono attori fra le diseguaglianze,e anche se cercano di acquisire responsabilità, il fine ultimo è sempre il guadagno.

    Per ragionare, ( e credo che questo duemilanove di crisi e questo nostro tempo dove la finanza è in stato di fibrillazione permanete e dove gli allarmi sociali rischiano di dventare emergenze) occorre tener conto ad esempio della fallace importanza del PIL
    Si straparla di PIL.
    Non è sempre l’indicatore giusto di uno stato di benessere economco, anzi.
    “La grande importanza attribuita al PIL, i dati a esso relativi e i criteri che lo conformano sono all’origine di una delle più diffuse menzogne sociali” sosteneva John Kenneth Galbraith e addirittura Jean Tinbergen ha proposto di modificare radicalmente i parametri e al posto del PIL parlare di FIL:”Felicità interna lorda”
    Ecco, se ragionassimo in base al FIL, il ruolo di grandi multinazioali per le quali il consumo e la creazione di nuovi bisogni e di nuovi desideri( il nuovo panino “tirolese”, le nuove scarpe ecc) forse sarebbe ridotto, diminuito.
    Non esistono solo termini di ragionamento mercantili. E non sono sicura che i membri delle crew dei Mc Donald’s siano tutti felici. Che le azioni della azienda e le sue scelte siano sempre e totalemnte etiche.

  53. sai, ho fatto la mia tesi sull’economia relazionale e il primo capitolo si apriva con il paradosso felicità-reddito e cioè che il reddito non influenzasse la felicità percepita dagli individui… quindi gli argomenti che porti avanti mi appassionano. l’equazione della felicità – si, gli economisti sono arrivati anche a questo – comprende elementi molto diversi tra i quali si cerca di includere – quantificandola – il grado di relazionalità, che pare sia la vera chiave della felicità. non soldi, quindi, ma relazioni. (purtroppo i soldi sono la cosa più facile da contare e l’uomo, attratto forse geneticamente dall’accumulazione, cede miseramente)

  54. Sono un tradizionalista e, quando viaggio, sia in Italia che all’estero cerco sempre ristoranti che abbiano nei loro menù specialità locali. Può sembrare eccessivo, ma si conosce una comunità anche dal cibo. Sono andato in un Mc Donald’s a Milano solo una volta, durante una pausa di lavoro, e se posso dire che mi sono alimentato, altrettanto con sicurezza affermo che i piatti propinati (ma piatti mi pare un termine troppo gratificante) avevano gusti standard, insomma sono dell’avviso che un panino con salame o culatello surclassi tranquillamente le vivande dei fast food.
    Non vedo francamenti che vantaggi abbiano. Qualcuno mi dice che mangiare lì costa poco, ma è anche un cibo da poco, e quanto alle qualità e alla genuinità dei componenti nutro seri dubbi.
    Nel caso che un mio familiare fosse assunto in uno di questi supermercati del mordi e fuggi ne sarei anche contento, vista la situazione occupazionale, ma gli direi: Fa bene il tuo lavoro, perchè è quello che serve per mantenerti e anche per mangiare. A proposito di quest’ultima inderogabile necessità, è consigliabile che tu consumi il pasto a casa, magari una bella pasta e fagioli o due tagliatelle al sugo.
    Senza essere uno che fa del cibo lo scopo della propria vita, è giusto perdiana che tu mangi come si deve!

  55. @marco
    infatti, è stimolante esplorare questa parte dell’economia, di cui non si parla, di cui non si dice molto, che comincia pian piano ad emergere visti i dati allarmantissimi relativi alle risorse e alla crisi che, è sempre meglio ripetere, non stiamo ancora vivendo in tutta la sua potenza ma stiamo “sentendo di vivere” in qualche modo anticipando.
    Alcuni economisti infatti hanno stabilito degli “Indicatori alternativi del benessere”, criteri che rendono conto degli aspetti dimenticati, o non tenuti presente dal PIL. Sono stati vati i trentativi, uno è sintetizzabile in una formula

    consumo mercantile per famiglia
    PIU’ servizi del lavoro domestico
    PIU’ spese pubbliche non difenside
    PIU’spese private difensive
    MENO costi di degrado dell’ambiente
    MENO deprezzamento del capitale naturale
    PIU’ formazione del capitale produttivo

    questa è una delle formule più sobrie e contenute alternative al PIL come indicatore perché non tiene conto dei divertimenti, del tempo libero e del capitale umano ad esempio, ma già notiamo elementi relativi alla qualificazioni degli spazi pubblici e all’attenzione verso il degrado del’ambiente che rendono quanto mai problematico il ruolo di una corporation. O comunque impongono per forza un ripensamento strategico del ruolo.
    @ Renzo Montagnoli scrive cose molto serie e importanti secondo me, tra l’altro “si conosce una comunità anche dal cibo”
    Caspita se è vero. E’ fondamentale. Si conoscono abitudini, meccansimi di relazione, sapori. Una comunità ha dei sapori, degli odori, lo starci produce delle associazioni mentali.
    Poi Montagnoli introduce il fatto del costo. Si dice infatti che McDonald’s sia in crescita nonostante la crisi, e si nota già negli Stati Uniti, perché appunto offre cibo che costa poco, permette di sentirsi sazi con una spesa veramente abbordabile.
    Però è cibo da poco e non a caso questo avviene negli Stati Uniti che non hanno una vera e propria cultura alimentare, e sta avvenendo anche in Europa questo è triste
    Per questo, anche ho scritto il libro.
    Si è detto, si è tanto detto e pensato che da noi, tanto era diverso, che saremmo stati capaci di tutelare la nostra cucina, i nostri prodotti doc.
    Invece pare che si proceda verso uno spreco assoluto e chi tutela?
    Mc Donald’s. Arriva in Alto Adige per lo speck IGP, mi pare, e propone il Boscaiolo e il Tirolese con il marchio.
    I nostri prodotti locali che “attraversano” il fast food e ci arrivano da lì nei contenitori di plastica
    E’ un’idea, certo, importante della corporation, anche giusta, avranno fatto lo stesso pensiero credo, quello che dice Renzo, sull’importanza del cibo “locale” Probabilmente. Ma sempre infilata in una logica fast, veloce, meno accurata, senza amore nelle mani di chi prepara e che fa una grande fatica per pochi soldi, ecco.

  56. Mangiare come si deve. Questo contemporaneo fast sta facendo perdere abitudini, lentezze.
    In fondo anche di questo si rende conto il mio protagonista andando a lavorare nel fast food e ponendosi come osservatore , non perdendo la sua capacità analitica Di questa velocità che travolge, di questo spreco
    ( come scrivo nel libro si buttano via un sacco di panini, e non solo di questi) e non sa neanche se classificarlo come spreco vero e proprio perché tocca quel pane di plastica, toglie le salse dagli imballi, il suo ragionare attorno a quello che maneggia è lucido e analitico.
    Infatti la sua formazione è anche “economica” , la sua emancipazione attraverso questo lavoro, oltre a investire la sfera personale, affettiva, della socialità, gli conferisce una consapevolezza economica che prima non aveva. E che gli serve e gli servirà
    Ho scritto il libro PRIMA, molto prima di questa crisi globale, prima del fallimento della Lehman brothers, della questione dei mutui americani, ma avvertivo già, e da molto, la scarsa cultura economica degli italiani. Siamo un paese dove la maggior parte dela gente non sa nulla, magari tenta la fortuna come al gioco, e invece una cultura economica e anche finanziaria è importantissima, e quanto mai adesso per comprendere le mutazioni, le trasformazioni enormi che stanno già avvenendo e a cui andremo incontro.

  57. I ristoratori “Quick” sono sorti dal nuovo stile di vita imposto dall’economia del consumo, dal quale i giovani ne hanno anche dedotto un loro modo di vivere, senza dover corrispondere a nessuno del loro comportamento.
    Presto, presto giovani entrate mangiate e liberate il vostro posto a sedere appena occupato, perché il ritmo deve rimanere veloce, prima che incominciate a riflettere su cosa vi venga offerto e naturalmente per risparmiare costi.
    Chi ha soldi frequenta il ristorante e paga per il suo gusto, la sua vanità compresa, e si sofferma volentieri in discussioni lunghe, dove ognuno dice la sua; l’importante è che il tempo venga consumato lentamente e rimanga impresso in ogni suo dettaglio.
    La vita in corsa sembra occupare ogni attività dell’uomo. Il Quick è simbolo di reddito e di sopravvivenza a una realtà scomoda e vuota.
    La gioventù ce la fa a tenere il ritmo, che sembra essere impostato proprio per liberarla dalle domande scomode e fastidiose dei genitori come: come va a scuola, hai superato l’esame, non hai esercizi da svolgere oggi e così via.
    I giovani rimangono tra di loro e le parlate possono rimanere quelle tipiche della loro età: approssimative, urlate tra lo scherzo e la serietà.
    Un modo Quick che si trasmette anche nelle aspirazioni personali di arrivare presto al successo, senza faticare il dovuto tirocinio che richiede passione, pazienza, volontà e perseveranza negli intenti seri davanti ad ogni prova.
    Dove andrà a finire il gran chiasso, simile allo sbraitare di un disilluso che ha perso il senso che il tempo è un fattore d’apprendimento per il corpo e l’anima e per il quale ha bisogno di soste e momenti di riflessione.
    Chi lo sa?
    Saluti.
    Lorenzo

  58. @Francesca Mazzuccato: c’è solo da augurarsi che lo speck Mc Donald’s sia destinato al consumatore americano, normalmente abituato a una cucina non esaltante e nella quale potrebbe fare la sua bella figura.
    Anche se da noi, come il crudo, è prodotto industrialmente, però conserva il suo aroma e il suo sapore tipico. Temo che nella variante Mc Donald’s perda entrambi.

  59. Bellissima, la riflessione di Lorenzerrimo: ottimo sprone per tutti noi affiche’ si rinsavisca un pochino da questa follia fatta di estetica e perfino cibo fugaci ed insensati. Torniamo noi stessi.

  60. 1) Che rapporti avete con le catene di fast food e con Mc Donald’s in particolare?
    sono vegetariana, dunque il Mc Donald’s per me non esiste. Se proprio devo, mi appello a Wok o altre catene-salvagente più umane dove posso recuperare qualcosa al volo per esempio prima di partire. Ma, sarò all’antica, anche in quel caso preferisco farmi fare un panino con sottoli e formaggio in un alimentari o meglio ancora portarmi dietro uno dei miei mitici tupperware.
    2) Quali sono, a vostro avviso, i vantaggi e gli svantaggi? Sono più i “pro” o i “contro”?
    a mio avviso l’unico vantaggio del Mc Donald’s può essere che con pochi euro si può ordinare un pasto completo, anche se dubito fortemente delle sue proprietà nutrizionali.
    3) Se vostro figlio/a, nipote, fratello/sorella decidesse di andare a lavorare per una di queste catene di fast food… che consigli gli dareste?
    di cercare dentro di sé un talento o un desiderio e investire su quello.

    Tutte le questioni sollevate da questo libro, che possiedo ma non ho ancora letto, mi sembrano estremamente attuali e interessanti, anche se ripeto – essendo vegetariana e conducendo una vita abbastanza solipsistica dal punto di vista alimentare – non mi sento chiamata in causa se non sotto il profilo )e non è poco) sociale e comunitario. Leggendovi ho scoperto tantissime cose che non sapevo.

  61. Francesca Mazzucato
    Citerei un Suo passo:
    ”C’è uno sfruttamento del lavoro culturale in Italia più che altrove, si pensa che tante cose uno le farebbe persino gratis, e si fanno gratis, fanno parte a volte di forme di apprendistato, per capire, per allargare le competenze, le conoscenze. Ma quando si è professionisti e si lavora da tanti anni, quando si è letto e studiato sempre nella stessa direzione può essere pesante, difficile.”

    Poi Le direi: e’ quanto sostengo io da molto tempo – lavoro nel Suo stesso campo ma in Slovenia dove vivo dal 2000 e anche con gente italiana.
    Solo che sembra che nessun autore italiano voglia appoggiare una legge dello Stato per esigere dei contratti migliori (e delle tariffe obbligatorie) anche nell’editoria. Sono i nostri colleghi stessi a volere questo statu quo: il perche’ e’ chiaro: hanno tutti un altro lavoro e se ne infischiano di sindacalizzare la categoria degli autori letterari e dintorni.
    Lei cosa ne pensa?
    Cordialmente
    Sergio Sozi

  62. Tutto sommato quoto Zauberei. Amo mangiare bene, sperimentare cucine diverse da quelle usuali (sono un curioso, in tutto) orientali (thai e indonesiana, vietnamita, giapponese), ma anche spagnola, greca, libanese, armena (deludente), o mettermi nelle mani di ristoratori sapienti e scrupolosi, come quelli cui si affida il commissario Montalbano. Però comprendo anche gli attacchi di bulimia compulsiva che talvolta possono prendere chiunque, e lo sfogo compensatorio di una giornata-no con le squisite schifezze di McDonald, cheeseburgher di carne insulsa con sottiletta insapore ma coperta di checiùp e senape da schizzarsi tutto fuori al primo morso a quel panino gommoso, e con patatine dall’unto mirabolante e dal sapore inconfondibile. Unica cosa non sopporto la cocacola, ma una birra, credetemi, ci sta benissimo.
    Lo farò 3 o 4 volte l’anno, non di più, con un gran senso di colpa e quasi di nascosto (non vorrei mai essere identificato con un avventore-tipo). Ma che soddisfazione!

  63. Allo stesso modo non vedo perchè considerare un’onta per un ragazzo lavorare lì, magari per rendersi per la prima volta indipendente dalla famiglia, o per studiare furisede. Neanche fare il netturbino è un bel lavoro, ma se qualcuno non trova di meglio, mi pare comunque più dignitoso che girovagare chiedendo “che ci hai un euro”, o andare a rubare.

  64. E non dimentichiamo (già detto da altri) la possibilità di mangiare qualche cosa a poco prezzo, e senza particolari sorprese. La mia prima volta a Dublino arrivai la sera tardi e trovando chiuso quasi dappertutto nei pressi dell’albergo dove alloggiavo, fu una felicità trovare aperto almeno un Mac, che mi apparve come un’oasi a un cammelliere nel deserto. Sicuramente meglio che andare a nanna a stomaco vuoto.
    Non vedo ragioni per esaltarlo, insomma, ma nemmeno per demonizzarlo. Farne un ‘abitudine mi pare possa certamente essere malsano, ma non credo possa rappresentare una minaccia concorrenziale ai buoni ristoranti, nè alle trattorie più tradizionali e casareccie (purchè oneste e buone). E’ solo una possibilità in più.

  65. Non essendo mai stato tanto occasionale quanto Zauberei a Toronto, devo considerare da dove sono partito. Ai miei tempi e nella mia realtà sociale Mac sarebbe stato un sogno di ricchezza e di benessere, altro che raccogliere pomodori o costruire cabine al mare. Per cui se mio figlio avesse bisogno (e voglia) di lavorare, ebbene contare i big mac venduti sarebbe un ottimo indicatore di buon senso. E’ un simbolo di consumismo fast stars and stripes ? E chi se ne fotte. Quando serve si usa in pieno spirito funzionalista. In qualunque parte del mondo all’ora dei crampi di fame mc donald si materializza in tutta la sua rassicurante banalità. Cultura economica ci vuole. Il saggio Timbergen da onesto econometrico propone unbiased estimators poco distanti dal cosciotto di Trilussa. Una cultura indispensabile quella che fa cogliere la differenza tra Mc Donald e la Nike. Riesco solo a cogliere l’infinita distanza esistente tra il Sangiovese e qualunque vino californiano. Forse per questo mi sento povero come Marcello.

  66. mah ..mia figlia ci ha lavorato per un mesetto, e ne è rimasta con un ricordo non proprio edificante (a parte le colleghe ..deliziose ragazzine); la fattura delle cibarie (..), l’esercizio svolto non è risultato proprio come nell’accordo da contratto. Il ruolo era di cassiera, operaia certo, ma non addetta alle pulizie, e invece una volta a settimana, alternandosi con le altre, a fine serata si ritrovava a dover pulire vomitevoli bagni ..credo che questo sia un approfittare dei giovani che hanno voglia di lavorare.

    Chiedo scusa per l’anonimato, ma la mia voglio che resti una testimonianza, diversamente sarebbe una denuncia.

  67. leggerò il libro.
    complimnenti ad una grande scrittrice come francesca mazzuccato
    patrizia garofalo

  68. Ciao a tutti,
    consiglio a tutti questo libro di Francesca. Vi si trovano tantissimi percorsi che attulizzano di fatto lo stesso tema, la precarietà. La precarietà del lavoro, di una fase della vita, di un sentimento, e senza toni libellistici. Anzi, Francesca riesce, con l’uso sapiente e accorto delle sue parole, ad evocare una poetica dell’incertezza, stato d’animo bello e brutto, fatto di inquietudine, sospensione e potenzialità.
    Di fronte a questa zona grigia emotiva ed esistenziale il protagonista del libro si aggrappa alla certezza dei falsi sorrisi e falsi hamburger di McDonald. E al di là di tutte le ombre che scoprirà in questo mondo, è anche grazie a questa esperienza che riuscirà a crescere.

  69. Ringrazio soprattutto Francesca Mazzucato per i suoi interventi ricchi di spunti e di informazioni… e che ci consentono di riflettere ulteriormente sui temi affrontati dal libro e (di riflesso) da questo post.

  70. Il commento di Cinzia Pierangelini (ma anche altri) mi hanno fatto pensare alla realtà catanese in merito al fast food.
    Qui abbiamo un’antichissima tradizione, portata avanti da bar e rosticcerie (alcuni sorti anche prima del Novecento), di “cibo veloce” di qualità (la cosiddetta tavola calda) a base di arancini, pizzette, paté, cartocciate, bolognesi, siciliane, cipolline, bombe, mozzarelle incarrozza, ecc. Senza dimenticare la grande tradizione pasticciera.
    (vi sto facendo venire l’acquolina in bocca, eh… dite la verità?)
    Nonostante questa tradizione, e nonostante il pullulare di pub e paninerie in centro storico, proprio nel cuore della città (nella centralissima piazza Stesicoro e alle spalle di piazza Duomo) – e in tempi recenti – sono sorti ben due McDonald’s.
    E almeno altri due sono nati in paesi limitrofi alla città.
    Devo dire che sono molto frequentati. Qualche volta ci sono andato anch’io… non mi vergogno a dirlo e non mi andrò di certo a confessare per questo:-)

  71. Riprendo i dati riportati nel post…
    Nel 1985 McDonald’s arriva in Italia con il suo primo punto vendita a Bolzano. Da allora c’è una crescita vertiginosa come dimostrano i dati del 2008: 380 punti vendita, 12.000 dipendenti, 180 milioni di clienti serviti all’anno – circa 600.000 al giorno -, 678 milioni di euro di fatturato nel 2007 (+9,1% rispetto al 2005).

    Secondo voi da cosa è determinato il successo di questa catena di fast food?
    Qualcuno ha già parlato di prezzi bassi…
    Ma c’è dell’altro?

  72. Caro Massimo, prima di inserire, con molto piacere qualche altro brano del libro volevo dirti che non c’è certo ragione di NON andare dal Mc Donald’s. Ogni tanto può essere davvero piacevole. Questa cosa nel mio libro è chiarissima, e presente sempre. La mia intenzione, così come in questo bello e articolato scambio qui su Letteratitudine, aggiungendo qualche link e qualche titolo per approfondire, è quella di dare un contributo alla consapevolezza. Sapere cosa succede, cosa accade. Cosa accade nelle cucine e fra i dipendenti.
    La cosa che ho notato ricorrente è che molti, alla tua domanda:” se tuo figlio o un tuo parente fosse assunto dal McDonald’s consa faresti?
    Quasi tutti hanno detto che tenuto conto della crisi in fondo non si sentirebbero di demotivare del tutto.
    Questo “tener conto ” della crisi credo sia una costante che ci accompagnerà per lungo tempo e fatalmente si infiltrerà anche in dibattiti culturali, anche quando si parla di libri.

    Un altro link che mi pare interessente
    http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=17&ID_articolo=122&ID_sezione=9&sezione=La%20gola

    si riferisce a una particolare realtà locale ma segnala come il duemilanove per la catena della grande M costituisce un momento di ESPANSIONE.
    Per il cibo a poco prezzo, probabilmente.
    Qualcuno, forse Renzo, sottolineava che si può mangiare a poco prezzo anche in altro modo, ma in questo nostro contemporaneo fast la voglia, la fantasia, l’inventiva, sono un po’ venute a mancare. Ci si appoggia volentieri su qualcosa che fa risparmiare tempo, che permette un consumo veloce( a detrimento di lentezza, attenzione, tradizioni alimentari)

  73. Io credo che il successo nasca anche dall’accessibilità
    L’accessibilità delle assunzioni. Vengono assunti tutti senza problemi per la nazionalità, e spesso, quando si è dentro un fast food per ordinare si nota un piacevole mosaico multietnico di visi e spesso di lingue. Per molti stranieri è una possibilità non da poco. Consente di migliorare la propria qualità della vita, e, se per gli europei la demotivazione alla sindacalizzazione è un problema più volte rimarcato, per gli stranieri no. Possono capitare collocazioni lavorative peggiori, questo è certo.( è un po’ un gioco al ribasso dei diritto, ma è anche una constatazione)
    L’accessibilità anche intesa come luoghi dove si può andare in qualsiasi ora del giorno e spesso anche della notte( alcuni sono aperti di notte, a Bologna quello della stazione centrale)
    Questo infonde sicurezza sopratutto nei nuclei urbani più grandi.

  74. Ma certo, cara Francesca… anche a te, come hai scritto sopra, è capitato di frequentare McDonald’s. E non c’è dubbio che il tuo libro, i tuoi spunti e i tuoi links che hai lasciato in questo post offrono ottime possibilità di riflessioni.

    Il cibo a poco prezzo è di certo uno dei motivi del successo. Ma ci deve essere dell’altro, secondo me. Non a caso ho fatto l’esempio catanese. Qui abbiamo una grandissima tradizione di rosticceria e tavola calda (di qualità e a basso costo)… ma questo non ha impedito la nascita di punti McDonald’s.

    Torno dopo:-)

  75. Vorrei ringraziare Patrizia Garofalo, sempre squisita ed attenta e l’anonimo per aver riportato l’esperienza di sua figlia.
    Si, quello che dice è risultato anche a me quando ho raccolto l’esperienza del giovane protagonista del mio romanzo. I ruoli sono completamente intercambiabili. Se c’è carenza di personale lo stesso manager capo si mette in cucina e la pulizia dei bagni, come quella dei vassoi a turno capita a tutti.
    Ogni membro della crew deve essere pronto a vedersi assegnato un compito diverso dalle sue mansioni abituali, anche se è poi possibile specializzarsi in qualcosa( penso alle hostess che curano le festicciole di compleanno)

  76. Nel mio romanzo, McDonald’s è fondamentale, ma è anche causa e pretesto per raccontare la storia di questo ragazzo, una sorta di “giovane holden dell’era globalizzata” come l’ha definito il critico Gian Paolo Serino
    Ci sono i suoi momenti di rabbia, i suoi amori, le sue malinconie, gli amici e il senso del gruppo

    “La strada è bollente, perfetta, stridente, musicale, sbilenca, schiumosa. E’ tutta di Marcello e dei suoi amici, suonati un po’ sbronzi, alterati ed euforici. La strada è di proprietà della loro adrenalina, la sentono, è sotto, e quel vento della notte è lo stesso vento di libertà che sognavano poco prima in quella solitudine fottuta. Ora sono insieme, ci sono contorni sfocati, c’è una puzza gloriosa nell’abitacolo della piccola utilitaria più potente del dovuto. E poi quella strada che si snoda senza apparenti limitazioni, punteggiata da strisce color del nulla, è di un grigio che grida al loro passaggio, che si inchina. Davanti, ma anche dietro e accanto. Chi guida prova sempre il senso di una estemporanea rivolta alle leggi del buon senso. Un’inebriante onnipotenza capace di dissacrare il potere di ogni regola benepensante di cui tutti, nel corso dei loro “venti e qualcosa” anni hanno ascoltato ripetere il valore con scarsa convinzione. La musica è alta ma alta davvero. Talmente alta da sentirsi musica e sentire solo musica e lasciar sciogliere in un liquido, insieme ritmico e accelerato, ogni altro sussulto, pensiero o ricordo che sia. Ogni altro frammento di vita residua. Solo percezioni, in alternanza imprecisa. In alternanza euforica. Percezioni luccicanti di invulnerabilità, metallici piaceri tutti fisici. Sorpassi, uno dietro l’altro..

  77. “Sorpassi che scivolano con naturalezza, macchine lasciate indietro che sembrano scatole di latta da schiacciare con il tacco. Il paesaggio della notte è incredibilmente trasparente pur in assenza di luna. Sorpasso ondeggiante, ancora. La macchina aderisce, l’asfalto promette e di solito mantiene. Quando non mantiene sono brutte storie e si sa. Ancora musica e fantasie torve di fetri infranti e il batticuore che aumenta e diminuisce”

  78. E’ davvero difficile pensare ad un modello di business così riuscito. McDonald’s, infatti, è uno dei pochi brand la cui immagine sia stata pienamente identificata con l’occidente e con il progresso. L’apertura del primo McDonald’s a Mosca fu un evento mediatico.

    Questo successo è stato creato con piani di marketing geniali e di successo.
    McDonald’s si è dotato di una corporate image assolutamente riconoscibile e familiare, di standard codificati (iniziando dall’uniforme da lavoro), servizi curati (il sorriso è una delle regole di comportamento dettato ai dipendenti) e di un codice deontologico (quanto meno quello percepito) ben preciso (tra cui pulizia costante e igiene personale del dipendente). McDonald’s, soprattutto, assume chiunque dimostri di avere voglia di lavorare ed accetti le sue regole. Se il problema è trovare un lavoro, uno qualunque, non c’è sindacalizzazione che tenga.

    McDonald’s è un sistema aziendale che attrae. E’ caratterizzato dall’approccio multiculturale: dipendenti, clienti, panini (western, caraibico). Un sistema simbolico che evoca felicità, convivialità, famiglia.

    Gli hamburger per un italiano non rappresentano per gli italiani l’idea della genuinità, ma la catena è diventata un punto di riferimento importante.
    Girando per le città, come è stato detto, si trova ovunque e, soprattutto, si trova dove serve ed a qualunque ora. Una scelta ovvia, dettata da una brand awareness altissima che fa venire in mente solo quello specifico nome. Non è facile creare una cultura del panino come ha fatto.
    Le famiglie lo scelgono perché possono assecondare la richiesta dei bambini (“mamma mangiamo tutti da Mac ?)”) e via con Happy Meal e gadgets vari con richiami al mondo dei cartoon.

    Mc Donald risponde anche ai salutisti. Ecco le insalate. Mucca pazza ? Panini al pollo.

    Brand experience ? Tutti felici e contenti: famiglie con bambini, ragazzi con pochi soldi, chi ha poco tempo.

    Marketing vincente ! E noi italiani che avremmo la pizza e molto altro ?

  79. Sto lavorando a un nuovo progetto narrativo dove il tema centrale sarà economico, ma dove ci sarà sempre un’epica dell’uomo, dove ci sarà sempre, in primo piano, una “commedia umana”, un’epica riconoscibile e precisa di sentimenti, di corpi, respiri, ambizioni, speranze e aspettative.
    Così ho fatto anche in questo libro.

  80. Ha perfettamente ragione eventounico. McDonald’s ha creato un perfetto meccanismo di identificazione, quasi combaciante. Sapete che hanno fatto una ricerca e le persone riconoscono prima la grande M gialla della catena di fast food che la croce verde delle farmacie?
    C’è quindi un rapporto simbiotico, si potrebbe dire, anche se la parola è’ azzardata , con lo spazio urbano occidentale.
    Eventounico cita anche i bambini che sono il target fondamentale che la corporation vuole attrarre per cementare l’immagine e l’offerta che accontenta tutta la famiglia e fa diventare il cibo un gioco, un momento ludico collegato ad altro marketing( spesso i pupazzi degli happy meal richiamano protagonisti di famosi cartoon già usciti al cinema , di cui i piccoli consumatori sanno tutto.

  81. In effetti una epica dell’uomo è indispensabile in questo tempo di lavoro precario ed inesistente, perduto e mai più ritrovato, di bisogni primari che uccidono speranze ed aspettative. Un uomo privo di lavoro rischia di essere privato anche della dignità.
    Nulla è più riconoscibile della dignità.

  82. Che rapporti avete con le catene di fast food e con Mc Donald’s in particolare?
    Quando ero più giovane ci andavo anche, poi ho smesso, anche perché sono diventata vegetariana e per coerenza tutti i posti dove si mangiano cadaveri di animali li rifiuto. Le patatine non sono male, ma le mangio anche altrove.
    Quali sono, a vostro avviso, i vantaggi e gli svantaggi? Sono più i “pro” o i “contro”?
    Ovviamente gli svantaggi: mangiare cibi fritti e prevalentemente formati da grassi animali, oltretutto di qualità non eccelsa, non può far bene, Infatti negli States sono diventati tutti obesi con queste cattive abitudini, e noi gli stiamo andando dietro. Comunque, non è solo il cibo di Mac Donald da demonizzare: ci sono anche i pop corn delle multisale (che puzzano peggio di una fogna) e altre schifezze in giro. Meglio una fetta di pizza, anche da panetteria, o qualche falafael.
    Se vostro figlio/a, nipote, fratello/sorella decidesse di andare a lavorare per una di queste catene di fast food… che consigli gli dareste?
    Di cercarsi un altro lavoro al più presto. Comunque, meglio lavorare in un fast food che in un call center, quelli sì che sono aberranti, e comunque in un fast food qualcosa con cui non dico mantenerti ma venire incontro a piccole spese guadagni, un un call center no e in più truffi il prossimo al telefono con assurde offerte. Comunque, ripeto, cercatevi altro, a costo di rinunciare per qualche tempo ad alimentare il consumismo: si migliora come persone, esperienza personale.

  83. @Francesca Mazzuccato: un tema economico? Considera che l’economia viene vista come una scienza, ma non ha leggi fisse, cioè a determinate azioni, in presenza dei medesimi fatti, non corrispondono reazioni uguali.
    Il problema è che si vuol fare dell’economia un Sancta Santorum, ma in effetti è solo un’accozzaglia di buoni propositi che partono tutti da un errore di fondo: la ricchezza è data dall’incremento della produzione. In qualche caso è vero, ma è proprio questo meccanismo perverso che vede nell’incremento del PIL il non plus ultra ciò che poi determina crisi più o meno rilevanti.
    Vogliamo tenere invece dell’ecocompatibilità della produzione e della qualità della vita? Penso che questi dovrebbero essere gli scopi di qualsiasi programma economico.

  84. Sono perfettamente d’accordo Renzo. Come ho scritto sulla fallacia del pil qualche commento sopra
    Un tema economico ma che è soprattutto una vicenda umana di ambizioni sbriciolate, di ascesa e caduta
    Un tema economico come sfondo ma con una storia ben precisa ( ma sono agli inizi di una serie di ricerche anche se è dal 2006 che ho questa idea e che ci lavoro attorno)

  85. Il libro lo sto leggendo. E non parlo mai di un libro fino alla fine, quando le conclusioni dello scrittore si confrontano con le mie di lettrice, con tutto quello che me ne deriva. Certo è che non delude mai la costruzione e la narrazione. Certo è che Francesca Mazuccato ha creato un nuovo segmento, costringendo da subito a leggere da adulto pensando da adolescente. E viceversa (questo è il risultato più sorprendente).

    Su McDonald’s invece potrei dire tanto, ma un paio di episodi segnano momenti della mia vita. Penso a Marina M: anche lei raccontò una storia un po’ di anni fa. La storia di una ragazza che cercava lavoro e che si vedeva proporre nero e solo nero, ma che da Mc Donald’s ebbe la sua prima assunzione. Che finì con l’entrare di striscio in Pubblicità e alla quale la Mc Donald’s deve, a mio avviso, la più bella campagna stampa. Visual: una ragazza nera sulla cui divisa spicca il logo noto; Head: Lavoro nero? No, grazie.
    E poi il gioco messo su da Enzo Baldoni: Quanto casino per un panino. Ci siamo divertiti a raccogliere le testimonianze dei giovani creativi italiani e ne è venuta fuori una visione complessa di “accusa” e “assoluzione”: http://www.balene.it/balene/concorso/short/index.html e ne venne fuori perfino “Il Resto del Panino”.

    Poi c’è il fast food. Quello reale che esce dai ricordi e si spiaccica nelle principali aree delle più grandi città con medesimi layout, feste di compleanno preconfezionate, panini pronti da mangiare in fretta, salse goduriose che ti fanno promettere di metterti a dieta dal prossimo lunedì, mentre si sciolgono in bocca creando un complesso di sapori che, per quanto si desideri fortemente fortissimamente voler affermare il contrario, è buono. Cazzo! È buono.
    Mentre lo penso, perfino adesso mentre lo scrivo, mi sento di tradire i nobili ideali della storia, dell’italianità, della letteratura, della tradizione della buona cucina… Tutta roba che ha, ovvio, un posto di primo piano. Ma che non viene cancellato con un morso, mi dico, mentre in silenzio addento il peccato intellettuale e la senape piccante mista alla salsa agrodolce scivola all’altezza dello scafoide e, fingendo indifferenza, lo lecco come fossi la serafica protagonista dell’inciucio amoroso con lo yogurt. Già, lo yogurt: da lunedì una settimana a base di yogurt.

  86. Ho due domande per Francesca:
    a) Qual è il compito di uno scrittore secondo te? Quando il lavoro di uno scrittore è morale e quando non lo è?

  87. @ Renzo Montagnoli
    Verissimo: l’economia non è una scienza, non ha leggi fisse. E’ una disciplina che cerca l’aggancio alla scienza. Ma non credo ci riuscirà mai.
    @ McDonald’s
    I vostri consulenti di marketing non hanno sbagliato nessuna strategia. Hanno agito secondo i dettami della psicosociologia economica più collaudati. Consapevoli che tendenze, gusti, scelte dei consumatori sono manovrabili a piacimento, se li si colpisce in profondità (inconscio), puntando moltissimo sull’istinto di imitazione. Come si fa, del resto, in politica.
    @ Massimo
    Bello, interessante anche questo post. Dà veramente ottimi spunti di riflessione, sulla base di un’opera letteraria.
    Ciao a tutti, Ausilio Bertoli.

  88. Che bel post Assunta, mi fa un effetto il ricordo di Enzo Baldoni e il link prezioso che lasci. immagino che sarà stato divertente e anche stimolante. Il Resto del Panino. Viene spontaneo di pensare a Baldoni in un altro tragico contesto, e le cose si velano appena di malinconia, ma è importante che il ricordo resti trasversale. Che arrivi così parlando e allargando le prospettive e i pensieri sul fast food, sui loghi del contemporaneo, sul marketing e su quanto può davvero valere l’economia del PIL, se non è ora di metterlo via insieme all’ossessione per la crescita a tutti i costi. E’ importante che torni, Baldoni, all’interno di un’intervento che è un piccolo racconto, una finestra, un mondo non a parte, ma vicinissimo, anzi accanto, fra il visual, l’head, la malinconia e i sorpassi vari. Grazie

  89. Rispondo rapidamente a Mascheri: il compito dello scrittore non so quale sia, non ho ricette oppure risposte valide. Mi interessano quelli che le esplorano, le possibili ricette. Ad esempio il tema della New Italian Epic dei Wu Ming, non so se è la MIA risposta ma mi interessa molto.Certo il compito dello scrittore nel contemporaneo, per quello che mi riguarda è continuare a cercare strade che diano testimonianza, che aprano spiragli, che permettano nel suo piccolo, per quello che è a un libro di farsi patrimonio di tutti, di diventare apripista per ragionamenti, allargamenti, deviazioni e affluenti, quello che è successo qui.

  90. A proposito di New Italian epic lascio qui un link importante
    http://www.carmillaonline.com/archives/2008/04/002612.html e la mia recensione a un libro di Serge Quadruppani

    http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2009/01/09/y-di-serge-quadruppani/

    il libro è incredibilmente di molti anni fa ma leggendolo non sembra possibile crederlo e nella costruzione, nella dimensione visionaria camaleontica, piena di possibili interpretazioni e variazioni, rappresenta secondo me in maniera molto molto efficace una narrativa che mi interessa.
    Così come Cinacittà di Tommaso Pincio, per stare sui libri italiani. E ho acquistato proprio ieri Italia de profundis di Giuseppe Genna

  91. Io sono una semplice narratrice e testimone del contemporaneo: questo non esclude avere delle ossessioni, dei temi cardine attorno ai quali ruota la necessità urgente di lavorare, di scrivere.
    E questo intendo fare anche in futuro, ed è quello che ho cercato di fare con Generazione McDonald’s , dando visibilità alla storia del giovane membro della crew, e inventando una vita, una vicenda giovanile che si evolve, che si modifica, che ha nell’economia e in certe forme contemporanee di scoperta la propria base, il ground. Su cui poi possono fecondare tante cose, come mi sembra che stia accadendo, come accade spesso durante le presentazioni

    ( a Milano dopo la presentazione, Paolo Melissi, Alice Cimini, Barbara Caputo,Dimitri Fulignati hanno”istituito” il Mc Donald’s Kommando Chinatown, una cosa molto divertente e istrutttiva, su Facebook c’è il gruppo. Fanno esplorazioni in certe zone di Milano, fotografano i contrasti urbani e antropologici, e l’idea è nata mentre mangiavamo qualcosa- nel fast food di via Vitruvio, dopo aver presentato il libro )

  92. Penso che non ci sia errore maggiore che ridurre la propria vita a un’equazione denaro=felicità. Purtroppo il Sogno Americano consiste in un edonismo sfrenato, che si traduce in un surplus di beni ottenuti, più che con l’accumulo di capitale, indebitandosi oltre ogni misura. Una vita che è una rincorsa continua dovrebbe farci meditare e ricondurre il guadagno nei limiti di un logico equilibrio, altrimenti finiremo in una spirale da cui sarà sempre più difficile uscire. I miei studi di economia non hanno mai fruttato l’immagine di un mondo che procede con serenità, ma mi hanno sempre dato l’impressione, confermata poi dai fatti, di un formicaio dove tutti corrono, magari si scontrano, e spesso s’ignorano.
    Dalla patria del Sogno Americano purtroppo abbiamo importato stili di vita che sono la negazione dei rapporti umani che ormai esistono solo in piccole comunità e che sono invece spariti dalle grandi città.

    @Francesca Mazzucato: spero che nel tuo nuovo libro parli dell’uomo in quanto tale, con i suoi difetti, i suoi pregi, la sua innata spiritualità, in contrapposizione all’homo aeconomicus, standardizzato e impersonale.

  93. Un’altra domanda per Francesca Mazzucato:
    Quanto è stato difficile per lo scrittore mettersi nei panni di un ragazzo di venti anni? Come dice la Costello: la vera sfida è nell’alterità?

  94. @renzo
    l’idea è quella, spero di riuscirci e terrò ben presente ciò che sottolinei.
    Speriamo che, con questo nuovo presidente e con qualche ricetta che freni la deregulation finanziaria, la voracità di beni e quello che definisci edonismo sfrenato riesca a modificarsi, a rendere gli stili di vita più a misuta d’uomo, più attenti anche al benessere dell’altro, perché se l’altro sta meglio stiamo meglio noi. Questo è da ricordare sempre
    @paolo mascheri
    No, non più di tanto. Ha richiesto un lavoro meticoloso ma è stata una bella sfida

  95. Per Francesca Mazzucato: con molta onestà hai sempre dichiarato le opere e gli scrittori che ti hanno ispirato. Ma ci sono degli autori o più in generale degli artisti che possono averti influenzato in questo passaggio dal Kaddish a Generazione e che ti influenzeranno da Generazione alla tua nuova opera?

  96. Visto che la sig.ra Mazzucato stessa aveva introdotto anche un argomento collaterale (lo sfruttamento degli autori in Italia), mi sarebbe piaciuto sviluppare anche tale questione, che e’ di mio interesse. Ma va bene anche cosi’. Ringrazio ugualmente l’autrice che saluto cordialmente e proseguo il dibattito sulle americanate gastronomiche esponendo una speranza: che almeno la culinaria (familiare in primis e poi artigianale) e l’industria alimentare (soprattutto le microimprese che sono tante nel settore) rimangano nostre, cioe’ italiane, dopo che stavamo per perdere Alitalia e che ci siamo persi la Perugina e tante altre aziende storiche come la Terni Siderurgica.
    Saluti Cordiali
    Sozi

  97. Cara Francesca, ho da poco comprato il tuo libro, e conto di leggerlo molto presto.
    Quanto alle domande di Maugeri, e al senso complessivo dei tuoi interventi, mi vengono in mente parecchie cose: Mc Donald’s (che da questo momento abbrevierò in Mc) ha introdotto in Italia un approccio devastante al cibo -argomento che mi è carissimo- e al lavoro -argomento che mi è altrettanto caro. Una sorta di sfilacciamento progressivo del piacere e del dovere. Il mio rapporto con Mac, filtrato dalla figura inquietante del pagliaccio che ne fa da testimonial, così come nell’orrore di It, di Stephen King, è un rapporto ambiguo e significativo: da adolescente, sotto l’influsso di ‘Ritorno al futuro’ e altri film anni ’80, sognavo che Mac arrivasse in Italia. Poi ho sofferto quando a Parma, la mia città natale, è arrivato Mac, però, come al sud, confinato ai margini della città, fuori dall’area cappelletti-prosciutto-tortelli-culatello. Ora, a Torino, lo detesto. Anche se, per un certo periodo, paradossalmente, era diventato una delle tappe delle passeggiate letterarie mie e di un mio caro amico, che ora è tornato a Napoli: dopo ore di conversazione, finivamo sempre da Mac a sorseggiare un milk-shake alla vaniglia.
    Il fatto, comunque, è che Mac fa presa su un mega-immaginario senza immaginazione, anzi è l’immaginario come luogo comune che combatte contro l’immaginazione. E’ il pagliaccio di It che tenta di ammazzare l’infanzia.
    La qualità del cibo, come quella del lavoro, è tremenda. Lo so perché ho amici che ci hanno lavorato. Mac è stata l’anticamera dei call-center, la sfida alla complessità sociale attraverso la semplificazione del marketing di plastica. E l’amore, come l’amore per il cibo o la birra – che da Mac è orrenda e annacquata – come spesso accade, viene liofilizzato. E il corpo, come gli dei comandano, è il primo a patire.
    Grazie, Francesca. Hai centrato il colpo.

  98. Leggo lo statement del Dottor Massimo Barbieri – responsabile PR Mc Donald’s Italia – che Francesca ha riportato…e non commento in questa sede.

    Il libro mi sta appassionando, anzi, assorbendo. Sono alla seconda parte. Della prima vorrei riportare un breve passo che mi ha colpita, perché la verità sta lì:
    ” … guarda l’ambiente del Mc Donald’s tutt’attorno.Osserva la dimensione volutamente asettica, la pulizia surgelata, e pensa che il fatto che sia uguale in tutto il mondo, proprio in tutto il mondo, conferisce al fast food una perversa capacità di sedurre senza scampo e senza barriere.”

    Mi entusiasma il modo in cui Francesca dà voce al mondo, alla mente di di un giovane nato e cresciuto nell’Italia del presente, ma che potrebbe essere un qualsiasi altro Paese. Anche Marcello: nella sua unicità, forse uguale in tutto il mondo, proprio in tutto il mondo.

    Grazie

  99. Dai miei interventi precedenti credo si capisca quanto consideri riuscito il modello di business di Mc Donald’s, quanto oggi possa essere desiderabile perfino lavorare in una delle sue crew pur di farlo, quanto non apprezzi quel tipo di cibo e quel messaggio.
    Colgo la dinamica che parte dal libro e la auspico.
    Tuttavia mi chiedo chi potrà instaurare un cambiamento. Chi di noi si potrà permettere di “fare una pausa” di “recedere” se non già costretto a farlo dalla crisi. Ognuno deve tenere stretto l’unico lavoro che ha per quanto spersonalizzante esso sia.
    Chi potrà invece rinunciare ad esso lo farà potendo contare su altri mezzi, dunque ideologicamente (…datato !) posizionato fuori contesto. Chi può permettersi oggi di fare il libero pensatore indipendente che va in giro a verbalizzare gli sprechi e gli abusi della società ? A cosa deve sottrarre questo tempo ? Al lavoro non è consentito, alla famiglia nemmeno. Cosa rimane ? Ecco potremmo investire il tempo ben speso qui, ma non vorrei rinunciare al dialogo. L’unica dinamica concessa è la dialettica sull’uomo e cosa resta di esso. La vera perdita non è nella velocità, nella spersonalizzazione, nella teoria della produzione, ma nel coraggio. Quello si che è venuto meno.
    Ringrazio Francesca perchè è venuta a ricordarcelo.

  100. @Sergio, non volevo sottrarmi in alcun modo all’argomento dello sfruttamento del lavoro culturale in Italia.
    Anzi. Credo sia un punto cruciale ( ci faccio i conti tutti i giorni) ma mi pare un tema che si discosta dall’argomento del post e può aprire lo spazio a un’altra discussione
    (su questo tema della “cultura che non paga “ci saranno presto delle novità in rete sulle quali informerò Massimo Maugeri e avremo modo sicuramente il confronto
    Era solo per rispondere alla domanda di qualcuno, si, sembra che si sia una sorta di “privilegiati”( adesso meno ma a lungo è stato così) se si vive di scrittura, non solo di romanzi ma di scrittura, corsi, traduzioni, collaborazioni, invece si è in un limbo non tutelato, in un vero far west dove si fatica ad imporre un valore mercantile( che si ha, si deve avere), dove lo scrittore se parla di soldi sembra quasi indecente, dove tante cose devono per forza essere fatte gratis, e alcune va bene, altre molto meno. Insomma una condizione difficile e si ha quasi pudore a dirlo.
    Io a volte ho sognato di avere un lavoro-non lavoro, se non fossi fuori età persino dal Mc Donald’s, per qualche breve periodo 😉 quando arrivare a fine mese è una piroetta continua.

  101. @Paolo Mascheri
    Ho una base di formazione e di letture “forti” quelle basilari, che restano sempre. I “miei” autori, Philip Roth, l’amore condiviso per Coetzee, Alice Munro, Ann Tyler, Marguerite Duras, Christine Angot, Don DeLillo, Kertész, Anais Nin, Sartre, Beckett, Brodkey, Fleur Jaeggy e molti altri.
    In questo passaggio sono stati soprattutto saggi economici ad influenzarmi.
    In realtà è uno studio continuo, costante. Economia e geopolitica, ho letto e leggo soprattutto questo negli ultimi tempi

  102. Ho già citato “La scommessa della decrescita”, ma anche “Supercapitalismo” di Robert Reich, un vero classico, “Crack” di Charles Morris, “Gli imperi del profitto” di Daniel Litvin, i fondamentali “No logo” e “Shock Economy” di Naomi Klein e molti altri sullo specifico. Adesso sto leggendo “UBS les dessous d’un scandale” che ho comperato a Zurigo e narra un’altro, l’ennesimo scandalo bancario
    Prima leggevo meno saggi, ho sempre privilegiato in assoluto i romanzi, ma era un errore

  103. Avevo questa idea molto novecentesca sul romanzo, sul valore del romanzo e basta, sul saggio come qualcosa di subordinato.
    In un periodo complesso e difficile come il nostro, ci sono saggi che aiutano a capire, e attraverso certi saggi si mettono a fuoco fatti specifici.

  104. Francesca, un libro che ha qualche anno (1995) e non è facile trovare, ma che può dare spunti interessanti è La forza delle idee di (un certo) Ezio Tarantelli.

  105. Nel 2008, oltre a Generazione McDonald’s è uscito anche Kaddish Profano. Entrambi i libri, a mio avviso, sono molto belli, stilisticamente perfetti. Far uscire due libri così importanti a cosa poca distanza non è stato però anche un rischio?
    A partire da Train du Reve, a mio avviso, la tua scrittura ha raggiunto una eleganza e uno stile inconfondibili. Ma uno scrittore è mai davvero soddisfatto dei propri lavori? E tu sei soddisfatta della tua scrittura? Del tuo stile?

  106. Vi ringrazio per gli ulteriori bellissimi commenti . Ancora un grazie speciale alla nostra Francesca per i numerosi spunti di riflessione che continua a offrirci e a Paolo Mascheri per il supporto (e le interessanti domande).

  107. @Francesca: i saggi di economia sono spesso opinabili e non è infrequente che siano scritti in modo non facilmente accessibile ai non addetti ai lavori. Tuttavia, anche se lo considero più un trattato filosofico che economico, mi permetto di consigliarti Il vizio oscuro dell’Occidente, di Massimo Fini proprio per la relativa semplicità dei concetti espressi e per una visione economica-sociologica che non si riscontra facilmente.
    Poi, quanto espresso può essere o meno condivisibile, ma la disamina dei problemi, da cui l’autore trae le sue conclusioni, è rigorosa e corretta.

  108. In uno dei commenti precedenti il mio amico Eventounico (che saluto) metteva in evidenza una cosa, a mio avviso, importante… attraverso il confronto tra McDonald’s e un’altra corporation internazionale: la Nike.
    Un confonto che – implicitamente – punta il dito sul differente uso (e sfruttamento) della forza lavoro… (almeno, così ho inteso)
    Anche su questo si potrebbe discutere.

  109. @Massimo: sì, è vero, lo sfruttamento della Nike esiste, ma, come la Mc Donnald’s, è frutto di quel fenomeno così deleterio quale è la globalizzazione, che arricchisce pochi (i soliti) e impoverisce i tanti, contribuendo non poco nei paesi di maggior reddito a far sparire la forza reale rappresentato dal ceto medio. Ci sono studi recenti che dimostrano che negli USA e in Europa si allunga la forbice fra ricchi e poveri e che questi ultimi sono in aumento con nuovi ingressi provenienti proprio dal ceto medio. I dislocamenti di produzioni in paesi poveri si tramuta in una crescente disoccupazione e sotto-occupazione in quelli ricchi, una dimostrazione ulteriore che la ricchezza, frutto di rapine legalizzate, non si crea, ma solo si trasferisce.

  110. Ohibò, qui si parla di cibo, come si fa a non intervenire? Già mi è venuto un certo languorino allo stomaco. Sono d’accordissimo con Renzo, la globalizzazione sta appiattendo tutto, le giovani generazioni si tuffano a capofitto sui grandi fenomeni di massa e si identificano in essi. Ritrovarsi al McDonald’s fa figo, costa poco, e si fanno incontri interessanti. Io detesto i modelli imposti dagli americani, falsa libertà, politica al servizio dei produttori di armi, e interventi militari. Speriamo nel nuovo presidente. Tornando al McDonald’s, detesto le divise, il sorriso dipinto del personale e i panini dolciastri (Vuoi mettere i manicaretti di Simona?). Così come detesto il personale degli autogrill che a tutti i costi vuole impormi il loro menù standard.

    “Mi fa un caffè?”.
    “Vuole fare colazione, con i nostri tramezzini tridimensionali e una spremuta di barbabietole?”
    “Offre lei?”
    “No.”
    “Allora mi dia il caffè”.

    E’ un tipo di politica che sta uccidendo le piccole imprese, librerie comprese. Negli autogrill si trovano solo i libri dei grossi editori, per gli altri ogni accesso è precluso. Così come nei supermercati. Trovo il libro della Mazzuccato tremendamente attuale e cercherò di procurarmelo al più presto.

  111. Torno alla domanda…
    perché questo grande successo internazionale della catena McDonald’s?
    Qualcuno di voi – la stessa Francesca – ha già fornito risposte.
    Seguono alcune considerazioni…

  112. È capitato anche me – con più frequenza negli anni passati – di girare l’Europa (spesso da solo, per motivi di lavoro). Mi ricordo, in certe situazioni, di essere entrato da McDonald’s con la sensazione di essere in un “luogo noto”… e di sapere cosa avrei trovato.
    (McDonald’s, in certe occasioni, può fornire un senso di sicurezza?)

  113. Nei primi anni ’90 mi trovavo di passaggio in una città dl Nord (credo fosse Bologna). Passando davanti a un McDonald’s un amico mi disse qualcosa del genere:
    “Da noi non li porteranno mai i McDonalds’s. Noi resteremo sempre periferia del mondo”.
    McDonald’s può fornire l’accesso a una (forse illusoria) appartenenza a una dimensione “centrale” e “mondiale”… altra, rispetto a noi?

  114. Prima di tutto buona domenica e bentrovati…
    Volevo partecipare, anche se di fretta visto che sono persa tra binari e strade in questo fine settimana, per aggiungere una piccola cosa sul lavoro di Francesca. Più lo si legge, più da questo libro si evince una realtà nascosta, quella “normale” dei nostri giovani, dei giorni che contraddistinguono questo periodo di crisi “velata”, come mi piace definirla.
    Ho partecipato alla sua presentazione e ho letto il libro… ed ho avuto la fortuna di intervistare cotanta autrice… che dire, ha un sesto senso per quello che è attualità, previene con splendida naturalezza cambiamenti drastici del nostro vivere quotidinao.. la riforma Gelmini era ancora un piccolo girino quando lei scriveva di disasgi scolastici e di aria di rinnovamento!
    Non so se inciterei o meno un mio figlio a lavorare da Mc o da altre catene, ma forse, dopo avere letto il libro, mi convincerei che un’esperienza così può aprire gli occhi, può essere formativa più di tante ore passate dentro un’aula.. la cruda realtà si impara sulla propria pelle… e che non si legga questa mia come un’istigazione ad abbandonare i libri e vivere alla giornata. L’informazione e la cultura sono elementi necessari per una costruzione efficace della nostra esistenza, l’importante è che non rimangano confinati al puro sapere teorico…

    un abbraccio a tutti, e complimenti per le discussioni!
    Pat

  115. Cara Patrizia, grazie mille per il tuo intervento. Sì. Insieme a te in qualche modo c’è stato un work in progress attorno a questo libro( potete leggere l’intervista di Patrizia nei link di Massimo, nel post). Me lo hanno fatto notare, si, che in qualche modo, raccontando molto tempo prima i disagi scolastici e alcuni problemi profondi( ad esempio un test d’ingresso forse truccato per l’accesso all’università) ho anticipato alcune questioni correlate alla contestata riforma Gelmini. Ovviamente inconsciamente, a volte c’è qualcosa, quando si scrive, che porta ad affinare l’intuito, si “annusano delle questioni” , sono già nell’aria, si lasciano emergere, ognuno con le forme, i tempi e i ritmi narrrativi che ritiene.
    Accade.

  116. @eventounico, grazie del suggerimento, spero di trovare il libro che dici.

    I saggi sui quali sto dirigendo la mia attenzione hanno una direzione particolare che non svelo( per scaramanzia), non del tutto almeno, e richiedono come dice Renzo grande impegno certo, e grande studio.
    Ma alla fine è questo che si fa sempre, si legge e si studia, si osserva, si annusa il tempo, si partecipa e si approfondisce.
    E’ un lavoro che va insieme a quello della scrittura. Altrimenti non si approfondisce niente, si resta a un livello superficiale e non mi interessa.
    Leggo anche molti testi di geopolitica, e romanzi che sono anche testimonianze in presa diretta di quello che accade nei luoghi di lavoro.
    Ad esempio vorrei citare un libro che secondo me non ha avuto la fortuna che meritava

    Andrea Cisi
    Cronache dalla Ditta
    Mondadori Strade Blu
    2008

  117. @paolo mascheri, si, uscire con due libri nello stesso anno è certamente una forma di rischio ma sono come dicevo collegati. Kaddish ha questa costante sulla fatica dello scrivere, sulla scrittura che si fa corpo, sul corpo che si fa scrittura e sulla precarietà di chi di scrittura vive. Una precarietà esistenziale, vorrei dire, oltre che economica
    E’ certamente un libro di nicchia, alcuni mi chiedono “ma cosa vuol dire il titolo” e per molte persone non è evidente l’omaggio e il debito al premio Nobel ungherese Imre Ketész, ragione primaria che mi ha ispirato e spinto a scriverlo
    Invece Generazione MD è un libro, credo, ho constato molto più accessibile ( ragazzi di 20 anni mi hanno detto che l’hanno letto in due giorni, cosa mai capitata) e che allarga il tema.
    No, non si è mai soddisfatti completamente di quello che si fa. Lo diceva anche Faulkner,sempre. Lo scrittore soddisfatto del suo lavoro è uno scrittore morto, che ha finito.
    La sfida è continua e continuo lo sfidarsi. Si può essere contenti di avere fatto un lavoro onesto, di essersi messi in gioco. Questo sì. Ma poi si riparte. Per forza, con ossessioni, insoddisfazioni e fatica. Ma è il momento cruciale, quello della nuova idea. Quello del nuovo progetto. La parte veramente bella, anche se a molti, adesso, scrivere un libro interessa per ragioni di “visibilità” , almeno così pare. Sono fallaci e impermanenti. E’ il progetto e la scrittura essa stessa che hanno valore e che continuano a far pensare che ne vale la pena.

  118. Cara Francesca Mazzucato,
    grazie mille per la risposta. Comprendo appieno l’esigenza di continuare sul filone mecdonaldiano del dibattito e mi par giustissimo. Tuttavia appena fosse possibile affrontare l’argomento ”soldi e scrittura” con Lei in un apposito post ne sarei felicissimo. Perche’ sto nelle Sue condizioni e dunque parteciperei con passione.
    Saluti Cari
    Sergio Sozi

  119. Francesca Mazzuccato mi ha fatto molto riflettere sulle sue idee a proposito della scrittura, che condiviso appieno.
    Scrivere ha valore in sé, è un valore in sé, a prescindere dalle conferme, dagli apprezzamenti, dai riscontri. Come amare è scrivere: disinteressatamente, per la gioia di dare e di crescere nella conoscenza di sé e dell’altro, senza gesti eclatanti, senza vanità o tornaconto.

  120. avevo poco più di 23 anni nel mese di settembre 1981, quando assieme a cinzia ed una coppia di amici arrivammo a parigi con pochi soldi in tasca. Il giorno dopo il nostro arrivo a lucia rubarono i soldi all’uscita della metro; Fu perciò una scelta forzata quella di recarci ogni giorno in un mac donald viste le nostre ristrettezze economiche. Per noi che arrivavamo dalla provincia italiana fu un impatto molto particolare entrare in quel luogo; fummo proiettati in un mondo a noi noto solo grazie alle visioni di film americani, uno per tutti” american graffiti”. Rappresentava per noi il nuovo, lo sconosciuto e ci incuriosiva in quanto tale. punto e basta. Poi quella novità arrivò prepotentemente anche in italia e anche nella mia rimini . Nella mia città , c’erano tantissime e ottime paninoteche, pub, piadinerie ma questo non impedì il sopravanzare del big mac e del cheeseburger, complice la nostra pigrizia e la tremenda paura di perdere tempo, quasi mai giustificata, che ci spinse a consumare sempre più in fretta. La scarsa qualità del prodotto e le informazioni che mi arrivavano fecero sì che successivamente mi infilai sempre più raramente in quei locali – a mio avviso- tristissimi , sicuramente non più di una volta all’anno.
    Il problema con i figli non l’ho mai avuto. Mai festeggiato un anniversario in uno di quei locali e non mi pare che siano per questo diventati degli emarginati. Non ho mai amato questi nostri compleanni “contemporanei” che purtroppo, non riguardano solamente i ragazzi… mia moglie ed io abbiamo sempre optato per cose molto tradizionali, pizze, crostate e torta fatte in casa ( avete presente quelle dei cartoni animati? ) radunando gli amici più intimi in cortile, in casa ( 70 mq), al mare… Oramai si delega sempre di più ad altri, per i compleanni, per il divertimento… limitare il più possibile gli sforzi! I ritmi sono sempre più elevati a causa della necessità del lavoro e il preparare pasti decenti, “equilibrati” rappresentano per la maggior parte delle persone una perdita di tempo, una vera scocciatura… allora via con le merendine, le patatine e gli hamburger – di mac donald – che con un po’ di salse omologa il gusto, forse anche la nostra vita. Non c’entrano i panini c’entra il sistema. Mac donald è stato solamente il precursore, poi sono arrivati i centri commerciali sempre più grandi, i parchi di divertimento collettivo, le multisale e l’aberrazione dei cool center che per quanto riguarda il lavoro, altro che macdonald e come spesso accade la quantità ha sostituito la qualità. Ma oramai il gioco è fatto e poi a me sembra che la maggior parte delle persone ” gradisca”, no? allora nessun problema
    Se un non- luogo diventa luogo non possiamo che prenderne atto, se vogliamo possiamo interrogarci sul perché e magari rammaricarcene ma orami ho capito che tanto alla fine ci sarà sempre qualcuno che dirà: ma quanto sei palloso, i tempi cambiano, fattene una ragione.
    ciao
    stefano

  121. L’unico lato positivo di una societa’ basata sui soldi e’ che anche uno scrittore puo’ parlarne senza ritegno.

  122. Lavorare nei Fast Food OK – e’ sempre un lavoro – ma, attenzione a non mangiare mai li’ dentro ! E’ noto che fa un po’ schifetto – daccordo con S.Sozi – odio la puzza di fritto – un saluto a tutti – anna di mauro

  123. perché questo grande successo internazionale della catena McDonald’s?
    Viviamo un momento epocale in cui non ci nedono soltanto prodotti o servizi,ma principalmente idee,immaginazione,spesso illusoria come ha accennato massimo nella domanda posta. Ci propongono un’auto nuova,non per la sua sicurezza o efficienza del motore,ma perchè quell’auto ci suggerisce l’idea della libertà,ci fa credere che con essa possiamo scoprire nuovi orizzonti,tutto diventa cibo per i nostri spiriti assopiti e pigri. In questo contesto il successo delle catene come MCDonald’s:l’idea fittizia che chiunque possa riconoscersi nella casa del panino in ogni luogo del mondo,peccato poi che lo squallore dell’offerta e del luogo ci faccia capire che non è casa nostra nè potrà mai sostituirla. Peccato o per fortuna?Sicuramente offrirà anche cibo a buon mercato per chi ne ha necessità,ma non parla di noi e ci trasmette un concetto-simbolo di fratellanza, anche fra i popoli diversi, che è soltanto di facciata.
    un saluto affettuoso

  124. Grazie per la segnalazione, caro Andrea.
    Un saluto a Francesca Giulia e ancora grazie a tutti per gli ottimi interventi.
    Ne è venuto fuori un bel post.
    Chissà, magari non è ancora finito… (fatevi avanti, se volete):-)

  125. Fermi tutti. Se qualcuno deve andare in Australia sarà il sottoscritto.
    È uno dei miei sogni.
    Emigrerò non appena un mio prossimo libro avrà venduto un milione di copie. La farò sporchissima: abiterò a Sidney e cenerò ogni sera da McDonald’s.
    Ecco…
    🙂

  126. …con carne di canguro…. 🙂
    mandami una cartolina con indirizzo vengo a trovarti!

  127. …pure io Massimo! Ho anche ritrovato un’amica australiana… il problema sono i figli, però… soprattutto il mio angioletto di due anni e mezzo…

    Gordiano

  128. Volevo solo lasciare un breve aggiornamento sul fatto che, alla fine di questo mese, comincerò a portare Generazione Mc Donald’s nelle scuole.
    Mi fa molto piacere poter avere questa occasione, e non vedo l’ora di ascoltare i commenti, le opinioni e le critiche dei ragazzi. Per chi si interessa dei miei spostamenti l’unico posto dove vado con molta frequenza per lavoro è Zurigo, dove sarà ambientata una parte del mio prossimo romanzo, su temi che hanno a che vedere con l’economia e con una vicenda in particolare sulla quale sto raccogliendo materiali e facendo continue ricerche.
    L’Australia è fuori dai miei programmi, avendo paura di volare ed evitandolo, quando posso, credo proprio che sarà difficile.
    Però, visto che ci sono sempre persone affettuosamente curiose, proprio il mese scorso è uscito un mio racconto in un’antologia di autori italiani pubblicata a New York, Rome Noir

    http://www.akashicbooks.com/romenoir.htm

    insieme a Lucarelli, Carofiglio, Scurati, Franceschini e molti altri. Il mio primo racconto noir. Chissà, magari da quelle parti, un salto per promozione potrò anche farlo, vedremo.
    Un saluto a tutti, sperando sia grandito l’aggiornamento e un affettuoso abbraccio a Massimo Maugeri

  129. scusatemi ma nn ho potuto fare a meno di leggere i vari commenti, io sono un ex dipendente del mc music so come si lavora al mc donald’s e anche se sono napoletana devo dire che non è poi tanto vero che i ragazzi preferisono la pizza, il mc music ora ha chiuso ma le motivazioni nn sono legate alla cultura che i giovani hanno riguardante la loro alimentazione, insomma i ragazzi vengono al mc anzi venivano ma purtroppo qualcuno ha deciso che nn era più il caso di farci lavorare…….io adoro il mc

  130. Ciao io ho lavorato 2 anni al mc donalds…poi ho mollato nn ce l’ho fatta piu!! lì fanno preferenze, mobbing….e spesso si arriva anche alle mani. sempre tragedie là dentro! io in 2 anni ho perso 10 kg per lo stress…mi stavo ammalando di gastrite e vari problemi alla schiena per gli sforzi . menomale che non mangiavo lì, mi portavo il cibo da casa! ho subito tante di quelle ingiustizie per un misero stipendio!!! e non pagano neanche gli straordinari….ho mollato non tanto per il alvoro duro ma per il mobbing!!! un responsabile mi metteva anche la mani addosso e io ovviamente non ci sono stata. Così mi rendeva il lavoro un inferno!! non ho detto niente a nessuno per la vergogna ………………

  131. Cara Stella,
    grazie mille per il racconto di questa tua esperienza e per aver voluto raccontarla qui.
    Mi auguro che tu abbia avuto modo di trovare un lavoro migliore e che tu, adesso, abbia riconquistato la tua serenità.

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