Maggio 16, 2024

283 thoughts on “BAMBINE, TRA LETTERATURA E VITA

  1. Lo dico subito. Questo post è una sorta di esperimento. È la prima volta che tento di organizzare un dibattito coinvolgendo così tanti libri e i rispettivi autori.
    Credo che il tema sia davvero interessante. E probabilmente le nostre scrittrici, e i loro bellissimi libri, meriterebbero di essere invitate (insieme) in uno dei grandi salotti televisivi in prima serata. Ma si sa, i libri in televisione non tirano tanto. Dunque, accontentiamoci di questo umile blog.

  2. Mi auguro che il dibattito possa essere vivace, ma non virulento. Mi conoscete. Quello che penso è scritto nella “avvertenza” (colonna sinistra del blog).
    In tal senso chiedo la collaborazione di tutti.
    Abbiate pazienza.
    Massimo (Gandhi) Maugeri

  3. Una prima considerazione. Poi lascio la parola (scritta) a Miriam e a voi.

    Il libro della Fiorello e quello della Lodoli sono speculari.
    Affrontano entrambi il tema dell’emigrazione, ma da angolazioni assolutamente diverse (“speculari” rende meglio l’idea).
    La bambina del libro di Catena è italiana e subisce una sorta di “emigrazione passiva”, mentre la protagonista del libro di Elisabetta è straniera e patisce un’emigrazione attiva. Il prim olibro è ambientato negli anni Sessanta, l’altro ai nostri giorni.

    Per ora mi fermo qui.
    Mi auguro solo che non ci sia “troppa carne al fuoco”.

  4. L’articolo mi sembra molto ben strutturato, complimenti. Ci sarebbe davvero tanto da dire e da chiedere e non so nemmeno da dove cominciare. Mi sento anche un po’ in imbarazzo, ad esser sincera.
    Gli argomenti mi interessano tanto e mi interessano tutti anche perché ho una bimba di quattro anni. Anche lei come le sue compagnette sta già dietro alle Winx e alle altre creaturine animate e non proposte dal mercato odierno. Ai miei tempi c’era Barbie, che c’è ancor oggi, certo, e non so nemmeno dire se era peggio o era meglio. Mi pare però che fare le mamme diventi sempre più difficile. O è solo una mia impressione?
    Scusatemi per la banalità.

  5. Nel commento precedente volevo fare riferimento al libro di Loredana Lipperini. Non l’ho ancora letto, ma mi pare di capire che si occupi anche di questi problemi.

  6. Di questi libri ho letto “Buio”, però presto leggerò anche gli altri.
    Buio è un libro bellissimo e terribile. Vorrei chiedere a Dacia Maraini se mentre scriveva ha mai avuto attimi di esitazione pensando ai protagonisti di quelle storie vere.
    Credo anche che tra i vari temi quello della violenza alle bambine sia il più importante. Spesso da parte di noi genitori c’è il timore di non fare abbastanza per proteggere i nostri figli.

  7. Lascio subito un commento a caldo: bravo Massimo. Post interessante ma soprattutto utile, che apre molte porte dolorose, difficili e che si preferisce spesso tenere chiuse per comodità (tanto non è mica successo a me no?).
    Un abbraccio a Miriam, sensibile e attenta, che saprà gestire questo ‘progetto’ con intelligenza.
    Penso che unire più libri attraverso un filo conduttore sia la strada per imparare a dibattere (senza menarsi) e confrontarsi anche tra stili e scritture e punti di vista e angolazioni ma ‘assorbendo’ i messaggi, i diversi dolori barra umori pur dentro lo stesso macro argomento. Anzi. E’un pò come andare a cena col compagno/a piuttosto che con un gruppo di cinque/dieci amici. C’ è bisogno del primo ma anche del secondo (che invece in letteratura spesso manca perchè se si dibatte lo si fa spesso di un libro solo o eventualmente un autore).

  8. Mi piacerebbe assistere a un confronto, o ad un dialogo, tra la Lipperini e la Masini. La Lipperini mi pare che stigmatizzi gli effetti stereotipanti delle fate (per es.), mentre la Masini scrive un libro dedicandolo proprio alle fate.
    Sarei curioso di leggere un loro scambio di idee e riflessioni.

  9. ‘ma siete davvero convinti che la letteratura possa rappresentare la vita vera?’ (non so come mettere il neretto ma io qui ce lo vedrei bene).
    La domanda di freesbee esual un pò dal post nello specifico ma è sempre attuale a mio avviso.
    La mia personalissima risposta è si, la letteratura PUò FARLO. Poi che in talune circostanze ci riesca o meno è in un certo senso tutt’altra faccenda.
    Riferendomi nello specifico al tema di questo post secondo me si, i libri proposti raccontano di certe realtà che esistono (e sono esistite) davvero, vita vera insomma (anche se narrata nella modalità ‘romanzo’ e quindi con elementi necessari di fantasia. Ma un conto è lavorare di fantasia coi nomi, i luoghi o certi avvenimenti precisi, un altro conto è invece raccontare situazioni, condizioni, sentimenti davvero vissuti).

  10. Io bambina. il vento soffiava

    Oggi il vento non soffia ma canta
    Canta la canzone del passato
    Ricordo quella ninna nanna
    Commuovere mi fa assai
    Cammino sul sentiero
    Che porta alla stazione del destino
    Bello o brutto che sia
    Il vento soffiava
    Allora non cantava
    Il treno lungo si fermo’
    Ora tutto m’appare
    La bimba che cantava
    alla sua bambola la ninna nanna
    ero io…

  11. Salve! Spero di poter corrispondere alle aspettative e riuscire ad essere almeno un po’ presente: in questi giorni sono praticamente sempre in giro per l’Italia. Comunque, provo a rispondere ad almeno due spunti.
    Comincio con Stefania: secondo me, le madri di oggi vengono indotte a pensare che sia più difficile. Ovvero, che non siano più capaci ad essere genitori, e che abbiano bisogno del sostegno e del consiglio di centinaia di esperti.
    Ciò detto, essere, in assoluto, adulti in una società complessa richiede, sempre a mio parere, l’osservazione e la comprensione dei simboli che ci circondano: specie quelli proposti a bambine e bambini. Io ho cercato di fare esattamente questo: raccontare quel che ho visto per comporre un quadro. Dove, certo, ci sono anche le Winx: che occorrerebbe studiare e capire non per censurare, ma per disinnescare, per esempio, l’invito ossessivo alla bellezza, alla popolarità, all’apparenza.
    Il discorso proposto da Mauro è estremamente complesso. Ripremetto che non c’è, in nessun punto del mio libro, un tentativo censorio. Ho semplicemente notato che le eroine proposte a bambine e ragazze riprendono con insistenza il modello di fata e strega, tornando ad identificare il femminile nel rapporto con il trascendente, e dunque con “altro” dal mondo degli uomini. Teoria non nuova: la riprende Simone De Beauvoir ne Il secondo sesso, e a mio parere continua ad avere una propria validità.
    Mi fermo, per ora.

  12. Donne, bambine, fate, madri, figlie. Femmine. Molto interessante questo post, Massimo, attuale, importante. Ci sarebbe tanto da dire e per farlo dovrei (lo farò) leggere tutti i libri, oltre a “Buio” e “Picciridda” che ho letto già. Non ho figli, né purtroppo nipoti femmine. Solo un’orda di cuginetti e nipoti, tutti rigorosamente maschi. Parlo di me, allora. Della mia infanzia così diversa da quella che vedo scorrere sul viso delle bambine che conosco o che per caso incrocio sul mio cammino. Sveglie, svelte, scaltre. Sicuramente belle e ancora a modo loro ingenue, ma già curiose come adulte, con l’occhietto che strizzano per dirti “io so, ho capito tutto”. Io ero una rimbambita a confronto, ma non mi sono persa niente. Ho creduto a Babbo Natale fino ai 9 anni!
    Ci sono bambine fortunate che possono giocare con le Winx e ammirarne i labbroni al silicone, altre costrette dalla vita ad essere già donne, bambine violate nella loro infanzia che diventeranno con buone probabilità donne dalla scorza dura, forse troppo per riuscire a toglierla e metterla da parte. La possibilità di un riscatto non è per tutte.
    Ma siamo tutte qui, ognuno a modo nostro proviamo ad essere donne nella maniera in cui sappiamo esserlo. Da bambine e da adulte. Sperando che sia il modo migliore e che gli altri possano capirlo.
    Tutte qui…dentro questa scatola a sopresa che è il mondo.

  13. Mi trovo molto d’accordo con l’affermazione della signora Lipperini: ‘le madri di oggi vengono indotte a pensare che sia più difficile. Ovvero, che non siano più capaci ad essere genitori, e che abbiano bisogno del sostegno e del consiglio di centinaia di esperti.’ Io ho un figlio (maschio) di due anni però nella fattispecie credo che il ‘sentirsi’ genitori (in grado di esserlo o all’altezza della situazione) non cambi se si ha un maschio o una femmina. E devo dire che molte dinamiche tendono a indebolire le poche certezze del genitore. E per dinamiche intendo quelle tipiche del percorso di crescita (dalle vaccinazioni per intenderci ai nidi prima, le scuole poi). Io mi faccio tante domande, mi metto in discussione spesso nelle situazioni pratiche (e mia madre- generazione già diversa come formazione- spesso mi rimbrotta perché dice che non devo ‘lasciarmi convincere che’) comunque osservo, ascolto gli altri (esperti o meno) e mi è capitato si, di pensare ‘ mi sa che non lo so fare’. Già sembra insormontabile riuscire a entrare nel loro mondo (di bimbi) con tutto quello che ne consegue (percezioni, visioni, bisogni, opinioni, ‘il loro sentire’) senza essere di continuo accusati di esserci poco (perché ormai mi sa che si lavora tutte), di andare sempre di corsa, di essere stanche quando invece è il momento di diventare ‘spugne’ e assorbire i segnali dei bambini… Attorno a tutto questo, torreggia poi la questione mode, modelli, videogiochi barra cartoni barra bambole e affini, pubblicità ovunque (cartelloni maxi per strada, bombardamenti televisivi e radiofonici, internet e i pop up e viadicendo). Mio figlio a due anni già ripete le parole che sente in giro (‘magro’ e ‘bello’ compresi) e certe dinamiche le capisce eccome (perché le vede riflesse nel suo mondo, nei gesti degli altri bimbi, nelle movenze televisive…). Non so se avere una figlia femmina sia più difficile rispetto ai maschi (per ora non ho riprova) perché il sentore c’è nell’aria, nei discorsi, negli scambi tra i carrelli al supermercato.

  14. Trovo onesto premettere che ho letto soltanto il libro di Loredana con la quale, peraltro (absit iniuria verbis) ho un rapporto privilegiato, o mi illudo di averlo. Ma chissenefrega, meglio una felice illusione piuttosto che una realtà sterile :-).
    A mio parere, la gran parte delle pubblicazioni (articoli, saggi, romanzi, speciali tivvù) dedicate al mondo delle adolescenti, sono un patetico scimmiottamento di Lolita.
    Quasi mai, infatti, si tenta di guardare la realtà dalla loro prospettiva (facendosi aiutare dalle adolescenti, ovviamente), ma ci si pone come una specie di educatori e moralizzatori che, in sostanza, sanno solo mettersi le mani nei capelli e dire “mio dio!”.
    La tendenza a proclamare “questo non si fa, e questo invece sì” è una trappola micidiale che imprigiona gli autori e i potenziali lettori.
    Una cinquantenne che gioca a fare la teen-ager non credo possa dare alcun contributo.
    Loredana, invece, si è “limitata” a considerare la realtà delle cose. La sua è quasi semplicemente una “cronaca” e questo, a mio parere, è quanto di meglio si possa fare in un argomento del genere.
    I fatti, la realtà, le manifestazioni sono quelli che sono. Spetterà poi a chi legge di farsi delle idee ed elaborare considerazioni.
    Peraltro, gli adolescenti non sono solo quelli che vanno in discoteca dove le coetanee ballano seminude abbracciate a un palo, e non sono solo quelli che, su un altro palo, appiccicano lucchetti con frasi da baci perugina.
    Gli adolescenti sono persone, persone di età giovane. E come persone vanno trattate. Troppo spesso, invece, sembrano “bestiole” rinchiuse in una gabbia dello zoo con i “grandi” che da fuori tirano noccioline e caramelle.
    Nel libro di Loredana non c’è pietà, non c’è commiserazione, non c’è sciatto lolitismo. C’è qualcosa, forse, che può spaventare ancor di più, ossia l’intelligenza.
    Handle it with care
    🙂

  15. Interessanti gli argomenti di questo dibattito. Io credo che certi costumi, talune tendenze, siano fisiologiche, appartengano al tempo che scorre e non è possibile fermarli. Viviamo in una società opulenta, bisogna consumare in fretta, tutto diventa business, tutto diventa materiale usa e getta. La televisione propone falsi miti e falsi modelli, i ragazzi e le ragazze li scimmiottano. Oggi l’aspirazione principale è apparire in televisione per fare le veline, le letterine, le cartoline. Il Novecento è cominciato sotto il segno della fame ed è finito con le prescrizioni dei dietologi, forse si stava meglio quando non c’era il telefono cellulare e gli abiti si tramandavano da padre in figlio: dal figlio maggiore a quello minore, fino a quando non si consumava l’ultimo brandello di stoffa. E i ragazzi non si schiantavano a duecento all’ora dopo aver bevuto liquori e ingerito pastiglie di estasy. Forse. Ma il progresso non si può fermare e certi valori non hanno più ragione d’essere. Non conosco i libri delle altre scrittrici invitate ma conosco bene i libri di Dacia Maraini, spesso toccano argomenti forti quali l’incesto e la violenza sessuale. L’incesto è l’argomento tabù per eccellenza, condannato da tutte le civiltà e le grandi religioni. La sua proibizione – come diceva l’antropologo Claude Lèvi Strauss – è la costante universale che segna il passaggio dal puro stato di natura a una società umana. La Maraini conosce bene i complessi di Edipo nei maschi e di Elettra nelle femmine e i suoi libri sono molto educativi.

  16. Buongiorno.

    Io desidero intervenire nel dibattito anche senza aver ancora letto nessuno dei libri citati. Mi preme però inserire nella discussione quanto segue: io da piccola giocavo, come molte di voi credo, con Barbie e Ken coppia ultra-perfetta di stampo americano. Ora c’è il trionfo delle Winks, le fatine dai capelli multicolori, e delle bamboline dalle labbra siliconate come già qualcuno di voi ha ricordato. Ma non avete notato che le Case produttrici di giocattoli infantili (femminili) ripropongono la nostra realtà quotidiana e, in alcuni casi, la sostituiscono? Ieri il mito del “Principe Azzurro”/il Ken, perfetto, palestrato, maschio virile (che tante donne ha condizionato e condiziona nella scelta reale del partner, con il risultato catastrofico di inutili fantasiose proiezioni sull’altro e megagalattiche “toppate” in innamoramenti inesistenti); oggi la piccola siliconata e il gruppetto di Fatine: tutte “battitrici libere” senza figura maschile! Cosa è peggio e cosa è meglio?

    Grazie a tutti.
    Ariaperta – Roma

  17. Molto interessante questo post, ricco di tanti spunti. Quasi ‘azzardato’ nella sua composizione basata su tanti libri all’apparenza così diversi.
    Essere bambine oggi è sicuramente un grosso problema, forse più grosso dell’essere madri tra mille impegni e altrettante insicurezze.
    Trovo molto interessante il quadro che ci dipinge Loredana Lipperini. Per capire bisogna sempre prima osservare.
    E forse, oggi, noi osserviamo poco.

  18. Carissimi,
    tra mode e modelli imposti c’è un ritorno alla cultura della differenza che definirei “Lialesco”.
    Libri sentimentali e dolciastri tutti tesi a riconfermare il ruolo passivo e subordinato della fidanzata, della moglie, della madre, pur nella finzione di farle partecipi di una società in sviluppo. C’è una divaricazione tra i due sessi, sì che il maschio assume tratti da “superuomo” e la donna da “superfemmina” sullo sfondo di ambienti mondani.
    La soluzione? Credo sia un po’ tardi. Occorrerebbe iniziare un processo di educazione alla famiglia.

    Con stima

    Maria Luisa Papini Pedroni

  19. Che bello! Mi sembra che questo sia uno dei post più interessanti pubblicati in questo ottimo blog. Non so se siete d’accordo. Diciamo che c’è materiale per discussioni che potrebbe bastare all’incirca per un mesetto, o giù di lì.
    Ora me lo rileggo con calma e poi porrò qualche domanda. Con il permesso di Massimo e di Miriam, la co-mo-de-ra-tri-ce.
    Smile

  20. RAP-porto sulla gioventù (ognuno lo canti come vuole)

    Vorrei avere già vent’anni
    per essere più alto
    ed avere più rispetto,
    più di quello al quale
    i miei compagni ho già costretto.
    Dodici anni e già comando.
    E non ho voglia di spiegare,
    voglio solo intimorire.
    Sono forte, più forte,
    la mia forza viene dalla storia, la mia storia.
    Solo schiaffi e nessuno che li abbia mai spiegati.
    Solo pugni, sempre chiusi, sempre tesi,
    come quelli che trovavo dentro casa.
    Tutti stanchi per capire,
    tutti stanchi per parlare.

    Domani crescerò,
    ma che cosa imparerò ?
    Sono figlio del presente
    e del rispetto non me ne importa niente.

    Sono bella,
    quando passo per la strada…
    “guarda quella”.
    E mi lascio guardare
    e mi faccio anche pagare,
    a caro prezzo se qualcuno vuol toccare.
    Sono bella,
    proprio bella,
    reggiseno appena messo,
    grembiule appena smesso.
    Sono bella e già una donna,
    attaccata al bicchiere
    per non pensare, ricordare, quando,
    la prima volta, ho tolto la mia gonna.

    Domani crescerò,
    ma cosa imparerò ?
    Sono figlia del presente
    e del rispetto non me ne importa niente.

    Lo diceva a me mia madre
    ed ora
    che anch’io sono madre,
    non riesco a capire,
    non so cosa pensare.
    Per mia figlia sono stata buona amica,
    solo quella, proprio fica.
    Sempre uguale, stesso modo di pensare,
    stesse cose da vedere, stesse cose da volere.
    Il successo, solo il sesso,
    senza onore, senza amore.
    Una madre senza voglia di parlare,
    senza forza per spiegare,
    voglio solo assecondare.

    Domani invecchierò,
    ma cosa penserò ?
    Sono figlia del passato
    e non mi frega niente di ciò che ho lasciato.

    Sempre il calcio,
    quello forte,
    che vale anche la morte.
    Corro in moto
    ed ho sempre cercato
    sui giornali la mia foto,
    tra quelli in vista,
    certamente
    sono proprio un arrivista.
    E mio figlio, allo stadio.
    Gioca al calcio !
    A cosa serve lo studio ?
    A valere di meno
    ed invece, figlio,
    senti tuo padre,
    non essere da meno.
    Ad ogni costo,
    sempre sopra a tutti gli altri
    in ogni posto.
    Non devo negare,
    non devo insegnare.
    Le regole non sono cose da imparare,
    bisogna provare,
    se serve, fumare, pagare, bucare,
    ma ora devo andare.

    Domani invecchierò,
    ma cosa penserò ?
    Sono figlio del passato
    e non mi frega niente di ciò che ho lasciato.

  21. Una domanda per Dacia Maraini. Ritiene che con i suoi libri che hanno affrontato il tema della violenza ai bambini, come in Buio, sia riuscita ad ottenere dei risultati tangibili? Ha avuto sentore che abbiano effettivamente scosso le coscienze? Oppure ha scritto solo perché sentiva il bisogno di farlo e senza pensare ai possibili esiti?
    Mi piacerebbe tanto conoscere da lei qualche aneddoto.
    Maria.
    Sua fedele lettrice.

  22. Credo che il libro della Lodoli sia importante, soprattutto considerando il gran numero di gente che sta “sbarcando” in Italia. Per cui potrebbe essere interessante anche ragionare sul seguente aspetto: i problemi delle bambine italiane (mi riferisco ai sottotemi brillantemente tracciati da Maugeri) sono uguali o comunque paragonabili ai problemi delle bambine straniere residenti in Italia?
    E’ una domanda che pongo a tutti e alle scrittrici in particolare.
    Un saluto a Massimo Maugeri che ringrazio per la segnalazione.

  23. Quanti commenti e quanti interrogativi. Prendo tempo, un’ora, per riflettere e intervenire. Sono, come dice ABO ( Achille Bonito Oliva) un artiere e non, come la maggior parte di voi, un letterato; ragiono per immagini, e la mia mente, in questo momento è come un caleidoscopio.
    Ieri sera ho fatto tardi, stavo seduta davanti al computer e mi sentivo confusa. In questo ultimo mese ho letto molto, i libri in “oggetto” ma anche altri e nel mare degli appunti cercavo un bandolo. Ho individuato l’inizio del percorso in Buio di Dacia Maraini, nel racconto de’ Il Bambino Grammofono e L’uomo Piccione, un testo-manifesto che ammonisce e anticipa: il Bambino Cosa e l’Uomo Bestia, ovvero tutta la nostra disumanizzazione che Elena Ferrante trasfigura nel Bagnino Crudele del Tramonto.
    Per ora vi lascio, a più tardi, Miriam

  24. Mi è molto piaciuto il rap di Eventounico.
    E anche l’intervento di Enrico.
    Sto leggendo il libro di Loredana Lipparini (al momento è il mio libro da borsa), e continuo a pensare all’altro, quello di Elena Giannini Belotti che mi è stato compagno di vita a suo tempo.
    Ho una figlia di tredici anni, che ho cresciuto come so. Per anni le ho razionato la tv, selezionato le letture (sia lei che il fratello mi hanno odiato per il mio ostinato rifiuto di comprare non-libri), scelto l’abbigliamento, proibito al parentado l’acquisto di armi e trucchi eccetera.
    Beh, fino a tre mesi fa tutto ok. Leggeva, avida e onnivora, e criticamente commentava. Guardava con perplessità le altre che squinzieggiavano truccate e rosee e parlavano di vestiti e fidanzatini. Aveva uno splendido rapporto col fratello. Ed era sola.
    Improvvisamente è successo qualcosa, e adesso si trucca di nero, si veste di nero, si dipinge le unghie di nero, è spesso di umor nero, ascolta musica di merda (pardon my French). Ed è entrata a far parte del fan-club dei Tokio Hotel nel quale è attiva.
    Ora. Non drammatizzo, c’è di gran peggio. Per lo meno è un po’ più assertiva della scemetta media, e ha intenzione di fare il linguistico, non la velina. Lei non è me, e soprattutto sono altri anni. Gli anticorpi ce l’ha, per cui confido che sia una fase passeggera, ma il succo è che purtroppo poco si può fare, se non combattere l’ambiente più che a parole con l’esempio (i figli fanno quello che fai, non quello che dici, e sono bravissimi a sgamarti), e l’ambiente stesso è sì nato da una strategia di re-genderizaton per motivi di marketing, ma è stato accolto a braccia aperte anche da una marea di madri che, essendosi evidentemente sentite deprivate di fiocchi e lustrini rosa negli anni del femminismo, sono state ben liete di rientrare nei ranghi, e vorrebbero per le loro bimbe un futuro (rosa) di successo mediatico e finanziario conquistato a colpi di chirurgia plastica e sesso opportunistico.
    Ho smesso di celebrare l’otto marzo molti anni fa, quando ho realizzato che erano riusciti a convincere le donne che emancipazione significa scimmiottare il peggio dei maschi, e che andare in giro ubriache a guardare spogliarelli e toccare il culo agli uomini sia una bella conquista.

  25. Ah, comunque io continuo nel mio ruolo di madre, non di amichetta.
    E lei sta preparando per l’esame di terza media una tesina multidisciplinare sulla storia delle donne e dei movimenti femminili per i diritti.
    …Fiuuuu…
    🙂

  26. @Miriam:
    mi hai fatto venir voglia di leggere sia Maraini che Ferrante. Grazie.
    Domani corro in libreria.

  27. Che vivacità di scambi e interventi, e così in fretta.
    Da autrice di un libro di storie di fate, mi spiego: quando scrivo scrivo e basta, senza secondi o terzi fini, ma mi piaceva l’idea che le bambine avvertissero o scoprissero che le fate sono sempre esistite. Che non sono un’invenzione dei nostri tempi, creature che dai cartoni animati calano fra noi e ci incantano. Che ce ne sono di buone ma anche di cattive. Che i poteri stanno nelle persone, in come si spendono.
    Da editor, ho pubblicato il libro di Elisabetta Lodoli perché la voce della sua ragazzina è così verosimile, senza essere vera, da essere pienamente credibile. E perché la storia che racconta è una storia possibile.
    Da editor seguo anche i libri delle Winx. Non mi sembrano più perniciose delle Barbie o di altri personaggi televisivi sbarcati poi al cinema o sulla carta stampata.
    Da mamma di Emma, otto anni, cerco di mostrarle modi e mondi diversi, senza censure e senza pregiudizi: esiste Melusina, esiste Bloom. Ed esiste Emma, che diventerà se stessa e basta.
    Avete guardato le figure del libro di Elena Ferrante? Mara Cerri è un’illustratrice straordinaria. Il suo “Dentro gli occhi cosa resta” è un piccolo forziere di ricordi al femminile da scoprire poco alla volta (anche le parole sono sue).
    Grazie
    bm

  28. Dunque.
    Non riuscirò a rispondere a tutti ma devo assolutamente una precisazione a Beatrice Masini, e non solo.
    Spesso mi viene fatto il paragone con Barbie.
    Si tratta di questioni profondamente diverse: Winx è un prodotto di squisito merchandising. Sabato scorso, durante una delle presentazioni del libro, è coraggiosamente intervenuto un giovane sceneggiatore di Winx, che ha spiegato come l’elemento narrativo non venga assolutamente considerato interessante dalla produzione. Prima vengono gli studi che vogliono, comunicati stampa alla mano, proporre alle bambine un modello “trendy e cool”. E su quelli si infila una storia, alla bell’e meglio.
    Mi si dice, comunque, che i libri Winx sono la parte migliore dell’operazione. Ne sono sicura, conoscendo la bravura di Beatrice.
    Quanto a Barbie: lei era, è, una bambola (poi sono venuti, con qualche fatica, cartoni e giornalini ispirati a lei). Winx è un universo. E in quell’universo le parole d’ordine sono due: sii bella e sii popolare. L’elemento fatato è stato scelto unicamente per inserirsi in un filone alla moda, post Harry Potter.
    Detto questo, chi ha letto Ancora dalla parte delle bambine (grazie a chi lo ha fatto e lo sta facendo, a proposito) sa bene che io NON mi ergo a moralizzatrice. Non invito al boicottaggio delle fatine. Non dico: mai più fate e streghe.
    Mi limito a constatare che a livello culturale (in senso ampio) la fata e la strega sono state una salvezza apparente, e una condanna simbolica, per le donne. Ciò detto: ben vengano. Se i simboli vengono riconosciuti, ci si può giocare tranquillamente. Ma almeno, cerchiamo di capire dove sono, e cosa adombrano.
    Spero di essere stata chiara: ultimamente mi vengono attribuiti interventi censori che mai e poi mai mi sono appartenuti. Educare significa educarsi, a mio modo di vedere: e la mia sensazione è che a forza di considerare innocuo tutto, a forza di guardare altrove, ci siamo ritrovati in una situazione, dati alla mano, drammatica. Senza capire come sia successo.

  29. Secondo me questo pezzo dell’intervento di Gea merita di essere ripreso ed evidenziato.
    “…l’ambiente stesso è sì nato da una strategia di re-genderizaton per motivi di marketing, ma è stato accolto a braccia aperte anche da una marea di madri che, essendosi evidentemente sentite deprivate di fiocchi e lustrini rosa negli anni del femminismo, sono state ben liete di rientrare nei ranghi, e vorrebbero per le loro bimbe un futuro (rosa) di successo mediatico e finanziario conquistato a colpi di chirurgia plastica e sesso opportunistico.
    Ho smesso di celebrare l’otto marzo molti anni fa, quando ho realizzato che erano riusciti a convincere le donne che emancipazione significa scimmiottare il peggio dei maschi, e che andare in giro ubriache a guardare spogliarelli e toccare il culo agli uomini sia una bella conquista.”
    Gea parla senza peli sulla lingua e la ammiro.
    Mi domando, cosa è rimasto a noi donne delle battaglie per la conquista dei nostri diritti? Perché quello che è rimasto è anche quello che, nel bene o nel male, trasmettiamo alla nostre figlie. O no?
    Smile.

  30. Brava Beatrice Masini! Conosco i tuoi libri e li apprezzo tanto. Secondo me è giusto stigmatizzare gli eccessi, ma perché privarci di un immaginario collettivo bellissimo come quello offerto dalle fate? Scusate, forse sono una nostalgica.

  31. …esiste una sostanziale differenza tra merchandising (una tecnica) e marketing esperienziale (una teoria). Al tempo delle Barbie il secondo non era ancora affermato.
    Tornerò poi sui libri e sul tema.

  32. Martina, scusa: non ho detto che bisogna “privarsene”. Ho detto che bisogna, bisognerebbe, “capirlo”. E’ un poco diverso. 🙂
    Faccio un esempio, che spero risponda almeno in parte anche a Elektra e a Gea (grazie!!!). Negli anni Ottanta, dunque nel fulgore delle conquiste del movimento delle donne, ci fu un’antropologa che, pacatamente, invitò il femminismo a fare attenzione ai simboli. Si chiamava Ida Magli: diceva, in sintesi, che utilizzare le antiche icone della strega, della fata, del girotondo magico era cosa molto bella. Ma quegli stessi simboli avevano per secoli inchiodato le donne all’alterità rispetto al mondo reale. Al femminile la magia, la natura selvaggia, la capacità di comprendere i segreti del sovrannaturale. Agli uomini quello di ideare il sovrannaturale stesso. E di mantenere, saldissima, la presa sul mondo reale. Molto bene, disse Ida Magli: ma siatene consapevoli, o rischiate che tutte le conquiste fatte rifluiscano via, come la marea.
    Sul piano reale, è esattamente quanto è accaduto.
    Ora. Non facciamo a meno delle fate e della magia, per carità. Ma almeno cerchiamo di raccontare con energia nuova quello stesso mondo. Qualcuno, per esempio, dovrebbe spiegarmi perchè in moltissime storie scritte e non quelle fate privilegino attività molto poco grandiose: truccarsi, rivendicare tatuaggi e telefonini, spettegolare con le amiche. Poi, se avanza tempo, salvare il mondo. Non mi sto riferendo solo a Winx: moltissimi libri per l’infanzia sono giocati in questa chiave. E il paragone con l’equivalente maschile è impietoso.
    Come dicono giustamente Gea ed Elektra, questo è però un problema degli, delle adulte prima che delle bambine e dei bambini…

  33. eventounico, pardon. Ho citato letteralmente l’intervento di sabato, che non distingueva fra le due cose: ma il senso non cambiava, ti assicuro.

  34. Beatrice Masini ha scritto un altro piccolo libro troppo poco noto, La bambina di Burro e altre storie di bambini strani (vedi qui http://www.edizioniel.com/DB/scheda.asp?idl=1490 ), un gioioso “sì” alla diversità e un invito alla creatività come motore del convivere. Di questi tempi, ci sarebbe quasi da prescriverlo come medicina.
    Però scrive anche una serie così rosa che più rosa non si può (Scarpette Rosa, Edizioni EL), dove la protagonista è sì brava e responsabile e lettrice, ma lo shopping ha un ruolo che certamente Loredana disapproverebbe 😉

  35. Certo LA,
    infatti la mia era solo una precisazione, visto che che è inevitabile parlare di certi temi senza richiamare, purtroppo, gli schemi di funzionamento del “sistema”. A volte ne facciamo troppo parte senza capirli fino in fondo. In realtà avevo timore che si confondesse ciò che viene fatto con le “stregette/fatine” con la più becera tecnica di promozione presso il punto vendita o del punto di vendita stesso.
    Far sentire le bambine (e le mamme – grazie Gea) parte di un mondo che ha il suo campo magnetico su certi simboli è cosa assai più subdola.

  36. @ M.L.Pedroni:”quasi azzardato questo post, ricco di tanti spunti. Quasi azzardato nella sua composizione basata su tanti libri all’apparenza così diversi”.
    Un percorso lega i libri postati da Massimo, un percorso che segna le mutazioni spazio-culturali e che possiamo dividere per temi:
    – tema dei limiti. Buio di Dacia Maraini e La spiaggia di notte di Elena Ferrante, come punti per fermare il segmento della retta. In Buio c’è l’intuizione di uno smarrimento che si stava annunciando e che solo più tardi ci avrebbe travolti, intellettuali, genitori, educatori. Il primo racconto, di cui ho già accennato, a me ha ricordato un fatto cupo, oscuro, che come una nuvola spessa ha ingombrato il cielo della mia generazione: il caso di Ermanno Lavorini. Ricordo ancora le parole bisbigliate in casa e il senso di paura che mi provocavano. Cosa era successo? Questa cosa terribile (ma cosa???) poteva nascondersi ovunque? Anche mentre andavo a scuola? Poteva succedere anche a me? Da allora è solo storia quotidiana, triste cronaca nera. La spiaggia di notte invece si offre come un manuale, mitologia contemporanea per affrontare insidie e distrazioni. Maraini avverte che i limiti sono stati annullati, Elena Ferrante interagisce offrendo nuove raffigurazioni. Negli Stati Uniti c’è un termine (l’ho appena scoperto rileggendo Il giovane Holden) per definire, in modo appropriato, quello che riesce a salvarti appena in tempo: l’acchiappatore di destini. Nella spiaggia di notte è un gatto con i baffi che solleticano e un nome che può essere anche antipatico.
    …Continua

  37. -tema del tempo. Passato, presente. Per un confronto, proporrei Picciridda di Catena Fiorello e oltre ai libri presentati (di cui parleremo negli altri temi) suggerirei degli autori maschi : Ammanniti per Come dio comanda ed Eraldo Baldini per alcuni racconti, L’uccisore e la Spiaggia privata. Come possiamo mettere a confronto il nostro presente con quel passato matriarcale, così ben rappresentato dalla nonna Generala di Catena Fiorello, solo fra noi ? Tutte qui…dentro in questa scatola a sorpresa che è il mondo, come scrive Silvia Leopardi. Il passaggio dall’età di mezzo all’età adulta avveniva su scansioni consolidate, dure, a volte crudeli e per noi, oggi, addirittura incomprensibili; ma erano passi conosciuti, percorsi tracciati dalle generazioni che ci avevano preceduto, vite che si tramandavano e che si riconoscevano. Oggi cresciamo per caso, come capita, nel migliore (se si può) dei modi possibili. Sarebbe bello mettere a confronto la nonna Amoroso e la sua eccentricità arcaica, temibile, ma disposta alla vita, con Rino Zena, il padre-madre skinaz eccentrico, ma forte solo per recitare una piccola parte di se stesso. Sarebbe interessante…
    Ad Eraldo Baldini invece vorrei dire: ….e quella bambina morta che fa pauraaaa….?

    ….continua

  38. @ Elektra, grazie per la nota…anzi ti nomino aiutante in campo, ci stai?

    @ Eventounico: il rap è forte, ho provato a canticchiarlo, recitarlo…ma i rap si cantano?. Ciao, a dopo

  39. @ Miriam
    Word si prende sempre la briga di cambiare il mio nome da Leonardi in Leopardi (vedi citazione nel tuo post)..sarà un segno, chissà! 🙂

    scherzi a parte, sei la co-moderatrice più azzeccata per un post tanto ricco di risvolti e di argomenti!

  40. -tema sociale. Il confronto, come qualcuno ha già proposto, è fra Loredana Lupperini e Beatrice Masini, facendo però una premessa. “Ancora dalla parte della bambine” è un saggio straordinario, che ha aperto un grande dibattito e per molto tempo ancora resterà protagonista in discussioni e approfondimenti; libro da tenere e di cui consiglio la lettura e una visita al post con i suoi numerosi interventi. Di Beatrice Masini, invece, nella nostra presentazione c’è un solo piccolo testo, una fiaba, con lettura consigliata dai sei anni in su; ma l’autrice (con cui condivido l’amore per il lago) ha scritto libri magnifici, di straordinaria sensibilità e con una capacità di interpretare i sentimenti di bambini e bambine, originale e poco comune. Di lei ricordo: La casa delle bambole non si tocca, L’estate gigante, Fango su e fango giù, “perché per capire bisogna andare fino in fondo: giù, più giù, diritto nel fango. Perché solo se sei andato giù, puoi tornare su”.
    Continua…

  41. ma beatrice masini è la stessa beatrice masini che traduce harry potter?
    ed a proposito di harry potter, è corretto dire che se il nuovo mito delle bambine sono le winx quello dei bambini è proprio harry potter?
    ciao e complimenti per il bellissimo articolo.

  42. @ Silvia Leonardi: scusami per Word, che fa sempre un sacco di scherzi, a questo aggiungi il fatto che dovrei potenziare gli occhiali… e andarmi a coricare, perché lo strappo muscolare sta ricominciando a pizzicare.
    Grazie, ma io, RIPETO, sono solo un artiere. Ciao

  43. @Luisa: sì, è la stessa persona. Se fosse Harry Potter, non sarebbe male? Tu cosa ne pensi? e se lo fosse anche per le bambine?
    Adesso vado a riposare, riprendo questa sera. Ciao

  44. che dire? a me harry potter piace moltissimo. e posso aggiungere che tra i libri ed i film preferisco entrambi 🙂
    complimenti alla masini: scrittrice, traduttrice, editor. uau

  45. Miriam, accetto l’incarico. Grazie. Ma se faccio la tua aiutante c’è la possibilità di fare carriera in questo blog? Prima o poi Massimo affiderà anche a me un incarico?
    Che fine hanno fatto i maschietti che frequentano letteratitudine?
    Ma davvero questo è un post al femminile!
    Smile

  46. Lessi a suo tempo il libro della Gianini Belotti, ho letto recentemente quello della Maraini. La prima cosa che mi viene in mente è che nulla è cambiato, apparentemente le donne vengono apprezzate e quasi mitizzate, ma serpeggia la dominante maschilista. Ancora, le vittime sono sempre rincantucciate da qualche parte, non hanno difesa, talvolta nemmeno quella della stessa madre,spesso addirittura connivente del violentatore. appare un quadro desolato, in cui tutto quello che c’è intorno al sesso assume proporzioni spaventose. E’ inquietante come la liberà in questo campo vada a coincidere con l’ escalation di inventiva sessuale sempre più aberrante e sadica. Oggi, mentre la pubblicità mostra famiglie da mulino bianco, sta crescendo sempre più la ricerca maniacale della soddisfazione libidica sfrenata. Una ricerca spasmodica che vede bambini ridotti ad oggetto di violenze inaudite, addirittura neonati…e chi sono questi “uomini” che per un piacere spaventoso diventano orchi? Sono tra di noi, mimetizzati, vanno a fare le vacanze nei paesi dove l’infanzia è profanata da ogni tipo di sopruso e offerta e immolata al turista di turno. E sono tanti. Le cifre fanno paura.
    Ho la sensazione che più di ieri , oggi, si sia portati a stornare l’attenzione dall’argomento, malgrado le notizie fra quelle trapelate e quelle accertate siano di portata colossale.
    Mi chiedo se, a monte, non ci sia la volontà di insabbiare. Me lo chiedo perchè con gli stessi mezzi con cui si controllano le parti avverse politiche, attraverso telefoni, cellulari, web, ecc. non si sia ancora pervenuti a debellare e prevenire almeno in parte la bestialità imperante. Scusandomi con le bestie.
    Altra cosa che ho notato è una sorta di frattura tra genitori e figli, come se quella complicità di affetti che dovrebbe proteggere almeno il nucleo famigliare dagli attacchi esterni avesse subito una svalutazione a favore del benessere consumistico. La soddisfazione degli impulsi acquisitori, in tutti i campi, ha prodotto l’homunculus deforme, che disegnato, avrebbe sesso di proporzioni abnormi, cervello minuscolo, e cuore microscopico.
    Alla mia età , sinceramente, ho voglia di sfuggire a questa consapevolezza, ma poi penso ai miei figli, ai miei nipoti, a tutti gli uomini di buona volontà e allora continuo a sperare.
    Ma sono triste, molto triste.

  47. Grazie a Loredana Lipperini per i suoi interventi così pacati, precisi e sapienti, che mettono gli eventi in prospettiva dando loro tre dimensioni. E grazie a Miriam che precisa ruoli e modi e mestieri diversi: io racconto storie, non interpreto la realtà. Ma mi fa molto bene, e mi è utile per il mio mestiere, ascoltare chi lo sa fare come Lipperini, senza strillare, vituperare, denunciare, solo fotografando e mostrando. E poi rifletterci. Quanto alle fate che prima si truccano e si armano di telefonini, e poi semmai, se resta tempo, filano a salvare il mondo: è vero, i libri per ragazzi (maschi e femmine) sono pieni di stereotipi, e soprattutto di pallidi cloni. Come se, inventato un modello di qualche successo, bastasse fotocopiarlo per duplicarne gli esiti (in stretti termini di vendite). Peccato che a ogni copia il modello sbiadisca.
    Rispondo con un sorriso al faccino giallo di Paolo S: è vero, Zoe di Scarpette Rosa ogni tanto fa shopping. Ma compra con moderazione, forse è anche un po’ avara, e in compenso va un sacco a teatro, trascinata dai suoi compagni con la fissa della danza contemporanea…

  48. HELOISA, BAMBINA DI VITA

    Cadde trafitta
    come rosa sgualcita,
    la candida paloma
    che dimorava nel giardino

    dell’innocenza.
    Heloisa, bambina di vita
    dai mesti sorrisi stremati
    da una turpe schiavitù.

    Sogna ancora la bambola
    smarrita, nel torbido sfacelo
    dei cortìcos, fra i detriti corrotti
    della spenta virtù.
    ***
    Mi scuso se mi è più congeniale esprimermi in poesia, ho conosciuto
    l’autrice Dacia Maraini al Centro Siena – Toronto, diretto dall’amica Laura
    Ferri Forconi. Sperando che Dacia Maraini ci legga, la saluto caramente, e così le altre brave scrittici , che non ho il piacere di conoscere. Ringrazio anche l’infaticabile Massimo Maugeri per tutte le geniali iniziative che mette in opera.Maria Teresa Santalucia Scibona

  49. @ Beatrice Masini.

    “Io racconto storie, non interpreto la realtà”. Mi chiedo se la letteratura per bambini, legata da vincoli didattico- morali, non si scontri con la libera scelta creativa. Benedetto Croce sosteneva che la vera letteratura non poteva essere “oggetto di fruizione per i fanciulli” perché quando si scrive per loro si è troppo soggetti a regole. anche Alessandro Manzoni si rifiutò di comporre “inni per fanciulli” per lo stesso motivo. Il mondo si evolve, la letteratura anche. Desideravo chiederle se tali regole, a suo parere, sono scomparse. Chi scrive oggi per ragazzi è libero da un punto di vista creativo?
    Anch’io scrivo e pubblico fiabe per bambini e sono convinto che la letteratura puramente creativa, frutto dell’istinto, non sempre è consigliabile quando i fruitori sono soggetti estremamente vulnerabili, oltre che facilmente condizionabili, quali i bambini. Un cattivo libro può provocare danni enormi nella loro psiche.

  50. @ Elektra, fatti dare da Massimo la mia e-mail….

    @ Cristina Bove: quell’homonculos deforme, che citi alla fine del tuo intervento, io lo disegno da tempo, e il segno è sempre più esile. E’ una figurina nata da un percorso lungo, generato sulla spiaggia (sì, la stessa spiaggia degli scrittori) e che crescendo, a poco a poco, nel corso dei disegni, si è smunto. Il mio omino però non ha un sesso enorme, ma un accenno bianco sul bacino, come un pannolone che col passare del tempo, gli si è ristretto addosso, diventando parte della pelle. L’omino poi, ha un viso confuso, non c’è quasi più, i capezzoli e l’ombelico come un accenno antropomorfo di uno smile.

    Fra poco posterò il tema dedicato allo straniamento e al libro di Elisabetta Lodoli.
    a presto

  51. @ Salvo, concordo “Un cattivo libro può provocare danni enormi nella loro psiche” ed estendo il campo a tutte le altre cose…

  52. Salvo Zappulla, io parlavo di quello che faccio, non di come lo faccio. Le regole esistono. La prima è non dimenticarsi che anche se scrivi per te, e scrivi quello che desideri scrivere, dall’altra parte a un certo punto della catena di passaggi un bambino, un ragazzino ci sarà; e non vuol dire rendergli ossequio, o dargli le cose che pensi gli debbano-possano piacere, ma ricordare che lui, il lettore, possiede un certo linguaggio, che non è quello degli adulti, e che vede il mondo da un certo punto di vista, da una certa misura. Che inquadra nel suo sguardo cose che agli adulti sfuggono, e viceversa, ne ignora altre che per gli adulti sono importanti. Questo è il mio punto di partenza. Il resto – i temi, e la scrittura – dipende dalle storie, che in genere nascono già con un loro destinatario immaginario, molto simile per età e interessi al protagonista o ai protagonisti, e con un vocabolario legato a questo comune modo di essere.
    Quanto ai cattivi libri: che cos’è un cattivo libro per bambini? È un brutto libro? Forse sì: se per brutto si intende furbo, corrivo, compiacente, ma anche compiaciuto, lezioso, quindi alla fine noioso. E allora che cos’è un buon libro per bambini? Io non rispondo, non ora: ascolto.

  53. Il blog si sta animando di madri che si occupano e preoccupano di educare le proprie figlie e donne che rintracciano i loro percorsi di crescita, a volte sono tutte e due insieme. Molto interessante e divertente. Quando ho scritto “Questo mare non è il mio mare”, il mio primo libro perché faccio per lo più la regista e la sceneggiatrice di film, documentari e fiction tv, non mi sono chiesta quanto potesse essere educativo. Volevo invece costruire un personaggio, come dice Beatrice Masini che è stata la mia editor, plausibile. Ma questo era solo l’inizio, anche perché il mio personaggio ha un suo “doppio” nella realtà, visto che nasce da un documentario che io stessa ho realizzato. Ciò che io ho aggiunto, inventato del personaggio di Sewa – la scrittura, la letteratura, qualsiasi forma espressiva, non riproduce la realtà – è il suo punto di vista sul mondo occidentale in cui si trova catapultata da Sri Lanka. Guarda, osserva giudica le ragazze italiane. Sewa funziona così anche da specchio per noi .
    Elisabetta Lodoli

  54. Un cattivo libro è un libro che risponde alle esigenze della moda, cui i grossi editori qualche volta si tuffano a capofitto per ragioni di mercato e di cassetta, potrei citare qualche esempio ma non mi sembra corretto in questo luogo (non mi riferisco solo ai libri per bambini). Non è necessariamente noioso. Tutt’altro. Non dimentichiamo che in Italia i bambini costituiscono il nucleo dei lettori forti. Nella categoria ragazzi rientrano i libri compresi dalla prima infanzia alla tarda adolescenza. Una produzione vastissima. La scelta di capire quale sia un buon libro per il tal bambino spetta ai genitori ma soprattutto agli educatori. E’ importante che un bambino capisca di avere possibilità di scelta e sappia che può rifiutare un libro che non gli piace o lo annoia. Va da sé che non esistono parametri di eccellenza categorici che stabiliscono come deve essere scritto un libro, esistono dei criteri di massima cui un autore dovrebbe attenersi. Quindi qual è un buon libro di narrativa per ragazzi? Un libro che riesca a divertire, coinvolgere, stimoli alla riflessione, solleciti empatia; che sappia fornire un linguaggio che arricchisca, che aiuti alla fine il bambino a crescere in armonia.

  55. Scusate se ritorno in soggettiva, ma credo che possa in qualche modo essere utile.
    Dunque, la mia darkettina ha passato dei mesi a rileggersi i vecchi Harry Potter in inglese per essere pronta all’uscita dell’ultimo: le era intollerabile dover attendere la traduzione.
    Il che va a dimostrare:
    a) che anche le passioni da ragazzini hanno un risvolto utile persino dal punto di vista del più reazionario educatore; 😉
    b) che anche una bambina si può identificare con un maghetto maschio, se non la si è imbottita di leziosaggini dalla più tenera età (lei trova Hermione insopportabilmente squinzia, anche se ammirabilmente brava nel suo mestiere);
    c) che la dimensione magica è affascinante per ambo i sessi, ma che, come diceva Loredana Lipperini, bisogna conoscerla a fondo per gestirla bene, senza ridurla a ghetto del femminile o a fuga dal mondo reale e dall’ impegno sociale: una fata per bene non si rifà le tette a diciott’anni per sbatterle in faccia ai maghetti e fare carriera a Telebosco. Ha cose più importanti da fare.
    Non lo so che cos’è un cattivo libro per bambini, non conosco regole.
    Ma credo di saperne riconoscere uno buono: divertente, scritto bene, stimolante, curioso, allegro, profondo e leggero insieme. Come sono i bambini.

  56. Vi ringrazio davvero molto per i vostri numerosi commenti.
    La discussione si sta sviluppando in maniera stimolante e serena. E io ne sono felice.
    Un ringraziamento particolare a Miriam che mi sta dando una grossa mano a trovare elementi di raccordo tra i libri che stiamo presentando e al dibattito a essi correlato.

  57. Un ringraziamento particolare alle brave scrittrici ospiti.
    So che Loredana è impegnatissima a presentare il suo ottimo saggio da varie parti, che Beatrice ha sempre tanti impegni collegati alle molteplici attività che svolge. E così Elisabetta.
    Grazie per essere intervenute e spero che possiate trovare il tempo di intervenire ancora.
    Letteratitudine è casa vostra.

  58. @ Beatrice Masini:
    Tu hai scritto così tanti libri per bambini/ragazzi! C’è n’è uno a cui sei particolarmente legata? Hai qualche aneddoto particolare da raccontarci?

  59. @ Elisabetta Lodoli:
    Elisabetta, hai precisato che sei regista prima ancora di essere scrittrice. Hai maturato esperienze all’estero e diretto attori del calibro di Stefano Accorsi e Giovanna Mezzogiorno (spero di non sbagliarmi). C’è in cantiere una trasposizione cinematografica di questo tuo libro (nato peraltro da un documentario)?
    Poi una domanda all’orecchio (rispondi tranquilla, tanto ti leggo solo io): com’è Beatrice come editor?

  60. -Tema dello straniamento, dello sconvolgimento delle percezioni. Arrivati a questo punto, l’attenzione è tutta per Questo mare non è il mio mare di Elisabetta Lodoli. Questo mare, che è come dire, questa vita non è la vita che avevo in mente; questo presente cos’è? Come suggerisce (appena sopra) la stessa autrice, la sua protagonista, è come uno specchio in cui, noi tutti siamo invitati a rifletterci. Sewa viene da un altro mondo e a fatica, pian piano, riesce, non solo a comprendere questo strano sistema in cui si trova a vivere, ma una volta rassicurata della conoscenza linguistica (di un mezzo tecnico), la ragazza riesce anche a compiere delle distinzioni. La ragazza si emancipa in una dimensione di libertà, che non si realizza con l’adesione ai modelli (stereotipati e consumistici) che le girano intorno, ma bensì in autentiche scelte di vita. E’ un libro scritto per i giovani non avvezzi alla lettura; la crescita intellettuale, morale ed etica di Sewa coincide con la sua padronanza dell’italiano che nelle pagine, man mano, si trasforma. Da pagina 44, “Quando uno non parla bene la lingua, quello che dice, con tanta fatica, fa ridere gli altri. E poi se uno sa poche parole,usa sempre quelle. E quindi parla come un bambino, anche se le cose che vuole dire sono da adulto”. Viene in mente la scuola e tutto quello che si potrebbe fare.

  61. Alcune precisazioni.

    Con Dacia Maraini ci siamo scambiati un paio di mail. Lei ci legge e spero che abbia la possibilità di intervenire.

    Catena Fiorello, al momento, si trova fuori sede ed ha difficoltà a connettersi. Interverrà senz’altro nei prossimi giorni.

    Elena Ferrante è al corrente di questo dibattito. Spero che decida di intervenire contravvenendo al suo proverbiale riserbo. Chiedo alla brava Anita Pietra dell’ufficio stampa E/O di prodigarsi in tal senso.

  62. Alle volte, accade che l’opinione di un altra persona riesca a combaciare con la tua cosi’ tanto da farti stare in secondo piano (o anche del tutto occultato dietro al separe’). Io questa opinione, qui, l’ho trovata:
    ”Qual è un buon libro di narrativa per ragazzi? Un libro che riesca a divertire, coinvolgere, stimoli alla riflessione, solleciti empatia; che sappia fornire un linguaggio che arricchisca, che aiuti alla fine il bambino a crescere in armonia.”
    E l’ha espressa Salvo Zappulla.
    Sergio Sozi
    P.S.
    Per il resto, mi limito a dire che io a mia figlia (di quattro anni e mezzo) racconto le storie di Ercole, Ulisse, Astolfo Rinaldo e Orlando, Ruggero, Tancredi, Clorinda, Erminia, e dei personaggi mitologici vari (Chimera, Grifo, Pegaso ed Unicorno, ecc.), tutte un po’ addolcite ”ad usum Delphini” ma riviste a modo mio e alquanto aderenti alla realta’ letterario-mitopoietica, popolare e/o aristocratico-borghese dalle quali sono nate. Poi le ”Fiabe italiane” raccolte da Italo Calvino, che erano un tempo la bibbia dell’Italia infantile di un tempo assieme a Gianburrasca, Pinocchio e Pippi Calzelunghe, le tengo come unico testo di riferimento per la mia piccola Vauvi’.
    Sergio Sozi

  63. Caro Sergio,
    ne approfitto per precisare che uno dei motivi per cui tengo molto a questo post è che ho due bimbe piccole: poco più di tre anni la “grande”, poco più di un anno la “piccola”.
    Poi, Sergio, preso atto del tipo di storie e letture che elargisci alla tua pupa mi permetto di consigliarti un ottimo libro di Beatrice Masini. Credo faccia al caso tuo.
    Si intitola “Signore e Signorine. Corale greca”, sempre per Einaudi ragazzi.
    Sapienti, spiritose, ferite, forti: le donne del mondo greco hanno il coraggio degli eroi e la bellezza fiera delle dee. Sono le protagoniste della tragedia, della commedia, di Omero: Medea e Nausicaa, Circe e Cassandra, Lisistrata e Ifigenia… Prese in prestito e lasciate libere di parlare, perché hanno sempre una storia nuova da raccontare, oltre a quella che conosciamo già.
    Poi ci sono un sacco di altri personaggi mitologici. Davvero bello.
    ‘Notte.

  64. @ sergio:
    per il momento qualcuno dovrebbe prendersi la responsabilità di chiamare il telefono azzurro e salvare la tua bimba da un simile stillicidio. In caso contrario sarà lei medesima a vendicarsi appena le sue ditine saranno in grado di premere il grilletto di un kalashnikov
    🙂

  65. Sin tanto che si parla di Dacia Maraini, mi si trova d’accordo che i dodici racconti in “Buio” meritavano il premio Strega, pur ammettendo che non è a mio avviso il migliore lavoro della Maraini. Ciò non toglie che la Maraini rimane una delle pochissime scrittrici tout court di cui l’Italia si può ancora vantare d’avere. Anche quello della Lodoli è un buon libro, niente di eccezionale… ma si fa leggere.

    Gli altri titoli non mi interessano semplicemente, né credo d’avere il tempo e la voglia di approfondire.

  66. Per Miriam.
    Volevo dirti che sei una bravissima co-moderatrice. Il dibattito è davvero interessante. Spero che non si fermi qui.
    Smile

  67. Mi associo alle domande di Massimo e, a differenza di Iannozzi, sono molto interessato alle risposte delle brave, coraggiose e mai banali autrici.

  68. So che perderò il sonno su questo post…Dunque, riprendo due frasi interessantissime di Beatrice Masini e di Salvo Zappulla. Laddove scrive Beatrice: “Come se, inventato un modello di qualche successo, bastasse fotocopiarlo per duplicarne gli esiti (in stretti termini di vendite). Peccato che a ogni copia il modello sbiadisca”. Poi, Salvo: “Mi chiedo se la letteratura per bambini, legata da vincoli didattico- morali, non si scontri con la libera scelta creativa”.
    Tema importantissimo. Nel primo caso, perchè Beatrice ha mille volte ragione: il modello narrativo, diciamo così, primigenio ha una propria ragion d’essere e una propria coerenza. I cloni, no. C’è una bella differenza nel ragionare, per fare un esempio banalissimo, sulla figura di Galadriel ne Il signore degli anelli e sull’elfa di serie C di cui vengono esaltati solo gli stereotipi svuotati (armonia,accudimento, bellezza). E molto, molto spesso l’editoria – specie italiana- ragiona per cloni. Purtroppo.
    Salvo: magari sbaglio, ma io penso che la scelta creativa non sia mai totalmente libera, mai svincolata del tutto dai modelli e dai simboli che ci portiamo dentro, e che per questo è necessario conoscere. Ho molte amiche scrittrici che si interrogano sul modello di maschile e femminile nel momento stesso in cui lo ripropongono nei loro libri. Amici scrittori, anche. Interrogarsi non vuol dire frenarsi: anzi…
    Infine, brevemente sulla domanda di Massimo. Ho scritto il libro dopo che Elena Gianini Belotti, chiacchierando, mi ha lanciato, con generosità straordinaria, l’idea di “aggiornare” il suo. Non la ringrazierò mai abbastanza: e credo che pochissimi scrittori sarebbero capaci di un gesto del genere.
    Poi, quando ho cominciato a lavorarci, ho anche capito che il libro era già dentro di me da diverso tempo, e che quei ritagli, file, saggi che stavo tenendo da parte senza apparente motivo aspettavano soltanto un’occasione…Ecco.

  69. Vi ho scoperta per caso. E’ un forum appassionante, questo. Scrivo solo per farvi tantissimi complimenti a voi e alle brave scrittrici che stanno partecipando.
    Angelica Forte

  70. Ho solo detto che le altre autrici non mi interessano.
    Nulla per cui alzare il tono di voce o muoversi a scandalo.
    Apprezzo la Maraini, per stile e cultura: ribadisco che è una delle pochissime scrittrici italiane di un certo spessore, letterario e civile.
    Non mi dispiace il lavoro della Lodoli.
    Proverò comunque a leggere la Masini: le fiabe non mi dispiacciono e non portano via troppo tempo. 😉

  71. Hai ragione Giuseppe. Ognuno ha i suoi gusti. E non c’è nulla di male. Smile a te.
    A me invece le autrici invitate interessano tutte. Anzi, ne approfitto per chiedere a Massimo di invitare Simona Vinci. Anche lei ha scritto di bambini. Si può, Massimo?
    Aspetto le repliche di Salvo Zappulla e Beatrice Masini al bel commento di Loredana Lipperini.
    Scusatemi, ma sto facendo la vice-Miriam: la co-co-moderatrice.
    Lo so, con questo “co-co” sembro una gallina. Ora Gregori me ne dirà tante!
    Smile.

  72. Effettivamente, LA, interrogarsi vuol dire incamminarsi sulla via della scoperta.
    I grandi scrittori sfruttano con arte e perizia temi già esistenti. Tutti lo fanno. Solo i geni sanno guardare altrove
    I più scrivono (o dipingono, o compongono) secondo quello che hanno dentro, attingendo al loro “cervello rettile”.
    Ciò determina una sorta di monocromia tematica di base della quale l’orecchio e l’occhio umano ormai non ha più percezione.
    In tal senso una buona regola sarebbe quella di leggere e “studiare”, ovvero abbinare alla narrativa lo studio di ciò che essa racconta, la tecnica della quale si serve, i soggetti, i contesti, ecc..
    Dunque ben venga questa proposta variegata e complementare (grazie Massimo…) proprio perchè può soddisfare il cuore e l’ingegno.
    Homunculus permettendo…vero Miriam ?

    p.s.
    No Elektra, ma un uomo deve saper essere paziente soprattutto con donne di simile personalità. 🙂

  73. “Proverò comunque a leggere la Masini”. Bravo Iannozzi, ne ero sicuro.
    Altrimenti poi le signore hanno ragione quando sostengono la nostra stupidità. 🙂

  74. Eventounico si associa a Massimo, e io mi associo a lui nel concordare che quanto verrà fuori da questo post sarà per me di sicuro interesse. Non credo si possa mai scadere nel banale, nel convenzionale o nel retorico. I temi che stiamo trattando sono appassionanti, e non solo perchè vivo in prima persona la mia realtà da donna, ma proprio perchè si tratta di argomenti complessi, difficili da sviscerare ed esaurire. Eppure ci stiamo provando, con buoni risultati e tanti spunti di riflessione.

  75. Sto leggendo il libro della Lipperini e ne sono entusiasta. Complimenti vivissimi, Loredana. Sono ancora all’inizio ma la sensazione è che sei riuscita ad affrontare gli argomenti in maniera approfondita e mai banale. Brava davvero.
    Ottimo post.

  76. Domanda per Loredana Lipperini.
    Intanto auguri per il libro. Non l’ho letto ma lo farò presto perché mi interessa particolarmente. Volevo porle una domanda. La pongo a lei e alle altre autrici, ma ringrazio già da ora chiunque altro vorrà rispondere.
    La domanda è questa. Come vede il ruolo del padre rispetto alle bambine di oggi? Nel rapporto padre-figlia è cambiato qualcosa rispetto al tempo in cui scrisse la Gianini Belotti? In meglio o in peggio?
    Grazie

  77. Beatrice Masini mi può interessare, sì, per le favole. La favola è un genere molto difficile. Per questo anche sono curioso. Un genere più difficile del racconto mainstream, a mio avviso. In una favola ben scritta c’è tutto un mondo, un romanzo, una morale. Ecco perché sono incuriosito dalla scrittura di Beatrice Masini, che ancora non conosco. Il fatto che sia un libro per bambini non significa nulla: inutile indicazione dell’editore, per quanto mi riguarda. 🙂 E poi io sono un bambino. 😀

  78. Anzitutto: grazie davvero, dal profondo del cuore, a Marzia! E grazie anche a Stefano, che pone una questione importantissima.
    E’ cambiato in meglio il ruolo dei padri, ne sono certa: in molti si stanno riprendendo quella parte di accudimento e di tenerezza che ad altre generazioni era stata negata.
    Però.
    Sta cambiando in modo…inquietante l’immagine che i genitori, entrambi, hanno di se stessi. Ho la sensazione, purtroppo confortata sia dai numeri che dai fatti a cui ho assistito e che continuano ad occupare le cronache, che padri e madri siano sempre più preoccupati. Che desiderino che figlie e figli siano totalmente al riparo da tutto. Che siano, in una parola, perfetti.
    Semplicemente, non è possibile. E non fa bene. Siamo esseri imperfetti, e le piccole e grandi frustrazioni ci sono necessarie per crescere: una delle mie paure è che il libro venga interpretato, come ho già detto, in chiave “censoria”. Non è che le bambine, per portare il solito esempio, vadano “difese” dai modelli sbagliati. Sono gli adulti che devono comprendere quei modelli. Ma dobbiamo farlo per noi, non solo per loro.
    Per farla corta, e per metterla anche sul personale: per anni ho assistito a battaglie furibonde nelle assemblee dei genitori su quanto gesti minimi (fare le orecchie al quaderno di una compagna, dire una brutta parola, litigare) potevano “turbare”. Questo mi fa paura. Quando si è piccoli si litiga, a volte ci si picchia, ci si fanno i dispetti. Non sono atteggiamenti da incoraggiare, ovviamente: ma non sono drammi. Invece, esiste una cultura dell’allarme intorno ai bambini (e soprattutto intorno alle bambine) che trovo molto, molto, molto inquietante.

  79. Gentile Loredana Lipperini, la ringrazio molto per la cortese risposta. Credo che sulla questione “preoccupazione” dei genitori (oserei dire paura, in certi casi) abbia proprio ragione. Io, da padre, molro spesso mi sento inadeguato.
    Vorrei lanciare una piccola provocazione. Può essere che questa preoccupazione dei genitori dipenda anche dalla confusione dovuta all’alternanza di modelli genitoriali opposti, che si sono alternati in questi decenni? Mi riferisco al modello genitore/autoritario pre-sessantotto e a quello genitore/amico post-sessantotto.
    Mi collegherò stasera per leggere le risposte.
    Ancora grazie.

  80. ‘Non sono atteggiamenti da incoraggiare, ovviamente: ma non sono drammi. Invece, esiste una cultura dell’allarme intorno ai bambini (e soprattutto intorno alle bambine) che trovo molto, molto, molto inquietante.’
    Mi sono sentita punta da questa affermazione, signora Lipperini, perchè io ci sto passando adesso. E sto maturando l’idea che sia necessario, da genitore, ‘filtrare’. Le sembra che questi ‘allarmi’ possano essere in un qualche modo favoriti da talune metodologie didattiche? Per farla breve: dal voler modernizzare l’educazione nelle nostre scuole ma forse in modo eccessivamente rigido e rispettoso di talune teorie pedagogiche e di psicologia infantile?

  81. Per concludere: tante osservazioni che mi sento fare io oggi dagli insegnanti di mio figlio (e siamo solo all’inizio, ha due anni), tanti testi suggeriti per la lettura, colloqui con la pedagogista comunale (non obbligatori ma ‘vivamente consigliati’ in fase di incontro individuale genitore-educatore) tanti input insomma, quando li racconto a mia madre o mia suocera ne escono sbotti del tipo ‘ma insomma, è sano e vivace, è tutto normale’. Per cui mi faccio delle domande. E, come dicevo sopra, forse è una questione di filtri, la verità non sta tutta da una parte.

  82. Sono pienamente d’accordo con la risposta che mi ha dato Loredana, mi pare che la pensiamo più o meno alla stessa maniera, E mi complimento per i suoi interventi oculati. Aggiungo solo che a mio parere un autore dovrebbe avere la capacità di comunicare a più livelli, evitare di fornire troppo esplicitamente valori didattico-morali ed offrire al bambino messaggi in forma simbolica, non troppo diretti, lasciando che a lavorare sia la sua fantasia e il suo spirito critico. A Miriam desidero fare i complimenti perché sta dirigendo questo straordinario dibattito con la maestria di un direttore d’orchestra. Mi piacerebbe farti una proposta (non indecente) alla conclusione, affinchè dallo stesso ne scaturisca qualcosa di concreto per i bambini e che sigilli questo bellissimo momento

  83. Ringrazio tutti voi per i vostri nuovi commenti.
    E ringrazio Loredana per essere tornata a intervenire con grande verve.
    Ho l’impressione che Stefano abbia aperto un filone di dibattito importante all’interno del post.

    @ Salvo Zappulla:
    Fai bene a complimentarti con Miriam.
    Miriam è in gamba. Non per nulla le aperto una rubrica all’interno del blog: “L’occhio alato: storie di disumanizzazione scolastica”.
    http://letteratitudine.blog.kataweb.it/category/locchio-alato-storie-di-disumanizzazione-scolastica-di-miriam-ravasio/
    Ho già pubblicato – e continuerò a pubblicare – alcuni stralci del lavoro di Miriam che, a mio avviso, meriterebbe di essere pubblicato in forma cartacea.
    A buon intenditor… o meglio a buon editor…

  84. Ho letto i vostri interventi: accidenti! (è la mia espressione tipica per esprimere sorpresa ed entusiamo). Ora mi concentro un po’ e poi cercherò di intervenire con attenzione.
    Per ora ringrazio il mondo! A dopo, Miriam

    @Elektra: continua ad assistermi, grazie ( s…e)

  85. Non vorrei ammantare con un velo lugubre questo interessante post e spero che quanto segue sia interpretato solo ed esclusivamente in direzione del dibattito.
    Dunque, credo di aver perso il conto (causa trentennale carriera) di quanti adolescenti ho visto morire suicidi o ammazzati da qualcuno che in teoria avrebbe dovuto proteggerli. E’ anche vero che ho visto adolescenti imbracciare il fucile da caccia e far fuori genitori e/o amici.
    Di fronte a questi orribili avvenimenti ho sempre constatato che l’adolescente (vittima o carnefice non importa) veniva ritenuto dai sopravvissuti come una specie di oggetto misterioso.
    Grosso modo: “studi, mangi, balli e canti. che cazzo mai ti mancava che ti sei dovuto ammazzare, o ammazzare tua madre oppure far uccidere?”.
    Mi sono reso conto, troppo spesso, che l’occhio di chi guarda l’adolescente spazia al massimo su una superficie esteriore, senza mai tentare di capire cosa c’è al di là dei balli e dei canti.
    Una volta parlai con una signora del quartiere San Paolo un paio d’ore dopo che il suo ragazzo di 15 anni si era buttato dal settimo piano.
    “Non mi do pace perché non ho capito”, mi disse.
    Le feci notare che, probabilmente, quel ragazzo non aveva pace da tempo perché da anni non veniva capito.
    Le ho anche detto, visto che di figlio ne aveva un altro, che quando si sale su un davanzale per buttarsi di sotto non è vero manco per il cazzo che si è felici e sollevati perché le sofferenze stanno per finire.
    Spesso su quei davanzali vengono trovati escrementi e urina. Residui organici lasciati dal suicida che, in quel preciso momento, aveva una paura fottuta di quello che stava per fare.
    Ma, nonostante, ha fatto quello che viene pedantemente chiamato “l’insano gesto”.
    “Non c’è nulla di insano – lasciò scritto una ragazza su un biglietto prima di uccidersi – in quello che sto per fare. E’ stato insano non capire e non essere capita”.
    A volte, purtroppo, persino atteggiamenti apparentemente trasgressivi come ballare la lap-dance seminuda può essere una richiesta di aiuto. Ma, altrettanto purtroppo, il mondo è pieno di persone come la donna di San Paolo che si disorientano di fronte alla loro ignoranza, invece che disorientarsi di fronte al disagio di un quindicenne.

  86. Caro Enrico,
    ti ringrazio molto per lo squarcio che apri con questo tuo commento, certamente utile per il dibattito.
    Per chi non lo sapesse preciso che Enrico Gregori è il capo della cronaca nera del quotidiano “Il Messaggero”.

  87. Al caro Massimo: non so se nascerà un film dal mio libro, se quel film lo farò io o qualcun altro. Per quanto mi riguarda, al momento, dico di no, anche se nel libro c’è un tema che accompagna le mie riflessioni da tempo, come l’ essere stranieri. Una dimensione di vita che, secondo me non riguarda solo chi vive in un paese sconosciuto. Spesso si è stranieri a se stessi. E lo straniamento permette interessanti esplorazioni dentro e fuori se stessi. Ma sto entrando in un tema estraneo, mi sembra, ai libri per bambini.
    Trovo molto interessante lo scambio fra Masini, Lipperini e Zappulla sui modelli. Sono d’accordo con la riflessione di Lipperini sui modelli. Ogni scrittore si misura sempre con modelli esistenti, con i modelli che fanno parte della propria cultura, e questa consapevolezza permette di confrontarsi con loro, di romperli, di giocarci. Questa è una parte della libertà di uno scrittore o scrittrice. Anche il mio libro si confronta con modelli, quello per esempio contemporaneo delle ragazze d’oggi, e non solo loro: essere belle e famose. E la mia protagonista vuole essere italiana, come tutte le altre ragazze, ma allo stesso tempo s’interroga su cosa voglia dire, se le piace fino in fondo, a cosa dovrebbe rinunciare di se stessa per diventare come un’italiana. Sicuramente però, riflette, un vantaggio ad essere occidentali, per le donne c’é. Ed è quello di essere libere. Ma in che misura è vero, per le ragazze italiane?

  88. ‘Mi sono reso conto, troppo spesso, che l’occhio di chi guarda l’adolescente spazia al massimo su una superficie esteriore’
    Caro Enrico, sai cosa dicevo io ai miei (specie a mio padre) quando over 14 iniziavo a lanciare i primi vagiti non standardizzati? Ti sei dimenticato di essere stato giovane. E in parte avevo ragione, in parte. La questione in realtà, è più complessa perchè da genitori ci si ritrova pieni di impegni, preoccupazioni varie (casa, incastri di orari, faccende economiche…) oltre al fatto che i figli (per quanto il genitore si si sforzi di rimanere ‘al passo coi tempi’) sono comunque una generazione diversa, con dinamiche e caratteristiche che non coincidono con ‘quell’essere adolescente’ che spesso ricorda il genitore. Ecco perchè concordo molto con la signora Lipperini quanto sottolinea che non si tratta di censurare ma di capire, ascoltare i segnali, coglierne le dinamiche.
    Poi sulla faccenda ‘eventi di cronaca e incredulità dei parenti/amici stretti’ confesso che rimango tutt’ora confusa e amareggiata quando leggo o ascolto il tal servizio dove si intervista ad esempio il nonno di () che è appena morto (magari appunto suicida) e arrivano frasi del tipo ‘inspiegabile’ oppure ‘mai immaginato che’. Ecco. Queste logiche mi angosciano.

  89. Cara Elisabetta,
    bentornata!
    Ribadisco che il tuo libro è importante perché affronta un tema attualissimo.
    Sewa è una bambina straniera che deve integrarsi in Italia.
    Ma le problematiche connesse all’integrazione possono essere considerate da molti punti di vista, soprattutto riguardo ai bambini.
    a) Sewa, bambina straniera nata all’estero, che deve integrarsi in Italia
    b) I bambini, nati in Italia, figli di immigrati, che devono crescere tra la cultura della famiglia d’origine e quella della società dove sono nati ma che non sempre è la loro (ruolo di scuola e famiglia)
    b) i bambini italiani devono essere abituati a vedere in Sewa e negli altri bambini stranieri non “diversi”, ma bambini (ancora… ruolo di scuola e famiglia).
    Poi tu dice che, al di là di tutto, e a prescindere dai luoghi di origine, “spesso si è stranieri a se stessi”.
    E qui torniamo al commento di Enrico.

    Ricapitolando…
    Loredana sostiene, giustamente: genitori, attenzione a non preoccuparvi troppo.
    Enrico avverte, giustamente: genitori, preoccupatevi eccome… quand’è il caso di farlo.
    Elisabetta fa notare, giustamente: stranieri sì, ma il problema è che “spesso si è stranieri a se stessi”.
    A voi…

  90. Secondo me Enrico e la signora Lipperini stanno dicendo di fatto la stessa cosa ma da due estremità diversa (se ho capito bene).
    Enrico parla di eventi di cronaca molto duri, drammatici, di atti ‘estremi’ che nascondono un mondo di parole non dette. In questo senso penso, c’è l’intendo di sottolineare quant’è importante la comunicazione, l’attenzione verso i segnali e il parlare, anche a muso duro pur di capire e arrivare al nocciolo del problema.
    La signora Lipperini teme l’eccesso contrario su talune dinamiche da micromondo, mi permetto di dire, ovvero il considerare inaccettabili comportamenti e atteggiamenti (specie nei bimbi) perchè si tende a fissarsi sul modello del figlio perfetto per forza (e in quest’ottica anche una piega sul foglio del compagno diventa inadatta al ‘ruolo’ ).
    Per cui certo, arrivare a ‘non capire’ perchè un figlio ha fatto una cosa grave come uccidersi o violentare o uccidere altri è tremendo. La comunicazione è vita, per me.
    Altrettanto però eccedere nei modelli, mettere sotto la lente ogni gesto, azioni, parola con l’intento di studiarli e renderle ‘accettabili’ trascurando magari che si tratta di bambini (con le dovute necessità di crescita e sfogo) ecco, anche quest’atteggiamento mi sembra pericoloso.

  91. @ chi vi pare
    quando la nonna diceva “figli piccoli piccoli problemi, figli grandi grandi problemi” si era portati a fischiettare l’ultima dei Led Zeppelin o ad aprire la dispensa e farci due wurstel.
    Nonna, però, aveva ragione da vendere.
    Il fatto incontrovertibile, però, è che i problemi sono sempre gli stessi seppur mutuati dal progresso esterno.
    E, ancora, chi dovrebbe capire ha difficoltà a farlo.
    “Ma che hai da essere triste? T’ho comprato il cellulare con tanti megapixel?”
    Ecco, due secondi dopo una frase del genere, si dovrebbe respirare, espirare e poi dirsi “sono uno stronzo”.
    E tentare di capire.

  92. Da figlia sarei portata ad applaudirti, Enrico, anzi, vari anni fa (tipo quindici) saresti diventato il mio mito.
    Da genitore oggi ti dico che non lo so se io (io) quando mio figlio sarà un adolescente riuscirò a capire (sul tentare spero di rimanere simile a quella che sono adesso, rompiscatole in un certo senso, ma che se non capisce ha la testa dura e riprova, spero).

  93. @ barbara:
    grazie ma sai, sono il mito di tanta gente che se anche non sono il tuo non importa
    ps: commentino a te ma anche a uso e consumo di quella innocua provocatrice di elektra
    🙂
    ps: molto carino da parte tua vedermi come una sorta di papà. spero che i tuoi libri abbiano la stessa fortuna di chi tenta di vendere ghiaccioli in siberia
    🙂

  94. @ Barbara Gozzi. A proposito degli interventi di ieri su realtà e letteratura, ho letto la tua risposta, a cui aggiungo solo questo: se penso alle cose intime, che provocata dal tuo racconto Clik Jeans, ho scritto su questo blog, ancora mi sento arrossire e mi rimpicciolisco per l’imbarazzo.
    La Letteratura è potente, non solo perché è testimone dei tempi, ma perché è ARTE , smuove i sentimenti, tocca il cuore e invade la nostra vita spirituale.
    Un abbraccio, Miriam

  95. Sono MOLTO d’accordo con te, carissima Miriam sul potere enorme della letteratura, sulla capacità di toccare, trasmettere, combattere, condividere, far riflettere, divertire, impaurire … (e per carità non mi riferisco a quello che scrivo io, no-no-no, però ti ringrazio tanto per la citazione – adesso sono diventata io piccola, piccola e rossa).

    Un abbracio a te,
    B

  96. @ Per Enrico,
    volevo proporti un intervento a proposito di come sia cambiato, negli ultimi anni, il modo di fare cronaca, ma le cose che hai scritto tolgono il fiato…
    Ho ritrovato un appunto di tanto tempo fa, risale ai primi numeri di Vibrisse, non ricordo la firma: “…una spaventosa distrazione di dio, che abbandona l’uomo alla sua scandalosa, elettrica, tentazione del male”.
    Forse dovremmo essere tutti più attenti, o almeno provarci.
    Ciao, Miriam

  97. Allora, allora.
    Tento un’altra sfilza di risposte (mi avvantaggio, fino a sabato non sono sicura di poter intervenire, domattina parto per Bologna per presentare il libro).
    Stefano. Temo che siamo stati tutti indotti a sentirci inadeguati, negli ultimi tempi. Un po’, a mio modo di vedere, perché i bambini sono diventanti “merce rara”. Sono pochi, quindi preziosi. Un po’ per quella stolta “coazione a ripetere” per cui un modo di sentire, una notizia, un’opinione di presunto esperto rimbalza da un mezzo all’altro e diventa verità. Dice Roberto Volpi, uno statistico molto acuto, che i genitori sono letteralmente bersagliati da consigli che li portano ad iperproteggere il fragile frutto della loro unione. Ma, spessissimo, per i motivi sbagliati. Il discorso sul genere, per dire, è stato totalmente ignorato da almeno quindici anni: con risultati desolanti. Quanto al post-sessantotto, rispondo: forse. E’ vero che la generazione dei cinquantenni sta combinando non pochi pasticci: ma sono più portata a credere che abbiamo un problema di cattiva informazione che non siamo in grado di gestire. E che questo abbia delle conseguenze molto pesanti.
    Barbara.
    Più che di metodologia, temo che sia un problema di persone che la applicano. Elena Gianini Belotti, trent’anni fa, fu durissima nei confronti delle insegnanti delle scuole materne ed elementari: disse, senza mezzi termini, che chi si trovava impegnato in un compito delicatissimo veniva da scuole pessime, le allora magistrali. Che non aveva i mezzi per farlo, insomma. Il discorso, mi rendo conto, è ingeneroso e non tiene conto dalle molte eccezioni. Ma è vero, e in molta parte è vero anche adesso. Dall’altra parte della barricata, poi, ci sono i genitori angosciati di cui sopra. Il risultato è che un patto fra adulti si è rotto: e, al momento, non si riesce a capire come venirne a capo.
    Elisabetta.
    Posso rispondere alla domanda: in che misura le ragazze italiane sono libere? Poca, secondo me. I modelli loro proposti sono “piccoli”. Il che non significa che non abbiano la forza, la fantasia, il coraggio, di uscirne. Ma il concetto, diffuso fra molte, di uscirne grazie al potere del proprio corpo ha un sapore antico. E amaro.
    Enrico e Massimo.
    Eh, cari miei: è ovvio che sto scegliendo la strada più difficile, quella di mezzo. Comunque. Mi piacerebbe sostituire la parola “preoccupazione” con “attenzione”. O “curiosità”. Insomma: non adulti vigilantes, ma “vigilanti”…

  98. @ miriam:
    sono pronto a esaudire il tuo desiderio molto volentieri. non so se questo post sia la sede appropriata e, comunque, l’argomento è talmente vasto che sarebbe opportuno che tu mi dessi qualche “binario”. Per il resto, quello che ho scritto prima, non ha nulla a che vedere con il cambiamento del modo di far cronaca. I fatti, più o meno, sono sempre gli stessi. Cambiano, è vero, i modi di raccontarli e i metodi di lavoro. Comunque….a disposizione!

  99. @ loredana:
    cheppalle! 🙂 te l’ho detto anche a 4occhi cosa penso del tuo libro e del tuo modo di affrontare l’argomento. Ho anche fatto un paragone con altro e recente libro sulle adolescenti (che qua non cito per ovvi motivi) e mi sono espresso come sai. Ma, invero, fare i complimenti a te è come suonare Bach ai sordi! Ciao, donna in cOrriera!
    🙂

  100. @ per tutti vorrei un tantinello d’attenzione
    non ho letto niente di questo post (ho il pc in andropausa) , so che parla di bambini e adolescenti; non ho tempo, anche perchè devo correre alla presentazione di un libro di poesia e i poeti si offendono più degli scrittori se non ci vai.

    Ho letto solo lo splendido commento di Enrico (Gregori) e sono commosso; ho avuto un problema, grosso come un palazzo. Penso di averlo risolto, spero.
    Mio figlio, nella primavera scorsa, entrando in casa che tornava da scuola sentì il Tg che dava la notizia del suicidio di quel ragazzo di origini orientali che s’era ucciso perchè pensava che lo considerassero gay.
    Il suo commento fu : “Ha fatto bene, vivere così fa schifo”.
    Il mio ragazzo non è gay, ma anche se lo fosse stato non si poneva una questione di discrimine.
    Era sottoposto a fenomeni di bullismo che gli impedivano di respirare, di vivere. Un po’ lo sapevo e speravo che li superasse fisiologicamente, ma era più grave del previsto; non era accettato dal “branco”. Lui, capelli lunghi e magliette “Iron Maiden” o Jimi Hendrix, loro capelli corti, jeans “Dolce e Gabbana”, mini-car e cellulari galattici; lui vecchio Nokia “Pronto sono io-pronto sei tu?.
    L’ho tirato via. Ho iscritto mio figlio ad una scuola cattolica, dove c’è ancora il rispetto, dove sono “rigorosi ed affettuosi”.
    Ieri la prof d’italiano mi ha detto “Signor Di Domenico, ma questo gioiellino dove l’aveva nascosto?”
    Ho detto: “mi scusi un attimo e sono andato a piangere in bagno”

    Fare i genitori non è un mestiere, è intuizione e, sopratutto amore, che è altra cosa dall’egoismo.
    Scusatemi,
    se non corro alla presentazione, quelle vecchie megere mi tolgono il saluto, m’interessa meno dell’amicizia di Silvia Leonardi, ma mi interessa.
    @Silvia,
    non mi parte la posta, ma ti ho mandato una lettera di scuse in ginocchio!

  101. @ loredana:
    non lo so che hai detto, non so manco che ho detto io. so solo che ce l’ho con te…. e non so perché. e se un motivo non c’è, me lo invento
    🙂

  102. Poco fa mi ha chiamato Dacia Maraini al cellulare. Non è ancora intervenuta perché ha problemi di visualizzazione. Sono molto rammaricato. Purtroppo questo è un problema ricorrente (che interessa chi si connette con la vecchia versione di Internet explorer) che i tecnici di kataweb non sono ancora riusciti a risolvere.

  103. Pensavo di essere il più grande umorista di questo secolo ma leggendo le battute che Gregori snocciola a ruota continua, credo che dovrò accontentarmi del secondo posto.

  104. @Ariaperta.
    Chi non è in contatto con l’infanzia, si perde il mondo, o come ha scritto Ronald D. Laing : la nostra comprensione di noi stessi è enormemente impoverita se non siamo in contatto con l’infanzia. Hai parlato di Barbie, ci giocavi, e di Winx. La grande diffusione delle Barbie risale alla metà degli anni settanta; i miei gestivano una cartoleria e accanto alle bambole di pezza (d’importazione e poco costose), sugli scaffali prendevano il posto le Barbie, anche loro d’importazione (ma da un altro continente) e dal prezzo accessibile. Piccole donne, anzi donnine sexi che alle nonne piacevano poco e alle mamme così e così. Nel giro di pochi anni tutto era cambiato; solo Barbie, vestiti delle Barbie e per i maschi i robots, basta macchinine, solo mostri che si trasformavano. Le multinazionali dei giocattoli stavano invadendo l’immaginazione dei piccoli, nella quasi totale e assoluta indifferenza degli adulti che si adeguavano. (leggi il libro di Loredana Lipperini)
    Solo più tardi abbiamo capito e compreso che la sostituzione dei giochi era sostituzione di modelli e che la donnina tutta curve, si espandeva nei rapporti famigliari, imponendo ore tristissime e noiose di cambi d’abito, di telefonate, di chiacchiere vuote. Vuote vuote vuote.
    E poi, che tristezza osservare i nonni e le nonne (probabili ex gloriosi metalmeccanici), obbligati a “bere il te” dalle tazzine meno grandi di un fagiolo!

    Continua…

  105. @ ancora ad Ariaperta e a tutti.
    A proposito di giochi, di bambini e di adulti, posto una lettera molto particolare e commovente; la scrisse Bartolomeo Vanzetti, poco prima di morire, innocente, sulla sedia elettrica. (1927)
    “ Caro figlio mio, vi ho sognati notte e giorno. Non sapevo se ero ancora vivo, o se ero già morto. Avrei voluto abbracciare te e tua madre. Perdonami, figlio mio, per questa morte ingiusta che così presto ti lascia senza padre. Oggi possono assassinarci, ma non potranno uccidere le nostre idee. Esse resteranno per le generazioni future, per i giovani come te. Ricorda, figlio mio, la felicità che provi quando giochi, non tenerla tutta per te. Cerca di comprendere il prossimo con umiltà, aiuta i deboli, consola coloro che piangono. Aiuta i perseguitati, e gli oppressi. Saranno loro i tuoi migliori amici.
    Addio mia sposa. Figlio mio. Compagni.”

    “La felicità che provi quando giochi, non tenerla tutta per te”

    A dopo

  106. Il problema dei bambini sono gli adulti. Sartre disse ”L’Inferno sono gli altri”. Ecco. Per i bambini in particolar modo, che sono i piu’ indifesi.
    Pertanto, al di la’ di tanti discorsi, cerchiamo tutti almeno di fare una cosa: evitiamo ai bambini lo shock delle foto e delle immagini di sofferenza altrui. Gia’ soffrono troppo per via nostra… starsi pure a macerare la coscienza per dei peccati che non dipendono da loro, povere nostre creature…
    Sergio

  107. Sulle foto di cui al precedente commento…

    Accolgo l’obiezione di Sergio. Vi dico la verità, sono foto molto “forti” e “scioccanti” scattate in Cina. Si tratta di neonati appena partoriti e buttati in mezzo alla strada, agli angoli dei marciapiedi. Neonati con il cordone ombelicale ancora attaccato, buttati come gatti morti (con tutto il rispetto dei gatti). Una delle cose più orribile, oltre alla “cosa” in sè, è la totale indifferenza dei passanti. La gente cammina, tranquilla, infischiandosene dei cadaverini; come se non ci fossero.
    Cosa c’è di peggio che uccidere una creatura innocente appena venuta alla luce?
    Cosa c’è di peggio dell’indifferenza che vi ho descritto?

    Ora… quelle foto mi hanno fatto stare male; molto male. Ho ancora fresco il ricordo della nascita delle mie bimbe (ho assistito al parto di entrambe) e non posso pensare, non posso credere, che a questo mondo, in un luogo chiamato Cina, possa accadere qualcosa del genere. Nella totale indifferenza.

    Stefania Nardini ha insistito invitandomi a pubblicarle, perché la gente deve sapere. Anch’io però ho il timore di Sergio. Ho paura che quelle foto possano essere viste da minorenni, o scatenare interessi morbosi.

    Poiché questo è un open-blog mi rimetto al vostro consiglio.
    Che faccio?
    Che facciamo?
    a) Pubblichiamo
    b) Pubblichiamo solo per poche ore o un giorno
    c) Non pubblichiamo.
    Fatemi sapere.

  108. @Massimo: non so, io temo le immagini troppo forti, perché gli occhi guardano in modo diverso. Non ho nemmeno letto le tue poche parole di presentazione. Invia quelle immagini ad una o più scuole di scrittura proponendo ai partecipanti di scrivere una scheda (proprio come si fa con un’opera), venti o trenta righe, non di più. Con il materiale raccolto, organizzi una mostra (un piccolo spazio) all’interno di un evento culturale legato alla letteratura: mantova, Torino….vedi tu

    a dopo

  109. @ massimo:
    forse né tu né altri potete immaginare quante e quali foto (non pubblicate) ci siano negli archivi dei giornali. Molte di queste riguardano proprio i bambini. Lo so che è terribile, ma forse sarebbe in qualche modo “devastantemente” utile se io prendessi e mettessi in rete, che so, la foto di un ragazzino che si è suicidato con una schioppettata di “38” in bocca. Ha ragione Sergio, ritengo, quando dice che il problema dei bambini e/o adolescenti sono gli adulti. E sono infatti gli adulti che dovrebbero vedere quel volto devastato dalla revolverata. Ovviamente non metterò in rete nulla di tutto questo. Fidatevi di chi certe “cosette” le ha viste.
    Ma al quesito di Massimo, cosa può rispondere un giornalista?
    Pubblichiamo!
    ps: pronto a comprendere chi sarà di parere opposto, ovviamente

  110. @ Elisabetta Lodoli. Libertà: “Ma in che misura è vero, per le ragazze italiane?”
    Riflettendo sulla conclusione di quelle poche note, postate da me ieri, per “Questo mare non è il mio mare” vorrei aggiungere qualcosa, anche dopo aver letto il suo post di oggi.
    Al termine del racconto, avevo pensato alla scuola, perché il libro ha il sapore dell’esercizio filosofico: questo mare non è il mio mare, questa scelta non è la mia scelta. Però mi ero fermata al linguaggio, che evolve assieme alla storia e alla crescita della protagonista, e per questo adatto ai ragazzi poco inclini a leggere. Invece, il metro che il libro offre è un altro, e non per niente lei è regista e sceneggiatrice di successo. Alla fine del libro, io aggiungerei ancora poche pagine per riassumere la storia in una sceneggiatura, ad uso e consumo di una classe scolastica, o di un gruppo di giovani, per la realizzazione di un video facile. I video: offriamo dei mezzi (contenuti di qualità) e forse, chissà saremo tutti premiati in lettura. Cosa le sembra?

  111. Mi associo a Miriam, ovviamente: lascia perdere, dai. Non si sa mai… ci finisse qualche occhio d’incontrollato bambino…
    Sergio

  112. Miriam e Sergio hanno ragione. Questo non è un blog dove non ci si aspetta di trovare immagini come quelle.
    Devo dire, inoltre, che a prescindere dalle capacità personali, il libro della Lipperini mi sembra molto credibile ed assolutamente da leggere. Ha il grosso merito di fare chiarezza, di informare e far capire. Chi ha capito può scegliere. Oggi abbiamo assoluto bisogno di adulti che sappiano scegliere non delegando ad altri la formazione dei propri figli. Può sembrare scontato, eppure assistiamo ad un fenomeno esasperato di omologazione (del genere che descriveva Francesco), pur di non essere ghettizzati, sia da parte dei figli che dei genitori. Gli adulti dovrebbero distinguersi dai bambini per la capacità di prendersi la responsabilità, anche e soprattutto di essere genitori. Io, con mio figlio che viene da lontano, ho dovuto imparare in fretta.

  113. credo che gli adulti non sappiano più ascoltare.
    credo che ogni domanda di bimbo a cui non viene data una risposta sia una ferita che suppura e un varco dal quale può entrare qualunque genere di orrore.
    credo che ogni adolescente (pur se munito di cellulare computer soldi in tasca e gps perché mamma deve sapere dove sei) che viene lasciato solo nel suo dolore di crescere sia a rischio.
    credo che i no, pochi, pochissimi (e non di comodo), ma ben fermi, siano essenziali per togliere la paura.
    credo che la cultura (libri cinema musica) e l’amore per essa creino un sistema immunitario abbastanza solido, soprattutto se viene incoraggiato il fare, e se viene rispettata la libertà di scelta: ovviamente vigilata all’inizio, ma via via sempre più libera.
    credo che se i genitori vivessero un po’ più serenamente e con allegria il rapporto con i figli, e la smettessero di essere terrorizzati di essere giudicati un giorno da loro, tutto sarebbe un po’ più semplice.

    non credo invece che sia giusto non pubblicare le foto: i bambini in questo blog dubito che vengano, e gli adolescenti in cerca di brivido forse ne trarrebbero una salutare scossa; qualunque cosa ti costringa a meditare per un’attimo sul tuo non essere l’ombelico del mondo è benvenuta.
    propongo di pubblicarle dopo le 23 e toglierle domattina, per maggior sicurezza. Ma pubblicarle.

  114. Cara Gea,
    intanto grazie per il bel commento lirico e dai contenuti importanti.
    Per quanto concerne le foto direi di fare così: parliamone fino a domani con serenità. Al limite le pubblicherei domani sera per toglierle dopodomani.
    In questo momento siete tre contro due: tu e Enrico per il sì; Miriam, Eventounico e Sergio per il no.
    Io sono combattuto. Da un lato penso che sia giusto e doveroso contribuire a far sapere e a far “vedere” cosa accade in questo mondo e che l’effetto “disturbante” potrebbe servire a far riflettere; dall’altro non vorrei che queste foto possano suscitare una curiosità morbosa.
    Mi piacerebbe conoscere anche l’opinione delle nostre amiche scrittrici.
    Voi che ne dite?

  115. qualche giorno fa ho trovato sul blog di Luciano comida una frase bellissima, di un rabbino, credo:
    ‘ama il prossimo tuo PERCHE’ E’ te stesso.’
    credo che c’entri.
    con l’educazione, con il rapporto coi figli, con le foto.
    con la vita?

  116. @ massimo, sergio, miriam e contari a vario titolo:
    vi rispetto. ma non posso fare a meno di osservare che a qualunque orario i ragazzi/e dagli 11 anni in su (forse anche meno) entrano in internet e vedono:
    siti porno
    le ultime notizie sui fasulli pentimenti di paris hilton
    aggiornamenti in tempo reale dell’isola dei famosi
    come e perchè eva longoria ha deciso di provare la trasgressione saffica
    ultime notizie sull’attività letteraria di federico moccia
    dibattiti moderati da sergio sozi…………
    secondo voi tutto questo è meno dannoso della foto del cadavere di un cinesino?

  117. O forse sono particolarmente sensibile per queste cose. Non saprei.
    Magari se le vedete vi faranno un effetto diverso e penserete che ho esagerato a farmi scrupoli.
    Facciamo così ve le giro per mail e mi farete sapere.
    E soprattutto vorrei sapere: è utile pubblicarle?

  118. Ci ho pensato un pò.
    Credo che certe situazioni andrebbero approfondite di più, superando la cortina esterna di comodo (da mondo occidentale che si spaparazza nella poltrona morbida e calda). E le immagini nude e crude quanto meno non mentono (salvo contraffazioni si intende).
    Ma credo anche che far girare liberamente video e immagini di ogni tipo barra barbaria barra atrocità alimenti un meccanismo malsano di assuefazione, morbosità. E credo altrettanto che, come dice Enrico, ormai on line non ci sono più orari discriminatori (tipo le fasce protette).
    Per cui io non le pubblicherei.
    A malincuore in un certo senso perchè gli adulti devono capire e sapere (devono se vogliono ‘fare bene il loro mestiere’, intendo).
    Ma non è questo il luogo né probabilmente il modo migliore.
    O forse è solo vigliaccheria personale – la mia- perchè già so che di notte me li troverei davanti quegli occhi (e non le ho viste le foto ma immagino). Forse. E se invece qualcun’altro vedendole avesse tutt’altra reazione, diciamo più ‘stimolante’ o se avesse dieci o sedici anni? Ecco, qui ancora non ho risposte sul ‘è meglio questo’.

  119. Stefania Nardini mi ha scritto:
    “Fallo Massimo. La gente deve sapere! Dobbiamo tutti provare sdegno.”
    E poi ha aggiunto:
    “Massimo mi dispiace. Ma io quando Alina me le ha inviate implorandomi di diffonderle non ci ho neanche pensato un attimo. Io sono madre. E quel corpicino é come quello di mio figlio quando appena dopo il parto era sul mio ventre e io lo abbracciavo piangendo e ridendo.
    In queste foto non si ride e non si piange c’é solo INDIFFERENZA.
    io non ho un blog. Ma se lo avessi le pubblicherei. Sono l’orrore!”

    Che fare?

  120. @ tutti
    facciamo così, io ho espresso già la mia opinione e mi ritiro dallo specifico dibattito sulle foto. probabilmente ragiono condizionato dal fatto di averci fatto il callo a vedere certe cose, e anche molto ma molto più toste di quelle che massimo propone.
    quando dico che vorrei vederle pubblicate, sono sincero e forse potrei pensare a una specie di pubblicazione a tempo. comunque posso pensare di avere lo stomaco e il resto troppo allenati per mettermi, invece, nei vostri panni. probabilmente lo stesso ragionamento verrebbe per il filmato di un’autopsia. molti non lo sopporterebbero, un primario di chirurgia certamente sì. ergo, mi astengo dal proseguire

  121. Tutti conosciamo gia’ la barbarie perche CE L’ABBIAMO DENTRO. Superfluo resta il trauma dell’immagine. Inutile e’ questo.

  122. @ Enrico, Sergio, Miriam, Eventounico, Gea
    Ve le ho inviate per mail. Vedete e valutate (se volete). E fatemi sapere.
    Barbara a te per il momento ho preferito non inviarle, ma se vuoi te le mando.

  123. Gea mi ha già risposto scrivendo:
    “Non posso che ripeterti quello che credo: secondo me, sì.
    ma io sono tra quelli che mostrerebbero obbligatoriamente nelle scuole i peggio documentari sull’olocausto…”

  124. Enrico mi ha scritto:
    “Massimo, ti prego di credere che ti rispondo solo da quello che emotivamente mi provocano se le confronto a quello che ho visto dal vivo in tanti anni di lavoro… queste foto mi fanno un baffo. Ma, ti prego, considerami astenuto dalla votazione”

  125. A tutti
    Ho visto le immagini, e ho letto anche il commento. Le ho aperte con Photoshop e ho tolto loro il colore.
    Quello che segue è il ragionamento … e una prima proposta…che poi ho cambiato – vedi riassunto finale
    “Metterei una sola immagine (mantenendo i colori) quella con le mani, le scarpe e il piccolo “involucro”, poi di seguito pubblicherei il testo tutto insieme , ma riassunto e modificato . Le altre immagini no, le descriverei con parole diverse (prima avevo pensato che in bianco e nero si potessero pubblicare, poi con forza dico di no! Siamo un sito che si occupa di parole e quindi usiamo le parole per descrivere le immagini)”

    Riassunto finale: NO!si descrivono con le parole.

    Massimo, da brava bilancia impiego oreeeeee a prendere una decisione!

  126. Io ho seguito la vostra discussione. Francamente a me non fa alcun effetto vedere scene cruenti, mi impressiona di più Emilio Fede quando guarda estasiato il cavaliere. Massimo, pubblicale domani a tarda ora. Ma davvero pensate che i bambini si collegano a questo sito? Ha ragione Enrico, hanno siti molto più interessanti dove andare.

  127. Zappulla ciao, a questo punto è una questione di principio: non è nello stile di Letteratitudine pubblicare immagini. Se così fosse, sai quante volte sono stata tentata di spedire schizzi, foto o riproduzioni come commento ai temi in trattazione? Un sacco di volte. Anche per questopost avrei centinaia di disegni che ben si adatterebbero come illustrazioni ai temi proposti. Niente immagini, qui si trasfigura e si fa informazione con le parole.
    Vi abbraccio, Miriam

  128. Miriam, io sono d’accordo sul fatto che Letteratitudine sia un sito culturale e non un giornale di cronaca nera. Il dubbio era se le foto possono arrecare danni a bambini che inavvertitamente o consapevolmente vadano a connettersi. Io penso di no. Nel senso che non ci sono bambini. Il taglio editoriale (immagini o meno) è altra cosa.

  129. Miriam, se scrivi così chi non ci conosce può pensare che sei la mia dirigente.
    🙂
    A ogni post ho sempre associato immagini… per lo più copertine di libri o raffigurazioni in tema. O fotografie di personaggi.
    In questo caso la questione è un’altra. Ripeto, mi hanno inviato queste foto che sono molto “forti”, perfino “scioccanti”. E secondo me sono in tema con l’argomento “bambine e violenza”.
    La domanda è: può essere utile pubblicarle? Possono scuotere le coscienze in maniera – come dire – “costruttiva”?
    Ha ragione Stefania quando mi scrive: “Fallo Massimo. La gente deve sapere! Dobbiamo tutti provare sdegno”?

  130. A me le scene cruente fanno male. Male. Non metterei mai la firma per una replica nel cuore altrui. No, ho detto. No ripeto. No.

  131. Massimo, se chi te le ha fornite dice che dobbiamo provare sdegno ed altri amici qui sostegnono la causa significa che abbiamo bisogno di quelle immagini, che le parole non bastano. Che vuoi che ti dica ? L’aura del bigotto non mi si addice, né vorrei che chi vive di parole possa essere considerato un osservatore distaccato. Quindi voto per la loro esposizione.

  132. Chiedo scusa, ieri sera ho spento perchè proprio non mi reggevo davanti allo schermo.
    Ero (e resto indecisa) sulla pubblicazione qui e on line per un fatto che è successo quest’estate e che mi ha fatto molto riflettere.
    Parlo delle foto per la campagna pubblicitaria di Anorexia che hanno impazzato per un pò in e out la rete.
    La mia prima reazione è stata ‘ok, l’immagine è dura ma necessaria. E’giusto vedere ‘cosa’si può arrivare a essere per riflettere’. E da adulta resto dell’idea che per molti adulti vederla è stato uno shock positivo (mio marito a cena con quella foto trasmessa al tg ha avuto una certa reazione di preoccupazione e confusione che ci ha fatto dialogare sul problema, per esempio, e io l’ho vissuta come una reazione costruttiva).
    Però poi sono incappata nei commenti di altri. E qui mi sono rimessa in discussione.
    Per talune ragazze(ine) già anoressiche, ho poi scoperto che l’immagine ha provocato l’effetto rafforzamento ovvero ‘ecco vedi, non mi sono impegnata abbastanza’. In pratica quel corpo (che loro considerano ‘la’ perfezione e ‘la’ bellezza, concetti assoluti) le stava invitando a raggiungere quello standard.
    Ecco perchè oggi sono più reticente.
    Se paradossalmente potessimo chiudere tutti gli adulti in una stanza e lì e solo lì mostrare quelle o altre foto crude (e magari dibatterne) io sarei la prima a firmare. Perchè si, dobbiamo uscire dall’indifferenza, dal fare spallucce, dal farci scivolare tutto addosso. E dobbiamo (noi adulti) accettare anche il dolore, le sofferenze altrui per non chiuderci e non fingere che non esistano perchè ci fa comodo, ci fa vivere sereni nel nostro micromondo.
    Però un’immagine si presta alle interpretazioni.
    E lì tutto dipende da ‘chi’ la guarda, dalla sua testa, dalle motivazioni, l’età, ect…

  133. Mi astengo dalla votazione per le foto. Secondo me deve decidere Massimo. Il blog è il suo. Punto.
    Invece mi piacerebbe che ripartisse il dibattito. Dove eravamo rimasti?
    Miriam, continua ad esporre i collegamenti tra i vari libri.
    Vuoi?
    Te lo chiede la tua co-co.
    Smile

  134. @ Massimo, scusami se sono stata invadente, non era mia intenzione, mi sono lasciata prendere la mano, come sempre, quando qualcosa mi appassiona. 🙂

    Il servizio che mia hai spedito via e-mail, mi ha lasciata un po’ lì: le foto si potrebbero anche mostrare, ma il modo con cui vengono presentate puzza di gossip! (il testo lascia perplessi e quel riquadro con l’ingrandimento mi sembra un po’ sospetto, io condivido il pensiero di Enrico) E allora ripeto, questo post è importante, serio ed emotivamente partecipato cerchiamo di ricondurre ogni cosa entro questi limiti: il problema cinese c’è (e non sarebbe male conoscere a fondo questa cultura orientale, che ci affascina, ma di cui sappiamo poco e magari confrontarla con i nostri valori etici-morali-cristiani) inseriamo l’argomento, ASSOLUTAMENTE SI, ma senza immagini. Oppure con un resoconto su questo nostro dibattito. Non penso, comunque, che i bambini o adolescenti visitino Letteratitudine.
    Confermo: immagini no, intervento sul fatto sì.
    buonagiornata a tutti.

    @elektra: oggi riprendiamo, ricollegandoci anche a Simona Vinci. Assistimi sempre.

  135. La questione cinese è nota a livello internazionale. A volte fa comodo vivere con le fette di prosciutto davanti agli occhi, con la scusa di non urtare la sensibilità altrui.
    L’orrore va denunciato con ogni mezzo possibile. Denunciato con parole e immagini. Dovremmo forse impedire la messa in onda di documentari sui campi di concentramento con le immagini delle montagne di corpi ammassati?
    L’orrore va denunciato. Sempre.
    Pubblicate quelle foto. Coraggio. Senza tante storie.
    Questo sito è importante. E’ molto noto e visitato.
    Maugeri, fa’ ciò che devi e prenditi le tue responsabilità.

  136. Vabbè Gino, ora non esageriamo. Non è che Massimo deve salvare il mondo, pubblicando quelle foto. E poi se decide di non pubblicarle mica dev’essere fustigato. Diamoci una regolata, eh?
    Miriam, certo che ti assito.
    Smile

  137. @ gino:
    sei evidentemente troppo nuovo del blog per sapere che di Massimo non puoi dire nemmeno che ti sembra vagamente spettinato, altrimenti elektra viene colta dalle convulsioni. hai capito che ti devi dare una regolata? ecco, obbedisci, sennò ti fa bannare dal blog
    🙂

  138. Cara Miriam, il tuo invito ad aggiungere alcune pagine al mio libro ad uso sceneggiatura per ragazzi è stimolante, ma penso che ciò non si insegni attraverso i libri. Tra l’altro il mio libro ha un’immediatezza di linguaggio, ma non ha niente a che vedere con una sceneggiatura. Ma il tuo ragionamento mi ha fatto venire un’altra idea: sarebbe interessante forse che da quel libro, come da altri, potessero nascere nelle classi delle riflessioni sui rapporti tra i compagni che potrebbero svilupparsi in qualcosa di scritto o in interviste che i ragazzi stessi si fanno sotto la guida di un insegnante. Poi da questo materiale potrebbenascere un documentario. Dovrebbe però essere il lavoro di un anno scolastico a cui si potrebbe affiancare anche un regista. So che in alcune scuole fanno anche corsi diciamo di cinema. Chissà…
    A tutti: mi dispiace vedere che il blog ora è tutto preso dalla discussione se far vedere o no foto scioccanti di bambini. Scusate, ma sono d’accordo con Miriam sul NO e non per un fatto di censura o per non volere vedere una certa realtà. Io non ne posso più di essere invasa dall’orrore. Usate, usiamo questo spazio per ragionare oltre l’orrore, per dare altre chiavi, altri sguardi, altri pensieri. C’è bisogno di questo perché è questo che manca più di tutto. Buon lavoro e buona giornata.

  139. Ha ragione Elisabetta. Torniamo al dibattito, che è interessantissimo e basta foto.
    Elisabetta, io rilancio. L’idea del documentario con le scuole e sulle scuole è interessantissimo. Perché non chiedi a Massimo se può sostenere l’ipotesi di questo progetto con il blog?
    In realtà l’ho appena fatto io per te.
    Smile

  140. Riporto per tutti su richiesta di Massimo Maugeri (che in questo momento è impossibilitato a intervenire direttamente) da una mail di qualche minuto fa:
    ‘ Puoi scrivere da parte mia che ho deciso di non pubblicarle, ma che le metterò a disposizione di chi me le chiede.’

  141. Caro Maugeri,
    ha avuto una bella idea con questo dialogo a distanza.
    Ora proverò a rispondere. Se ci saranno altre domande, risponderò volentieri. Sempre che mi lasci la libertà di farlo nel momento più opportuno per me.
    Un caro saluto da Dacia Maraini

  142. Letizia scrive:
    “Di questi libri ho letto “Buio”, però presto leggerò anche gli altri.
    Buio è un libro bellissimo e terribile. Vorrei chiedere a Dacia Maraini se mentre scriveva ha mai avuto attimi di esitazione pensando ai protagonisti di quelle storie vere.
    Credo anche che tra i vari temi quello della violenza alle bambine sia il più importante. Spesso da parte di noi genitori c’è il timore di non fare abbastanza per proteggere i nostri figli.”
    ——————————————————————-
    Cara Letizia,
    sono contenta che Buio le sia piaciuto. Sono d’accordo che si tratta di un libro “terribile” come dice lei. Se avessi dovuto inventare delle storie, non sarei arrivata a quel grado di efferatezza che mi ha suggerito la realtà della cronaca nera. Comunque sì, come dice lei, ho avuto parecchi momenti di esitazione e di paura mentre scrivevo le storie di violenza contro i bambini. Era difficile mostrare tenerezza senza cadere nel sentimentale, era difficile mostrare un giudizio fermo senza cadere nel giustizialismo, era difficile descrivere gli orrori senza fare dell’orrore un elemento di compiacimento. Spero di esserci riuscita. Le intenzioni erano quelle.

  143. – Salvo Zappulla scrive:

    ” Non conosco i libri delle altre scrittrici invitate ma conosco bene i libri di Dacia Maraini, spesso toccano argomenti forti quali l’incesto e la violenza sessuale. L’incesto è l’argomento tabù per eccellenza, condannato da tutte le civiltà e le grandi religioni. La sua proibizione – come diceva l’antropologo Claude Lèvi Strauss – è la costante universale che segna il passaggio dal puro stato di natura a una società umana. La Maraini conosce bene i complessi di Edipo nei maschi e di Elettra nelle femmine e i suoi libri sono molto educativi.”
    —————————————–

    Caro Salvo,

    vedo che lei ragiona bene, legge molto, e conosce le parole per dire le cose. Mi fa piacere. Viviamo in un mondo dell’approssimazione e della confusione anche verbale. Quindi la chiarezza è anche un atto politico. Non aggiungo niente a quello che ha scritto, perché condivido ogni parola. Vorrei solo ricordarle che colui che ha teorizzato il tabù dell’incesto come inizio della storia della cultura non era Levi Strauss ma Malinowskij prima di lui. Può darsi che Levi Strauss abbia ripreso le teorie di Malinowskij, ma il primo a pensarle e metterle su carta è stato quest’ultimo. Niente di male comunque, solo una precisazione.

  144. Maria scrive:
    “Una domanda per Dacia Maraini. Ritiene che con i suoi libri che hanno affrontato il tema della violenza ai bambini, come in Buio, sia riuscita ad ottenere dei risultati tangibili? Ha avuto sentore che abbiano effettivamente scosso le coscienze? Oppure ha scritto solo perché sentiva il bisogno di farlo e senza pensare ai possibili esiti?
    Mi piacerebbe tanto conoscere da lei qualche aneddoto.”
    —————————————————————–
    Cara Maria,

    Purtroppo i libri non possono cambiare il mondo, ma possono creare un poco di consapevolezza. Ma la consapevolezza è necessaria per cambiare il mondo? Se sì, forse anche i romanzi possono contribuire alla trasformazione profonda di una cultura.

    In quanto all’aneddoto non saprei proprio da dove cominciare. Posso dirle solo questo: qualche volta, mentre scrivevo, la notte sognavo i personaggi di cui raccontavo. Alicetta per esempio mi è tornata in sogno varie volte. La vedevo raggomitolata su se stessa, in una posa di dolore senza rimedio. La chiamavo e lei muoveva appena la testa come per farmi capire che mi aveva sentita, ma non mi guardava. La sua paura mi straziava ma non potevo farci niente. I personaggi, quando li descriviamo, ce li abbiamo vicino, sono parte di noi e per questo ci fanno anche soffrire. Difficile poi uscire dal personaggio, tornare quello che siamo nella vita. Un esercizio che a volte sfinisce la mente di uno che scrive.

  145. Miriam Ravasio scrive:

    “In questo ultimo mese ho letto molto, i libri in “oggetto” ma anche altri e nel mare degli appunti cercavo un bandolo. Ho individuato l’inizio del percorso in Buio di Dacia Maraini, nel racconto de’ Il Bambino Grammofono e L’uomo Piccione, un testo-manifesto che ammonisce e anticipa: il Bambino Cosa e l’Uomo Bestia, ovvero tutta la nostra disumanizzazione che Elena Ferrante trasfigura nel Bagnino Crudele del Tramonto.”

    ————————————–

    Cara Miriam,

    Ci sarebbe da fare uno studio approfondito su quello che lei dice. Perché non ci prova? Mi sembra che ne abbia gli strumenti.

  146. Miriam Ravasio scrive ancora:
    ” tema dei limiti. Buio di Dacia Maraini e La spiaggia di notte di Elena Ferrante, come punti per fermare il segmento della retta. In Buio c’è l’intuizione di uno smarrimento che si stava annunciando e che solo più tardi ci avrebbe travolti, intellettuali, genitori, educatori. Il primo racconto, di cui ho già accennato, a me ha ricordato un fatto cupo, oscuro, che come una nuvola spessa ha ingombrato il cielo della mia generazione: il caso di Ermanno Lavorini. Ricordo ancora le parole bisbigliate in casa e il senso di paura che mi provocavano. Cosa era successo? Questa cosa terribile (ma cosa???) poteva nascondersi ovunque? Anche mentre andavo a scuola? Poteva succedere anche a me? Da allora è solo storia quotidiana, triste cronaca nera. La spiaggia di notte invece si offre come un manuale, mitologia contemporanea per affrontare insidie e distrazioni. Maraini avverte che i limiti sono stati annullati, Elena Ferrante interagisce offrendo nuove raffigurazioni. Negli Stati Uniti c’è un termine (l’ho appena scoperto rileggendo Il giovane Holden) per definire, in modo appropriato, quello che riesce a salvarti appena in tempo: l’acchiappatore di destini.”
    ————————————————-
    Cara Miriam,
    “ L’acchiapatore di destini” mi pare un termine buffo ma anche fantasioso e azzeccato. Come ho già detto, io ho preso dalla cronaca tutte le storie che racconto in Buio. Ho solo cercato di vedere le cose dal punto di vista del bambino. I piccioni per esempio li ho aggiunti io ad una storia di abuso molto quotidiana e purtroppo molto ripetuta.

  147. Della Maraini, a proposito di questo interessantissimo post, amo “La lunga vita di Marianna Ucrìa”,l che ho consigliato con successo alle mie alunne. L’ambientazione e la patina siciliana fanno da sfiondo ad una storia di sopraffazione e riscatto di una bambina, Marianna, che la nobiltà di nascita non difende dai traumi e dalla violenza, aggravati dal fatto che Marianna è “mutola”. Questa condizione di sordomuta non impedirà però a Marianna di trovare nei libri, nella scrittura, nella sua naturale indomabile curiosità e in quell’insopprimibile bisogno di libertà le chiavi per un riscatto della sua femminilità e più in generale del suo essere “persona”. Tutto questo nei fermenti di un Illuminismo che attecchiva come poteva nella Sicilia sttecentesca.
    Impressionanti le pagine che raccontano di Marianna sposa-bambina del marito-zio che l’aveva violentata in tenera età, Cappuccetto Rosso preda del lupo orco mostro che rivelerà la sua fragilità al punto di poter essere compreso e perdonato.
    Ancora è buio per le bambine, specie in quelle parti del mondo in cui nascere femmine è una disgrazia e addirittura ipoteca per l’abbandono e la soppressione.
    Nel mondo occidentale il benessere non si è tradotto in un’autentica pacifica integrazione tra uomini e donne e le discriminazioni sul lavoro sono ancora evidenti; il consumismo a tutti i costi, lo sfruttamento del nudo e della sessualità femminile grida a tutti i semafori e occhieggia dagli scaffali di tutte le edicole.
    Chi sta dalla parte delle bambine?
    Le Winx al posto della dolce Heidi, cantanti presentatrici attrici rifatte sempre glamorous, ragazze che aspirano al velinismo quale condizione esistenziale perenne, quasi come se il modello Barbie fosse un antidoto alla vecchiaia e alla morte. Pink ha ragione qualndo bacchetta le ragazze che erano partite con l’idea di diventare presidenti degli STati Uniti e adesso venerano Paris Hilton, icona del vuoto mediatico.
    Ma le fatine globali di oggi erano tanto meglio di Biancaneve e Cenerentola? I bambini hanno bisogno di storie, soprattutto di fiabe, che sono racconti in cui, sotto una veste fantastica, si ripete l’eterno conflitto tra bene e male, lo sforzo della maturazione e della crescita con le sue prove, i suoi dolorosi passaggi verso l’età adulta. Un bambino ha bisogno di identificarsi con l’eroe, che lotta contro un ambiente ostile e le proprie stesse paure. Una bambina desidererà essere sempre la principessa misconosciuta che alla fine trionfa felice, ma imparerà anche che voler essere la cattiva di turno la abituerà a riconoscere e a sperimentare in sé anche elementi diversi. Non è un male assoluto per una bambina voler essere come la Bella Addormentata o come Bella: se analizziamo la valenza profonda di queste figure femminili della fiabe ci rendiamo conto dell’importanza che hanno personaggi e storie nel costruire l’identità delle bambine.
    I bambini figli della generazione che ha abolito le fiabe perché ritenute a torto superate pedagogicamente è cresciuta senza il fondamentale supporto di un immaginario sviluppato e fecondo. Con questo rispondo a frisbee che forse non crede nel potere che ha la letteratura di strutturare la nostra immaginazione, la nostra fantasia, di affinare la nostra capacità di comprendere noi stessi e il mondo.
    Un altro libro di cui ho parlato in altri post è “Vita” di Melania G. Mazzucco, che parla della difficile storia di emigrazione di Vita e Diamante, due bambini che dell’America conosceranno Grilli Parlanti, Mangiafuoco, Gatti e Volpi. Un romanzo che è un capolavoro di lingua e stile ma anche uno sguardo bambino, poi adolescente e adulto sui temi dell’emigrazione, della famiglia, dell’amore.
    Bello il rap di eventounico e l’intervento di Enrico Gregori che per un attimo ha lasciato la sua ironia iconoclasta per lasciare delle riflessioni veramente interessanti. 🙂
    Gea ha tutta la mia comprensione! Anche io da insegnante mi ritrovo a dover fronteggiare modelli culturali completamente opposti ai valori di studio, impegno, sacrificio, bellezza, storia che mi premerebbe trasmettere… Occorre non scoraggiarsi, gettare i semi, sviluppare nei ragazzi gli anticorpi per combattere contro i virus dilaganti del consumismo, dell’omologazione, della vita vissuta “a botta di culo” in tutti i sensi, a “fotticompagno”, nel nome della prepotenza, della prevaricazione, dell’apparenza.
    Continua…

  148. Ho molto amato Marianna Ucrìa. Sorda e muta come sono state le donne per secoli. E come spero non tornino ad essere.

  149. “…una spaventosa distrazione di dio, che abbandona l’uomo alla sua scandalosa, elettrica, tentazione del male”.
    Anche Benedetto XVI davanti all’orrore di Auschwitz ha detto qualcosa di simile. Ha parlato del silenzio di Dio. Ricordiamoci del grido più angoscioso della storia dell’umanità: “Mio Dio, Mio Dio, perché mi hai abbandonato”?
    Mi consola quella meravigliosa frase che dice: “Ogni volta che avete fatto questo ad ognuno di questi piccoli, lo avete fatto a me”. Anche se non siamo biologicamente genitori dobbiamo sentire la responsabilità dei piccoli, dei ragazzi che ci sono a vario titolo affidati. Se rileggiamo “Il profeta” troviamo le bellissime parole sui figli che non sono nostri ma sono dei doni che ci sono stati affidati, come dei gioielli preziosi da custodire.
    Dio sta in silenzio perché ha fatto tutto ciò che poteva fare: ha perfino mandato il suo unico figlio e sappiamo tutti che fine gli abbiamo fatto fare. Gesù non aveva i Pokémon, la Playstation, gli MP3, la sua tunica non era firmata, pur essendo figlio di Dio lavorava nella bottega del padre e da bambino ha vissuto un’esistenza fuori dalle telecamere, crescendo in sapienza, età e grazia… La sua vita è stata amore, compassione, condivisione, insegnamento. Ha scosso i giovani – pensiamo al giovane ricco – con parole forti ma piene di amore. Ha voluto che i bambini venissero a lui. “Non glielo impedite”. Noi invece abbiamo messo Dio in una bottega da robivecchi. Però appena un ladro ci ruba 50 centesimi urliamo pieni di disappunto: “Dio dov’era?”. Ci vergogniamo di pregare davanti o meglio con i nostri figli. Di insegnare loro che si prega perché siamo fragili. Perché non siamo onnipotenti. Perché la vita non è una gita o un concerto pop ma fatica sudore sangue lacrime. E gioia di vivere. Quella che spesso è scomparsa dai volti e dagli occhi dei bambini e dei nostri ragazzi, con tre cellulari in tasca ma con il cuore vuoto.

  150. @Maria Lucia Riccioli, ti ringrazio per il tuo intervento su Marianna Ucria e condivido parola per parola quello che hai scritto. I blog e i dibattiti servono proprio a questo: crescere insieme. Grazie ancora e complimenti vivissimi anche per il post sul “silenzio di Dio” Grazie ancora. Ciao, Miriam

    @Elisabetta Lodoli, io lavoro nella scuola con progetti di educazione all’immagine; la scuola è un mondo straordinario, che consuma, coinvolge ed entusiasma, dipende dallo spirito con cui ci lavori. Lavorare nella scuola si può, ma servono tempi lunghi (un anno di programmazione, come per le collezioni di moda), e soprattutto una buona conoscenza delle possibilità offerte dagli Enti Locali (sono loro che mettono i soldi e programmano – “su richiesta” – delle scuole, gli interventi. Insomma la scuola rigurgita di progetti stupidi e inutili, che il più delle volte sono solo unavetrina per le associazioni che li presentano, c’è bisogno di qualità tecnica e spirituale. La scuola va sollecitata dalla cultura. Grazie per la tua risposta, a tua disposizione, Miriam

  151. Un caro saluto a Dacia Maraini, di cui abbiamo potuto tradurre in sloveno il racconto ”I muri di notte”, estratto proprio dalla raccolta ”Buio”. Ho avuto gia’ modo di conversare con Lei, ma mi sembra doveroso sottolineare che quella raccolta mi sembra riguardasse in genere la violenza sulle donne e il suo appiattirsi alle spalle della quotidianita’, o meglio ”dentro e sotto” la quotidianita’. Questa quotidianita’ italiana che sovente fa accettare come abitudinale cio’ che dovrebbe essere eccezionale. Erro?
    Bene. Allora Le chiedo: cosa fare per riportare gli atti di violenza dal territorio del ”normale” (dunque del ”quasi accettato”) a quello dell’ ”eccezionale” (dunque del ”condannato a priori”)? Magari, suggerirei, non potrebbe essere utile parlarne meno, cosi’ da evitare di incentivare la violenza reale per mezzo della cronaca visivo-verbale della violenza stessa?
    Grazie
    Un Caro Saluto da
    Sergio Sozi

  152. @Stefano: il papà e la bambina. Tu poni il tema dei temi, ma come risponderti? La figura del papà è in via di definizione, e questo, nel caos dei nostri giorni, forse è un bene; la materia è morbida non si è ancora cristallizzata. Io penso che la letteratura aiuti e che un papà dovrebbe leggere in compagnia della figlia/e; proponendo ma non solo. Attenzione e disponibilità a comprendere. Mi fanno soffrire i babbi-mamma, perché sono figure ibride che si prodigano in un ruolo confuso che poi genera, a sua volta, solo confusione. Molti libri letti dalle ragazzine, tipo Tre metri sopra il cielo, e che fanno torcere il naso ai sapienti intellettuali, letti da un adulto (o con un adulto) danno un esito diverso; ci danno la possibilità di entrare direttamente nel loro “immaginario” . “Tana per la bambina con i capelli ad ombrellone di Monica Viola -pubblicato on-line su Vibrisse) è una buona lettura di confronto.
    Oggi, in libreria ho acquistato “L’estate gigante” di Beatrice Masini, lo regalerò a mio fratello perché lo legga in compagnia della piccola Marta.
    Ti riporto un brano:
    “Le storie con gli oggetti parlanti non mi sono mai piaciute. Non credo nelle capacità espressive di un semaforo o di una caffettiera. Un animale? Già fatto. Più su, più difficile: una nuvola. Il mondo visto dall’alto è bello ma incongruo, le due dimensioni attribuiscono a ogni cosa una grazia e una pace del tutto false. Più su, più su: vedere tutto dagli occhi di un gigante cosmico, un essere dotato di poteri immensi ma tremendamente ingenuo. Innocuo no. Ignaro, piuttosto, questo sì: come un uragano, un terremoto, uno tsunami. Inconsapevole. E qualunque cosa ci accadesse, era colpa o merito suo. Era solo un tema, è diventato un gioco. Il nodo che ci ha legati a quell’estate, di tutte solo quella, proprio quella. Indimenticabile. Sicuro”
    Continua a seguirci. Ciao, Miriam

  153. Buon pomeriggio. Ho appena letto che il vostro dibattito sta vertendo intorno alle brutture del nostro mondo. Parole come violenza sui minori e incesto fanno orrore all’intera umanità ma poi, di fronte a tutto questo orrore, spesso non facciamo altro che scrollare le spalle augurandoci che tutto questo non possa mai toccare la “nostra carne”!
    Proprio così, “la nostra carne” perchè solo chi prova certe cose può capire quanto possano essere dolorosi.
    Il mio invito, però, non è rivolto al ricordo di chi ha subito violenza ma a chi, pur non avendola mai provata, decida di “decentrarsi”, di “immedesimarsi” nella sofferenza altrui e cercare di comprenderne realmente le conseguenze.
    Io l’ho fatto e vi posso assicurare che non è un’impresa nè semplice nè indolore.
    Mi sono cimentata nella scrittura di un romanzo sull’incesto.
    Al centro del racconto la sofferenza della protagonista, ormai adulta, che prende coscienza del triste fatto che la sua vita e la sua anima vennero “recise” dall’incesto e la sua adolescenza usurpata dalla violenza.

  154. cosa vuol dire babbi-mamma?
    e mamma-mamma? e babbo-babbo?
    non sono sicura di saperlo.
    quando i miei figli erano piccoli era il padre quello più presente e più accudente, perchè io lavoravo di più. i ruoli ce li siamo scambiati miriadi di volte, come il poliziotto buono e quello cattivo.
    non lo so proprio.

  155. Innanzitutto i miei migliori complimenti a Miriam, che sta in un certo senso ”conducendo” questo ”post” con mano ferma, ma sensibile, colta e intelligente.
    Poi, Miriam, chiedo (a te a alle autrici qui presenti):
    Il ”Barone rampante”, il ”Cirano di Bergerac” e il ”Don Chisciotte”, sono dei buoni esempi, a tuo avviso, per i nostri bimbi (”nostri” nel senso quelli della nostra societa’, della nostra epoca, non nostri biologicamente)?
    Io considero questi libri ”per tutti” nel vero senso della parola.
    Tuo
    Sergio

  156. Cara Elena Ferrante, mi auguro che stia seguendo questo dibattito, perché all’origine del percorso c’è il suo bellissimo racconto per bambine, La spiaggia di notte.
    Massimo Maugeri, titolare di questo blog ha unito cinque diverse autrici per dar vita ad un confronto sui temi, che anche a lei stanno particolarmente a cuore: bambina, figlia, madre e poi madre, bambina e figlia. Il cerchio della vita, che lei ha così ben sapientemente affrontato nei suoi libri, soprattutto negli ultimi due. Ho suddiviso la vastità dei temi in percorsi che per brevità riassumo in uno schema:
    tema dei limiti; confronto fra Buio di Dacia Maraini e La spiaggia di notte di Elena Ferrante
    tema del tempo, passato e presente; confronto fra Picciridda di Catena Fiorello e Come dio comanda di Nicolò Ammanniti
    tema sociale; Ancora dalla parte delle bambine di Loredana Lipperini e Ma che fata che sei di Beatrice Masini
    tema dello straniamento, dello sconvolgimento delle percezioni con Questo mare non è il mio mare di Elisabetta Lodoli
    Si è aperto un dibattito ricco, emozionante, intenso che ora in ora porta nuovi spunti. Ai temi proposti, però, ne manca uno, forse il più letterario ed è quello dell’ambientazione, che individuerei nella Spiaggia. Il mare e la sabbia ci sono sempre, sembra che proprio lì, sulla spiaggia di fronte ad un infinito d’acqua, sia più facile, o più naturale rappresentare il grande traffico della vita. E’ così? Perché?
    Con affetto letterario, Miriam

  157. @Sabrina De Palma.

    Desidero salutare Sabrina De Palma, scrittrice e psicologa, e congratularmi per il suo intervento decisamente crudo e veritiero. Io l’ho letto il tuo libro, “Anime recise” si intitola se non sbaglio, pubblicato da “Fermento”, ed è un bellissimo libro, da consigliare, racconta la storia di un incesto tra fratello e sorella, e tocca questo tema con estrema profondità e analisi introspettiva

  158. E’ stata una fortuna per il blog che il mio pc funzionasse a fasi alterne.
    Non sono riuscito a fare danni ( ma il pc de “Il Messaggero” non si scassa?)
    Ogni volta che entro trovo nuove strade aperte, nuovi ragionamenti; monumenti della cultura come Dacia Maraini (mi consideri inchinato alla sua splendida figura Signora maraini); il dibattito sulle foto, quello sono riuscito a laggerlo e non sono d’accordo sulla pubblicazione: chi dovrebbe guardarle noi? Perchè?Per convincere noi che siamo già convinti? Per coinvolgerci di più nella società civile impegnata? noi tutti, tutti i viaggiatori di questo delicato e intelligente stanzone di Maugeri, già lo facciamo. Pubblicarle aggiungerebbe dolore al dolore, o forse io parlo con la stessa esperienza di Enrico. Io ho visto dal mio monitor, il parabrezza del mio bus, uccidere. Killer che scendevano dai loro “Dominator” e puntavano “al cuore Ramon”, mentre io giravo la faccia per non essere coinvolto in testimonianze scomode.
    No, non vanno pubblicate!

  159. Grazie Salvo, mi fa piacere che il mio romanzo ti sia piaciuto.
    Negli anni in cui ho collaborato con il consultorio familiare della mia città, ho sentito crudeli storie di bambini, raccontate da loro stessi, con l’identica e autentica freddezza di un killer.
    Quei bambini, per sopravvivere al male inflitto loro da chi avrebbe invece dovuto amarli, erano completamente estranei al racconto, come se il loro corpo non facesse più parte di loro.
    Ho impiegato parecchi anni a scrivere questo romanzo, perchè infliggere un tale dolore a Chiara, la mia protagonista, alla quale andavo progressivamente affezionandomi, era per me fonte di dispiacere.
    Ma questa storia è nata dentro di me e pian piano si è fatta strada tra le resistenze della mia coscienza, perchè Chiara voleva esistere.
    Mi chiedeva di esistere perchè voleva gridare al mondo la sua sofferenza affinchè si possa finalmente abbattere l’irto muro dell’indifferenza e della diffidenza nei confronti di chi denuncia e pronuncia l’orribile parola “INCESTO”!!!

  160. Sabrina, l’orrore bisogna guardarlo dritto negli occhi altrimenti sarà a lui a scutare nel nostro intimo e a trovare un punto debole.
    Al riguardo credo che Dacia Maraini riesca a fare ciò senza alcun timore e senza alcuna trasmissione dell’orrore stesso verso il lettore il quale è partecipe solo di questo sguardo. Una sorta di guerra non violenta contro la violenza. Una violenza diffusa più di quanto non si creda, tanto che nessuno sdegno sembra manifestarsi in chi ne enuncia le manifestazioni.
    A volte non c’è nemmeno bisogno di una violenza esplicita. Io ho una piccola esperienza di orfanatrofi non italiani all’interno dei quali esiste da anni una sorta di “selezione della razza” degli adottabili.

  161. Conosco bene l’universo degli orfanotrofi e sono daccordo con te.
    I primi a fare le discriminazioni sono gli aspiranti genitori adottivi.
    Durante il colloquio di idoneità, chiedevo loro di descrivermi il loro bambino ideale.
    Indovina un pò le risposte?
    Nessuno sognava un bambino bruttino, nè tantomeno uno malato.
    Per quanto riguarda l’incesto, invece, volevo risponderti che, secondo me, un pizzico di violenza è necessaria per sollevare un tal genere di questione.
    Vedi, l’incesto, è abborrito da quasi tutte le società. Genera orrore e ribrezzo e pertanto viene evitato.
    Perfino, colui che è coinvolto personalmente nella vicenda affronta grandi remore nel denunciare il fatto.
    Poichè, l’incesto viene consumato nell’intimità della famiglia, esso non sempre viene visto come una violenza, almeno non inizialmente.
    In seguito però, quando il ragazzino percepisce la violenza come tale, viene assalito dai sensi di colpa poichè comincia a pensare di aver in qualche modo provocato l’accaduto.
    Complesse dinamiche intrapsichiche governano il rapporto tra consanguigni e ancor più lo sono di fronte ad un rapporto deviato come potrebbe essere quello descritto nel mio romanzo.
    Con questo non voglio certamente paragonarmi alla grande scrittrice Dacia Maraini, anzi colgo l’occasione per salutarla e farle i miei complimenti.

  162. @Sabrina
    Chiara, la protagonista de tuol romanzo, è una trentenne disinibita, anticonformista e ribelle, ha deciso di vendere il suo bellissimo corpo a facoltosi signori, prostituendosi nelle camere d’albergo. Lo offre al miglior offerente, in cambio ha la possibilità di una vita agiata. Non le interessa l’amore con la A maiuscola, perché non lo ha mai conosciuto. Chiara è il risultato di quello che anni di abusi e di sofferenze hanno fatto di lei. Ha trovato la forza di confidare a un diario prima le sue emozioni innocenti di bambina, e dopo i sogni infranti da un destino crudele. Alla fine trova la forza di spezzare le catene e decidere da sola come spendere la propria esistenza, Ne emerge un personaggio più sincero di tanti altri ammantati di ipocrita perbenismo. Una storia che ha la sua bella morale e serve a smuovere le coscienze. Penso ci sia voluto un bel corraggio a usare l’io narrante in prima persona per scrivere un romanzo del genere. E anche una certa capacità di distacco.

  163. @Sergio Sozi. Non ho niente contro Il barone rampante, Il visconte dimezzato, Don Chisciotte o Cyrano. Personalmente con la mia figlioccia ho letto di tutto, di Shakespeare tutte le commedie e le tragedie, ma ci sono momenti e contesti. Guai a isolare i piccoli in un mondo nostro, la lettura dei classici e l’amore per la letteratura passa anche attraverso la contemporaneità. Altrimenti il rischio è quello di creare dei diversi incapaci a distinguere i valori, nell’immensità delle proposte e nel frastuono, che oggi si accompagna anche alla letteratura.
    Oggi mentre mi riposavo ho letto Brother and sister di Simona Vinci: è un grandissimo libro; mi ha richiamato alla memoria il Cristallo di rocca di Adalbert Stifter, lo conosci?
    Domani, posterò, su questo argomento due righe più articolate.
    Ciao e una felice sera, Miriam

  164. Sulla “questione foto”… al volo: come vi anticipato Barbara ho deciso di non pubblicarle. Se qualcuno sentisse, per motivi suoi, l’esigenza di visionarle sono disposto a inviarvele per email.

  165. Un ringraziamento particolare a Dacia Maraini per la disponibilità.
    Averla qui, mi creda, è un vero onore.
    Grazie, grazie, grazie.
    Di vero cuore.
    (Perdoni la rima)
    🙂

  166. Un benvenuto a Sabrina De Palma.
    Sabrina, in bocca al lupo per il tuo libro. Sentiti cooptata qui anche per i prossimi dibattiti.
    Salvo Zappulla ha fatto benissimo a introdurre te e il tuo libro (che peraltro rientra nel tema: “bambine e violenza”).
    Sia Sabrina che Salvo sono autori della stessa casa editrice: “Fermento”. Casa editrice romana di cui prima o poi parleremo… magari approfittando del libro di Salvo (che ha a che vedere con Dante; ma per ora non aggiungo altro).

  167. @ Gea, Primaditutto, mi è piaciuto molto il tuo post di ieri sera; un insieme di comandamenti che condivido. A proposito dei babbi -mamma vorrei non risponderti perché temo di non trovare la necessaria chiarezza, ci provo.
    Intendevo dire che la giustissima rivendicazione della divisione dei compiti fra babbi e mamme, ha comportato, nella maggior parte dei casi ad un regolamento dell’affetto e dei sentimenti, e i bambini sono stati privati dei riferimenti naturali. I bambini vivono fra cloni (nei miei disegni so essere molto più chiara e precisa), che si arrabbiano, reagiscono e si “stressano” nello stesso modo. Li priviamo dell’amore. A scuola succede la stessa cosa, i bambini sono l’oggetto dell’impegno; io ho fatto tanto…
    Così, capita che l’attenzione nei loro confronti è un atto forzato, di adulti impegnati ad un rispetto, fra loro, contrattuale. Gli uomini e le donne non sono uguali (e viva la differenza!); nell’appiattimento dei “compiti”, ogni sesso perde una parte importante di sé, e questo, crea uno stato metafisico, una proiezione delle volontà che inibisce pulsioni e sentimenti, ma anche la conoscenza.
    A dopo, ciao, Miriam

  168. @ Elisabetta Lodoli.
    Elisabetta, riprendo questo tuo commento:
    “sarebbe interessante forse che da quel libro, come da altri, potessero nascere nelle classi delle riflessioni sui rapporti tra i compagni che potrebbero svilupparsi in qualcosa di scritto o in interviste che i ragazzi stessi si fanno sotto la guida di un insegnante. Poi da questo materiale potrebbenascere un documentario.”
    Perfettamente d’accordo con te. Mi pare una buona idea. Se potessi esserti utile in qualche modo non hai che da chiedere.

  169. @miriam: io non credo che siano i ‘compiti’ a creare confusione.
    credo che ognuno li svolga a suo modo, e che questo modo sia anche frutto di una questione caratteriale.
    il genere c’entra, sicuramente, e la differenza non si cancella con un cambio di pannolino, perchè mamma lo farà in un modo, e papà nell’altro.
    non sono i ruoli il problema, secondo me.
    è l’insicurezza.
    insicurezza parentale in toto, insicurezza anche di genere nel particolare.
    forse dovremmo tutti introiettare ben bene il concetto che non è meno uomo un uomo che piange, ride, coccola, e non è meno donna una donna ‘con le palle’ (dio quanto odio questo modo di dire), che siamo molto differenti comunque, e che capirsi e compenetrarsi non significa scimmiottarsi a vicenda ma provare gli stessi sentimenti con diverse modalità, traducendoli nel proprio linguaggio di genere senza sentirsi straniati.
    non credo che sia grave per un bambino crescere con un padre dolce, avvolgente e affettuoso. credo che lo sia crescere senza almeno una figura autorevole (non autoritaria, e indifferentemente dal sesso)perché così lo si abbandona a se stesso e lo si condanna alla paura, e la paura è il peggior compagno di viaggio.
    scritto malissimo, ma tenevo più ai concetti che alla forma.
    scusatemi tutti.

  170. Miriam, la tua co-co ti chiama per riprendere il dibattito. Ho pure carta e penna pronti, così prendo appunti e faccio contento quell’antipatico di
    Massimo.
    Smile

  171. Deve essere avvenuta un’epidemia di scrittori. Quasi quasi sarei tentato di inserire un mio (brevissimo) racconto sull’infanzia violata. Massimo, solo se mi autorizzi.

  172. @zappulla: perché no? E’ molto lungo? altrimenti puoi farne un sunto…
    a presto, Miriam
    PS. eri tu che avevi annunciato una proposta per il fine post?

  173. @Elektra: fra poco posterò gli interventi del giorno.
    @Gea: sei stata chiarissima, vorrei dire altre cose ma mi aspetto altri interventi. Ciao e buona giornata…e poi oggi dovrebbe farsi sentire Carlo…(aveva detto venerdì, o sbaglio?)

  174. Intervengo al volo per portarvi i saluti di Loredana Lipperini.
    Loredana si sta spostando da Bologna a Milano e stasera sarà ospite di Daria Bignardi a “Le invasioni barbariche”. Naturalmente vi invito a guardare la trasmissione (LA7, h. 21,30).
    Poi, se volete, potrete commentare qui.

  175. L’AQUILONE

    Volteggiava nel cielo limpido sfidando l’alito furioso del vento che metteva a dura prova le sottili asticelle.
    L’aquilone si librava verso l’alto, ricamando piroette di puledro imbrigliato, sfiorava tegole di case, cime di pioppi, fili d’alta tensione. Poi si adagiava a riprender fiato, sui comignoli, dove le cicogne costruivano i loro nidi; si fermava a curiosare i trampoli gialli di quegli esseri dal becco lungo e sgraziato forse, chissà, lontani parenti. Riprendeva quindi la sua ascesa alla conquista di spazi sempre più azzurri. La libertà. Quanto è grande la libertà?
    La libertà è il cielo senza nuvole –si diceva- è il vento che spinge oltre le colline, tra vette ospiti di residua neve d’aprile. La libertà nessuno la regala, va conquistata, concludeva tra soste e capricciose piroette.
    A un certo punto tentò un guizzo ribelle, disperato, vano. Quella mano fragile, eppure caparbia, era il suo tiranno. E tira, strattona, si contorce, vorrebbe urlare nello spazio la sua disperazione, il suo lamento di libellula prigioniera. La libertà è un sogno senza notte, il canto senza vita di un condannato –continua a dirsi meditando ad alta voce- una mano di bimba che non s’arrende. Ma ecco, nel silenzio del cortile, una mano rapace che ghermisce la piccola, un tragico urlo seguito da momenti terribili. Si stacca il filo oppressore mentre la mano inerte scivola insanguinata in un angolo buio.
    E’ arrivata la libertà, la libertà!
    S’innalza l’aquilone, sorpreso. E’ il momento di fuggire. Con uno sbattere veloce di coda si spinge lontano: il cielo gli appartiene. C’è tempo appena per l’ultimo sguardo giù nel cortile.
    Questa è la libertà? Questa è la libertà? Una macchia di sangue che fissa tremante, il sorriso smarrito nell’agonia del terrore? Quel braccino teso che implora? Se è questa la libertà, ha il fardello ingombrante di una zavorra alle ali. L’aquilone plana dolcemente, si distende accanto al corpicino martoriato, s’acquieta, si lascia accarezzare.

    PS. Miriam fammi inviare la tua mail da Massimo.

  176. Dopo il racconto di Salvo, che però avrei concluso in altro modo, non me la sono sentita di rileggere gli interventi e postare nuove riflessioni, e poi, ripensandoci, questa sera, dalla Bignardi (che guardo tutti i venerdì sulla Sette) c’è Loredana Lipperini; quindi anche per il nostro dibattito, è meglio rimandanare a domani. Oggi però ho riletto alcune pagine di Marianna Ucrìa, l’esserino mutolo, forte, solitario e donna; femmina, che ha compiuto i gesti di tutte noi, ha gioito, ha sofferto, ha conosciuto la passione e una lunga vita. Quando il libro uscì io non volli leggerlo, erano i miei primi anni buoni, dopo un esperienza fisica pesante e una storia triste, anche se “vittoriosa” , non mi attirava proprio. Lessi il libro dopo il film di Faenza: entrambi straordinari. Oggi, di nuovo, sono rimasta incantata, dalla tenerezza con cui Dacia Maraini ha saputo avvolgere quella piccola cosa preziosa: la lunga vita di “un incomprensibile bambina di un nuovo secolo”.
    Scrivere in quel modo è una condizione dello spirito, irripetibile. Come l’istante che è e che muta e che solo l’arte, in qualche modo, riesce a fermare.
    Su questo blog, mi è capitato diverse volte di polemizzare a proposito di Rosso Malpelo, scrittura straordinaria, poetica, ma “imposta” nelle scuole con troppa insistenza e come unico soggetto letterario sulla condizione dei minori. Sempre e solo Rosso Malpelo e Marianna Ucrìa?
    Perché, anche per amore di completezza educativa e conoscenza letterarie e linguistica, non affiancare all’infelicità cupa e senza speranza di Malpelo, la volontà silenziosa di un anima votata al bello e all’amore?
    (Perché Marianna è una donna? Mutola, piccola, nobile,vedova, femmina, bambina?)

  177. PIAZZA DEI FANCIULLI LA SERA
    Io arrivai in una piazza
    colma di una cosa sovrana,
    una bellissima fontana
    e intorno un’allegria pazza.
    Stava tra verdi aiole:
    per viali di ghiaie fini
    giocondavano bei bambini
    e donne sedute al sole.
    Verde il labbro di pietra
    e il ridente labbro dell’acqua
    fermo sulla riviera stracca,
    in puro cielo s’invetra.
    Tutto il resto e’ una bruna
    ombra, sotto le logge invase
    dal cielo rosso, l’alte case
    sui tetti attendon la luna.
    Ivi sembrava l’uomo
    come una cosa troppo oscura,
    di cui i bambini hanno paura,
    belli gli chiedon perdono.
    (Carlo Betocchi)

  178. Solo ora mi sono messo in pari con la lettura dei tanti post arretrati, e forse neanche con la dovuta attenzione. E i libri non li ho ancora letti: finora ho comprato solo quello di Catena, ma se l’è subito inguattato mia moglie e dovrò aspettare che lo finisca lei. Di temi comunque se ne sono aperti molti, e tutti molto interessanti: provo a dire qualcosa qua e là, anche perchè l’ho promesso a Miiam.
    1) sono contento che Massimo abbia alla fine deciso di non pubblicare le foto; sarei stato contrario dall’inizio. Mi sembra che qui sarebbero state fuori luogo. Non credo che abbiamo bisogno di compiacerci tra noi dell’orrore che possiamo provare, e non siamo sicuri che chi vi si fosse imbattuto (e non parlo solo di minori) le avrebbero “lette” nello spirito inteso da chi le voleva vedere pubblicate. Un blog di letteratura è essenzialmente un blog di parole, e qui do pienamente ragione a Miriam.
    2) sono papà di Francesco, ora di 7 anni. Mi sono sempre chiesto su che genere di genitore sarei stato e talvolta mi sono dato anche risposte, spesso di fatto smentite. Non volevo assistere al parto, mi sembrava una moda; poi al momento ho seguito l’istinto e se non ci fossi stato mi sarei perso da idiota un momento indimenticabile della vita di tre persone, e tra loro non conto certo l’ostetrica e il ginecologo. L’idea di cambiare un pannolino prima mi faceva ribrezzo: pensavo di poter giungere a un compromesso (niente cacca -solo pipì), ma sarei stato un vero cretino e non avrei goduto della puzza dell’umanità di mio figlio.
    3) Babbo-mammo ? Cerco di non pormi più neanche il problema: forse vice-mamma in alcuni momenti, se vi piace di più. Che i ruoli siano distinti mi sembra naturale, che serva una grande flessibilità mi pare necessario (qui dò più ragione a Gea). L’importante è alla fine sentire chiamare mamma o papà la persona giusta (questo lascia supporre che il bambino abbia riferimenti chiari), e fidarsi del proprio istinto. Non per questo credo una donna debba sentirsi “con le palle” (orrore!) o un uomo un “mammo” o un “riferimento debole” (quest’uso poi dell’aggettivo “debole” riferito a tutto ciò che è “femminile” è altrettanto orribile e meriterebbe un lungo discorso a parte).
    4) Mio figlio ama i mostri e gli alieni. E anche gli scarafaggi. Talvolta mi preoccupo che provi un po’ di simpatia per i cattivi in una storia, che subisca anche il “fascino del male”. Poi l’ho visto difendere degli insetti da altri bambini suoi amici, che volevano schiacciarli. Il futuro mi spaventa e non poco: mi atterrisce il bullismo e che mio figlio possa esserne vittima, ma altrettanto che possa diventare lui un carnefice. Poi penso che è nostro compito fargli leggere i libri giusti, vedere i film giusti…e parlarne insieme. E poi parlare della paura, perché alla fine LUI non abbia paura di parlarne.
    Per ora mi accontento della sua difesa dello scarafaggio.
    E poi per ora me ne vado anche a dormire perché sono molto stanco e rileggo quel che ho scritto e mi pare solo un mare di banalità e forse volevo dire qualcos’altro ma non mi pare di ricordarlo e sto pure perdendo il filo.
    E quindi buona notte.

    PS: Debbo invece dire (e a quest’ora non so neanche dire perchè), che il racconto di Salvo Zappulla non mi ha convinto; e me ne dispiaccio perchè altre volte dice cose che mi trovano perfettamente d’accordo.

  179. @Carlo, era solo un raccontino per riempire un momento di pausa. Quel che conta è che ci ritroviamo d’accordo sulle cose importanti.

  180. Ho letto con molta attenzione i commenti di mamme e papà che hanno raccontato la loro esperienza di genitori.
    Io non sono madre, non ancora e quindi, è molto probabile che non possa bene comprendere le difficoltà e le paure dei genitori riguardo al futuro dei propri figli.
    Io però, voglio raccontarvi la mia personale esperienza di figlia.
    Credo di essere sempre stata una figlia modello.
    Non ho mai fatto “pazzie”, non ho mai detto parolaccie (almeno da piccola!), nè fatto del male agli scarafaggi (anzi li prendevo in mano per proteggerli … ora come ora non riesco a crederci!) e ho sempre portato a casa splendidi voti.
    Nonostante ciò, mai nessuno mi ha consigliato le letture da fare, ne si è seduto accanto a me per fare i compiti.
    I miei genitori sono sempre stati iperimpegnati.
    Avevo una mamma manager, che non poteva perder tempo dietro a queste cose.
    Io, sapevo soltanto che non volevo deludere la fiducia e la stima dei miei genitori e questo mi bastava per rifiutare le cattive compagnie e per impegnarmi nello studio.
    Con questo non voglio dire che i vostri figli cresceranno meglio se non gli state addosso.
    Non voglio dire che non vanno seguiti.
    Voglio solo dire che se voi siete delle belle persone sarete degli esempi per i vodtri figli e loro, quando avranno maggiore coscienza di sè stessi, vorranno emularvi.
    Sabrina

  181. Sabrina, saresti da sposare seduta stante. Io penso che non basti l’esempio dei genitori, perché i ragazzi seguono anche altri modelli: il compagno figo che si tinge i capelli di rosso e fuma spinelli (per cui le ragazzine vanno matte); la televisione che propone miraggi, il successo facile, la gloria, l’isola dei famosi. E non tutti i ragazzi hanno voglia di compiere sacrifici per affermarsi nella vita, preferiscono aggirare l’ostacolo. Io conosco figli di genitori- modello (o all’apparenza modello) finiti in galera e figli di genitori ubriaconi che si sono ritagliati un loro spazio nella società con sacrifico e umiltà. Ritengo che alla fine ognuno sia padrone del proprio destino.

  182. @ Sabrina, Salvo, Carlo: Il Bagnino Crudele del Tramonto aspetta sulla spiaggia le nostre bambole, le prime cose dell’anima, per svuotarle dalle parole e venderle al Mercato; poi con il Grande Rastrello raduna quello che resta e insieme accendono l’orrendo fuoco. Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, che però-raccogliendo l’invito di Enrico- definirei meglio con prima vita, è il momento in cui tutto gioca; una partita dagli esiti imprevedibili. Contano la scuola, gli amici, le simpatie, le affascinazioni, i sensi di inadeguatezza (una volta si chiamavano complessi), la comune morale, la moda del momento, le tensioni ideali, la paura dei giorni futuri.
    Con sensibilità e attenzione non si sbaglia mai, ma gli esiti sono unici, come le impronte digitali.

  183. La conversazione sul tema “bambine, tra letteratura e vita” sta continuando. Vi ringrazio per gli interventi e ringrazio la brava Miriam che ci riconduce ai libri.
    Ne approfitto per porre una domanda a Dacia Maraini. Per la verità è una domanda che esula dal contesto del dibattito. Una domanda un po’ visionaria. Di certo strana.
    – Cara Dacia, se dovesse scegliere tra i suoi tanti libri uno – e uno solo – da dare in lettura agli abitanti di un altro pianeta, quale sceglierebbe? E perché?

  184. @ Carlo: grazie per l’impegno e per le cose che hai scritto.
    Ti rispondo. Gli scarafaggi si possono uccidere, così come le medicine uccidono i batteri delle infezioni. Quando una scuola è infestata dagli insetti , la ASL ordina la chiusura e interviene per la disinfestazione. La stessa cosa si fa con i topi; topini belli come Topolino, che nella realtà scientifica però diventano gli orribili topi della peste. L’uomo difende la vita e guai se non lo facesse; forse è questo che dovremmo insegnare ai bambini. Altrimenti, appena un po’ più grandi, li costringeremmo, in un colpo solo, a voltare le spalle al loro immaginario infantile e celebrare il funerale (l’orrendo fuoco del Grande Rastrello) dei loro primi giochi, delle loro prime sicurezze. Niente Babbi Natale, niente fate, ne’ illusioni, niente magie, solo compiti difficili e futuro incerto (mondo difficile, Tonino Carotone). Non si tratta di Bene o Male, ma della realtà delle cose, della loro naturalità. Quando parlo di babbomamma, intendo proprio questo; un appiattimento comodo, compiacente ad un’idea falsa della vita. Nel passato, la divisione dei sessi regolava l’educazione fra tenerezza e razionalità; oggi, quella dicotomia andrebbe sostituita con una consapevole e condivisa impostazione educativa. La Natura, dovrebbe aiutarci.
    Ciao e grazie, Miriam

  185. miriam, adesso non ce la faccio, ma mi piacerebbe molto parlare meglio di quest’ultima cosa.
    se ci riesco mi farò viva stanotte, e se vuoi mi leggerai domattina.
    ad appena possibile

  186. @gea: tranquilla, aspetto. Io di notte scrivo solo scemate…non ho più l’età.
    A presto

  187. Ognuno faccia famiglia a modo suo. Solo, sarebbe utile che tutte le famiglie, pur nella loro diversita’ direi ”ontologica”, conservassero qualche punto di riferimento fisso e condivisibile nazionalmente:
    1) L’importanza delle tradizioni culturali nazionali;
    2) La presenza temporalmente cospicua dei genitori affianco ai figli;
    3) La stima dell’onesta’ e della correttezza, nonche’ dell’uguaglianza fra i cittadini italiani in TUTTO.
    4) Il contatto fisico coi figli, tutti uguali nel cuore dei genitori. Senza contatto fisico si fa la fila al negozio, non si erigono famiglie.
    Forse ci sarebbe dell’altro, ma per ora mi sono venuti in mente questi punti importanti.
    Sergio

  188. Ecco il quinto punto, infatti. Fondamentalissimo:
    5) Essere sinceri in tutto con i figli, tranne che per le cose che un adulto sa riguardano solo gli adulti. Queste ultime andrebbero risolte a parte, mai in presenza dei figli. Insomma: rapporti veri con i figli eccetto le questioni (spesso drammatiche) riguardanti l’emisfero adulto.
    Ed e’ tutto. Secondo me.
    Sergio

  189. Cara Miriam, si, la natura già ci aiuta perchè già ci fa diversi e senza curarsi di gerarchie tra i sessi ci assegna compiti diversi. La gestazione, l’allattamento, sono sensazioni fisiche che un padre non potrà mai provare e che renderà il contatto corporeo con i figli (condivido con Sergio l’idea che sia un punto fondamentale) fatalmente diverso; e cito solo le cose più evidenti e banali. “Nel passato, la divisione dei sessi regolava l’educazione fra tenerezza e razionalità; oggi, quella dicotomia andrebbe sostituita con una consapevole e condivisa impostazione educativa” tu dici, e sono d’accordo, ma questo è quello che ritengo già talvolta succeda, anche se non dappertutto, ed è ciò a cui alludevo parlando di saper fare da vice-mamma (o mamme da vice-papà) non per gioco o per confusione dei ruoli, ma quando una situazione lo richiede. I ruoli, i modelli, come le regole, sono di fondamentale importanza per una società civile; accorgersi poi che si possano anche infrangere, possibilmente con coscienza, consapevolezza e responsabilità, lo ritengo fondamentale per una sana crescita individuale.
    Comunque confesso di subire molto il fascino di antiche famiglie e società matriarcali, al punto di credere che oggi il nostro malandatissimo Paese, politicamente un vero bamboccio, potrebbe essere salvato solo da un governo di donne, e retto da un Presidente della Repubblica donna (anni fa si ventilò per un attimo il nome di Tina Anselmi, e pur sapendo che non sarebbe stata mai eletta, ne fui enormemente felice e feci il tifo per lei).
    Purchè poi l’esercizio del potere non le guasti, e mi faccia cadere anche questa illusione. Mi pare che pure nelle fiabe (tento di tornare al tema di partenza) le donne in condizione di vertice siano solo delle regine malvage: quando le regine sono buone non esercitano in realtà alcun potere, che è tutto nelle mani del re.
    Ciao.
    Carlo

  190. eccomi, miriam.
    a proposito di realtà e fantasia.
    la sensazione che ho è che i bambini oggi vivano immersi in una realtà fittizia, che tutto è meno che fantasia. una iper (o ipo) realtà, in un certo senso. il mondo della tv, dove tutto è mescolato: notiziari e fiction, cartoni e pubblicità. dove devi essere bello e ricco, e le famiglie sono quelle del mulino bianco.
    il tutto raramente filtrato dalla presenza di un adulto consapevole, anche perché gli adulti stessi spesso sono vittime dello stesso meccanismo.
    la fantasia è creatività, un mondo ricco e meraviglioso che ci dovremmo portare dentro come medicina per l’anima. e per i bambini una rampa di lancio per la vita. Babbo natale è prezioso, come lo è la fata dei dentini. ma i bambini vengono da qualcosa di più meraviglioso del becco di una cicogna, e la giornata della memoria si può e si deve spiegare. e se spari a qualcuno questo non si rialza come nei giochini, e la morte succede.
    ti lascio con un aneddoto, perchè credo di aver fatto un gran casino.
    parecchi anni fa successe che nel giro di una settimana morissero a casa nostra una lontana parente e una gatta molto amata.
    a tavola mia figlia (due anni scarsi) chiese, senza preavviso, come fanno i bimbi, “cosa vuol dire ‘morto’?”.
    nell’attimo che io impiegai a riprendermi e cercare un modo per spiegarglielo, intervenne suo fratello, cinque anni e mezzo:
    “sai, antonia, la morte è una cosa normale. succede a tutti: succederà anche a te e a me, ma probabilmente quando saremo vecchi e stanchi. è come prima di nascere: non si è, poi si nasce e si vive e si è, poi si muore e non si è di nuovo.”
    “ah. ok. andiamo a giocare?”.
    ecco.

  191. Gea, condivido. Quella che viene proposta è una non-vita, ma solo un appartenenza ad una scenografia disegnata da altri. Siamo spettatori della vita, quella fatta di isole e animata da pupazzi di plastica ai quasi assomigliare. Vivere vuol dire correre dei rischi. A noi genitori l’inalienabile rischio di negare ai nostri figli una appartenenza scontata. Il costo potrebbe essere la diversità, ma ben venga.

  192. @Gea, tu non fai mai confusione, anzi, sei forte! e così umana… Da quello che scrivi, mi sembra che i figli ti assomiglino.
    Una volta ai funerali ci portavano i bambini degli asili, con la mantellina scura e il grembiule bianco; ed era un servizio a pagamento, cioè i parenti sottoscrivevano agli asili una quota di partecipazione. L’ho visto nei film, sui libri e nelle foto. Ma perché questa usanza? Qualcuno di voi sa qualcosa di più? Per quei bimbi, la morte, doveva veramente essere una cosa normale, parte della vita. Del resto la mortalità infantile era così elevata da ritenere, come assolutamente normale la scomparsa di un fratellino o una sorellina, che andavano in cielo a pregare per loro. Insomma diventavano angeli! La vita e la morte e un mondo che stava oltre.
    Anche la Picciridda di Catena Fiorello accompagna la nonna “a vestire i morti”, partecipando a questi riti familiari con un distaccato senso comico. Osservando con leggerezza, quei morti con il fazzoletto annodato sulla testa; come Vivian Lamarque fa con l’uovo di pasqua: sto dietro al vetro con una sorpresa dentro.
    Su questo tema, nei giorni scorsi ho letto Brother and sister di Simona Vinci, l’elaborazione di un lutto, il senso d’abbandono e la pulsione a vivere che vince e ridimensiona le difficoltà. L’essere, piccolo, perché i protagonisti sono bambini –e forse perché l’autrice è una donna- si confronta con la vita , con il futuro. Lo stesso tema, invece in Amore mio infinito di Aldo Nove è affrontato in modo magico; il bambino (già quasi adolescente) vive una dimensione quasi metafisica, trasfigurata negli oggetti della casa che vivono, segretamente, una loro animazione.
    Anche di fronte alla morte permane una differenza fra il femminile e il maschile?

  193. @Carlo. A proposito di politica: sarebbe bella una maggior presenza delle donne, ma quali? Le donne in carriera che come i “vecchi maschi” hanno uno stomaco forte? Acritiche e disposte a tutto?
    Forse la maggior parte delle donne è più intelligente. Perché sacrificare ore, tempo e la vita in quel mondo bizantino, che si parla addosso, che è inconcludente, fumoso e annoiante?
    Io ho un passato di impegno politico professionale, destinato – in quanto donna- al successo, a cui ho rifiutato senza alcun rimpianto: che noia! Mi sentivo soffocare. Ore e ore di parole e incontri inutili, di impegno mal profuso, di letture a cui non potevo concedermi, di cene, riunioni, spostamenti stressanti: scelsi l’incertezza, l’insicurezza lavorativa e lo zero da cui ricominciare la tessitura dei miei rapporti. Nonostante le difficoltà economiche e la prospettiva incerta per il mio futuro, benedico quella scelta. Abbandonai la zona grigia per una vita libera.
    Ciao, seguici sempre.

  194. Ma non mi sembra così interessante, onestamente! E’ stata una partecipazione, per come l’ho vista io, ad una discussione sul femminile a cui, mi pare di capire, Catherine Spaak non sembrava interessatissima. Comunque, Daria Bignardi mi è sembrata sinceramente coinvolta da “Ancora dalla parte delle bambine” e questo mi ha fatto piacere.
    Se vuoi un aneddoto, riguarda le mie scarpe: in camerino, mi sono resa conto che la regia indulgeva volentieri nell’inquadrare le scarpe delle signore, tutte regolarmente taccute. Io ho rimirato i miei doposci neri antipioggia e antifreddo e ho fatto un ghignetto fra me e me. Infatti, non li ha inquadrati. 🙂
    Per il resto, direi ordinaria amministrazione.

  195. @ Loredana Lipperini: invece i tuoi bellissimi scarponcini, che anch’io porto sempre,sono stati inquadrati più volte e facevano un figurone, glamour direi! Ti sei imposta e non solo esteticamente, il tuo modo originale di presentarti e di intervenire ha imbarazzato non poco la signora SpaaK, che forse non ti conosceva ed è rimasta un po lì.
    Daria Bignardi è forte, competente e coraggiosa; ma soprattutto innovativa.

  196. Acc…arrivo tardi. E’ che questo meraviglioso post mi è pervenuto solo ora. Non so perchè. Ma è davvero stupefacente la capacità che hai avuto, Massimo, di mettere insieme la migliore letteratura al femminile e atrettanti libri sulla crescita.
    Sono interessatissima, non solo come donna ma anche come mamma (in ultimo come aspirante scrittrice).
    Già “Dalla vita di Marianna Ucrìa” i toni di Dacia Maraini erano quelli di una donna che deve cercare delle strade inesplorate per comunicare, per andare oltre i sensi mancanti, le epoche oscure, i mali di una cultura ostinata sui suoi autodafè.
    I nuovi libri sono in fondo una ripresa di quel percorso, di quell’ andare senza – a volte – essere capiti, o colti nella propria essenza più profonda, più aderente a sogni e desideri.
    E’ , in verità, il grande problema della comunicazione tra genitori e figli. Quello del dialogo che rispetti la fermezza dell’autorità genitoriale (sempre necessaria a dispetto delle teorie sulle mamme o sui papà amici) e al tempo stesso sia morbido, elastico, rispettoso della nuova reatà che viene allo scoperto: un figlio che sboccia.
    Sarà per questa compessità ( e per la consapevolezza oggi più diffusa di essa) che noi mamme oggi – e confermo la sensazione dell’intelligentissima Lipperini – percepiamo più difficoltà di ieri, più necessità di rivolgerci all’esterno, di consultare esperti che ci dicano se ciò che facciamo è giusto o sbagliato.
    Al di là degli eccessi cui un tale atteggiamento può portare, vorrei però segnalare che la disponibilità di un genitore ad ascoltare una voce esterna (ma veramente, con slancio e generosità al fine di mettersi serenamente in discussione) è merce rara. E che le difficoltà nascono spesso proprio dall’incapacità di osservare anche se stessi, oltre i propri figli.
    E’ quanto ho potuto appurare anche nel mio lavoro attraverso i defatiganti e dolorosi processi per separazione e divorzio o per affidamento di figli minori, dove le tendenze nascoste ad acentrare un figlio nelle proprie mani (come se fosse un oggetto di proprietà ) esplodono e si fanno drammatiche.
    Tuttavia ritengo che questo malessere diffuso non dilaghi solo in tribunale. C’è nello scambio tra adulto e bambino un preconcetto malato, da curare: che i nostri figli ci appartengano.
    Non è così in verità, anche se scoprirlo e viverlo non è semplice nè indolore.
    Ma credo che il dialogo si avvantaggi di questa scoperta e del rispetto reciproco che ne nasce.

  197. Grazie mille Simona,
    sei davvero molto cara. Trasferisco i complimenti alla nostra ottima Miriam.
    Spero che il dibattito possa continuare, almeno fino a sabato.
    Poi vedremo di trarre delle conclusioni.
    Che ne pensi, Miriam?

  198. @Massimo. Ho letto l’intervento di Simona e mi sono presa un po’ di tempo per intervenire:a domani

  199. Dall’intervento di Simona “c’è nello scambio tra adulto e bambino un preconcetto malato, da curare: che i nostri figli ci appartengano”.
    Mio, tuo, nostro; ma soprattutto mio! Sono gli aggettivi più usati, e non da oggi, nelle chiacchiere tra famigliari e sulla famiglia. Anche nei dialetti , al nome del congiunto, ma soprattutto in casi di figli, si antepone l’aggettivo possessivo mio; ol mé Mario, la mé Lucia. E quel mé , sta proprio come un possessivo rafforzato, questa Lucia è mia, non solo, è mia di me! I figli erano il Facile Tesoro dei poveri, la testimonianza della loro esistenza: tanti figli per i campi, tanti da “offrire” alle guerre, figli per assicurarsi la vecchiaia , figli da accasare e soprattutto per andare in paradiso, nel Regno dei Cieli. Figli, per concludere il proprio passaggio sulla terra come in un ciclo naturale , in pace con dio e con gli uomini, passando il testimone ( un’altra vita di lavoro) al frutto del loro seme.
    Nel ciclo di una vita povera, senza beni, quel possesso era anche appartenenza, condivisione di un destino comune e immutabile, io sono tuo come le pesche sono dell’albero. Ben diversamente invece stavano le cose dove i beni erano, soprattutto materiali; e i figli e le figlie valevano potere, espansione del potere, prestigio e soldi. ”Gertrude non ha più bisogno di consigli; ciò che noi desideriamo per il suo bene, l’ha voluto lei spontaneamente. E’ risoluta , m’ha fatto intendere che è risoluta… A questo passo, alzò essa verso il padre uno sguardo tra atterrito e supplichevole, come per chiedergli che sospendesse, ma egli proseguì francamente: che è risoluta di prendere il velo”.(cap. X de’ I promessi sposi)
    Noi sappiamo come poi sono andate le cose. Conosciamo il destino infelice di Gertrude e quello di Marianna Ucria. Ora, che al lessico familista si è sostituito quello del mercato, quel “mé” bergamasco è diventato Mio, con tutta la durezza, che Simona meglio di noi, verifica ogni giorno nelle aule del tribunale. Ma c’è molto di più. C’è un costume quotidiano di esercizio arbitrario dell’essere madre e padre che travalica ogni comune senso del pudore, anche se le sue espressioni, proprio perché comuni e quotidiane, a volte ci sfuggono. Ne abbiamo una percezione solo quando la cronaca ci comunica dei fatti orribili, ma “l’offerta” è variegata e insidiosa come una distribuzione commerciale. Pensiamo ai bambini, ai loro vestiti, ai capelli tinti, alle frequentazioni forzate ai corsi di danza, pattinaggio, ecc.
    Anni fa, nel mio esercizio di mamma supplente, mi confrontai con quella realtà, che vedeva i genitori proiettati in una nuova occasione di vita; che sconforto! Ambizioni grandi come il monte Resegone, riversati su piccoli cuccioli ignari e fiduciosi. Fu allora che iniziai a disegnare, a fermare con le immagini il mondo dell’infanzia. Il primo disegno, fu uno schizzo a pennino in china nera: sulla spiaggia , sotto agli ombrelloni, disegnai bambini, soli o in gruppo, intenti nei giochi con secchielli e palette. In alto, sulla sinistra, un richiamo da fumetto (callout) “Amoreeeeeeee” e i bambini, tutti, rivolti verso quel richiamo, e tutti avevano un grande ciuccio in bocca. In quei primi disegni, il ciuccio rappresentava il disagio educativo, la censura, la violenza, i limiti ad una crescita libera e morale. Poi, disegnando ho continuato in una mia personalissima allegoria, tantissimi lavori, che in seguito ho raccolto, in omaggio alle bambine- sempre le più fragili, in una cartella che ho intitolato: Le colonnine incerte.

  200. carissima Miriam,
    condivido pienamente la tua opinione. E credo, come prima dicevo, che sia perchè, spesso, l’atto d’amore che genera non è gratuito.
    E’ solo dalla piena e totale gratuità che nasce il rispetto.Anche e soprattutto il rispetto verso un figlio.
    Altrimenti tutto è scambio, commercio, anche l’amore. Riversare sui figli ambizioni eccessive, forse riproducenti le nostre, incompiute, non è forse il pagamento di un pedaggio, quello per il trasporto più naturale che ci porta nel mondo: la nostra nascita?
    E’ ovvio che la natura umana, con le sue fragilità e debolezze, non riesce mai a essere pienamente gratuita.
    Tuttavia la tensione verso questa gratuità, verso la libertà che ne nasce, è un obiettivo al quale noi genitori dobbiamo educarci.
    Altrimenti non è raro che le tensioni familiari tracimino, forzino gli argini della normalità e generino creature dai contorni indistinti e doloranti:le colonnine incerte di cui tu parlavi.
    Grazie della tua risposta delicatissima.
    Simo

  201. Cara Miriam Ravasio,sono entrato random per caso,mi perdoni sono un suo ammiratore della sua cultura,sensibilità emotiva competente:Lei è la donna,la femminilità,la madre,la nonna a cui si dovrebbero rivolgere altre donne con i propri uomini,per uno scambio di reciprocità,grate per il suo senso alto della vita e,nel contempo, della caducità della stessa;inoltre, la sua generosità,fermezza,onestà intellettuale, che la sua scrittura libera e ammonisce!Se mi consente un Sergio Sozi al maschile,per sdrammatizzare; certo,Lei è più immaginifica,secondo me.
    Con stima e tanta empatia,grazie, Cara Miriam Ravasio!
    Luca Gallina
    P.S.Non voglio rileggere,ho seguito il mio istinto,anche gli uomini hanno una “intelligenza emotiva”(Goleman),mi auguro sia vero,soprattutto per me.

  202. Cara Miriam, almeno non ti fare crescere la barba come Sergio! non credo ti donerebbe. Che tu sia più immaginifica di lui lo condivido appieno, e apprezzo molto questa tua speciale qualità.
    Le ultime considerazioni, tue e di Simona sono molto interessanti, e sottoscrivo appieno la denuncia di questa malintesa appartenenza, della mancanza di rispetto per i bambini, delle ambizioni (frustrazioni) proprie riversate sui figli. Che li portano forzatamente a traguardi immaginari, fasulli, vere patacche della nostra società. Che li difendono aprioristicamente anche di fronte ai loro palesi errori vanificando il compito di altri educatori, insegnati, ecc. , compiendo opera di somma diseducazione. Che poi si lamentano perché i loro pargoli si chiudono in se stessi e non comunicano con loro.
    Ma le bambine sono realmente più fragili dei maschi di fronte a questo? O lo diventano dopo, quando i modelli “maschile” e “femminile”, ormai interiorizzati tendono a vedersi realizzati? Io la risposta veramente non ce l’ho, sto solo tentando di confrontarmi con le fragilità di mio figlio maschio e mi manca un confronto esperienziale con una figlia.
    PS: Mi piacerebbe molto vedere la tua cartella delle ‘colonnine incerte’ (il titolo è bellissimo).
    Saluti
    Carlo (per te sempre Speranza)

  203. Caro Speranza, grazie per le tue parole. Tu fai una domanda che anch’io mi pongo spesso : le bambine sono veramente più fragili o lo diventano dopo? Mi sono data diverse risposte e contrastanti fra loro. Poi ci ripenso e dico che per le bambine è fondamentale vivere in una casa dove il padre e la madre sondo dei veri “modelli” (uso le virgolette per non essere fraintesa), due figure distinte. Perché le bambine si “ rovinano dopo”; quando anche la più positiva delle madri non basta più ; quando arriva quel momento delicato (vedi la fiaba di Ferrante) che segna il passaggio all’età femminile, quella che introduce alla vita nel suo senso più naturale.Ed è il momento in cui anche quello che conosci si copre di mistero, c’è quel bisogno intimo di fascino, che invece la società insidia con il sesso e le sue proposte oscene, bambole per il Grande Rastrello. Per i maschi il problema mi sembra diverso, generalmente sono più asini delle bambine e, sempre generalmente, più lenti nella crescita, ma proprio per questo i genitori hanno più tempo!(e anche loro!) E la società su di loro non esercita la squallida mercificazione delle tette e del culo. (Sozi scusa ma in certi casi è necessario)
    Le Colonnine Incerte, sono tantissimi disegni;centinaia. Sette anni fa, a Lecco ne esposi qualcuno in una personale, ma una persona straordinaria, mi disse di ritirarli perché un tema così delicato poteva facilmente prestarsi ad una facile strumentalizzazione, che avrebbe definito me come l’artista dei bambini, senza sviluppare, invece, un tema così intimo e prezioso. Mi consigliò di leggere, di studiare e mi indirizzò verso cose che non conoscevo. Non dirò il nome di quella persona ma da allora ho seguito i suoi consigli. I disegni sono lì nella loro grande cartella, potrei esporli solo in un certo contesto, magari libresco. Però, se vuoi venirli a vedere telefonami. Miriam

  204. Luca, Carlo Speranza e Miriam:
    di ”Immaginifico” io ne conosco soltanto uno. Ed e’ morto nel 1938 (con commemorazione funebre, fra gli altri, di Massimo Bontempelli, che io stimo fra i migliori autori del Novecento europeo).
    Mica mi vorrete equiparare, eh?
    (Vi faccio un occhiolino di complicita’ che a me le facce gialle fanno venir l’orticaria)
    Sergio

  205. @ a tutti, e a proposito di maschi e femmine. Oggi ho letto un’ intervista di Anna Finocchiaro, dove sostiene che il maschio è ormai un genere esausto “che ha già dato” e che consapevole di questo dovrebbe farsi da parte. Cosa ne pensate?
    ciao, Miriam

  206. maschio come luogo comune?
    prepotente aggressivo arrivista possessivo superficiale?
    che corrisponde alla femmina frivola lagnosa appiccicaticcia manipolatrice?
    allora sì. devono sparire entrambi.
    io sarò un’illusa, ma credo che uomini e donne siano molto di più, e che insieme si possa fare molto meglio che da soli.
    forse.
    vado a lavorare. ciao.

  207. @ miriam:
    e ci voleva quella confezionatrice di frappé di aria fritta della Finocchiaro?
    Sono da anni convinto che nella stragrande parte delle attività umane dovremmo vedere l’impiego di una maggioranza femminile piuttosto che maschile.
    A parte 4 cose (peraltro manco utilissime, tipo pisciare contro il muro) nelle quali i maschi riescono meglio, le donne sono infinitamente migliori di noi. Per me, ovviamente.

  208. @Miriam, in merito alle osservazioni della Finocchiaro:
    Credo invece che per l’uomo come per la donna di oggi possa aprirsi una nuova prospettiva ed anche una nuova sfida. Quella di tendere verso l’altro in modo elastico, aderente alle nuove istanze della famiglia e alle necesstà comuni. Così come per la donna s’impone un ripensamento dell’uomo in senso costruttivo e generoso, per l’uomo è auspicabile la strada dell’osservazione attenta e della conseguente apertura.
    Un andarsi incontro reciproco molto difficile da realizzare in cui sarebbe proficuo che l’uno imparasse dall’altra e viceversa.

  209. Sottoscrivo sia quanto affermato da Gea che da Enrico.
    Che ogni volta che voto se è possibile voto sempre per una donna l’ho anche già detto.
    Personalmente mi sono già fatto da parte: attendo oblomovianamente che chi si vuol scazzare e fare strada a suon di sgomitate (maschi o femmine che siano) si rompa le corna; io preferisco spendere il mio tempo coltivando il mio orticello personale (le piccole parvenze di felicità) come Lucio Quinzio Cincinnato qualche po’ di secoli fa.
    Carlo

  210. Caro Evento, Miriam riportava le parole della Finocchiaro, quindi quel tuo “lei” immagino dovrebbe riferirsi a quest’ultima. Del resto si potrebbe fare della facile ironia sul suo cognome (ma ‘nomen omen’ si può dire per una donna?). Io me ne astengo per non passar da maschilista (che non sono) e omofobo (che non sono).

  211. Con soddisfazione vedo che stiamo tutti concordi, ma faccio particolarmente mio, per lo stile comunicativo, il commento di Gea.
    Invece a proposito di Lucio Quinzio Cincinnato, riporto la citazione di un altro Quinzio: di positivo, oggi c’è questo, che tutte le vie percorse sono arrivate alla fine. Siamo di nuovo a un inizio.
    Visto che in un altro post, si è fatto il nome di Mafalda, domani cercherò di inserire un commento dedicato alla simpatica creatura di Quino, e agli altri personaggi suoi amici.
    Mafalda è molto di più di un fumetto è un piccolo microcosmo di varia umanità in fase di crescita. Nel frattempo (imitando Massimo) vi propongo un gioco: tu che amico di Mafalda sei? Susanita, Felipe, Manolo, Libertà….
    A domani, questa sera vado ad un Concerto di Natale, in una piccola chiesa romanica che sta sul lungo fiume.
    Ciao

  212. libertà.
    che ho sempre pensato che qualche anno dopo sarebbe desaparecida con la sua famiglia.
    ho una capacità incredibile di identificarmi con quelli (apparentemente) perdenti.

  213. Sulla questione uomini/donne lanciata da Miriam sono d’accordo anch’io con Gea e Simona.
    E poi secondo me è sbagliato sostenere che le donne sono meglio degli uomini e viceversa. Credo che questi discorsi un po’ sessisti non portino da nessuna parte. Ci sono donne migliori di altre donne e altri uomini. E uomoni migliori di altri uomini e altre donne. In definitiva ci sono persone migliori di altre.
    Vero è, però, che la donna è stata per tantissimo tempo schiacciata, maltrattata, è abusata dalla società maschilista.
    Lennon cantava: “Woman si the nigger of the world”, cioè “La donna è il negro del mondo”.
    Per fortuna le cose oggi sembrano andare un po’ meglio; ma solo fino a un certo punto.
    E comunque… è un altro discorso.

  214. Su Anna Finocchiaro:
    a parte che Finocchiaro è un cognome comunissimo a Catania, mi pare che la mia concittadina Anna sia una donna intelligente, di cultura, determinata e di polso. Qualità che non guastano in politica.
    Per il resto credo che tutti i politici siano per loro natura un po’ confezionatori di frappé di aria fritta. E se non lo sono subito lo diventano nel tempo.

  215. Mafalda è una bambina in guerra per la Pace, per un mondo più giusto e abitato da adulti consapevoli. Come si fa a non amarla? Una poetica guerriera, che grazie all’intuizione del suo creatore, Quino, di sospendere le strisce, è diventata immortale come un classico della letteratura. Come si fa a non riconoscere in lei tutte le nostre migliori aspirazioni? In Italia il libro uscì edito da Bompiani e con una presentazione di Umberto Eco e ebbe subito, come nel resto del mondo uno straordinario successo. Questa mattina ho cercato fra gli scaffali il libro, per scegliere fra le parole dell’illustre semiologo, qualche frase da inserire sul post; ma mi sono ricordata d’averlo regalato ad una bimba, una piccola Libertà bisognosa di amici. Perché Mafalda ha tanti amici, sono i suoi compagni di scuola, ed ognuno rappresenta un certo modo di essere. Lei li ama e con loro tenta discorsi, confronti sui massimi sistemi, e non sempre ci riesce; allora cede al piacere della compagnia e gioca e sogna, anche con quel essere, simpaticamente becero, di Susanita, il suo futuro. Proiezioni, che diventano inquietanti quando il protagonista è Manolo, il figlio del droghiere –bottegaio che potrebbe essere usuraio, approfittatore, marcio “palancaio”- sempre intento agli affari della famiglia. Susanita, chi vorrebbe essere Susanita? Pettegola, disposta al compromesso, egoista, che però si fa perdonare con simpatia, quando ammette, compiacente, le sue debolezze. E allora Mafalda, teneramente l’abbraccia e per un attimo, solo un attimo, si proietta anche lei, mamma e moglie. Felipe, il paranoico, con la faccia fatta a scarpa, un fuori di testa, sempre nel posto sbagliato sia con il corpo che con la mente. Poi c’è Miguel, un futuro huppies (non so se è scritto nel modo corretto) che sogna l’occasione, il posto giusto: ma io volevo chiamarmi Batman!!! E anche essere svizzero, per mangiare cioccolato tutto il giorno. Il fratellino di Mafalda, Nando, che qualcuno –ho curiosato in rete- ha ingiustamente etichettato come l’ingenuo, rappresenta il piacere, i sensi, la vita materiale. E’ l’esatto contrario della sorella; Nando è disposto a tutto per ottenere il piacere, il godimento. Il suo piacere è moderno, consumistico, il possesso delle merci (del ciuccio, dei giornali), la prostrazione assoluta al loro effimero valore. Nando è piccolo per età, Libertà lo è per statura, per dimensione. Sono gli spiriti che accompagnano Mafalda, in questi pochi anni che, ancora, la separano al mondo dei grandi. Bravo a Quino per averla salvata dall’abbrutimento, offrendoci la sua opera nell’integrità del suo essere, del suo pensiero. Ancora bravo!
    A Mafalda e al suo mondo dedico una citazione dal Faust di Goethe
    “ Mi consacro al tumulto, al doloroso godimento, all’odio pieno d’amore, alla noia che pur conforta. Il mio cuore, guarito dalla febbre del sapere, non dovrà per l’innanzi chiudersi a nessun dolore.
    Voglio godere, nel mio intimo io, ciò che la sorte ha concesso a tutta l’umanità; affermare col mio spirito, le cose più alte, le cose più profonde, raccogliere entro il mio petto il bene ed il male dell’umanità, ed ampliare il mio proprio io entro quello di lei e, come lei, alla fine, andare anch’io in rovina”.

  216. @ Gea. ma certo tu sei LIBERTA’! La tua sensibilità colpisce come un proiettile… La piccola Libertà desaparecida! Buona giornata.

  217. Concordo: miriam è sicuramente Mafalda, ma un po’ lo è anche gea.
    A volte un pò Mafalda idealmente mi ci sento anch’io, ma non riesco ad averne la coerenza e la concretezza. Forse sono un po’ Felipe: mi sento spesso al posto sbagliato e/o nel momento sbagliato, anche se non proprio paranoico. Poi non ho la faccia a scarpa nè (se non ricordo male) il ciuffo biondo e i denti da criceto. In realtà, specie durante la mia infanzia/adolescenza, mi sono sentito spesso charlie brown (un po’ perdente, illuso, sognatore di ‘ragazzinedaicapellirossi’ che non riuscivo neanche ad approcciare….) anche se mi pareva di assomigliare fisicamente più a linus e avrei anche voluto ispirarmi a linus (intellettualmente il più vivace di quella banda, pur nelle sue insicurezze di cui non si vergognava minimamente). Ma quello non era Quino.
    Comunque hai fatto bene, Miriam, a ricordarci Mafalda in questo post: mi sembra molto appropriato al tema, ed un modello di bambina di cui oggi sarei orgoglioso essere papà.

  218. Sopra avevo scritto:
    “Vero è che la donna è stata per tantissimo tempo schiacciata, maltrattata, è abusata dalla società maschilista.
    Lennon cantava: “Woman si the nigger of the world”, cioè “La donna è il negro del mondo”.
    Per fortuna le cose oggi sembrano andare un po’ meglio; ma solo fino a un certo punto.”

    Poi però mi capita di apprendere da Repubblica.it notizie come quella che vi riporto sotto e mi viene da pensare che, in fondo, quella canzone di Lennon la si dovrebbe cantare ancora.
    Mi verrebbe voglia di chiedere perdono a tutte le donne del mondo. Ma certe cose sono imperdonabili.

    Da Repubblica.it di oggi:

    “Io, violentata nel paradiso dei turisti”.
    Il dramma di un’italiana alle Maldive.
    Nel Paese lo stupro non è reato: “Mi hanno detto che non c’è una legge”

    di CATERINA PASOLINI

    ROMA – Ultima notte di quiete nel paradiso dei turisti tra spiagge bianche, acque limpide e barriere coralline. Poi all’improvviso la violenza. “Sento ancora le sue mani addosso, il cuscino premuto sulla bocca fino a togliermi il fiato per non farmi gridare, mentre quell’uomo mi schiaccia, mi imprigiona col suo peso e mi stupra”.

    Per una giovane architetta bolognese in vacanza in barca alle Maldive con un gruppo di dieci subacquei il sogno pagato 1300 euro con un biglietto last minute si è trasformato in un inferno. Violentata da un marinaio dell’equipaggio, trattata come una che “ha avuto un brutto sogno”, guardata con “indifferenza dalla polizia di Malé tanto lì la violenza contro le donne non è neppure considerato un reato”.

    Elena, nome, città e mestiere di fantasia per proteggere chi ha già subito troppo, parla con tono pacato ma la rabbia è profonda come la ferita di chi ha subito una doppia violenza. E si sente trattato come una cosa, come un oggetto neppure degno di essere protetto dalla legge, che punisce i ladri ma non gli stupratori. “La violenza mi poteva capitare ovunque, a Milano come a Roma, ma almeno da noi è reato”. Un delitto contro la persona dal ’96, prima era solo contro la pubblica morale.

    Parla, racconta, rivive cercando di mettere una barriera di distacco, senza enfasi, con la lucidità di chi vuole giustizia. Con la concretezza di chi è abituato a girare il mondo, di chi ha viaggiato dall’Africa all’oriente, conosce mondi e tradizioni diverse e non metterebbe mai in imbarazzo chi ha culture opposte. “Tanto che sapendo di essere in un paese musulmano non stavo in costume anche perché facendo quattro immersioni al giorno si viveva praticamente con la muta”, dice. Quasi ci fosse bisogno di sottolineare che lei non ha messo in tentazione nessuno, che non cercava avventure. Come se dovesse giustificarsi per aver subito violenza.

    “Siamo partiti a fine novembre, ci siamo ritrovati a Malé con la comitiva italiana, tutti appassionati di fondali, e il giorno dopo siamo partiti per la crociera”. Ogni giorno un atollo diverso, una barriera nuova accompagnati dal doney, la piccola imbarcazione per le gite con le bombole, oltre alla barca dove dormivano turisti e nove persone di equipaggio.

    Una settimana da sogno. Poi la violenza. “Quella notte l’equipaggio maldiviano deve aver bevuto, non ci sono abituati. Verso le quattro di notte mi sveglio, c’è qualcuno nella mia stanza, mi si getta addosso mi preme il cuscino sulla faccia mi violenta senza che riesca a gridare. Quando ce la faccio a divincolarmi scappa nel buio e io finalmente chiamo aiuto”.

    Accorrono gli altri turisti, ma l’atteggiamento del capitano è ambiguo. “Mi dice: è stato solo un brutto sogno, però si scusa a nome dell’equipaggio e mi chiede di non chiamare la polizia”. Ma Elena ha già parlato col console italiano che le ha consigliato di fare la denuncia e con un carabiniere che era in barca si fa portare dalla police a Malè. “Raccolgono la mia versione, mi dicono che tanto lì non c’è una legge per la violenza alle donne, ma io non mi fermo. Voglio giustizia, voglio che tutti sappiano come sono le leggi in certi paesi, cosa può accadere se un tour operator organizza le cose in modo superficiale”.

    (14 dicembre 2007)

  219. la notizia l’ho letta stamattina.
    non prendetemi per cinica, ma non mi sconvolge più di tanto.
    come ha detto giustamente Massimo, la legge sula violenza sessuale in Italia c’è da soli 10 anni, il delitto d’onore è stato tolto da non moltissimo, la persecuzione personale, lo stalking, tutt’ora non è punibile in sé in maniera efficace. ovunque e da sempre poi le donne vengono violentate, picchiate e uccise nell’indifferenza generale con la connivenza di istituzioni patriarcali malate.
    questa fa impressione, sì. tutta la mia solidarietà a ‘elena’ ma non mi piace un mondo in cui la notizia è tale solo quando la vittima è una donna occidentale, bianca e dotata di mezzi economici e culturali.
    scusate ma sono molto arrabbiata.

  220. Gea, mi trovi assolutamente d’accordo con te. Sotto lo stesso cielo ogni giorno si consumano violenze e atrocità che si fa fatica a immaginare.
    Episodi che il mondo “censura” come fossimo le tre scimmiette: chi non vede, chi non sente e chi non parla. Qualcosa viene a galla e allora fa notizia. Bene, io vorrei che tutto piano piano uscisse allo scoperto. E’ comunque vergognoso che episodi come quello di “elena” passino senza ripercussioni sui colpevoli. Semplicemente piegando la testa alla violenza.

  221. Su, Amabili resti di Alice Sebold, stanno girando un film!
    Amabili resti (un pezzetto di gomito) di Susie Salmon che dopo essere stata violata e uccisa dal suo vicino di casa, viene fatta a pezzi, di lei non resterà più nulla. Salvo il suo spirito, che da uno strano Paradiso veglierà sul dolore della famiglia e degli amici, sulla vita che lentamente riprende e sorveglierà le mosse dell’assassino. Susie, che in prima persona racconta la storia, saprà pian piano condurre i suoi cari sulle tracce dell’orco e sugli altri amabili resti. Quando lessi il libro restai folgorata per la scrittura, il soggetto e una traduzione straordinaria e sapiente che presenta la protagonista come un vero personaggio mitologico: una moderna Persefone. Quell’anno a Natale, ad amici e parenti regalai, ad ognuno, una copia del libro. Voi lo avete letto?
    Ora il regista Peter Jackson, sta girando il film con un cast strepitoso di attori, fra cui anche Susan Sarandon.
    Spero che il film si mantenga all’altezza del libro, perché la cosa più bella di Amabili resti è la positività. Da quel cielo, Susie descrive il senso della vita, dell’amore e dei rapporti. Da leggere, da leggere, da leggere, soprattutto se si è “figli” o genitori.
    Ciao, Miriam

  222. Fra poco è Natale e vorrei “chiudere” questo post intenso e partecipato con un intervento adatto ai giorni di festa. Un piccolo brano tratto da Cristallo di rocca di Adalbert Stifter e seguito da un altrettanto breve, estratto dalla nota di Gabriella Bemporad. Prima di lasciarvi, colgo l’occasione per ringraziare le autrici e i lettori del blog per la loro partecipazione sensibile e attenta, per le domande, le risposte e gli approfondimenti. Grazie e Buon Natale a tutti!

    Posto prima la presentazione

    Il racconto fu pubblicato per la prima volta nel 1853 su un quotidiano di Vienna come racconto di Natale e intitolato La santa sera; tempo dopo fu raccolto con altri scritti in Pietre colorate come Cristallo di Rocca.
    “Pietre colorate, nonostante la sua destinazione originaria, non diventò propriamente un libro per bambini. Ma i racconti trattano tutti di bambini e di bambini salvati; salvati dalla peste, dalla guerra, dal fuoco, dall’acqua, dal ghiaccio. Ma chi sono questi bambini? (…) E’ ben probabile che la tematica dei bambini di Pietre colorate, salvati tutti da minacce distruttive storiche o naturali, abbia in quel tempo acquistato per lui significato e attualità, e gli sia sembrato di riconoscervi allusa la necessità di salvare la nuova generazione dalle ‘tempeste’ dell’epoca e che questo sia stato uno stimolo a comporre la raccolta e il legame storico che unisce tra loro i racconti, le cui prime redazioni sono per la maggior parte anteriori alla rivoluzione. Ma a noi pare che l’insistenza di tale tematica, che l’invasione improvvisa di bambini nella narrativa di Stifter riveli più ancora una irruzione di nuovi contenuti interni, e che i bambini siano le figure di questa novità; che siano questi nuovi valori da affermare, da salvare più che dalle violenze dell’epoca, dai pericoli dell’umana, della propria natura, dalla furia delle passioni.” Gabriella Bemporad

  223. Da Cristallo di rocca
    “Mentre così andavano guardando sotto le sporgenze, come se un istinto suggerisse loro di cercare un ricovero, giunsero a un fossato, un fossato largo e profondo, che usciva direttamente dal ghiaccio. Pareva il letto di un fiume, ora però prosciugato e tutto ricoperto di neve fresca. Di dove sbucava dal ghiaccio, usciva direttamente di sotto l’arco di una galleria su cui il ghiaccio aveva teso una bella volta. I bambini andarono avanti nel fossato ed entrarono sotto la volta e sempre più dentro. Era tutto asciutto, e sotto i piedi avevano ghiaccio liscio. Ma nella grotta tutto era azzurro, azzurro come nulla al mondo, un azzurro tanto più profondo e più bello del firmamento, simile a vetro di color celeste, attraverso cui penetri una chiara luce. C’erano archi spessi e archi sottili, ghiaccioli, aghi, ciondoli pendevano dalla volta, la galleria si sarebbe addentrata ancora di più, non sapevano quanto, ma non andarono avanti. Si stava tanto bene nella grotta, era caldo, non cadeva neve, ma era così terribilmente azzurro che i bambini ebbero paura e uscirono di nuovo all’aperto.
    Camminarono per un poco dentro al fossato, poi si arrampicarono su per il suo ciglione.”

  224. Grazie mille miriam, è stato un bel post e lo hai chiuso degnamente.
    Buon Natale anche a te.
    Carlo

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