Francesca Mazzucato mi ha sorpreso spedendomi una nuova, inattesa e bellissima lettera. L’occasione è stata la recente pubblicazione del mio post intitolato: “La rivoluzione Internet… e Pasolini".
Ho cliccato all’interno del mio account google e la mail si è aperta inondandomi di parole. Delle parole di Francesca.
L’ho già scritto. La Mazzucato sa essere dirompente come un fiume in piena. E quest’ultima lettera lo dimostra.
Ed eccolo il nuovo tassello di questo web-epistolario pubblico/privato. Leggete, se avete tempo e voglia. Non potrete commentare, ma chi vuole potrà scriverci per mail. Francesca e io risponderemo.
Come sempre.
(Massimo Maugeri)
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Caro Massimo
sento la necessità di sovvertire la nostra "liturgia di corrispondenza" perché le cose che scrivi sono estremamente stimolanti e non possono lasciare indifferenti. Quindi, nella maniera che mi/ci è consueta, ti scrivo, ancora una volta, portata su strade e riflessioni dalle tue considerazioni acute, profonde, documentate, sempre capaci di cogliere la duplicità.
Ho letto con molta attenzione il tuo post e anche la corrispondenza che intrattieni con Marco Minghetti e il bel circolo virtuoso che si è innescato sul libro "Nulla due volte" , da me recensito qui http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2007/03/nulla_due_volte.html, con un update di Marco Minghetti. Post, il tuo, caro Massimo, che permette una enorme quantità di riflessioni stratificate, profonde, e apre spazio a un nuovo lavorare collettivo assai stimolante.
Non desidero commentare direttamente, ma ti scrivo questa lettera.
Non commentare è è una delle mie regole diventata abitudine, avendo vissuto situazioni che mi hanno mostrato l’inutile sadismo, il fastidio, il bla bla senza futuro dei commenti lasciati spesso tanto per fare o tanto per esaltare o tanto per infangare, o tanto per.
I commenti vanno quasi sempre off topic, oppure attaccano, o distruggono, o esaltano smisuratamente, pongono su piedistalli di paglia, tirano fuori invettive e furori. Se di rado commento, molto di rado, è in "luoghi virtuali" come il blog dell’amico Nardini, (www.factory.splinder.com), blog di persone con cui condivido anche esperienze di conoscenza, di lavoro comune, e anche questo accade pochissime volte e più che commenti sono gli sms che manderei a Nardini, o piccoli residui di una natura provocatoria che in quei luoghi so di potermi permettere.
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Trovo che il commento al blog, soprattutto nei "lit blog e affini" porti a una "esposizione", alla "messa in scena inevitabile della propria (auto) rappresentazione", sterile, noiosissima, e non è un caso che un esempio che citi nel tuo post, Giuseppe Genna e il lavoro eccellente e stimolante che sta facendo e che seguo a distanza, abbia eliminato i commenti incitando chi "vorrebbe commentare" a produrre contenuti. A darsi da fare autonomamente e produrre contenuti, e se si cercano feedback o risposte, allora utilizzare la mail. Condivido. Condivido COMPLETAMENTE ed è questa la mia impostazione perché siamo ancora molto lontani da quella rete 2.0 di cui parla la Lipperini e che sicuramente sarà frutto delle nostre fatiche, delle nostre interazioni ("nostre", inteso di chi sta su Internet adesso, nel 2007, e dedica al lavoro on line tempo, impegno, fatica). Anche tu, del resto, consenti i commenti SOLO in alcuni casi e questo vuol dire qualcosa. Almeno… io la sento ancora lontana, forse arriverà, forse c’è qualche barlume in giro. O forse ancora no e chissà se li vedremo quei barlumi. Intanto si può concimare, preparare ognuno per quello che può.
Ti domandi di Pasolini.
Io mi sono domandata spesso cosa avrebbe fatto Glenn Gould o Marguerite Duras con Internet, come sarebbe mutato, cambiato, modificato il loro lavoro già così vicino, tangente se vogliamo (basta pensare alle sperimentazioni cinematografiche di Duras, cosa avrebbe fatto con You Tube a disposizione?).
Forse è inutile, o è un pretesto per un’ottima analisi come quella che tu fai.
Forse dobbiamo lasciar perdere e dire: cosa facciamo noi. Come ci poniamo. Ognuno di noi sceglie un modo come stare dentro Internet e come lavorarci (per me è stato anche faticoso e turbolento arrivare a trovarlo, in qualche modo, e non intendo che rimanga statico).
Forse i blog sono il punto zero di qualcosa, e sono e restano, quelli letterari come gli altri, un modo certo per produrre contenuti ma anche per dominare la solitudine.
Io credo nella solitudine dietro lo schermo. Fu Chiara Gamberale che me lo chiese una volta, facendomi riflettere: "Avere un blog ti fa sentire meno sola?". Non ci avevo mai pensato in questi termini spicci. "Sì"-
Una solitudine dolorosa che trova nella rete un diversivo, capace di sondare territori di marketing, esperimenti e installazioni letterarie, progettualità, creazione di ponti e di collegamenti, ma c’è di certo – in tutto questo – una dimensione che modifica "necessariamente" la propria percezione con il reale. Con il resto. Sia che si parli di libri, di scambio coppie, di Pasolini, di Don DeLillo, di Vallettopoli. Di Philip Roth. Credo che occorrano confini – io so che devo darmi dei confini – degli elementi entro cui stare. Per ora. Altrimenti questa solitudine emerge e coinvolge una vita e un mondo che non sono differenti, non penso questo, ma hanno esigenze che possono essere facilmente private di presenza e attenzione. Desidero usare Internet e starci dentro senza che questo allontani la consapevolezza dalla mia vita – vita popolata di persone che trascorrono su Internet il tempo necessario a mandare una mail o a fare una breve ricerca, e stop. O di persone che si collegano una volta al mese, ebbene sì ce ne sono. O che non hanno il collegamento e fanno la coda agli Internet point ogni tanto. La consapevolezza è la chiave. Io a volte sul web ho faticato a trovarla e ho smarrito briciole della mia in una sorta di effetto lisergico che appariva inebriante. Invecchiando mi interessa molto meno quella ebbrezza e molto più il mantenimento costante della consapevolezza. Voglio conoscere il mondo attraverso Google Earth e anche viaggiando. Voglio leggere una recensione on line e poi andare a prendermi il libro, voglio collaborare – lavorare insieme – per produrre qualcosa che poi si rifletta nel cartaceo e magari a teatro e magari in qualche altro ambito. FUORI dal video.
Ho un incubo ricorrente: un mondo di persone che si sentono perennemente connesse, che sentono di produrre contenuti, di produrre una azione creativa, che sentono di avere un numero smisurato di conoscenze, che parlano degli amici dicendo "ci conosciamo via mail" e poi in realtà sono soli, e girano attorno a residui di periferie metropolitane occupate da templi dedicati alle merci dove altre persone sono coinvolte dalle merci, dalle multisale, dalle architetture tutte simili. (E di questo scenario ho parlato spesso con l’amico scrittore Paolo Mascheri). Beh mi fa paura. Posso sembrare moralista, o fuori centro. Io credo in una rete che – ancora – necessita di certe precise coordinate perché la sua mutazione costante, continua, quotidiana, porti a qualcosa di rilevante (penso al libro di Minghetti, al lavoro che sta facendo Genna, a Wu Ming, al nostro lavoro con i lit blog offerti, aperti, spaziosi, disponibili e a molti altri esperimenti di scritture che si aggregano, di e-magazine che nascono, di avventure letterarie e di semi che continuano a essere sparsi ma anche dispersi, ancora, purtroppo dispersi – forse una percentuale di dispersione necessaria? Non so. La noncuranza resta uno dei problemi. E quello è dentro lo schermo e non solo).
Ti mando un saluto affettuoso.
Francesca