Ottobre 4, 2024

103 thoughts on “1982 di Roberto Alajmo

  1. Partecipate tutti a questa sorta di gioco: RACCONTATE IL VOSTRO 1982
    Ripeto le “indicazioni”: cos’è stato quell’anno per voi? avete ricordi particolari? aneddoti o esperienze da raccontare?
    Va bene rievocare anche fatti, aneddoti, ricordi sia personali che d’interesse collettivo.

  2. Do’ un caldo bentornato a Roberto Alajmo (era ora di rivederlo su Letteratitudine!), precisando che io ritengo i miei tanti capelli bianchi – sin da quando ne vidi il primo – una cosa naturale e bella come le rughe e come tutto il resto: semplici testimonianze del mio essere vivo qui ed ora, come d’altronde ieri e avantieri.
    Belli come la vita che li fa mutare, i capelli. E anche se cadono. Bello che siano stati sulla mia testa da poco. Solo cio’ che e’ morto non cambia e non si muove: i sassi (che non si muovono anche se cambiano colore) ed i cretini (che si muovono ma non cambiano). Pero’ spesso penso che i sassi siano meno cretini dei cretini, anche se i sassi stanno fermi.
    Cosa ne pensa, Lei, Alajmo, di questo? Sono piu’ cretini quelli che si preoccupano per i capelli, le rughe, la tonicita’ dei muscoli, la moda, o i sassi?
    Il 1982 e’ l’anno che mi ricorda diverse cose, infatti, per restare in argomento d’estetica: la New Wave musicale decadente ed estetizzante; il dandismo imperversante in Italia per la prima volta dalla nascita del Belpaese. Paninari e pancalternativi. Uguali e contrapposti. L’era del frivolo inizia di soppiatto, dopo l’era del piombo bollente (Moro, Bierre, follia estrema). E l’Ottantadue e’ momento stupidamente dorato, per l’Italia: soldi facili per tutti, tranquillita’ e speranza economica nel futuro, insieme all’inizio della fine della nostra intelligenza autoctona. La fine e l’inizio.
    Saluti Cari
    Sergio Sozi

  3. Ho letto il testo e mi sono divertita da matti. Complimenti.
    Mi pare di aver capito che per lei, Roberto, il 1982 è stato una specie di spartiacque. L’anno che divide la spensieratezza dall’inizio delle preoccupazioni. E’ così?

  4. Signor Sozi, alla vista dei primi capelli bianchi mi sono molto rattristata. Anzi, mi è preso un colpo. Oggi me li tingo, i capelli.
    Penso che siano più cretini i sassi. E mi fermo qui.

  5. @massimo: l’idea di un reportage dal tempo, anzichè dallo spazio è venuta a Laterza, che mi ha commissionato il libro. Io ho scelto l’anno, perchè sì, @marta, è un anno di cesura fra i settanta e gli ottanta, fra la mia adolescenza e la maturità.
    Infine, @sergio: i capelli bianchi sono una metafora sprecata, passando dalla mano degli esteti a quella degli estetisti. Il mio barbiere me lo dice ancora oggi, sempre:
    – Dutture, quando dice lei ci faccio una cosa ca nun si vire.
    Parla della mia canizie, ma io dico: Se non si vede, a che serve? E se si vede: che vergogna!

  6. “Io sono un uomo/ tutti mi chiamano Joe Il Temerario/
    faccio mille acrobazie col mio aeroplano
    e diecimila volte ho già toccato il cielo
    perchè come un falco io
    arrivo a tremila metri e poi mi butto giù in picchiata
    Ma che emozione ogni volta sfidare la vita
    rotolando nel cielo sopra il mio aeroplano
    Ma ogni sera resto solo, come stasera sono solo
    cosa dici andiamo al cinema/ magari a fare un volo
    ma perchè non sorridi?
    presto dammi un bacio, presto dammi un bacio.”

    Ron – Joe Il Temerario

    L’82, non avevo un capello bianco, maledizione!
    Ventotto anni, il mio rapportarmi all’ombra di papà che aleggiava ancora forte, tra i mobili, tra le cose, le foto di “lui”,lui, il migliore, perchè era stato veramente il migliore. Chissà, se andando avanti avesse potuto fare un errore, dire una parolaccia, o solamente guardarmi negli occhi e abbandonare la sua timidezza, e dirmi “ti voglio bene”.
    Se ne era andato alla feta del papà, un anno prima, non li avea cinquantanni e neanche i capelli bianchi; quel suo pizzo in fronte, geometrico, come quello di Tyron Power; il suo sorriso americano, come quello di James Stewart.
    Tutti mi chiamano “Joe il Temerario”. Facevo mille acrobazie per somigliare a lui, ma avevo la faccia da ragazzino;il sorriso implume.
    “Giovanotto, il suo principale quado viene?”
    Ero io il principale, mica un ragazzino.
    “Tra poco mi sposo, signora! Non crederà che sono un ragazzino?”
    Ma nell’82 eravamo tutti un po’ ragazzini e credevamo alle favole.
    Quando arrivò la favola a lieto fine, quando il vecchio presidente si alzò per sbeffeggiare quel suo nipote re di Spagna, mi ricordai che ero ancora un ragazzino e piansi tranquillamente, però di nascosto, l’altra favola, quella dell’impegno politico e della dolcezza rivoluzionaria ostentata era finita, erano cominciati gli anni da”bere”, del chi ce l’aveva più duro.
    M’incatenai alla vita quell’anno, come un mollusco “deve” fare con la valva. In viaggio di nozze i suoi occhi neri brillavano come gioielli in una casaforte con lo sportello aperto, non sapevo ancora che fossero miei, “se” fossero miei. E continuavo a cantare “Io sono un uomo/ tutti mi chiamano Joe Il Temerario”.
    E canto ancora, mentre mi guardo allo specchio e non vedo capelli bianchi.

    Saluto Roberto Alajmo.

  7. Risposta eccellente, Roberto. Grazie. Il colorarsi i capelli e’ un’ottimo esempio, rappresentando un mascheramento che se non si vedesse sarebbe inutile altrettanto che se fosse evidente. Tanto vale lasciar la natura fare il proprio corso: metafora (tu m’insegni) vuol dire ”portare oltre” e ogni cambiamento ci porta oltre lungo la vita. Metafora, trapasso, metastasi. Passaggio e passaggi. E gli anni Ottanta furono appunto il passaggio da un’Italia ancora vera e verace ad un’Italia che moriva se non si cambiava i capelli. Sotto il colore, arrivava il nulla che vediamo oggi: ”Shampoooooo” canta Gaber. Noi, mafiosi sempervirens, solo il colore della facciata possiamo cambiare.
    Attendo anche il tuo nuovo per Mondadori sperando di riuscire a farmelo mandare qui a Lubiana
    Salutoni
    Sergio

  8. Cara Marta,
    non ci resta altro che chiedere un’opinione ai sassi. Ma avrei paura di una loro risposta. Sa, l’intelligenza a volte abita i luoghi meno aspettati. Anzi, soprattutto.

  9. caro roberto, ero nella tua palermo nei giorni scorsi.
    pensavo ai tuoi post, quando alcuni amici mi parlavano del pizzo e di piaghe varie, e di sempre.

    m’avessero chiesto un reportage nel tempo io, di sicuro (e poi l’ho scritto, più volte) avrei scelto l’82 e anche l’83, l’anno di vacanze romane dei matia bazar.
    il 1982, per me, significa la scelta: ogni pomeriggio la fabbrica, ogni mattina l’università, ogni notte lo studio e 3, 4 ore di sonno (ci si abitua: basta convinvere, poi,da svegli, con un senso di rincoglionimento che magari la gente scambia per sangue freddo, o calma).
    comunque.
    una mattina mi svegliai e contai sei capelli bianchi tra gli altri, castano scursi e quasi neri.
    non mi piacque, la cosa, e li strappai: perché erano tutti sul lato sinistro.
    non c’era logica.
    nell’82 lessi il primo dostoevskij, in treno, e La mia vita di Freud.
    fu l’anno del treno, quello.
    mica facile imparare a sottolineare in treno.
    fu l’anno folle, quello: treno, università, treno che mi riporta a casa, casa, un panino con la mozzarella, veloce veloce, poi l’autobus, poi la fabbrica, tutti i giorni dalle 14 alle 22, poi l’autobus, poi la casa, un quarto d’ora con mia figlia, poi una caffettiera da tre e tante marlboro una dietro l’altra per star sveglio fino alle 3, poi 3 ore di sonno, a volte 4, poi alla stazione, prima del treno Vercelli-Torino, il juke boxe.
    (ma vacanze romane è del 1983, mi sembra).
    fu l’anno folle, quello, dicevo: niente cinema, niente teatro.
    tutto Pascoli, invece: che è stata una bella riscoperta: mica è il poeta che ti spiegano male a scuola.

    buone cose
    un saluto a tutti
    un saluto a Roberto Alajmo, scrittore che stimo: per la penna e per l’impegno.

    (son le 3 e 23: l’abitudine alla notte è rimasta)
    ciao massimo, mi hai chiesto di raccontare, giusto?
    se non va bene, cancella(mi) pure.

  10. Vedo che non si dorme mai, su questo sito.
    Siete molto affettuosi, e specialmente Remo. Grazie.
    Il fatto è che per quel segnalibro esistenziale che volenti o nolenti rappresenta un mondiale di calcio (e soprattutto un mondiale di calcio vinto) più o meno tutti ci ricordiamo che facevamo nel 1982, così come tutti ci ricorderemo cosa facevamo nel 2006.
    Difatti io ho un buco nero sia in corrispondenza del 81 che dell’83.
    Vedete che il calcio a qualcosa serve?

  11. E’ vero. Fu l’anno dei mondiali. Ricordo che i genitori ci dipinsero le faccine abbronzate di verde, bianco e rosso. Erano giovani, i genitori, più giovani di me adesso.
    E fu l’anno dell’uscita della “Casa degli spiriti” di Isabel Allende.
    Susanita, una zia Argentina trapiantata in Sicilia e per questo ottima affabulatrice (parlava un misto di siracusano e spagnolo cui si inorgogliva di aggiungere – con vezzo – aforismi in latino , risultando il più delle volte incomprensibile) ce lo lesse in lingua originale :”La casa de los espiritus”.
    Sapevamo ormai a memoria anche i versi di Neruda che aprono il romanzo:
    ”Ma quanto vive l‘uomo?
    Vive mille anni o uno solo?
    Vive una settimana o più secoli?
    Per quanto tempo muore l’uomo?
    Che vuol dire per sempre?”

    Ecco. Era il 1982. Un anno è soprattutto l’occasione per ricordare. Per vedersi scorrere dietro il tempo che è passato. Per chiedersi: ma quanto vive l‘uomo?
    Io , allora, credevo che vivesse per sempre.
    Avevo dodici anni.

  12. 1982. L’anno della maturita’, l’anno delle decisioni, l’anno dei mondiali. Studiavamo come pazze io e Loredana in quei giorni d’estate mentre la nazionale del mitico Bearzot scandiva la marcia trionfale verso quella finale da campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo.
    Il giorno dopo la kermesse studiammo comunque, io e Loredana, ma studiammo vestite e addobbate in bianco, rosso e verde, con le bandiere che sventolavano sui balconi e le mamme che ogni tanto ci portavano il conforto di una bibita fresca. Ricordo le discussioni su cosa fare all’universita’. Tutti i compagni di scuola puntavano economia e commercio, medicina, giurisprudenza. Noi no, noi Lettere. La laurea che non serve a niente, quella che non ti da sbocchi, quella degli scansafatiche. Non ci importava, noi volevamo scrivere e addentrarci nei meandri della storia. Seguimmo l’istinto. Primo esame, prima sessione, anno accademico 1982/83, storia dell’India e dell’Asia Centrale: voto alto per tutte e due, grande soddisfazione, un nuovo inizio e l’impressione di avere tutta la vita davanti per stupire noi stesse e gli altri.
    Laura

  13. Un salutone a Roberto (ora due culle nella libreria! fate qualcosa per lo stipendio dei docenti!) che coi capelli ‘bianchi’ mi pare ugualmente assai ‘fico’. Pensavo di non saper nulla dell’annata in questione finché non avete detto: mondiali. Fatti due conti con l’alzheimer ero di licenza liceale. Di quell’anno dunque ricordo: un mese e passa di sparate a scuola, il programma d’inglese I-V fatto in un mese (ero arrivata a sognare in ‘lingua’), il 9,50 al tema di stato (che mi parò dal 3 in matematica permettendomi un 56 in uscita). Un fidanzato assai bello. Le sparate in conservatorio. Basta. mi sa che devo proprio leggerlo il libro di Roberto, magari mi torna in mente il mondo che mi viveva intorno, ma ci spero poco…

  14. @ Marta e Sergio
    Marta, non ci trovo nulla di male nel vedere una donna tingersi i capelli. Credo che Sergio, con la sua provocazione, intendesse stigmatizzare gli eccessi di una società edonistica che oggi più che mai pare puntare tutto sull’aspetto esteriore.
    Buona giornata a entrambi.

  15. Caro Roberto, benarrivato!
    Sul post il tuo nome era già linkato al tuo nuovo forum (che consiglio a tutti di visitare). In effetti mi ero dimenticato di aggiornare la sezione link, ma ho già provveduto.
    Grazie per le risposte.

  16. @ Remo
    Caro Remo, hai fatto benissimo. Vi ho chiesto io di raccontare (nello spazio di un commento) alcuni “sprazzi” del vostro 1982.
    Mi piaceva l’idea di creare questa sorta di parallelismo con il libro di Roberto.
    Ti ringrazio.

  17. Ha ragione Roberto quando sostiene che i mondiali di calcio spagnoli costituiscono una sorta di pietra miliare della memoria (probabilmente sarà lo stesso con quelli del 2006… anche se nell’82 facemmo fuori – in maniera del tutto inattesa – la super corazzata brasiliana).
    Io stesso penso all’82 appigliandomi ai ricordi del mundial. Tra le altre cose ricordo un gran caldo. Un caldo infernale. Rivedo me stesso, quattordicenne, steso nel letto a boccheggiare e a rigirarmi tra le lenzuola nelle notti roventi di quell’estate.
    A quel tempo non avevamo i climatizzatori in casa.

  18. caro massimo, avrei tanto da dire sul mio 1982, basta dire che in quell’anno compivo diciott’anni, e, per un disabile, i 18 anni sono spesso una disgrazia, le frustrazioni aumentano etc etc.., ma fra un paio d’ore parto per sharm, quindi devo rimandare il mio resoconto al 7-8 aprile, sempre che torni…

    @cinzia, anche per me fu l’anno della maturità, tu 56? io 60! tiè!!!! scherzo ahahh (scherzo sul tiè, non sul 60!!)

    CIAOOO

  19. @ Roberto
    Come ho precisato nella recensione anche l’altro tuolibro edito da Laterza (Palermo è una cipolla) fa parte della collana “Contromano”.
    Ti sei divertito (e appassionato) di più a scrivere “Palermo è una cipolla” o”1982″?

  20. Caro Giovanni, ti saluto affettuosamente e (con un pizzico di invidia) ti auguro buona vacanza.
    Il nostro Roberto è tornato da una bella parentesi vacanziera sul Mar Rosso.
    (Ragazzi, sento anch’io l’esigenza di una bella vacanza!)

  21. I cellulari non esistevano. In casi estremi, allora, il capocronista si affacciava alla finestra e strillava “buttate via il caffé e correte”.
    Ma i casi estremi non erano certo gli omicidi. Quelli, anche nel 1982, erano routine.
    Ma sabato mattina 9 ottobre 1982 il capocronista si affacciò e strillò a squarciagola. “Alla Sinagoga, cazzo!”
    Non finì di urlare che vedemmo volanti, gazzelle, pompieri a sirene spiegate volare verso Lungotevere.
    Al bar eravamo in quattro, e tutti e quattro ci tuffammo in una macchina. Velocità massima, contromano se serviva.
    E arrivammo presto. In tempo per vedere ancora il fumo. Per sentire ancora l’odore delle granate che un commando arabo aveva lanciato contro gli ebrei davanti alla Sinagoga.
    Gente imbrattata di sangue, i feriti. Gente ancor più imbrattata che ferita non era, ma si era bagnata di sangue per abbracciare il “suo” ferito.
    Un capannello lugubre quanto inutile era intorno a Stefano Taché, un bambino due anni. Fu l’unica vittima di quell’assalto. Trentanove feriti di cui qualcuno grave.
    Era il 9 ottobre del 1982, dunque. Oggi accendiamo la tv e vediamo razzi sulla Palestina e autobombe che scoppiano a Tel Aviv.
    Viene da chiedersi perché, 26 anni fa, non portarono Stefano a vedere i burattini. Tanto che sia morto non è servito a nulla.
    Ma ci hanno spiegato che farci certe domande è demagogia, qualunquismo. Giusto. Allora, marzullianamente, domandiamoci se la vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio.
    E vai col tango!

  22. @Massimo: Palermo è una cipolla è stato un fiotto di scrittura incontrollabile, e tutto sommato facile.
    1982 invece è stata la fatica di 9 mesi, un travaglio. Ci ho messo dentro moltissimo di me, cosa che abitualmente non faccio nei libri. Questo ha comportato un corpo a corpo più difficile, col testo che avevo di fronte.
    @Simona: tocchi un tasto molto doloroso, per me. Il 1982 è forse l’anno in cui per quanto mi riguarda è andata in frantumi la Convinzione d’Immortalità. Ancora non mi sono ripreso.

  23. Le uniche cose che ricordo dell’82 sono: io, con un foglio di carta e delle matite colorate, che con mio cugino disegno, steso sul pavimento, le bandiere delle nazionali ed in particolare del Brasile; l’esultanza di mia zia ad un gol, di cui non ricordo nulla, probabilmente dell’Italia; il mio primo anno di scuola elementare. Tutto sfumato nella nebbia della dimenticanza.

  24. ho letto il primo capitolo del libro. davvero “forte”. bravissimo roberto.
    del 1982 non ricordo assolutamente nulla, forse perché avevo 10 anni.
    un anno anonimo per me.

  25. @ Roberto: forse è per questo che è spuntato quel capello bianco. Per lo scoprire di vivere a tempo sbarrato.

  26. In effetti comincio a preoccuparmi: gli anni passano e gli scienziati continuano a perdere tempo con la cura del cancro.
    E la pillola dell’immortalità? Devo pensare che non verrà inventata nell’arco della mia esistenza?

  27. Ricordo benissimo quella partita, perchè mi infortunai seriamente. No, non stavo giocando la finale ma ero anch’io militare e stavamo vedendo la finale in televisione. Al gol di Altobelli un grassone saltò per aria zompandomi sul piede sinistro: quindici giorni di convalescenza. Cos’è cambiato da allora? Mah! Il cancro si cura meglio, le guerre sono continuate, io ho smesso di vedere le partite di calcio, meglio le partite a carte chè sono più salutari. I governi continuano a cadere, le facce dei politici sono sempre le stesse, Berlusconi è l’unico che ha scoperto l’elisir dell’immortalità e non lo divide con nessuno. Bravo Alajmo che continua a pubblicare cose interessanti. Ci siamo conosciuti al Salone di Torino, presentati da Robertone Mistretta, ma probabilmente non lo ricordi. Ricevi i migliori auguri per il tuo prossimo libro.

  28. 1982. vivevo sola con una gatta nera da guardia, in un buco che da privilegiata ero riuscita ad avere ad equo canone, e solo perchè il proprietario era mio padre. il quale giustamente però si aspettava il puntuale pagamento al cinque del mese: non ne ho mai saltato uno, neanche quando (era febbraio) me ne andai dal lavoro alimentare all’ennesima pesante molestia (all’epoca ero piuttosto carina, ma non lo sapevo) e iniziai a vivere insegnando inglese e facendo traduzioni. ricordo una commissione, in particolare, di un immenso plico con la sperimentazione di un farmaco: traducevo e piangevo sulla sorte delle scimmie cavia. poi smisi di piangere, forse mi ci ero abituata, non so. guadagnavo pochissimo, e le priorità erano affitto gatto sigarette caffè libri e musica. ringraziando il cielo ero felicemente anoressica, per cui il cibo non era un problema.
    c’erano cinque piani da fare, e avevo tolto la porta del bagno. avevo deciso di selezionare gli amici, e queste due cose aiutavano parecchio.
    mi occupavo di mia madre ammalata, di un’anziana zia che amavo molto, di mio padre che come molti uomini della sua generazione non era nemmeno in grado di farsi un caffè. non avevo la tv per scelta, ma vissi la finale dei mondiali di calcio da una tenda piantata alla pellarina a torino dopo un fantastico concerto degli stones. ricordo i boati lontani, e il frastuono di clacson che arrivava dalla città. mi cullò nel sonno, aiutato da un certo numero di canne. alle cinque mi scossi, chiedendomi cosa fosse stato ad avermi svegliato. era il silenzio. erano andati tutti a dormire.
    mi alzai, uscii dalla tenda, tirai un gran respiro. ero viva, e non sapevo come prenderla.

  29. Ci sono persone che scrivono bene, da queste parti. E intendo: raccontando se stessi senza sbrodolarsi troppo.
    Mi rendo conto che dovrei passare il tempo a ringraziarvi uno per uno. Facciamo che vi ringrazio tutti collettivamente.

  30. Non mi ricordavo l’attentato alla Sinagoga, nemmeno leggendo il post riuscivo a raffigurarmi il fatto, solo il nome Stefano Tachè ha riportato tutto alla memoria.
    Personalmente il 1982 fu per metè un anno tragico e poi “meritatamente” salvifico, comunque 12 mesi rimossi.
    Dopo i Mondiali seguirono Arbore, le feste di carnevale, Milano vendemoda, i favolosi anni ottanta, del disimpegno e dei primi capelli bianchi ?
    Una stagione nuova (e per certi aspetti necessaria) di cui la cosa assolutamente positiva era la facilità di approcciarsi o addirittura avviare nuove professioni. Veramente tanto tempo fa…

  31. Ai miei capelli bianchi non avevo mai fatto caso, si mescolavano a quelli scuri creando un miscuglio di cui non mi curavo. Nel 1982 ero quasi felice:avevo scelto la via della scrittura che mi galvanizzava e mi faceva sentire (quasi) realizzata. Avevo chiuso con una storia maledetta (avevo? è più onesto dire: aveva, il lui, troncato di brutto) e ne avevo cominciato un’altra che mi aveva aperto orizzonti sconosciuti. Sì, posso dire che ero felice, se questo termine avesse probabilità di essere considerato realistico. Era il periodo de “l’edonismo reaganiano”, non più hippies ma hyuppies, tutti “belli e non poveri”. Un giorno un amico mi disse:”Quanti capelli bianchi hai!” Sì, me lo disse proprio col punto esclamativo. E da quel giorno non ho smesso più di colorarli

  32. @ Enrico
    Mi pare che il tuo aneddoto sia particolarmente forte e duro. Di quelli che si inchiodano nella mente in maniera indelebile. Chissà quanti ne avrai accumulati nella tua lunga esperienza di cronista di nera!

  33. @ Gea
    Riesci a sorprendermi spesso. Prima o poi ti chiederò di scrivere un’autobiografia completa.
    Dici: “all’epoca ero piuttosto carina, ma non lo sapevo”. E oggi?
    Scherzi a parte, ti ringrazio per averci raccontato (con penna – o tastiera – molto felice, peraltro) questo tuo pezzo di vita.

  34. @ Gea:
    troppo facile! Fra nuovi amici siamo solo noi i testimoni del passato. Ero carinissima anche io, ma con il tempo “ho guadagnato”!!!!
    una fila di faccine 🙂

  35. Naturalmente parlavo di edonismo, superficialita’ e tentativi di restauro che a nulla servono per essere delle persone vere. La mia convinzione che i sassi siano migliori di noi uomini (tutti: maschi e femmine) resiste in me, inscalfibilmente e saldamente. I sassi vivono (perche’ essi vivono) con naturalezza il tempo e questo con mia somma invidia. Invidio i sassi, non i belli e i giovani, non i ricchi o i sapienti, non i poeti o i sani. Solo i sassi. Posso esser libero di dire che invidio i sassi o devo temere di aver provocato qualcuno?
    Scusatemi, allora, lo dico cautelativamente: scusatemi tanto ma io invidio solo i sassi.

  36. @ Sergio
    Bene. Confermi le mie impressioni.
    A questo punto mi permetto di dedicare a Marta (da parte tua) la canzone “Sassi” di Gino Paoli. Segue il testo.
    🙂

    Sassi che il mare ha consumato
    sono le mie parole d’amore per te
    Io non t’ho saputo amare
    non ti ho saputo dare quel che volevi da me
    Ogni parola che ci diciamo è stata
    detta mille volte
    Ogni attimo che noi viviamo è stato
    vissuto mille volte
    Sassi che il mare ha consumato
    sono le mie parole d’amore per te
    Sassi che il mare ha consumato
    sono le mie parole d’amore per te
    Io non t’ho saputo amare
    non ti ho saputo dare quel che volevi da me
    Ogni parola che ci diciamo è stata
    detta mille volte
    Ogni attimo che noi viviamo è stato
    vissuto mille volte
    Sassi che il mare ha consumato
    sono le mie parole d’amore per te
    sono le mie parole d’amore per te

  37. 1982. Dieci anni, ma ricordi tanti. La prima fase dei Mondiali snobbata per giocare con la mia vicina Antonella. Poi le vittorie e un evento rimasto unico, la visione delle partite in famiglia. Fabrizio, il ragazzino che mi piaceva, che mi sembrava un uomo fatto (13 anni e la voce gli stava cambiando). Il mal di pancia la sera della finale dopo il rigore sbagliato di Cabrini. Il giro con mio padre per festeggiare la vittoria (un’alfa sud blu carica di tifosi, i necrologi per Brasile Argentina Polonia Germania e due gay sculettanti vestiti di bianco rosso e verde lungo viale della regione a Caltanissetta).
    Ricordo il braccio che penzola fuori dalla A112 di Emanuela Setti Carraro e le foto di Calvi impiccato; ricordo che alla guerra delle Falkland era andato il principe Andrew. La macchina di Grace Kelly uscita fuori strada.
    Ricordo le canzoni, soprattutto quelle brutte, uscite in quell’anno (alla presentazione di Roberto all’Auditorium Rai lo scorso novembre mi sono anche esibita in una performance tipo Musichiere, le sapevo tutte io 🙂
    Ricordo un’estate calda, in cui si usciva a giocare per strada, e quella sensazione forte già allora (e che è durata fino all’università) di non essere né carne né pesce, forse perché avevo 10 anni e le due cifre segnavano un passaggio, nel loro piccolo.
    Mi piace l’accostamento tra il 1982 e il 2006: forse perché il 2006 è stato l’anno più bello e più importante della mia vita so far (vi basti sapere che sono entrata di ruolo e ho comprato casa), forse perché ho sempre pensato – nel mio piccolo – che se un giorno dovessi scrivere qualcosa, sarebbe proprio sul e nel 2006.
    Un saluto da un’inquilina del blog di Roberto e complimenti a Massimo.

  38. Mi è piaciuto molto il testo di Roberto Alajmo e in attesa di leggere il resto raccolgo l’invito di Massimo a parlare del mio 1982, un anno per me fondamentale, l’anno delle scelte che hanno segnato tutta la mia vita futura.
    Tutto comincia con i mondiali di calcio, sì perché i miei ricordi di quell’anno, cominciano proprio da quel luglio. Nei primi sei mesi dell’82 ho vissuto in continuità con gli anni precedenti: la scuola (liceo classico), gli amici, la pallavolo e un “moroso”, come si dice dalle mie parti, coetaneo e compagno di scuola. La mia vita si svolgeva tutta all’interno di una cerchia abbastanza ristretta (la famiglia, gli amici del quartiere, i compagni di scuola e di squadra, la citta) e al presente, tranquilla, senza scossoni, con un ritmo lento e regolare scandito dalle lezioni, gli allenamenti e le uscite con il moroso.
    Poi, a partire da luglio, tutto ha cominciato ad andare velocemente, con un’accelerazione che ancora non si è interrotta e ho cominciato a vivere proiettata verso l’esterno e verso il futuro.
    Così dopo la maturità ottenuta proprio quell’anno, è venuta la scelta di partire, di andare a studiare a Venezia, lingue orientali poi, una scelta che nella mia piccola città di provincia aveva fatto solo una’altra ragazza. E poi la scelta di dare un futuro a quel rapporto sentimentale che sarebbe potuto finire lì e che invece, proprio in quei giorni, nella crisi che la mia decisione di andare a studiare lontano aveva provocato, ha compiuto i primi passi ed è riuscito a superare la prima di quelle prove che la vita a due ci avrebbe riservato.
    La via vita di oggi è il frutto delle scelte di quell’estate: l’arabo che ho deciso di studiare allora è al centro dei miei interessi professionali e il mio “moroso” è da vent’anni mio marito e il padre dei miei tre figli.
    Grazie per avermi dato l’occasione di ricordarmene.
    Barbara

  39. Quale anno, altrimenti? Non saprei davvero rispondere. Quell’anno possiede per me un estratto concentrato di significati. Nessun altro anno è stato per me altrettanto importante. Credo che se non ci fosse stato il 1982 non avrei scritto questo libro. Anzi: non avrei scritto nessun libro.

  40. @ Daniela e Barbara
    Grazie a voi per essere state qui e per aver raccontato un pezzo della vostra vita. Spero di “rivedervi”. :))
    Qui a Letteratitudine sarete sempre le benvenute.

  41. Roberto, mi piacerebbe che ci parlassi un po’ di questo nuovo libro.
    Quando esce in libreria? Mi pare che oggi hai ricevuto la prima copia cartacea. Insomma, il nuovo figlio è nato. E oggi l’hai tenuto in braccio per la prima volta.

  42. La mossa del matto affogato
    Qualche considerazione/domanda partendo dal titolo:
    1. Mi pare che i matti ti hanno portato fortuna (da un punto di vista letterario, intendo), ma…
    2. … cosa significa “mossa del matto affogato”?
    3. e perché la scelta di questo titolo?

  43. Di quell’anno tre ricordi indelebili :
    1) la licenza media in un’estate calda e soleggiata senza neanche studiare ( illusoria come cosa ) ;
    2) i mondiali vinti in Spagna con la finale vista in casa di un mio cugino che aveva problemi depressivi e faceva il tifo per la Germania (!) ;
    3) l’omicidio di Dalla Chiesa che in un sol colpo rimpiazzò sia quello Moro che la strage di Bologna. La mia infanzia, come quella di tanti altri, una sequenza di partite di calcio e misteri.

  44. ero al bernabeu, l’11 luglio 82. TUTTI tifavano per l’Italia, i tedeschi non li poteva vedere nessuno. c’erano molti brasiliani in tribuna, sicuri di vedere la loro squadra in finale (il miglior Brasile di sempre, portiere e centravanti a parte). ricordo un sole asfissiante fino alle 21,00 e spagnoli che facevano girare quella borraccia a zampillo in cui si può bere senza scambiarsi malattie.
    a un certo punto, sul 3-1, gli azzurri cominciarono a far girar palla. Io ed i miei amici, trovandoci in Spagna, cominciammo a gridare OLE’, OLE’, ad ogni passaggio. lo fece in breve tutto lo stadio, e da allora nacque l’uso degli OLE’!!!!!
    nel nostro piccolissimo, avevamo fatto la storia anche noi…

  45. il “suicidio” di Calvi mi lasciò indifferente: era chiaro che l’avrebbero eliminato. la strage di Dalla Chiesa, della moglie e dell’agente, invece, mi turbò profondamente.

  46. una sola cosa rimpiango della sera mundial ’82: non essermi trovato ai festeggiamenti a Napoli. beh, mi son rifatto nel 2006…

  47. “ZOFF! BERGOMI! CABRINI! COLLOVATI! GENTILE! SCIREA! ORIALI! TARDELLI! CONTI! GRAZIANI! ROSSI!”

    Questo e’ quello che ricordo meglio del 1982… e la felicita’ di Sandro Pertini al Bernabeu che gesticolava come per dire: “non ci prendono piu’, ormai!”

    La nazionale piu’ spacchiosa, oserei dire, anche se quella attuale non scherza…
    Avevo 15 anni allora e sicuramente ne dimostravo di meno in quanto a maturita’… Io, Max, la buonanima di Leo, Christian e Salvo Luca, sempre insieme a spaccare a calcetto…! (da tavolo, s’intende).
    26 anni? Pazzesco!!…
    Ciao Massimo! Ciao Agata! Tutto aposto? Le bambine?

  48. Sposato da un anno con Cinzia ma costretto ad un pendolarismo pazzesco: lavoravo per le FS , non ancora Trenitalia ma ancora servizio pubblico, come conduttore viaggiante ( noto come il bigliettaio ), qualifica che ora non esiste più con sede a Firenze Smn… finito il turno prendevo il treno per Bologna e poi giù dalla giovane sposa che mi attendeva in quel di Rimini – praticamente passavo circa 16 ore in treno… a volte, steso sul letto avevo l’impressione che il mio corpo vibrasse. Per fortuna a metà dell’ottantadue mi trasferirono a Bologna riducendo a 11/12 il mio andirivieni sulla strada ferrata!
    Ricordo i Pompelmi trangugiati durante il “mundial”..ne stavamo mangiando uno quando l’ Italia vinse la partita contro l’Argentina …da quel momento, scaramanticamente, ogni successivo incontro fu accompagnato dal succoso frutto tropicale…e funzionò!

  49. “…È come negli scacchi, quando un giocatore è costretto a subire l’onta del matto affogato, lo scacco più mortificante. Attraverso una serie di sacrifici, l’avversario ti ha chiuso in gabbia. Uno dopo l’altro sono i tuoi stessi pezzi ad averti circondato e messo in un angolo da cui non puoi più scappare. Nel giro di poche mosse sei passato dall’illusione di poter vincere sfruttando i suicidi in serie dell’avversario, alla frustrazione di doverti suicidare tu, senza possibilità di scelta, e di fronte alla minaccia di un unico cavallo superstite. Per quanto l’avversario sia ormai dissanguato, l’ultima mossa servirà solo a stringerti il cappio attorno al collo…”

  50. @ maurizio de angelis:
    Félix, Carlos Alberto, Piazza, Brito, Everaldo, Clodoaldo, Gerson, Rivelino, Jairzinho, Tostao, Pelé.
    De gustibus, ma volevo rammentarti la formazione del Brasile che vinse il Mondiale nel 1970. Ovviamente puoi continuare a pensare che i verde-oro del 1982 fossero più forti di questi.
    Quando intervistarono il commissario tecnico del Brasile ’70, gli domandarono: “qual è la tattica che lei adotta? quali sono gli schemi più congeniali alla sua squadra?”
    Il tecnico, seriamente, rispose: “dico ai giocatori di andare in campo e fare quello che gli pare”.

  51. @ Sandro
    Va benissimo. Ti ringrazio del commento:)

    Sandro è un amico di vecchissima data. Oggi fa il medico e vive nei dintorni di Londra. Sposato con una bella scozzese e con tre figli meravigliosi.
    Saluti a tutti

  52. @Greg:
    e se Rivera fosse entrato prima? E se Juliano fosse entrato, invece che negli ultimi sei fottuti minuti, all’inizio del primo tempo?

    E se quella palla “americana” di Roberto Baggio, invece di volare tra le nuvole “troppo bella per essere imprigionata in una rete”, come celiò Lucio Dalla, fosse entrata nella porta del peggiore Brasile della storia?

    E se quel fottuto testardo di Dalla Chiesa, non avesse voluto suicidarsi viaggiando su di un’ A112?

    Se quella mattina di martedì 14 settembre ’82, mentre ero da 24 ore incatenato ad una fede d’oro e mi affacciavo con la mia giovane moglie da uno dei balconi più belli del mondo, quello dell’albergo Santa Lucia, e guardando oltre il vesuvio, immaginando in linea retta New York (“dai Tonia, punta il dito e chiudi gli occhi, così dritto, è il 37 parallelo, dall’altro lato c’è la “Grande Mela”), se avessi saputo che la divina Grace stava per percorrere la curva storica di Montecarlo, quella di “Caccia al ladro”, bhè…
    Ma la storia…

  53. @ gea
    Beata te che avevi un gatto da guardia, il mio, appena sente un rumore si va subito a nascondere, dietro la fila dei libri …sembra ET quando si mimetizza in mezzo ai pupazzi!
    Leggendo il tuo bel “1982” ho provato un pizzico di malinconia…soffice come la bambagia.
    Ciao sister Gea.

  54. @ didò:
    nella mia ignoranza, per te ho solo una risposta: Rivera poteva entrare prima senza che uscisse nessuno. Potevamo giocare anche in 15, ma quelli ci facevano lo stesso un culo come una capanna.

  55. Nel 1982, ho compiuto sei anni. Facevo la primina e mi preparava un’insegnante per raggiungere l’abitazione della quale dovevo salire dei gradini, chiamiamoli così, alti quaranta centimetri. Cartella in spalla, erano una bella fatica per le mie gambine. Di mattina andavo all’asilo e il pomeriggio seguivo le lezioni private. A giugno c’erano gli esami per essere ammessi alla seconda ed avevo paura della prova della lettura.
    Ero una bimba timida ed una delle più piccole della classe nella quale mi ritrovai a settembre. Il 1982 ha segnato il mio ingresso nel mondo dei grandi.

  56. Settembre 1982. Ero alla soglia dei 30 anni e finalmente (con una laurea in lettere mi ero fino ad allora barcamenato) trovavo il primo posto fisso, all’Olivetti.
    Dopo l’estate del mundial (vedevamo tutte le partite nella stessa formazione a casa del mio amico Renato, il nostro Bearzot della scaramanzia: io ero in seconda fila sul divano, una specie di centrocampo), forse l’ultima veramente spensierata, entravo stabilmente nel mondo del lavoro. Mi adeguavo a giacche e cravatte che fino ad allora non avevo mai indossato se non per occasioni particolarissime, e spesso in prestito (non ricordo di averne possedute prima).
    L’impegno politico era in qualche modo tramontato fra terrorismo demenziale, morti assurde da entrambi i lati della barricata, la fine di Moro. I cadaveri eccellenti non erano più frutto di quella assurda e inesistente (se non nelle menti di irriducibili fanatici) rivoluzione, ma tornavano in primo piano quelli di mafia.
    La scena musicale era mutata radicalmente e tristemente. Dopo aver ammirato batteristi del calibro di Keith Moon, John Hiseman (per non parlare dei jazzisti Tony Williams, Elvin Jones..) entravano in ballo i ritmi fissi, martellanti, inesarabilmente ebeti delle batterie elettroniche.
    Nella notte si spandevano da woofer di 2 metri di diametro montati sulle Golf che avrei volentieri visto bruciare dalle molotov dei rari superstiti del 68 o del 77.
    Qualcosa stava cambiando, tutto stava cambiando, io stavo cambiando.
    O più semplicemente registravo di essere già cambiato. E, senza saperlo, mi preparavo ad altri cambiamenti.

  57. Nel 1982 anch’io, siciliana come Roberto Alajmo, avevo un fidanzato che faceva il militare al centro Italia: era un bel ragazzo e pure lui, stranamente, iniziava ad avere i capelli brizzolati, segno di fascino e stile.
    La storia con il bel siciliano finì qualche anno dopo, cambiarono i sentimenti e le nostre prospettive: in seguito buttai via anche la copiosa corrispondenza ricevuta durante il CAR; a quel tempo infatti mi spediva una lettera al giorno con tanto di firma e cuoricini, fogli a righe pieni zeppi di plateali dichiarazioni d’amore dai cubici ingranditi ti amo e fotografie in divisa. Ovviamente non mancavano neppure le sue quotidiane telefonate un po’ gelose, quelle con i gettoni, ve li ricordate i telefoni a gettoni? Di volta in volta per chiamarmi ne acquistava una manciata e faceva la fila al distretto militare.
    La sottoscritta nel 1982 andava ancora al liceo e quella sera quando ci fu l’ultima partita dei mondiali Italia Germania, prima andò a giocare a tennis con un’ amica e poi, sempre con la stessa amica, mentre dall’interno delle case la gente urlava e le strade si riempivano di gioia e tutto il mondo al seguito, restammo a conversare snobbando l’evento calcistico. A quel tempo avevamo i fidanzati e dovevamo dirci un sacco di cose! Capiteci.
    Destini con segni in comune derivano soprattutto da comuni elementi generazionali, con l’occhio di chi ha guardato il sessantotto, cavalcavano l’onda dei tempi in bilico fra i figli dei fiori e i paninari, le palestre ci allenavano alla competizione, ma per molti di noi la cultura rimase il baluardo più importante al di là di nonni, cugini e genitori.
    Gente sensibile coloro che da qualche anno hanno oltrepassato i quaranta! Reduci da partite sentimentali vincitori o sconfitti che importa, Italia Germania 3 a 0, i miei coetanei o non hanno resistito preferendo la libertà o, se hanno resistito, devono fare ancora i conti con le verità di un intera generazione desiderosa di cambiamenti ma prona ai compromessi.
    Non mi spaventano i capelli bianchi e non li vedo neppure come il passaggio da una fase all’altra della vita contrassegnata da scadenze, i compleanni si aprono a nuove stagioni e di quelle passate è rimasto qualcosa, compresi gli oramai canuti calciatori ed il loro tanto affezionato e sgonfio pallone in cuoio bianco e nero, le giacche con le spalline imbottite disegnate dalla moda per le donne, le abbronzature selvagge, sogni di realizzazione personale, oppure no, sono finiti anche i sogni.
    Ciao.

  58. Complimenti a Roberto Alajmo per entrambi i libri. Li acquisterò in settimana.
    Del mio 1982 non ricordo un fico secco, a parte i mondiali. Però non ricordo un fico secco della maggior parte dei miei anni passati. Vita anonima, la mia.

  59. @ Carlo:
    Efficace la tua ricostruzione! Personalmente quell’anno segnò per me un cambiamento totale e irreversibile : niente sarebbe più stato come prima. Ma ricordo quel periodo e quello che ne seguì per lo spaesamento in cui mi ritrovai, nebbia fitta e “nuovi suoni”. Non riuscivo a leggere, nemmeno a pensare; non erano saltati solo i miei punti di riferimento, quelli personali, tutto stava cambiando: i rapporti con gli altri, i gusti, le opinioni, le chiacchiere, il tempo libero. Mi concentrai sul lavoro e lasciai perdere tutto il resto, imparai a starmene per conto mio e poi, molto lentamente ricominciai a leggere e a cercare le mie strade. Socialmente fu il periodo della mia “vecchiaia”, cupo, autistico e arido mi ci volle un po’ per ringiovanire e capitalizzare quegli anni per quello che erano: una seconda opportunità per ripartire. Ritrovai lo sprint nel 1995.

  60. Preg.mo Dott. Roberto Alajmo, ho apprezzato molto quanto ha scritto per noi, svelandoci un tassello irripetibile della sua vita. Non ho potuto partecipare all’ appasionante discussione per motivi di salute. Ancora non sto bene, ma ci tenevo a conoscerla. Da giorni, mi vorticava in mente con insistenza il Suo cognome, a me noto. Ma sino a ieri, non riuscivo a realizzare a quali eventi e a quale volto collegarlo. Scartabellando fra “le sudate carte”, ho ritrovato diversi numeri della Rivista Culturale ” La Torre di Babele”,(Redazione,Via Colombo, 24 Canicattì),alla quale ho collaborato con le mie recensioni letterarie e composizioni poetiche, per oltre un triennio dal 1987 in poi. La Rivista era diretta dal Prof. Giuseppe Alaimo, con la quale esisteva una reciproca stima. Il Responsabile era forse un suo parente? La prego di scusarmi per la mia invadente curiosità, ma in quel fecondo periodo che ricordo piacevolmente, il rapporto con l’amata Sicilia era stretto. Scrivevo spesso per alcuni piccoli giornali locali, come il bimestrale di Cultura Varia ” Il Galeone” di Messina”(Peloro Edirice), diretto da Gianni Ruta e mi recensivano gli ottimi autori Tanino Biondo e Marcello Danzè .Ero anche Socia attiva dell’A.S.l.A di Palermo, diretta dal Cav. Ugo Zingales. Lui ancora di tanto in tanto mi scrive. La ringrazio per la disponibilità con la quale ha risposto
    a tanti amici del blog e a mia volta le esterno il mio plauso con calore.
    Tessy

  61. 1982: omicidio Dalla Chiesa, Mundial, Scozia.
    Omicidio Dalla Chiesa: ero in macchina con un mio amico figlio di un magistrato, che si chiedeva se i Siciliani avessero qualche difetto genetico…
    Mundial: eravamo in una ventina sul balcone di casa mia, un terrazzo a dire il vero, tutto intorno il silenzio, rotto poi dalle grida e dalle trombe per i gol.
    Scozia: la prima volta in un paese anglofono, già parlavo un ottimo inglese, ma si sa… E tutti a chiedersi in mia presenza chi erano i campioni del mondo, ed a dire che con quel mio Acquascutum beige largo sembravo un killer della mafia.

  62. Rosa Montero dice che la gente per scandire il tempo che passa pensa alle macchine che ha avuto, ai fidanzati. C’è chi pensa ai libri. O ai Mondiali.
    Io nel 1982 avevo appena nove anni. 9. Numero simbolico. A nove anni Dante incontra Beatrice. La nostra maestra ce ne parlava e io sognavo di essere lei ed essere amata da un poeta! 3 per 3. La perfezione. Inseguita sognata sfiorata mai. Io a scuola un anno avanti dopo la primina, più piccola fisicamente dei miei compagni, la sensazione mai andata via di essere sempre fuori luogo fuori tempo. Altrove.
    Battiato amato già allora. I fumetti i primi libri l’Ape Maia e Heidi.
    I Mondiali. Io a sentire le urla di gioia dei tifosi riuniti nella trattoria sotto casa, a colorare bandierine insieme a mia sorella.
    L’orrore di Dalla Chiesa. Le foto i servizi mi turbarono profondamente. Calvi a penzolare da un ponte. Non capivo ma la morte mi invadeva i sonni e l’immaginario.
    Il 1982 è l’anno che ha cambiato la mia vita. La mia mamma un pomeriggio mi vede annoiata. Come la mamma di Agatha Christie, mi suggerisce: “Perché non scrivi?”. E mi consegna un quaderno nuovo. Un avvenimento. Oggi i bambini consumano quaderni come in una corsa a devastare l’Amazzonia, ma prima io potevo avere un quaderno nuovo solo dopo aver consumato fino all’osso il vecchio.
    Il 15 0ttobre del 1982 inizio a scrivere la mia prima poesia.
    Poi – che logica! – scrivo:
    Prefazione-Introduzione
    Queste sono solo alcune delle mie poesie, perché in breve tempo, ne scriverò altre. Questo è un quaderno fatto apposta per far capire ai bambini il valore della poesia.
    Qualche parola della mia vita.
    In questo quaderno avrete già notato il mio nome: Maria Lucia Riccioli. Ebbene: il 18 settembre sono nata io, (nel 1973) e adesso ho nove anni. Ho frequentato sempre la Scuola Parrocchia Santa Rita, a Siracusa. Vado in quinta e ho molti amici. Ho fatto il salto dalla preparatoria alla seconda e sono molto intelligente, poiché sono nata sotto il segno della Vergine. Sto scrivendo questo quaderno per rilassarmi, poiché il mio relax principale è la scrittura. Vi auguro buona lettura.

    Da allora non ho più smesso.
    Non ridete!
    🙂

  63. I capelli: qualcuno bianco che fa very old per una ragazza. Mentre per uomo fa maturità sexy… Hugh Laurie: wow!
    Io faccio le méches ma la mia mamma ha avuto il primo capello bianco a 15 anni ed è stata sempre sale e pepe, per la felicità di mio padre che le ha sempre proibito di tingerli. Lo ha fatto una volta e nessuno di noi l’ha riconosciuta.
    Voglio invecchiare senza diventare vecchia dentro. E non cambierei il mio 2008 con un 19.. qualsiasi. Sono quel che sono nel bene e nel male. La nostalgia non mi appartiene, anche se ascoltare i Fine Young Cannibals, i miei adorati – non ridete! – Europe – amavo Joey Tempest, ci pensate? – o rivedere Lady Oscar, Holly e Benji, Mimì, Mila e compagnia bella mi smuove qualcosa dentro.
    Piccole Donne.
    Il diario di Anna Frank.
    E tutti gli altri libri che da allora mi scandiscono l’esistenza.

  64. @ Maria Teresa
    Cara Maria Teresa, ti auguro di ristabilirti al più presto e ti ringrazio per il commento.
    Non credo che Roberto sia parente del Prof. Giuseppe Alaimo. Anche perché il cognome è differente, mi pare (Alajmo-Alaimo).
    Un abbraccio.

  65. Sì, esiste!
    Mi chiedo come ho fatto a sognarmelo la notte e ad appendere il suo poster in cameretta…
    Poi sono passata a Kevin Costner.
    🙂

    Anni ottanta, che torpi! Si dice così a Siracusa. Zurbi, pitarri, tamarri…
    Spallone – orrore! – , gli Wham!, Madonna prima maniera… I Durans – che la mia amica Francy venera tuttora. Pensate che è andata a Londra per incontrare Simon Le Bon. Bacetti, foto etc. A Milano ha baciato John Taylor.
    A me piaceva pure Tony Hadley degli Spandau. Avete visto il film “Scrivimi una canzone” con Drew Barrymore? Fatelo. Il video finti anni ’80 è allucinante!!!

  66. @M.Teresa: Non sono parente. In realtà non sono parente quasi di nessuno. Ho una famiglia molto piccola.
    Oggi è il giorno prima dell’uscita del mio nuovo libro. Ho raccontato questo momento di sopensione sul mio forum, ma voglio condividerlo anche con voi:
    “E’ una vigilia speciale. Il nuovo romanzo è uscito dalla tipografia ma non ancora entrato in libreria. Ne possiedo un’unica copia, me la liscio con lo sguardo: ha il miracoloso splendore dei palloni di cuoio che non hanno mai rimbalzato sull’asfalto, nemmeno una volta, con la patina di vernice ancora intatta.
    Da domani comincerà la sua carriera vera e propria. Da domani sarà un romanzo appena uscito, che farà la sua corsa da tartarughina verso il mare, sperando di arrivare sano e salvo dove l’acqua è più profonda. Solo uno su cento ce la fa”.
    Da domani anche lui comincerà a invecchiare. Intanto, però, mi godo questo perfettissimo sabato del villaggio.

  67. Caro Roberto,
    in bocca al lupo da parte di tutti noi per questo tuo nuovo libro (Il matto dell’affogato).
    Tu dici che “solo uno su cento ce la fa”. Morandi è più pessimista e parla di “uno su mille”.
    Numeri a parte, sono certo che sarà un successo. E di certo avremo modo di riparlarne.
    Ti abbraccio e ti ringrazio.
    Il post, naturalmente, rimane aperto per ulteriori interventi.

  68. Tanti auguri a Roberto Alajmo. Cercherò il tuo nuovo romanzo oggi pomeriggio dal mio libraio.
    Smile

  69. Un grosso augurio allora, signor Alajmo, perché ogni pallone prima di finire sulla polvere, la terra e l’erba merita una lunga stretta da chi l’ha così fortemente voluto, desiderato.

    Barbara

  70. Quanto mi scoccia non poter dire la mia sul 1982. Si, perchè avevo solo sei anni, facevo la seconda elementare…e cosa mi ricordo? Solo che ero una bambina molto felice!
    Complimenti davvero a Roberto e tantissimi auguri per il suo 1982

  71. @ oh sì, davvero. immaginiamo quanto ti scocci avere avuto solo 6 anni nel 1982. Ma che pena! Che disgrazia!
    La cosa peggiore, però, è che sembra tu abbia 6 anni anche oggi
    🙂

  72. La ricerca del capello bianco l’ho percepita in realtà, come spaccare il capello in quattro in un’ introspezione personale rigorosa e serrata che molte volte a vent’anni non ci porta da nessuna parte, ma neanche dopo!
    Se si vuole essere concreti quando si è inesperti della vita, bisogna portare degli esempi facili dimostrabili materiali: ho un capello bianco, forse più di uno, mi sto trasformando anche dentro ed è più difficile da trasferire il sentimento di gioia, di dolore, eventuali.
    Magari attorno a Noi gli altri hanno più coraggio o più paura così da riversarci addosso la loro inadeguatezza, forse?
    Oggi, mi è successa una cosa strana sono andato in libreria “Cortina” di Milano,di fronte l’Università Statale, e in vetrina in bella mostra ho visto esposto il nuovo romanzo di Roberto Alajmo – “La mossa del matto affogato” – Mondadori
    La mia reazione sorpreso di vederlo già pubblicato è stata: che bello! Lo scrittore è un mio conoscente: effetto “Letteratitudine”?
    Complimenti all’autore!
    Luca Gallina

  73. Nel 1982 ho scoperto il Canada!
    Negli anni ’80 in Italia abbiamo goduto avidamente, chi ha potuto e voluto, l’Avere attraverso il possesso di oggetti voluttuari che rappresentassero lo status- simbol di una ricchezza ostentata dalla classe media italiana emergente, fortunatamente non tutta la classe media.
    Venivamo dagli anni ’70 dove tutti avevamo investito nell’Essere, per alcuni molto tormentato!
    Successo professionale, reddito sopra la media, una bella casa di proprietà in città, auto di lusso, vacanze esotiche, griffe di abbigliamento,accessori moda, per tutta la famiglia: casa in Sardegna,chalet a Cortina o in Svizzera St.Moritz, per chi se lo poteva permettere.
    Altrimenti tutti in affitto al mare a Capalbio in Toscana!
    Questo per fare un esempio, dell’euforia che si respirava nel 1982.
    Io risiedevo a Milano e mi stavo masterizzando a Boston negli States; la mia famiglia di allora composta dalla mia prima moglie e mio figlio Alberto di tre anni, mi raggiunsero a Boston ché mio figlio necessitava di controlli clinici.
    Subito dopo siamo partiti per una breve vacanza in Canada diretti a Toronto e successivamente a Montreal.
    Partiti dall’aeroporto di Boston ci siamo imbarcati su di un volo di linea destinazione Toronto che impiegava i bimotori ad elica Focher, riconosciuti più che sicuri e che diventavano “montagne russe” in presenza di vuoti d’aria.
    Prima di atterrare a Toronto, avevamo visto per la prima volta dall’alto spazi così ampi a terra e un Oceano, il lago Ontario, che ci sembravano ancora più immensi rispetto alla sensazione che si prova quando si arriva per la prima volta in America dall’alto!
    La città di Toronto – capoluogo della Provincia dell’Ontario – di lingua inglese,
    è una città HI-TECH, moderna ma non sa né di me né di te rispetto le città americane tipo N.Y., per come l’ho percepita allora.
    Nel porto ho visto attraccate le navi che navigano il lago Ontario, è il più piccolo come superficie dei cinque laghi principali in Canada che bagnano e confinano, anche con gli States, fino ad arrivare in Alaska come in un Oceano è questo che mi ha colpito molto!
    Montreal, invece, – capoluogo di Provincia del Québec – di lingua francese è una città di fattezze architettoniche Europea come Bordeaux o meglio Marsiglia in Francia.
    E poi in Canada non ci tornerò più in seguito e io ricorderò solo l’immaginario avventuroso di Jack London per rappresentarlo;
    Siamo nel 1982 e N.Y. è tutta da “bere”, dove io e la mia famiglia prima di ritornare in Italia, dopo ogni viaggio da quelle parti, ci fermiamo tre giorni e successivamente tre giorni a Parigi, una sorta di operazione di decompressione da fuso orario, e finalmente si ritorna a Milano!
    N.Y. anni ’80 è tutta da “bere”: arte moderna,alto design,architettura, hi-tech,gli stilisti italiani aprono la loro vetrina sulla fith avenue e sulla 57th street la libreria internazionale Rizzoli.
    Il mondo della pubblicità è il mio mondo di passione professionale!
    A Parigi la gare d’Orsay, il Bebourg, opere di una architetta e un architetto italiani,il Louvre.
    Al rientro a Milano ci sembra di abitare in una città medievale a misura d’uomo, case basse architettura influenzata dal periodo austriaco e periodo fascista; i nostri architetti d’allora hanno lavorato a Vienna come a Parigi ed erano molto apprezzati e richiesti.
    Milano da “bere” nel 1982!
    Dimenticavo di dire che la data che io e la mia famiglia ricorderemo per sempre è l’1.9.’82 quando nostro figlio Alberto di tre anni è stato dichiarato fuori pericolo di vita, dai medici del “Dana Faber Cancer Institute” di Boston!
    Luca Gallina

  74. Ho molto apprezzato la dedica a me rivolta di Sassi, canzone di Gino Paoli.
    Ringrazio Massimo Maugeri e saluto con simpatia Sergio Sozi

  75. Ciao, sono Luca da Sondrio, mi ha incuriosito il titolo riferito all’anno 1982 che per me è stato un anno di particolare significato, tanto da farmi firmare tutte le lettere con lo pseudonimo Lukas 82 (per parecchi anni successivi): così era radicato in me il concetto di una svolta nella mia vita! Avevo 22 anni, una vita universitaria indecisa (studiavo medicina) poi interrotta, la voglia di riscatto verso il mondo avvenuta con la scalata solitaria del Disgrazia e pernottamento solitario nel bivacco a 3678 metri (veramente volevo farla finita ma sono riuscito ad arrivare in cima e soprattutto a scendere…), ma soprattutto c’è stata lei, Paola, la mia prima ragazza (che poi ho anche sposato nel’88) a porre fine alla mia solitudine ed alla mia indecisione. Il militare l’anno successivo e confesso che come te ho patito l’ambiente squallido e senza senso (raccogliere le foglie dei platani in autunno in una giornata ventosa… Alzarsi alle cinque del mattino, fare il viaggio in inverno sul cassone di un camion scoperto, in inverno, a 100 all’ora, per andare al poligono a tirare con fucili della 2^ Guerra Mondiale….). Mi fa piacere che anche per qualcun altro il 1982 sia stato un anno importante, decisivo. Ciao. Luca

  76. Messaggio per i catanesi e per i siciliani della Sicilia centro-orientale
    Mercoledì, alle h. 18,30 Roberto Alajmo sarà a Catania alla Cappella Bonajuto (invitato nell’ambito di una conferenza).
    Ci sarò anch’io.
    Vi aspetto.
    L’indirizzo è:
    via Bonajuto 5/13 angolo via Vittorio Emanuele 97 Catania – CT

  77. Si è svolto molto bene l’incontro catanese di Roberto Alajmo.
    Dibattiti interessantissimi.

    Poi la serata è proseguita con una cenetta a due (senza lumi di candela, eh?)
    🙂
    Grazie Roberto.

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