Kenzaburō Ōe

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Kenzaburō Ōe (大江 健三郎 Ōe Kenzaburō?; Uchiko, 31 gennaio 1935) è uno scrittore giapponese, premio Nobel per la letteratura nel 1994.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Ōse (大瀬村 Ōse-mura?), un piccolo villaggio ormai assorbito dalla città di Uchiko (prefettura di Ehime, isola di Shikoku). All'età di diciott'anni si trasferì a Tōkyō per studiare letteratura francese, laureandosi nel 1959 con una tesi su Jean-Paul Sartre.

Una delle sue prime opere, il racconto Animale d'allevamento, pubblicato nel 1958, gli valse il prestigioso Premio Akutagawa. Negli anni seguenti il successo non gli arrise più e le critiche non furono benevole. Nel 1961 scrisse Seventeen, in cui descriveva l'ambiente del fanatico estremismo nazionalista di destra.

Nel 1963 nacque il suo primo figlio, Hikari, affetto da una gravissima lesione cerebrale. Quest’esperienza lasciò una traccia profonda nella sua opera. Con Un'esperienza personale (1964) Ōe descrive la vicenda di un padre che rifiuta la menomazione del figlio e pensa di ucciderlo. Il libro è un atto d'accusa contro i pregiudizi sociali nei confronti dell'handicap. Nel 1967 vinse il Premio Tanizaki con Il grido silenzioso, nel 1973 il Premio Noma e nel 1982 il Premio Yomiuri-bungaku. In quest'opera recupera poeticamente l'esperienza della realtà rurale descrivendo un ritorno al villaggio d'origine del protagonista e la riscoperta delle tradizioni e del folklore originari. Nella vita reale la lotta di Ōe fu premiata e il figlio Hikari divenne uno dei più noti compositori del Giappone. Nel 1969 vinse il premio letterario Noma con Insegnaci a superare la nostra pazzia. Il titolo cita un verso del famoso poeta inglese W.H. Auden. Profondo conoscitore della letteratura occidentale, Ōe usa spesso richiami più o meno evidenti ad autori stranieri. Nel 1994 vinse il premio Nobel, secondo giapponese dopo Kawabata, che lo aveva vinto nel 1968. In occasione della consegna del premio, pronunciò un discorso il cui titolo richiamava da vicino quello che Kawabata disse al proprio discorso in analoga occasione. Se il suo predecessore lo aveva intitolato Il Giappone, la bellezza e io (ovvero: Io e il mio bel Giappone), Ōe sceglie come titolo Il Giappone, l'ambiguità ed io (ovvero: Io e il mio ambiguo Giappone). Come Kawabata, gioca sul doppio senso che la frase ha in giapponese, mettendo però in luce l'abissale distanza tra sé e il grande autore "classico" che l'ha preceduto. Se il mondo di Kawabata era legato a concetti di bellezza e di espressione tradizionali, il mondo di Ōe è molto più moderno, contraddittorio, più severo nei confronti di una società, come quella giapponese, che fatica a fare un riesame critico della sua storia più recente. Nel 1996 gli viene assegnato il Premio Grinzane Cavour.

Nel 2008 pubblica il libro Note su Hiroshima. 18 anni dopo l'apocalisse del 6 agosto 1945, Ōe si reca per la prima volta a Hiroshima e incontra i sopravvissuti, simbolo di un Giappone liberato dalla follia distruttrice. Incontra il dottor Shigetô, direttore dell'ospedale dei contagiati, e una giovane ragazza che si suicida dopo la morte del suo fidanzato, vittima delle radiazioni; un giornalista che scrive affinché lo stato aiuti gli irradiati dal fallout nucleare e le loro memorie siano raccolte e pubblicate. Ōe analizza le implicazioni morali e politiche dei due bombardamenti atomici; ci consegna il quadro della città devastata, innalza un monumento alla memoria. Nel 2012, dopo un aumento del 20% dei suicidi in Giappone, lancerà un appello antinucleare[1] per ricordare la devastazione che, ancor oggi, il nucleare può procurare[2].

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Romanzi[modifica | modifica wikitesto]

Racconti[modifica | modifica wikitesto]

  • Kimyō na shigoto ("Uno strano lavoro", 1957)[3]
  • Shisha no ogori ("L'orgoglio dei morti", 1957)[3]
  • Animale d'allevamento (Shiiku, letteralmente "Allevamento", 1958), trad. Nicoletta Spadavecchia, in Insegnaci a superare la nostra pazzia, cit.
  • Ningen no hitsuji ("La pecora degli esseri umani", 1958)[3]
  • Koko yori hoka no basho ("Da qualche parte altrove", 1959)[3]
  • Il fratello minore dell'eroico guerriero (Yūkan na heishi no otōto, 1960)
  • Seventeen (Sebuntiin, 1961)
  • Morte di un giovane militante (Seiji shōnen shisu, 1961)
  • Sakebigoe ("L'urlo", 1963)[3]
  • Aghwee, il mostro celeste (Sora no kaibutsu Aguii, 1964), trad. Nicoletta Spadavecchia, in Insegnaci a superare la nostra pazzia, cit.
  • Insegnaci a superare la nostra pazzia (Warera no kyōki o ikinobiru michi o oshieyo, 1969), trad. Nicoletta Spadavecchia, Garzanti, Milano, 1992, ISBN 88-11-66650-3.
  • Kōzui wa waga tamashii ni yobi ("Le acque hanno invaso la mia anima", 1973)[3]
  • Talvolta il cuore della tartaruga (Ume no chiri, 1982)
  • Rein Tree (Rein Tsurī) o kiku onnatachi ("Donne che ascoltano l'Albero della Pioggia'", 1982)[3]
  • Come si uccide un albero? (Ika ni ki o korosu ka, 1984)
  • Il figlio dell'imperatore (raccolta di racconti contenente: Seventeen, Morte di un giovane militante, Io e il mio ambiguo Giappone, 1997), trad. Michela Morresi, Marsilio, Venezia, 1997.

Altro[modifica | modifica wikitesto]

  • Note su Hiroshima (Hiroshima nōto, 1965), trad. it. Gianluca Coci, Alet, Padova, 2008, ISBN 978-88-7520-050-3.
  • Forza immaginativa dell'era nucleare (Kakujidai no sozōryoku, raccolta di testi di conferenze, 1970).
  • Appunti di Okinawa (Okinawa nōto, raccolta di appunti, 1970).[3]
  • Il giorno in cui lui mi asciugherà le lacrime (Mizukara waga namida o nugui tamau hi, 1972), trad. Nicoletta Spadavecchia, in Insegnaci a superare la nostra pazzia, cit.
  • Il dopoguerra da me vissuto come contemporaneo (Dōjidai to shite no sengo, saggio, 1973).[3]
  • Il metodo del romanzo (Shōsetsu no hōhō, saggio, 1978).[3]
  • Raccolta di storie grottesche moderne (Gendai denkishu, 1980).[3]
  • Atarashii hito yo mezameyo ("Svegliati, giovane della nuova era", testo per il Convegno del PEN Club su "La Letteratura nell'epoca nucleare: perché scriviamo", 1983).[3]
  • Atarashii Bungaku no tame ni (saggio, "Per una Nuova Letteratura", 1988).[3]
  • Saigo no shōsetsu (saggio, "L'ultimo romanzo", 1988).[3]
  • Ieri 50 anni fa (carteggio con Günter Grass, 1991), trad. Maria Luisa Cantarelli e Mariko Muramatsu, Archinto, Milano, 1997.
  • Una famiglia (Kaifuku suru kazoku, letteralmente "Una famiglia guaritrice" raccolta articoli apparsi sulla rivista «Sawarabi», 1995), trad. Elena Dal Prà, Mondadori, Milano, 1997.
  • La nobile tradizione del dissenso (con Susan Sontag), trad. Paolo Dilonardo, Archinto, Milano, 2005.
  • Il salto mortale (Chūgaeri, 1999), trad. Gianluca Coci, Garzanti, Milano, 2006, ISBN 88-11-66589-2.
  • Il bambino scambiato (Chenjiringu) 2000), trad. Gianluca Coci, Garzanti, Milano, 2013.
  • La vergine eterna (Rōtashi Anaberu Rii sōkedachitsu mimakaritsu, lett. "Raggelando e uccidendo la mia bella Annabel Lee", 2007), trad. Gianluca Coci, Garzanti, Milano, 2011, ISBN 978-88-11-68378-0.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Atomo e crisantemo, le menzogne di Tokyo. Contro la Crisi. Notizie. 11 marzo 2012.
  2. ^ Fukushima, un anno dopo il terremoto e lo tsunami. Quotidiano. 10 marzo 2012
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v Opera non tradotta in italiano. Traduzione indicativa del titolo.

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