Estasi

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19,00

Carol Ann Duffy

Traduzione di:  Floriana Marinzulli e Bernardino Nera

Anno di pubblicazione: 2008

ISBN: 9788861100121

Pagine: 170

 

Descrizione

Estasi è l’ottava raccolta di poesie di Carol Ann Duffy, quasi un’unica poesia d’amore che si svela, pagina dopo pagina, per tutta la lunghezza del volume. Ciò che più affascina, colpisce e rende la raccolta differente è il rifiuto deciso dell’autrice di appiattire in categorie le innumerevoli contraddizioni dell’amore, il rifiuto di tratteggiare come solo distruttive o solo salvifiche le sue diverse rivelazioni: infatuazione, struggimento, tenerezza, passione, dedizione, rancore, separazione, dolore. “Estasi” diventa così uno studio dettagliato sulla realtà dell’amore, in tutta la sua contraddittoria complessità. Proprio nel rivelare la melodia anche nei momenti di più acuto dolore, la Duffy raggiunge un livello massimo di accuratezza dell’espressione poetica, mostrando nel contempo una limpida semplicità nell’articolazione dei pensieri. In nessuna altra raccolta la scrittrice comunica così chiaramente la sua intima convinzione che la poesia possa farsi parola di tutti.

«Queste poesie sono eccezionali, complete in intelletto ed emozione. Popolari come le poesie d’amore dovrebbero e possono essere, sono insieme un esempio magistrale di perfezione formale. Estasi è un libro incantevole e bello da stringere il cuore.»

The Times

«Perfetto, sensuale, tenero, tremendamente moderno, tremendamente classico. È fantastico vedere una delle notre migliori e celebri voci poetiche muoversi tra le più sottili originalità letterarir e insieme recitare poesie che suonano dolci a ogni orecchio.»

The Indipendent

Hanno scritto

Satisfiction

Il coltello che ricorda

Quando ci si sente molto oppressi, si può trovare rifugio nella lirica. La lirica permette di sfogarsi di più rispetto alla prosa. La lirica si accende come una lampadina. La lirica è costituita più da sofferenza che da gioia. L’essere umano può liberarsi attraverso la scrittura poetica. Sebbene sia ovviamente qualcosa di diverso, l’unico paragone possibile è con la confessione o con una chiacchierata con lo psicoterapeuta. Si ha la possibilità di esprimere ciò che si sta vivendo. Con la lirica si può fare ancora meglio. Io dico che è una benedizione se si può diventare creativi.
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Poetarum Silva

Hilde Domin, Il coltello che ricorda

Domin nasce alla poesia, è bene sottolinearlo, già provvista della sola libertà della quale possiamo disporre, quella di muoverci in più lingue, quella di far scaturire senso dall’incontro di una lingua con l’altra. E non solo questo: si tratta di quella libertà autentica, che sola aiuta, che sola salva. Hilde Domin crede nel potere salvifico della poesia – non certo per “salvarsi l’anima”, su questo punto concorda con Marie Luise Kaschnitz («Non si può scrivere per salvarsi l’anima»), ma per salvarsi dall’abisso dell’autodistruzione.
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I convenzionali

Il coltello che ricorda

Una lirica civile, che trova il senso nella profondità d’indagine, niente affatto retorica, della sfera delle emozioni, trasmesse e condivise. Limpide e preziose, le parole di Hilde Domin sono, semplicemente, un dono.
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La lettura

La seconda vita di Hilde Domin

La poesia come momento di verità, come dal titolo di una sua conferenza, piuttosto che come ricerca di verità. La Domin scommette insomma sulla riconquista di un’alleanza tra la forma e la vita, tra l’uomo e la sua lingua. Tutti i suoi versi delineano infatti situazioni elementari, basiche: il rapporto con il creato, con la persona amata, con le parole stesse. Lei stessa ha parlato significativamente del «tentativo di nominare in modo diretto e consapevole ciò che ci accade. Cosi che possiamo di nuovo stare di fronte alla realtà che ci sfugge … Con tutte le controindicazioni del caso.

Alias

Una odissea linguistica, compagna dell’esilio.

Una odissea linguistica, compagna dell’esilio.
Anna Ruchat legge su ALIAS “Il coltello che ricorda” di Hilde Domin.

Vi ho presentato la fuga permanente come odissea linguistica. Credo di non aver odissea linguistica. Credo di non aver lingua come altri cambiano i vestiti.

Sul romanzo

Il coltello che ricorda

Scrivo perché è la mia seconda vita, perché la Poesia è libertà e momento di verità». Lo ripete con voce salda Hilde Domin, in un’intervista degli anni ’90, in cui la scrittrice ci appare come una dolce signora agée, capelli e occhi chiari, camicetta gialla e pullover scuro. Se ci fosse capitato di incontrarla per strada, difficilmente l’avremmo notata, a dimostrazione che, tuttora, contenitore e contenuto son cose assai differenti.
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