LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » il foglio http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 “IL GUARDIANO DEL TEMPO. Il nonno è un pirata!” di Antonino Genovese http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/09/09/il-guardiano-del-tempo-il-nonno-e-un-pirata-di-antonino-genovese/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/09/09/il-guardiano-del-tempo-il-nonno-e-un-pirata-di-antonino-genovese/#comments Mon, 09 Sep 2019 15:23:17 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8255 Il guardiano del tempo. Il nonno è un pirata! - Antonino Genovese - copertinaPer GIOVANISSIMA LETTERATURA“, lo spazio di Letteratitudine dedicato alla cosiddetta “letteratura per ragazzi“, ci occupiamo del nuovo libro di Nino Genovese intitolato “Il guardiano del tempo. Il nonno è un pirata!” (edizioni Il Foglio)

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Antonino Genovese
, classe ’84, è anestesista, rianimatore e algologo. Ideatore e promotore del “Gioiosa Book festival” (il Festival letterario di Gioiosa Marea), ha all’attivo diverse pubblicazioni. Teste (Ed. Il Foglio 2004), Questioni d’onore (Ed. Il Foglio 2005), Il Principe Marrone (Ed. Il Foglio 2007), Il Dottor Maus e il settimo piano (Ed. Smasher 2009). Per le edizioni Il Foglio ha pubblicato, tra le altre cose, il libro per ragazzi “Il nonno è un pirata” a cui ha fatto seguito il volume “Il guardiano del tempo“.

Abbiamo incontrato Nino Genovese per chiedergli di raccontarci qualcosa su questo nuovo libro (sequel del precedente)…

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«Spesso mi chiedono: perché un sequel?.
Il nonno è un pirata – “Il diadema, la lancia e l’uncino” mi ha dato molte soddisfazioni in termini di riconoscimenti (presentato al Premio Strega Jr) e vendite (libro più venduto per le Ed. Il Foglio 2018). Pubblicare con un piccolo (ma serio) editore è bello e difficile. Bello, perché i rapporti sono diretti e umani, difficile perché la promozione è “fai da te”.
L’idea di un sequel nasce per caso. Ero al Pisabookfestival 2017, dove una miriade di ragazzi avevano letto il mio libro. Una delle tante domande che mi sono state poste è stata: “Perché Ludovica non ha un papà”. Non ho saputo rispondere subito. Anzi, sono rimasto spiazzato. Non pensavo che questa figura fosse così importante per i lettori. La verità è che Ludovica non aveva bisogno di un padre, perché quando ho scritto la prima avventura della ciurma della Cantunera io non era padre e non sapevo che cosa voleva dire ricoprire questo ruolo, specie per chi, come me, un padre non lo ha avuto. Attorniato dall’affetto dei “piccoli” Lettori e con mio figlio seduto sulle gambe (affetto da improvvisa gelosia) si è accesa dentro di me una lampadina: Ludovica doveva ritrovare il suo papà, così potevo gettare dentro la seconda storia tutto l’amore per mio figlio. E così è nato “Il Guardiano del Tempo” (un libro per padri e figli).
Ludovica in questa seconda avventura scopre che il padre è disperso nel tempo e dovrà tornare indietro per riportarlo ai nostri giorni. I protagonisti sono sempre gli stessi: Livio Lupetto, Sasà Pennabianca, Lo Zio Mario, Alessia Campanella e Angelo Poeta. A questi si aggiunge Marcos, un ragazzo con una gamba sola.
Nino GenoveseLe mie storie per ragazzi sono fiabe insolite. La Fiaba, secondo il canone tradizionale, ha un’ambientazione fantastica. Io, lettore di storie noir, preferisco ambientarle nei luoghi che conosco: la Sicilia e le assolate spiagge di Barcellona Pozzo di Gotto (Spinesante). Se scrollate bene il libro dalle pagine può uscire l’odore di salsedine e l’amore per il sole che ci riscalda e dà vita. Scriviamo quello che siamo e l’influenza della nostra vita e delle esperienze quotidiane ci segna inevitabilmente al punto da invischiare le nostre storie di noi stessi. L’unico personaggio vero della storia è il nonno. Mio nonno! I nonni sono Guardiani del Tempo, custodiscono le tradizioni e ci amano più dei nostri genitori. Vi siete mai chiesti perché? Ho provato a dare una risposta a questo interrogativo: hanno contezza del tempo che passa e sanno quanto sia prezioso.
Un’altra caratteristica della mia fiaba è la protagonista: Ludovica è una ragazza. Ero sempre stato convinto che noi uomini fossimo molto più forti delle donne e invece un bel giorno d’autunno ho scoperto che essere donna è più rischioso che essere uomo e allora il mio omaggio va alle guerriere dei nostri giorni (Ludovica infatti significa guerriera).
Non manca il tema della diversità. Marcos ha una gamba sola, ma si ritroverà a dover calciare un calcio di rigore decisivo. Secondo voi, può un ragazzo con una stampella fare gol? La diversità è la nostra forza. Siamo tutti diversi uno dall’altro. Oggi ho terminato di leggere “Le Scelte Imperfette” di Manuela Costantini (Giallo Mondadori). L’autrice classifica gli esseri umani in “uno”. Ognuno di noi è “uno”. Uno diverso dall’altro. Impossibile essere uguali. E proprio qui sta il bello della vita.
Concludo questa mia anomala presentazione con un aneddoto. Ho tre nipoti (femminucce). Una di loro si chiama Ludovica. Dopo una guerra fredda durata 60 giorni ho firmato con loro un contratto (segreto). Ci saranno altri libri e le protagoniste porteranno anche il loro nome. Nonostante le difficoltà ho già smesso di scrivere una volta e non penso riuscirei di nuovo a privarmi della narrativa, qualsiasi cosa accada nella mia vita.
Questo libro è dedicato a mia moglie e mio figlio, guardiani del mio tempo. Ma il tempo passa e le storie che scrivo sono sempre troppo poche per poter dedicare a tutti qualcosa. Voglio cogliere l’occasione per rivolgere un pensiero a due persone che hanno custodito per me stima e amore e mi hanno invogliato a scrivere anche quando io volevo mollare (Riempi lo Stivale delle tue storie): Francesco e Tommaso. Non sono più tra noi fisicamente, ma una delle cose che vorrei trapelasse dalle mie fiabe è che muore soltanto chi non è custodito nei nostri cuori. Pertanto… »

(Antonino Genovese)

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La scheda del libro: “Il guardiano del tempo. Il nonno è un pirata!” (edizioni Il Foglio)

Il guardiano del tempo. Il nonno è un pirata! - Antonino Genovese - copertinaLudovica riceve un messaggio dal Nonno: suo padre è vivo! Insieme al fidato Sasà Pennabianca, Angelo Poeta, Livio Lupetto, Alessia Campanella, lo zio Mario e Marcos, si catapulterà in una nuova avventura. Dovrà convincere il Guardiano per attraversare il portale del tempo e salvare suo padre, bloccato nel bel mezzo della guerra di Troia. Ce la farà la ciurma della Cantunera a tornare nel presente? Il vecchio libro che contiene strane mappe disegnate al suo interno è davvero così importante?
Massimo Padua, autore della prefazione, recita quanto segue: “… risulta spassoso ritrovare i personaggi che abbiamo lasciato nel capitolo precedente, e qui Antonino Genovese è bravo a farci raccapezzare senza intaccare la soddisfazione di chi, pur non avendo letto il primo romanzo, si trova per le mani questo volumetto arricchito, ancora una volta, dalle splendide illustrazioni di Roberta Guardascione“.
Nel libro si susseguono molti temi: il rapporto padre-figli, la diversità (come punto di forza e non di debolezza) e il tempo di cui non sappiamo nulla e possiamo solo dargli un senso.

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LA CAMERA ACCANTO 15° appuntamento http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/02/08/la-camera-accanto-15%c2%b0-appuntamento/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/02/08/la-camera-accanto-15%c2%b0-appuntamento/#comments Mon, 08 Feb 2010 21:50:37 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1697 Il titolo di questo post non si riferisce a un romanzo erotico o a un film spinto.

La camera accanto è la stanza, per l’appunto, posta di fianco a quella ufficiale (letteratitudine).

Se letteratitudine è una sorta di caffè letterario virtuale, la camera accanto è un luogo dove si possono affrontare argomenti di diverso genere. Si può parlare di letteratura – certo -, di libri; ma anche di cinema, sport, televisione, politica, gossip, ecc.

Insomma, si può parlare di tutto ciò che volete. Ciascuno di voi può sentirsi libero di avviare un dibattito o, più semplicemente, scambiare quattro chiacchiere.

Anche qui, però, vige la nota avvertenza (colonna di sinistra del blog); per cui vi chiedo di rispettare persone e opinioni. Vi chiedo, inoltre, la cortesia di evitare litigi e toni eccessivamente scurrili.

Aggiungo che la camera accanto è anche un luogo “integrato” con altri spazi di Letteratitudine, ovvero… Letteratitudine Radio e Libri segnalati speciali. Di conseguenza potete lasciare qui i commenti riferiti ai suddetti spazi.

(Massimo Maugeri)

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Vorrei dedicare questo nuovo appuntamento de La camera accanto per illustrarvi il progetto plettro.org di Luca Corte… un nuovo esempio di editoria on line.
Domanda secca: secondo voi gli scrittori (ma anche i lettori) sono un po’ prevenuti nei confronti dell’editoria on line? Se sì, perché?
Ne parliamo con Luca Corte…

Altro argomento…
Secondo voi esiste una “età giusta” per pubblicare? E- eventualmente – quale sarebbe?
A proposito, vi ricordate l’età in cui – per la prima volta – vi siete cimentati con la cosiddetta “scrittura creativa”?

Contestualmente vi presento il caso di Diletta Rosestolato: ha dodici anni ed è la scrittrice più giovane d’Italia (almeno credo). Diletta ha realizzato il suo sogno letterario pubblicando: “AMANDA vs LAILA” (Il Foglio, 2009).

Vi ricordo che la camera accanto è un luogo in cui si può discutere di tutto… e gli argomenti li scegliete voi. (Massimo Maugeri)

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FESTIVAL DI SANREMO 2010
Cari amici è in corso l’edizione 2010 del Festival di Sanremo. Vi invito a parlarne qui (se potete e se vi va). Insomma… trasformatevi in critici musicali! Almeno mi terrete un po’ aggiornato, visto che difficilmente riuscirò a seguire l’evento. (Massimo Maugeri)

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Aggiornamento del 29 marzo 2010

mister-noir-disegno-di-marco-giannuliL’appena trascorso Festival di Sanremo (di cui abbiamo discusso in questo post), ha ispirato lo scrittore Sergio Rilletti (il creatore di Mr. Noir).

Vi invito a leggere – e a commentare – il racconto Festival o morte e questa intervista rilasciata dallo stesso Rilletti.
Massimo Maugeri

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LA POESIA: SPECIALITA’ DEI PERDENTI? http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/26/la-poesia-specialita-dei-perdenti/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/26/la-poesia-specialita-dei-perdenti/#comments Thu, 26 Mar 2009 21:45:00 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/letteratitudine/2007/06/11/la-poesia-specialita-dei-perdenti/ La poesia è una specialità dei perdenti?
Ripropongo con questa domanda secca uno dei miei post permanenti dedicati alla poesia. Questo post treva origine da un articolo del 2007 pubblicato da Berardinelli sul Domenicale de Il Sole24Ore. Credo che sia ancora attualissimo.
In coda potrete leggere un’intervista in tema che mi ha rilasciato Renzo Montagnoli.
Dunque… la poesia è una specialità dei perdenti?
A voi.
Massimo Maugeri

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Post dell’11 giugno 2007

La poesia annoia? La poesia è ghettizzata? La poesia è in crisi? Sono in crisi i lettori di poesia?

Qualche giorno fa, per l’esattezza il 27 maggio, Alfonso Berardinelli ha pubblicato un articolo sul Domenicale de Il Sole24Ore. Un articolo che ha fatto molto discutere. Il titolo è emblematico: “Togliamo la poesia dal ghetto”.

Ancora una volta, partendo dallo spunto offerto da Berardinelli, potremmo tornare a domandarci cosa si intende per poesia e chi è poeta. La discussione, per la verità, ha toccato altri punti. Per esempio: Chi legge poesia? E, soprattutto, chi è davvero in grado di valutare un testo di poesia?

Scrive Berardinelli: “Chi si accorge che un libro di poesia è brutto o inesistente sono sì e no cento persone. Di queste cento, quelle che lo dicono sono una ventina. Quelle che lo scrivono sono meno di cinque.”

Ma prima ancora di giungere a questa conclusione si domanda: “chi conosce a memoria un paio di testi scritti dalle ultime generazioni di poeti?”

È pessimismo o realismo, quello di Berardinelli?

Vi riporto quest’altro stralcio dell’articolo, che coincide con una ulteriore serie di domande:

“Chi potrebbe credere oggi che fino a vent’anni fa “testo poetico” era sinonimo di testo letterario e che tutta la teoria della letteratura, da Jakobson in poi, ruotava intorno alla nozione di “funzione poetica del linguaggio”? Ora i teorici, quando ci sono, si occupano di romanzi. La poesia sembra  diventata la specialità dei “perdenti” e i critici che se ne occupano dimostrano un’inspiegabile vocazione al martirio. Chi li inviterà mai a un convegno? Quale giornale recensirà i loro libri?”

Spunti, domande e considerazioni che giro a voi, amici di Letteratitudine.

Cosa ne pensate?

Ha ragione Berardinelli?

C’è qualcuno, tra voi, che ritiene di rientrare nel ristretto gruppo di cento persone in grado di accorgersi che un libro di poesia è brutto o inesistente?

La parola è vostra.


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INTERVISTA A RENZO MONTAGNOLI

Renzo Montagnoli nasce a Mantova l’8 maggio 1947. Laureato in economia e commercio, dopo aver lavorato per lungo tempo presso un’azienda di credito ora è in pensione e vive con la moglie Svetlana a Virgilio (MN).
Ha vinto con la poesia Senza tempo il premio Alois Braga edizione 2006 e con il racconto I silenzi sospesi il Concorso Les Nouvelles edizione 2006.
Sue poesie e racconti sono pubblicati sulle riviste Carmina, Isola Nera, Prospektiva e Writers Magazine Italia, oltre a essere presenti in antologie collettive e in e-book.
Ha pubblicato le sillogi poetiche Canti celtici (Il Foglio, 2007) e Il cerchio infinito (Il Foglio, 2008).
E’ il dominus del sito culturale Arteinsieme e del blog Armonia delle parole.

Quando hai scritto la tua prima poesia?
Tralasciando qualche cosina da fanciullo, di cui peraltro non ho più memoria, la prima poesia è abbastanza recente e risale ai primi del 2003. Prima leggevo, oltre alla narrativa, anche poesie, soprattutto queste, in parte per una comodità legata ai tempi ristretti a causa dell’attività lavorativa.

Sei laureato in economia e commercio e per molti anni hai lavorato in banca. Come è possibile conciliare la creatività poetica con un lavoro che, di norma, è considerato “freddo” e “asettico”?
Quando lavoravo in banca non scrivevo poesie e nemmeno racconti; mi dedicavo tutto all’attività e non potevo, anche per una questione psicologica, nemmeno ipotizzare di stilare una poesia. C’è da dire che, però, potevo usufruire di una certa creatività, perché il ruolo che ricoprivo (responsabile dell’ufficio legale) non era asettico, con tutte le cause legali che avviavo o che vedevano come convenuto il mio istituto. Questo mi ha consentito di non spossessarmi di quanto avevo appreso, ovviamente a scuola, in campo letterario, anzi vi attingevo per predisporre le comparse di risposta, o per integrare le conoscenze legali nel redigere le citazioni. Penso che questo lavoro sia il meno bancario che possa esistere e infatti non nascondo che mi piaceva molto.

Conosci il romanzo “La morte in banca” di Pontiggia? Cosa ne pensi?
Ne ho sentito parlare, ma non l’ho mai letto. Penso che sia una descrizione del lavoro del bancario, impiegato spesso malvisto dagli esterni perché freddo, addirittura glaciale, e inoltre rappresenta ai più il tentacolo di un moloch pachidermico e insensibile quale è nell’opinione comune qualsiasi azienda di credito. Ci sono impiegati così, con una spanna di pelo sul cuore, e che per la carriera sono disposti a tutto, ma ci sono anche quelli che lavorano a testa bassa e che riescono perfino a risultare simpatici ai clienti.

C’è un poeta del passato che consideri come tuo “Maestro”?
Tutti. Da ognuno che ho letto ho imparato qualche cosa e dire quale è stato più prodigo di conoscenza nei miei confronti mi è difficile. Tuttavia, visto che c’è da fornire una risposta, mi permetto di fare tre nomi:
Publio Virgilio Marone, per la ricerca quasi ossessiva della purezza nello stile, ma soprattutto perché non tanto con l’Eneide, ma con Le bucoliche e Le georgiche ha saputo creare opere di straordinaria attualità.
Giovanni Pascoli, sfortunato, chiuso nell’alveo familiare, ha saputo fondere metrica classica e profondità di pensiero.
Giuseppe Ungaretti, un uomo nato troppo tardi e morto troppo presto. Mi spiego meglio: è indubbio che lui è il capostipite della corrente ermetica, che si è esaurita troppo velocemente, anzi direi che se n’è andata con lui. Ungaretti mi ha sempre colpito per quei versi così immediati che dicono tanto con poco.
Comprendo che ho citato tre maestri d’eccezione e che come allievo assomiglio un po’ a Pierino, però sono autori che ho studiato e ristudiato, che mi sono entrati dentro e dai quali forse, a volte, riesco ad attingere qualche cosa.

Che differenza c’è, a tuo avviso, tra poesia e componimento poetico?
La poesia ricorre al significato semantico delle parole, componendole in suoni e adottando un ritmo, così che ne scaturisce una musicalità. In pratica il poeta compone, ricorrendo anziché alle note, alle parole e in questo contesto esistono diverse tipologie di componimenti poetici, che hanno caratteristiche peculiari di costruzione e di ritmo, come, tanto per citarne alcuni, il poema o la ballata. Così come esiste il componimento musicale esiste anche quello poetico.

Poeti si nasce o si diventa?
Il talento è innato, ma per svilupparlo occorrono studio e applicazione. Quindi, sarebbe meglio dire che poeti si nasce, ma che scrittori di poesie si diventa.

La poesia è una specialità dei perdenti?
Occorre preliminarmente vedere che cosa si intende per perdente. In una società come la nostra, in cui il valore di un individuo si misura con i suoi profitti, è senza dubbio vero; è fuori discussione che anche il più famoso dei poeti ritrae dalla sua arte assai meno di un mediocre narratore. Del resto, quando di parla con qualcuno e quello ti chiede che cosa scrivi, se rispondi che sono poesie ti guarda con un’aria di commiserazione. Non credo che i poeti siano dei narratori falliti o comunque dei perdenti, penso invece che, come qualsiasi individuo, si sentano realizzati in ciò che riescono a esprimere. La capacità di trasmettere emozioni agli altri sondando dentro se stessi è solo una piccola parte della soddisfazione che un poeta può provare; il sapere interagire con il mondo e con il proprio “io” finisce con il far scoprire nuovi orizzonti prima del tutto impensabili e questa continua ricerca è al tempo stesso punto di arrivo della conoscenza e stimolo per nuovi traguardi. Non vedo pertanto né perdenti, né vincenti, ma solo dei realizzati.

Cosa consiglieresti a un poeta esordiente che ha velleità di pubblicazione?
Che è una tragedia! E’ strano, perché ci sono tanti che scrivono poesie e assai meno che le leggono. Ne consegue che il ritorno economico di un libro di poesia non è frequente ed ecco allora che molti editori (non tutti a onor del vero) chiedono all’aspirante poeta di contribuire alle spese di pubblicazione. E’ deprimente, ma mi ricordo che un certo Pincherle, più noto come Moravia, pubblicò il primo romanzo esclusivamente a sue spese.
Egoisticamente gli consiglierei di farsi conoscere attraverso Internet, magari ricorrendo ad Arteinsieme, che non pubblica tutto e tutti, ma fa una certa cernita in modo da avere un livello qualitativo medio più che soddisfacente.

Hai nuove pubblicazioni in cantiere?
Pubblicazione è un nome grosso. Vedi in genere scrivo sillogi tematiche e attualmente una c’è, molto lontana dal completamento, ma esiste.
Non so dirti nemmeno l’epoca presumibile in cui sarà terminata, perché l’importante è che scriva qualche cosa che mi soddisfi. Poi, se avrò la fortuna che venga pubblicata, bene, ma in caso contrario la metto su Arteinsieme.

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L’INADEMPIENZA (e PAGANO) di Gianfranco Franchi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/10/20/pagano-di-gianfranco-franchi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/10/20/pagano-di-gianfranco-franchi/#comments Mon, 20 Oct 2008 16:30:18 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/09/12/pagano-di-gianfranco-franchi/ Conosco Gianfranco Franchi dai tempi di “Pagano” (edizioni “Il Foglio”).
Gianfranco è un intellettuale di quelli che ci crede davvero. Di quelli disposti a mettere in gioco la propria vita per seguire il sacro fuoco della letteratura.
È appena uscita, sempre per le edizioni Il Foglio, una sua silloge di poesie.
Si intitola “L’inadempienza” ed è il suo libro primo e ultimo di poesia: 12 anni di versi; un atto postumo compiuto in vita.
Ne parliamo qui con i contributi di Marco Fressura, Patrick Karlsen, Nicola Vacca e Angela Migliore.
Invito Gianfranco qui a Letteratitudine per discutere di questa sua nuova fatica letteraria.
In coda al post anche troverete i riferimenti a “Pagano”.
Massimo Maugeri

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Gianfranco Franchi, “L’inadempienza”, Edizioni Il Foglio, Piombino 2008. Pag. 280.

Vivere in cerca di orientamento;
altrimenti sprofondare
nel non senso.
Che non ho.
Io non è.
Niente.

(GF)

«Gianfranco Franchi nasce poeta e tuttavia qui, nell’Inadempienza, come scrittore di poesie volontariamente muore. Il lettore infatti è davanti a una raccolta che si prefigge di risultare conclusiva. Quasi un atto postumo compiuto in vita. Eppure Franchi è nato, è, e malgrado lui stesso continuerà a essere poeta, perché ha sempre inteso la letteratura come ricerca, frastagliata e coerente a un tempo, rivolta all’interiore e all’esteriore, e come luogo di massima adesione alla vita. (…) Non c’è personaggio della modernità letteraria italiana che assomigli al triestino Franchi più del triestinissimo Slataper (…) Ma Slataper non è la sola suggestione delle origini che è possibile captare nel testo, se è vero che prima o poi dovremo pur affrontare la questione dell’espressionismo della lirica franchiana — ciò che non può fare a meno di rimandare più che al “solito” Campana alla visionaria vena di Srečko Kosovel: lo sloveno del Carso che è stato uno dei grandi cantori della novecentesca autodistruzione europea, prima che la sua voce così immaginifica si spegnesse ancora giovanissima». (Marco Fressura e Patrick Karlsen)

«Gianfranco Franchi è uno scrittore guerriero che non rinuncia a impugnare la parola come un’arma e ad usarla per pugnalare il proprio tempo. (…) La morte della bellezza è il segno devastante della decadenza che avanza. Davanti a questa triste realtà il poeta chiede aiuto anche alla dimensione spirituale del silenzio. Dalla interrogazione sublime del silenzio nascono i versi migliori di Franchi. Siamo davanti a un meraviglioso alfabeto di emozioni e sensazioni che sanno catalogare il disordine nel quale l’uomo è miseramente piombato. Franchi con la sua poesia non ha la pretesa di curare le ferite sanguinanti del pianeta Terra, ma consapevolmente invoca il sentire acceso della parola poetica, necessità interiore che ci fa pensare solo per un attimo “di sfiorare la vita”. Nel tempo incolore e freddo, nei campi inariditi di questa terra desolata, la poesia è un punto di vita dal quale bisogna sporgersi per guardare l’Inferno» (Nicola Vacca).

«Come rughe. A increspare sorrisi e pianti silenti, consumatisi in dieci anni di versi. “Anni di buio, di scrittura scontrosa, disperato studio”. Anni di notti-rifugio, di ombra, e fuoco e sogni. Simbiosi di carta e pelle, di cui L’Inadempienza costituisce sigillo. Perché questa raccolta è nodo che vincola Franchi alla menzogna della poesia. È il moderno “Canzoniere” di chi si riconosce “uomo d’ideale, cavaliere d’arte e d’amore” e dolorosamente conscio, intorpidisce le chiare, fresche e dolci acque di petrarchesca memoria, per sprofondare nel gorgo della propria “miseria di carne e spirito”. (…) “Domani non esiste”, domani non è. Piuttosto prevale il desiderio di regressione, a quel prima indefinito, quando “innocenza era sgomento”, quando ancora non si era valicato il confine. Perché la “giovinezza corrompe, deruba la poesia” e “si schianta l’ideale, defraudato”. Allora la preghiera è un sonno che difenda dal domani, distolga dalla coscienza e abbandoni all’amore. Mentre l’imperativo è “resistere, resistere: nel nome di utopia”». (Angela Migliore).

«Ecco il prezzo da pagare: nel cuore del labirinto c’è un segreto per rovesciare il sole e il suo canto è Babilonia. Colui che cerca la parola prima – la droga più infame – non sa ancora pronunciare quel nome: equazione irrisolta, costellazione caduta, cigno nero, moglie, madre e dea. Amichevoli suicidi? Magari sognando in alta definizione se una radio spenta, avamposto del nulla, infiamma la notte del mondo, il tramonto della notte (misteriosa inadempienza), la notte che non torna perché nessun Dio resiste. È tempo di incantare l’Ade aspettando l’ultima battaglia dell’angelo e dell’assassino: presto tutto potrà tacere. E mentre sorrido ricordo la mia storia». (Stefano Scalich).

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Post del 12 settembre 2007

Vi segnalo un libro che ha tutta l’aria di essere di… interesse. Un libro forte, polemico, capace di suscitare dibattiti. Si tratta di Pagano, nuova opera letteraria di Gianfranco Franchi (Il Foglio, 2007, pag. 150, euro 10).

Vi propongo, di seguito, un estratto della recensione della mia “dirimpettaia” Francesca Mazzucato e la prefazione di Gordiano Lupi .

Massimo Maugeri

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“Antiromanzo, certo, ma anche summa di tutta la letteratura passata e anticipazione visionaria di quella che verrà, nel suo sotteso scoramento raccontato con uno stile superbo, Pagano ci scuote dal nostro piccolo torpore polveroso, e ci scuote con uno schiaffo. Anzi. Con una serie di schiaffi e di accerchiamenti. È bellissimo ed è anche terribile, è il nostro tempo precario appeso a un filo già mezzo tagliato rivisto attraverso il caleidoscopio non consolatorio di un letterato che ha fatto sue le considerazioni di Samuel Beckett sul fallire e sulle rovine. (…) Questo è un romanzo che solo un miope, un prevenuto, un corporativo consorte di qualche potentato d’accatto non può non riconoscere come fondamentale. A che cosa, a quale tempo (e a quale ritmo) può essere solo il lettore a dirlo, come sempre, quando si parla di letteratura, come sempre quando un libro ha iniziato il suo viaggio (o meglio il suo camminare sul filo, il suo volo obliquo, il suo arrancare, il suo pellegrinaggio, o anche messa a nudo, apoteosi, preghiera laica, esaltazione, via crucis di soste e attese, telematiche risoluzioni e presidi di amici, di estimatori silenziosi e attoniti, esattori di rimasugli incancreniti dei frantumi passati, detrattori ammutoliti, sudori, pacche sulle spalle, mani che agganciano, sudore, sangue e altra scrittura, subito, tutto in agguato). Licenziate (pre)giudizi e conformità alle scenografie del banale e tenete caro questo libro dopo, come vi ho suggerito, almeno una seconda lettura”. (Francesca Mazzucato).

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Una Vita agra contemporanea

Conosco Gianfranco Franchi dai tempi in cui dirigeva le riviste universitarie Ouverture e Der Wunderwagen, ho collaborato con le sue creature e con il portale culturale Lankelot che ospita stimolanti interventi critici. Tra me e lui ci sono ben diciotto anni, ma nonostante questo gap generazionale abbiamo tante idee e progetti in comune. Sarà perché chi lotta per produrre opere letterarie che vogliono scuotere le coscienze trasmette sulla stessa lunghezza d’onda e quindi è facile entrare in sintonia. Franchi ha già pubblicato con Il Foglio l’interessante Disorder, una raccolta di racconti che denuncia l’appiattimento della vita quotidiana. Adesso è la volta di Pagano, antiromanzo esistenziale che racconta il disagio giovanile nella società contemporanea. Pagano è un testo che non può essere incasellato in un genere letterario, ma è un lavoro importante, irrinunciabile per chi ha deciso di pensare con la propria testa. Franchi guarda fuori dal vetro dei suoi giorni e trova pensieri bruciacchiati, scrive come suonerebbe un piano, è un’isola che non si lascia popolare, legge opere importanti, ascolta musica che fa ragionare e odia la televisione. Franchi ha trent’anni e nessuna certezza, scrive libri e si schiera con i deboli, fonda riviste e case editrici, lancia accuse e si sbatte per comunicare idee forti. Ha una sola certezza, quella che da un po’ di tempo a questa parte non si vuole più ammazzare. Franchi ci racconta i fatti suoi, ma lo fa con grande eleganza e con superbo stile letterario, soprattutto si comprende che i fatti suoi sono comuni a una generazione nata dalla crema dei sessantottini che ha cancellato i diritti dei lavoratori a vantaggio dei padroni. Franchi costruisce un testo politico che non è schierato con nessun partito, ma rappresenta un manifesto anarchico di grande spessore. La sua alternativa al vuoto che ci circonda è chiamarsi fuori, restare laterali e dilettanti, studiare, scrivere e combattere, anche se la sconfitta è l’unico risultato possibile. Pagano ricorda La vita agra di Luciano Bianciardi, attualizzata ai nostri giorni, in chiave antiberlusconiana, anticapitalistica e anticomunista. Franchi è uno degli ultimi samurai che pretende la rivoluzione degli intellettuali, guarda avanti e non si piega al conformismo, non si fa comprare e non scende a compromessi, cerca di sopravvivere al suo destino. Franchi è uomo di destra, ma di una destra sociale che non esiste più, si ispira a Evola più che alle costruzioni partitiche e non crede a un surrogato di democrazia capitalistica. Mi sono sempre detto uomo di sinistra, ma confesso che leggendo il testo di Franchi spesso sono stato in pieno accordo con le sue considerazioni. E anche quando non lo ero mi dicevo che si trattava di argomenti che meritavano di essere discussi. Non ho mai pensato che questo libro non andasse pubblicato per motivi ideologici perché in una democrazia culturale non può esistere una censura delle idee. Ben vengano libri forti e polemici come questo, di qualunque impostazione essi siano. E allora forse è vero che esiste una politica degli intellettuali, un modo d’intendere la realtà contemporanea tipico di chi ama la letteratura. Sarà per questo che io e Franchi ci sentiamo culturalmente vicini, nonostante le diverse esperienze, forse siamo accomunati da una medesima anarchia letteraria. Siamo due cavalieri dell’utopia, samurai in via di estinzione che lottano sino alla fine solo perché convinti di doverlo fare. E poi dicono che perdere ogni tanto c’ha il suo miele e se dicono che vinco stan mentendo, cantava qualcuno un po’ di tempo fa. E pure lui mica era di destra.

Gordiano Lupi

www.infol.it/lupi

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LE SETTE VITE DI DALILA E ACHILLE. Underground Book Village http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/14/le-sette-vite-di-dalila-e-achille-underground-book-village/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/14/le-sette-vite-di-dalila-e-achille-underground-book-village/#comments Wed, 13 Aug 2008 22:01:48 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/08/14/le-sette-vite-di-dalila-e-achille-underground-book-village/ Tempo fa Gordiano Lupi mi segnalò questo gruppo di sette giovani scrittori: gli Underground Book Village.

Il Foglio, casa editrice diretta dallo stesso Gordiano, ha pubblicato un’antologia di racconti degli UBV. Il titolo è “Le sette vite di Dalila e Achille” (Il Foglio, 2008, pagg. 290, euro 11).

Dalla nota del libro leggiamo che gli Underground Book Village ”si sottraggono a qualunque tentativo di classificazione. Non sono pulp, non sono horror, non sono trash, non sono fantasy e non hanno la benché minima intenzione di essere qualcosa. Anche e qualcuno definisce questa raccolta “out-rules”… Gli UBV inventano nuovi linguaggi ed espressioni creative, non per sbaragliare la concorrenza, ma per abbattere ogni canone, ogni logica prestabilita. Tra decadenti personaggi e teatro dell’assurdo, tra seducenti follie, passione, sensualità e calore umano, Le sette vite di Dalila e Achille racconta un unico incontro in sette diverse ambientazioni ed epoche, con l’affascinante incoscienza di chi affronta con semplicità enigmi di millenaria incomprensione, come il “destino”. Ogni avvenimento e logica conseguenza appare come inevitabile, eppure non si può fare a meno di provare sentimenti: sorridere, commuoversi, avere fede, sputarci su. Forse è solo un’assurda finzione, come una ballata struggente cantata in playback. O forse…”

Ho invitato gli UBV qui a Letteratitudine perché possano raccontarci un po’ di loro: spiegarci come sono nati, quali sono i loro obiettivi, il perché di questa raccolta di racconti.

A voi, amici di questo blog, chiedo di interagire con questo gruppo di giovani scrittori in un’ottica di sano confronto.

Di seguito, la prefazione al libro di Raffaele Olivieri.

Massimo Maugeri

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Prefazione di Raffaele Olivieri

Scrivere è immergersi in apnea nelle proprie acque e risalire in superficie di colpo, sfiatando come la balena bianca che lotta fino all’ultimo contro l’arpione di Achab. Scrivere è scalare una montagna alta e faticosa rinfrancandosi con magnifici scorci in vista della vetta. Scrivere è sofferenza e delirio, estasi e divertimento.
C’era un tempo in cui gli scrittori, gli artisti e i musicisti si ritrovavano nei caffè o nei salotti per incontrarsi, confrontarsi e scontrarsi di fronte a un buon bicchiere di vino. Oggi, nell’epoca della fretta e delle grandi distanze geografiche, le distanze si annullano, la fretta del giorno diventa la calma pacificante della sera e i salotti si fanno sulla rete.
Quest’antologia è nata così. Non è una delle solite antologie a tema messe insieme a posteriori dal curatore. Il tema è stato scelto prima di scrivere. È un’antologia insolita quanto insolita è l’idea di un collettivo, coabitazione rivoluzionaria che fa pensare ai manifesti delle avanguardie, a quelle sane osmosi e sinergie che tanto hanno stimolato le creazioni degli artisti di tutti i tempi.
Ho scoperto questa iniziativa attraverso la casuale e preziosa collaborazione di Walter Serra (galeotto fu un libro di Sacha Naspini) al mio romanzo “Ombre a Venezia” pubblicato dalle Edizioni Della Vigna. Il tema di questo romanzo è proprio il destino che lega due amanti, coincidenza che lo avvicina al progetto di questa antologia.
Due i personaggi che ricorrono nei racconti, Achille e Dalila.
Sette i racconti, sette gli scrittori dell’UBV Underground
Book Village (Alessandro Cascio, Vincenzo Trama,Walter Serra, Frank Solitario, Emiliano Maramonte, Sacha Naspini, Francesco Dell’Olio).
Sette voci, sette stili, sette destini, sette treni ad alta velocità lanciati sui binari che attraversano il sottobosco letterario dello Stivale.
“Le 7 vite di Dalila e Achille” è un libro sul Destino, sulle infinite possibilità di incontro (o scontro) che la vita ci può riservare.
Ogni autore propone la sua interpretazione di questi involontari appuntamenti, del ruolo del Destino e delle conseguenze che un incontro fortuito può avere nell’esistenza di persone comuni, anche in considerazione di un’ipotetica “seconda occasione” che la vita può riservare, avanti o indietro nel tempo.
È un ubriacante viaggio attraverso stili e territori narrativi che affascinano e spiazzano, che fanno vibrare corde che credevamo sepolte e che invece sonnecchiavano in ciascuno di
noi.
Dalila e Achille conducono esistenze misteriose, intrecciate, lontane eppur vicinissime, ordinarie e incredibili, disperatamente umane.
Il progetto per il momento riguarda solo questi sette autori, ma si pone come prima di una serie di iniziative editoriali mirate ad accogliere scrittori, poeti, musicisti, disegnatori, pittori.
Idee in libertà con il fine di creare un nuovo circuito alternativo rispetto alla perversa spirale delle editrici a pagamento. È una sorta di rivalutazione dell’Underground, di un Movimento per raccontare ciò che solo la passione, l’energia vitale può raccontare, un modo di essere contro, libero da canoni, da censure, da logiche commerciali.
Raffaele Olivieri

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