LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Donzelli http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 STRETTA LA FOGLIA, LARGA LA VIA: Tutte le fiabe di Luigi Capuana http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/08/08/stretta-la-foglia-larga-la-via/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/08/08/stretta-la-foglia-larga-la-via/#comments Mon, 08 Aug 2016 13:30:55 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7235 STRETTA LA FOGLIA, LARGA LA VIA

Il nuovo appuntamento di “GIOVANISSIMA LETTERATURA“, lo spazio di Letteratitudine interamente dedicato alla cosiddetta “letteratura per ragazzi“, è incentrato sul volume STRETTA LA FOGLIA, LARGA LA VIA. Tutte le fiabe di Luigi Capuana (Donzelli) – volume curato da Rosaria Sardo e illustrato da Lucia Scuderi.
Ne approfittiamo, altresì, per segnalare il volume di Giuseppe PitrèCola Pesce e altre fiabe e leggende popolari siciliane” (anche questo edito da Donzelli).

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Luigi Capuana – Stretta la foglia, larga la via (Donzelli) – Tutte le fiabe

A cura di: Rosaria Sardo  -  Illustrazioni di: Lucia Scuderi

di Massimo Maugeri

Chi ama le fiabe non può rinunciare ad avere nella propria libreria quest’opera di Luigi Capuana intitolata “Stretta la foglia, larga la via”. Il volume, edito da Donzelli nel 2015 (pagg. 656, euro 34), in occasione della ricorrenza del centenario della morte di Capuana, raccoglie infatti tutte le fiabe dello scrittore di Mineo (a cura di Rosaria Sardo e con le illustrazioni di Lucia Scuderi).
Quest’opera, peraltro, contribuisce a mettere in risalto la complessità e la poliedricità di Capuana, che non solo fu il più grande teorico del verismo, svolse il ruolo di critico letterario e critico teatrale, produsse alcuni grandi capolavori della narrativa tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento (tra tutti: Giacinta, 1879 e Il marchese di Roccaverdina, 1901), ma – tra le tante cose – fu un amante della letteratura fantastica e gotica e, soprattutto, un grande e appassionato scrittore di fiabe. Con riferimento a quest’ultimo aspetto della poliedricità di Capuana, questo volume ci dimostra il ruolo importante, di primo piano, che queste fiabe ebbero nell’ambito della sua carriera artistica. In esse emerge il desiderio di offrire il meglio di sé a questo particolarissimo pubblico di lettori, rappresentato dai bambini. Del resto, Capuana – anche al di là delle fiabe – svolse una funzione di rilievo come educatore, giacché fu autore anche di testi per la scuola e ispettore scolastico. In tal senso, proprio per sottolineare l’importanza che lo scrittore di Mineo attribuiva alle fiabe e alla letteratura per l’infanzia, è molto emblematica questa sua frase dove dichiara di “aver studiato la vita dei bambini con lo stesso metodo con cui avevo studiato le passioni umane nelle novelle e nei romanzi”. Va segnalato anche quest’altro pensiero dell’autore: “le fiabe saranno il lavoro nel quale probabilmente vivrà il mio nome», come scrisse in chiusura di una lettera spedita all’amico Corrado Guzzanti il 31 dicembre 1882. E ancora: “non ho fatto e non farò nulla di meglio delle Fiabe”, scrisse a Verga (il 18 ottobre dello stesso anno).
Come giustamente fa rilevare Rosaria Sardo: “sono dichiarazioni importanti in un’epoca che vedeva la letteratura per l’infanzia, soprattutto nei decenni postunitari, come territorio a sé stante, luogo principe per veicolare i dettami di un’educazione ideologicamente orientata”.
Sono fiabe che non hanno nulla da invidiare a quelle prodotte dai grandi narratori conosciuti a livello internazionale (come i fratelli Grimm, Andersen, o Perrault), anche se da esse non è emerso un personaggio destinato a raggiungere una potenza mediatica interplanetaria e di grande longevità come – per fare un esempio – il Pinocchio di Collodi. Eppure, queste di Capuana, sono fiabe dotate di grande forza narrativa e di ottimo impatto. E magari – perché no? – prima o poi la Walt Disney o la Pixar potrebbero decidere di utilizzare uno o più di questi personaggi fiabeschi per renderli protagonisti di film a cartoni animati di successo. A proposito di multimedialità, è opportuno evidenziare come lo stesso Capuana dimostri già all’interno di queste sue fiabe (come si evince anche dalla corrispondenza intrattenuta con artisti e scrittori suoi contemporanei) il desiderio di dotare personaggi, situazioni e ambientazione di una valenza narrativa che oggi potremmo definire, appunto, multimediale. È riscontrabile – per esempio – una costante aura di musicalità, anche attraverso l’utilizzo di rime, filastrocche e ritornelli; c’è un forte senso del ritmo e della teatralità, come dimostrato dall’ampio ricorso alla narrazione dialogica (nonché dall’impegno dell’autore volto a trasporre – o a pensare – nella forma di pièce teatrali alcune di queste fiabe). E ancora, dal punto di vista del linguaggio, bisogna sottolineare la scelta di fare ricorso in maniera molto limitata ai sicilianismi.
La linguista e docente di letteratura Rosaria Sardo ha svolto un lavoro importante e lodevole nel raccogliere questi racconti fantastici per bambini all’interno di un volume corposo e raffinato, nonché esteticamente molto gradevole (complimenti all’editore Donzelli). Nel farlo ci ha donato un ampio saggio introduttivo di grande interesse, che offre svariate informazioni sul Capuana autore di fiabe, sulle caratteristiche di queste fiabe, sul contesto in cui esse furono realizzate, nonché sui contenuti delle fiabe medesime. Inoltre, con l’obiettivo di rendere ancora più efficace la lettura, attraverso una leggera e oculata opera di depurazione di alcuni “arcaismi” e “toscanismi” presenti nel testo (scelta più che condivisibile), la Sardo ha realizzato un’opportuna attività di editing a giovamento della fruibilità da parte dei nuovi (e speriamo tanti) giovanissimi lettori che si avvicineranno a queste storie fantastiche popolate da Regine e da Re, da Reginotte (principesse) e da Reucci (principi), da maghi e fate, da mostruosità tipiche del genere (Mammedraghe, Lupi Mannari, Draghi, Orchi), ma pure da personaggi rivestiti di un’aura di normalità (ciabattini, falegnami, contadini, sarti, barbieri, mugnai, pescatori, fornaie). Potremmo dire che il grande e necessario lavoro di editing di Sissi Sardo equivale a un’essenziale opera di restauro volta a ripristinare la bellezza di un bene artistico di valore in parte obnubilata dal decorso del tempo.
A corredo del libro, c’è il prezioso contributo dell’illustratrice Lucia Scuderi (premio Andersen 2013 come miglior illustratrice) che con i suoi ottimi disegni ha reso vividi personaggi e situazioni narrati nelle fiabe, a partire dalla bellissima copertina dedicata alla Reginotta («La Reginotta si mise a cavalcioni del pesciolino e gli si afferrò alle branchie; e il pesciolino, nuota, nuota, la portò in fondo al pozzo. Ma ecco un pesce grossissimo, con tanto di bocca spalancata, che voleva ingoiarli: «Pagate il pedaggio, o di qui non si passa». La Reginotta si strappò un’orecchia e gliela buttò).
A tal proposito è opportuno evidenziare il fatto che Capuana credeva molto nell’importanza delle illustrazioni nei libri di fiabe. Ebbe problemi con il suo primo editore Ottino (1881). Per la sua prima fiaba “La Reginotta” avrebbe voluto le illustrazioni del grande Michetti personaggio noto dell’epoca (illustratore/pittore/fotografo di stampo naturalista che però virava verso forme espressive di realismo magico, amico di Matilde Serao e di D’Annunzio). Tuttavia dovette rinunciare a tale possibilità giacché, in quel periodo (potremmo dire… anche in quel periodo), l’editoria stava attraversando serie difficoltà. In seguito Capuana poté beneficiare dell’aiuto dell’amico Verga il quale si adoperò per metterlo in contatto con l’editore Treves. Treves pubblicò, per l’appunto, “La Reginotta” (già pubblicata da Ottino) in un’edizione più ampia.
Tra gli elementi che caratterizzano le fiabe di Capuana bisogna considerare anche quello della “originalità”: a dispetto del genere, non sempre hanno finale consolatorio. C’è anche – ed è molto importante -  l’elemento della “ironia” (che è piuttosto costante): come ben evidenzia Sissi Sardo nella sua prefazione, gli inserti moraleggianti espliciti sono spesso stemperati da una “ironia bonaria” (non mancano, inoltre, considerazioni ironiche sul servilismo e sulla fannullaggine di certi Ministri, così come sull’avidità dei mercanti).
In definitiva questa raccolta di tutte le fiabe di Capuana, “Stretta la foglia, larga la via”, arricchita dalla preziosa cura e dal succoso ed esaustivo saggio introduttivo di Rosaria Sardo, nonché dalla bellissima narrazione iconografica offertaci dalle illustrazioni di Lucia Scuderi, è un’opera letteraria che continua ancora oggi a esercitare un potente fascino e che aspetta di essere letta da un numeroso pubblico di nuovi piccoli lettori e… da un altrettanto folto pubblico di adulti.

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Luigi Capuana, scrittore, giornalista, teorico del verismo, nasce nel 1839 a Mineo, in provincia di Catania, dove vive fino al 1864, per spostarsi poi a Firenze, critico teatrale della «Nazione». Tornato a Mineo, è ispettore scolastico e sindaco. Nel 1877 è a Milano, critico letterario del «Corriere della Sera», e comincia la produzione fiabesca che lo accompagnerà tutta la vita. Nel 1879 esce la prima edizione di Giacinta. Negli anni successivi vive tra Roma, dove dirige il «Fanfulla della domenica» e insegna alla Facoltà di Magistero, e Mineo, dove viene rieletto sindaco; in questo stesso periodo pubblica novelle, saggi critici e romanzi, tra cui Il marchese di Roccaverdina (1901), e si dedica alla narrativa per ragazzi. Dal 1902 insegna Lessicografia e Stilistica all’Università di Catania, città dove muore nel 1915.

Rosaria Sardo insegna Linguistica italiana presso l’Università degli Studi di Catania. Tra i suoi interessi, il verismo («Al tocco magico del tuo lapis verde…». De Roberto novelliere e l’officina verista, 2010), la didattica e la letteratura per l’infanzia (Educazione linguistica e Risorgimento, 2012); ha curato le edizioni delle Storie allegre di Collodi (2009) e di Gambalesta di Capuana (2010).

Lucia Scuderi vive e lavora a Catania. Ha scritto e illustrato libri per bambini con diverse case editrici italiane e straniere ed esposto in prestigiose collettive in Italia e all’estero. Tra i numerosi riconoscimenti ottenuti, il premio Andersen 2013 come «Miglior illustratrice».

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IL SUD NELLA NUOVA NARRATIVA ITALIANA http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/11/24/il-sud-nella-nuova-narrativa-italiana/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/11/24/il-sud-nella-nuova-narrativa-italiana/#comments Tue, 24 Nov 2009 19:45:08 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1376

Parliamo di letteratura, parliamo di Sud. L’occasione ce la fornisce questo interessante saggio di Daniela Carmosino (docente presso l’Università del Molise, editor e consulente editoriale) uscito di recente per i tipi di Donzelli con il titolo: “Uccidiamo la luna a Marechiaro. Il Sud nella nuova narrativa italiana”.
Ecco la scheda del libro:
Oggi che i problemi del Sud d’Italia sono temi di successo su cui puntano media ed editoria, viene da chiedersi: che ne è stato del riscatto sociale e culturale del Mezzogiorno che una quindicina d’anni fa pareva imminente? Questo volume è un ideale grido di battaglia “futurista” dei giovani scrittori – Saviano, De Silva, Parrella, Cilento, Cappelli, Pascale – che, a partire dagli anni novanta, hanno deciso di raccontare un Sud svincolato dagli stereotipi del paradiso turistico o dell’inferno senza redenzione, svincolato dalla pizza, dal mandolino e dal vittimismo. Un sud diverso, aggiornato al presente: il sud della nuova criminalità e della nuova borghesia, degli extracomunitari integrati e dei lavoratori precari. A metà tra il saggio e il reportage, la ricostruzione e il pamphlet, il testo esamina il fenomeno della rinascita della narrativa meridionale tanto auspicata negli anni novanta, e nel frattempo raccoglie dichiarazioni inedite, ragiona su contestazioni e polemiche e finisce per toccare questioni che oltrepassano i confini del sud. Sempre nel tentativo di ricostruire, al di là delle più immediate letture, un fenomeno tuttora fonte di dibattiti e capire il ruolo che può avere la letteratura nella comprensione e nella rappresentazione del sud di oggi.

Mi piacerebbe organizzare un dibattito su questo interessante volume ragionando insieme a voi sul “Sud nella nuova narrativa italiana” e sulle tematiche a esso connesse. Inoltre vorrei tentare di mettere “a confronto” Daniela Carmosino con alcuni degli scrittori citati nel suo saggio. Fino a questo momento ho avuto modo di contattare: Roberto Alajmo, Gaetano Cappelli, Antonella Cilento, Francesco Dezio, Giuseppe Montesano, Antonio Pascale, Livio Romano (i quali – compatibilmente con i loro impegni – cercheranno di prendere parte, più o meno direttamente, alla discussione).
Naturalmente sono invitati a partecipare al dibattito tutti gli altri amici scrittori, critici, giornalisti culturali, lettori, ecc.
Come al solito proverò a porre alcune domande al fine di favorire la discussione. Eccole:

Che rapporto dovrebbe avere un autore nei confronti della tradizione letteraria?

La tradizione letteraria (e quella meridionale, in particolare) deve essere vista più come un fardello di cui liberarsi o come punto di riferimento da cui ripartire? E perché?

È corretto parlare di “regionalismo letterario”? Se sì, quali dovrebbero essere gli elementi distintivi? (Per esempio: più “il luogo” o “il linguaggio”)? E i “canoni caratterizzanti”? Fino a che punto la letteratura è circoscrivibile entro ambiti regionali?

Chi ha maggiori possibilità di narrare di un luogo (nella fattispecie del Sud d’Italia) con efficacia maggiore: lo scrittore che ci vive e ha la possibilità di osservarlo dal di dentro, o quello che – essendosene allontanato, quantomeno fisicamente – riesce a guardarlo con più distacco?

Qual è il ruolo della narrativa italiana (e meridionale), oggi? Può contribuire, in qualche modo, a incidere sulle coscienze, a “rimisurare l’immaginario” (spesso deviato dai media), oppure – come sostiene Antonio Pascale (vedi video in basso) – bisogna puntare più sul ruolo dell’intellettuale (inteso come “amministratore del sistema”) che sul ruolo della narrativa?


Nella letteratura di oggi (meridionale e non) c’è – e/o ci deve essere – ancora spazio per il mito? E per la metafora?

E ancora… che rapporto c’è tra la letteratura di oggi (meridionale e non) e i nuovi e vecchi media?

Infine una richiesta accorata: quella di rispettare lo spirito e la filosofia di Letteratitudine. Auspico, dunque, che questo dibattito possa essere caratterizzato dalla presenza di opinioni diverse (anche contrapposte) ma sempre espresse con garbo e nel rispetto delle opinioni altrui.
Grazie mille.
Massimo Maugeri

P.s. Avrò il piacere di presentare Daniela Carmosino a Catania – presso la libreria Tertulia (Via Michele Rapisardi, 1) venerdì 27 novembre, ore 18,30. Insieme a me: Caterina Pastura… e diversi ospiti (tra cui, molti scrittori)
Segue la recensione al libro apparsa su l’inserto settimanale Tuttolibri de La Stampa.

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Da TUTTOLIBRI del 12-09-2009
Narratori del Sud. Una vitale officina oltre Saviano e le eredità ingombranti

di FELICE PIEMONTESE

Tra i fenomeni letterari che hanno caratterizzato l’ultimo decennio del Novecento, c’e’ stato l’emergere di una nuova generazione di scrittori meridionali che hanno cercato di affrancarsi da ingombranti eredita’ e di raccontare – in modi naturalmente molto diversi – cio’ che sotto i loro occhi il Sud stava diventando o era gia’ diventato. In citta’ di alta valenza simbolica e narrativa, come Napoli e Palermo, e poi in luoghi meno inflazionati da libri, cinema e media – come la Puglia e la Basilicata – le pigre consuetudini letterarie sono state sovvertite dall’irrompere di narratori capaci di coprire quasi l’intero arco dei generi letterari: il noir e il fantastico, il grottesco e il satirico, il reportage «d’autore» e il barocco rivisitato, la ricostruzione storica e il pamphlet hanno avuto i loro cultori piu’ o meno dotati, ottenendo vasta (e talvolta sproporzionata) attenzione da giornali e riviste, pronti a dar credito a tutto cio’ che si presenta come «novita’». Il «fenomeno» Saviano, alla fine, non ha fatto altro che dare ulteriore evidenza – e in termini numericamente impressionanti – a cio’ che era sotto gli occhi di tutti, e oggetto di dibattito, magari falsandolo un po’, il dibattito, perche’ e’ sembrato a un certo punto che quella di Saviano fosse l’unica via percorribile, il che ovviamente non e’. Tutt’altro che priva di valide motivazioni, dunque, la ricerca della saggista Daniel Carmosino dedicata appunto al «Sud nella nuova narrativa italiana» e baldanzosamente intitolata (e’ pur sempre l’anniversario del Futurismo) Uccidiamo la luna a Marechiaro. Una ricognizione a tutto campo, come si dice, di (quasi) tutto cio’ che si e’ prodotto in ambito narrativo nell’ultimo quindicennio in quella parte d’Italia a sud di Roma, nella quale peraltro, per cio’ che riguarda la societa’ civile, sono accadute, nel periodo, cose di non poco conto. La speranza, con relativa enfasi, di un «nuovo Rinascimento», la «stagione dei sindaci», la disillusione, le stragi di camorra, le prime pagine dei giornali di tutto il mondo sulla questione monnezza, il peso sempre crescente della criminalita’ organizzata nella vita quotidiana, nell’economia, nell’organizzazione sociale. Centrale, secondo la Carmosino, in un fenomeno che ha peraltro infinite sfaccettature, la cesura rispetto alla piu’ recente tradizione meridionale, per cercare agganci e riferimenti in luoghi diversi, oppure privilegiando una sorta di istintivita’ che di riferimenti ritiene di poter fare a meno (e «in certe ingenuita’, in certa esibita naivete’ pare di scorgere una scarsa conoscenza» dei cosiddetti «padri», dice l’autrice. Mi e’ accaduto cosi’ di leggere con un certo sconcerto, in un’intervista, che una pur apprezzata, giovane scrittrice come Valeria Parrella stia «scoprendo» Celine). E la novita’, vera o presunta, dell’approccio impone la necessita’ – dice Carmosino – di «forgiare uno strumento linguistico capace di nominare il mondo ‘’secondo l’autore”», costruendo quindi «un ponte sul vuoto di senso delle parole e delle icone desemantizzate dell’ammaliante retorica meridionalista, neorealistica o mediatica che sia». Esigenza, in verita’, non da tutti avvertita con uguale urgenza: assai presente, ad esempio, in un autore colto come Montesano, molto meno in altri, la cui scrittura poco di discosta da quella giornalistica. Costante, comunque, secondo l’autrice, la spinta a «demolire» i molti stereotipi di cui tuttora si compiacciono la narrativa piu’ tradizionale e il giornalismo nel suo complesso, tranne rare eccezioni. Con strumenti critici che attingono alla sociologia e alla linguistica, e soprattutto all’ermeneutica (e con molte ripetizioni) la Carmosino ci da’ un quadro esauriente della produzione di autori come il gia’ citato Montesano e Pascale, Da Silva e Cilento, Cappelli e Alajmo, Parrella e Franchini, Piccolo e Atzeni, mettendo in luce punti di contatto e differenze nel comune processo di fuoriuscita da una sorta di «canone meridionalistico» che si e’ imposto nel tempo e che e’ sembrato a un certo punto una specie di camicia di forza.

uccidiamo-la-luna-a-marechiaro

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Aggiornamento del 26 novembre 2009

e-finita-la-controraAggiorno il post introducendo un altro libro perfettamente in tema con il dibattito in corso su “il Sud della nuova narrativa italiana”.
Si tratta di un’antologia curata da Filippo La Porta e pubblicata da Manni. Si initola “È finita la controra. La nuova narrativa in Puglia” e contiene brani dai romanzi di Cosimo Argentina, Vito Bruno, Gianrico Carofiglio, Carlo D’Amicis, Giancarlo De Cataldo, Girolamo De Michele, Mario Desiati, Omar Di Monopoli, Nicola Lagioia, Alessandro Leogrande, Elisabetta Liguori, Annalucia Lomunno, Flavia Piccinni, Andrea Piva, Emiliano Poddi, Pulsatilla, Angelo Roma, Livio Romano, Angela Scarparo.
Ecco la breve scheda del libro: “In questa antologia Filippo La Porta fa il punto sulla narrativa pugliese che, a partire dagli anni Novanta, vive una sua Nouvelle Vague, o Rinascimento, o in qualunque modo lo si voglia chiamare. 19 autori nati tra il 1956 e il 1986 provano a dare un senso, anzi sensi diversi alla mutazione delle Puglie.
Raccontano delle contraddizioni e dell’incanto di una terra che può declinarsi al plurale; e di fallimenti che non sono solo dissipazione ma anche creatività ed epica.
Si legge una inconsapevole opposizione alla modernità e un suo irresistibile, inquietante, fascino
.”
Filippo La Porta ne ha parlato a Fahrenheit.
Invito Filippo La Porta e gli autori inseriti nell’antologia – compatibilmente ai loro impegni, e se ne hanno voglia – a partecipare alla discussione in corso.
Massimo Maugeri

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