LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » diritto e web http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 IL DOCUMENTO DIGITALE (Le nostre vite tra diritto e web n. 31) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/03/25/il-documento-digitale/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2015/03/25/il-documento-digitale/#comments Wed, 25 Mar 2015 14:00:25 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6705 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 31

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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IL DOCUMENTO DIGITALE

Che cos’è un documento digitale?

L’intero concetto di Amministrazione Digitale ruota intorno a quella che viene chiamata “rappresentazione informatica” e che può essere definita come il risultato della trasformazione in bit, e successiva memorizzazione di quegli atti, fatti o dati che possano avere rilevanza giuridica.

La disciplina del documento informatico e della sua validità giuridica hanno rappresentato il primo tassello per consentire l’applicazione analogica delle norme preesistenti alle nuove tecnologie: l’obiettivo del legislatore era consentire di conferire piena validità giuridica all’attività contrattuale e amministrativa svolta con l’ausilio degli strumenti informatici.

Il Codice dell’Amministrazione Digitale fornisce gli strumenti per la gestione integralmente telematica dell’attività amministrativa e negoziale delle PPAA, in considerazione degli obblighi che impongono di abbandonare le tradizionali modalità analogiche.

La dematerializzazione dei documenti è il processo attraverso cui il documento giuridico viene formato (e conservato) utilizzando supporti di natura telematica o, più in generale, informatica. Il documento “dematerializzato” nel rispetto della normativa vigente ha il medesimo valore legale e probatorio del documento cartaceo (o analogico in genere). La trasformazione del documento in un elemento informatico genera una stringa digitale in grado di soddisfare i requisiti tecnici e legali previsti per ciascun tipo di documento elettronico.

L’art. 1, comma 1, lett. p) del CAD definisce il documento informatico come la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, mentre il successivo punto p-bis) offre la definizione di documento analogico inteso come la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti. Il processo di dematerializzazione dei documenti, quindi, segna il passaggio dalla netta prevalenza del documento analogico ad un generale utilizzo del documento informatico.

La dematerializzazione, così come disciplinata dal Codice, investe sia i documenti che vengono creati direttamente in formato digitale sia le conversioni analogico/digitale (es. documenti originariamente creati in formato cartaceo e, solo successivamente, trasformati in documenti informatici) e riguarderà tutti i documenti, inclusi quelli contabili, di cui la legge impone la conservazione.

Sembra opportuno sottolineare come la disciplina in materia di documenti informatici e firme elettroniche, pur essendo contenuta all’interno del CAD (quindi di un atto normativo destinato in massima parte alla disciplina dell’azione della PA), trova diretta applicazione anche nei rapporti tra privati.

Sul piano generale, infatti, il Codice sancisce la validità e la rilevanza agli effetti di legge del documento informatico da chiunque formato, della sua memorizzazione su supporto informatico e della trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche.

Una volta rispettate le regole tecniche, il documento informatico, realizzato, memorizzato e trasmesso con strumenti telematici ha identica validità, ad ogni effetto di legge, del documento cartaceo e deve essere accettato da qualsiasi soggetto pubblico o privato. La legge riconosce validità giuridica all’attestazione di data e ora apposte in conformità alle specifiche regole tecniche.

In particolare, il Codice prevede che:

−Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.

− Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, fa piena prova fino a querela di falso. L’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria.

− gli atti di cui all’articolo 1350 del Codice Civile, primo comma, numeri da 1 a 12 (atti che costituiscono, modificano o trasferiscono la proprietà o diritti reali su beni immobili o mobili registrati, locazioni ultranovenali, costituzione di società, ecc.) se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Gli atti di cui all’articolo 1350, numero 13) del Codice Civile soddisfano comunque il requisito della forma scritta se sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale.

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Tutte le puntate di “Le nostre vite tra diritto e web” sono disponibili qui…

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LA COPIA PRIVATA (Le nostre vite tra diritto e web n. 30) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/12/13/la-copia-privata/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/12/13/la-copia-privata/#comments Sat, 13 Dec 2014 15:58:42 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6616 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 30

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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LA COPIA PRIVATA

Con il recente D.M. 20 giugno 2014 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale n.155 del 7 luglio 2014 è stata rideterminata la misura dei compensi di copia privata (ex art. 71 sexies e seguenti L. 633/41).
Ma…che cos’è la copia privata?
La Copia Privata è il compenso che si applica, tramite una royalty sui supporti vergini fonografici o audiovisivi, in cambio della possibilità di effettuare registrazioni di opere protette dal diritto d’autore.
In questo modo ognuno può effettuare una copia con grande risparmio rispetto all’acquisto di un altro originale oltre a quello di cui si è già in possesso.
Prima dell’introduzione della copia privata, non era possibile registrare copie di opere tutelate.
In Italia, come nella maggior parte degli Stati dell’ Europa Unita è stata concessa questa possibilità, a fronte di una royalty forfetaria per compensare del mancato acquisto gli autori e tutta la filiera dell’industria culturale. L’entità del compenso tiene conto del fatto che sui supporti si possa registrare anche materiale non protetto dal diritto d’autore.
La Siae riscuote questo compenso e lo ripartisce ad autori, produttori, editori e interpreti.
Le nuove norme si basano sugli stessi principi della precedente Legge 5 febbraio 1992, n. 93, che aveva introdotto per la prima volta in Italia il compenso per la “copia privata”, e cioè:
• è prevista un’eccezione al diritto esclusivo di riproduzione spettante ad autori, artisti e produttori;
• in virtù di tale eccezione, al consumatore persona fisica è consentito di riprodurre legalmente, per uso esclusivamente personale , fonogrammi e videogrammi;
• a fronte del beneficio che il consumatore persona fisica trae dalla facoltà di “copia privata” è previsto un compenso a favore di autori, artisti e produttori;
• tale compenso è corrisposto sugli apparecchi di registrazione e sui supporti vergini.

Possono quindi beneficiare dell’eccezione al diritto esclusivo di riproduzione spettante ad autori, artisti e produttori solamente le persone fisiche, a condizione che la riproduzione di fonogrammi e videogrammi sia effettuata:
• per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali;
• da fonti lecite (possesso/accesso legittimo agli esemplari dell’opera);
• mediante l’utilizzazione di apparecchi di registrazione e supporti vergini per i quali sia stato corrisposto il compenso per “copia privata” previsto dalla legge.

Alle condizioni sopra indicate, le persone fisiche possono dunque effettuare riproduzioni di fonogrammi e videogrammi, senza il consenso preventivo (licenza) di autori, artisti e produttori.

In tutti gli altri casi, la riproduzione di fonogrammi e videogrammi – in assenza del consenso preventivo (licenza) di autori, artisti e produttori – comporta violazione del diritto esclusivo di riproduzione degli stessi autori, artisti e produttori, ed è pertanto illegale e penalmente perseguibile.

È inoltre illegale e penalmente perseguibile:
• la riproduzione di fonogrammi e videogrammi effettuata da terzi per conto o a beneficio di persona fisica per uso personale;
• la prestazione di servizi finalizzata a consentire la riproduzione di fonogrammi e videogrammi da parte di persona fisica per uso personale.

(tra le fonti: notiziario SIAE)

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SEQUESTRABILITÀ DI BLOG, SITI INTERNET E NEWSGROUP (Le nostre vite tra diritto e web n. 29) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/09/02/sequestrabilita-di-blog-siti-internet-e-newsgroup/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/09/02/sequestrabilita-di-blog-siti-internet-e-newsgroup/#comments Tue, 02 Sep 2014 20:01:59 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6384 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 29

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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Sequestrabilità di Blog, siti internet e newsgroup se violativi del diritto all’onore e alla reputazione.

Già con la sentenza n. 10594/2014 il 5 marzo scorso la Corte Suprema di Cassazione aveva affermato che il diritto di cronaca è applicabile anche al web e raccomandava la “massima cautela nell’esercizio del sequestro preventivo per gli articoli pubblicati online”.
Blog, e-mail, newsgroup e newletters possono essere oggetto di sequestro, afferma la Corte, in quanto non godono delle speciali tutele che la legge italiana attualmente riconosce solo ai prodotti stampati, ma allo stesso tempo l’esimente del diritto di cronaca si applica a qualsiasi manifestazione pubblica del pensiero, se i fatti descritti sono veri, di interesse pubblico e riportati con la dovuta continenza.
Questa estate la Corte è tornata con la recentissima sentenza 18174 della terza sezione civile ove ha ribadito che “Internet costituisce un mezzo di diffusione di notizie e idee al pari, se non di più, di stampa, radio e televisione”, ragion per cui anche nel caso di comunicati stampa reperibili su un sito internet valgono i principi “tradizionalmente indicati dalla giurisprudenza” per l’esercizio del diritto di cronaca e del diritto di critica.
Ne deriva il “bilanciamento” con il “diritto primario all’onore e alla reputazione” e la “verità obiettiva” (per quanto accertabile), la “continenza” e la “pertinenza”.
La Corte è tornata a ribadire che la libertà di manifestazione del pensiero, sancita dall’articolo 21 della Costituzione italiana, vale ovunque e sempre, al di là del mezzo usato per comunicare, ma che “gli spazi comunicativi sul web [...] non godono della speciale protezione prevista per la libertà di stampa”, ovvero che, non essendo appunto ‘stampati’ (“Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”, recita la legge sulla stampa del 1948), blog, mailing list, chat etc. sono sequestrabili, a differenza della ‘stampa’ propriamente detta.
Tuttavia la Cassazione, pur riaffermando la “non assimilabilità del mondo telematico a quello della carta stampata” ha richiamato l’attenzione sulla necessità di adeguare ai tempi la legislazione vigente in materia, “a testimoniare che la nostra Carta fondamentale non tutela alla stessa maniera la manifestazione del pensiero che ha trovato ospitalità sulla “carta stampata” e quella che si diffonde attraverso altri media”.
Un “intervento del legislatore” dunque, “sarebbe quanto mai auspicabile”

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IL NUOVO PROCESSO CIVILE TELEMATICO (Le nostre vite tra diritto e web n. 28) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/07/11/il-nuovo-processo-civile-telematico/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/07/11/il-nuovo-processo-civile-telematico/#comments Fri, 11 Jul 2014 16:00:40 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6290 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 28

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IL NUOVO PROCESSO CIVILE TELEMATICO

di Simona Lo Iacono

Quando ho iniziato il mio periodo di uditorato in magistratura era il 1997.
Prestavo servizio come volontaria all’ufficio del GIP. Avevo infatti vinto il concorso qualche mese prima, e in attesa di essere chiamata alle funzioni, cominciai a frequentare il tribunale, al seguito di un vecchio ed esperto collega.
La prima cosa che vidi, fu la montagna di fascicoli accatastata accanto alla porta, i commessi che facevano cigolare i carrelli tra un’udienza e l’altra, i giudici civili sommersi da faldoni e codici.
Un universo di carta, verbalizzazioni faticose da dettare al cancelliere, sentenze scritte a mano e ricopiate con macchina da scrivere elettrica, o con i primi sistemi di scrittura del computer.
Le ricerche nella Gazzetta Ufficiale avvenivano in biblioteca, dove consultavamo per ore tomi polverosi.
E, infine, le comunicazioni erano appannaggio di affaticati ufficiali giudiziari, che percorrevano il territorio avvezzi a ogni imprevisto e traballando sugli scossoni delle auto stracolme di verbali di notifica.
Diciassette anni fa nessuno di noi avrebbe mai ritenuto possibile digitare il numero delle leggi con un mouse, farlo apparire al computer, scrivere gli atti giudiziari con firma digitale e depositarli da casa, seduti alla propria scrivania.
Cos’è accaduto?
E’ entrato in vigore il processo civile telematico.
Il Processo Civile Telematico è, infatti, il progetto del Ministero della Giustizia per la realizzazione di un sistema informatico civile che si pone l’obiettivo di automatizzare i flussi informativi e documentali tra le parti, il giudice e la cancelleria.
Il progetto nasce sulla base del D.P.R. 13-2-2001 n. 123 (Regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della corte dei conti) e secondo le regole tecnico-operative stabilite per il funzionamento e la gestione del sistema informatico civile, nonché per l’accesso dei difensori delle parti e degli ufficiali giudiziari.
Il cambiamento non riguarda, dunque, la disciplina delle fasi processuali quanto le modalità dello scambio di atti e comunicazioni tra gli avvocati e gli Uffici Giudiziari, e all’interno degli Uffici Giudiziari stessi, dando la possibilità di creare un sistema informatizzato dell’attività giudiziaria alternativo a quello cartaceo attualmente utilizzato. Infatti, il documento informatico sottoscritto con firma digitale ha acquisito ora efficacia probatoria e quindi la trasmissione con strumenti informatici può considerarsi valida ed efficace agli effetti di legge.
Il progetto consiste nella realizzazione di un insieme di applicazioni informatiche e infrastrutture tecnologiche che renda accessibile via web il sistema informatico civile, sia per il deposito di atti che per attività di consultazione dello stato delle cause e del fascicolo; inoltre è prevista anche la trasmissione per via telematica di comunicazioni, notifiche e copie di atti dagli uffici giudiziari ai soggetti coinvolti. Presupposto per questo scambio di atti è che ogni soggetto coinvolto sia dotato e metta a disposizione il proprio indirizzo di posta elettronica: per l’avvocato, l’indirizzo è quello comunicato al proprio Consiglio dell’Ordine mentre per gli altri soggetti (magistrati e cancellieri) si fa riferimento all’indirizzo dichiarato all’ente certificatore della firma digitale.
Le novità del Processo Telematico non si limitano però unicamente alla trasmissione, comunicazione e notificazione degli atti, ma si spingono oltre dando vita al “fascicolo informatico”, che può considerarsi il prodotto dell’informatizzazione delle attività strumentali del processo civile. La cancelleria provvederà infatti a formare il fascicolo informatico inserendo nello stesso gli atti e i documenti probatori inviati per via telematica dal difensore. Uno degli obiettivi del Processo Telematico è la trasmissione degli atti giuridici tramite le moderne tecnologie, garantendo un elevato livello di sicurezza nella riservatezza e autenticità dei documenti. Per raggiungere questo obiettivo, l’atto deve essere redatto non più in modo cartaceo ma in modo digitale. Il passaggio dal documento cartaceo al documento elettronico rende necessaria la redazione dell’atto giuridico secondo degli standard informatici che ne possano rendere agevole la trasmissione tra i vari applicativi software che devono gestire le informazioni (i dati).
Il quadro normativo sviluppatosi a partire dal 2001 è stato complessivamente rivisto dal decreto-legge n. 193/2009. In particolare, l’art. 4 del provvedimento ha disposto che nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano mediante posta elettronica certificata (PEC), ai sensi del Codice dell’amministrazione digitale – CAD (DL 82/2005) e del regolamento sull’utilizzo della posta elettronica certificata (DPR n. 68/2005). Per la prima volta, dunque, la disciplina del processo telematico è stata estesa anche al settore penale.
Inoltre, l’art. 4 del DL. 193/2009 reca numerose altre disposizioni in materia di digitalizzazione della giustizia, tra le quali si segnalano:
quelle che ribadiscono l’obbligo di indicare nell’albo degli avvocati l’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avvocato e il suo codice fiscale, precisando l’obbligo di aggiornamento giornaliero di tali informazioni e la loro messa a disposizione per via telematica al Consiglio nazionale forense ed al Ministero della giustizia;
quelle che introducono una serie di modifiche al c.p.c., necessarie per il completamento del processo di informatizzazione del processo civile, tra le quali un nuovo art. 149-bis, che disciplina in termini generali il ricorso alle procedure telematiche per l’esecuzione delle notificazioni, a mezzo posta elettronica certificata; sono inoltre previste modifiche al processo dell’esecuzione (sia con riferimento all’espropriazione mobiliare sia a quella immobiliare) secondo le quali il giudice può stabilire che vengano effettuati con modalità telematiche il versamento della cauzione, la presentazione delle offerte, lo svolgimento della gara e l’incanto nonché il pagamento del prezzo.

Sulla digitalizzazione del processo è intervenuta anche la legge n. 69/2009 che ha richiesto la trasmissione della procura alle liti per via informatica e con sottoscrizione digitale (art. 83, terzo comma, c.p.c.).

Con regolamento adottato con DM 21 febbraio 2011 n. 44, sono state stabilite le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Il D.L. 138 del 2011 ha previsto poi che, nel processo civile, in ogni citazione, ricorso, comparsa, controricorso, precetto, il difensore debba indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio numero di fax e che con le indicate modalità debbono essere effettuate tutte le comunicazioni alle parti.
La legge di stabilità 2012 (legge 183/2011)è tornata a novellare numerose disposizioni del codice di procedura civile e delle disposizioni di attuazione, per dare piena operatività all’utilizzo della posta elettronica certificata. In particolare, articolo 25 della legge, entrato in vigore lo scorso 31 gennaio 2012, ha previsto:
che l’indirizzo PEC che il difensore deve indicare negli atti di parte (citazione, ricorso, comparsa, controricorso, precetto) deve essere quello comunicato al proprio ordine professionale (art. 125 c.p.c.);
una nuova disciplina delle comunicazioni di cancelleria. In base alla nuova norma, le comunicazioni di cancelleria si effettuano in via ordinaria tramite consegna al destinatario, che rilascia ricevuta, o tramite PEC, nel rispetto della normativa sui documenti informatici, anche regolamentare, vigente. Se non è possibile procedere con questi mezzi, la comunicazione avviene tramite telefax o tramite notifica dell’ufficiale giudiziario, salva diversa disposizione di legge (art. 136 c.p.c.);
la soppressione delle disposizioni che prevedono la comunicazione alle parti da parte della cancelleria delle sentenze e delle ordinanze tramite telefax o posta elettronica. Le comunicazioni delle sentenze e delle ordinanze rientrano così nella nuova disciplina generale;
con la medesima ratio, la soppressione della disposizione che consente al giudice di autorizzare, per singoli atti, che lo scambio o la comunicazione di comparse e memorie avvenga tramite telefax o PEC (art. 170 c.p.c., modificato dalla lett. e));
con riferimento all’intimazione al testimone a comparire in udienza da parte del difensore mediante posta elettronica (che resta comunque alternativa alla raccomandata e al telefax), si precisa che deve trattarsi di posta elettronica ‘certificata’e si sopprime il riferimento alla normativa vigente in materia di documenti informatici (art. 250 c.p.c.);
con riferimento al ricorso per cassazione (art. 366, modificato dalla lett. i)):
la possibilità per il ricorrente di indicare l’indirizzo PEC comunicato al proprio ordine, in alternativa all’elezione di domicilio a Roma, onde evitare che le notificazioni gli siano fatto presso la cancelleria della Cassazione;
la modifica della disciplina delle comunicazioni di cancelleria e delle notificazioni tra i difensori ai sensi degli artt. 372 (produzione di altri documenti) e 390 (rinuncia al ricorso), richiamando l’applicabilità della disciplina generale delle comunicazioni di cancelleria di cui all’art. 136 c.p.c.;
con riferimento al pignoramento, si prevede che la trasmissione del verbale da parte dell’ufficiale giudiziario al debitore e al creditore avviene tramite PEC; solo quando ciò non è possibile, essa avviene tramite telefax o posta ordinaria (art. 518 c.p.c.).

Il DL 179/2012 ha integrato la disciplina processuale delle comunicazioni e notificazioni per via telematica. In particolare, l’art. 16 contiene disposizioni in materia di comunicazioni e notificazioni per via telematica nel processo civile e penale. Le modifiche introdotte sono connesse al processo di attuazione della revisione della geografia giudiziaria (vedi i D.Lgs 154 e 155/2012) e intendono assicurare che la riduzione del numero delle sedi giudiziarie non faccia venir meno il principio di prossimità del servizio giustizia ai cittadini e alle imprese.
Dal 30 giugno, dunque, assisteremo alla progressiva smaterializzazione del fascicolo cartaceo, spariranno i vecchi faldoni impolverati e noi giudici depositeremo gli atti con un CLIK.
Lo so, saremo efficienti, meno impolverati e più moderni.
Lo stato risparmierà le spese per la carta e il personale, gli avvocati riceveranno i provvedimenti sugli smart-phone e tutto apparirà volatile e velocissimo come il pensiero.
E’ il futuro, e avrà i suoi benefici.
Ma io sono una romantica, e sebbene mi sia adeguata alla nuova era, rimpiango un po’ il contatto con le cose…. con la carta, con la penna, con il sudore dei testi in aula, con i timbri sbavati e opachi, con tutto quel cerimoniale un po’ attempato e profumato di passato, che mi faceva pensare di avere sulle spalle anche le toghe dei vecchi colleghi.
Ho provato a cliccare sulla mia “consolle del magistrato” (lo strumento che mi consente di depositare gli atti telematicamente) la parola “nostalgia”.
Ma il sistema si impalla e lampeggia ferocemente la parola: “errore, errore, errore”….

(tra le fonti: diritto e diritti)

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DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK (Le nostre vite tra diritto e web n. 27) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/05/03/diffamazione-a-mezzo-facebook/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2014/05/03/diffamazione-a-mezzo-facebook/#comments Sat, 03 May 2014 10:40:38 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=6126 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 27 -

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DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK

Nell’ordinamento giuridico italiano, la diffamazione (art. 595, codice penale) è un delitto contro l’onore ed è definita come l’offesa all’altrui reputazione, comunicata a più persone con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di comunicazione. A differenza del delitto di ingiuria di cui all’art. 594 c.p., il delitto di diffamazione può essere consumato solo in assenza della persona offesa.
Il bene giuridico tutelato dalla norma è la reputazione intesa come l’immagine di sé presso gli altri.
Sul punto la suprema corte ha avuto modo di precisare (cassazione penale sez. V 28 febbraio 1995-3247) che l’oggetto della tutela penale è l’interesse dello Stato all’integrità morale della persona. Una interessante definizione si rinviene in una pronuncia di merito in cui si legge che la reputazione deve essere tutelata “tanto come stima che una persona si è conquistata presso gli altri, quanto come rispetto sociale minimo cui ogni persona ha diritto indipendentemente dalla buona o cattiva fama che derivi dalla sua condotta” (trib. Roma14 luglio 1990).

L’analisi testuale della norma consente di risalire ai suoi elementi strutturali: l’offesa all’altrui reputazione, intesa come lesione delle qualità personali, morali, sociali, professionali, etc. di un individuo; la comunicazione con più persone, laddove l’espressione “più persone” deve intendersi senz’altro come “almeno due persone”; l’assenza della persona offesa, da intendersi secondo la più autorevole dottrina come l’impossibilità di percepire l’offesa.

Data l’analisi strutturale del reato, dunque, non stupisce quanto ha statuito qualche giorno fa la prima sezione penale della Cassazione che ha annullato con rinvio l’assoluzione, pronunciata dalla Corte militare d’Appello di Roma, nei confronti di un maresciallo della Guardia di Finanza di San Miniato (Pisa) che, sul proprio profilo Fb, aveva usato espressioni diffamatorie nei confronti del collega che lo aveva sostituito in un incarico, senza però farne il nome. “Ai fini dell’integrazione del reato di diffamazione – si legge nella sentenza depositata – è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone, indipendentemente dalla indicazione nominativa”.

Osservano i giudici: “Il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due”.

Ai fini di tale valutazione, conclude la Corte, “non può non tenersi conto dell’utilizzazione del social network, a nulla rilevando che non si tratti di strumento finalizzato a contatti istituzionali tra appartenenti alla Guardia di Finanza, né alla circostanza che in concreto la frase sia stata letta soltanto da una persona”.
Va ricordato che un precedente era costituito da una sentenza del GIP di Livorno del 22 ottobre-31 dicembre 2012 n. 38912 con cui fu confermata la potenzialità lesiva di fb.
Un ex dipendente di un centro estetico licenziato in modo ingiusto aveva infatti pubblicato sulla propria bacheca fb un messaggio denigratorio sul centro consigliando di non frequentarlo.
In quel caso il GIP decise che il messaggio conteneva gli elementi tipici del reato di diffamazione, proprio perché lesivo della reputazione in ambiente sociale e professionale.
Va infine ricordato che l’utilizzo di internet comporta l’applicazione di una aggravante, quella dell’offesa arrecata con un mezzo di pubblicità, con conseguente applicazione di un aggravamento di pena.
L’aggravante è legata all’alta diffusività del messaggio.
Quanto a quest’ultimo punto, una delle più belle immagini della diffusività della diffamazione ce la fornisce San Filippo Neri, uno dei Santi più bonari e bizzarri della storia della Chiesa, tanto da essere definito il “Santo della gioia o il buffone di Dio”.
Colto, ironico, umilissimo, era solito confessare con discrezione e amore, dando penitenze singolari.
Una volta a una donna che gli confessò di avere sparso maldicenza, diede come penitenza quella di spennare una gallina morta lungo la strada e poi di raccoglierne tutte le piume che volavano per aria.
Alla domanda perplessa della donna che chiese il perché, il Santo spiegò che le piume portate dal vento erano come le sue parole, inafferrabili (e irrecuperabili) una volta pronunciate.

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LA RESPONSABILITÀ PER I COMMENTI ANONIMI (Le nostre vite tra diritto e web n. 24) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/11/10/la-responsabilita-per-i-commenti-anonimi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/11/10/la-responsabilita-per-i-commenti-anonimi/#comments Sun, 10 Nov 2013 17:34:50 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5589 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 24 -

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LA RESPONSABILITÀ PER I COMMENTI ANONIMI

Il mese scorso (per l’esattezza il 10 ottobre 2013) la Corte europea dei diritti dell’uomo ha depositato una pronuncia che potremmo considerare come rivoluzionaria nell’ambito delle tematiche trattate da “Le nostre vite tra diritto e web“… e che potrebbe condensarsi nella seguente frase: i siti internet possono essere considerati responsabili per i commenti anonimi che vi appaiono. La conseguenza immediata è che tali siti potranno essere colpiti da una sanzione amministrativa che (secondo la Corte) non va a compromettere la libertà di espressione.

In estrema sintesi, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che un portale d’informazione può essere «giustamente» ritenuto responsabile se non interviene, per prevenire, moderare o cancellare commenti anonimi offensivi, diffamatori o minacciosi.
La decisione della Corte europea dei diritti umani diverrà definitiva entro gennaio 2014, se le parti oggetto della controversia (da cui è scaturita la conseguente decisione della Corte) non richiederanno e otterranno un nuovo esame davanti alla Grande Camera.
Ecco, in breve, la storia. Nel gennaio del 2006, uno dei più grandi portali d’informazione dell’Estonia pubblicò un articolo sulle scelte controverse operate da una compagnia di navigazione. I lettori reagirono postando commenti estremamente offensivi, diffamatori, e minacciosi nei confronti della compagnia di navigazione e del suo proprietario. Quest’ultimo fece causa al portale che fu condannato a pagare 320 euro per danni morali.
Nella sentenza i giudici di Strasburgo scrivono che la decisione dei tribunali nazionali di «ritenere il portale responsabile per i commenti diffamatori postati dai lettori è una restrizione della libertà d’espressione giustificata e proporzionata» e che quindi non c’è stata violazione. Per arrivare a una tale conclusione i giudici hanno preso in esame una serie di elementi.

Innanzitutto la Corte sottolinea che i gestori del portale «esercitavano un livello considerevole di controllo sui commenti che erano pubblicati». I gestori erano gli unici che potevano impedire o cancellare i commenti, e avevano anche i sistemi per farlo. Sistemi di cui tuttavia «non hanno fatto pieno uso». La Corte sottolinea che il portale ha in qualche modo coperto gli autori e che quindi «si deve ritenere che i gestori del sito si siano assunti una certa responsabilità per quanto pubblicato dai lettori».

Una decisione che sottolinea l’importanza della responsabilità legale della scrittura in Rete(tema che iniziammo a trattare, qui a Letteratitudine, già qualche anno fa).

Fonte: Il Sole24Ore – Ius Network

Approfondimenti ulteriori su Il Sole24Ore e Ius Network

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IL TESTAMENTO DIGITALE (Le nostre vite tra diritto e web n. 23) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/10/05/il-testamento-digitale-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-23/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/10/05/il-testamento-digitale-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-23/#comments Sat, 05 Oct 2013 16:16:49 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5483 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 23 –

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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L’IDENTITÀ DIGITALE E IL TESTAMENTO DIGITALE

Nel linguaggio comune, la locuzione “identità digitale” indica l’insieme di informazioni presenti on line e relative ad un soggetto, o ad un ente. Si pensi ad esempio ai dati inseriti nell’account su un social network in cui vengono riversate informazioni della più varia natura: pensieri, foto, video, note, opinioni: una vera identità digitale, alternativa e cumulativa con quella reale.
Benché priva di specifici riscontri normativi, tale nozione è comunque entrata a far parte, in questi ultimi anni, del vocabolario del giurista, in due distinte declinazioni.
In una prima, e più ampia accezione, l’espressione è utilizzata come sinonimo di identità in rete o virtuale. Frequente è, ad esempio, il suo impiego nell’ambito dei discorsi giuridici e sociologici circa la distinzione tra “corpo fisico” e “corpo elettronico” oppure, e soprattutto, circa la possibilità di assumere diverse “identità personali” in rete (cfr. S. RODOTA’, Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, II ed., Roma-Bari, 2004, 139 ss. il quale sottolinea come, mai come in questo caso, risulta appropriato il richiamo alla radice etimologica del termine persona, in quanto “prosopon”, maschera).
In un’accezione più ristretta, che rivela molteplici punti di contatto con la formula legislativa di “identità informatica”, l’espressione identità digitale è impiegata dagli esperti di informatica e dai cultori del diritto dell’informatica per designare: l’insieme delle informazioni e delle risorse concesse da un sistema informatico ad un particolare utilizzatore del suddetto (questa è la definizione proposta da Wikipedia).
Già da questi rilievi, emerge chiaramente come qualsiasi discorso sull’identità digitale dovrebbe toccare necessariamente due aspetti: quello della tutela dell’identità personale in rete (specie nei suoi profili reputazionali) e quello delle tecniche di identificazione del soggetto a mezzo di strumenti informatici. Si tratta di aspetti logicamente distinti, ma strettamente correlati, se solo si considera che la capacità di assumere diverse identità in rete è condizionata alla possibilità di mantenere una qualche forma di anonimato e dunque di non essere identificati per la propria identità reale.
Altro problema che pone l’identità digitale è quello della sua gestione post mortem.

Secondo Ugo Bechini, membro della commissione informatica del Consiglio nazionale del Notariato, in merito a quella che ormai può essere considerata una nostra seconda identità, si potrebbe prevedere un vero e proprio “testamento digitale” che contempli le ultime volontà del testatore: lasciando specifiche istruzioni sulla sorte dei propri dati, nominando un esecutore testamentario ovvero informando in vita gli eredi circa l’identità, il numero e i dati d’accesso dei propri account.
Tuttavia, le fattispecie configurabili nel mondo del web 2.0 presentano delle caratteristiche del tutto nuove e che mal si adattano ad essere ricondotte agli ordinari istituti successori.
Al fine di comprendere al meglio l’ampiezza di tale problema basta semplicemente considerare che sulla pagina personale di ogni utente appaiono le informazioni relative ad altri numerosi contatti e, inoltre, che alcuni network (come ad esempio Facebook) seguono la prassi di consentire l’utilizzo del medesimo account anche per fare il login su diversi siti esterni ad esso, i quali, al loro volta, consentono di usare il profilo per effettuare l’accesso, piuttosto che richiedere la registrazione o iscrizione.
In tali casi, a parte l’esigenza di tutelare la privacy degli “amici virtuali” del de cuius, occorre stabilire soprattutto se la successione mortis causa nel diritto di accedere al profilo principale attribuisca all’erede il diritto all’utilizzo degli account collegati a quello principale.
Negli States, e precisamente nel Nebraska, è stata approvata nel 2012 una legge (che peraltro dovrebbe essere entrata in vigore proprio quest’anno) in grado di regolare questa disputa, con particolare attenzione per gli account facebook di persone morte.
Secondo questa legge, infatti, la successione dell’account sarà gestita così come tutti gli altri beni immobiliari: pertanto l’account facebook verrà ereditato dal successore della persona defunta, a meno che non ci sia un’esplicita richiesta o le autorità trovino irregolarità nell’individuo. Dunque, in base a tale legislazione, l’identità digitale diventa a tutti gli effetti un bene personale liberamente trasferibile.
In Italia, invece, la disputa è destinata a permanere, e ciò sia poiché manca una regolamentazione specifica del fenomeno (lo stesso Codice dell’Amministrazione Digitale contempla e definisce soltanto le nozioni di “carta d’identità elettronica e di firma digitale), sia perché l’identità digitale, come già sottolineato, coinvolge una complessità di temi il cui coordinamento risulta assai difficile.
L’esigenza di trasferire mortis causa la propria identità digitale rimane tuttavia circoscritta a casi isolati (si pensi ad esempio ai personaggi famosi le cui pagine personali vengono mantenute a fini commemorativi); più frequentemente, invece, il titolare di un profilo virtuale vuole assicurarsi che in seguito alla sua dipartita, l’account personale venga eliminato in maniera definitiva.
In tale seconda evenienza la tematica relativa all’identità digitale si intreccia dunque con il c.d. “diritto all’oblio”.
In tale ottica l’azienda di Mountain View ha già preso in esame il problema e ha reso disponibile un servizio che dà la possibilità agli iscritti ai vari servizi – da Gmail a YouTube, solo per citarne alcuni – di stabilire che fine faranno i propri dati dopo un periodo di inattività dell’account. E quindi anche dopo il decesso. L’opzione si chiama ‘Inactive Account Manager’ (Gestione account inattivo), un termine «un po’ brutto» ammette la stessa azienda di Mountain View. Introduce una serie di automatismi dettati dallo stesso utente per avviare la cancellazione della propria iscrizione ai diversi servizi della società e dei dati raccolti online nel corso degli anni. Per esempio, sarà possibile scegliere di eliminare il nostro profilo dopo un periodo che va dai tre ai 12 mesi di inattività o decidere di lasciare i nostri dati in eredità ad una persona di cui ci fidiamo. È possibile specificare fino a 10 contatti che dovranno essere avvisati dell’inattività dell’account e identificarli eventualmente come ereditari dei propri contenuti.

(fonti varie)

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I DIECI COMANDAMENTI DI INTERNET (Le nostre vite tra diritto e web n. 21) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/05/26/i-dieci-comandamenti-di-internet/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/05/26/i-dieci-comandamenti-di-internet/#comments Sun, 26 May 2013 10:25:55 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5238 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 21 -

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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I DIECI COMANDAMENTI DI INTERNET

La Coalizione Internet Rights & Principles ha emesso un documento con il quale ha definito dieci diritti e principi fondamentali che devono costituire la base della governance di Internet.
La coalizione è formata da una rete aperta di persone e di organizzazioni che lavorano per la difesa dei diritti umani nell’ambiente Internet: la Dynamic Coalition su I Diritti e Principi di Internet, appunto.
I principi sono radicati nelle norme internazionali sui diritti umani e derivano dalla Carta dei Diritti umani e dei Principi per Internet elaborata dalla coalizione.
Internet offre opportunità senza precedenti per la realizzazione dei diritti umani, e svolge un ruolo sempre più importante nelle nostre vite quotidiane. E’ quindi essenziale che tutti gli attori, pubblici e privati, rispettino e proteggano i diritti umani su Internet. Devono anche essere prese decisioni per garantire che Internet funzioni e si evolva in modi che soddisfino il più possibile i diritti umani.
Per contribuire a realizzare questa visione di un ambiente Internet basato sui diritti, i 10 Diritti e Principi sono:

1) Universalità e Uguaglianza
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, che devono essere rispettati e protetti nella rete Internet.

2) Diritti e Giustizia Sociale
Internet è uno spazio per la promozione, la protezione, il rispetto dei diritti umani e la promozione della giustizia sociale. Ognuno ha il dovere a rispettare i diritti umani di tutti gli altri nella rete Internet.

3) Accessibilità
Tutti hanno pari diritto di accesso e di utilizzo di un Internet sicuro e aperto.

4) Espressione e di Associazione
Ogni individuo ha il diritto di cercare, ricevere e comunicare informazioni liberamente su Internet senza censure o altre interferenze. Ognuno ha anche il diritto di libera associazione attraverso Internet, per motivi e fini sociali, politici, culturali o altri.

5) Privacy e protezione dei dati
Ogni individuo ha diritto alla privacy online. Questo include la libertà dalla sorveglianza, il diritto di utilizzare la crittografia, e il diritto di anonimato in Internet. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati, incluso il controllo sulla raccolta di dati personali, la loro conservazione e trasformazione, la cessione e la divulgazione.

6) Vita, libertà e sicurezza
Il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza devono essere rispettati, protetti e realizzati su Internet. Questi diritti non devono essere violati o utilizzati per violare altri diritti nella rete digitale.

7) Diversità
La diversità culturale e linguistica su Internet deve essere promossa, l’innovazione tecnica e politica dovrebbero essere incoraggiate a facilitare la pluralità di espressione.

8 ) Uguaglianza
Ciascuno deve avere un accesso universale e aperto ai contenuti di Internet, liberi da priorità discriminatorie, filtraggi o controlli del traffico per ragioni commerciali, politiche o altre ragioni.

9) Norme e regolamento
L’architettura di Internet, i sistemi di comunicazione e i formati dei documenti e dei dati si basano su standard aperti per garantire la completa interoperabilità, l’inclusione e le pari opportunità per tutti.

10) Governance
I diritti umani e la giustizia sociale devono costituire il quadro giuridico e normativo fondamentale su cui Internet funziona ed è governato. Questo deve avvenire in modo trasparente e multilaterale, basato su principi di apertura, di partecipazione inclusiva e di responsabilità.

Per maggiori informazioni: http://irpcharter.org

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LA RETE E LA LIBERTÀ RESPONSABILE (Le nostre vite tra diritto e web n. 20) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/05/13/la-rete-e-la-liberta-responsabile-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-20/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/05/13/la-rete-e-la-liberta-responsabile-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-20/#comments Mon, 13 May 2013 20:10:04 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5202 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 20 –

Leggi L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

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LA RETE E LA LIBERTÀ RESPONSABILE

La libertà assoluta non può esistere, nemmeno sul web

di Massimo Maugeri

Intesa in senso stretto, la libertà assoluta non è mai esistita né può esistere. Il motivo è semplice: la libertà di ciascuno di noi deve trovare un limite laddove si relaziona con quella altrui. Questo vale nella (cosiddetta) vita reale, così come nel web.
Dopo qualche mese dall’apertura del mio blog Letteratitudine, decisi di inserire sulla colonna di sinistra del sito questa sorta di “avvertenza”: «la libertà individuale, anche di espressione, trova argini nel rispetto altrui. Commenti fuori argomento, o considerati offensivi o irrispettosi nei confronti di persone e opinioni potrebbero essere tagliati, modificati o rimossi». Avevo ben chiaro già da allora che la rivoluzione Internet, così come qualunque altra rivoluzione, conteneva al suo interno elementi positivi ed elementi negativi. Ho sempre sostenuto (e lo ribadisco) che i pro di tale rivoluzione superano di gran lunga i contro, senza dimenticare che però il cosiddetto “rovescio della medaglia” esiste anche in questo caso.
Partiamo da un presupposto: stiamo parlando di una delle più radicali, dirompenti e repentine rivoluzioni che abbiano mai interessato la storia dell’umanità per quanto concerne la comunicazione. Ed è proprio la velocità del cambiamento che ha reso difficile la gestione delle problematiche inerenti la crescita del web (e l’inevitabile contaminazione delle nostre “vite reali” con quelle online).
L’idea errata dell’esistenza di una libertà assoluta di espressione, priva cioè di regole, non poteva che alimentare (così come in parte è stato) alcuni aspetti deleteri della comunicazione e alcune distorsioni latenti.
In questi anni ho cercato di fare la mia parte per contribuire a far crescere la consapevolezza dell’esistenza di queste problematiche. Ricordo, in particolare, un post del 2009, volto a stigmatizzare il proliferare della pedofilia e della pornografia online con il coinvolgimento, nell’ambito del dibattito che ne seguì, di don Fortunato Di Noto che da tanti anni, con l’associazione Meter, spende la sua attività pastorale in difesa dei diritti dei bambini lottando strenuamente contro i pedofili e gli “imprenditori” pedopornografici che agiscono spesso indisturbati sul web. Fu una discussione importante e utile, condotta con la collaborazione dell’amica scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono e con la partecipazione del dottor Marcello La Bella (dirigente della polizia postale di Catania). Ma ricordo, soprattutto, un altro post pubblicato l’anno precedente – nel 2008 – intitolato: “La responsabilità legale della scrittura in Rete”. Quel post mirava a sensibilizzare i frequentatori di Internet circa il concetto di libertà espressiva sul web. «Troppo spesso», scrivevo, «si interviene in Rete con l’errata convinzione di poter scrivere qualunque cosa, dimenticando che accanto ai diritti figurano… “responsabilità”. Ebbene sì. Scrivere in Rete implica anche responsabilità di natura legale». Ne seguì, anche in quel caso, un lungo dibattito portato avanti insieme alla citata Simona Lo Iacono. Già allora si evidenziava il fatto che la normativa vigente nella “vita reale” trovava analoghe applicazioni nella “vita online”. Si sottolineò che anche in Rete – anzi, soprattutto in Rete – deve essere riconosciuto il pieno rispetto dei diritti della persona (il diritto al nome, all’immagine, all’onore, alla reputazione, alla riservatezza e all’identità personale). Si fece inoltre notare il fatto che, se da un lato Internet è, per eccellenza, il luogo della democraticità e della libertà, di contro possiede caratteristiche peculiari quali la aterritorialità e la velocità che consentono una maggiore lesività (rispetto ai mezzi tradizionali) sull’onore e la reputazione altrui.
Cosa è cambiato in questi cinque anni? È cresciuto (e questo è un bene) il numero degli utilizzatori del web, c’è stata l’esplosione dei social network (facebook e twitter in testa), si è riversata – anche e soprattutto in Rete – una sorta di rabbia e di frustrazione derivanti dalla crisi (economica, politica e sociale) in atto. Peraltro, soprattutto in questi ultimi anni, si è colpevolmente sostenuto e divulgato il concetto che la cultura e gli incentivi alla lettura fossero un optional (con la cultura non si mangia, si è detto), facendo finta di non sapere che laddove la cultura e la lettura trovano più spazio è maggiore il tasso di civiltà e di rispetto dell’altro. Non credo sia un caso che, proprio in questi anni, siamo costretti a registrare nel nostro Paese una crescita delle pulsioni xenofobe, razziste e sessiste (che comunque covavano sotto le ceneri) con conseguenti e inevitabili ripercussioni sul web e sulle nostre vite online.
Nei giorni scorsi, sulle pagine del quotidiano la Repubblica del 3 maggio, in un articolo di Concita De Gregorio, abbiamo letto lo sfogo e la denuncia dell’on. Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, in relazione alle terribili minacce da lei subite via Internet: «Sono minacce di morte, di stupro, di sodomia, di tortura. Accanto al testo spesso ci sono immagini. Fotomontaggi: il suo volto sorridente sul corpo di una donna violentata da un uomo di colore, il suo viso sul corpo di una donna sgozzata, il sangue che riempie un catino a terra. Centinaia di pagine stampate, migliaia di messaggi. A ciascuna minaccia corrisponde un nome e un cognome, un profilo Facebook, l’indirizzo di una pagina Internet. Le minacce – tutte a sfondo sessuale, promesse di morte violenta – si sono moltiplicate nel giro di due settimane con il tipico effetto valanga che la Rete produce».
Ne approfitto per ribadire la mia solidarietà a Laura Boldrini e a tutte le donne che subiscono violenza (per inciso: la mia posizione sulla “questione femminicidio” è chiara e nota e sono tra i firmatari della petizione a favore degli Stati Generali contro la violenza; ne riparleremo presto, anche qui). Ma ne approfitto altresì (in questo spazio dedicato al rapporto tra “diritto e web”) per condividere qualche mio pensiero su alcune delle conseguenze dello sviluppo di Internet.
È giusto stigmatizzare eventuali tentativi volti a imbavagliare la Rete, certo; ma al tempo stesso è indispensabile tutelare il diritto alla reputazione e alla onorabilità che, proprio per via delle sue caratteristiche, la Rete contribuisce – nei fatti – a intaccare con virulenza maggiore che altrove. In tal senso non credo sia peregrino sostenere che i reati lesivi della reputazione, dell’immagine e della onorabilità commessi in rete (proprio per via della aterritorialità, della velocità e dell’effetto moltiplicatore del medium) sono ancora più reali di quelli commessi nella vita reale.
Può essere giusta la considerazione che il potere tende a essere contro la Rete, ma può essere condivisibile anche la considerazione contraria, giacché un regime totalitario può utilizzare la rete per divulgare i propri slogan e controllare i dissidenti. In Rete convivono tutte le realtà: dissidenti e antidissidenti, fascisti e antifascisti, sette sataniche e movimenti cristiani e così via. In Rete c’è tutto e il contrario di tutto. Il web può smascherare certe falsità e menzogne diffuse ad arte, ma al tempo stesso può essere usato per diffonderle e farle proliferare. Ciò che intendo dire è che – in definitiva – non dobbiamo dimenticarci che Internet è un medium. E in quanto tale non è di per sé né positivo né negativo. Dipende da chi lo usa e da come lo si usa.
Un’altra considerazione che intendo condividere è la seguente. Il sistema normativo, per sua stessa natura, tende a modificarsi a seguito delle mutazioni del sistema sociale che deve regolare.
Facciamo un banale esempio. Il codice della strada ha una storia antichissima che passa dall’antica Roma. Giulio Cesare promulgò la Lex Iulia Municipalis: una legge che comprendeva un insieme di regole riguardanti l’accesso e la conduzione dei carri all’interno della città (ai mezzi pesanti, per esempio, era vietato il transito dall’alba sino al pomeriggio inoltrato). Nei secoli, tale sistema normativo è mutato. Con lentezza. Ma c’è stato un periodo, nella storia dell’umanità, in cui ha conosciuto un vero e proprio stravolgimento per via dell’affermarsi di una rivoluzione nell’ambito dei mezzi di trasporto. Mi riferisco, ovviamente, al momento in cui l’automobile comincia a diventare bene di massa: la vecchia Milizia della strada (creata nel 1928) si trasforma in un organo di Polizia Stradale, gestito dal Ministero dell’Interno (siamo nel 1947). Negli anni successivi, il numero degli addetti operanti nell’ambito della Polizia Stradale e (successivamente) della Polizia Municipale è cresciuto in maniera esponenziale per ovvi motivi. Nel tempo tale normativa si è evoluta. Certo, ciascuno di noi ha diritto di spostarsi liberamente all’interno del nostro territorio, ma se guidiamo un’automobile siamo assoggettati ad alcuni limiti e divieti (di accesso, di sosta, di velocità). Chi non rispetta il sistema normativo del codice stradale rischia – a un certo punto – anche il ritiro della patente.
Ora, trovo che la discussione sulla necessità di una nuova legge imbastita dall’oggi al domani per “regolarizzare” il web sia sterile. Utilizziamo, per il momento, la normativa vigente; e cerchiamo di farlo in maniera efficace… magari incrementando le assunzioni nel corpo della Polizia postale (come – del resto – è stato già annunciato) e fornendo alla magistratura strumenti idonei per operare in maniera tempestiva (la tempestività – per combattere i reati perpetrati sul web a cui abbiamo fatto cenno – è tutto). Per il resto, sono convinto che il sistema normativo (anche a seguito di accordi internazionali) si evolverà tenendo conto dell’evoluzione del web e delle sue ripercussioni sulla nostra vita. È solo questione di tempo (e non ne passerà tanto). E accadrà in tutto il mondo. Sarà un processo inevitabile, ma anche – ritengo – naturale e giusto.
Massimo Maugeri

(Una versione sintetica di questo articolo è stata pubblicata sul quotidiano “La Sicilia” dell’ 11 maggio 2013)

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ACCESSIBILITÀ E WEB (Le nostre vite tra diritto e web n. 16) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/03/03/accessibilita-e-web-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-16/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/03/03/accessibilita-e-web-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-16/#comments Sun, 03 Mar 2013 18:54:08 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5028 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.16 ACCESSIBILITÀ E WEB

Il concetto di accessibilità del web o “eAccessibility” designa le iniziative volte a garantire l’accesso di tutti i cittadini ai servizi della società di informazione. Si tratta di eliminare gli ostacoli tecnici, giuridici e di altro tipo che alcune persone possono incontrare nell’uso dei servizi legati alle TIC (ossia alle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni). Ciò concerne in particolare tutte le persone disabili e un certo numero di anziani.

Si tratta inoltre di promuovere presso queste persone l’utilizzo delle TIC e di Internet e di sensibilizzarle sulle prospettive che questi strumenti possono offrire.

Più concretamente gli ostacoli legati all’accessibilità delle TIC riguardano in particolare:

· l’assenza di norme su scala europea (ad esempio, esistono sette sistemi di telefoni a testo, incompatibili tra di loro, destinati alle persone non udenti e ipoudenti);

· la mancanza di servizi adeguati, e in particolare la scarsa disponibilità di siti web che possono essere letti e percorsi facilmente dagli ipovedenti;

· l’assenza di prodotti e servizi per determinati gruppi di persone (ad esempio le comunicazioni telefoniche per coloro che utilizzano i linguaggi gestuali);

· la mancanza di soluzioni interoperabili per le TIC accessibili;

· la mancanza di contenuti accessibili;

· l’incompatibilità dei programmi informatici con i dispositivi di assistenza (ad esempio i programmi di lettura dello schermo destinati alle persone non vedenti).

Molti di questi ostacoli potrebbero essere eliminati. Ciò tuttavia richiede una cooperazione, un coordinamento e una determinazione forti a livello europeo.

ATTIVITÀ IN CORSO A LIVELLO EUROPEO

Un certo numero di misure nel settore dell’Accessibilità sono in corso su scala europea.

Prescrizioni e norme in materia di accessibilità

L’adozione di norme europee in materia di “eAccessibilità “ del web potrebbe contribuire al corretto funzionamento del mercato unico europeo e, di conseguenza, favorire lo sviluppo di nuovi mercati, della competitività e dell’occupazione.
La Commissione Europea intende, pertanto, continuare a garantire un sostegno finanziario alle attività proposte dagli organismi europei di normalizzazione nel quadro del piano d’azione europeo in materia di normalizzazione.

Progettazione per tutti (DFA)

La DFA (la metodologia DFA indica la progettazione di prodotti e servizi affinché questi siano disponibili al maggior numero di utilizzatori possibile) permette di prendere in considerazione in maniera più completa le esigenze in materia di accessibilità in fase di progettazione di un prodotto o di un servizio. La DFA è oggi una realtà, sebbene la sua diffusione resti limitata. Di conseguenza, è fondamentale continuare a agire a favore della sensibilizzazione circa la DFA e della sua promozione in Europa. A tal fine la Commissione ha creato una rete di centri d’eccellenza (denominata “EDEAN) che conta oltre cento membri.

Accessibilità dei siti web

Una comunicazione della Commissione del 2001 (COM(2001) 529 def.) sull’accessibilità dei siti web pubblici è stata seguita nel 2002 da risoluzioni del Consiglio e del Parlamento. Gli Stati membri si sono impegnati a rendere i siti web delle loro amministrazioni pubbliche accessibili in conformità agli orientamenti internazionali.

Grazie al gruppo di esperti in materia di Accessibilità del web, la Commissione e gli Stati membri possono controllare le iniziative intraprese. D’altra parte un gruppo di lavoro del Comitato europeo di normalizzazione (CEN) sta attualmente studiando soluzioni appropriate in materia di elaborazione di sistemi di certificazione dell’accessibilità.

Criteri di valutazione comparativa e controlli

Per proseguire lo sviluppo di politiche europee adeguate nel settore dell’Accessibilità del web, è fondamentale disporre di dati europei confrontabili tra gli Stati membri. La Commissione si ispirerà alle attività di controllo in corso a livello europeo, tenendo conto della strategia di Lisbona riveduta.

Da segnalare che  al Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) l’UE si prefiggeva un nuovo obiettivo strategico per il decennio successivo, ossia quello di “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.” La strategia di Lisbona è stata riveduta nel marzo 2005 al fine di riorientare le sue priorità sulla crescita e l’occupazione.

Ricerca

Dall’inizio degli anni 90 quasi 200 progetti europei di ricerca e sviluppo tecnologico (RST) hanno contribuito a migliorare l’accessibilità grazie ad una migliore conoscenza dei problemi di accessibilità e delle relative soluzioni. L’attuale proposta concernente il Settimo programma quadro tiene conto della necessità di proseguire ed estendere la RST nel settore dell’Accessibilità del web.

TRE NUOVE STRATEGIE PROPOSTE

Oltre alla promozione delle misure in corso, la Commissione intende incentivare l’utilizzo di tre strategie non ancora sufficientemente sfruttate in Europa.

Aggiudicazione degli appalti pubblici

Le direttive europee in materia di appalti pubblici citano esplicitamente la possibilità di inserire prescrizioni relative all’accessibilità nelle condizioni (capitolato) dell’appalto. Alcuni Stati membri inseriscono già alcune prescrizioni in materia di accessibilità nei loro appalti pubblici.

È fondamentale armonizzare le prescrizioni di accessibilità inserite negli appalti pubblici in Europa. A tal fine la Commissione sta preparando un mandato destinato agli organismi europei di normalizzazione affinché stabiliscano prescrizioni di accessibilità europee per gli appalti pubblici di prodotti e servizi nel settore delle TIC. La Commissione favorirà il dibattito su tale tema con gli Stati membri in seno al gruppo di esperti sulla Accessibilità del web.

Certificazione dell’Accessibilità del web

Esistono già, o sono in preparazione, varie norme che definiscono le modalità per rendere i prodotti e i servizi accessibili. Al momento, tuttavia, non esiste alcun mezzo affidabile per valutare la conformità dei prodotti a tali norme.

L’introduzione di meccanismi di certificazione dell’accessibilità permetterebbe di orientare i consumatori e i clienti che desiderano prodotti e servizi accessibili. Offrirebbe inoltre ai fabbricanti e ai fornitori di servizio il dovuto riconoscimento per il loro impegno.

In quest’ottica le Commissione esaminerà le prospettive in materia di elaborazione e introduzione di sistemi di certificazione. Saranno inoltre esaminate le possibilità di autocertificazione e della certificazione rilasciata da terzi, mentre l’efficacia delle varie opzioni sarà oggetto di un confronto.

(Comunicazione della Commissione del 13 settembre 2005 “eAccessibilità”  Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale).

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IL CYBERBULLISMO (Le nostre vite tra diritto e web n. 15) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/24/il-cyberbullismo/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/24/il-cyberbullismo/#comments Sun, 24 Feb 2013 10:53:47 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=5003 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.15: IL CYBERBULLISMO

Nel suo rapporto sulla protezione dal ciberbullismo (o cyberbullismo) , il Consiglio federale definisce il ciberbullismo come la pubblicazione di testi, immagini o filmati diffamatori sui moderni mezzi di comunicazione come cellulari, chat, reti sociali informatiche come Facebook, forum o blog allo scopo di denigrare, offendere o molestare una determinata persona. Una caratteristica generale che contraddistingue questo fenomeno è che le aggressioni si ripetono nel tempo o persistono durante un periodo prolungato.

Il termine cyberbullying è stato coniato dall’educatore canadese BILL BELSEY. I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment (“cybermolestia”) che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne. Tuttavia nell’uso corrente cyberbullying viene utilizzato indifferentemente per entrambi. Come il bullismo  nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile, del Codice penale e, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, del Codice della Privacy (D.Lgs 196 del 2003).

Il fenomeno del ciberbullismo è molto diffuso tra i giovani che utilizzano regolarmente i nuovi mezzi di comunicazione quali i blog, i forum e le reti sociali. Il termine «ciberbullismo» deriva dal fenomeno del bullismo, che indica gli atti di prepotenza fra scolari (violenza fisica, derisione, umiliazioni ecc.).

Il ciberbullismo si distingue dalle altre forme di molestie essenzialmente per i metodi utilizzati. Innanzitutto, i ciberbulli non sono in contatto diretto con le proprie vittime. Inoltre, le informazioni che diffondono possono essere lette o viste da un numero illimitato di persone. Infine, a dipendenza del sito Internet su cui sono registrate, la vittima può incontrare delle difficoltà a far cancellare queste informazioni.

Un’altra caratteristica di questo fenomeno è che il ciberbullo, non essendo in contatto diretto con la propria vittima, non è cosciente delle sue reazioni e non è in grado di rendersi conto dei limiti da non oltrepassare. Per questa ragione, nel mondo virtuale si tende maggiormente a superare tali limiti rispetto alla vita reale, il che si traduce spesso in conseguenze drammatiche.

Le conseguenze del ciberbullismo sono spesso paragonabili a quelle del bullismo nelle scuole. Nelle vittime possono, infatti, manifestarsi sentimenti di emarginazione, di tristezza, di collera, di mancanza di fiducia in se stessi oppure reazioni quali l’ipersensibilità emotiva. Nei casi in cui gli attacchi persistono, sono state osservate conseguenze anche più gravi, in particolare disturbi del comportamento (angoscia, depressione)

Dunque, ricapitolando,  rispetto al bullismo tradizionale nella vita reale, l’uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune caratteristiche proprie:

· Anonimato del molestatore: in realtà, questo anonimato è illusorio: ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce. Però per la vittima è difficile risalire da sola al molestatore.

· Difficile reperibilità: se il cyberbullismo avviene via sms, messaggeria o mail  o in un forum online privato, ad esempio, è più difficile reperirlo e rimediarvi.

· Indebolimento delle remore etiche: le due caratteristiche precedenti, abbinate con la possibilità di essere “un’altra persona” online (vedi i giochi di ruolo), possono indebolire le remore etiche: spesso la gente fa e dice online cose che non farebbe o direbbe nella vita reale.

· Assenza di limiti spaziotemporali: mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici (ad esempio in contesto scolastico), il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal cyberbullo.

Nancy Willard propone le seguenti categorie di cyber bullismo.

· Flaming: messaggi online violenti e volgari (vedi  “flame”) mirati a suscitare battaglie verbali in un forum.

· Molestie (harassment): spedizione ripetuta di messaggi insultanti mirati a ferire qualcuno.

· Denigrazione: sparlare di qualcuno per danneggiare gratuitamente e con cattiveria la sua reputazione, via e-mail, messaggistica istantanea, ecc.

· Sostituzione di persona (“impersonation”): farsi passare per un’altra persona per spedire messaggi o pubblicare testi reprensibili.

· Rivelazioni (exposure): pubblicare informazioni private e/o imbarazzanti su un’altra persona.

· Inganno: (trickery); ottenere la fiducia di qualcuno con l’inganno per poi pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate via mezzi elettronici.

· Esclusione: escludere deliberatamente una persona da un gruppo online per provocare in essa un sentimento di emarginazione.

· Cyber-persecuzione (“cyberpersecuzione”): molestie e denigrazioni ripetute e minacciose mirate a incutere paura.

(tra le fonti: wikipedia)


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OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA PA E TUTELA DEI DATI DEI SOGGETTI PIÙ DEBOLI (Le nostre vite tra diritto e web n. 14) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/16/obblighi-di-trasparenza-della-pa/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/16/obblighi-di-trasparenza-della-pa/#comments Sat, 16 Feb 2013 18:18:02 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4957 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.14: OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA PA E TUTELA DEI DATI DEI SOGGETTI PIÙ DEBOLI

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

“La necessità di realizzare un controllo diffuso sull’attività della Pubblica amministrazione non deve portare a forme sproporzionate di diffusione di informazioni, lesive dei diritti dei cittadini, specialmente di quelli in condizioni più disagiate”.
È, in sintesi, quanto affermato dal Garante per la privacy, che ha espresso il proprio parere, favorevole ma condizionato, allo schema di decreto legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione sugli obblighi di trasparenza della P.A.
Il Garante, pur condividendo le ragioni sottese al provvedimento volte essenzialmente a garantire una maggiore trasparenza nell’attività della P.A., ha, tuttavia, chiesto la modifica di alcune norme proprio per aumentare le garanzie a tutela delle persone: la trasparenza, infatti, deve essere comunque bilanciata con un diritto di pari rango costituzionale come quello della riservatezza e della protezione dei dati che trova la sua matrice nella normativa europea.
Per tale motivo, il Garante ha valutato con preoccupazione i possibili rischi che alcune disposizioni contenute nel provvedimento potrebbero determinare, in considerazione della particolare delicatezza di alcune informazioni che verrebbero messe on line e della loro facile reperibilità e riutilizzabilità incontrollata grazie ai motori di ricerca. Si pensi soltanto ai dati sensibili o in grado di rivelare condizioni di disagio economico e sociale di anziani, disabili o altri soggetti deboli che beneficiano di sussidi (es. social card), la cui diffusione potrebbe comportare irreversibili danni per la dignità degli interessati, anche considerate le difficoltà oggettive di cancellare tali informazioni una volta in rete.
Queste, in sintesi, le richieste avanzate dal Garante.

Dati personali: Sui siti web della P.A. non dovranno mai essere diffusi dati sulla salute e sulla vita sessuale. Vanno esclusi dalla pubblicazione i dati identificativi dei destinatari dei provvedimenti dai quali si possano ricavare dati sullo stato di salute o di uno stato economico-sociale degli interessati (ad esempio, il riconoscimento di agevolazioni economiche, la fruizione di prestazioni sociali collegate al reddito, come l’esenzione dal contributo per le refezione scolastica o dal ticket sanitario, i benefici per portatori di handicap, il riconoscimento di sussidi ad anziani non autosufficienti etc.). Non dovranno, poi, essere diffusi i dati non pertinenti rispetto alle finalità perseguite (ad esempio l’indirizzo di casa, il codice fiscale, le coordinate bancarie, la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce ISEE).
Motori di ricerca: I documenti pubblicati dovranno essere rintracciabili solo mediante i motori di ricerca interna al sito del soggetto pubblico e non attraverso i comuni motori di ricerca, garantendo così la conoscibilità dei dati senza che essi vengano estrapolati dal contesto nei quali sono inseriti.
Durata della pubblicazione: Dovranno stabilirsi periodi differenziati di permanenza on line dei documenti, con una accessibilità selettiva una volta scaduto il termine di pubblicazione.
Dipendenti pubblici: Per quanto riguarda i dipendenti pubblici, lo schema di decreto legislativo dovrà essere modificato circoscrivendo la pubblicazione dei dati ad un ambito più ristretto di informazioni personali, strettamente pertinenti, sia riguardo ai curricula sia ai compensi corrisposti, individuando anche modalità di diffusione meno invasive di quelle previste.
Incarichi politici e cariche elettive: Per quanto riguarda gli obblighi di trasparenza relativi ai titolari di incarichi politici o di carattere elettivo, il Garante ha richiesto una graduazione degli obblighi di pubblicazione sia sotto il profilo della platea dei soggetti coinvolti che del contenuto degli atti da pubblicare. In particolare, occorre circoscrivere il contenuto delle dichiarazioni dei redditi da pubblicare alle sole notizie risultanti dal quadro riepilogativo della dichiarazioni stesse, allo scopo di evitare la diffusione di dati anche sensibili. Lo stesso vale per soggetti estranei all’incarico pubblico, come coniugi, figli, parenti, ai quali è comunque necessario chiedere il consenso alla pubblicazione dei dati. Tale consenso dovrà essere libero e non condizionato e non dovranno comunque essere resi noti i nomi degli interessati che non intendessero fornirlo.
cfr. Fonte: diritto e diritti.

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DIRITTO DI CITAZIONE E WEB (Le nostre vite tra diritto e web n. 13) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/03/diritto-di-citazione-e-web/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/02/03/diritto-di-citazione-e-web/#comments Sun, 03 Feb 2013 17:47:21 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4927 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.13: DIRITTO DI CITAZIONE E WEB

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Il diritto di citazione (o diritto di corta citazione) è un diritto dell’individuo che si contrappone al diritto dell’autore. Infatti, sebbene ne detenga i diritti morali inalienabili, in un certo numero di circostanze un autore non può opporsi alla pubblicazione di un estratto della propria opera, proprio per non ledere l’altrui diritto di citarla.
L’art. 70, Legge 22 aprile 1941 n. 633 (recante norme sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) dispone che «il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti d’opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscono concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».
Con il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003 è stata introdotta l’espressione di comunicazione al pubblico, per cui il diritto è esercitabile su ogni mezzo di comunicazione di massa, incluso il WEB.
La normativa prevede che chi si avvale del Diritto di Citazione non deve farlo per fini commerciali che siano in concorrenza con gli eventuali fini commerciali dell’autore.

Il diritto di Citazione, comunque, prevede l’OBBLIGO da parte di chi estrapola contenuti altrui per i fini previsti, di indicare con esattezza la fonte: solitamente AUTORE E SITO INTERNET da cui è stata prelevata la risorsa.
Nel caso di uso personale, poi, di chi stampa o salva una pagina di un sito sul proprio hard disk per poterla visionare offline, la stampa o il salvataggio della risorsa, ESCLUDE comunque la possibilità di: ripubblicare su internet, a scopo di lucro o meno, la risorsa, e la ridistribuzione attraverso formato diverso (es: pubblicazione cartacea o cdrom).

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IL PHARMING: manipolazione di indirizzi web (Le nostre vite tra diritto e web n. 12) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/01/26/il-pharming/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/01/26/il-pharming/#comments Sat, 26 Jan 2013 10:48:06 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4909 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.12: IL PHARMING: manipolazione di indirizzi web

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Il pharming è una ulteriore tecnica fraudolenta che sempre più spesso si sta accompagnando al phishing.
Mentre il phisher, generalmente, carpisce la buona fede degli utenti di internet attraverso falsi messaggi confidenziali, con il Pharming l’inganno è ancora più occulto.
La truffa consiste nel realizzare pagine web identiche ai siti già esistenti (banche, assicurazioni, softwarehouses etc.) in modo che l’utente sia convinto di trovarsi, ad esempio, nel sito della propria banca e sia indotto a compiere le normali transazioni sul proprio conto on-line.
Una volta digitate le credenziali (password e user ID) del proprio conto, sarà semplice recuperarle, tramite keylogger o troiani, per utilizzarle a fini fraudolenti.
Il pharming è quindi un intervento di manipolazione delle direzioni verso le quali viaggiano le informazioni relative agli indirizzi web su cui l’utente clicca per effettuare la ricerca.
Infatti nel momento in cui l’utente digita il nome di un sito nella barra degli URL, dopo aver digitato su “cerca” invia l’informazione ad un server, per l’appunto quello in cui è ospitato il sito.
Il server decodifica l’indirizzo web digitato con l’indirizzo IP numerico appartenente al sito.
Con il pharming accade invece che questa corrispondenza fra nome a dominio del sito e suo indirizzo IP venga interrotta; al nome a dominio indicato viene associato un nuovo indirizzo IP relativo al sito creato dal Pharmer.
In sostanza il Pharming si concretizza in un attacco al server che gestisce le direzioni DNS (domain name system), in modo da far instradare la connessione verso il sito voluto, indipendentemente dalla volontà dell’utente ed evitando ogni contatto con il sito effettivamente clonato.

Per controllare l’attendibilità di un sito si deve quindi:
verificare che la pagina che espone il sigillo dell’Autorità di Certificazione Verisign sia accessibile in una pagina protetta (che viene segnalata dalla presenza di un lucchetto chiuso).
Nella maggior parte dei browser l’icona è situata nella barra degli indirizzi (barra di navigazione) accanto all’indirizzo del sito, purché i livelli di sicurezza impostati sul browser siano medio-alti, come da condizione standard di installazione.

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PIRATERIA ON LINE (Le nostre vite tra diritto e web n. 11) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/01/19/pirateria-online/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/01/19/pirateria-online/#comments Sat, 19 Jan 2013 11:08:25 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4879 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 11: PIRATERIA ON LINE

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Cosa si intende per “pirateria online”?
Secondo l’Agcom (l’autorità preposta al controllo) , è quella derivante da:
1- download;
2- peerto-peer;
3- streaming illegale di video e audio sul web
, peraltro legata anche al grado di diffusione della banda larga, dato che la fruizione di contenuti video necessita di banda più ampia.

Come evidenziato dall’Autorità, le possibilità tecniche di violazioni del diritto d’autore tramite reti di comunicazione elettronica sono molteplici ed in costante evoluzione, e le misure di contrasto ad oggi disponibili, pur efficaci nell’ambito di organizzazioni private o pubbliche (che le utilizzano soprattutto per limitare l’accesso ad Internet da parte dei propri dipendenti), risultano però poco adattabili all’utilizzo nel mercato residenziale a larga banda.
Ciò perché evidentemente possono contrastare con il Codice Privacy, con il diritto di accesso ad Internet e con il principio di “neutralità” della rete .

Per fronteggiare questi episodi fin dal 2007 si è tentato di far andare in porto il “progetto ACTA”.

ACTA è un accordo commerciale tra nazioni che si pone come obiettivo dichiarato la lotta a ogni tipo di contraffazione, anche se il termine è piuttosto vago perché andrebbe a mettere sullo stesso piano la merce taroccata e i farmaci generici, i prodotti falsificati e i file multimediali scaricati dai singoli utenti.
Il progetto ha avuto altissime contestazioni. Secondo diversi giuristi e attivisti, infatti, l’accordo andrebbe a minare i presupposti della libera condivisione in Rete, introducendo misure a tratti illiberali volte alla tutela delle grandi compagnie cinematografiche e discografiche.
A gennaio 2012 diversi stati dell’Unione Europea avevano sottoscritto l’accordo facendo deflagrare vive proteste in tutta Europa.
Lo scorso 11 febbraio decine di migliaia di persone avevano occupato le piazze europee, costringendo i relatori dell’accordo a modificare alcuni passaggi controversi come la facoltà degli agenti di frontiera di setacciare laptop e lettori mp3 in cerca di file illegali.
L’accordo è poi passato sotto le forche caudine di cinque commissioni europee ricevendo solo bocciature.
Nel luglio 2012 , infine, il Parlamento Europeo è stato chiamato a votare, e ha espresso un forte e inequivocabile no.

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DIRITTO D’AUTORE ED EVOLUZIONE IN INTERNET (Le nostre vite tra diritto e web n. 10) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/01/13/diritto-d%e2%80%99autore-ed-evoluzione-in-internet/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2013/01/13/diritto-d%e2%80%99autore-ed-evoluzione-in-internet/#comments Sun, 13 Jan 2013 13:45:28 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4852 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 10: DIRITTO D’AUTORE ED EVOLUZIONE IN INTERNET

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

L’era internet ha portato nella disponibilità immediata di noi tutti una mole immensa di documenti, riproduzioni, filmati, fotografie, facilmente accessibili, divulgabili, imitabili.
Come si concilia questa velocità e facilità d’accesso con la tutela del diritto d’autore?
Va premesso che tutte le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o l’espressione, formano oggetto del diritto d’autore (art. 2575 c.c.).
La disciplina del diritto d’autore trova poi varia fonte anzitutto nella Carta costituzionale, e in particolare negli artt. 2, 3, 9, 21, 33, 35, 41 e 42 Cost.
La pubblicazione o comunicazione al pubblico dell’opera inoltre , risulta normalmente una espressione della libertà di manifestazione del pensiero di cui all’ art. 21 Cost., letta in combinato disposto con i principi di sviluppo della cultura e della libertà di creazione artistica di cui agli artt. 9 e 33 Cost.
Il diritto d’autore si acquista dunque originariamente con la creazione dell’opera (tranne i casi specifici in cui questa creazione sia avvenuta nell’ambito di un contratto di prestazione d’opera), quindi l’opera appartiene, come primo titolare, a chi ne è l’autore (art. 2576 c.c.).
Egli ha il diritto di disporne economicamente e riceve tutela quanto alla paternità dell’opera anche se ne cede lo sfruttamento.
La recente legge 248/00, modificando la legge 633/41, ha introdotto ulteriori ipotesi al fine di combattere la pirateria e la contraffazione, anche quella che si realizza via Internet.
Esaminiamo nel dettaglio le norme più significative.
- ART 70 L. 633-41 come modificata: riassunto, citazione o riproduzione a scopo studio, discussione, documentazione.
Ogni forma di testo, anche breve, è tutelata dalla normativa sul diritto d’autore e non può essere copiata, riprodotta (anche in altri formati o su supporti diversi), né tantomeno è possibile appropriarsi della sua paternità. L’unica eccezione prevista dalla legge (art. 70 l. 633/41) è quella di consentire il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o parti di opere letterarie (ma non l’intera opera, o una parte compiuta di essa) a scopo di studio, discussione, documentazione o insegnamento, purché vengano citati l’autore e la fonte, e non si agisca a scopo di lucro, sempre che tali citazioni non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera stessa. Solo in questa particolare ipotesi si può agire senza il consenso dell’autore.
Ciò vale anche per la musica, mp3. Midi files, testi delle canzoni e opere cinematografiche. Pertanto la distribuzione e lo scambio di materiale musicale che avviene tra utenti della rete (in genere sotto forma di file MP3 o WAV) è da considerarsi chiaramente illegittima se non espressamente autorizzata dall’autore o da chi detiene i diritti economici dell’opera. E di recente sono stati assai numerosi gli interventi, anche a livello internazionale, volti ad arginare il fenomeno della cosiddetta pirateria musicale.
Un caso particolare è rappresentato dai files MIDI, spesso utilizzati come basi o sottofondi musicali di molti siti Web. Trattandosi di elaborazioni dell’opera originaria, esse devono comunque essere autorizzate dall’autore del brano stesso o da chi ne detiene i diritti di utilizzazione economica. Pertanto, a volere legittimamente utilizzare i midi-files, bisogna essere certi che colui che li ha realizzati sia stato a ciò espressamente autorizzato dal compositore o dall’editore.
I limiti ora riferiti non sussistono per la riproduzione di musica di autori morti da oltre settant’anni, salvi comunque i diritti dovuti a chi ha eseguito e prodotto la registrazione, comunque da remunerare.
Le OPERE CINEMATOGRAFICHE e i FILMATI godono pure di un’analoga tutela. È solo da precisare che, trattandosi assai spesso di opere collettive (realizzate cioè congiuntamente da più partecipanti: regista, sceneggiatore, compositore della colonna sonora, etc.), la loro tutela si estende sino al trascorrere del settantesimo anno dalla morte dell’ultimo dei coautori.
- Art 88 L. 633- 41 come modificata: fotografia e diritti di riproduzione e spaccio.
Bisogna distinguere se le fotografie hanno o meno un carattere artistico. Nel caso si tratti di semplici opere fotografiche, al fotografo spettano i diritti esclusivi di riproduzione, diffusione e spaccio (art. 88 l. 633/41), salvo il caso che l’opera sia stata commissionata in seno ad un contratto di lavoro (in tal caso degli stessi diritti sarà titolare il datore di lavoro). La tutela dura venti anni dalla data di realizzazione della fotografia.
Tuttavia, per la legislazione italiana vale anche un altro principio, in questo caso piuttosto favorevole alla diffusione delle opere fotografiche. L’art. 90 della l. 633/41 infatti prescrive che ogni esemplare della foto deve contenere:
1. il nome di chi detiene i diritti di utilizzazione economica (fotografo, datori di lavoro o committente);
2. l’indicazione dell’anno di produzione della fotografia, e – se la foto riproduce un’opera d’arte -;
3. il nome dell’autore dell’opera d’arte fotografata.
In caso di mancanza di tali informazioni, la riproduzione delle foto non si considera abusiva sempre che il fotografo (o il suo datore di lavoro) non provino la malafede di chi le ha riprodotte.
Le FOTO ARTISTICHE, invece, in base all’art. 2 della Convenzione di Berna del 9.9.1886 (aggiornata dalla convenzione di Bruxelles del 26.6.1948), recepita nel nostro ordinamento con la l.16.2.1953, n. 247, vengono considerate alla stregua di opere dell’ingegno e la loro tutela non è subordinata ad alcuna formalità (quale appunto l’indicazione del titolare dei diritti e dell’anno di realizzazione). Non solo, pure la durata della tutela si estende sino al settantesimo anno successivo alla morte dell’autore, e non al ventennio dalla realizzazione.
- Art 96 L. 633-41 come modificata: ritratti
Per i RITRATTI, la legge impone che chiunque voglia esporre, riprodurre o mettere in commercio la fotografia rappresentante l’immagine di una persona, deve preventivamente ottenere il consenso di questa (art. 96 l. 633/41). Il consenso non è necessario se la persona è di particolare notorietà o se è fotografata in virtù di qualche ufficio pubblico che ricopre, o per ragioni di giustizia o di polizia, oppure per scopi scientifici, didattici, culturali, o ancora se la riproduzione è legata a fatti, avvenimenti, cerimonie di pubblico interesse o che comunque si sono svolte in pubblico (art. 97 l. 633/41), salvo che l’esposizione o la messa in commercio arrechino pregiudizio alla reputazione ed al decoro della persona ritratta. Se viene ritratto un personaggio pubblico, la sua immagine non può essere utilizzata – senza la necessaria autorizzazione – per fini diversi dal dare notizie o informazioni su tale personaggio.
- TUTTAVIA…
Recentemente, come emerso anche nel corso dell’audizione parlamentare del suo Presidente svoltasi in data 21 marzo 2012, l’AGCOM (e cioè l’autorità garante in questo settore) si è occupata delle problematiche emerse nel settore internet in materia di diritto d’autore.
Come notato da tale Autorità, l’evoluzione tecnologica e le nuove forme di fruizione dei contenuti digitali pongono l’esigenza, seria e urgente, di garantire, da una parte, un’efficace applicazione del diritto d’autore (inteso, a sua volta, come diritto alla libertà di espressione e diritto all’equa remunerazione degli autori), e dall’altra, una adeguata tutela dei diritti dei cittadini (accesso alla cultura e a Internet e diritto alla privacy in particolare).
In materia di tutela del diritto d’autore, l’AGCOM ha visto accrescere progressivamente il proprio ruolo grazie a interventi del legislatore che poggiano su tre pilastri normativi di seguito individuati:
1) la legge n. 248/2000,già citata che, nell’aggiornare le disposizioni della legge n. 633/41, ha inserito l’articolo 182-bis, con cui si attribuivano all’Autorità e alla SIAE, nell’ambito delle rispettive competenze previste dalla legge, poteri di vigilanza, ma anche di ispezione, con l’obbligo di informare gli organi di polizia giudiziaria in caso di accertamento di violazioni.
2) art. 32-bis del decreto legislativo n. 44/2010, che impone ai fornitori di servizi di media audiovisivi – come definiti al medesimo articolo – il rispetto dei diritti d’autore e dei diritti connessi nell’esercizio della propria attività, prevedendo altresì che l’Autorità garante emani le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l’osservanza dei limiti e dei divieti posti dalla norma citata.
3) le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 70 del 2003, di recepimento della direttiva sul commercio elettronico, su contenuti e limiti delle responsabilità degli ISP, a seconda che svolgano attività di mere conduit, di caching e hosting di contenuti digitali. Va evidenziato che tale ultima normativa peraltro introduce, in via profondamente innovativa, il doppio binario di tutela: amministrativa e giudiziaria, prevedendo che l’autorità “amministrativa avente funzioni di vigilanza” possa esigere, al pari di quella giudiziaria, che il prestatore di servizi “impedisca o ponga fine alle violazioni commesse”.
L’AGCOM ha quindi potere inibitorio anche quando si configuri una violazione del diritto d’autore.

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IL “BEHAVIOURAL ADVERTISING”, ossia la pubblicità comportamentale in rete (Le nostre vite tra diritto e web n. 9) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/12/15/il-behavioural-advertising/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/12/15/il-behavioural-advertising/#comments Sat, 15 Dec 2012 15:12:54 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4761 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 9: IL “BEHAVIOURAL ADVERTISING”, ossia la pubblicità comportamentale in rete

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Come è noto la pubblicità investe ormai ogni aspetto della nostra vita di relazione ed è il meccanismo che consente anche di sostenere i consumi e di invogliare agli acquisti. Siamo abituati agli spot pubblicitari, alle interruzioni nei programmi, ai banner, ai cartelloni e alle voci che ci martellano.

Ciò che non conosciamo ancora, però, è il nuovo meccanismo della pubblicità in rete, anche detta “behavioural advertising”.
È una forma di pubblicità nata nel mondo delle comunicazioni informatiche.
Funziona così: la rete registra le informazioni rilasciate dagli utenti durante la navigazione in internet al fine di creare segmenti pubblicitari ad personam modellati sugli interessi dell’utente.
Facciamo un esempio: hai scritto una e-mail nella quale confidi a una tua amica i tuoi gusti letterari? Ecco che ai lati dello schermo compare magicamente proprio il libro di cui parlavi. Esprimi al fidanzato il desiderio di una vacanza nelle isole dei tropici? Ecco che compare l’ultima, vantaggiosa offerta di un volo last minute o di alberghi del luogo…
Questo particolare tipo di pubblicità non è – allo stato – illecita o vietata nel mondo digitale, ma genera allarme e desta la necessità di proteggere l’identità e i dati sensibili degli utenti. Ecco perché l’Unione Europea negli ultimi anni si è mossa in modo deciso per creare direttive e linee guida contenenti discipline di regolamentazione delle comunicazioni elettroniche al fine di tutelare la privacy degli utenti di internet.
In particolare, nel parere 2/2010 sulla pubblicità comportamentale on-line, viene in rilievo come i fornitori di reti pubblicitarie siano vincolati all’ art. 5 par. 3 della direttiva e-privacy secondo la quale la memorizzazione dei marcatori nel browser è consentito solo previo consenso dell’ utente.
Tuttavia gli attuali sistemi di opt-out consentono la trasmissione del consenso in circostanze assai limitate. Inoltre la prima accettazione da parte dell’utente comporta in genere una implicita accettazione di ogni eventuale futuro tracciamento basato sui cookies stanziati all’interno del suo browser e quindi la realizzazione vera e propria del monitoraggio del comportamento di navigazione .
Ne deriva che sebbene nessuno ne abbia coscienza, la nostra navigazione in internet lascia tracce e segnalazioni dei nostri gusti, dei nostri orientamenti, delle nostre caratteristiche e della nostra identità.
Per questo motivo su impulso dello IAB of Europe, il 14 Aprile 2011 a Bruxelles è stato pubblicato un documento regolatorio della pratica di pubblicità comportamentale, contenente good practice per addivenire ad una completa trasparenza ed un maggiore controllo dell’utente sulle informazioni personali trasmesse in rete.
Il documento è stato inoltre accettato e sottoscritto anche da alcune tra le più famose aziende di ICT del mondo (tra cui Microsoft).
Lo scopo è quello di educare i consumatori e le aziende sulla Pubblicità comportamentale e sul come utilizzare questo sistema per trarne vantaggio bilaterale da entrambe le parti.
Il principio cardine del documento è la trasparenza richiesta, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi utilizzati dalle aziende per la raccolta dei dati degli utenti e la promozione di un maggiore controllo del consumatore sul processo di raccolta dati che lo riguardano, specialmente se si tratta di dati personali.

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CONTROLLO DELLE E-MAIL DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO: licenziamento per giusta causa (Le nostre vite tra diritto e web n. 7) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/12/02/controllo-delle-e-mail-da-parte-del-datore-di-lavoro/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/12/02/controllo-delle-e-mail-da-parte-del-datore-di-lavoro/#comments Sun, 02 Dec 2012 10:01:55 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4718 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 7: CONTROLLO DELLE E-MAIL DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Controllo delle e-mail da parte del datore di lavoro? La Cassazione dice sì, se è a scopo difensivo.

E’ principio sancito anche a livello costituzionale che la segretezza della corrispondenza sia tutelata.
E infatti la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali stabilisce, al comma 1 dell’art. 21 (Libertà di espressione), che ogni persona ha (…) libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera.
E l’art 15 della Costituzione italiana ha introdotto la nozione di libertà e segretezza della corrispondenza per la prima volta nello Stato italiano, superando così la visione dello Statuto Albertino che la escludeva.
La Costituzione del 1948 supera inoltre la “vecchia” visione di corrispondenza, allargandola a ogni mezzo di comunicazione. L’art. 15 Cost. contiene un principio supremo e recita:
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge
”.
Sulla scorta di tali principi si è più volte si è ribadito che il controllo a distanza del lavoratore, della posta elettronica (email aziendale) e degli accessi Internet (navigazione Web), non è consentito in base al Codice della Privacy e all’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Accade a volte però che in seno al rapporto di lavoro emergano fatti «tali da raccomandare l’avvio di una indagine retrospettiva». In tali casi il datore di lavoro è autorizzato a verificare la corretta esecuzione della prestazione anche accedendo alle email inviate e ricevute dal dipendente.
Ma c’è di più: se la corrispondenza telematica conferma i sospetti del datore di lavoro, questa costituisce una giusta causa di licenziamento.
La precisazione è frutto dell’ultima sentenza sul tema della Corte di cassazione, la n. 2722/2012 intervenuta sul caso di un funzionario di banca che ha divulgato informazioni aziendali riservate attraverso la posta elettronica e – scoperto dal datore di lavoro – è stato licenziato per giusta causa.
La “giusta causa” per il licenziamento si era configurata anche a fronte del vantaggio personale che il dipendente aveva tratto diffondendo le notizie riservate riguardo alcune operazioni finanziarie e violando l’obbligo di segretezza e correttezza (articolo 2104 del codice civile), nonché il regolamento interno e il codice deontologico.
Un comportamento ritenuto «particolarmente lesivo dell’elemento fiduciario».
La Cassazione ha ritenuto che non era possibile attribuire al datore di lavoro la violazione delle garanzie ai dipendenti imposte dello Statuto dei lavoratori né quelle costituzionali, perché in questo caso l’attività di controllo sulle strutture informatiche aziendali utilizzate dal lavoratore «prescindeva dalla pura e semplice sorveglianza sull’esecuzione della prestazione», ma era «diretta ad accertare la perpetrazione di eventuali comportamenti illeciti (poi effettivamente riscontrati)» e «destinato ad accertare un comportamento che poneva in pericolo la stessa immagine dell’istituto presso terzi».

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DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK (Le nostre vite tra diritto e web n. 6) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/11/17/diffamazione-a-mezzo-facebook-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-6/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/11/17/diffamazione-a-mezzo-facebook-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-6/#comments Sat, 17 Nov 2012 13:43:09 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4658 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 6: DIFFAMAZIONE A MEZZO FACEBOOK

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Ottobre 2012, Tribunale di LIVORNO: diffamazione a mezzo facebook

La materia della diffamazione costituisce uno dei temi più delicati nella regolamentazione del mondo delle informazioni, soprattutto da quanto la comunicazione viaggia veloce su internet.
L’esistenza del web ha infatti aggravato il problema della asimmetria tra potenziale calunniato e potenziale calunniatore, poiché la rete non ha confini territoriali e limiti di percezione. È quindi indubitabile che la lesività del reato è potenziata, e pressoché irrecuperabile.
Iniziamo col definire la diffamazione.

L’art 595 c.p. stabilisce che “chiunque, al di fuori dei casi di cui all’art. 594 c.p. (Ingiuria), comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino ad € 1.032,00. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino ad € 2.065,00. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altra forma di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad € 516,00”.

L’art. 596-bis c.p. (Diffamazione a mezzo stampa) dispone, inoltre, che se il delitto è commesso col mezzo della stampa, lo stesso trattamento sanzionatorio, diminuito in misura non eccedente un terzo, è applicato al direttore o vicedirettore responsabile, all’editore ed allo stampatore (per i reati di cui agli artt. 57 c.p., Reati commessi col mezzo della stampa periodica, 57-bis c.p., Reati commessi col mezzo della stampa non periodica, e 58 c.p., Stampa clandestina), in quanto tenuti ad esercitare sul contenuto del periodico il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati.

Il legislatore, pur mostrando di aver preso in considerazione l’esistenza di nuovi strumenti di comunicazione, telematici ed informatici (si veda, ad esempio, l’art. 623-bis c.p. in tema di reati contro l’inviolabilità dei segreti), non ha ritenuto di mutare o integrare la normativa con riferimento ai reati contro l’onore (artt. 594 e 595 c.p.), pur essendo intuitivo che questi ultimi possano essere commessi anche per via telematica o informatica.

Pensando, ad esempio, alla trasmissione di comunicazioni via e-mail, ci si rende facilmente conto che è certamente possibile che un agente, inviando messaggi atti ad offendere un soggetto, realizzi la condotta tipica del delitto di ingiuria (se il destinatario è lo stesso soggetto offeso) o di diffamazione (se i destinatari sono persone diverse). Ovviamente, l’azione è altrettanto idonea a ledere il bene giuridico dell’onore anche se l’agente immette il messaggio in rete con modalità diverse.

Dottrina e giurisprudenza sono, dal canto loro, oramai in accordo, ritenendo che nella nozione di “stampa” di cui all’art. 595, co. 3, c.p. debba essere ricompresso ogni prodotto idoneo alla sua diffusione in una molteplicità di esemplari, con mezzi meccanici o fisico-chimici. Analogamente, per “altri mezzi di pubblicità” si intendono, in senso ampio, tutti gli altri mezzi divulgativi, quindi, anche internet (Cass. pen., n. 4741/2000, cit.).

È noto che il reato di diffamazione si consumi anche se la comunicazione e/o la percezione non siano contemporanee e contestuali ma, mentre nel caso di diffamazione commessa a mezzo posta o e-mail è necessario che l’agente compili e spedisca una serie di messaggi ad uno o più destinatari, nel caso in cui l’autore del reato crei o utilizzi uno spazio web o un social network come facebook, la comunicazione deve intendersi effettuata potenzialmente erga omnes (anche se nell’ambito limitato di coloro che abbiano gli strumenti, la capacità tecnica o l’autorizzazione a connettersi).

Partendo da tale premessa, si giunge agevolmente a ritenere che l’utilizzo di Internet integri l’ipotesi aggravata di cui all’art. 595, co. 3, c.p. (offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), poiché la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio – solo lontanamente paragonabile a quella della stampa ovvero delle trasmissioni televisive o radiofoniche – rende l’agente meritevole di un più severo trattamento penale.

Internet è, infatti, un mezzo di comunicazione più “democratico”: chiunque, con costi relativamente contenuti e con un apparato tecnologico modesto, può creare un proprio “sito”, ovvero utilizzarne uno altrui. Poiché le informazioni e le immagini immesse nel web, relative a qualsiasi persona, sono fruibili (potenzialmente) in qualsiasi parte del mondo, il reato, di conseguenza, si consuma al momento della percezione del messaggio da parte di soggetti estranei sia all’agente che alla persona offesa (Cass. pen., n. 4741/2000, cit.).

Una volta stabilito che in astratto è configurabile la diffamazione a mezzo Internet, occorre chiedersi come sia possibile dare la prova processuale dell’esistenza di uno scritto o filmato o immagine diffamatoria.

Non bisogna dimenticare che la pagina web incriminata potrebbe essere cancellata dopo poche ore dalla pubblicazione, quando il reato è già stato commesso ed il danno prodotto. Le informazioni tratte da una rete telematica sono per loro stessa natura volatili e suscettibili di continua trasformazione e, pertanto, deve escludersi che abbia qualità di documento, con conseguente efficacia probatoria, una copia su supporto cartaceo (una mera stampa dalla pagina web) che non risulti raccolta con garanzie di rispondenza all’originale e di riferibilità ad un determinato periodo temporale (Cass. civ., sez. lav., 16 febbraio 2004, n. 2912).

Si impone, quindi, la necessità di fornire certezza al contenuto del testo diffamatorio e dimostrarne la data certa. Tale impellenza viene soddisfatta con una produzione della copia conforme della pagina web, proprio al fine di cristallizzarne il contenuto in un preciso istante temporale .

Posto che la pagina web costituisce “documento informatico” (rappresentazione informatica di atti e fatti o dati giuridicamente rilevanti) ai sensi dell’art.1 d.lgs 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale, in Gazz. Uff. 16 maggio 2005, n. 112, suppl. ord. n. 93) e che, ai sensi all’art. 23, la copia del documento informatico – su supporto cartaceo o digitale – è valida se raccolta in conformità alle regole tecniche vigenti, la copia conforme della pagina web potrà essere eseguita da un notaio (oltre che da un cancelliere, segretario comunale, etc., ex art. 18, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa, in Gazz. Uff. 20 febbraio 2001, n. 42, suppl. ord. n. 30) il quale adatti alle peculiarità del documento informatico la tipica attività notarile di rilascio di copie autentiche. Tale certificazione di conformità costituisce il presupposto minimo richiesto dalla giurisprudenza.

Infine, giova rammentare che sotto il profilo civilistico la diffamazione a mezzo internet comporta un danno morale, quantificabile economicamente. Sul punto, una sentenza del Tribunale di Monza, ovvero la sentenza n. 770 del 2 marzo 2010, afferma che: “ogni utente di social network (nel caso di specie di “facebook”) che sia destinatario di un messaggio lesivo della propria reputazione, dell’onore e del decoro, ha diritto al risarcimento del danno morale o non patrimoniale, ovviamente da porre a carico dell’autore del messaggio medesimo”.

Ancora più di recente Il Tribunale di Livorno, in data 1 ottobre 2012, ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di una donna per diffamazione a mezzo stampa (comma 3 dell’articolo 595 c.p.), per aver scritto frasi offensive sul proprio profilo Facebook, e rivolte al proprio ex datore di lavoro. Il tribunale di Livorno, dando vita ad un nuovo orientamento nella giurisprudenza di merito, ha deciso di condannare la donna per “diffamazione” con l’aggravante del “mezzo stampa” poiché l’insulto all’ex datore di lavoro (che l’aveva licenziata) è avvenuto sul proprio profilo Facebook.

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L’IDENTITY THEFT, OSSIA IL FURTO DI IDENTITÀ (Le nostre vite tra diritto e web n. 4) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/11/03/l%e2%80%99identity-theft-ossia-il-furto-di-identita/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/11/03/l%e2%80%99identity-theft-ossia-il-furto-di-identita/#comments Sat, 03 Nov 2012 10:22:35 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4591 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 4: L’IDENTITY THEFT, OSSIA IL FURTO DI IDENTITÀ

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Nuova sentenza della Corte di Cassazione

L’identità personale è uno dei valori che sono al centro della disciplina di protezione dei dati. E’ inoltre uno dei fondamentali diritti della personalità di un individuo (come tale inalienabile, imprescrittibile, assoluto, non patrimoniale, innato).
Il dlgs 30 giugno 2003 n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali) all’art 2 afferma che il codice medesimo “garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali”.
Da ciò l’attenzione e la preoccupazione per il nuovo fenomeno dell’identity theft, ossia del “furto di identità”, che si realizza – normalmente – attraverso una appropriazione non autorizzata di dati personali e documenti altrui da parte di soggetti che, in genere, li utilizzano per chiedere prestiti o finanziamenti nel settore del credito al consumo o per altre attività (apertura carte di credito, attivazione di contratti telefonici).
Il fenomeno è divenuto allarmante nell’epoca della rete a causa della facilità di comunicazione attraverso la posta elettronica e i social network.
Esso si è infatti trasformato nel cosiddetto phishing, che avviene mediante l’utilizzo di comunicazioni elettroniche (in genere chi vuole effettuare il furto manda messaggi di posta elettronica artefatti che riproducono marchi istituzionali di banche o enti al fine di indurre i soggetti contattati a rivelare dati personali come il numero di conto corrente, codici o password).
Da un punto di vista giuridico, in Italia, non esistono norme che prevedono e codificano in reati specifici tali condotte commesse su internet, e per questo, con l’ausilio della dottrina e della giurisprudenza (Cassazione sent. n. 46674/2007) vengono “prese a prestito” fattispecie di reati quali la sostituzione di persona (art. 494 c.p.) ed altre forme previste dal Codice sulla Privacy (D.Lgs. 196/2003) che vengono in genere applicate per le condotte commesse al di fuori della rete.
Nel caso del phishing taluni tribunali applicano la fattispecie della truffa.
Da ultimo occorre segnalare l’interessante pronuncia della Corte di cassazione, sez. III, n. 12479-012 che ha statuito che :
“Integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 cod. pen.), la condotta di colui che crei ed utilizzi un account di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto,inducendo in errore gli utenti della rete internet, nei confronti dei quali le false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese”.
Sul punto bisogna infine dire che la legislazione americana è molto più severa. Lo Stato della California, ad esempio, punisce tutti coloro che accedono a Facebook sotto falso nome, con una pena che prevede 1000 dollari di multa e sino ad una anno di reclusione, qualificando tale condotta come reato.

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I COMPUTER CRIMES O CYBER CRIME. IN PARTICOLARE IL PHISHING (Le nostre vite tra diritto e web n. 3) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/28/i-computer-crimes-o-cyber-crime-in-particolare-il-phishing-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-3/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/28/i-computer-crimes-o-cyber-crime-in-particolare-il-phishing-le-nostre-vite-tra-diritto-e-web-n-3/#comments Sun, 28 Oct 2012 16:41:54 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4573 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 3: COMPUTER CRIMES O CYBER CRIME - IL PHISHING

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

La classificazione del Codice Penale relativa ai computer crimes.
Importante: la scarsa alfabetizzazione dell’utenza Internet circa i pericoli ed i rischi su cui è possibile imbattersi, è la causa prima della così ampia diffusione del cyber crime

I reati informatici, o computer crimes, possono essere definiti come il risvolto negativo dello sviluppo tecnologico dell’informatica e della telematica.
Lo sviluppo delle tecnologie informatiche ha permesso infatti di disegnare nuovi scenari da qualche decennio a questa parte.
In un lasso di tempo assai breve, la maggior parte delle attività umane svolte manualmente o attraverso apparecchiature meccaniche, hanno lasciato il passo a ben più efficienti implementazioni digitali.
Dal connubio informatica-reti telematiche originano ampie possibilità per la crescita della società. Tuttavia se tutti gli interessi e le attività propositive della società si spostano su Internet, di conseguenza, anche le attività illecite (i cd. reati informatici) ne seguiranno l’evoluzione nelle forme e nelle pratiche.
A tal riguardo diventa perciò necessario sviluppare idonee contromisure atte a contrastare, o quantomeno a limitare, il progredire di queste forme di crimine.
Al fine di poter contrastare il sempre crescente aumento dei reati informatici, si rende necessario sviluppare metodologie, pratiche e normative in grado di combatterne gli effetti.
In prima istanza, la pratica prima, è quella di sensibilizzare e responsabilizzare l’utenza sulle potenzialità ma anche sui rischi cui è possibile incorrere attraverso l’uso degli strumenti informatici.
La scarsa alfabetizzazione dell’utenza Internet circa i pericoli ed i rischi su cui è possibile imbattersi, è la causa prima della così ampia diffusione del cyber crime, e ciò è specialmente vero in determinati tipi di illeciti.

In seconda istanza anche sul versante della pubblica sicurezza (Polizia Postale e delle Comunicazioni) esistono soluzioni in grado di prevenire i reati informatici, o comunque designate a tale scopo.
Fatta questa premessa, e prima di analizzare come il Codice Penale classifichi ed individui i computer crimes, è opportuno precisare che la prima vera normativa contro l’emergente fenomeno dei cyber crimes è stata la legge 547/93
Precedentemente a questa legge molti pochi interventi sono stati fatti in materia di repressione dei reati informatici.
Attualmente i cyber crime, o reati informatici, riguardano le seguenti aree di intervento;
1) Frodi informatiche;
2) Falsificazioni;
3) Integrità dei dati e dei sistemi informatici;
4) Riservatezza dei dati e delle comunicazioni informatiche.

Tra i reati che più frequentemente vengono compiuti, e che ricadono, tra gli altri, all’interno della frode informatica, vi sono le cosiddette pratiche di Phishing.
Il phishing altro non è che un’attività finalizzata ad estorcere dati personali (in prevalenza legati alle carte di credito o ai conti bancari) attraverso una richiesta esplicita al suo legittimo possessore.
Il principale metodo per porre in essere il phishing è quello di inviare una mail in tutto e per tutto simile a quella che verrebbe inviata da un regolare istituto (banca, sito d’aste, provider, ecc. e con relativo logo identificativo), nella quale si riportano vari tipi di problemi tecnici (aggiornamento software, scadenza account, ecc.) che motivano l’utente a cliccare sul link riportato nella mail per andare ad aggiornare i propri dati personali.
Chiaramente il link non porta al vero sito dell’istituzione, ma ad un sito fasullo ed opportunamente creato dall’autore del reato di phishing, che si impossesserà cosi dei dati inseriti dall’utente.
Dal punto di vista della prevenzione, il phishing si configura come uno di quei reati che possono facilmente essere debellati con una corretta informazione agli utenti.
A tal scopo l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) ha stilato una lista di 10 punti chiave nella prevenzione del phishing:
1. diffidate di qualunque e-mail che vi richieda l’inserimento di dati riservati riguardanti codici di carte di pagamento, chiavi di accesso al servizio di home banking o altre informazioni personali;
2. è possibile riconoscere le truffe via e-mail con qualche piccola attenzione: generalmente queste email non sono personalizzate e contengono un messaggio generico di richiesta di informazioni personali per motivi non ben specificati; fanno uso di toni intimidatori; non riportano una data di scadenza per l’invio delle informazioni;
3. nel caso in cui riceviate un’e-mail contenente richieste di questo tipo, non rispondete all’e-mail stessa, ma informate subito la vostra banca;
4. non cliccate su link presenti in e-mail sospette, in quanto questi collegamenti potrebbero condurvi a un sito contraffatto, difficilmente distinguibile dall’originale;
5. diffidate inoltre di e-mail con indirizzi web molto lunghi, contenenti caratteri inusuali, quali in particolare @;
6. quando inserite dati riservati in una pagina web, assicuratevi che si tratti di una pagina protetta: queste pagine sono riconoscibili in quanto l’indirizzo che compare nella barra degli indirizzi del browser comincia con https: e non con http:// e nella parte in basso a destra della pagina è presente un lucchetto;
7. diffidate se improvvisamente cambia la modalità con la quale vi viene chiesto di inserire i vostri codici di accesso all’home banking;
8. controllate regolarmente gli estratti conto del vostro conto corrente e delle carte di credito per assicurarvi che le transazioni riportate siano quelle realmente effettuate. In caso contrario, contattate la banca e/o l’emittente della carta di credito;
9. le aziende produttrici dei browser rendono periodicamente disponibili on-line e scaricabili gratuitamente degli aggiornamenti (le cosiddette patch) che incrementano la sicurezza di questi programmi;
10. Internet e un po’ come il mondo reale: come non dareste a uno sconosciuto il codice PIN del vostro bancomat, allo stesso modo occorre essere estremamente diffidenti nel consegnare i vostri dati riservati senza essere sicuri dell’identità di chi li sta chiedendo.
In caso di dubbio, rivolgetevi alla vostra banca.

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LA CONVENZIONE DI LANZAROTE (Le nostre vite tra diritto e web n.1) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/13/la-convenzione-di-lanzarote/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/13/la-convenzione-di-lanzarote/#comments Sat, 13 Oct 2012 16:48:39 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4482 diritto-e-web-2

LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 1: LA CONVENZIONE DI LANZAROTE

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Ratificata in Italia la convenzione di Lanzarote che introduce la parola “pedofilia” nel codice penale. Punite le condotte on line.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 dell’8 ottobre 2012 è stata pubblicata la legge del 1° ottobre 2012, n. 172 di «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delConsiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale», adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 12 luglio 2007 ed aperta alla firma il 25 ottobre 2007 a Lanzarote.
Si tratta di un documento con il quale i Paesi aderenti si sono impegnati a rafforzare la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, adottando criteri e misure comuni sia per la prevenzione del fenomeno, sia per il perseguimento dei colpevoli e la tutela delle vittime.
Tra le novità più importanti contemplate dalla Convenzione di Lanzarote è da annoverare l’introduzione di due nuovi reati: l’istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia e l’adescamento di minorenni.
Si tratta di tipiche fattispecie nate in rete.
Previste pene più severe per tutta una serie di altri reati: dai delitti di maltrattamenti in famiglia a danno di minori, ai reati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati a sfondo sessuale in danno di minori.
È inoltre previsto un inasprimento delle pene anche per i reati di prostituzione minorile e di pornografia minorile.
Con la nuova L. 172/2012, che entrerà in vigore il prossimo 23 ottobre 2012, si è data dunque attuazione nel nostro ordinamento alla detta Convenzione.
L’adesione alla Convenzione di Lanzarote integra un percorso di progressiva attenzione dello Stato italiano verso la lotta alla pedofilia e alla pedopornografia sulla scorta delle numerose pulsioni e denunce nate dalla polizia di stato che ha operato un intenso controllo delle pratiche on line.
L’organizzazione a tutela dei minori Save the Children, in persona del direttore generale Valerio Neri ha commentato: “L’ Italia potrà finalmente avvalersi di uno strumento fondamentale di protezione e di contrasto dai frequenti casi di abuso e sfruttamento sessuale che avvengono anche attraverso la rete”.

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LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/13/le-nostre-vite-tra-diritto-e-web/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2012/10/13/le-nostre-vite-tra-diritto-e-web/#comments Sat, 13 Oct 2012 16:45:23 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=4470 diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB

di Massimo Maugeri

Chi mi segue sa che, sin dai primissimi tempi di Letteratitudine, ho cercato di prestare molta attenzione all’evoluzione della Rete (con i suoi pro e i suoi contro).
Qualcuno si ricorderà di questo vecchio post del 18 marzo 2007  intitolato “La rivoluzione Internet e Pasolini”. Il concetto di “rivoluzione” legato al web, per quanto mi riguarda, è confermato ancora oggi… ma con le dovute cautele e con un adeguato grado di consapevolezza cresciuto nel tempo e con l’esperienza (di questi concetti ne parlo ampiamente nell’introduzione del secondo volume di “Letteratitudine, il libro”, in uscita – anche in versione cartacea – per i tipi di Historica).
Già in questo post del 26 settembre 2006, pur ammettendo l’importanza innovativa e le “comodità” offerte da Google (il più importante motore di ricerca al mondo), avevo ritenuto opportuno evidenziare il rischio che il più grande colosso internauta (capace di controllare i dati personali dei suoi utenti in maniera impressionante) potesse fungere da Grande Fratello. In questi ultimi anni, poi, c’è stata l’esplosione dei due grandi social network: Twitter, ma soprattutto di Facebook (al momento il più grande social network esistente in rete, ma pure la più grande “rete sociale” di tutti i tempi). Facebook fornisce un validissimo aiuto per la ricerca di “contatti” e per instaurare nuove “amicizie”… e anche – fanno notare i più accaniti sostenitori – per contribuire alla crescita di occupazione e del prodotto interno lordo dei paesi in cui opera. Anch’io, d’altra parte, ho un profilo aperto su Facebook, che consulto quasi giornalmente. Non bisogna dimenticare, però, di far parte di un’allegra brigata di 800 milioni di potenziali “clienti” i cui dati possono essere utilizzabili da qualunque azienda di marketing (nonostante i tentativi di miglioramento della garanzia della privacy). Inoltre è bene sapere che Facebook si può anche prestare per fini loschi (i furti di identità da parte di delinquenti comuni o da vere e proprie organizzazioni criminali non fanno più notizia). Si è discusso dei pro e dei contro di Facebook nell’ambito di un dibattito on line che rimane tutt’ora aperto e suscettibile di interventi.
Un’altra considerazione importante riguarda il concetto di responsabilità legale della scrittura in Rete. Troppo spesso si interviene in Internet con l’errata convinzione di entrare in una specie di “zona franca”, di poter scrivere qualunque cosa, dimenticando che accanto ai diritti figurano… “responsabilità” (qual è, per esempio, il limite tra il sacrosanto diritto alla critica, anche in letteratura, e l’offesa sanzionabile da un punto di vista legale? E tale “sanzionabilità”, in che misura risente delle ripercussioni derivanti dalla “immediatezza” e “aterritorialità” della pubblicazione online?). Tempo fa chiesi a Simona Lo Iacono, scrittrice e magistrato, dirigente del Tribunale di Avola (SR), di predisporre un intervento sul tema, con l’obiettivo di poter fare chiarezza e soprattutto… informare. Ne è venuta fuori una discussione molto interessante (pubblicata nel novembre 2008, ma tutt’ora valida e attuale), dove la Lo Iacono ha risposto alle domande di natura tecnica pervenute dai frequentatori del blog (avvalendosi della sua esperienza di magistrato maturata in quindici anni di brillante carriera).
Tra i contro della rivoluzione Internet è bene includere il proliferare di casi di pedofilia e pedopornografia on line. Sul lato destro del blog, compare un riquadro nero con una scritta rossa. La scritta è la seguente: Contro la pedofilia e la pedopornografia. I bambini hanno solo bisogno di amore vero, aiutaci ad aiutarli. Cliccando sul banner, si apre la pagina dedicata a un altro dibattito “fondamentale” (avviato nel dicembre 2009), il cui protagonista è un prete coraggioso: don Fortunato Di Noto, creatore dell’associazione Meter. Don Di Noto da oltre sedici anni spende la sua attività pastorale in difesa dei diritti dei bambini, lottando strenuamente (e mettendo a repentaglio la sua stessa vita) contro i pedofili e gli “imprenditori” pedopornografici che agiscono spesso indisturbati sul web. Una discussione importante e utile, quella che ha visto il coinvolgimento di don Fortunato… con la collaborazione della già citata Simona Lo Iacono e gli interventi di esperti del settore tra cui quello del dottor Marcello La Bella (dirigente della polizia postale di Catania, da sempre impegnato nell’opera di prevenzione e di educazione nella scuola e nella famiglia attraverso corsi e incontri sull’uso della Rete e sulla conoscenza dei suoi pericoli).
E poi, in questi anni, ci siamo occupati di altre tematiche attinenti a quanto accennato: dai problemi connessi alla cosiddetta dipendenza dalla Rete, agli inevitabili cambiamenti che si profilano nell’ambito della tutela del diritto d’autore.

Sulla scia di questo percorso, si innesta il nuovo spazio letteratitudiniano che – in collaborazione con l’amica scrittrice e magistrato Simona Lo Iacono (già citata in precedenza) – vorrei mettere a disposizione di tutti coloro che vorranno seguirci. Il tempo che passiamo in Internet si è molto allungato in questi ultimi anni (e sarà destinato a crescere ulteriormente). Così come sono aumentate le nostre “attività online”. Quasi tutti hanno un account di posta elettronica e in moltissimi hanno almeno un profilo aperto su uno dei principali social network. Aumentano il numero di compravendite effettuate sul web e il quantitativo e le tipologie di servizi che possiamo ricevere collegandoci online. Pur rimanendo sull’onda di quella rivoluzione a cui si faceva riferimento prima, dove (continuo a pensarlo) gli aspetti positivi superano di gran lunga quelli negativi, bisogna comunque prestare attenzione alle varie trappole che pullulano in Rete. Allo stesso modo ritengo necessario che ci si tenga informati su come l’evoluzione digitale e le nuove tecnologie incideranno sulla nostra quotidianità (nel bene e nel male). Da qui l’idea di creare questo nuovo spazio: una sorta di bollettino periodico destinato ad accogliere le “notizie giuridiche” attinenti, appunto, alla Rete e alle nuove tecnologie. Si chiamerà “Le nostre vite, tra diritto e web” e lo aggiornerò con l’indispensabile supporto di Simona (che ringrazio di cuore!). Troverete informazioni sulle più interessanti novità normative e sui più recenti orientamenti giurisprudenziali per ciò che riguarda la Rete e, appunto, l’inevitabile ripercussione sulle nostre vite. “Le nostre vite, tra diritto e web” sarà uno spazio segnalazione, non uno spazio dibattito (dunque la sezione “commenti” rimarrà chiusa). L’intento è, per l’appunto, quello di far conoscere e di divulgare. Per questo chiedo a tutti gli amici blogger che seguono Letteratitudine di linkare e/o segnalare queste “pillole di diritto e web” sui loro siti. Ringrazio tutti in anticipo per la collaborazione.
(Massimo Maugeri)

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diritto-e-web-2INTERNET E LA FORMAZIONE DELLA COSCIENZA

di Simona Lo Iacono

L’avvento di internet ha creato un mondo parallelo alla realtà, seduttivo, impalpabile, che ha subito dato l’impressione di uno spazio aperto, senza limiti. In una parola: libero, gratuito, accessibile.
Si è pensato che questo mondo fosse sottratto alle leggi della quotidianità, e che in esso ogni potenzialità fosse ampliata: di espressione, di contatto, di notizia.
Questo è avvenuto perché l’immaterialità del web ha mutato la percezione delle relazioni umane e ha come abbattuto il limite necessario che deve regolarle.
La nuova percezione del mondo esige dunque una rinnovata consapevolezza di esso. Esige anche uno sforzo atto a fondare una relazione corretta con “l’altro” e con lo strumento che viene utilizzato, con le sue potenzialità lesive.
Ecco perché non può esserci vera “vita” in rete, se non attraverso una riflessione che consenta a chi ne fruisce di riappropriarsi delle percezioni della realtà, pur restando nel mondo del web.
Lo strumento per acquisire consapevolezza è da sempre il diritto che scompone le relazioni, ne svela l’apparenza, ne denuncia la falsità.
Al diritto spetta il ruolo di stabilire il limite tra un essere umano e un altro, la regola che determina gli spazi di appartenenza e di non aggressione.
E’ dunque al diritto che è rimesso il compito di far emergere una nuova consapevolezza nella realtà virtuale.
Poiché però non può esserci consapevolezza senza conoscenza, e il mondo della legislazione e della giurisprudenza corre in fretta, è necessaria una guida facile, pratica, “in pillole”, che prenda per mano l’inesperto viaggiatore del web e lo aiuti a fruire delle potenzialità della rete con un nuovo senso delle cose.
Lo scopo è lo stesso che il diritto si propone nella vita reale: creare una coscienza.
Lo diceva benissimo Pirandello e lo possiamo applicare al nostro confuso mondo di cavi e computer: la tua coscienza significa “gli altri dentro di te”.
(Simona Lo Iacono)

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