LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » BAO Publishing http://letteratitudine.blog.kataweb.it Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Dec 2021 09:58:57 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 en hourly 1 DA “SCHELETRI” A “BABBO MORTO”: le nuove produzioni di Zerocalcare http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/11/20/da-scheletri-a-babbo-morto-le-nuove-produzioni-di-zerocalcare/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/11/20/da-scheletri-a-babbo-morto-le-nuove-produzioni-di-zerocalcare/#comments Fri, 20 Nov 2020 16:39:44 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8637 Nel nuovo post della rubrica di Letteratitudine “Graphic Novel e Fumetti” ci occupiamo dei più recenti volumi di Zerocalcare: “Scheletri” e “A Babbo morto. Una storia di Natale” (Bao Publishing)

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di Luca Vallomi

I personaggi possono, e forse devono, invecchiare. Capita ai personaggi seriali, anche quelli nati e cresciuti tra le pagine e le illustrazioni dei graphic novel. E se possono invecchiare deve anche esistere un passato dove sono stati più giovani. Insomma, è bene che i personaggi non rimangano immobili, fissi nelle loro caratteristiche fisiche e psicofisiche, come accade per esempio con i peanuts. Il personaggio di Zerocalcare cambia, cresce, invecchia. Volete una dimostrazione? Domandatevi: come poteva essere Zero a diciotto anni? Per trovare risposta è consigliato immergersi tra le pagine e le tavole di “Scheletri” (Bao Publishing).
Un attimo, però. Forse vale la pena partire da prima dell’inizio. Il prima dell’inizio equivale all’idea, allo spunto, che ha dato origine a questa storia. Zerocalcare lo ha raccontato nell’ambito di un incontro svoltosi nella particolarissima edizione di Lucca Comics and Games 2020.

Anno 2018. Il nostro si trova in Svizzera, per partecipare a un festival. Esattamente è il primo di giugno. E cosa capita a Zerocalcare, in un primo di giugno, mentre si trova in Svizzera per partecipare a un festival? Ve lo diciamo noi, perché tanto non indovinerete mai: trova un dito sul parabrezza della macchina. Esatto, proprio un dito. Una cosa strana, particolarissima. Raccapricciante. Una di quelle cose che, magari, dice lui, gli potevano capita’ a diciott’anni.

Facciamo un salto indietro nel tempo, allora. E proviamo a conoscere il personaggio di Zerocalcare in quell’età lì. In che modo? Semplice, leggendo, appunto, “Scheletri”. Ebbene, in quell’età lì accade che, ogni mattina, il nostro Zero racconta alla madre una balla bella grossa. Le dice che va all’università, mentre invece si ritrova a trascorrere il suo tempo all’interno della metropolitana, da un capolinea all’altro. Qui, tra i meandri, della metro romana, incontra un ragazzo un po’ più piccolo di lui. Si chiama Arloc e nasconde un abisso. Questo abisso verrà dipanato tra le pagine di “Scheletri”, tavola dopo tavola, vignetta dopo vignetta, in una storia ad alta tensione, efferata, a tratti truculenta, che affonda la sua indagine nel mondo rebibbiano della droga e del disagio sociale.
Voi direte, una storia così truculenta proprio ora che ci avviciniamo a Natale?
E certo. Perché no? Oltretutto sappiamo tutti benissimo che sarà un Natale diverso da tutti gli altri Natali. E comunque, c’è pure la possibilità di accompagnare la storia narrata in “Scheletri” con un’altra più natalizia, sempre di marca Zerocalcare. Il titolo è tutto un programma: “A Babbo morto”. Il sottotitolo è più tradizionale: “Una storia di Natale”. Non fatevi ingannare, però. È una storia tutt’altro che smaccatamente natalizia (in senso tradizionale). Indice puntato su tutto ciò che si nasconde dietro regali, cenoni, business. Qualcuno, per esempio, ha mai pensato allo sfruttamento dei personaggi natalizi che devono sgobbare oltre ogni misura per garantirci le feste comandate dagli standard tipici delle pubblicità martellanti? “A Babbo morto” vi apre questi scenari, nel contesto di una favola cinica e godibilissima illustrata dalle vignette di Zerocalcare e arricchita dai colori di Alberto Madrigal.
Insomma, tra “Scheletri” e “A Babbo morto”, ci ritroviamo nel mezzo di una doppietta zerocalcariana proprio niente male.

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LE RAGAZZE DEL PILLAR di Teresa Radice e Stefano Turconi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/11/24/le-ragazze-del-pillar-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/11/24/le-ragazze-del-pillar-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/#comments Sun, 24 Nov 2019 16:58:06 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8352 Sull’onda lunga di Lucca Comics & Games 2019, dedichiamo il nuovo post della rubrica di Letteratitudine intitolata “Graphic Novel e Fumetti” al volume “Le ragazze del Pillar” di Teresa Radice e Stefano Turconi (Bao Publishing)

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Sotto le lenzuola di Plymouth

Teresa Radice e Stefano Turconi tornano con Bao e uno spinoff appetitoso e piccante dedicato alle Ragazze della Casa Pillar to Post. Le Ragazze del Pillar, un viaggio come di consueto fra emozioni, poesia e segno

“Va’ dai poeti. Essi ti parleranno nel modo più perfetto delle creature più pure” William Wordsworth

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articolo di Furio Detti

Non c’è verso. Questo spinoff ci piace più del già splendido *Il Porto Proibito*, sarà perché più guascona, scanzonata e audace – in tutti i sensi – pare la storia delle “ragazze” del Pillar to Post, il postribolo di Plymouth su cui questa volta fa perno la vicenda; sarà perché agilissima è la narrazione divisa in capitoletti da romanzo d’appendice – ognuno dedicato a una delle splendide e coraggiose ninfe che si dedicano al piacere e agli intrighi del porto; sarà perché i personaggi sono ancora scolpiti e definiti con un’umanità, una grazia e una profondità che trascolorano senza intoppi o sforzo dalla storia di Teresa Radice alle matite e ai colori di Stefano Turconi; sarà perché *Le Ragazze del Pillar* è nel suo piccolo un assai ben congegnato fumetto.

Tornano i poeti nel testo di Teresa Radice, ma con meno affettazione dell’opera prima, la graphic novel *Il Porto Proibito*, di cui comunque gli affezionati possono tornare a respirare a pieni polmoni la salmastra e libera atmosfera nel ricordo di Rebecca, la cui presenza maestosa e intrepida abita le camere della casa di piacere, ormai affidata a Amy, e alle cure collettive di Josephine, Cinnamon, June, Lizzie e alla “protezione” del gigante buono chiamato Tane. Per chi invece è nuovo alle storie marinaresche del duo Radice-Turconi, la sorpresa sarà ancora maggiore: non ci sono solo sensualità e erotismo, apprezzatissimi, ma scorrono l’avventura da romanzo ottocentesco, l’umorismo di una “sit comedy” marinaresca e l’intrigo di una storia più grande affidata alla saggezza del Capitano della “Last Chance”, Yasser Allali, impegnato in una battaglia dolorosa ma inevitabile.

Il punto di forza sono i disegni di Turconi, che si aprono su maestosi paesaggi, davvero mozzafiato e costruiti con perizia architettonica (per tutto le tavole di pag. 27, 66, 122 e 129), la ricostruzione minuziosa e cinematografica della cittadina di Plymouth, che già da soli valgono a parer nostro l’acquisto del volume; va da sé che le scene di gruppo e di interni sono accurate e coinvolgenti, la resa volumetrica e luminosa è una gioia per lo sguardo. Se poi la sceneggiatura non solo regge il confronto ma ci regala una serie di emozioni previste e non scontate, *Le Ragazze del Pillar* sembra un buon avvio per una miniserie di qualche volume. Di cui non vediamo l’ora di vedere un possibile proseguimento.

Perché sì, come in una serie sceneggiata, ci si affeziona terribilmente a queste donne libere e volitive, alle loro resistenze quotidiane, alle loro trovate e sinanco alle loro debolezze e meschinità (poche, va detto – forse qui sta il difetto che potremmo trovare nella narrazione). Ogni personaggio non invade il campo, ma la vicenda è frutto della Plymouth risvegliata coralmente attraverso queste vignette, fino all’accurata e minuziosa appendice dedicata al costume e alla marineria dell’Inghilterra del primo XIX secolo. Senza svelare alcunché navighiamo con l’occhio nelle sensuali e vivaci vicende di questa comunità di donne attive nel mestiere più popolare sulla terra, appassionandoci ai colpi di scena, alle malizie, alla simpatia dei piccoli furfantelli che gravitano intorno ai moli inglesi. La storia purtroppo è avara di inquadrature a pieno campo su alcuni personaggi – dei quali intravediamo solo le future sfide – ma in compenso introduce molti volti nuovi nell’universo romanzesco di Turconi e Radice.

Un acquisto necessario per un volume che riprenderete più e più volte, attratti anche dalla bellezza molto concreta di alcune delle Ragazze.

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Teresa Radice – Stefano Turconi

Le Ragazze del Pillar

Bao Publishing, 2019

ISBN 9788832733303, 145 pag.

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Le ragazze del Pillar. Vol. 1 - Teresa Radice,Stefano Turconi - copertinaLa scheda del libro: “Le ragazze del Pillar” di Teresa Radice e Stefano Turconi (Bao Publishing)

Teresa Radice e Stefano Turconi tornano con un volume che riapproda a Plymouth, il luogo dov’è nata la storia che li ha resi famosi in tutto il mondo: Il porto proibito. Ritroviamo le atmosfere della cittadella, e scopriamo subito cos’è cambiato e cosa è rimasto, entrando nelle vite delle ragazze che animano il bordello, quel Pillar to Post che da sempre è crocevia di storie di terra e di mare.

Ogni storia si concentrerà su una delle ragazze e sarà autoconclusiva, ma ciascun episodio contribuirà a costruire il mosaico narrativo più ampio di una storia lunga, destinata a dipanarsi negli anni, armonicamente. In questo primo volume, l’arrivo di un aiuto inaspettato per le ragazze, e l’interesse di un giovane scienziato per una di loro saranno gli elementi scatenanti delle due avventure, indipendenti ma interconnesse, che danno inizio a questa nuova saga.

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Di seguito: alcune tavole dell’opera

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JOE SHUSTER http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/05/02/joe-shuster-2/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2019/05/02/joe-shuster-2/#comments Thu, 02 May 2019 05:46:56 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7978 Il nuovo post della rubrica di Letteratitudine intitolata “Graphic Novel e Fumetti” lo dedichiamo al volume “Joe Shuster” (Bao Publishing) di Julian Voloj e Thomas Campi.

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La Storia degli uomini che crearono Superman

Quella di Joe Shuster è la storia di come spesse volte le produzioni artistiche finiscono con l’arricchire persone diverse dai loro creatori. È quello che è accaduto ai creatori di Superman, uno dei più celebri personaggi dei fumetti di tutti i tempi. Superman nacque infatti dalla penna del fumettista canadese Joseph “Joe” Shuster (Toronto, 19 luglio 1914 – Los Angeles, 30 luglio 1992) e dal soggettista Jerry Siegel (Cleveland, 17 ottobre 1914 – Los Angeles, 28 gennaio 1996).

Figlio di immigrati ebrei, all’età di dieci anni, Joe – insieme alla famiglia – si trasferì a Cleveland, nell’Ohio. A diciotto anni, lui e il suo amico Jerome Siegel iniziarono a pubblicare una rivista di fantascienza (che avrà vita breve). Shuster disegnava, mentre Siegel scriveva i testi.

Superman nacque ufficialmente nel primo numero di Action Comics, nel 1938.

In breve tempo il successo del grande supereroe proveniente da Krypton crebbe a dismisura, ma i suoi creatori dovettero ben presto fare i conti con un problema tutt’altro che infrequente nel mondo delle produzioni artistiche o creative: il copyright del loro personaggio fu ceduto ai loro datori di lavoro per una cifra irrisoria. Di fronte all’incredibile successo e ai guadagni stratosferici dell’editore Siegel (seguito da Shuster) chiesero invano alla casa editrice un adeguamento del loro compenso. Furono costretti a ricorrere alla magistratura. Nel 1948, la corte suprema dello stato di New York obbligò la DC comics a pagare 60.000$ a testa al duo Shuster-Siegel. Cifra significativa, ma – se confrontata ai profitti dell’azienda – vere e proprie briciole. Seguirono anni di amarezze e di rinuncie, mentre progressivamente Shuster perdeva la vista. Si dovette attendere il 1975, allorquando Siegel decise di lanciare una campagna pubblicitaria contro la Dc Comics e i suoi dirigenti che si erano arricchiti alle loro spalle. La campagna ebbe successo, il pubblico si schierò dalla loro parte e la compagnia finì con l’accordare alla coppia Shuster-Siegel una pensione a vita.

Una storia emblematica, questa dei “genitori” di Superman, che è stata abilmente tracciata nel contesto di un ottimo graphic novel firmato da Julian Voloj e Thomas Campi (quest’ultimo premiato come miglior disegnatore dell’anno nell’ambito del Treviso Comic Book Festival 2018) intitolato “Joe Shuster” e pubblicato in Italia dalla Bao Publishing.

I disegni di Campi sono eccellenti (il premio è più che meritato): raffinati nello stile e nei colori, rendono perfettamente le atmosfere dell’arco temporale in cui è ambientata la narrazione.

La storia, che – come accennato è una storia realmente accaduta – è avvincente e merita di essere letta non soltanto dagli appassionati di Superman, dei supereroi e dei fumetti… ma da tutti coloro che credono nel valore delle “battaglie giuste”… anche quelle relative al giusto riconoscimento economico da tributare a un artista in contrapposizione a chi guadagna sulle spalle della sua arte.

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La scheda del libro

Jerry Siegel e Joe Shuster erano due ragazzini, quando inventarono Superman e lo vendettero, incautamente, per centotrenta dollari all’editore che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo. Questo libro, meticolosamente documentato da Julian Voloj e dipinto con amore infinito da Thomas Campi, racconta la storia dei due giovani di Cleveland e della loro ordalia durata fino al 1975, anno in cui fu ufficialmente riconosciuta loro la paternità del supereroe più famoso di tutti i tempi, di cui nell’aprile 2018 si è festeggiato l’ottantesimo compleanno. Un libro vero, doloroso, fondamentale per conoscere e capire una delle più importanti battaglie per il diritto d’autore mai condotte, ma anche un premuroso, dovuto atto d’amore per un personaggio all’ombra del cui mantello siamo cresciuti tutti, che ce ne rendiamo conto o no.

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Le prime pagine del libro sono disponibili qui

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LUCCA COMICS AND GAMES 2018: Showcase con Leo Ortolani http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/11/04/lucca-comics-and-games-2018-showcase-con-leo-ortolani/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/11/04/lucca-comics-and-games-2018-showcase-con-leo-ortolani/#comments Sun, 04 Nov 2018 10:31:53 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=8002 Dal nostro inviato all’edizione 2018 di Lucca Comics and Games, Furio Detti.
Incontro con Leo Ortolani, uno dei più noti fumettisti italiani (celebre in particolare per la serie Rat-Man).

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Spazio-Trans-Dimensionale o… Cinzia come spinoff per Bao.
Showcase con Leo Ortolani

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di Furio Detti

(Venerdì 2 novembre, Lucca) – Comics and Games… Appuntamento fisso di queste edizione: la pioggia. Nonostante il disagio dovuto al maltempo la sala è gremita. Ortolani si accomoda e subito “rompe il ghiaccio” con una battuta “fatemi le domande a voce alta, non sono vecchio, ma non sento più tanto bene”. Una risata, qualche altra battuta e lo showcase comincia. Ho assistito a molti showcase, ma è raro che venga utilizzato uno strumento digitale, solitamente l’artista ha a disposizione pennarelli, chine e fogli, stavolta è una Cintiq quella con cui si esprimerà Leo, o, come dice il presentatore “Il primo incontro fra un geologo e una Cintiq”.

Introdotto e intervistato dal suo editor per la Bao edizioni viene presentata “Cinzia” la graphic novel in uscita l’otto novembre prossimo venturo.

Ci sono molti personaggi dell’universo Rat-Man che potrebbero funzionare senza la sua architettura narrativa, ma Cinzia sicuramente è quello migliore, quello che ha tre dimensioni “e per Cinzia la terza dimensione è MOLTO importante” cit. Cinzia, nato come personaggio di una gag breve cresce e si evolve. Per Ortolani è un personaggio gioioso, con tanta voglia di vivere, positivo.
Leo ci dice “quando parlo di lei voi pensate alla dimensione del pene”, ma Cinzia non è solo questo, è un personaggio entusiasta a cui la natura ha dato un corpo nel quale non si sente felice, ma in modo onesto e giocoso risponde allo svantaggio reagendo sempre con grande positività.

Nel volume sarà presente anche Tamara, l’amica, e, in questo caso, la cosiddetta spalla comica.

Il volume è anche una sorta di musical e la cosa simpatica – afferma l’editor – è che non è stato necessario pagare i diritti delle varie canzoni citate perché sono citate con la pronuncia figurata. C’è moltissima musica, ma l’editore ha tirato il classico “sospiro di sollievo” quando si è accorto dell’escamotage che Ortolani ha utilizzato in parte inconsapevolmente. Citazioni continue di cantanti famosi e gruppi noti in ambientazioni divertenti e inedite.

Leo parla del fatto che nel progetto di un film a cartoni animati su Rat-Man avrebbe voluto che Cinzia ballasse un lento sulle note di un famosissimo pezzo e questo progetto lo ha portato a sviluppare la graphic novel perché gli piaceva l’idea del sottotesto musicale dei personaggi. C’è anche un pezzo “simil Disney” con un titolo evocativo sulla prestanza sessuale di Cinzia stessa.

Nel tempo questo personaggio è molto cambiato, i tratti, il vestiario e le parodie di cui è stata protagonista – Cinzia la Barbara, Cinzia versione Star Trek – vanno di pari passi con l’evoluzione mentale di Leo Ortolani. Un percorso di transizione dalla gioventù sino ai giorni nostri. Caratteri da fortemente mascolini, culturisti, a caratteri raffinati, femminili, anche per gentilezza nei confronti di questo personaggio. Ortolani prova affetto per questa sua creatura. Tant’è che anche nella parodia “manga” ci sono approfondimenti importanti sui sentimenti della signorina Otherside, creatura dolce, delicata eppure rinchiusa in un corpo assolutamente virile.

Leo si è ispirato anche alla giocosità delle gag della serie televisiva “Will & Grace” della quale ammira il fatto che sia arrivata all’undicesima stagione.

Lo showcase procede, anche se Ortolani parla con noi, ma, intanto, non disegna, cosa piuttosto strana in quanto di solito a questi eventi gli artisti rimangono tutto il tempo con il viso chino sul foglio e rispondono molto brevemente alle domande. Non è questo il caso. Leo discorre volentieri, ci spiega, racconta, scherza col pubblico. Scopriamo poi che ci sono stati dei problemi con la tavoletta grafica.

Una delle ultime frasi che ci regala è sulla difficoltà del disegno di certi albi rispetto ad altri. Una storia di transessuali è una “passeggiata in campagna” rispetto al disegnare una stazione spaziale internazionale e quindi lancia la proposta di mandare i transessuali nello spazio. Altra risata generale, Leo è sempre molto simpatico col pubblico.

E anche questo è Lucca Comics.

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#leo #leoortolani #bao #ratman #cnziaotherside #lcg2018 #luccacomics&games2018 #showcase

Poster 2018

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NON STANCARTI DI ANDARE di Teresa Radice (ai testi) e Stefano Turconi (ai disegni) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/03/07/non-stancarti-di-andare-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2018/03/07/non-stancarti-di-andare-di-teresa-radice-e-stefano-turconi/#comments Wed, 07 Mar 2018 14:30:57 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7731 graphic-novel-e-fumettiQuesto post unisce due rubriche di Letteratitudine: A botta e risposta (un tandem letterario conversando di libri) e “Graphic Novel e Fumetti“.

L’occasione ci viene offerta dalla pubblicazione di un ottimo graphic novel pubblicato da BAO Publishing e realizzato da Teresa Radice (ai testi) e Stefano Turconi (ai disegni). Il volume si intitola: Non stancarti di andare. Di Teresa Radice e Stefano Turconi ci eravamo già occupati con riferimento a “Viola Giramondo” (Tunué) (qui la recensione di Furio Detti).

Non stancarti di andare è un romanzo grafico intenso sul senso dell’esistenza e della distanza, che attraversa più generazioni. Una storia per distruggere le barriere, per imparare ad amare senza riserve.

I protagonisti sono Iris e Ismail.

Iris inizia a mettersi comoda nella casa di Verezzi, in Liguria, mentre il suo amato Ismail torna a Damasco per sistemare le ultime faccende prima di trasferirsi definitivamente con lei. Separati da un destino violento e imprevisto, Iris si scopre incinta mentre Ismail lotta per tornare in Italia, bloccato dalla grave situazione in Siria, dove alla lotta tra milizie governative e forze ribelli si affianca l’avanzata dei gruppi fondamentalisti.

Di seguito, il tandem letterario tra i due autori (che ringrazio di cuore per la disponibilità e l’entusiasmo con cui hanno accettato il mio invito).

Massimo Maugeri

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Teresa Radice: Eccoci qua. “Non stancarti di andare”, edito da BAO Publishing, è in libreria da tre mesi, è stato un viaggio lungo cominciato oltre dieci anni fa in Siria e non ancora terminato, perché questo è il momento degli incontri coi lettori, delle chiacchierate sulla storia, dei perché e dei percome. In tanti ci hanno chiesto da dove è venuto questo libro, spingendoci spesso a parlare del passato ma, ora che ci penso, nessuno ci ha mai domandato di quel che resta in noi ora che il libro ha preso la sua strada. Di quel che di questa storia ci è rimasto addosso e dentro, ecco. A distanza di 3 mesi dall’uscita (e per te a soli quattro mesi dal termine della lavorazione ai disegni – io, con la sceneggiatura, avevo finito un po’ prima), c’è un personaggio che ti è rimasto più appiccicato di altri? Qualcuno per cui provi particolare nostalgia?

Stefano Turconi: Un po’ tutti, credo.  Dopo così tanto tempo passato assieme è difficile separarsene. Anche se, in realtà, da disegnatore non ti stacchi mai davvero da un personaggio: ogni volta che fai una dedica su un libro disegni uno di loro, quindi, a conti fatti, mi sa che ho disegnato molte più volte Iris e Ismail da quando il libro è finito che non prima, nelle tavole. In ogni caso i personaggi che mi mancano di più credo siano Iris e Maite, per un motivo banale in realtà: lo sapevo già prima, ma lavorando a questo libro mi sono accorto di quanto sia stimolante disegnare la “quotidianità”, un dialogo tra due persone in auto, o su una veranda una sera d’estate. Il fumare una sigaretta, o bere una birra, cose semplici che si fanno tutti i giorni, gesti banali, ma che, da disegnatore, devi rendere “interessanti”, giocando con i gesti o le inquadrature. Per molti aspetti è più facile disegnare una scena d’azione che non una scena in cui due persone prendono un caffè al bar parlando del tempo. Tu, invece, cosa mi dici in proposito?

Tere: Io, con le storie “grandi” (cioè quelle che ci occupano per anni, che sono vere e proprie navigazioni che assorbono ogni cosa che facciamo, che si tratti di pesare la frutta al supermercato o portare i bimbi a scuola) faccio sempre parecchia fatica a “staccarmi”. Tre mesi sono troppo pochi per aver cambiato completamente orizzonte… anche se parte di me già respira le atmosfere del progetto nuovo e il mio cuore ha riconosciuto nei compagni di strada del prossimo romanzo grafico una consonanza di battiti. Complice il fatto che in tanti ci stanno chiamando a raccontare “Non stancarti di andare”, sento Iris, Ismail, Maite, Tiz, Lucio e Saul ancora tutti attorno a me. E forse quello da cui faccio più fatica a separarmi è proprio Saul, che poi è il cardine del libro, colui dal quale tutto è partito, dal quale la storia di tutti gli altri è scaturita, come i cerchi nell’acqua quando getti un sasso. E’ per raccontare Saul che questo fumetto è nato, è l’essere stati toccati da Saul – e dalla realtà da lui creata al Monastero – che in un modo o nell’altro ha cambiato la vita delle persone del libro… e ha cambiato la nostra. Le vicende di tutti gli altri continuano idealmente oltre l’ultima pagina, il lettore può immaginarsele come vuole, ma quella di Saul ci rimane addosso nelle sue parole, nei suoi gesti, sospesa nell’attesa. E nella speranza. “Le ribellioni si fondano sulla speranza”, dicono in Star Wars. E come pulsa forte la ribellione al Monastero, che rende affollato il deserto e fa parlare tra loro persone di lingue diversissime, azzerando le distanze pur mantenendo le diversità!
A proposito, ricordo quanto ti sei basato sulle nostre foto per ricostruire quegli ambienti e tutto il lavoro di documentazione fatto sulla calligrafia araba. E siccome so quanto sei pignolo e maniaco delle verosimiglianze e ho ancora in mente le vele cancellate e rifatte mille volte per il nostro graphic novel precedente, “Il Porto Proibito”, uscito nel 2015 sempre per BAO, ti chiedo: a libro finito, c’è qualcosa su cui oggi rimetteresti mano?

Ste: Un sacco di cose! Sono ancora totalmente convinto di tutte le scelte di colorazione, di atmosfere, di inquadrature, non si tratta di questo. Si tratta dei “refusi”, degli errori nel disegno: un collo troppo lungo, una sproporzione tra le persone e le auto (le auto sono la mia “bestia nera”, non le so disegnare e sono cosciente che non imparerò mai!) un braccio storto, una testa troppo grande o troppo piccola, le classiche cose di cui ti accorgi quando è troppo tardi… Non sono molte, per fortuna, e in ogni caso non rivelerò mai pubblicamente in quali vignette si trovano…
E io invece ti chiedo: c’è stata una scena o un dialogo che hai scritto e riscritto più volte? Qualcosa di cui non eri mai soddisfatta? Qual è stata la parte del libro più difficile da scrivere?

Tere: Oh, ce ne sono state tante! Ma ricordo di aver cancellato almeno una decina di volte il dialogo tra Iris e Ismail a Istanbul, quando discutono di religione: c’erano cose che Iris sentiva fortemente il bisogno di dire, concetti che desiderava condividere con Ismail per costruire con lui un ponte che azzerasse le distanze, per trovare un comune modo di sentire che li avvicinasse al di là delle differenze. Ma le parole le scappavano, erano sempre troppo rozze o inadatte o approssimative. O rischiavano di ferire, di offendere, di scandalizzare… eppure quelle cose scalpitavano per essere dette. A essere onesta, temevo che qualcuno se la prendesse per quel suo discorso sconsolato su “forse il male sta nelle religioni…”, e invece un sacco di lettori hanno trovato echi di loro difficoltà in quelle di Iris e, al posto di schiaffi, abbiamo ricevuto abbracci.
E poi c’è la lettera finale del libro, quella al nostro bimbo, che in realtà aveva lo scopo di raccontare al lettore il perché di questa storia e il perché proprio ora: ci ho messo sei mesi a scriverla, lo sai. Dal giorno del suo quinto compleanno alla consegna del materiale per la stampa. Ci stavo proprio male, su quelle righe: cercavo il modo di spiegargli, quando si fosse imbattuto nel libro da grande, quello che provavo in quel momento di grida e muri. E quello su cui desideravo che lui e sua sorella posassero gli occhi, invece. Volevo farlo “dal lato illuminato della strada”, come avrebbero cantato i Pogues, ma di colpo attorno era tutto buio e non faceva che peggiorare e faticavo a trovare appigli: “Potrete mai assolvere, amore minuscolo, questi adulti che tanto faticano ad essere all’altezza del futuro che vorrebbero per voi?”. Che strazio è stato!
Ma visto che parliamo di figli, di speranze, di sogni… facciamo un gioco, dai. Si dice spesso in giro, di noi due, che siamo “i fumettisti a zonzo”: quelli che girano il mondo e che dai viaggi tornano con carnet zeppi d’immagini e parole (questo è vero!) e poi, da quelle immagini e parole, con tempi e modi ogni volta diversi, ecco che scaturiscono storie.

Ste: E a volte i lettori ci hanno addirittura attribuito viaggi che in realtà non avevamo mai fatto: è successo con l’India di “Topinadh Tandoori”, o con gli Stati Uniti, o con Istanbul…

Tere: Vero! Succede anche con le citazioni: capita che i lettori colgano, tra le nostre vignette, omaggi a film o libri che in realtà magari non conosciamo affatto! Però, tornando ai viaggi, in effetti praticamente tutte le nostre storie più importanti vengono da incontri con luoghi e realtà più o meno lontane, vissute insieme. Allora ti chiedo: quali posti metteresti in cima a una lista di luoghi da esplorare per ambientarci nuove storie? Il mio top della lista lo sai: l’Uzbekistan. Samarcanda prima di morire. Non so che razza di storia potrebbe venire da lì… ma sono sicura che ce ne sia già almeno una che sonnecchia in attesa di essere scovata…;-)

Ste: Difficile dare delle priorità, quindi via con la lista: Mongolia (sogno di andarci da sempre, da quando vidi “Marco Polo”, lo sceneggiato della RAI, negli anni ‘80), e poi il Sudafrica, la Patagonia, le Svalbard! Tutti posti facili da raggiungere, economici.;-) … Ma forse al primo posto metterei (dando un indizio a chi cerca informazioni sul prossimo libro) la Russia. In Carelia ci siamo già stati, ma mi piacerebbe tanto vedere Mosca, e Jasnaja Poliana (la tenuta di Tolstoj) e magari arrivare a Vladivostok sulla Transiberiana. Lì di storie ne troveremmo parecchie, secondo me. Tanto sognare non costa niente…

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Teresa Radice e Stefano Turconi nascono entrambi nella Grande Pianura, a metà degli anni ’70… ma s’incontrano solo nel 2004, grazie a un topo dalle orecchie a padella e a una pistola spara-ventose. Lei, per vivere, scrive storie; lui le disegna. Si piacciono subito, si sposano l’anno seguente. Scoprendosi a vicenda viaggiatori curiosi, lettori onnivori e sognatori indomabili, partono alla scoperta di un bel po’ di mondo, zaino e scarponi. Dal camminare insieme al raccontare insieme il passo è breve. Le prime avventure a quattro mani sono per le pagine del settimanale Disney “Topolino”: arrivano decine di storie, tra le quali la serie anni ’30 in 15 episodi Pippo Reporter (2009-2015), Topolino e il grande mare di sabbia (2011), Zio Paperone e l’isola senza prezzo (2012), Topinadh Tandoori e la rosa del Rajasthan (2014) e l’adattamento topesco de L’Isola del Tesoro di R.L.Stevenson (2015). Nel 2011 si stabiliscono nella Casa Senza Nord – a 10 minuti di bici dalle Fattorie, a 20 minuti a piedi dal Bosco, a mezz’ora di treno dal Lago – e piantano i loro primi alberi. Nel loro Covo Creativo, i cassetti senza fondo straripano di progetti: cose da fare, posti da vedere, facce da incontrare. Nel 2013 esce Viola Giramondo (Tipitondi Tunué, Premio Boscarato 2014 come miglior fumetto per bambini/ragazzi, pubblicato in Francia da Dargaud). I frutti più originali della loro ormai decennale collaborazione hanno gli occhi grandi e la testa già piena di storie. I loro nomi sono Viola e Michele.

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BAO Publishing e il fumetto cinese moderno http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2017/07/03/bao-publishing-e-il-fumetto-cinese-moderno/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2017/07/03/bao-publishing-e-il-fumetto-cinese-moderno/#comments Mon, 03 Jul 2017 15:37:24 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7564 Segnaliamo il debutto in libreria di una nuova linea di fumetto cinese moderno pubblicato da BAO Publishing: i primi libri in uscita sono “I racconti dei vicoletti” di Nie Jun e in anteprima mondiale “Reverie” di Golo Zhao. Tra le stelle del fumetto cinese di prossima pubblicazione ci saranno anche Zuo Ma e l’autrice Zao Dao.

BAO Publishing ha annunciato la nascita di una nuova collana della casa editrice, BAO (“tesoro”) dedicata al meglio del fumetto cinese. Una selezione delle più interessanti proposte degli autori cinesi in formato graphic novel.

I primi due volumi in uscita sono:

- I racconti dei vicoletti di Nie Jun, storia di una bambina speciale, Yu’er, il cui nonno non si arrende alla sua disabilità e cerca di farle vivere il più possibile una vita normale, in una Pechino incantevole e bucolica.

- in anteprima in Italia prima ancora che in tutto il resto del mondo, Reverie di Golo Zhao, una storia d’amore delicata e surreale, in una Parigi fatta di ricordi più che di architetture, per un romanzo grafico in bicromia che viaggia sulle note di Debussy.

Tra i prossimi volumi in uscita ci saranno anche le opere di altre due stelle del fumetto cinese: Zuo Ma e l’autrice Zao Dao.

Nelle parole dell’Editore: “Questa nuova collana è per BAO una sfida speciale e stimolante: lavorare con i traduttori dal cinese, interpretare la realtà di un paese del quale si sa, in realtà, culturalmente ancora poco, ma che cela una ricchezza, umana e narrativa, immensa e da scoprire, è la ragione che ci ha spinti a iniziare questo percorso. La speranza è che i lettori si innamorino quanto noi dell’immaginario degli autori che stiamo selezionando, e del loro stile di narrazione.”

I racconti dei vicoletti

Yu’er e nonno Doubao vivono tra i vicoletti la margine della grande città. La piccola è disabile, ma questo non le impedisce di avere tanti amici, di sentire in modo tangibile l’affetto delle persone che la circondano, e il nonno crea per lei infinite occasioni di svago e di sorriso. Il microcosmo della periferia fonde reale e immaginario, tangibile e simbolico, presente e ricordo, in un libro che vi riempirà di una magia semplice e innata in ciascuno di noi, ma che tendiamo a dimenticare. Un capolavoro vero, dal pennello sapiente del maestro del fumetto moderno cinese, Nie Jun.

I racconti dei vicoletti è disponibile in libreria dal 22 giugno 2017.

Nie Jun è un fumettista cinese principalmente noto per le due serie Diu Diu e My Street. Nato nel 1975, studia illustrazione all’Accademia di Belle Arti e si specializza in Fumetto. Nel 2000 ottiene un importante riconoscimento, la medaglia di platino al concorso internazionale AGFA nella sezione “Young Designer”. Nel 2002 ha pubblicato il suo primo fumetto, Diu Diu, una serie in tre volumi poi tradotta in Francia. Nel 2006 esce la sua nuova serie, My Street, pubblicata prima all’estero, in Francia, e successivamente in Italia da 001 Edizioni. Solo nel 2008 la serie viene pubblicata anche in Cina da Xiao Pan. Nello stesso anno, al festival di Guangzhou l’autore si aggiudica un prestigioso premio, il Golden Dragon, per una storia breve: Fish, pubblicata dalla casa editrice Xiao Pan nel volume Beijing Chronicles. Nel 2010 inizia una nuova serie, Zobo et Les Fleurs de Vie, pubblicato in Francia da Paquet; nel 2016, sempre in Francia, esce per Gallimard Racconti dei Vicoletti, portato in Italia da BAO Publishing nel 2017. Attualmente lavora come professore di disegno all’università.

Reverie

Golo Zhao è uno dei più apprezzati giovani maestri del fumetto cinese moderno. Con Reverie ci regala una storia abbastanza surreale da renderne i temi di fondo universali, ma radicata quanto basta nella realtà da rendere impossibile non empatizzare con il protagonista, un giovane scrittore alla ricerca del proprio stile, alla scoperta della propria identità. Tenero, poetico e ricco di incanto profondo per le piccole meraviglie del quotidiano, questo libro è una prova d’autore straordinaria.

Reverie è disponibile in libreria dal 29 giugno 2017.

Golo Zhao è un artista di origini cinesi molto conosciuto in Europa. Nato nel 1984, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Guangzhou e all’Accademia di Cinema di Pechino. Autore prolifico di manhua (termine cinese per indicare i fumetti), realizza la serie Yaya, insieme all’autore francese Jean-Marie Omont, per la quale vince il Premio Scuole al Festival d’Angoulême nel 2012, e Tra cielo e terra. Entrambe le opere sono state portate in Italia dalla Casa editrice Renoir. Annoverato tra gli autori più influenti e celebrati della nuova generazione asiatica, è capace di spaziare con facilità tra generi e ambientazioni diversi.

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Una preview dei libri è disponibile cliccando sui seguenti link:

I racconti dei vicoletti:
https://issuu.com/baopublishing/docs/preview_i_racconti_dei_vicoletti

Reverie:
https://issuu.com/baopublishing/docs/preview_reverie

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In Inverno le mie Mani Sapevano di Mandarino http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/09/11/in-inverno-le-mie-mani-sapevano-di-mandarino/ http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2016/09/11/in-inverno-le-mie-mani-sapevano-di-mandarino/#comments Sun, 11 Sep 2016 04:50:15 +0000 Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=7274 Risultati immagini per In Inverno le mie Mani Sapevano di MandarinoLa nuova puntata della rubrica di Letteratitudine intitolata “Graphic Novel e Fumetti“è dedicata a In Inverno le mie Mani Sapevano di Mandarino di Sergio Gerasi (BAO Publishing, 2014)

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Stralunarsi a Milano. Di mandarini, cerniere in testa e dolori quotidiani.

Recensione a Sergio GERASI, “In Inverno le mie Mani Sapevano di Mandarino”

di Furio Detti

Il fumetto di Gerasi è poetico e singolare, purtroppo non convince e non è per lo stralunato, la cifra più forte e di merito di questo fumetto che aspira a farsi graphic novel. È una sensazione fortissima di “deja vu” quella che ci coglie mentre fra pagina 66 e 79, sarà per la ripetizione – che non sembra aggiungere nulla alla storia – dell’attracco all’ennesima isola i cui abitanti mimano vizi e pochissime virtù umane; sarà per il ricorso a caricature rubate sin troppo all’immaginario pop (Berlusconi e il personaggio di Cetto LaQualunque a pag. 66 o l’Hitler dai baffetti poco più lunghi). Ripeto, solo impressioni, ma la storia concepita per intero da Gerasi si impantana di colpo, si arena, per restare in metafora, a metà libro, in un troppo compiaciuto affresco/grottesco che, appunto, non convince. C’è un inceppo narrativo e visuale forse dovuto all’impostazione ripetuta dell’opera, la critica al grottesco della normalità.
Ci si blocca e finisce il rapimento iniziato invece molto bene come una microepica di quotidiana alienzazione, quella del protagonista, Nani, alle prese con una cerniera sulla testa, un trattamento farmacologico per le allucinazioni e le …allucinazioni. Che non sono poi neppure la parte più importante della vicenda, ruolo che spetta invece ai ricordi e alla vita di Nani con una nonna affettuosa e la vita difficile dei pensionati in una città come Milano. Oltretutto, il gran pregio di questo fumetto, oltre alla scelta grafica, la caricatura – scelta che ci piace moltissimo, quando appunto non diventa piatta e facile riproposizione di facce note, per quanto simboliche o esemplari – è proprio la semplicità dello spunto e la novità nel raccontare una storia di spaesamento personale fra i Navigli e la Torre Velasca. Cosa che funziona, appunto finché non diventa satira sociale. Di certo chi ama Milano e i Milanesi apprezzerà questo fumetto assai più di quanto sia successo al sottoscritto. Bello l’inizio della pistolettata; bella la storia di quasi-amore fra Nani e la ex; bella la figura della nonna e tiene anche la serie di flashback fra il presente solitario e il passato di Nani. Molto interessante la vicenda di un rapporto affettuoso e squilibrato, quello fra un bambino/ragazzo speciale e una nonna che sente tutto il peso della differenza d’età nel ruolo di mamma. Una storia che purtroppo è reale in tante città e borghi d’Italia, con nonni spesso costretti a sopperire alle mancanze dei figli, per il bene dei nipoti. Aspetto che si poteva tranquillamente espandere sacrificando la critica “sociologica” rappresentata dal viaggio fra le isole. Peccato per il finale, che non sveliamo: una conclusione interessante, difficilmente prevedibile, tranne che nel travestimento fra persone reali e personaggi del mondo allucinato di Nani (questa era un classico). Conclusione che non salva un fumetto dall’essere un po’ una prova riuscita a metà, un po’ una mescolata fra cose che funzionano bene e cose che non funzionano per niente, che non si amalgamano fra loro, non saltano il fosso.

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Sergio GERASI, “In Inverno le mie Mani Sapevano di Mandarino”, BAO Publishing, (2014)

Un uomo dalla memoria estremamente labile che decide di comprarne una nuova per l’anziana nonna smemorata. Una Milano onirica e opportunamente grigia che si colora di lampi sgargianti quando i ricordi sfuggono al controllo. Sergio Gerasi, qui in veste di autore completo, sorprende e convince con un’opera allo stesso tempo concreta e simbolica sull’importanta, la pericolosità e la responsabilità della memoria.


Sergio Gerasi nasce a Milano nel 1978. Esordisce come disegnatore sulle pagine di Lazarus Ledd. Disegna per le testate Jonathan Steele, Nemrod, Cornelio, John Doe, Valter Buio, Rourke (come copertinista) e molte altre. Attualmente lavora per la Sergio Bonelli Editore per Dylan Dog. Per ReNoir Comics realizza G&G, omaggio a Giorgio Gaber, e Le Tragifavole, libro a fumetti con allegato un disco. Collabora con la trasmissione TV Servizio Pubblico. È batterista e fondatore della band punk rock 200Bullets e ideatore del progetto musicale di identificazione collettiva denominato Eesiliati.

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