
“Il castello dei falchi neri” di Marcello Simoni (Newton Compton): intervista all’autore.
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È uscito in questi giorni il nuovo romanzo di Marcello Simoni intitolato “Il castello dei falchi neri” (Newton Compton).
Siamo nell’Anno del Signore 1233. Il protagonista del romanzo, il nobile Oderico Grifone, torna a casa in questa grande magione nelle campagne napoletane dopo aver preso parte alla crociata di Federico II. Come a volte accade, il tempo cambia persone e situazioni…
Così come per i precedenti libri ho avuto il piacere di discutere in anteprima con Marcello Simoni di questa sua nuova creatura letteraria…
– Marcello, raccontaci qualcosa sulla genesi di questo tuo nuovo romanzo. Come nasce “Il castello dei falchi neri”?
Nasce dalla duplice idea di scrivere un medieval thriller costruito su una vicenda familiare e caratterizzato da delitti “spettacolari”. Delitti, intendo, che faranno saltare il lettore sulla sedia.
– In epigrafe leggiamo questa citazione tratta da “Le mille e una notte (Pensai che sul sole fosse passata una nuvola ma, dato che eravamo d’estate, mi meravigliai e, alzata la testa mentre stavo guardando, vidi un uccello di grande mole, con ali larghe, che volava nell’aria: era esso che aveva coperto l’occhio del sole nascondendolo all’isola). In che modo si lega al romanzo? E come la commenteresti?
Uno degli argomenti centrali di questo romanzo è la falconeria. Un’arte venatoria molto praticata durante il Medioevo, anche se non ancora “codificata” così come accadrà nei secoli successivi. Il falcone è, in questo periodo, un animale dotato di un forte valore simbolico, al punto da ritrovarsi citato e classificato persino in libri insospettabili come il Tresor di Brunetto Latini. (Leggi tutto… clicca qui)
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“Diavoli di sabbia” di Elvira Seminara (Einaudi)
[Ascolta la puntata radiofonica di Letteratitudine dedicata a “Diavoli di sabbia”: Elvira Seminara in conversazione con Massimo Maugeri]
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Leggere Elvira Seminara è come entrare in una foresta tropicale, un ecosistema perfetto e misterioso che puoi solo attraversare, ringraziando quella natura selvaggia che affascina e sgomenta, mentre ti accoglie materna nel suo grembo.
E quando ne vieni fuori ti accorgi di quanto irripetibile e incantata sia stata quell’esperienza, e ti domandi se non si sia trattato di un miraggio o di un incantesimo, magari un ennesimo scherzo di uno dei demoni che muovono le storie raccontate nei quattordici capitoli: quattordici capitoli, più un demone in copertina, che fa quindici, Il Diavolo dei Tarocchi. Anche i conti tornano, diabolicamente.
Una presenza demoniaca che fa capolino in modo subliminale per tutta la durata della narrazione, ma il lettore non ci fa caso, intento com’è a sbirciare da dietro le tende la vita dei protagonisti: Devil sarà il nome di un albergo, mentre demoni di vento e sabbia sferzeranno una notte di tempesta, e diabolici saranno i protagonisti, due in particolare, che regaleranno al lettore il più inaspettato dei colpi di scena. Il nome del demonio che si ripete come un’evocazione ed estende la sua mano divertita e mefistofelica su tutta la storia, mescolando le carte del reale, creando verità di secondo grado, entrando come una tempesta (annunciata dagli spifferi freddi in un pub) nell’anima delle persone, mentre la vita vera li sfiora, come la sabbia a Porto Palo. (Leggi tutto… clicca qui)
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“Randagi” di Marco Amerighi (Bollati Boringhieri): incontro con l’autore e un brano estratto dal romanzo.
“Randagi” è nella dozzina dei libri finalisti all’edizione 2022 del Premio Strega
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Marco Amerighi vive a Milano, dove lavora come traduttore, editor e ghostwriter per varie case editrici. Il suo romanzo d’esordio, Le nostre ore contate (Mondadori, 2018), ha vinto il premio Bagutta Opera Prima ed è stato pubblicato in Francia.
Randagi è il suo secondo romanzo.
Abbiamo chiesto all’autore di parlarcene…
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«Voglio provare a raccontarvi come nasce Randagi. O, forse, dovrei dire quando nasce.
Alcuni anni fa mi trovavo a un bivio», ha detto Marco Amerighi a Letteratitudine. «Avevo da poco finito di scrivere il mio primo romanzo. Non sapendo nulla del mondo editoriale, né di quale fosse il miglior percorso per esordire, lo avevo stampato e consegnato a due o tre grosse case editrici. Leggi tutto (clicca qui)
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