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mercoledì, 23 dicembre 2009

RECENSIONI INCROCIATE n. 10: Alessandro Cascio, Sergio Sozi

recensioni-incrociate.jpgQuesta nuova puntata de Le recensioni incrociate di Letteratitudine, trae origine da quest’altra che vedeva come protagonisti dell’incrocio Enrico Gregori e Francesco (Didò) Di Domenico. In quell’occasione promisi a Sergio Sozi e ad Alessandro Cascio un incrocio letterario (che avrà modo di svilupparsi – appunto - in questo post).
Devo dire che sono particolarmente lieto di questa combinazione, perché credo che Sergio Sozi e Alessandro Cascio siano molto diversi come approccio alla scrittura e come modo di scrivere. Ma quando le differenze diventano occasione di sano confronto – così come sarà nell’ambito di questa discussione -non possono che contribuire a una crescita comune.
I libri oggetto dell’incrocio sono “Menu” di Sergio Sozi (edito da Castelvecchi) e “Touch and splat” di Alessandro Cascio (edito da Historica).
Nemmeno a farlo apposta sembra che un libro faccia “il verso” all’altro (e viceversa). Se dal libro di Sozi emerge una sorta di condanna contro l’imbastardimento anglofono della lingua italiana (“parliamo una neolingua conosciuta come angloitalo“), il libro di Cascio risponde con un titolo in inglese (“Touch and splat“).
Colgo subito l’occasione, dunque, per introdurre i temi di discussione che vi propongo parallelamente a quello sui due libri.
Ecco le domande del post…

La lingua italiana rischia davvero di essere imbastardita dall’inserimento di termini provenienti da altre lingue?

Fino a che punto questa sorta di commistione può essere considerata contaminazione in senso negativo?

Qual è il discrimine e – soprattutto – chi (e come) dovrebbe decidere il limite entro cui tale commistione è arricchimento e normale evoluzione (superato il quale diventa, invece, svilimento della lingua)?

Certo, vedere la propria lingua perdere identità potrebbe generare anche rabbia…

E a proposito di rabbia (riferendomi al libro di Cascio) passiamo all’altro tema del post. E domando…

La società in cui viviamo è particolarmente rabbiosa? Più rabbiosa di quelle del passato?

Quale potrebbe essere un “giusto” antidoto contro la rabbia dilagante?

Seguono le recensioni incrociate di Alessandro e Sergio… più ulteriori recensioni dei due libri firmate da Salvo Zappulla (sul libro di Sozi) e Sacha Naspini (sul libro di Cascio).
Massimo Maugeri

(continua…)

Pubblicato in RECENSIONI INCROCIATE   390 commenti »

mercoledì, 15 aprile 2009

SCRITTURA SENZA GENERE

no-gender-in-the-language.JPGL’Unione europea ha sempre avuto a cuore il tema delle pari opportunità, anche – e soprattutto - tra i generi. Di recente, il Gruppo di alto livello sulla parità di genere e la diversità del Parlamento europeo ha pubblicato un opuscolo che sta facendo discutere, giacchè si parla di bandire ogni riferimento sessista dalle lingue europee.
Come mi scrive Diego Marani in una mail: “queste direttive linguistiche sono unicamente interne, rivolte ai parlamentari e ai funzionari. E hanno suscitato pesanti critiche proprio di un gruppo di eurodeputate italiane”.
Tuttavia il segnale lanciato è importante e significativo.
Il Domenicale del Sole24Ore del 22 marzo 2009 fa ha dedicato la prima pagina all’argomento con due articoli firmati da Diego Marani (già citato) e Giuseppe Scaraffia. Intrigante, il sottotitolo: la Ue vuole cancellare le differenze di genere nelle lingue europee. Cosa accadrà ai personaggi della letteratura, dalla Bovary a Maigret?
“Dovremo abolire qualche dottoressa e non potremo più fare un complimento a una tardona chiamandola signorina”, scrive Marani. “Anzi, perderemo anche la tardona e addio sogni erotici adolescenziali. Ma per il resto usciremo quasi indenni dalla castrazione linguistica europea. L’inglese invece avrà vita dura. Ogni fireman dovrà trasformarsi in fireperson, a portare le lettere sarà il postperson, e nella city saranno tutti businesspersons. La First Lady sarà degradata a First Woman e chissà come la si metterà con la girlfriend”.
Giuseppe Scaraffia va oltre e immagina l’applicazione delle suddette regole in letteratura. La versione purgata del più celebre romanzo di Flaubert si dovrebbe intitolare Bovary. “Tutto fila liscio”, scrive Scaraffia: Spesso, quando Bovary era fuori, Bovary andava a prendere nell’armadio il portasigari di seta verde. Lo guardava, lo apriva, annusava perfino l’odore della fodera che sapeva di verbena e di tabacco. A chi apparteneva?. Certo, se arretriamo di qualche riga, la situazione si complica. Infatti Bovary ha appena raccolto il portasigari e ha detto: Ci sono dentro due sigari. Andranno bene per questa sera dopo cena. Al che Bovary ha ribattuto: Ma come, tu fumi?, facendosi rispondere, sempre da Bovary: Qualche volta, quando capita l’occasione”.
Come ho scritto in premessa, l’orientamento del Gruppo di alto livello sulla parità di genere e la diversità del Parlamento europeo in tema di parità di genere nelle lingue sta facendo discutere.
Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione in proposito.
Cosa ne pensate?
Fino a che punto, a vostro avviso, la diversità di genere nelle lingue andrebbe combattuta?

E poi… annullare il genere nelle lingue può davvero favorire le pari opportunità?
È possibile immaginare una scrittura – anche letteraria – senza genere?

Ringrazio Diego Marani e Giuseppe Scaraffia per avermi inviato gli articoli citati (li potrete leggere di seguito) e la redazione di Domenica del Sole24Ore per avermi autorizzato a pubblicarli.
Ne approfitto per segnalare i due nuovi libri di Marani e Scaraffia (entrambi hanno a che fare con le donne):
L’amico delle donne” di Diego Marani (Bompiani)
Cortigiane. Sedici donne fatali dell’Ottocento” di Giuseppe Scaraffia (Mondadori).

Massimo Maugeri

(continua…)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE   163 commenti »

giovedì, 7 febbraio 2008

IGNORANTI A PIENO TITOLO?

Su Repubblica del 6 febbraio è stato pubblicato un articolo di Michele Smargiassi dal titolo: “Nell’Italia dei laureati che non sanno scrivere”. Un articolo amaro che mette in evidenza una realtà piuttosto scoraggiante: un laureato su cinque ha difficoltà a scrivere. Pare però che gli “ignoranti titolati” non si preoccupino più di tanto.

Tullio De Mauro considera il problema come un’emergenza nazionale. Ecco cosa dichiara: “Per il futuro economico del nostro paese migliorare l’italiano degli imprenditori, dei professionisti, dei politici, è perfino più vitale e urgente che migliorare i salari dei dipendenti.”

Però dallo stesso articolo apprendiamo che “il laureato analfabeta non fa necessariamente più fatica a trovare lavoro rispetto ai suoi quattro colleghi più letterati. Le imprese non sembrano granché interessate a selezionare i propri quadri dirigenti sulla base delle competenze linguistiche di base.”

E allora? Che fare? Che dire? Chi ha ragione?

E chi è che, oggi, usa l’italiano vero (che non è quello di Toto Cutugno)?

Secondo Stefano Bartezzaghi “non lo usano certo i personaggi televisivi (la tv, in Italia, è oggi un canale di diffusione di dialetti). I dirigenti d’azienda, gli amministratori, i politici, i ricchi? Non scherziamo. I professori universitari? I giornalisti? Gli scrittori? I medici? Gli avvocati? Nemmeno loro, se non in una quota irrilevante”.

Bartezzaghi vi sembra un po’ supponente? Avete l’impressione che faccia troppo lo Smargiassi?

Io credo che abbia ragione.

E voi?

(Massimo Maugeri)

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AGGIORNAMENTO del 9 febbraio 2008

Provo a rilanciare il dibattito con alcune domande/riflessioni.
1. Secondo voi la “scrittura rapida” tipica dei commenti dei blog può essere considerata come una via di mezzo tra la lingua parlata e quella scritta (considerate in senso tradizionale)?
2. La suddetta “scrittura rapida” ha una valenza negativa (rispetto all’argomento oggetto di questa discussione)?
3. L’ideale della perfezione linguistica è più difficile da raggiungere “oggi” rispetto a “ieri”? (Mi viene in mente la titanica operazione manzoniana di “risciacquatura in Arno”).
4. Siete a conoscenza di opere del passato – divenuti classici – che contengono “errori marchiani” dal punto di vista linguistico?
4. Rispetto al passato, la lingua parlata di oggi “detta” i cambiamenti di quella scritta in misura superiore o inferiore?
5. Quando un errore nella lingua parlata diviene “generalizzato”, può “imporsi” nella lingua scritta al punto tale da divenire “regola” ? Potete fare qualche esempio?

(Massimo Maugeri)

Pubblicato in PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE   142 commenti »

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