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lunedì, 25 marzo 2013

GLI STEREOTIPI DI GENERE E INTERNET (Le nostre vite tra diritto e web n. 17)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.17

GLI STEREOTIPI DI GENERE E INTERNET

Cosa sono gli “stereotipi di genere”?
Lo stereotipo è un insieme di credenze, rappresentazioni ipersemplificate della realtà e opinioni rigidamente connesse tra di loro, che un gruppo sociale associa a un altro gruppo. L’uso della parola risale al 1700, quando veniva utilizzata dai tipografi per indicare la riproduzione, tramite lastre fisse, delle stampe. Il termine (dal greco stereòs=rigido e tòpos=impronta), viene introdotto per la prima volta nelle scienze sociali da Walter Lippmann nell’ambito di uno studio sui processi di formazione dell’opinione pubblica (1922).
Gli stereotipi di genere sono una sottoclasse degli stereotipi. Quando si associa, senza riflettere, una categoria o un comportamento a un genere, si ragiona utilizzando questo tipo di stereotipi. Gli esempi sembrerebbero banali, ma non è così, perché gli stereotipi non solo condizionano le idee di gruppi di individui, ma hanno anche conseguenze sul modo di agire e sulla società. Non è un caso se la maggior parte di noi associa un ingegnere o uno chef a un uomo, mentre secondo le nostre mappe mentali l’insegnante di scuola materna è una donna. Associazioni che nella nostra mente scattano automatiche e che quindi sono molto difficili da estirpare o cambiare. L’uso degli stereotipi di genere conduce infatti a una percezione rigida e distorta della realtà, che si basa su ciò che noi intendiamo per “femminile” e “maschile” e su ciò che ci aspettiamo dalle donne e dagli uomini.
Insomma, si tratta di “formule” che ci permettono di categorizzare, semplificare la realtà e orientarci in essa, rapidamente e senza dover riflettere. Ci serviamo di immagini generalizzate che riducono la complessità dell’ambiente, ma annullano al contempo la differenza individuale all’interno dei singoli gruppi. Gli stereotipi di genere sono tra i più frequenti e anche maggiormente condivisi dalla società.
Il 12 marzo 2013 l’Unione Europea ha votato a favore la risoluzione sulla cancellazione degli stereotipi di genere nell’Unione Europea .
Tuttavia ha respinto l’articolo che bandiva la pornografia dai media.
La mozione “per l’eliminazione degli stereotipi di genere” che conteneva anche la criticata proposta di bandire qualsiasi forma di pornografia da tutti i media, compresa la rete , era stata introdotta da Kartika Tamara Liotard, membro olandese del partito socialista del Parlamento Europeo, ed è passata con 368 voti a favore, 159 contro e 98 astenuti.
Come sopra detto, però, (continua…)

Pubblicato in LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB (con la collaborazione di Simona Lo Iacono)   Commenti disabilitati

sabato, 16 febbraio 2013

OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA PA E TUTELA DEI DATI DEI SOGGETTI PIÙ DEBOLI (Le nostre vite tra diritto e web n. 14)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.14: OBBLIGHI DI TRASPARENZA DELLA PA E TUTELA DEI DATI DEI SOGGETTI PIÙ DEBOLI

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

“La necessità di realizzare un controllo diffuso sull’attività della Pubblica amministrazione non deve portare a forme sproporzionate di diffusione di informazioni, lesive dei diritti dei cittadini, specialmente di quelli in condizioni più disagiate”.
È, in sintesi, quanto affermato dal Garante per la privacy, che ha espresso il proprio parere, favorevole ma condizionato, allo schema di decreto legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione sugli obblighi di trasparenza della P.A.
Il Garante, pur condividendo le ragioni sottese al provvedimento volte essenzialmente a garantire una maggiore trasparenza nell’attività della P.A., ha, tuttavia, chiesto la modifica di alcune norme proprio per aumentare le garanzie a tutela delle persone: la trasparenza, infatti, deve essere comunque bilanciata con un diritto di pari rango costituzionale come quello della riservatezza e della protezione dei dati che trova la sua matrice nella normativa europea.
Per tale motivo, il Garante ha valutato con preoccupazione i possibili rischi che alcune disposizioni contenute nel provvedimento potrebbero determinare, in considerazione della particolare delicatezza di alcune informazioni che verrebbero messe on line e della loro facile reperibilità e riutilizzabilità incontrollata grazie ai motori di ricerca. Si pensi soltanto ai dati sensibili o in grado di rivelare condizioni di disagio economico e sociale di anziani, disabili o altri soggetti deboli che beneficiano di sussidi (es. social card), la cui diffusione potrebbe comportare irreversibili danni per la dignità degli interessati, anche considerate le difficoltà oggettive di cancellare tali informazioni una volta in rete.
Queste, in sintesi, le richieste avanzate dal Garante.

Dati personali: (continua…)

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domenica, 3 febbraio 2013

DIRITTO DI CITAZIONE E WEB (Le nostre vite tra diritto e web n. 13)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.13: DIRITTO DI CITAZIONE E WEB

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Il diritto di citazione (o diritto di corta citazione) è un diritto dell’individuo che si contrappone al diritto dell’autore. Infatti, sebbene ne detenga i diritti morali inalienabili, in un certo numero di circostanze un autore non può opporsi alla pubblicazione di un estratto della propria opera, proprio per non ledere l’altrui diritto di citarla.
L’art. 70, Legge 22 aprile 1941 n. 633 (recante norme sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) dispone che «il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti d’opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscono concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».
Con il decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003 è stata introdotta l’espressione di comunicazione al pubblico, per cui il diritto è esercitabile su ogni mezzo di comunicazione di massa, incluso il WEB.
La normativa prevede che chi si avvale del Diritto di Citazione non deve farlo per fini commerciali che siano in concorrenza con gli eventuali fini commerciali dell’autore.

Il diritto di Citazione, comunque, prevede l’OBBLIGO da parte di chi estrapola contenuti altrui per i fini previsti, di indicare con esattezza la fonte: solitamente AUTORE E SITO INTERNET da cui è stata prelevata la risorsa.
Nel caso di uso personale, poi, di chi stampa o salva una pagina di un sito sul proprio hard disk per poterla visionare offline, la stampa o il salvataggio della risorsa, ESCLUDE comunque la possibilità di: ripubblicare su internet, a scopo di lucro o meno, la risorsa, e la ridistribuzione attraverso formato diverso (es: pubblicazione cartacea o cdrom).

© Letteratitudine

(continua…)

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sabato, 26 gennaio 2013

IL PHARMING: manipolazione di indirizzi web (Le nostre vite tra diritto e web n. 12)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N.12: IL PHARMING: manipolazione di indirizzi web

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Il pharming è una ulteriore tecnica fraudolenta che sempre più spesso si sta accompagnando al phishing.
Mentre il phisher, generalmente, carpisce la buona fede degli utenti di internet attraverso falsi messaggi confidenziali, con il Pharming l’inganno è ancora più occulto.
La truffa consiste nel realizzare pagine web identiche ai siti già esistenti (banche, assicurazioni, softwarehouses etc.) in modo che l’utente sia convinto di trovarsi, ad esempio, nel sito della propria banca e sia indotto a compiere le normali transazioni sul proprio conto on-line.
Una volta digitate le credenziali (password e user ID) del proprio conto, sarà semplice recuperarle, tramite keylogger o troiani, per utilizzarle a fini fraudolenti.
Il pharming è quindi un intervento di manipolazione delle direzioni verso le quali viaggiano le informazioni relative agli indirizzi web su cui l’utente clicca per effettuare la ricerca.
Infatti nel momento in cui l’utente digita il nome di un sito nella barra degli URL, dopo aver digitato su “cerca” invia l’informazione ad un server, per l’appunto quello in cui è ospitato il sito.
Il server decodifica l’indirizzo web digitato con l’indirizzo IP numerico appartenente al sito.
Con il pharming accade invece che questa corrispondenza fra nome a dominio del sito e suo indirizzo IP venga interrotta; al nome a dominio indicato viene associato un nuovo indirizzo IP relativo al sito creato dal Pharmer.
In sostanza il Pharming si concretizza in un attacco al server che gestisce le direzioni DNS (domain name system), in modo da far instradare la connessione verso il sito voluto, indipendentemente dalla volontà dell’utente ed evitando ogni contatto con il sito effettivamente clonato.

Per controllare l’attendibilità di un sito si deve quindi: (continua…)

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sabato, 19 gennaio 2013

PIRATERIA ON LINE (Le nostre vite tra diritto e web n. 11)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 11: PIRATERIA ON LINE

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

Cosa si intende per “pirateria online”?
Secondo l’Agcom (l’autorità preposta al controllo) , è quella derivante da:
1- download;
2- peerto-peer;
3- streaming illegale di video e audio sul web
, peraltro legata anche al grado di diffusione della banda larga, dato che la fruizione di contenuti video necessita di banda più ampia.

Come evidenziato dall’Autorità, le possibilità tecniche di violazioni del diritto d’autore tramite reti di comunicazione elettronica sono molteplici ed in costante evoluzione, e le misure di contrasto ad oggi disponibili, pur efficaci nell’ambito di organizzazioni private o pubbliche (che le utilizzano soprattutto per limitare l’accesso ad Internet da parte dei propri dipendenti), risultano però poco adattabili all’utilizzo nel mercato residenziale a larga banda.
Ciò perché evidentemente possono contrastare con il Codice Privacy, con il diritto di accesso ad Internet e con il principio di “neutralità” della rete .

Per fronteggiare questi episodi fin dal 2007 si è tentato di far andare in porto il “progetto ACTA”.

ACTA è un accordo commerciale tra nazioni che si pone come obiettivo dichiarato la lotta a ogni tipo di contraffazione, anche se il termine è piuttosto vago perché andrebbe a mettere sullo stesso piano la merce taroccata e i farmaci generici, i prodotti falsificati e i file multimediali scaricati dai singoli utenti.
Il progetto ha avuto altissime contestazioni. Secondo diversi giuristi e attivisti, infatti, l’accordo andrebbe a minare i presupposti della libera condivisione in Rete, introducendo misure a tratti illiberali volte alla tutela delle grandi compagnie cinematografiche e discografiche.
A gennaio 2012 diversi stati dell’Unione Europea avevano sottoscritto l’accordo facendo deflagrare vive proteste in tutta Europa.
Lo scorso 11 febbraio decine di migliaia di persone avevano occupato le piazze europee, costringendo i relatori dell’accordo a modificare alcuni passaggi controversi come la facoltà degli agenti di frontiera di setacciare laptop e lettori mp3 in cerca di file illegali.
L’accordo è poi passato sotto le forche caudine di cinque commissioni europee ricevendo solo bocciature.
Nel luglio 2012 , infine, il Parlamento Europeo è stato chiamato a votare, e ha espresso un forte e inequivocabile no.

© Letteratitudine

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domenica, 13 gennaio 2013

DIRITTO D’AUTORE ED EVOLUZIONE IN INTERNET (Le nostre vite tra diritto e web n. 10)

diritto-e-web-2LE NOSTRE VITE TRA DIRITTO E WEB – N. 10: DIRITTO D’AUTORE ED EVOLUZIONE IN INTERNET

L’introduzione di Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono

L’era internet ha portato nella disponibilità immediata di noi tutti una mole immensa di documenti, riproduzioni, filmati, fotografie, facilmente accessibili, divulgabili, imitabili.
Come si concilia questa velocità e facilità d’accesso con la tutela del diritto d’autore?
Va premesso che tutte le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o l’espressione, formano oggetto del diritto d’autore (art. 2575 c.c.).
La disciplina del diritto d’autore trova poi varia fonte anzitutto nella Carta costituzionale, e in particolare negli artt. 2, 3, 9, 21, 33, 35, 41 e 42 Cost.
La pubblicazione o comunicazione al pubblico dell’opera inoltre , risulta normalmente una espressione della libertà di manifestazione del pensiero di cui all’ art. 21 Cost., letta in combinato disposto con i principi di sviluppo della cultura e della libertà di creazione artistica di cui agli artt. 9 e 33 Cost.
Il diritto d’autore si acquista dunque originariamente con la creazione dell’opera (tranne i casi specifici in cui questa creazione sia avvenuta nell’ambito di un contratto di prestazione d’opera), quindi l’opera appartiene, come primo titolare, a chi ne è l’autore (art. 2576 c.c.).
Egli ha il diritto di disporne economicamente e riceve tutela quanto alla paternità dell’opera anche se ne cede lo sfruttamento.
La recente legge 248/00, modificando la legge 633/41, ha introdotto ulteriori ipotesi al fine di combattere la pirateria e la contraffazione, anche quella che si realizza via Internet.
Esaminiamo nel dettaglio le norme più significative.
- ART 70 L. 633-41 come modificata: riassunto, citazione o riproduzione a scopo studio, discussione, documentazione. (continua…)

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lunedì, 19 settembre 2011

HOMO INTERNETICUS. QUANDO INTERNET DIVENTA UNA DROGA

Continua la nostra navigazione tra i pro e i contro di Internet…
Dopo aver discusso – negli anni e nei mesi scorsi – del colosso Google, di rivoluzione Internet, della responsabilità legale della scrittura in rete, del tema scottante della pedofilia on line, degli aspetti positivi e negativi di Facebook, vorrei concentrare la mia e la vostra attenzione su altre problematiche connesse alle nostre vite “sempre più on line”, cogliendo gli stimoli forniti da due libri molto interessanti.

http://img3.libreriauniversitaria.it/BIT/795/9788806207953g.jpgIl primo, è un libro pubblicato da Einaudi e intitolato “Quando internet diventa una droga. Ciò che i genitori devono sapere” di Federico Tonioni (ricercatore universitario per il settore scientifico-disciplinare di psichiatria che afferisce all’Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e in qualità di dirigente medico presso il Day Hospital di Psichiatria e Tossicodipendenze del Policlinico Gemelli). Si tratta di un testo che si pone come obiettivo principale quello di fornire risposte sul tema della “dipendenza da Internet” (vera e propria patologia).
Per darvi un’idea più precisa sui contenuti del libro, vi riporto la scheda:
Federico Tonioni in questo volume spiega e svela con estrema chiarezza le patologie che, soprattutto nel mondo degli adolescenti, sono legate alla straordinaria diffusione di internet. Il libro è cosí uno strumento prezioso per aiutare i genitori che, appartenendo a generazioni «pre-digitali», spesso non sono abituati all’uso del computer e alla navigazione in rete, e si scoprono impreparati alla comprensione dei disturbi che internet può arrecare ai loro figli. Allo stesso modo viene trattata la dimensione on-line del gioco d’azzardo e dei siti per adulti, patologie compulsive che coinvolgono persone di ogni età. Quando internet diventa una droga rappresenta cosí una guida chiara ed efficace sui rischi della dipendenza da internet.
Scrive l’autore: «Mi occupo di dipendenze patologiche da diversi anni e nel corso del mio lavoro ho avuto modo di ascoltare e condividere storie sofferte, rivelazioni sconcertanti, idee deliranti; ma qualche ringraziamento autentico e spontaneo ha reso improvvisamente leggero il peso delle responsabilità che sono chiamato a sostenere. Ho imparato che chi manifesta una dipendenza patologica non vuole soffrire per forza ma vuole soffrire di meno, e che la droga per il tossicodipendente, come la cioccolata per la bulimica o il video poker per il giocatore d’azzardo, non sono desideri ma bisogni, che a volte travalicano la forza di volontà e la logica del pensiero».

http://www.maremagnum.com/extimages/immdef/978889666531.jpgIl secondo, è un libro pubblicato da Piano B edizioni e intitolato Homo Interneticus. Restare umani nell’era dell’ossessione” di Lee Siegel (saggista e critico culturale per il “New York Times”, “Harpers”, “The New Republic” e “New Yorker). Si tratta di un volume uscito negli States all’incirca tre anni fa, dove l’autore (forse “condizionato” anche da ragioni personali, come vedremo) assume una posizione molto critica – quasi “ostile” – nei confronti della rete e dei suoi effetti.
La versione italiana è tradotta da Alessandra Goti e contiene una lunga e succosa prefazione firmata da Luca De Biase.
Riporto, di seguito, la scheda:
Incalzante, lucido, provocatorio, Homo Interneticus prova a mettere in discussione il mezzo tecnologico più esaltato e venduto degli ultimi dieci anni: Internet. La retorica di democrazia e libertà che circonda la Rete viene sfidata nelle sue questioni fondamentali: che tipo di interessi nasconde la Rete? Come e quanto sta influenzando la cultura e la vita sociale? Come stiamo imparando a relazionarci agli altri on line? Qual è il costo psicologico, emotivo e sociale della nostra affollata solitudine high-tech?
Homo Interneticus non è un manifesto contro Internet, ma un’analisi tagliente su come la quotidianità della Rete ha cambiato il ritmo delle nostre vite e il modo in cui percepiamo noi stessi e gli altri. Per Siegel, il lato oscuro della Rete sta rivoluzionando radicalmente la nostra società: il dissolvimento del confine fra pubblico e privato, la trasformazione da cittadino a utente e da utente a prosumer, la mercificazione di privacy e tempo libero, la libertà di consumare confusa con la libertà di scegliere, la riduzione della propria vita a bene da esporre, promuovere, impacchettare e vendere.
Prosumerismo, blogofascismo, il passaggio da cultura popolare a cultura della popolarità, la riduzione della conoscenza a informazione e dell’informazione a chiacchiera, l’autoespressione confusa con l’arte. I molti temi toccati dalle duecento pagine di Homo Interneticus riescono a porre questioni, temi e domande che attendono ancora di essere discusse. Al di là dell’entusiasmo incondizionato che circonda apriori tutto ciò che è Internet e web 2.0, Siegel prova a centrare l’attenzione sui reali interessi che circondano l’enorme massa di nuovi clienti da informare, consigliare e a cui vendere oggetti o stili di vita. Ricco di punti di vista originali e pieni di genio,
Homo Interneticus ci obbliga a riflettere sulla nostra cultura e sull’influenza del web in un modo completamente nuovo.

Vorrei discutere con voi delle tematiche affrontate dai due libri (che, per certi versi, si intrecciano). Proverò a coinvolgere nel dibattito anche i citati Federico Tonioni e Luca De Biase.
Per favorire la discussione vi propongo alcune domande estrapolate (o ispirate) dalle schede dei due libri. Come sempre, vi invito a fornire le “vostre” risposte.
(continua…)

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, PERPLESSITA', POLEMICHE, PETTEGOLEZZI E BURLE, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   140 commenti »

mercoledì, 30 gennaio 2008

IL POTERE LIBRESCO E SALVIFICO DEL WEB

Sulle pagine culturali di Panorama, n. 5 del 28 gennaio 2008, Monica Vignale ha pubblicato un articolo molto interessante dal titolo: Passaparola, Il best-seller nasce sul web.

Ve lo riporto di seguito (approfittandone per ringraziare la Vignale di aver citato Letteratitudine).

Leggete il pezzo e rifletteteci un po’ su.

Vi chiedo:

Dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso) ?

Un’ulteriore (e complementare) occasione di dibattito sul tema proposto ce lo offre un articolo di Ermanno Bencivenga pubblicato su Tuttolibri del 24 novembre 2007.

Il titolo è: Internet ci salverà dal finire al macero. Articolo interessante in cui si propone agli editori di mantenere in catalogo più titoli possibile, evitando il macero, basandosi sullo slogan «selling less of more»: gioco di parole che si potrebbe tradurre (credo) con «vendere di tutto un po’».

Domanda per voi:

Ritenete che, in effetti, «vendere di tutto un po’» sarà l’inevitabile futuro per l’editoria?

A voi le risposte.

(Massimo Maugeri)

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PASSAPAROLA: IL BEST-SELLER NASCE SUL WEB


di Monica Vignale

letteratura in rete. Aumentano i siti nei quali i lettori diventano recensori dei libri che comprano. Ne discutono, li consigliano o li stroncano e il tam tam dei navigatori influenza il mercato. Risultato: i romanzi snobbati dai critici di professione diventano successi. E gli editori corrono ai ripari.

Irina ha appena finito di leggere Il giorno in più di Fabio Volo (Mondadori). Le è piaciuto e ritiene importante condividere le impressioni con altri lettori. Apre il sito di comparazione prezzi www.ciao.it e nella sezione dedicata alla letteratura scrive: «Quella che sembrava una storia destinata a finire subito si rivela una storia quasi fiabesca, un sogno… lo consiglio a tutti».Su letteratitudine.blog.kataweb.it si discute animatamente di romanzi di guerra e si promuovono Il pittore di battaglie (Arturo Pérez-Revert, editore Tropea), Neven (Joe Sacco, Mondadori) e Ali di sabbia (Valerio Aiolli, Alet Edizioni). Gli interventi fioccano a centinaia, malgrado l’argomento sia di nicchia. C’è anche chi non ha ancora letto i romanzi: «Ma lo farò presto, mi avete fatto venire voglia di correre in libreria».

Che i libri si vendano col passaparola assai più che con le promozioni ufficiali è vero da secoli. Funzionava così nei «salons» settecenteschi e, in tempi più recenti, è stata la comunicazione diretta fra i lettori a consacrare il capolavoro di Boris Pasternak quando, nel 1957, la Feltrinelli pubblicò in anteprima mondiale Il dottor Zivago, traducendo il dattiloscritto che in pochi mesi divenne best-seller. Con internet sarebbe bastata qualche settimana.

Come è accaduto, per esempio, con L’eleganza del riccio (edizioni E/o), opera prima della docente di filosofia Muriel Barbery, best-seller in Francia, e gran successo in Italia, che ha venduto centinaia di migliaia di copie grazie all’impressionante tam tam online.

È il web ad accorciare i tempi. I lettori navigatori si definiscono books-eater (letteralmente: divoratori di libri) e condividono le emozioni che regala un romanzo avvincente, decretandone, più o meno inconsapevolmente, la popolarità.

Com’è avvenuto per The Stolen Child di Keith Donohue, mandato in libreria dalla Rizzoli con il titolo Il bambino che non era vero. Nel silenzio della critica, il romanzo ha fatto incetta di consensi grazie al brusio telematico scattato su Amazon, il più importante sito di libri del mondo.

Le librerie online hanno capito che conviene cedere la parola ai lettori più che ai recensori di professione. Riproponendo sul web un’abitudine consolidata: il lettore chiede una dritta sui titoli da acquistare all’amico che stima e che ha dimostrato, nei gusti, di essere attendibile. Così, sulla scia dei blog personali, i maggiori portali specializzati nel lancio e nella vendita di libri hanno aperto spazi di discussione libera dove i lettori diventano recensori.

Su Bol.it oppure Qlibri.it, per citare due delle più frequentate librerie della rete, sotto ogni titolo in commercio si possono leggere i contributi dei navigatori, le loro opinioni e il voto assegnato espresso in stelle, come per i film. A guadagnarci sono soprattutto gli scrittori esordienti. Come la controversa Babsi Jones, autrice per la Rizzoli di Sappiano le mie parole di sangue, una storia intensa ambientata durante il conflitto nei Balcani della quale, in rete, si sta discutendo moltissimo.

Capita in Italia e capita oltre confine. In Spagna La sombra del viento di Carlos Ruiz Zafón è stato scoperto dal pubblico di internet prima che dai critici. E internet l’ha rilanciato anche sul mercato italiano, dove il romanzo è stato pubblicato, con successo, dalla Mondadori. Tanti lettori dagli scaffali virtuali di www.internetbookshop.it l’hanno consigliato come regalo di Natale.

Le comunità del passaparola sono un aiuto determinante soprattutto per la piccola editoria, che può aspirare a un’improvvisa notorietà. È il caso di Ultimo appello dell’esordiente Salvo Toscano, un giallo pubblicato da Dario Flaccovio che, viste le dimensioni dell’editore, è stato un trionfo di vendite.

Può accadere anche il contrario, certo. Il contagio viaggia in due direzioni, come racconta un lettore sul forum di Qlibri.it: «Volevo comprare Brucia Troia, perché dello stesso autore di Caos calmo (Sandro Veronesi, ndr), un libro che ho adorato. Però ho visto che a molti lettori, dei quali recepisco i consigli su internet, non è piaciuto, e per ora ho rimandato».

Potere del condizionamento reciproco, che può influenzare facilmente anche il non acquisto.

Nei cyberluoghi dove navigano milioni di persone dai gusti variegati, il tam tam riserva sorprese inaspettate. I gruppi di bibliofili sparpagliati dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, refrattari ai diktat delle mode, discutono anche di opere datate o trascurate, delle quali sintetizzano pregi e difetti in schede che inseriscono sul proprio sito web, dando vita a una rete nazionale (http://gruppodilettura.word press.com) di scambio di opinioni e giudizi sulla letteratura, classica o contemporanea.

Non è strano, quindi, che improvvisamente nelle librerie si registri una impennata di richieste per Danny l’eletto dell’americano Chaim Potok, pubblicato in Italia all’inizio degli anni Ottanta e riscoperto vent’anni dopo, quando internet ha fatto da cassa di risonanza a una toccante storia di amicizia fra due ragazzi divisi dall’ortodossia ebraica.

Significativo anche il caso di Eureka Street dell’irlandese Robert McLiam, una storia di amicizia, sangue e perdono ambientata in una Belfast di conflitti irrisolti. Il romanzo, pubblicato dalla Fazi nel 1999, è stato scoperto solo qualche anno più tardi sul web, dove è rimasto a lungo fra i testi «vivamente consigliati». L’ascesa è stata irresistibile, tanto che l’editore ora annovera il libro come uno dei più venduti del suo catalogo.

Miracoli di un fenomeno il cui esempio più vivido resta Il cacciatore di aquiloni (Piemme) di Kalhed Hosseini, che ha fatto piangere l’Europa ben prima che i raffinati opinionisti lo incoronassero principe delle librerie, e che per 3 anni, in Italia, ha venduto quasi 1.000 copie al giorno nell’indifferenza di giornali e tv.

La critica lo aveva ignorato ma i libri, è risaputo, vendono grazie ai consigli di chi li legge per piacere, non per dovere.

Monica Vignale

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INTERNET CI SALVERA’ DAL FINIRE AL MACERO

di Ermanno Bencivenga

Da anni le case editrici italiane si stanno disfacendo dei fondi di magazzino. Se un libro non si è dimostrato sufficientemente «attivo» negli ultimi tempi, viene messo fuori commercio e i diritti vengono restituiti all’autore. Insufficienze e conseguenti bocciature, peraltro, non vengono assegnate dai direttori editoriali o delle singole collane: se parli con loro, allargano le braccia e lamentano che «il commerciale» ha deciso così, in base a criteri di cui è esclusivo e geloso depositario.

Ne deriva l’impressione di una severa realtà con cui è purtroppo necessario fare i conti; e per fortuna che ci sono i contabili a farli, altrimenti chissà che guai potrebbero combinare intellettuali e utopisti. Ma, come spesso capita, i contabili stanno facendo i conti di ieri e adeguandosi a una realtà che sta cambiando – starei per dire sotto i loro occhi, se non fosse che guardano ostinatamente altrove.

Oggi i libri si comprano sempre più in rete; e questo ha rivoluzionato l’intero settore. Mentre prima tutto dipendeva dalla visibilità di un titolo, e quindi poteva essere plausibile investire su pochi e spesso rinnovati best-seller, Internet ha creato un mercato di nicchia, che fa affari d’oro.

Amazon informa che il 25% delle sue vendite riguarda libri che non sono compresi fra i 100 mila più venduti.

Chris Anderson, direttore della rivista Wired, ha ampiamente discusso tale nuova opportunità nel suo The Long Tail, uscito l’anno scorso, e l’ha riassunta nello slogan «selling less of more».

Occorre ragionare in modo diverso dal passato, afferma, perché la rete ha creato un’economia di abbondanza, in cui non ha più senso porsi i limiti che erano inevitabili quando c’erano pochi scaffali in negozio, pochi canali in televisione, pochi cinema, poche pagine nei giornali. Chi ancora rispetta questi limiti ormai obsoleti si troverà a mal partito in una situazione in cui è possibile gestire un inventario praticamente infinito.

Nell’economia dell’abbondanza della long tail, vincerà chi avrà i cataloghi più ampi: anche un titolo che vende dieci copie l’anno sarà utile, soprattutto per chi avrà migliaia di titoli del genere. Ma le case editrici nostrane stanno appunto smantellando i loro cataloghi, in nome di un sano, impietoso «realismo». Dove si dimostra una volta di più che la realtà è sovente un’etichetta per la propria ignoranza.

Ermanno Bencivenga

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A TUTTI I BLOGGER (soprattutto a coloro che si occupano di libri)

Se potete, linkate questo post (o ricopiatene il testo) e provate ad avviare, sui vostri blog, dibattiti paralleli a quello che si svilupperà qui. Grazie mille.

(Massimo Maugeri)

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AGGIORNAMENTO del 2 febbraio 2008

Cari amici,

come ricorderete avevo posto questa domanda: dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso)?

Il realtà la domanda era volutamente fuorviante per i motivi che vi spiegherò di seguito.

Partiamo da questo ulteriore punto di domanda. Cosa è web? E cosa non lo è?

La maggior parte degli articoli pubblicati su quotidiani e riviste vengono automaticamente pubblicati anche on line. Dirò di più. Seguendo la direzione fissata dal New York Times – interamente e gratuitamente consultabile su Internet – anche molti dei nostri quotidiani si stanno adeguando. “Il Messaggero”, “Il Mattino”, “La Sicilia” sono già consultabili on line dalla prima all’ultima pagina. La maggior parte degli articoli pubblicati sui principali quotidiani vengono riproposti all’interno dei rispettivi siti (in alcuni casi gli articoli consentono di rilasciare commenti). E così per molti magazine e riviste.

Cosa voglio dire?

Che la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi) per il semplice fatto che la Rete sta inglobando l’informazione e i media tradizionali, integrandoli all’interno di un nuovo sistema di comunicazione (in parte ne avevo già parlato qui).

Quando Monica Vignale e Ermanno Bencivenga hanno scritto i loro articoli lo hanno fatto rispettivamente per Panorama e per La Stampa, ma al tempo stesso – più o meno consapevolmente – hanno scritto per il web. Io stesso, in effetti, pur avendoli letti, in origine, in versione cartacea, li ho poi proposti su Letteratitudine copincollandoli da Internet.

A loro volta questi articoli (anche per via del mio invito) sono stati riproposti su altri blog.

Da qui la considerazione che vi ripropongo: la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi). Il processo, a mio avviso, è inarrestabile e giungerà molto presto al suo completamento.

Se partiamo da questo presupposto probabilmente arriveremo alla conclusione che la differenza vera è determinata non dalla presenza on line o su carta, ma dall’autorevolezza della fonte. E forse dalla maggiore diffusione che, per un po’ di tempo, continueranno ad avere gli articoli pubblicati anche in forma cartacea.

Lascio a voi le ulteriori controdeduzioni.

(Massimo Maugeri)

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domenica, 21 ottobre 2007

RISCHI SUL FUTURO DELL’INFORMAZIONE IN INTERNET. NEO-OSCURANTISMO O CIALTRONERIA?

Il titolo del post è molto provocatorio. E l’immagine prescelta pure (se non addirittura peggio). Lo so.

Il fatto è che questa vicenda mi ha fatto seriamente preoccupare.

Soprattutto all’inizio.

Come certamente avrete saputo, il Governo ha recentemente approvato e mandato all’esame del Parlamento un testo che si prefigge di cambiare le regole del gioco del mondo editoriale, per i giornali e anche per Internet. Si tratta di questo disegno di legge (20 pagine e 35 articoli).

Esaminato alla lettera sembrerebbe che chi ha un piccolo sito, perfino chi ha un blog personale, sarà ben presto costretto a ottemperare a obblighi di registrazione, burocrazia, spese impreviste e sanzioni penali più forti in caso di diffamazione.

Proviamo a fare il punto della situazione con l’aiuto degli articoli pubblicato da Repubblica.it

L’articolo 6 del disegno di legge prevede che deve iscriversi al ROC, in uno speciale registro custodito dall’Autorità per le Comunicazioni, chiunque faccia “attività editoriale”. L’Autorità non pretende soldi per l’iscrizione, ma l’operazione è faticosa e qualcuno tra i certificati necessari richiede il pagamento del bollo. Attività editoriale – continua il disegno di legge – significa inventare e distribuire un “prodotto editoriale” anche senza guadagnarci. E prodotto editoriale è tutto: è l’informazione, ma è anche qualcosa che “forma” o “intrattiene” il destinatario (articolo 2). I mezzi di diffusione di questo prodotto sono sullo stesso piano, Web incluso.

Ricardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e padre della riforma, ha precisato: “Lo spirito del nostro progetto non è certo questo. Non abbiamo interesse a toccare i siti amatoriali o i blog personali, non sarebbe praticabile”.

Chi finirà, allora, nel registro ROC? “Non spetta al governo stabilirlo – continua Levi – Sarà l’Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute davvero alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà stata discussa e approvata dalle Camere”.

Pare però che, una volta stabilito che un sito web sia tenuto all’iscrizione al ROC, debba anche dotarsi di una società editrice e di un giornalista nel ruolo di direttore responsabile.

Beppe Grillo si è subito fatto sentire dal suo blog. Conseguenza della legge, sostiene il comico, sarebbe la chiusura del 99% dei blog e “il fortunato 1% della Rete rimasto in vita, per la legge Levi-Prodi, risponderebbe in caso di reato di omesso controllo su contenuti diffamatori ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica galera quasi sicura”.

Grillo, nonostante le “rassicurazioni” di Levi, ha proposto la cancellazione della legge e annunciato che il prossimo V-day sarà dedicato all’informazione per chiedere due cose:
l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria e l’abolizione dell’ordine dei giornalisti.
Folena, presidente della commissione Cultura della Camera ha chiesto chiarimenti: “Chi fa un blog non è un editore. Quindi non deve sottostare a nessuna regola particolare riguardante la stampa o gli operatori della comunicazione. Anche io ho un blog, e un blog è un diario. Nel quale, certo, si può fare informazione. Così come esistono migliaia di siti. Quindi – conclude – va chiarito che chi fa informazione amatoriale online, così come è oggi, se vuole usufruire dei vantaggi della legge sulla stampa si iscriverà al tribunale, altrimenti non deve iscriversi da nessuna parte. Un conto è la professione, l’impresa, altro è la libera circolazione di idee e informazioni”.

Sergio Bellucci, responsabile Comunicazione e innovazione tecnologica del Prc ha sostenuto: “Le risorse pubbliche devono essere usate per aumentare il pluralismo della comunicazione nella carta stampata e in internet” ma la riforma “dev’essere ispirata al criterio di regalare meno soldi ai grandi gruppi e aumentare le capacità di comunicazione dei piccoli gruppi e dei singoli cittadini”.

Alfonso Pecoraro Scanio ha annunciato che i Verdi presenteranno emendamenti alla legge “per evitare restrizioni per chi apre un blog e consentire a tutti gli utenti di parlare liberamente preservando la democrazia web”. Per il ministro dell’Ambiente, “essendo un disegno di legge, per l’approvazione dovrà passare in Parlamento e lì sarà possibile apportare modifiche e migliorare il testo. Invito tutte le forze politiche a sostenere l’iniziativa dei Verdi per non limitare la possibilità d’espressione in Rete”.

Antonio Di Pietro, fra i primi politici-blogger, è convinto che “il ddl vada bloccato”, perché “metterebbe sotto tutela internet in Italia e ne provocherebbe la fine”. Parla di “una legge liberticida”, e conclude: “Per quanto mi riguarda, questa legge non passerà mai, a costo di mettere in discussione l’appoggio dell’Idv al governo”.

Paolo Gentiloni, ministro delle Comunicazioni, ha ammesso sul suo blog che è giustificato l’allarme suscitato dalla norma sulla registrazione dei siti internet: “L’allarme lanciato da Beppe Grillo e ripreso da molti commenti al mio blog è giustificato”. Poi ha aggiunto che la correzione è necessaria perché la norma in questione “non è chiara e lascia spazio a interpretazioni assurde e restrittive”.

Il ministro riconosce poi (come ha fatto nei rispettivi blog Antonio Di Pietro e pecoraio Scanio), la propria fetta di responsabilità nell’accaduto “per non aver controllato personalmente e parola per parola il testo che alla fine è stato sottoposto al Consiglio dei Ministri”.

“Pensavo – prosegue Gentiloni – che la nuova legge sull’editoria confermasse semplicemente le norme esistenti, che da sei anni prevedono sì una registrazione ma soltanto per un ristretto numero di testate giornalistiche on line, caratterizzate da periodicità, per avere accesso ai contributi della legge sull’editoria”.

Per il ministro delle Comunicazioni, dunque, “va bene applicare anche ai giornali on line le norme in vigore per i giornali, ma sarebbe un grave errore estenderle a siti e blog. (…) Il testo, invece, è troppo vago sul punto e autorizza interpretazioni estensive che alla fine potrebbero limitare l’attività di molti siti e blog”. In definitiva, “meglio, molto meglio lasciare le regole attuali che in fondo su questo punto hanno funzionato. Riconosciuto l’errore, si tratta ora di correggerlo. E sono convinto che sarà lo stesso sottosegretario alla Presidenza Levi a volerlo fare”.

____________________________

Prendiamo atto delle scuse presentate da Gentiloni, Di Pietro e Pecoraro Scanio. Le accettiamo.

È anche vero, però, che sarebbe il caso di dire: “meno presenza in Tv e più occhi sulle carte”.

O no?

Voi che ne pensate dell’intera “questione”?

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