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mercoledì, 24 marzo 2021

ANDREA BAJANI con “Il libro delle case” (Feltrinelli) in radio a LETTERATITUDINE

ANDREA BAJANI con “Il libro delle case” (Feltrinelli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie).

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia, postproduzione e consulenza musicale: Federico Marin

* * *

PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA QUI

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Ospite della puntata: lo scrittore Andrea Bajani con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Il libro delle case” (Feltrinelli), candidato all’edizione 2021 del Premio Strega su proposta di Concita De Gregorio.

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La scheda del libro: “Il libro delle case” di Andrea Bajani (Feltrinelli)

Un romanzo costruito come un’appassionante partita di Cluedo: i segreti di un uomo e di un Paese raccontati dalle case che li hanno custoditi. In un’opera unica per architettura, poesia e visionarietà, Andrea Bajani traccia il grande affresco di un’educazione sentimentale a metri quadri.

A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case lo custodiscono in segreto o lo tengono in ostaggio? Per raccontare la vita di un uomo, l’unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire “io” sapendo che dietro c’è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo – “che per convenzione chiameremo Io” –, le amicizie, il matrimonio nel suo rifugio e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione. La storia di Io salta di casa in casa, su e giù nel tempo, ciascuna è la tessera di un puzzle che si compone tra l’ultimo quarto del millennio e il primo degli anni zero: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga in un appartamento di Roma mentre dalla tv si rovesciano le immagini di Aldo Moro sequestrato e del corpo di Pasolini rinvenuto all’Idroscalo; è marito in una casa borghese di Torino, bohémien in una mansarda di Parigi e adulto in carriera in un albergo londinese; ragazzo preso a pugni dal padre in una casa di vacanza, e studente universitario buttato sopra un materasso; poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. Costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Il libro delle case è un viaggio attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni, nelle sue geografie, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda. In un romanzo unico per costruzione, poesia e visionarietà, Bajani traccia il grande affresco di un’educazione sentimentale a metri quadri.

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Andrea Bajani è nato nel 1975. Con Feltrinelli ha pubblicato Mi riconosci (2013; 2018) e La gentile clientela (2013), oltre ad alcuni racconti nella collana digitale Zoom. Tra i suoi libri, Cordiali saluti (Einaudi, 2005), Se consideri le colpe (Einaudi, 2007, Premio Super Mondello, Premio Brancati, Premio Recanati), Ogni promessa (Einaudi, 2010, Premio Bagutta), La mosca e il funerale (nottetempo, 2012) e Un bene al mondo (Einaudi 2016). Per il teatro è autore di Miserabili, di e con Marco Paolini, e di 18mila giorni, Il pitone, con Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa. Collabora con diversi quotidiani e riviste. I suoi romanzi sono tradotti in molte lingue.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia, post produzione e consulenza musicale: Federico Marin

PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA QUI

(continua…)

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

mercoledì, 4 novembre 2020

GIANRICO CAROFIGLIO con “Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose” (Feltrinelli) in radio a LETTERATITUDINE

GIANRICO CAROFIGLIO con “Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose” (Feltrinelli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie).

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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PER ASCOLTARE LA PUNTATA CLICCA SUL PULSANTE “AUDIO MP3″ (in basso), O CLICCA QUI

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Ospite della puntata: lo scrittore Gianrico Carofiglio con cui abbiamo discusso del suo nuovo libro intitolato “Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose” (Feltrinelli).
Tra le altre cose, essendo argomento di particolare attualità, abbiamo discusso della campagna elettorale americana che ha visto contrapposti Trump e Biden.

Gianrico, come nasce “Della gentilezza e del coraggio”? Da quale idea, spunto, esigenza o fonte di ispirazione? Perché la “gentilezza” prima di tutto? E perché “coraggio”? Cosa lega la “gentilezza” al “coraggio”? Perché nella parte iniziale del libro utilizzi un parallelismo con le arti marziali? A proposito del sottotitolo “Breviario di politica e di altre cose” cosa puoi dirci sulla campagna elettorale che ha visto contrapposti Trump e Biden? I social consentono, in un certo senso, di bypassare il dibattito: cosa puoi dirci da questo punto di vista? Cosa scatena, a tuo avviso, le dinamiche che portano al complottismo, ai cosiddetti “negazionisti”? E in che modo possono essere contrastate? Sempre con riferimento al dibattito fai riferimento al cosiddetto onere della prova (che, in alcuni casi, viene ribaltato): di che si tratta? Esiste una relazione tra lettura (di libri e di giornali) e sviluppo del senso critico? Tornando all’Oriente, cosa sono i “koan”? E perché hai sentito l’esigenza di parlarne nel libro?

Questo e tanto altro abbiamo chiesto a  Gianrico Carofiglio nel corso della puntata.

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La scheda del libro: “Della gentilezza e del coraggio. Breviario di politica e altre cose” di Gianrico Carofiglio (Feltrinelli)

La qualità della vita democratica scaturisce innanzitutto dalla capacità di porre e di porsi buone domande, dalla capacità di dubitare. E questo vale tanto per chi il potere ce l’ha quanto, forse soprattutto, per chi apparentemente non ce l’ha. Cioè noi. Perché i cittadini hanno un potere nascosto, che li distingue dai sudditi e che deriva proprio dall’esercizio della critica e dunque della sorveglianza.
In queste pagine Gianrico Carofiglio, con la sua scrittura affilata e la sua arte di narratore, ci accompagna in un viaggio nel tempo e nello spazio e costruisce un sommario di regole – o meglio suggerimenti – per una nuova pratica della convivenza civile. Una pratica che nasce dall’accettazione attiva dell’incertezza e della complessità del mondo ed elabora gli strumenti di un agire collettivo laico, tollerante ed efficace.
Partendo dagli insegnamenti dei maestri del lontano Oriente e passando per i moderni pensatori della politica, scopriamo un nuovo senso per parole antiche e fondamentali, prima fra tutte la parola gentilezza. Non c’entra nulla con le buone maniere, né con l’essere miti, ma disegna un nuovo modello di uomo civile, che accetta il conflitto e lo pratica secondo regole, in una dimensione audace e non distruttiva. Per questo la gentilezza, insieme al coraggio, diventa una dote dell’intelligenza, una virtù necessaria a trasformare il mondo. E contrastare tutte le forme di esercizio opaco del potere diventa un’attività sovversiva, che dovrà definire l’oggetto della nostra azione, della nostra ribellione.

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Gianrico Carofiglio ha scritto saggi, romanzi e racconti. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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Colonna sonora della puntata: Charlie Parker con i brani “Now’s the time”, “Ornithology”, “Perdido”.

(continua…)

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

giovedì, 23 aprile 2020

GIAN ARTURO FERRARI con “Ragazzo italiano” (Feltrinelli) in radio a LETTERATITUDINE

GIAN ARTURO FERRARI con “Ragazzo italiano” (Feltrinelli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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Ospite della puntata: Gian Arturo Ferrari con cui abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Ragazzo italiano” (Feltrinelli), candidato al Premio Strega 2020.

Come nasce “Ragazzo italiano”? Cosa ha significato per te, che per decenni hai rivestito un ruolo di primo piano nell’editoria italiana, passare dall’altra parte della barricata e diventare autore di un romanzo? Come descriveresti, Ninni, il bambino (e poi ragazzo) protagonista della storia? Che Italia è quella degli anni in cui Ninni cresce? Che ruolo ha la nonna (che il lettore incontra già nell’incipit del romanzo) nella crescita di Ninni? Com’è il rapporto di Ninni con i suoi genitori? Qual è il ruolo della scuola nella vita di Ninni e nelle dinamiche di quell’Italia in cui Ninni da bambino diventa ragazzo? Se dovessi fare un confronto tra la scuola che ha frequentato Ninni e quella che frequentano i ragazzi di oggi, cosa diresti? Cosa rappresenta per Ninni l’abbandono del nomignolo e la “adozione” del nome Piero (diminutivo di Pieraugusto)? In che modo – nell’arco temporale in cui Ninni diventa Ninni/Piero, e poi solo Piero – l’Italia cambia? Tralasciando per un attimo il romanzo: come è cambiata l’editoria italiana di questi ultimi decenni? Se dovessi scegliere un brano musicale come possibile colonna sonora di questo tuo nuovo romanzo, quale indicheresti?

Questo e tanto altro abbiamo chiesto a Gian Arturo Ferrari nel corso della puntata.

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La scheda del libro: “Ragazzo italiano” di Gian Arturo Ferrari (Feltrinelli)

La vita di Ninni, figlio del dopoguerra, attraversa le durezze da prima rivoluzione industriale della provincia lombarda, il tramonto della civiltà rurale emiliana, l’esplosione di vita della Milano riformista. E insieme Ninni impara a conoscere le insidie degli affetti, la sofferenza, persino il dolore che si cela anche nei legami più prossimi. Da ragazzino, grazie alla nonna, scopre di poter fare leva sull’immenso continente di esperienze e di emozioni che i libri gli spalancano di fronte agli occhi. Divenuto consapevole di sé e della sua faticosa autonomia, il ragazzo si scava, all’insegna della curiosità e della volontà di sapere, quello che sarà il proprio posto nel mondo.
Nella storia di Ragazzo italiano si riflette la storia dell’intero Paese, l’asprezza, la povertà, l’ansia di futuro, la vicenda di una generazione figlia della guerra ma determinata a proiettare progetti e sogni oltre quella tragedia. Un’Italia dove la scuola è la molla di promozione sociale, e l’avvenire è affollato di attese e promesse. Un’Italia ancora viva nella memoria profonda del Paese, nelle peripezie familiari di tanti italiani. Ferrari le restituisce corpo e respiro senza indulgenze né compiacimenti, con uno stile cristallino e austero, non di rado crudo, con un timbro di coraggiosa sincerità. Capace di esprimere la freschezza del protagonista e di una moltitudine di personaggi lampeggianti di futuro.

Troncati i legami con il nido, eliminati in pratica obblighi e doveri, Ninni, con suo intimo stupore, scoprì che rimaneva ed esisteva altro. Esisteva lui.

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Gian Arturo Ferrari (1944) ha perseguito per un certo tratto una doppia vita. Da un lato l’insegnamento universitario, come professore di Storia del pensiero scientifico presso l’Università di Pavia. Dall’altro l’apprendistato editoriale, prima con Edgardo Macorini alla Est Mondadori, poi per un decennio come stretto collaboratore di Paolo Boringhieri. Editor della Saggistica Mondadori nel 1984, direttore dei Libri Rizzoli nel 1986, rientrato in Mondadori nel 1988, con il 1989 ha scelto infine l’editoria libraria come propria unica vita e si è dimesso dall’Università. Direttore dei Libri Mondadori nei primi anni novanta, è stato dal 1997 al 2009 direttore generale della divisione Libri Mondadori. Dal 2010 al 2014 ha presieduto il Centro per il libro e la lettura, presso il ministero dei Beni e delle Attività culturali. Dal 2015 al 2018 è stato vicepresidente di Mondadori Libri. È editorialista del “Corriere della Sera”. è autore del libro Libro (Bollati Boringhieri, 2014). Ragazzo italiano è il suo primo romanzo.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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Colonna sonora della puntata: “Il valzer delle candele”, interpretazione di Milva; “Sapore di sale” di Gino Paoli (versione live del 2018).

(continua…)

Pubblicato in LETTERATITUDINE RADIO (trasmissione radiofonica curata e condotta da Massimo Maugeri)   Commenti disabilitati

domenica, 16 settembre 2018

ROSELLA POSTORINO vince il PREMIO CAMPIELLO 2018

ROSELLA POSTORINO con il romanzo “Le assaggiatrici” (Feltrinelli), è la vincitrice della 56ª edizione del PREMIO CAMPIELLO

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L’edizione 2018 del Premio Campiello è stata vinta con ampio margine da Rosella Postorino, autrice di “Le assaggiatrici” (Feltrinelli): 167 voti sui 278 pervenuti dai 300 componenti della giuria popolare. Il video della premiazione è disponibile cliccando qui.

In seconda posizione, 42 voti, Francesco Targhetta con “Le vite potenziali” (Mondadori). Terza classificata, 29 voti, Helena Janeczek autrice di “La ragazza con la Leica” (Guanda) con cui ha vinto l’edizione 2018 del Premio Strega. In quarta posizione, con 25 voti, Ermanno Cavazzoni autore di “La galassia dei dementi” (La nave di Teseo). Al quinto posto, con 15 voti, Davide Orecchio autore di “Mio padre la rivoluzione” (Minimum Fax).

Di seguito la puntata radiofonica di Letteratitudine dedicata a “Le assaggiatrici” (Feltrinelli), con l’ampio intervento di Rosella Postorino in conversazione con Massimo Maugeri.

In streaming e in podcast su RADIO POLIS

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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Con Rosella Postorino abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Le assaggiatrici” (Feltrinelli).

Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), ha raccontato la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Di seguito, la scheda sul libro e la biografia letteraria dell’autrice.

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Rosella Postorino“Le assaggiatrici” (Feltrinelli).

“Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame.” Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando?
La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato.
Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito.
Rosella Postorino non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.

* * *

Rosella Postorino Rosella Postorino (Reggio Calabria, 1978) è cresciuta in provincia di Imperia, vive e lavora a Roma. Ha esordito con il racconto In una capsula, incluso nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile Libero, 2004). Ha pubblicato i romanzi La stanza di sopra (Neri Pozza, 2007; Premio Rapallo Carige Opera Prima), L’estate che perdemmo Dio (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e Il corpo docile (Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne), la pièce teatrale Tu (non) sei il tuo lavoro (in Working for Paradise, Bompiani, 2009), Il mare in salita (Laterza, 2011) e Le assaggiatrici (Feltrinelli, 2018). È fra gli autori di Undici per la Liguria (Einaudi, 2015).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “Moonlight Serenade” di Glenn Miller; “Lili Marleen” di Marlene Dietrich; Wiener Sängerknaben – Fuchs; “In The Mood” di Glenn Miller.

(continua…)

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mercoledì, 14 febbraio 2018

ROSELLA POSTORINO con “Le assaggiatrici” (Feltrinelli) in radio a LETTERATITUDINE

ROSELLA POSTORINO con “Le assaggiatrici” (Feltrinelli), ospite del programma radiofonico Letteratitudine trasmesso su RADIO POLIS (la radio delle buone notizie)


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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e postproduzione: Federico Marin

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Con Rosella Postorino abbiamo discusso del suo nuovo romanzo intitolato “Le assaggiatrici” (Feltrinelli).

Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), ha raccontato la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Di seguito, la scheda sul libro e la biografia letteraria dell’autrice.

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Rosella Postorino“Le assaggiatrici” (Feltrinelli).

“Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame.” Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando?
La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato.
Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito.
Rosella Postorino non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.

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Rosella Postorino Rosella Postorino (Reggio Calabria, 1978) è cresciuta in provincia di Imperia, vive e lavora a Roma. Ha esordito con il racconto In una capsula, incluso nell’antologia Ragazze che dovresti conoscere (Einaudi Stile Libero, 2004). Ha pubblicato i romanzi La stanza di sopra (Neri Pozza, 2007; Premio Rapallo Carige Opera Prima), L’estate che perdemmo Dio (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e Il corpo docile (Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne), la pièce teatrale Tu (non) sei il tuo lavoro (in Working for Paradise, Bompiani, 2009), Il mare in salita (Laterza, 2011) e Le assaggiatrici (Feltrinelli, 2018). È fra gli autori di Undici per la Liguria (Einaudi, 2015).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia e post produzione: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata: “Moonlight Serenade” di Glenn Miller; “Lili Marleen” di Marlene Dietrich; Wiener Sängerknaben – Fuchs; “In The Mood” di Glenn Miller.

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venerdì, 2 febbraio 2018

OLTRE L’INVERNO di Isabel Allende

In OLTRE L’INVERNO si cela l’invincibile estate di Isabel Allende

Come al solito Isabel Allende è andata in giro per il mondo a presentare il suo nuovo romanzo. In Italia – così come i precedenti – è stato pubblicato da Feltrinelli con il titolo di “Oltre l’inverno” (traduzione di Elena Liverani).
Tra le varie tappe internazionali segnaliamo quella che ha avuto luogo l’anno scorso, a Madrid, presso la Casa de América (di seguito, un breve resoconto).

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Il romanzo nasce con una frase di Albert Camus che dice: “Nel bel mezzo dell’inverno, ho infine imparato che vi era in me un’invincibile estate”. In quel particolare momento della sua vita, quando ha iniziato a scrivere questo libro, l’8 Gennaio 2016, Isabel Allende ha vissuto una situazione del genere. Si era separata dal marito, viveva da sola e sentiva che la sua età aveva raggiunto un inverno della vita, ma l’invincibile estate era sempre lì. Così, quando ha iniziato a scrivere il romanzo ha fatto in modo che emergesse nei personaggi questa “estate” che ci aiuta ad andare avanti, a trovare l’amore, ad aprirci alla solidarietà, a vivere con coraggio, ad avere la consapevolezza che – anche se cediamo – abbiamo sempre un’opportunità.

La Allende ha sostenuto di non rappresentare esattamente la società nordamericana, ma – quando scrive – riesce a percepire nell’aria le questioni importanti. Nel periodo in cui ha scritto questo libro, Isabel viveva in California e nel romanzo c’è un tema molto importante che aleggiava nell’aria: la questione dei rifugiati. Come è noto il nord America è interessato da un potente flusso di immigrazione clandestina proveniente dall’America centrale e dal Messico. La gente viene in nord America per sfuggire alla povertà, per l’assenza di opportunità, per non subire la violenza, per la presenza del narcotraffico. Ci sono bambini che si avventurano attraversando paesi interi nel tentativo di oltrepassare la frontiera americana alla ricerca dei propri genitori e di una opportunità di vita.

Era latente nell’aria, lo era da tempo, ma ancor di più oggi, con Trump“, dice la Allende, “con quest’idea di realizzare una barriera per impedire alle persone di venire. Invece di impegnarsi per risolvere i problemi nei luoghi di origine dei rifugiati – dato che è evidente che nessuna di queste persone lascia la propria casa perché è in cerca di divertimento – ci si concentra sulla protezione della frontiera e nell’arrestare i clandestini. E si percepisce nell’aria questo progetto di deportare undici milioni di persone dagli Stati Uniti d’America“.

Nel libro c’è un personaggio molto importante: una ragazza del Guatemala è in fuga a causa di una spaventosa situazione con cui deve fare i conti. Si chiama Evelyn Ortega. “So di molta gente che si trova in situazioni simili“, dice ancora la Allende. “Persone vere, non personaggi inventati. In fondo non c’è nemmeno bisogno di inventare alcun personaggio, quando conosci personalmente molti esempi di persone che vivono questo tipo di situazioni.

Un altro personaggio chiave del libro è una giornalista cilena. “La gente crede che si tratti di me, ma non sono io. (continua…)

Pubblicato in SEGNALAZIONI E RECENSIONI, YouTubeggiando tra i libri   Commenti disabilitati

martedì, 6 dicembre 2016

ALBERTO ROLLO con “Un’educazione milanese” (Manni) a “Letteratitudine in Fm”

ALBERTO ROLLO con “Un’educazione milanese” (Manni) ospite del programma radiofonico Letteratitudine in Fm di lunedì 5 dicembre 2016 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino). Nella seconda parte della puntata discutiamo anche del nuovo libro di Roberto Saviano: “La paranza dei bambini” (Feltrinelli)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

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Alberto Rollo è stato l’ospite della puntata di Letteratitudine in Fm di lunedì 5 dicembre 2016.

Con Alberto Rollo abbiamo discusso del suo primo romanzo intitolato “Un’educazione milanese” (Manni). Di seguito, informazioni sul libro.

Nella seconda parte della puntata, con Alberto Rollo (stavolta nel suo ruolo di direttore letterario della casa editrice Feltrinelli) abbiamo discusso del romanzo di Roberto SavianoLa paranza dei bambini (Feltrinelli).

Nalla parte finale della puntata, la lettura dell’incipit di “La paranza dei bambini”.

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Un'educazione milanese Un’educazione milanese” (Manni) di Alberto Rollo

Il romanzo di una città e di una generazione

“Cerco ponti in cui lo spaesamento e il sentirmi a casa coincidano. E su quei ponti finiscono con l’apparire, teneri e meridiani, i fantasmi che mi riconducono là dove io sono cominciato e dove è cominciata, per me, questa città.”

Questa è una ricognizione autobiografica ed è il racconto della città che l’ha ispirata.
Si entra nella storia dagli anni Cinquanta: l’infanzia nei nuovi quartieri periferici, con le paterne “lezioni di cultura operaia”, le materne divagazioni sulla magia del lavoro sartoriale, la famiglia comunista e quella cattolica, le ascendenze lombarde e quelle leccesi, le gite in tram, le gite in moto, la morte di John F. Kennedy e quella di papa Giovanni, Rocco e i suoi fratelli, l’oratorio, il cinema, i giochi, le amicizie adolescenziali e i primi amori fra scali merci e recinti incustoditi.
E si procede con lo scatto della giovinezza, accanto l’amico maestro di vita e di visioni, sullo sfondo le grandi lotte operaie, la vitalità dei gruppi extraparlamentari, il sognante melting pot sociale di una generazione che voleva “occhi diversi”.
A questa formazione si mescola la percezione dell’oggi, il prosciugamento della città industriale, i progetti urbanistici per una Grande Milano, le trasformazioni dello skyline, il trionfo della capitale della moda e degli archistar.
Un romanzo autobiografico magistralmente scritto, lo sguardo teso della visione: la storia di una città, di una generazione.

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Alberto Rollo è nato a Milano nel 1951. Dal 2005 è Direttore letterario della casa editrice Feltrinelli, dove lavora da oltre vent’anni. Nei decenni Ottanta e Novanta ha firmato recensioni di libri, teatro e cinema per vari quotidiani nazionali, e saggi su riviste (“Belfagor”, “Quaderni Piacentini”, “Ombre Rosse”, “Il Maltese”, Tirature); è stato collaboratore di “Linea d’Ombra” e ha tradotto autori inglesi e americani contemporanei, da Jonathan Coe a William Faulkner. Ha scritto per il teatro e ha realizzato documentari per la tv. Un’educazione milanese è la sua prima opera di narrativa.

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“La paranza dei bambini” di Roberto Saviano (Feltrinelli)

roberto saviano la paranza dei bambini - materiale promoNe abbiamo discusso nella seconda parte della puntata con Alberto Rollo (con una lettura dell’incipit del libro)

Dieci ragazzini in scooter sfrecciano contromano alla conquista di Napoli. Quindicenni dai soprannomi innocui – Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone –, scarpe firmate, famiglie normali e il nome delle ragazze tatuato sulla pelle. Adolescenti che non hanno domani e nemmeno ci credono. Non temono il carcere né la morte, perché sanno che l’unica possibilità è giocarsi tutto, subito. Sanno che “i soldi li ha chi se li prende”. E allora, via, sui motorini, per andare a prenderseli, i soldi, ma soprattutto il potere.
La paranza dei bambini narra la controversa ascesa di una paranza – un gruppo di fuoco legato alla Camorra – e del suo capo, il giovane Nicolas Fiorillo. Appollaiati sui tetti della città, imparano a sparare con pistole semiautomatiche e AK-47 mirando alle parabole e alle antenne, poi scendono per le strade a seminare il terrore in sella ai loro scooter. A poco a poco ottengono il controllo dei quartieri, sottraendoli alle paranze avversarie, stringendo alleanze con vecchi boss in declino.
Paranza è nome che viene dal mare, nome di barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce. E come nella pesca a strascico la paranza va a pescare persone da ammazzare. Qui si racconta di ragazzini guizzanti di vita come pesci, di adolescenze “ingannate dalla luce”, e di morti che producono morti.
Roberto Saviano entra implacabile nella realtà che ha sempre indagato e ci immerge nell’autenticità di storie immaginate con uno straordinario romanzo di innocenza e sopraffazione. Crudo, violento, senza scampo.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata: “Milano” di Lucio Dalla; “New York State Of Mind” di Billy Joel; “Milano” di Luca Carboni. 

(continua…)

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martedì, 8 marzo 2016

CHIARA GAMBERALE con “Adesso” (Feltrinelli) a Letteratitudine in Fm

CHIARA GAMBERALE con “Adesso” (Feltrinelli) a Letteratitudine in Fm di lunedì 7 marzo 2016 – h. 10 circa (e in replica nei seguenti 3 appuntamenti: giovedì alle h. 03:00 del mattino; venerdì alle h. 13:00; domenica alle h. 03:00 del mattino).

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

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È stata Chiara Gamberale l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di lunedì 7 marzo 2016.

Con Chiara Gamberale abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Adesso” (Feltrinelli) e delle tematiche a esso legato.

Di seguito, la scheda del libro.

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Adesso” – di Chiara Gamberale (Feltrinelli)

AdessoÈ molto più che un romanzo d’amore, questo: è un romanzo sorprendente sull’amore. Che è una disdetta, una benedizione, un inganno. Ma è l’unica possibilità che abbiamo di orientarci fra paura e desiderio.
Esiste un momento nella vita di ognuno di noi dopo il quale niente sarà più come prima: quel momento è adesso.
Arriva quando ci innamoriamo, come si innamorano Lidia e Pietro. Sempre in cerca di emozioni forti lei, introverso e prigioniero del passato lui: si incontrano. Rinunciando a ogni certezza, si fermano, anche se affidarsi alla vita ha già tradito entrambi, ma chissà, forse proprio per questo, finalmente, adesso… E allora Lidia che ne farà della sua ansia di fuga? E di Lorenzo, il suo “amoreterno”, a cui la lega ancora qualcosa di ostinato? Pietro come potrà accedere allo stupore, se non affronterà un trauma che, anno dopo anno, si è abituato a dimenticare?
Chiara Gamberale stavolta raccoglie la scommessa più alta: raccontare l’innamoramento dall’interno. Cercare parole per l’attrazione, per il sesso, per la battaglia continua tra le nostre ferite e le nostre speranze, fino a interrogarsi sul mistero a cui tutto questo ci chiama. Grazie a una voce a tratti sognante e a tratti chirurgica, ci troviamo a tu per tu con gli slanci, le resistenze, gli errori di Lidia e Pietro e con i nostri, per poi calarci in quel punto “sotto le costole, all’altezza della pancia” dove è possibile accada quello a cui tutti aspiriamo ma che tutti spaventa: cambiare. Mentre attorno ai due protagonisti una giostra di personaggi tragicomici mette in scena l’affanno di chi invece, anziché fermarsi, continua a rincorrere gli altri per fuggire da se stesso…

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Chiara GamberaleChiara Gamberale è nata nel 1977 a Roma, dove vive. Ha esordito nel 1999 con Una vita sottile. Ha scritto, fra gli altri, La zona cieca (2008, Premio Campiello Giuria dei Letterati), Le luci nelle case degli altri (2010) e, a quattro mani con Massimo Gramellini, Avrò cura di te (2014). È autrice e conduttrice di programmi radiofonici e televisivi come “Io, Chiara e l’Oscuro” (Rai Radio2) e “Quarto piano scala a destra” (Rai Tre). Collabora con “La Stampa”, “Vanity Fair”, “Io Donna” e “Donna Moderna”. Per Feltrinelli ha pubblicato i romanzi Per dieci minuti (2013; in “Audiolibri” Emons Feltrinelli, 2014; in “Universale Economica”, 2015) e Adesso (2016).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “La vita è adesso” – Claudio Baglioni; “Adesso” – Erica Mou; “Tutto Adesso” – Pooh;  “It’s Now Or Never” – Elvis Presley

(continua…)

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venerdì, 11 settembre 2015

SPECIALE PREMIO CAMPIELLO 2015

SPECIALE PREMIO CAMPIELLO 2015

Sabato 12 settembre verrà decretato il vincitore della 53^ edizione del prestigioso premio letterario tra i seguenti cinque finalisti: Marco Balzano, Paolo Colagrande, Vittorio Giacopini, Carmen Pellegrino, Antonio Scurati. Sul post, i contributi speciali di Letteratitudine

Concorrono per la vittoria finale della 53^ edizione del Premio Campiello Marco Balzano con L’ultimo arrivato (Sellerio), Paolo Colagrande con Senti le rane (Nottetempo), Vittorio Giacopini con La Mappa (Il Saggiatore), Carmen Pellegrino con Cade la terra (Giunti) e Antonio Scurati con Il tempo migliore della nostra vita (Bompiani).

I CONTENUTI SPECIALI DI LETTERATITUDINE

(continua…)

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martedì, 14 luglio 2015

CONCITA DE GREGORIO ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 15 luglio 2015 (“Tutto potrebbe andare molto peggio” di Richard Ford)

CONCITA DE GREGORIO ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 15 luglio 2015 (“Tutto potrebbe andare molto peggio” di Richard Ford) – h. 9:10 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

È Concita De Gregorio l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 15 luglio 2015.

Con Concita De Gregorio discutiamo del suo nuovo libro intitolato “Mi sa che fuori è primavera” (Feltrinelli) e delle tematiche in esso trattate.

Nella seconda parte della puntata, un’ampia finestra dedicata al nuovo romanzo di Richard Ford, Tutto potrebbe andare molto peggio” (Feltrinelli), anche attraverso la lettura di qualche pagina.

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Mi sa che fuori è primavera“Mi sa che fuori è primavera” (Feltrinelli), di Concita De Gregorio
Ferite d’oro. Quando un oggetto di valore si rompe, in Giappone, lo si ripara con oro liquido. È un’antica tecnica che mostra e non nasconde le fratture. Le esibisce come un pregio: cicatrici dorate, segno orgoglioso di rinascita. Anche per le persone è così. Chi ha sofferto è prezioso, la fragilità può trasformarsi in forza. La tecnica che salda i pezzi, negli esseri umani, si chiama amore. Questa è la storia di Irina, che ha combattuto una battaglia e l’ha vinta. Una donna che non dimentica il passato, al contrario: lo ricorda, lo porta al petto come un fiore. Irina ha una vita serena, ordinata. Un marito, due figlie gemelle. È italiana, vive in Svizzera, lavora come avvocato. Un giorno qualcosa si incrina. Il matrimonio finisce, senza traumi apparenti. In un fine settimana qualsiasi Mathias, il padre delle bambine, porta via Alessia e Livia. Spariscono. Qualche giorno dopo l’uomo si uccide. Delle bambine non c’è più nessuna traccia. Pagina dopo pagina, rivelazione dopo rivelazione, a un ritmo che fa di questo libro un autentico thriller psicologico e insieme un superbo ritratto di donna, coraggiosa e fragile, Irina conquista brandelli sempre più luminosi di verità e ricuce la sua vita. Da quel fondo oscuro, doloroso, arriva una luce nuova. La possibilità di amare ancora, l’amore che salda e che resta.

Le prime pagine del libro sono disponibili qui

Concita De Gregorio si è laureata all’Università di Pisa. Ha iniziato a lavorare come giornalista nei quotidiani locali, è entrata con una borsa di studio a “Repubblica” dove è rimasta per vent’anni come inviata di politica e cultura. A “Repubblica” è tornata come editorialista dopo aver diretto, dal 2008 al 2011, “l’Unità”. Conduce il programma di RaiTre Pane quotidiano, è cofondatrice della rivista spagnola “Ctxt”. Ha quattro figli. Nel 2001 ha pubblicato Non lavate questo sangue. I giorni di Genova sul G8. Tra i suoi libri successivi Una madre lo sa. Tutte le ombre dell’amore perfetto (2007), Malamore. Esercizi di resistenza al dolore (2009), Così è la vita. Imparare a dirsi addio (2011), Io vi maledico (2013) e l’avventura letteraria a quattro mani con il figlio adolescente Un giorno sull’isola. In viaggio con Lorenzo (2014). Per “I Narratori” Feltrinelli ha pubblicato Mi sa che fuori è primavera (2015).

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Tutto potrebbe andare molto peggio“Tutto potrebbe andare molto peggio” (Feltrinelli), di Richard Ford
Frank Bascombe ha vissuto una vita non più avventurosa di quella di tanti altri americani. Giornalista sportivo, agente immobiliare, due matrimoni, due figli grandi che vivono lontano, molti traslochi. A sessantotto anni, Frank si è ritirato a vita privata, ha venduto la casa sull’oceano dove si era trasferito con la seconda moglie ed è tornato a Haddam, la città che forse racchiude il segreto di tutti i suoi dispiaceri. L’uragano che un giorno d’autunno si abbatte sulla costa del New Jersey distruggendo la ridente stazione balneare dove Frank aveva creduto di poter esorcizzare i suoi fantasmi ne diventa in un lampo il principale evocatore. Il passato ritorna e parla con la voce di amici falsi, traditori o moribondi. Se la vita è davvero, come riflette Frank, “una questione di sottrazione graduale”, che altro ti resta quando una catastrofe naturale ti ha sottratto tutto, compresa la casa dove hai trascorso i migliori anni della tua esistenza? L’ultimo romanzo di Richard Ford è il bilancio, non privo di sorprese e di humour, di una vita che potrebbe non essere poi così diversa dalla nostra.

Richard Ford, nato nel 1944 a Jackson (Mississippi), è considerato uno dei più grandi scrittori americani contemporanei. Con Il giorno dell’Indipendenza (1995, Feltrinelli, 1996) ha vinto i due premi più prestigiosi d’America, il Pen/Faulkner Award e il Pulitzer Prize. Feltrinelli ha pubblicato anche: Rock Springs (1989), L’estrema fortuna (1990; 2014), Incendi (1991), Sportswriter (1992), Il donnaiolo (1993), Il giorno dell’indipendenza (1996), Donne e uomini (2001), Infiniti peccati (2002), Lo stato delle cose (2008), Canada (2013) e Tutto potrebbe andare molto peggio (2015).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “L’impossibile vivere” di Renato Zero; “Oblivion” di Astor Piazzolla.

(continua…)

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mercoledì, 10 giugno 2015

NON SCRIVERE DI ME, di Livia Manera Sambuy

Nel nuovo appuntamento della rubrica di Letteratitudine chiamata “Saggistica Letteraria” ci occupiamo di un volume che non è – in effetti – un saggio letterario (in senso stretto), ma che  (attraverso storie di incontri con scrittori americani) aiuta a comprendere meglio la letteratura prodotta da autori del calibro di Philip Roth, Richard Ford, Paula Fox, Judith Thurman, David Foster Wallace, Joseph Mitchell, Mavis Gallant, James Purdy, Raymond Carver, Mordecai Richler e Karen Blixen.

Il libro si intitola “Non scrivere di me“, l’ha scritto Livia Manera Sambuy ed è pubblicato dalla Feltrinelli. Di seguito, un’intervista all’autrice.

Le prime pagine del libro sono disponibili qui.

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NON SCRIVERE DI ME, di Livia Manera Sambuy

di Massimo Maugeri

Pochi conoscono Philip Roth come Livia Manera Sambuy. Dice di lei Dave Eggers: “Livia Manera Sambuy ci consegna un ritratto di Philip Roth tra i migliori che abbia mai letto – scritto splendidamente, personale, intimo eppure rispettoso. I suoi ritratti sono di una dignità e di un rigore straordinari, e la sua conoscenza della letteratura contemporanea resta senza pari.” Livia è una giornalista letteraria che scrive sul “Corriere della Sera” (ha vissuto tra Milano e New York; ora vive tra Parigi e la Toscana). Al suo attivo ha, tra le altre cose, la realizzazione di due film documentari su Philip Roth. E il titolo del suo libro, “Non scrivere di me” (Feltrinelli), ha a che fare – per l’appunto – con lo strettissimo rapporto intrattenuto con il celebre scrittore americano che, a un certo punto, le intimò di non scrivere più di lui. In alcuni casi, però, un divieto equivale a un invito. Di questa equivalenza si è servita Livia Manera che, all’interno di questo coinvolgente volume (consigliatissimo agli amanti della letteratura americana… ma non solo), ha aperto ampie e illuminanti finestre sulla produzione artistica e sulle esistenze di Roth e di altri autori e autrici (da Richard Ford a Paula Fox, da Judith Thurman a David Foster Wallace, da Joseph Mitchell a Mavis Gallant… e poi, ancora: Purdy, Carver, Richler, Blixen).

Ho avuto il piacere di discuterne con l’autrice…

- Cara Livia, nelle prime pagine del libro racconti come nasce “Non scrivere di me”. Perché hai deciso di scriverlo proprio adesso, in questa fase della tua vita?
La crisi del 2008 ha cambiato la vita di quasi tutti i giornalisti. Prima, fermarsi per scrivere un libro era una scelta interessante ma improduttiva dal punto di vista economico. Dopo, le cose sono cambiate. E’ il lavoro giornalistico ad essere diventato economicamente improduttivo. Ma come tutte le crisi, lo scossone del cambiamento ha aperto nuove possibilità. Io avevo l’impressione di avere raggiunto, nel mio lavoro di giornalista letteraria per il Corriere della Sera, più o meno il massimo di quello a cui potevo ambire. E da tempo avevo voglia di qualcosa di nuovo, e soprattutto di qualcosa da imparare. E così ho fatto due film documentari e ho scritto un libro. L’idea del libro era di dare un senso al lavoro che avevo svolto fino ad allora, un senso che toccasse corde più profonde e personali. Non, insomma, di pubblicare una raccolta dei miei articoli. Ed è così che ho incominciato a scrivere il libro che nella mia testa si è chiamato per due anni “Making sense” (titolo intraducibile) e che è poi uscito col titolo “Non scrivere di me”: per rileggere la mia esperienza di persona, lettrice e giornalista letteraria, alla luce di qualcosa che andasse al di fuori degli schemi della critica o del giornalismo. E ho scelto la formula americana della “narrative non fiction”, cioè dei racconti dal vero.

- In che cosa la letteratura nordamericana si differisce da quella prodotta in altri paesi e in altre zone del mondo, a tuo avviso? Qual è il suo elemento caratterizzante (ammesso che ne esista uno)?
Domanda difficilissima: dovrei essere più ferrata sulla letteratura contemporanea di altri paesi per rispondere seriamente. Posso dire però che nella narrativa americana c’è un certo pragmatismo che trovo meno altrove: un’altissima professionalità dello scrivere con cui gli autori sono obbligati a confrontare le proprie ambizioni artistiche. Questa a mio avviso è un’ottima cosa, perché áncora la scrittura alla realtà e aiuta i lettori a decifrarla. In Francia, invece, uno scrittore o un regista sono in primo luogo artisti e solo in secondo luogo dei professionisti. E questo espone facilmente a una certa auto indulgenza.

- New York e Parigi sono due mete ambitissime da parte di scrittori e intellettuali. Tu le conosci molto bene. In cosa si assomigliano e in cosa si differenziano le due città, in relazione al rapporto con le scrittrici e gli scrittori che vi abitano?
Non si somigliano in nulla. New York è aperta, competitiva, “workaholic” e giovane nello spirito, ahimè, fortemente capitalistico. Parigi è la tradizione, ha una società chiusa, guarda poco “altrove”, ma essere intellettuali e poveri a Parigi è una medaglia. Ambedue sono internazionali, ma Parigi non lo sa, sembra addirittura ignorare di avere l’opzione di trasformarsi nella capitale culturale d’Europa – se solo riconoscesse gli elementi stranieri che compongono la sua società artistica e letteraria. Faccio un esempio. Una scrittrice come Mavis Gallant, che era canadese, è rimasta quasi sconosciuta ai francesi, pur avendo vissuto a Parigi per sessantacinque anni. Un giorno Bernard Pivot l’ha invitata alla sua celebre trasmissione sui libri “Apostrophes”. E solo allora i vicini di Rue Ferrandoni hanno scoperto che la signora che da quarant’anni abitava al secondo piano era una delle più grandi scrittrici di racconti del mondo. Faccio fatica a immaginare che la stessa cosa possa succedere a Londra, o Roma, o Berlino.

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- Domanda analoga con riferimento alle scrittrici e gli scrittori che racconti nel libro. C’è qualcosa che, in un modo o nell’altro, li accomuna tutti?
Sono diversissimi tra loro, come qualunque essere umano. Gallant intelligentissima, insofferente, spiritosa. Thurman molto intellettuale, sofisticata, piena di “Jewish wit”. Wallace disperato e introverso. Ford amabilissimo e sanguigno. Mitchell un ammutinato gentile. Purdy fiero della sua debolezza. Fox una sopravvissuta, piena di una saggezza al di fuori degli schemi. E Roth seducente, manipolatore, capriccioso, intenso e fedele. No: nulla li accomuna, a parte l’essere delle creature tormentate dalla malattia dello scrivere, con tutto ciò che comporta: ansie, frustrazioni, soddisfazioni occasionali, genio.

Philip Roth. Una storia americana. DVD. Con libro- Pensando a Philip Roth: cosa ti rimane, più di ogni altra cosa, del rapporto con il Roth scrittore? E con l’uomo?
Del Roth scrittore mi rimane la straordinaria esperienza di avere letto (e in alcuni casi riletto) tutta la sua opera in ordine cronologico, nell’edizione della Modern Library. Trentuno libri sono una maratona gigantesca, ma anche una chiave di accesso unica a ciò che rappresenta il mondo di un autore. L’ho fatto all’epoca in cui preparavo per ARTE il documentario “Philip Roth: una storia americana”, che poi è stato pubblicato da Feltrinelli Real Cinema. La gente pensa che Roth si sia aperto con me perché ci conoscevamo così bene da essere diventati complici. Ma non conoscono Roth. Si è aperto con me perché ero diventata la sua memoria: conoscevo la sua opera meglio di lui, si potrebbe dire con una battuta. Perché un segreto degli scrittori è che odiano rileggersi, e se possono evitano. Io in quei mesi gli ho fatto da sponda e da specchio. Ci siamo divertiti.
Del Roth uomo, invece, mi sono rimasti un affetto e una complicità molto profondi. E’ uno dei punti di riferimento della mia vita – e non parlo professionalmente.

- C’è qualcuno, tra gli autori presenti nel libro, con cui ti sei sentita più affine? E per quale motivo? (continua…)

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mercoledì, 29 aprile 2015

ETGAR KERET ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 29 aprile 2015

ETGAR KERET ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 29 aprile 2015 – h. 9:10 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)

etgar-keret

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

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È stato lo scrittore israeliano Etgar Keret l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 29 aprile 2015.

Con Etgar Keret abbiamo discusso del suo nuovo libro “Sette anni di felicità” (Feltrinelli - traduz. di Vincenzo Mantovani) e delle tematiche in esso trattato.
Ringraziamo Fulvia Tassini per il servizio di interpretariato dall’inglese.

Nella seconda parte della puntata, la lettura di alcune pagine del libro.

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Sette anni di felicità“Sette anni di felicità” di Etgar Keret (Feltrinelli)
Negli ultimi sette anni, Etgar Keret ha avuto molte ragioni per stare in pensiero. Suo figlio Lev è nato nel bel mezzo di un attentato terroristico a Tel Aviv. Suo padre si è ammalato. Tremende visioni del presidente iraniano Ahmadinejad che lancia invettive antisemite lo perseguitano. E Devora, l’implacabile venditrice di un call center, sembra determinata a seguirlo anche all’altro mondo. Con un’ironia fulminante e la sua speciale capacità di cogliere del buono dove meno te l’aspetti, Keret si muove con disinvoltura tra il personale e il politico, il faceto e il terribilmente serio, per raccontare i suoi ultimi sette anni a Tel Aviv: un condensato di vita, humour ed emozione.

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Nato a Tel Aviv nel 1967, Etgar Keret è tra i più popolari scrittori israeliani della nuova generazione. I suoi libri, tradotti in 35 paesi e 31 lingue, gli hanno valso molti premi prestigiosi e un riconoscimento unanime a livello internazionale. I suoi lavori sono stati pubblicati dal “The New York Times”, “Le Monde”, “The Guardian”, “The Paris Review” e “Zoetrope”. Più di quaranta cortometraggi sono nati dalle sue storie, uno dei quali ha vinto il MTV Prize negli Stati Uniti (1998). Il suo cortometraggio Skin Deep ha vinto numerosi premi internazionali, mentre il suo primo lungometraggio, Meduse, girato insieme alla moglie Shira Gefen, ha vinto a Cannes il premio “Caméra d’Or” nel 2007. Nel 2010 è stato insignito in Francia con l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere. Keret insegna attualmente alla facoltà di cinema e televisione dell’Università di Tel Aviv. Con Feltrinelli ha pubblicato All’improvviso bussano alla porta (2012) e, nella collana digitale Zoom, Finestre (2014).

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Don’t worry be happy” di Bobby McFerrin; “If it makes you happy” di Sheryl Crow; “Happy Days” di Charles Fox (1974 – sigla originale dell’omonimo telefilm)

(continua…)

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giovedì, 9 aprile 2015

MAYLIS DE KERANGAL ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 8 aprile 2015

MAYLIS DE KERANGAL ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 8 aprile 2015 – h. 9 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)

maylis-de-kerangalIn Fm e in streaming su Radio Hinterland

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È stata la scrittrice francesce Maylis de Kerangal l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 8 aprile 2015.
Con Maylis de Kerangal abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Riparare i viventi” (edito da Feltrinelli) e delle tematiche da esso affrontate. Tematiche, per la verità, molto forti e delicate giacché hanno a che vedere con l’espianto e il trapianto di organi; nella fattispecie: il cuore.
Ne approfittiamo per ringrazire Sonia Folin, che ha svolto il ruolo di interprete.

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“Riparare i viventi”, di Maylis de Kerangal (Feltrinelli – traduzione di Maria Baiocchi e Alessia Piovanello)

Tre adolescenti di ritorno da una sessione di surf su un pullmino tappezzato di sticker, tre big wave rider, esausti, stralunati ma felici, vanno incontro a un destino che sarà fatale per uno di loro. Incidente stradale, trauma cranico, coma irreversibile, e Simon Limbres entra nel limbo macabramente preannunciato dal suo cognome.
Da quel momento, una macchina inesorabile si mette in moto: bisogna salvare almeno il cuore. La scelta disperata dell’espianto, straziante, è rimessa nelle mani dei genitori. Intorno a loro, come in un coro greco, si muovono le vite degli addetti ai lavori che faranno sì che il cuore di Simon continui a battere in un altro corpo.
Tra accelerazioni e pause, ventiquattr’ore di suspense, popolate dalle voci e le azioni di quanti ruotano attorno a Simon: genitori, dottori, infermieri, équipe mediche, fidanzata, tutti protagonisti dell’avventura, privatissima e al tempo stesso collettiva, di salvare un cuore, non solo organo ma sede e simbolo della vita.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

LA PUNTATA È ASCOLTABILE ONLINE, CLICCANDO SUL PULSANTE AUDIO

La colonna sonora della puntata è composta dai seguenti brani musicali: “Who Wants To Live Forever” dei Queen – “Shape of my heart” di Sting – “In My Life” dei Beatles
(continua…)

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sabato, 21 marzo 2015

MAYLIS DE KERANGAL racconta RIPARARE I VIVENTI

Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è la scrittrice francese MAYLIS DE KERANGAL

Sono davvero molto felice di poter ospitare questo intervento della scrittrice francese Maylis de Kerangal nell’ambito dello spazio di Letteratitudine riservato agli autori stranieri tradottI in Italia. Maylis è nata a Le Havre nel 1967 ed è autrice di numerosi romanzi. In Italia Feltrinelli ha pubblicato Nascita di un ponte (2013; Premio Médicis 2010,  Premio von Rezzori 2014) e quest’ultimo (protagonista di questo nuovo post della rubrica “L’autore straniero racconta il libro“) intitolato Riparare i viventi (2015) che in Francia si è aggiudicato diversi premi letterari, tra cui il Grand Prix RTL-Lire 2014.

Si tratta di un romanzo importante (ben scritto e ottimamente tradotto da Maria Baiocchi e Alessia Piovanello) che tratta un tema forte e delicato: quello dell’espianto e del trapianto di organi.

Riporto, qui di seguito, la scheda del libro.

Tre adolescenti di ritorno da una sessione di surf su un pullmino tappezzato di sticker, tre big wave rider, esausti, stralunati ma felici, vanno incontro a un destino che sarà fatale per uno di loro. Incidente stradale, trauma cranico, coma irreversibile, e Simon Limbres entra nel limbo macabramente preannunciato dal suo cognome.
Da quel momento, una macchina inesorabile si mette in moto: bisogna salvare almeno il cuore. La scelta disperata dell’espianto, straziante, è rimessa nelle mani dei genitori. Intorno a loro, come in un coro greco, si muovono le vite degli addetti ai lavori che faranno sì che il cuore di Simon continui a battere in un altro corpo.
Tra accelerazioni e pause, ventiquattr’ore di suspense, popolate dalle voci e le azioni di quanti ruotano attorno a Simon: genitori, dottori, infermieri, équipe mediche, fidanzata, tutti protagonisti dell’avventura, privatissima e al tempo stesso collettiva, di salvare un cuore, non solo organo ma sede e simbolo della vita.

Anticipo che Maylis de Kerangal sarà mia prossima ospite della trasmissione radiofonica di libri e letteratura (”Letteratitudine in Fm“) che curo e conduco su Radio Hinterland (nella fattispecie mi avvarrò del preziosissimo servizio di interpretariato di Sonia Folin).

Massimo Maugeri

P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper, Ildefonso FalconesJoe R. Lansdale, Amélie Nothomb, Clara Sánchez, Gabrielle Zevin, Caroline Vermalle, John Scalzi, Amos Oz

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MAYLIS DE KERANGAL racconta RIPARARE I VIVENTI

di Maylis de Kerangal

Questo libro è un romanzo corale. È una storia collettiva nata nel solco di un’esperienza di lutto e di perdita. L’ho scritto proprio per dare forma, attraverso il linguaggio, a questa esperienza di morte di persone a me care che nel 2012 mi ha colpito a più riprese. Avevo dunque l’esigenza di scriverne. E tuttavia, anziché raccontare le cose per come sono accadute realmente, ho cercato di metabolizzarle e di trasformare il dolore in un canto che ha dato vita a “Riparare i viventi”. (continua…)

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mercoledì, 11 marzo 2015

MARCO MISSIROLI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 11 marzo 2015

marco-missiroliMARCO MISSIROLI ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 11 marzo 2015 – h. 9 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

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È Marco Missiroli l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 11 marzo 2015.
Con Marco Missiroli discutiamo del suo nuovo libro, “Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli), e delle tematiche da esso trattate.

Nella seconda parte della puntata Marco Missiroli legge un estratto del libro.

Inoltre, nella seconda parte della puntata, segnaliamo il volume “Le lettere” di John Cheever. Massimo Maugeri legge le prime pagine della prefazione di Benjamin Cheever (figlio di John e curatore del libro).
Su LetteratitudineNews è disponibile un ampio stralcio della postfazione di Tommaso Pincio (che è anche il traduttore dell’opera).

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Atti osceni in luogo privatoAtti osceni in luogo privato(Feltrinelli)

Questa è una storia che comincia una sera a cena, quando Libero Marsell, dodicenne, intuisce come si può imparare ad amare. La famiglia si è da poco trasferita a Parigi. La madre ha iniziato a tradire il padre. Questa è la storia, raccontata in prima persona, di quel dodicenne che da allora si affaccia nel mondo guidato dalla luce cristallina del suo nome. Si muove come una sonda dentro la separazione dei genitori, dentro il grande teatro dell’immaginazione onanistica, dentro il misterioso mondo degli adulti. Misura il fascino della madre, gli orizzonti sognatori del padre, il labirinto magico della città. Avverte prima con le antenne dell’infanzia, poi con le urgenze della maturità, il generoso e confidente mondo delle donne. Le Grand Liberò – così lo chiama Marie, bibliotecaria del IV arrondissement, dispensatrice di saggezza, innamorata dei libri e della sua solitudine – è pronto a conoscere la perdita di sé nel sesso e nell’amore. Lunette lo porta sin dove arrivano, insieme alla dedizione, la gelosia e lo strazio. Quando quella passione si strappa, per Libero è tempo di cambiare. Da Parigi a Milano, dallo Straniero di Camus al Deserto dei Tartari di Buzzati, dai Deux Magots, caffè esistenzialista, all’osteria di Giorgio sui Navigli, da Lunette alle “trentun tacche” delle nuove avventure che lo conducono, come un destino di libertà, al sentimento per Anna. Libero Marsell, le Grand Liberò, LiberoSpirito, è un personaggio “totale” che cresce con noi, pagina dopo pagina, leggero come la giovinezza nei film di Truffaut, sensibile come sono sensibili i poeti, guidato dai suoi maestri di vita a scoprire l’oscenità che lo libera dalla dipendenza di ogni frase fatta, di ogni atto dovuto, in nome dello stupore di esistere.

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Le lettere“Le lettere” di John Cheever (Feltrinelli)

Conservare una lettera è come cercare di preservare un bacio” diceva John Cheever per esortare parenti e amici a gettare quelle che lui scriveva. E proprio perché convinto che i destinatari gli avrebbero dato ascolto, il Cˇechov dell’America suburbana ha confidato per lettera pensieri e timori, eventi importanti e cose di tutti i giorni, e lo ha fatto con un candore, una freschezza, un senso dell’umorismo, una verità che non si riscontrano neppure nei diari. Recuperata e riunita dal figlio dello scrittore, la corrispondenza di Cheever può essere considerata a tutti gli effetti un’autobiografia involontaria, e per questo più sincera e incantevole di una normale autobiografia.

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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(continua…)

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mercoledì, 26 novembre 2014

AMOS OZ ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 26 novembre 2014

AMOS OZ ospite di “Letteratitudine in Fm” di mercoledì 26 novembre 2014 – h. 9 circa (e in replica nei seguenti 4 appuntamenti: venerdì alle h. 06:00 e alle h. 13:00, domenica alle h. 06:00, martedì alle h. 00:30)
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Protagonista di questa puntata, lo scrittore di fama internazionale AMOS OZ e il suo nuovo romanzo “GIUDA” (pubblicato in Italia da Feltrinelli – traduzione di Elena Loewenthal).

Grazie all’indispensabile servizio di traduzione e interpretariato, dall’inglese, di Sonia Folin, discutiamo con l’autore di questo suo nuovo romanzo, dei personaggi e delle tematiche trattate.

Nella seconda parte della puntata Massimo Maugeri legge un estratto del suo romanzo.

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Gerusalemme, l’inverno tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960. Shemuel Asch decide di rinunciare agli studi universitari – e in particolare alla sua ricerca intitolata Gesù visto dagli ebrei – a causa dell’improvviso dissesto economico che colpisce la sua famiglia e del contemporaneo abbandono da parte della sua ragazza, Yardena. Shemuel è sul punto di lasciare Gerusalemme quando vede un annuncio nella caffetteria dell’università. Vengono offerti alloggio gratis e un modesto stipendio a uno studente di materie umanistiche che sia disposto a tenere compagnia, il pomeriggio, a un anziano disabile di grande cultura. Quando si reca all’indirizzo riportato nell’annuncio, Shemuel trova una grande casa abitata da un colto settantenne, Gershom Wald, e da una giovane donna misteriosa e attraente, Atalia Abravanel. Si trasferisce nella mansarda e inizia a condurre una vita solitaria e ritirata, intervallata dai pomeriggi trascorsi nello studio di Gershom Wald. Amos Oz tiene mirabilmente i suoi personaggi e il lettore sul filo del mistero: chi è veramente Atalia? Cosa la lega a Gershom? Di chi è la casa dove vivono? Quali storie sono racchiuse tra quelle mura? Shemuel Asch troverà la risposta nel concetto di tradimento, non inteso in senso tradizionale, bensì ancorato all’idea che si ritrova nei Vangeli gnostici, dove emerge che il tradimento di Giuda – aver consegnato Gesù alle autorità e a Ponzio Pilato – non fu altro che l’esecuzione di un ordine di Gesù stesso per portare a termine il suo disegno.

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In Fm e in streaming su Radio Hinterland

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trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il mercoledì mattina (h. 9 circa), con una serie di repliche nei giorni successivi. Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.

© Letteratitudine

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martedì, 25 novembre 2014

AMOS OZ racconta GIUDA (il suo nuovo romanzo)

Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è lo scrittore israeliano AMOS OZ

Sono molto felice di poter ospitare, all’interno di questo spazio di Letteratitudine dedicato all’incontro con autori non italiani, uno dei più grandi scrittori in circolazione (notissimo a livello internazionale). Mi riferisco ad Amos Oz, che – di recente – è tornato in libreria con un nuovo romanzo intitolato “GIUDA” (pubblicato in Italia da Feltrinelli con l’ottima traduzione di Elena Loewenthal).
Ho chiesto ad Amos di raccontarci qualcosa su come nascono i suoi romanzi, sui personaggi di che popolano questo nuovo libro e sulle tematiche più importanti che affronta. Peraltro Amos Oz sarà il protagonista della mia trasmissione radiofonica di libri e letteratura (“Letteratitudine in Fm“) che andrà in onda domani su Radio Hinterland (ore 9 circa) con il preziosissimo servizio di interpretariato di Sonia Folin (che ringrazio).
Di seguito, la scheda del romanzo…

Gerusalemme, l’inverno tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960. Shemuel Asch decide di rinunciare agli studi universitari – e in particolare alla sua ricerca intitolata Gesù visto dagli ebrei – a causa dell’improvviso dissesto economico che colpisce la sua famiglia e del contemporaneo abbandono da parte della sua ragazza, Yardena. Shemuel è sul punto di lasciare Gerusalemme quando vede un annuncio nella caffetteria dell’università. Vengono offerti alloggio gratis e un modesto stipendio a uno studente di materie umanistiche che sia disposto a tenere compagnia, il pomeriggio, a un anziano disabile di grande cultura. Quando si reca all’indirizzo riportato nell’annuncio, Shemuel trova una grande casa abitata da un colto settantenne, Gershom Wald, e da una giovane donna misteriosa e attraente, Atalia Abravanel. Si trasferisce nella mansarda e inizia a condurre una vita solitaria e ritirata, intervallata dai pomeriggi trascorsi nello studio di Gershom Wald. Amos Oz tiene mirabilmente i suoi personaggi e il lettore sul filo del mistero: chi è veramente Atalia? Cosa la lega a Gershom? Di chi è la casa dove vivono? Quali storie sono racchiuse tra quelle mura? Shemuel Asch troverà la risposta nel concetto di tradimento, non inteso in senso tradizionale, bensì ancorato all’idea che si ritrova nei Vangeli gnostici, dove emerge che il tradimento di Giuda – aver consegnato Gesù alle autorità e a Ponzio Pilato – non fu altro che l’esecuzione di un ordine di Gesù stesso per portare a termine il suo disegno.

Ringrazio di vero cuore Amos Oz per la sua disponibilità e generosità e ringrazio con altrettanto trasporto gli amici dell’ufficio stampa della Feltrinelli (Chiara Codeluppi, in primis) per il loro indispensabile aiuto e supporto.

Massimo Maugeri

P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper, Ildefonso FalconesJoe R. Lansdale, Amélie Nothomb, Clara Sánchez, Gabrielle Zevin, Caroline Vermalle, John Scalzi.

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amos-ozA proposito di GIUDA

di Amos Oz

Questo romanzo non è partito né da un’idea centrale, né da un’esigenza di veicolare messaggi. Così come è accaduto per quelli precedenti (peraltro i miei non sono mai romanzi “a tesi”), anche “Giuda” è nato dai personaggi. In particolare questo romanzo è popolato sia da “personaggi vivi” sia da “personaggi morti”, giunti fino a me da chissà dove.
Sono stato “gravido” di questi personaggi per moltissimi anni, prima di iniziare a scrivere questa storia ambientata nell’inverno di Gerusalemme a cavallo tra il 1959 e il 1960.

Come tutti i personaggi dei miei libri, anche quelli che appaiono in “Giuda” sono piuttosto complessi ed è arduo descriverli in poche righe.
Schemuel Asch è un sognatore, un giovane uomo che cerca l’amore, che non ama suo padre e sua madre e che nell’arco di tre mesi, si trova – in un certo senso – a dover adottare nuovi genitori.
Gershom Wald è un vecchio saggio, un padre molto addolorato, pieno di sospetti e di dubbi sulla fede, sulle religioni, sulle ideologie. Pensa, dunque, che ogni tentativo di redenzione sia destinato a fallire nel sangue e nella crudeltà.
Poi c’è Atalia, una donna molto sensuale e sicura di sé; ma è anche una donna profondamente ferita e arrabbiata con il genere maschile a causa del male che gli uomini, i maschi, hanno fatto nel corso della storia. Al tempo stesso, però, Atalia è capace di compassione e di sentimenti materni.

Tra i personaggi “assenti” figura Shaltiel Abrabanel. Sebbene sia già morto nel periodo in cui la storia si svolge, la sua è una presenza molto forte. Così come è molto rilevante, nel romanzo, il peso di altri “personaggi assenti”, come lo stesso Gesù o Giuda. Abrabanel è al contempo un visionario e un fanatico. Crede nell’amore universale e ha questa visione di un mondo senza Stato/Nazione. Rinnega la violenza e crede nella fraternità (come Gesù), ma al tempo stesso è visto come un traditore (e in questo assomiglia a Giuda). Infine, Abrabanel, è anche un uomo che risulta essere un pessimo padre e un pessimo marito.

Il concetto di tradimento è centrale nell’economia di questo romanzo. E qui veniamo a Giuda…
Quando, all’età di quindici anni, lessi il Nuovo Testamento amai immediatamente la figura di Gesù, ma – al tempo stesso – non credetti al tradimento di Giuda così come è comunemente inteso. Non mi ha mai convinto la storia dei trenta denari, soprattutto dopo aver scoperto che si trattava di una somma davvero esigua e che Giuda – a differenza di altri discepoli – non era un povero pescatore bisognoso di soldi. Inoltre, se anche fosse stato un uomo così avido al punto da vendere il suo Maestro per pochi denari… perché, subito dopo, si sarebbe impiccato? E poi c’è la questione del bacio: perché pagare anche una sola moneta d’argento, se tutti conoscevano Gesù – che predicava a Gerusalemme – e dunque era facile individuarlo? Del resto lo stesso Gesù non ha mai negato la sua identità, né si è opposto all’arresto. Perché, quindi, il bacio?
È una questione che mi ha sempre intrigato… ed è molto importante, perché il tradimento di Giuda, in questi duemila anni di storia è stata un po’ la Chernobyl dell’antisemitismo.
Sono stati così tanti gli antisemiti che, nel tempo, hanno identificato gli ebrei con la figura di Giuda. Basti pensare a come Giuda è raffigurato nel famoso dipinto dell’Ultima Cena: sembra uno di quegli ebrei rappresentati nelle vignette naziste antisemitiche.
Ecco. Sono convinto che fosse necessario raccontare questa storia in una maniera diversa. E Shemuel l’ha fatto al posto mio.

(Riproduzione riservata)

© Amos Oz

© Feltrinelli editore (continua…)

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lunedì, 13 ottobre 2014

CAROLINE VERMALLE scrive a Letteratitudine (per “La felicità delle piccole cose”)

Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è la scrittrice francese Caroline Vermalle.

Caroline ha scritto a Letteratitudine per raccontarci qualcosa sul percorso che l’ha portata alla scrittura del suo romanzo “La felicità delle piccole cose” (pubblicato da Feltrinelli e tradotto da Monica Pesetti). Questa è la scheda di presentazione del libro…

“È iniziato tutto nel giardino di Monet a Giverny. Lo ricordo come se fosse ieri. Era il dicembre del 1979. Da più di trent’anni, ogni sera mi domando come sarebbe stata la mia vita se non fossi entrato in quel giardino.”

Parigi. La neve cade dolcemente sulla città, ammantando di bianco la Tour Eiffel, Notre-Dame e il Panthéon, come in una cartolina. Un uomo passeggia lungo la Senna diretto verso casa, un elegante palazzo sull’Île Saint-Louis. È Frédéric Solis, avvocato di successo con la passione per i quadri impressionisti. Affascinante, ricco e talentuoso, Frédéric sembra avere tutto quello che si può desiderare dalla vita. Gli manca una famiglia, ma dopo essere stato abbandonato dal padre molti anni prima, ha preferito circondarsi di oggetti lussuosi e belle donne piuttosto che mettere ancora in gioco il suo cuore ferito. Fino a quando, un giorno, scopre di aver ricevuto una strana eredità, che consiste in una manciata di misteriosi biglietti e in un disegno che ha tutta l’aria di essere una mappa. Cosa nasconderanno quegli indizi? Convinto di essere sulle tracce di un quadro dimenticato di Monet, Frédéric decide di tentare di decifrare la mappa. Grazie all’aiuto della giovane e stralunata assistente Pétronille, inizia così un viaggio lungo i paesaggi innevati del Nord della Francia, tra i luoghi prediletti dai suoi amati impressionisti: Éragny, Vétheuil, il giardino di Monet, con una tappa d’obbligo al Musée d’Orsay. Di incontro in incontro, di sorpresa in sorpresa, torneranno a galla ricordi che Frédéric credeva di aver dimenticato, e un tesoro ben più prezioso di qualsiasi ricchezza.

Ringraziamo Caroline per averci inviato questo suo contributo, che pubblichiamo di seguito (nella traduzione in italiano e in lingua originale).

Massimo Maugeri

P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper, Ildefonso FalconesJoe R. Lansdale, Amélie Nothomb, Clara Sánchez, Gabrielle Zevin.

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LA FELICITÀ DELLE PICCOLE COSE

Ricordi di scrittura

caroline-vermalledi Caroline Vermalle

LA FELICITÀ DELLE PICCOLE COSE: il luccichio di una Parigi innevata, il fascino della Normandia impressionista, il gusto di bignè e la magia di un Natale così francese… chi avrebbe potuto credere che avrei scritto questa storia nella soleggiata Bali, contemplando le sue risaie verdi!
Era la primavera del 2012 e abbiamo lasciato le nostre valigie a Ubud (Bali, Indonesia). Per oltre due mesi, ho trascorso (quasi) tutte le mie mattine allo Yellow Flower Café (vedi foto in basso, ndr). Un piccolo luogo fatto di bambù, senza porta, solo un muro, un percorso casuale attraverso la profumata giungla di Penestanan. Ho passato lunghe giornate scrivendo, cullata dal chiacchiericcio sempre allegro di giovani cuochi, che si mescolava con il ronzio lontano degli scooter della città, in basso.
Se avevo bisogno di isolarmi di più, mi bastava applicare le cuffie alle orecchie e ascoltare l’album « 21 » di Adele; e per immergermi subito in una Parigi nostalgica, ascoltavo ripetutamente questa canzone di Bourvil «Il Ballo Perduto (È stato bello)
caroline-vermalle-yellow-flower-cafeChe cosa ci facevo a Bali? È stata la tappa più lunga di un tour mondiale che abbiamo intrapreso, senza fretta, mio marito, mio figlio e io. Dall’Argentina al Cile, dall’Australia a Hong Kong, ho sempre trovato un angolino per scrivere LA FELICITÀ DELLE PICCOLE COSE.
Ho immaginato la «mappa del tesoro» di Jamel nell’angolo di una società high-tech neozelandese in mezzo a 15.000 pecore, ho sognato il giardino d’inverno di Claude Monet a Giverny in una estancia argentina del XVIII secolo sotto gli occhi indifferenti di alcuni lama… e ho costruito l’intero universo di Frédéric, quest’uomo che insegue le nostre gioie più grandi per scoprire quelle piccole, in migliaia di altri improbabili posti.
Se la Rete è la miglior amica degli scrittori-nomadi, niente batte un libro, soprattutto se c’è la necessità di approfondire le minuzie dei paesaggi innevati dei pittori Impressionisti che illuminano con il loro pallido bagliore tutta la storia di LA FELICITÀ DELLE PICCOLE COSE. La fonte principale della mia ricerca è stato il catalogo di una mostra intitolata IMPRESSIONISTI IN INVERNO, Effetto neve (C. Moffett, E. Rathbone). Un libro incredibile… ma che prende un sacco di spazio nello zaino dei viaggiatori a lungo termine. I miei genitori, che ci hanno raggiunto all’Isola di Pasqua, l’hanno portato con loro dalla Francia. Ho studiato tutti i giorni dal piccolo giardino esotico del  Te’ora Guest House (Hanga Roa), che si affaccia sul mare, sotto gli occhi del (falso) vicino di casa Moai. Quando siamo partiti, la nostra ospite ci ha donato una collana di piume Rapa Nui, per augurarci buona fortuna. E io le ho regalato questo bel libro. Mi piace immaginare i visitatori della sua pensione che scoprono la Senna sotto la neve, dal balcone di legno che si affaccia sul Pacifico infinito…

Ho tanti aneddoti di scrittura divenuti inestricabilmente legati a luoghi che probabilmente non rivedrò mai più. Come quell’enorme ufficio in un bellissimo appartamento moderno di Sydney… e quello, minuscolo, in un Bed and Breakfast invaso dalle mosche nel deserto di Atacama.
LA FELICITÀ DELLE PICCOLE COSE è un libro molto francese; eppure, fino alla fine dei miei giorni vedrò nelle sue pagine il mio viaggio più bello.

[traduzione di Massimo Maugeri]

(Riproduzione riservata)

© Caroline Vermalle

© Feltrinelli editore

Links:

Yellow Flower Café (Ubud, Bali)

Te’Ora Guest House (Hanga Roa, Ile de Pâques)

Bourvil interprétant « Un Bal Perdu »


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Caroline Vermalle (Piccardia, 1973) è figlia di un pilota di caccia e di una bibliofila. Appassionata di viaggi, cinema e avventura, ha studiato scienze cinematografiche e ha prodotto documentari per la Bbc a Londra. Nel 2007 è tornata in Francia e, dopo aver girato il mondo per quasi un anno insieme alla famiglia, si è stabilita a Vendée, di fronte all’oceano Atlantico, per dedicarsi interamente alla scrittura. I suoi romanzi sono stati tradotti con successo in Germania e in Spagna. Feltrinelli ha pubblicato La felicità delle piccole cose (2014).

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Souvenirs d’écriture
(continua…)

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giovedì, 19 giugno 2014

PIERSANDRO PALLAVICINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 20 giugno 2014

piersandro-pallaviciniPIERSANDRO PALLAVICINI, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 20 giugno 2014 – h. 13 circa [e, in replica, il mercoledì successivo (h. 9 circa)]

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

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È Piersandro Pallavicini, l’ospite di di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 20 giugno 2014.

Con Piersandro Pallavicini discutiamo del suo nuovo romanzo “Una commedia italiana“ (Feltrinelli) e delle tematiche da esso affrontate.

Nella seconda parte della puntata Piersandro Pallavicini legge le prime pagine del romanzo.

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

È possibile ascoltare le puntate precedenti, cliccando qui.

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venerdì, 11 aprile 2014

GIUSEPPE CATOZZELLA ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 11 aprile 2014

giuseppe-catozzella

GIUSEPPE CATOZZELLA ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 11 aprile 2014 – h. 13 circa [e, in replica, mercoledì 9 aprile (h. 9 circa)]

In Fm e in streaming su Radio Hinterland

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È Giuseppe Catozzella l’ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 4 aprile 2014.

Con Giuseppe Catozzella discutiamo delle tematiche affrontate nel suo nuovo romanzo “Non dirmi che hai paura” (Feltrinelli), incentrato sulla storia vera e drammatica di Samia, la giovane atleta somala che riuscì a partecipare alle Olimpiadi di Pechino e che sognava di vincere quelle di Londra.

Nella seconda parte della puntata, Giuseppe Catozzella legge le prime pagine del libro.

trasmissione curata e condotta da: Massimo Maugeri

regia: Federico Marin

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

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domenica, 5 maggio 2013

È online la puntata con PAOLO DI PAOLO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 3 maggio 2013

paolo-di-paolo-mandami-tanta-vitaPAOLO DI PAOLO, ospite di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 3 maggio 2013

PER ASCOLTARE LA PUNTATA, CLICCA SUL PULSANTE AUDIO

Ospite della puntata di “Letteratitudine in Fm” di venerdì 3 maggio 2013, è stato lo scrittore Paolo Di Paolo.
Con Di Paolo, abbiamo discusso del suo nuovo romanzo “Mandami tanta vita” edito da Feltrinelli: uno dei 12 libri selezionati per l’edizione 2013 del Premio Strega.

Su LetteratitudineNews, il primo capitolo del libro.

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Letteratitudine in Fm va in onda su Radio Hinterland il venerdì mattina (h.13 circa) e – in replica – il martedì sera (h. 20,30) e il mercoledì mattina (h. 11,00). Per dettagli, consulta il palinsesto della radio.

Puoi ascoltare Radio Hinterland in Fm su 94.600 nelle province di Milano e Pavia, oppure in streaming via Internet cliccando qui.

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mercoledì, 1 maggio 2013

COCAINA MOTORE DEL MONDO

ferdinando-camonLa nuova puntata deIl sottosuolo di Ferdinando Camon è dedicata al nuovo libro di Roberto Saviano: ZeroZeroZero (Feltrinelli).

Massimo Maugeri

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COCAINA MOTORE DEL MONDO

di Ferdinando Camon

Siamo immersi nella cocaina, la cocaina è la malattia del mondo e la spiegazione del mondo. Ricchezze, fortune, poteri, dinastie, carriere sono costruite sulla cocaina. Carriere nell’arte, nello spettacolo, nella medicina, nella politica. Ministri, governatori. Guardiamoci intorno: il medico che ci cura e ha centinaia di clienti di troppo, il chirurgo che ci opera e fa ore d’interventi in più, perfino il postino che suona alla porta, la prostituta che tira l’alba, il magnaccia che la protegge, il cliente che vuol trasformare la disperazione di lei nel proprio piacere, tutto va avanti a forza di cocaina. La cocaina è il motore del mondo e della storia, costruisce le miserabili vite che contengono le nostre miserabili esistenze, ma anche le storie dei potenti, che contengono le vite dei popoli. La cocaina ci salva nelle crisi, con la forza d’ala di un angelo. La cocaina ci distrugge tutti, con la maligna spietatezza di un demonio. I popoli la chiamano con nomi di paradiso e nomi d’interno. La cocaina fonda e mantiene imperi, gl’imperi multi-continentali dell’epoca che viviamo. I padroni della cocaina sono i padroni del mondo. Hanno oggi il potere che una volta avevano i Cesari, i Kaiser, gli Zar. È un potere basato sul denaro e sul delitto. La facilità che hanno i boss della droga nel costruirsi un impero è la facilità che hanno ad uccidere. Gli sgherri che tengono a servizio sono addestrati a uccidere per una sola ragione, punire chi sgarra. Ma anche per nessuna ragione, come animali o automi. Il delitto si autogiustifica: tu ammazzi, e non devi sapere perché. La cocaina spappola il cervello, ma lo beatifica. Spappolandolo e beatificandolo, lo stacca dal mondo e dalla vita. E questo spiega tutto: stiamo attraversando un’epoca in cui ciò che soprattutto desideriamo, ciò di cui abbiamo bisogno, è distruggere il collegamento con tutto e tutti, moglie figli casa lavoro città leggi e Dio, abbiamo bisogno di non pensare a nessuno, di essere una microscopica particella gaudente e incosciente. Questo fa la cocaina.
zerozerozeroChi la prende la prima volta, non la dimentica più. Ci pensa anche dormendo, lavorando, facendo sesso. È la nostalgia, dolcissima e straziante, di una felicità assoluta, e assoluta vuol dire sciolta da tutto. Perciò la cocaina è un bene. Saviano dice, in questo libro potente, vasto, brulicante, costruito come un delta ramificato in cento fiumi separati (ZeroZeroZero, Feltrinelli)), che la cocaina è “il bene”, in senso psicologico, antropologico, morale ed economico. Essendo un bene, ha un mercato. Avendo un mercato, ha una produzione. Essendo un bene-prodotto-venduto, ha un centro di produzione e i boss della produzione e dello smercio. Capire la cocaina vuol dire capire questo. Capire la cocaina vuol dire capire il Messico (Saviano lo sviscera in tutti i suoi traffici), e viceversa. Capire la criminalità messicana, guatemalteca (la più crudele, che uccide per godere), russa, e via scorrendo sulla superficie del mondo, ma anche, e soprattutto, italiana. La ‘ndrangheta. Saviano fa un quadro “epico” della ‘ndrangheta e dei suoi codici. Per i quali gli affiliati sono addestrati a uccidere e a morire per qualcosa che li scavalca: noi identifichiamo questo qualcosa con il male, ma loro ci vedono il test dell’essere uomini. Tu devi guardarti da tutti. Chi ha mangiato il pane con te ti ucciderà, fosse pure tua moglie o tuo figlio. Se non sei pronto a ucciderli tu per primo, non sarai mai un capo. C’è una grandezza maligna e funerea in tutto questo, ma è pur sempre grandezza. E la grandezza esercita un fascino. Saviano lo sente e (non so se sarà contento di sentirselo dire) lo trasmette. Usciamo dal libro barcollando, come drogati.
(continua…)

Pubblicato in IL SOTTOSUOLO (di Ferdinando Camon)   Commenti disabilitati

giovedì, 11 ottobre 2007

DORIS LESSING VINCE IL NOBEL PER LA LETTERATURA 2007

Doris LessingDiamo la notizia in tempo reale (h. 13): Doris Lessing, autrice britannica nata in Iran – ex Persia – (nel 1919) ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2007. Come al solito le voci della vigilia si sono bruciate nell’aria fritta che le aveva generate. Nelle ultime ore si parlava di una probabile vittoria di Claudio Magris (dimenticando la recente attribuzione del Nobel a un italiano: Dario Fo). Gli altri nomi che circolavano erano Philip Roth, Les Murray, Vargas Llosa, Amos Oz.

La Lessing è un’autrice nota – in Italia la pubblicano Feltrinelli e Fanucci- ma la sua vittoria quest’anno era piuttosto inattesa. Ecco la motivazione del Premio: “that epicist of the female experience, who with scepticism, fire and visionary power has subjected a divided civilisation to scrutiny”.

(“cantrice dell’esperienza femminile, che con scetticismo, passione e potere visionario ha messo sotto esame una civiltà divisa”).

I suoi libri più importanti sono: L’erba canta, Le nonne, Il taccuino d’oro, Il senso della memoria, Sotto la pelle.

Videointervista di RaiNews24 a Doris Lessing (precedente al Premio)

Riporto di seguito la biografia di Doris Lessing pubblicata su Wikipedia Italia.

Poi aspetto i vostri commenti. Non mancate!

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Doris Lessing (22 ottobre 1919) è una scrittrice inglese, nata Doris May Tayler, a Kermanshah in Persia (Iran).

Il padre, un ufficiale britannico reduce della prima guerra mondiale, dove aveva sofferto diverse amputazioni, aveva sposato la madre di Doris, una infermiera, e si era trasferito in Iran dove lavorava come impiegato di banca. La sua famiglia si trasferì nella colonia inglese della Rhodesia del Sud (l’odierno Zimbabwe) nel 1925, conducendo la difficile vita dei coltivatori di mais. Sfortunatamente i mille acri di bush africano non divennero sufficientemente fecondi, ostacolando il desiderio della madre di vivere il sogno vittoriano delle “terre selvagge”.

Doris Lessing frequentò una scuola cattolica femminile, sebbene la sua famiglia non fosse cattolica. Anche come manifestazione del suo conflitto con la severità materna, lasciò la scuola all’età di quindici anni, divenendo da quel momento autodidatta.

Nonostante le difficoltà e un’infanzia infelice, le opere della Lessing sulla vita nell’Africa Inglese sono piene di compassione sia per le infruttuose vite dei coloni britannici sia per le sfortune degli indigeni.

Si è sposata due volte (entrambe seguite dal divorzio) e ha tre figli. Il secondo marito fu Gottfried Lessing, un emigrante tedesco. Il suo primo romanzo, L’erba canta, fu pubblicato a Londra nel 1949 (anno del secondo divorzio), dopo il suo trasferimento in Europa, dove ha vissuto da allora.

Nel 2001 fu premiata con il Premio Príncipe de Asturias nella categoria Letteratura per le sue opere in difesa della libertà e del Terzo Mondo e il Premio Grinzane Cavour. Ha ricevuto inoltre il David Cohen British Literature Prize.
Le opere della Lessing sono comunemente divise in tre periodi: Il comunismo (1944-1956) quando scrive radicalmente su temi sociali, Il tema psicologico (1956-1969) e il Sufismo che viene esplorato nella serie di Canopus. Dopo i temi sufisti la Lessing ha lavorato in tutte e tre le aree.
Il suo romanzo Il taccuino d’oro è considerato un classico della letteratura femminista da molti studiosi, ma stranamente non dall’autrice stessa. Il romanzo la fece entrare nella rosa dei possibili candidati al Premio Nobel, ma i suoi successivi romanzi di fantascienza l’hanno screditata, eliminandola dalla rosa dei possibili vincitori. La Lessing non ama l’idea di essere considerata un’autrice femminista. Quando una volta le chiesero perché, rispose:
« Quello che le femministe vogliono da me è qualcosa che loro non hanno preso in considerazione perché proviene dalla religione. Vogliono che sia loro testimone. Quello che veramente vorrebbero dirmi è ‘Sorella, starò al tuo fianco nella lotta per il giorno in cui quegli uomini bestiali non ci saranno più’. Veramente vogliono che si facciano affermazioni tanto semplificate sugli uomini e sulle donne? In effetti, lo vogliono davvero. Sono arrivata con grande rammarico a questa conclusione.»
Quando le chiedono quali dei suoi libri considera il più importante, la Lessing sceglie la serie fantascientifica di Canopus in Argos. Questi libri mostrano, da molti punti di vista, come una società avanzata può combattere l’evoluzione forzata (vedi anche il Ciclo delle Cinque Galassie di David Brin). La serie di Canopus è basata in parte sul sufismo, cui la Lessing fu introdotta da Idries Shah. I suoi primi lavori sullo “spazio interno” come Memorie di una sopravvissuta sono anch’essi connessi a questo tema.
A parte questo, ha scritto numerosi racconti sui gatti, che sono i suoi animali preferiti.

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Aggiornamento serale

Vi segnalo dei video su Repubblica Tv con impressioni a caldo della Nobel.

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AGGIORNAMENTO DEL 12 ottobre 2007

Fanucci Editore mi ha inviato un brano estratto del romanzo della Lessing che uscirà tra circa un mese, “Un pacifico matrimonio a Canopus”, inedito in Italia. Io ringrazio e pubblico.  Credo sia un buon modo per far conoscere meglio questa autrice non più giovane, ma fresca di Nobel.

Preciso che Canopus in Argos è una serie ambientata in un nuovo Cosmo ove il destino  della Terra dipende dalle interazioni di tre potenti imperi galattici.

(Massimo Maugeri)

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Nelle immense lande delle Zone, strani reami che circondano la Terra, si sta per celebrare un’unione le cui conseguenze potrebbero cambiare per sempre il destino del pianeta. La Zona Tre, un paradiso pacifico e matriarcale, è guidata da una mite regina, mentre la confinante Zona Quattro è una terra abbandonata alla guerra e al caos, schiacciata dal dominio del brutale re guerriero Ben-Ata. Il matrimonio tra i due, che rappresentano gli estremi princìpi di femminilità e mascolinità, minaccia di destabilizzare l’intero impero galattico e i reami delle Zone. In una potente commistione di mito, favola e allegoria, la stupefacente creazione visionaria di Doris Lessing riflette e ridefinisce la storia del mondo dalle sue più remote origini all’inevitabile e tragico processo di autodistruzione.

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Doris Lessing, Un pacifico matrimonio a Canopus , 320 Pagine, Euro 16,00, Collana: Collezione Vintage, Fanucci 2007, Traduzione dall’inglese di Eleonora Federici

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Prima edizione: ottobre 2007© – 1980 by Doris Lessing© – 2007 Fanucci Editore

Le dicerie portano pettegolezzi, ma ancor di più generano canzoni. Noi, i Cronisti e compositori della nostra Zona, dichiarammo che ancor prima che i partner di queste nozze esemplari comprendessero il significato che le nuove direttive avrebbero avuto sule loro vite, le canzoni erano nostre e venivano ampliate e composte da una parte all’altra della Zona Tre. E lo stesso accadeva nella Zona Quattro.

Il grande nel piccolo

L’alto nel basso

Il tre nel quattro

Non può funzionare,

Questa era una filastrocca per bambini. Li stavo guardando dalla finestra il giorno che seppi la notizia. E uno di loro mi corse incontro facendomi un indovinello che gli avevano insegnato i genitori: nell’unione tra un cigno e un papero, chi ha la meglio?Decidemmo di non registrare ciò che veniva composto o cantato negli accampamenti e nelle baracche della Zona Quattro. Non è per esprimersi con mezzi termini, ma piuttosto perché ogni cronaca deve avere il tono giusto. Sto dicendo forse che uno disdegnava l’altro? No, non ci è permesso criticare ciò che ci viene dato dai nostri Tutori, ma si può dire che nella Zona Tre non dimentichiamo. Una poesia burlesca di quei giorni suonava così:

Il tre viene prima del quattro

Da noi c’è pace e abbondanza

Da loro… la guerra!

Erano giorni lontani, prima che tutto accadesse. Mentre questo sposalizio era celebrato nell’immaginazione di entrambi i reami, i due protagonisti erano più preoccupati. Non capivano cosa si volesse da loro. Nessuno si era aspettato queste nozze. Nessuno ci aveva pensato. Le Zone Tre e Quattro se la cavavano bene, con l’aiuto di Al-Ith per noi e Ben Ata per loro. O così perlomeno pensavamo noi.A parte la questione delle nozze, c’erano moltri altri argomenti. Cosa significava che Al Ith fosse stata chiamata nel territorio di Ben Ata, cosicché lo sposalizio avesse luogo là? Era questo che ci chiedevamo. Che significato avevano queste nozze?A cosa portava questo matrimonio? Quando Al-Ith venne a sapere dell’Ordine, pensò fosse uno scherzo. Lei e la sorella ne risero. Tutta la Zona Tre sapeva quanto ne avessero riso. Poi arrivò un messaggio che poteva essere interpretato solo come un rimprovero, e le persone iniziarono a incontrarsi in consigli e conferenze in tutta la Zona. Ci fecero chiamare – i Cronisti, i poeti, i compositori di canzoni e gli archivisti delle Memorie. Per settimane non si parlò che di matrimoni e sposalizi, e ogni ballata e vecchia storia venne ripresa e riletta con attenzione, in cerca di informazioni.

Dei messaggeri vennero mandati nella Zona Cinque, dove pensavamo avessero luogo matrimoni di qualche tipo. Ma c’erano guerre lungo tutti i confini della Zona Quattro, e non riuscimmo ad entrare in quel territorio. Se il matrimonio doveva aver luogo seguendo deteminati riti, forse le Zone Tre e Quattro dovevano organizzare un vero e proprio festeggiamento? Ma queste Zone non potevano mescolarsi, erano nemiche per natura. Non eravamo nemmeno sicuri di dove si trovasse la frontiera. La nostra non era pattugliata. Gli abitanti della Zona Tre che vivevano vicino ad essa, se vi si avvicinavano per curiosità, soprattutto bambini e giovani, ne erano ripugnati, o almeno provavano una forte sensazione negativa per quell’atmosfera; sembrava un luogo in letargo, ed estremamente noioso. Non si può certo dire che la Zona Quattro provasse per noi attrazione o fascino per il proibito: la cosa più accurata che posso sostenere è che ce ne dimenticammo.

Forse avrebbero dovuto esserci due festeggiamenti distinti e simultanei, in ciascuno dei territori, così diversi uno dall’altro. Almeno avrebbe avuto un significato. Ma aveva senso? Dopotutto, festeggiamenti e celebrazioni non erano piaceri di cui dovessimo fare a meno. Forse dovevamo organizzare dei pranzi di nozze tra di noi per celebrare l’evento? Ci servivano nuovi vestiti? Addobbi per le strade? Regali? Tutto questo veniva raccontato nelle vecchie storie e canzoni.

Trascorse del tempo. Sapevamo che Al-Ith era giù di morale, e restava chiusa nella sua stanza. Non lo aveva mai fatto prima, era sempre stata disponibile con noi. Le donne erano arrabbiate e scoraggiate per queste nozze. I bambini soffrivano. Poi arrivarono i primi segni visibili della nuova èra. Ben Ata inviò un messaggio annunciando che i suoi uomini sarebbero venuti a prenderla per scortarla da lui. Questo era l’atteggiamento che ci aspettavamo dalla sua Zona. Un regno dedito alla guerra non aveva bisogno di un atteggiamento gentile. Era la prima prova che il nostro timore e riluttanza di essere maltrattati dalla Zona Quattro era giustificato.

Al-Ith era risentita, si ribellava a questo. Disse che non sarebbe andata.

Seguì un altro Ordine: diceva semplicemente che era obbligata a farlo. Al-Ith indossò il vestito blu da lutto, unica espressione dei suoi sentimenti che poteva ancora concedersi. Non diede alcuna istruzione per un Cordoglio, ma tutti ne sentivamo l’esigenza. La sentivamo in modo confuso e – sospettavamo – ingiustamente. Non siamo abituati a questo tipo di emozioni. Non abbiamo memoria di averle provate in passato. Come individui di questo regno non ci aspettiamo – non ci viene chiesto – di soffrire, piangere o gemere. Può forse succederci qualcosa che non accade ad altri in un altro momento? Il dolore per una perdita, per un lutto, è formalizzato, ritualizzato in pubbliche occasioni considerate canali e veicoli per i nostri personali sentimenti. Non significa che non proviamo sentimenti! Ma pensiamo che debbano essere mostrati e che servano a rafforzare un concezione di noi stessi e del nostro regno. Ma con questa scelta di Al-Ith, sembrava stesse accadendo il contrario. Mai la nostra Zona pianse tante lacrime, fece accuse e provò sentimenti tanto irrazionali.

Al-Ith chiamò a sé tutti i suoi figli, e quando piansero non li confortò. Disse che questo le era dovuto e non doveva essere considerato un atto di ribellione. Ci fu chi tra di noi – molti – si sentì turbato; altri la criticarono. Non ricordavamo nulla che assomigliasse a questo; e iniziammo subito a parlare di quanto tempo era passato dall’ultimo ordine dei Tutori che avevamo ricevuto. Di come precedenti cambiamenti del Bisogno – che ci era sempre stato riferito semplicemente, e senza altra spiegazione con questa sola parola – fossero stati da noi vissuti. Del perché ora doveva verificarsi un simile stravolgimento. Ci chiedemmo se per caso avessimo iniziato a vedere noi stessi in modo falsato. Ma come potevamo non approvare la nostra armonia, il benessere e la prosperità della nostra terra? Credevamo che la nostra Zona fosse uguale alle altre per la ricchezza e l’assenza di discordia. È stato forse uno sbaglio esserne così fieri? E ci rendemmo conto di quanto tempo era trascorso dall’ultima volta che ci eravamo chiesti cosa succedesse oltre i nostri confini. Sapevamo che la Zona Tre era solo uno dei regni amministrati da Lassù. Pensavamo, le poche volte che lo facevamo, di interagire con gli altri regni, ma in modo astratto. Ci comportavamo forse come persone di strette vedute? Che non avevamo bisogno di nessuno?Al-Ith aspettava nella sua stanza. E arrivarono, una truppa di venti soldati a cavallo con le armature. Avevano scudi per proteggersi dalla nostra aria, per non ammalarsi, e questo era giusto. Ma perché anche una protezione per le teste e le famose armature della zona Quattro che potevano respingere ogni arma? Tutti quelli che erano vicino al percorso di quegli ospiti non graditi avevano un’espressione cupa e si mostravano critici nei loro riguardi. Eravamo determinati a non dare alcun segno di approvazione. Ma anche i soldati non ci salutarono. Percorsero in silenzio il tratto fino al palazzo e si fermarono sotto le finestre di Al-Ith. Un cavallo con sella e briglie era senza cavaliere. Al-Ith li vide. Seguì una lunga attesa. Poi emerse in cima al lungo scalone bianco, una figura vestita di scuro. Rimase in silenzio e osservò i soldati: un tale comportamento nel suo regno poteva solo significare essere un prigioniero di guerra. Lasciò loro il tempo di guardarla, di ammirare la sua bellezza, la sua forza, la sua sicurezza, il suo portamento regale. Poi scese la gradinata lentamente, da sola. Si diresse verso il cavallo che avevano portato per lei, lo guardò negli occhi, e gli accarezzò il muso. Il nome del cavallo era Yori, che da quel momento venne citato nelle narrazioni. Era un bel cavallo nero ma non più possente di quello dei soldati. Dopo averlo salutato, tolse la pesante sella. La tenne tra le braccia rivolgendo lo sguardo agli uomini finchè uno di loro capì cosa voleva fare. Allora lei gli gettò la sella e lui dovette bilanciarsi per reggerne il peso. Le rivolse un sorriso divertito, guardando i compagni, mentre lei restava ferma con le braccia incrociate a osservarli. Era il tipo di sorriso che si fa ad un bambino intelligente che riesce a fare qualcosa di più grande di lui. Tutto ciò non sfuggì a Al-Ith, che dimostrò loro che non avevano capito le sue vere intenzioni, togliendo all’animale con gesto lento e deliberato anche le briglie, che lanciò a un altro soldato. Poi reclinò il capo all’indietro, scuotendolo, in modo che i suoi capelli neri che teneva dolcemente legati le ricadessero lungo la schiena. Le nostre donne acconciano i capelli in diversi modi, ma se sono raccolti, in trecce o in altra maniera, e vengono scossi e liberati dall’intreccio, quello è considerato un gesto di afflizione. Ma i soldati non lo compresero, e restarono ad ammirarla, come degli sciocchi; forse lei aveva voluto lanciare un segnale agli astanti che ora affollavano la piccola piazza. Al-Ith aveva le labbra arricciate in una smorfia di disprezzo nei confronti dei soldati, e d’impazienza. Devo registrare qui che una simile forma di arroganza – sì, è necessario chiamarla in questo modo – non era qualcosa che ci saremmo aspettati da lei. Quando tornammo a parlare di quell’episodio, tutti furono d’accordo nel dire che l’amarezza che Al-Ith mostrava nei confronti del matrimonio si stava probabilmente ritorcendo contro di lei.

In piedi, con i capelli sciolti e gli occhi di fuoco, si avvolse lentamente un elegante velo nero intorno alle spalle e alla testa. Sempre mostrando il proprio dolore. Dietro quello scuro strato trasparente rilucevano i suoi occhi. Un soldato tentava in modo maldestro di scendere dal proprio cavallo per aiutarla a salire sul suo, ma lei era montata già prima che l’uomo toccasse terra. Lei fece voltare l’animale e galoppò via, attraversando i prati, diretta a est, alla volta dei confini della Zona Quattro. I soldati si lanciarono dietro di lei. A noi che li osservavamo, parve un inseguimento.

Fuori dalla nostra città, frenò il cavallo e lo fece procedere al passo. Gli altri la imitarono. La gente, ai bordi delle strade, la salutava e fissava i soldati, che non sembravamo più inseguirla, perché ora, imbarazzati, sorridevano come sciocchi, mentre Al-Ith pareva tornata quella di sempre. C’è una discesa che parte dall’altopiano al centro della nostra terra e attraversa strettoie e gole: non era possibile procedere troppo speditamente, e non solo perché Al-Ith si fermava ogni volta che qualcuno desiderava parlare con lei. Ogni volta che notava una persona che voleva rivolgerle la parola, infatti, fermava il cavallo e la lasciava avvicinare. Ora i sorrisi che i soldati si scambiavano erano differenti, e molti si lagnavano, perché erano convinti che sarebbero rientrati nei loro confini per l’imbrunire. Alla fine, quando un ennesimo gruppo di persone le aveva fatto segno e l’aveva chiamata, e lei aveva udito le voci dei soldati che si sollevavano dietro di lei, si era voltata portandosi a pochi passi da loro, costringendoli a frenare i loro animali bruscamente.

«Qual è il problema?» domandò. «Non sarebbe meglio che me lo diceste apertamente, invece di lamentarvi tra voi come dei bambini?»

Gli uomini non gradirono quell’osservazione, e tra loro si levò un turbine d’ira che il comandante soffocò.

«Abbiamo ordini da rispettare» rispose quest’ultimo.

«Finché resto nel mio Paese,» rispose lei «mi comporterò secondo le nostre usanze.»

Si accorse che non l’avevano capita, e dovette spiegarsi. «Ho la posizione che detengo per volere del popolo. Non posso avere l’arroganza di passare oltre, se qualcuno mi fa cenno di volermi dire qualcosa.»

Gli uomini si scambiarono altre occhiate. Il comandante non poté celare un’espressione impaziente.

«Non potete aspettarvi che io stravolga i nostri costumi e assuma i vostri in questo modo.» aggiunse lei.

«Abbiamo razioni d’emergenza sufficienti a un solo pasto» disse l’uomo.

Lei scosse appena il capo, come se non potesse credere a quanto aveva appena sentito. Il suo non voleva essere un gesto di disprezzo, ma così fu interpretato. Il comandante arrossì, ed esplose: «Ognuno di noi è in grado di digiunare per un’intera campagna, se necessario.»

«Non chiedevo tanto» rispose lei in tono grave, che questa volta fu preso per umorismo. Gli uomini risero, e lei riuscì a rivolgere loro un rapido sorriso, poi sospirò e aggiunse: «So che non vi trovate qui per vostra volontà, ma a causa dei Tutori.»

Ma quelle parole, per cause che lei non seppe spiegarsi, furono percepite come un insulto e una sfida, e i cavalli si agitarono e si mossero, percependo le emozioni dei loro cavalieri. Lei rispose con un’alzata di spalle, si voltò e andò verso il gruppo di giovani che la aspettavano all’angolo della strada. Dietro di loro, oltre le montagne, si intravedeva la pianura. I prati brillavano di giallo per il tramonto, e i picchi dei monti riflettevano il sole, ma il gruppo se ne stava all’ombra e al freddo. Gli uomini si raggrupparono attorno al cavallo parlando e mostrando di non avere alcun timore o paura, e il viso dei soldati rivelò il loro sgomento. Nel momento in cui un giovane accarezzò il muso dell’animale, gli uomini armati emisero all’unisono un sospiro di disapprovazione. Ma erano dubbiosi, in conflitto con loro stessi. Non potevano mostrare di disprezzare quel regno o i chi lo governava: lo sapevano. Eppure tutto ciò che vedevano, in ogni momento, contraddiceva il loro concetto di ciò che è giusto. Al-Ith alzò una mano per salutare i giovani, e i soldati si prepararono a partire a quel segnale che però non era stato rivolto a loro. Procedette cavalcando in testa al gruppo finché non furono tutti sulla pianura, poi si voltò di nuovo.

«Suggerisco che poniate qui  l’accampamento, ora che abbiamo superato le montagne.»

«In primo luogo» le rispose il comandante in tono brusco – seccato dal fatto che i suoi uomini seguissero lei e non aspettassero i suoi ordini «in primo luogo, non ho preso in considerazione di fermarci prima di raggiungere la frontiera. E in secondo luogo…»

Ma la rabbia che provava lo fece tacere.

«È solo un suggerimento» disse lei «Ci vorranno nove, dieci ore prima di arrivare al confine.»

«Di questo passo certamente.»

«A qualsiasi passo. La maggior parte delle notti, sulla pianura soffia un forte vento da est.»

«Signora! Per chi ha preso questi uomini? Per chi ha preso tutti noi?»

«So che siete dei soldati» gli rispose. «Ma pensavo agli animali. Sono stanchi.»

«Seguiranno gli ordini. Come li seguiamo noi.»

I nostri Cronisti e artisti hanno rappresentato mirabilmente questo dialogo tra Al-Ith e i soldati. Alcune storie iniziano proprio da tale momento. Lei sta di fronte a loro, sul suo cavallo che tiene basso il muso per la fatica del viaggio. Lei lo accarezza con la mano bianca, che brilla di gioielli… Ma Al-Ith era nota per il suo modo di vestire semplice, per la mancanza di gemme o ornamenti regali! La raffigurano con i lunghi capelli neri al vento, il velo anch’esso mosso dal vento e fermato sulla fronte da un fermaglio brillante. Raffigurano la rabbia del comandante, il viso distorto, e il fare beffardo dei soldati. In lontananza, nuvole sparse e allungate dal vento e i campi della pianura.

In questa raffigurazione si ritrovano numerose specie di piccoli animali. Uccelli che volano sopra le loro teste. Un cerbiatto, animale molto amato dai nostri bambini, sul ciglio del sentiero, volge il proprio muso verso il cavallo di Al-Ith per confortarlo e portagli un messaggio da parte degli altri animali. Spesso questi dipinti sono intitolati Gli animali di Al-Ith. Alcune storie narrano dei soldati a caccia di uccelli e del cerbiatto, e di come essi vengano rimproverati da Al-Ith.

Mi prendo la libertà di dubitare che tale evento possa aver avuto un effetto drammatico sui soldati, e persino su Al-Ith. I soldati volevano proseguire e andare via da quella terra che non comprendevano e che li sconcertava. Il comandante non voleva ritrovarsi a dover seguire i consigli di una donna, ma non voleva nemmeno cavalcare per ore in quel vento freddo. Un vento che già soffiava forte.

Al-Ith si sentiva di nuovo sé stessa, molto di più che nelle settimane passate. Capì che avrebbe potuto fare molte altre cose invece che piangersi addosso nelle proprie stanze! Era stata negligente nei propri doveri. Si ricordò di tutti i messaggi ricevuti da ogni parte del regno a cui non aveva risposto perché troppo occupata a tenere a bada i sentimenti intensi che provava. Stava ritrovando in sé stessa una forte disob­bedien­za, e ciò che questo implicava. Questo la rese più gentile con quella truppa di barbari e con quel comandante, che era poco più che un ragazzo.

«Non mi ha detto il suo nome» gli disse.

Lui esitò. Poi rispose: «Jarnti.»

«È al comando dei cavalli del re?»

«Sono al comando di tutte le sue forze. Le forze armate del re.»

«Le mie scuse» sospirò lei, e la sentirono tutti. Pensarono fosse un segno di debolezza. Ogni volta che succedeva qualcosa del genere con lei, i soldati non potevano fare a meno di provare una sensazione di trionfo, la stessa che i barbari nutrono sempre quando si trovano davanti alla debolezza, così come sentono il bisogno di unirsi raggrupparsi davanti a una dimostrazione di forza.

«Vorrei allontanarmi per alcune ore» disse lei.

A quel punto, come spinti dallo stesso impulso, e senza alcuna indicazione dal loro comandante, la accerchiarono. Al-Ith si trovò al centro di un cerchio formato da coloro che l’avevano catturata.

«Non posso permetterlo» disse Jarnti.

«Quali sono gli ordini del re?» gli chiese. Era calma e paziente, ma tutti scambiarono il suo atteggiamento per arrendevolezza.

Si levò un coro di risa rauche. La tensione esplose. Ridevano e urlavano, e se ne sentiva l’eco nei dirupi alle loro spalle. Gli uccelli che si erano già posati per trascorrere la notte tornarono a levarsi in cielo. Nell’erba alta lungo la strada, gli animali che erano nascosti scapparono via.

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