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martedì, 28 settembre 2010

IO NON CI VOLEVO VENIRE QUI, di Angelo Orlando Meloni

1. Che rapporto avete con i consigli?

2. Preferite darli o riceverli?

3. Meglio i consigli dei parenti o quelli degli amici?

4. E poi… secondo la vostra esperienza, i consigli sono più un atto di “carità” o di “cattiveria”?

Ne discutiamo insieme prendendo spunto dal divertente romanzo sull’arte scrittoria (e non solo) di Angelo Orlando Meloni intitolato “Io non ci volevo venire qui. Breve manuale di autodistruzione per il conseguimento della felicità” pubblicato dalla casa editrice Del Vecchio.

Vi riporto un passaggio tratto dalle prime pagine del libro:
«Chi non ha paura di un buon consiglio?
Io per esempio ho paura. Molta paura. evito di darli e di riceverli, e se li ricevo mi sforzo di dimenticarli. Quando non li dimentico, poi, cerco di applicarli male. Come vi potrà confermare più di un buon samaritano, dedicarsi ai problemi degli altri è uno sport pericoloso, perché il sonno della nostra indifferenza genera mostri e, in casi sventurati, un consiglio può generare addirittura “artisti”
».

Un libro divertente, dicevo… ironico e autoironico, che rientra a pieno titolo nell’ambito della cosiddetta letteratura dell’ironia.
Di seguito, avrete la possibilità di leggere la recensione firmata da Salvo Zappulla e un assaggio del testo (un ulteriore assaggio potrete gustarvelo da qui).
Alla discussione parteciperà lo stesso Angelo Orlando Meloni, con il quale avremo modo di approfondire la conoscenza di questo suo romanzo.
Massimo Maugeri
(continua…)

Pubblicato in SEGNALAZIONI E RECENSIONI   217 commenti »

domenica, 13 dicembre 2009

DIBATTITO SUL ROMANZO STORICO

dibattito-sul-romanzo-storicoImmagine 30 StoriaQuesto post, già avviato a partire dall’estate del 2009, si è progressivamente trasformato in un dibattito permanente sul romanzo storico.
Fino a questo momento hanno partecipato alla discussione i seguenti scrittori (li cito in ordine alfabetico): Andrea Ballarini, Rino Cammilleri, Giulio Castelli, Rita Charbonnier, Alfredo Colitto, Nicole Fabre, Andrea Frediani, Giulio Leoni, Giorgia Lepore, Simona Lo Iacono, Leda Melluso, Adriano Petta, Marco Salvador, Cinzia Tani, Jasmina Tešanović, Filippo Tuena.
Altri autori di romanzi storici, nel tempo, saranno invitati a partecipare.
Le domande poste per favorire la discussione sono le seguenti…

1. Quali caratteristiche dovrebbe necessariamente possedere il romanzo storico?

2. Quale dovrebbe essere la sua funzione?

3. Che cosa – viceversa – dovrebbe evitare?

4. Qual è, a vostro giudizio, lo stato di salute del romanzo storico, oggi, in Italia?

5. E nel resto del mondo?

6. Domanda-sondaggio: qual è il più grande romanzo storico di tutti tempi (quello che potrebbe essere eletto come “rappresentativo” del genere)?

La seconda parte del dibattito sul romanzo storico si è svolta in questo post.

Massimo Maugeri
(continua…)

Pubblicato in A A - I FORUM APERTI DI LETTERATITUDINE, EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   734 commenti »

venerdì, 1 maggio 2009

NASCE BABELIT. Incontro con Birgit Vanderbeke

babelit.jpgSono molto lieto di annunciare la nascita di una nuova specialissima rubrica che sancisce l’internazionalizzazione di Letteratitudine. Si chiama BABELIT. Il titolo è un acronimo che deriva da due parole inglesi: babel e literature.
E in effetti BABELIT è destinata a diventare una vera e propria babele letteraria, dal momento che ospiterà autori stranieri che ci parleranno dei loro libri e dei temi da essi trattati. La particolarità della rubrica è la seguente. I dibattiti che vi proporrò saranno condotti in due lingue: in italiano (naturalmente) e nella lingua d’origine dell’autore/autrice di volta in volta invitato/a. Nel farlo, mi avvarrò del supporto di interpreti. Insomma, come ben capite si tratta di un esperimento…

Il primo incontro di BABELIT è con la scrittrice tedesca Birgit Vanderbeke.
La Vanderbeke è nata nel 1956 a Dehme, allora Repubblica Democratica Tedesca e cresciuta nella Repubblica Federale, in cui la famiglia si trasferì nel 1961. Laureata in giurisprudenza e letterature romanze ha lavorato per alcuni anni in un istituto di ricerche sociali. Nel 1990 ha ricevuto il prestigioso premio Ingeborg Bachmann per la sua opera prima, “La cena della cozze”, pubblicato in Italia da Feltrinelli nel 1993. Dopo aver vissuto un anno a Berlino poco dopo la riunificazione, nel 1993 ha scelto di trasferirsi a St. Quentin-la-Poterie, in Linguadoca, dove vive tutt’ora. Nel 1997 le è stato conferito il Kranichsteiner Literaturpreis per la sua produzione letteraria e nel 2002 il premio Hans Fallada. In Italia sono stati pubblicati da Marsilio “Alberta riceve un amante” (1999) e “Vedo una cosa che tu non vedi” (2001), da “Le vespe Abbastanza bene” (2000).
In questo post discuteremo con la Vanderbeke del suo romanzo edito da Del Vecchio: Sweet Sixteen. Mi affiancheranno (per un supproto linguistico) Paola Del Zoppo, traduttrice italiana del libro, e Michele Piroli.
Sweet Sixteen è un romanzo breve dal tono satirico e coinvolgente il cui punto focale coincide con l’arrivo di una nuova tendenza fra i giovani: in molte parti della Germania, vari teenager scompaiono in occasione del loro sedicesimo compleanno.
Così leggiamo dalla scheda del libro: “Quando vengono riportati i primi casi, la polizia non se ne preoccupa più di tanto. La fuga degli adolescenti ribelli, del resto, è un luogo comune e in genere i rientri si verificano entro una settimana. Ma dopo la scomparsa del rampollo Justus Hanssen, figlio della famosa presentatrice televisiva Conny Hanssen, e con l’accentuarsi del fenomeno, la polizia e l’opinione pubblica e le famiglie cambiano atteggiamento. Si eliminano i computer dalle stanze dei ragazzi, si approntano sistemi elettronici di rilevazione che consentono di sorvegliare i ragazzi, Infine un invalido autore di canzoni per adolescenti viene indicato come causa delle fughe. Naturalmente con il tempo si svelano le reali cause del fenomeno, di cui la principale è il pessimo rapporto dei ragazzi con i genitori e si scopre l’esistenza di un “movimento” di sedicenni che si ribella alle repressioni messe in atto dai genitori”.
I temi affrontati dal libro sono molteplici:
- le forzature dei media
- la questione della privacy e della sicurezza pubblica
- l’influenza dei media sui giovani e la reazione di questi ultimi alla mercificazione della vita
- il conflitto generazionale in questo primo decennio del nuovo millennio .

Per favorire il dibattito, pongo alcune domande… a voi e a Birgit.

Le nuove generazioni sono più o meno in crisi di quelle dei decenni precedenti?

Il conflitto generazionale è più aspro oggi rispetto al passato?

Le madri e i padri del nuovo millennio hanno maggiore o minore difficoltà a comprendere i sedicenni rispetto ai genitori di venti, trenta, quarant’anni fa?

Quali sono i pro e i contro della crescente ingerenza dei media nei drammi personali?

Rispetto alle domande precedenti… che differenza c’è tra l’Italia e la Germania?

Di seguito potrete leggere la postfazione firmata da Paola Del Zoppo, che – come accennato – è anche la traduttrice del romanzo.
Massimo Maugeri

(continua…)

Pubblicato in BABELIT, incontri con autori non italiani, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   143 commenti »

lunedì, 16 giugno 2008

LE DONNE E LE SOCIETÀ DIFFICILI: SALMA E ABEEDA

donne-velo.JPGSalma e Abeeda sono due personaggi letterari.
Due donne che vivono in contesti sociali difficili e che reagiscono alle avversità in maniera diversa.
Salma è condannata a morte nel suo villaggio di beduini per essere rimasta incinta prima del matrimonio.
Per sopravvivere lascia la sua piccola, appena nata, in mano agli abitanti del villaggio e fugge in esilio in Inghilterra, dove si costruisce una nuova vita… in un mondo completamente diverso. Un mondo dove tutto è permesso, dove il sesso è addirittura incoraggiato, dove niente le dovrebbe far rimpiangere il suo passato arabo e musulmano. Eppure…
Abeeda è una donna musulmana che conduce una doppia vita: divorziata, madre di quattro figli, invischiata nel luccicante mondo dei casinò dove sviluppa una vera e propria dipendenza dal gioco.
Abeeda, sotto il velo, nasconde l’ardore di una donna mentalmente libera e indipendente: la sua personalità, per certi versi, scardina una serie di cliché sull’identità culturale e religiosa delle donne musulmane e della società che le circonda.
Salma e Abeeda sono due personaggi simbolo. Due donne a confronto con società (a esse) avverse. Due donne che, in un modo o nell’altro, lottano per la loro emancipazione.
Un tè alla salvia per Salma” di Faqir Fadia (edito da Guanda) ci viene presentato da Silvia Leonardi.
Salvo Zappulla ha recensito “Confessioni di una giocatrice d’azzardo” di Rayda Jacobs (edito da Del Vecchio editore): cliccando qui potrete leggere il primo capitolo del libro.
Silvia e a Salvo mi daranno una mano a moderare questo post.
Colgo l’occasione per invitare Pietro Del Vecchio a presentare il progetto editoriale della casa editrice che dirige.
A voi chiedo di discutere sull’argomento “donne e società difficili”.
Vi domando:
Le società che ospitano donne come Salma e Abeeda sono davvero così opprimenti nei confronti del genere femminile? O la nostra visione risente, almeno in parte, di stereotipi (come ci suggerisce il personaggio Abeeda)?
E in ogni caso, quale dovrebbe essere la strada perché queste donne possano beneficiare di una maggiore emancipazione?
E quante, tra queste donne, desiderano davvero una maggiore emancipazione?
E poi… fino a che punto è possibile generalizzare? Quante sub-società esistono all’interno di una società?

Massimo Maugeri

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UN TE’ ALLA SALVIA PER SALMA di Faqir Fadia

recensione di Silvia Leonardi (nella foto)

silvia_leonardi.JPG

Un romanzo dolceamaro, in un ossimoro che non può essere separato. Un periodare che intreccia presente, passato, immaginario e vissuto senza confondere né spiazzare. Come essere nella mente della protagonista, filtrare la luce attraverso i suoi occhi, osservare immagini tremolanti corrotte da lacrime in bilico.
“Un tè alla salvia per Salma” è la storia di una donna beduina e della sua fuga dalla Giordania all’Inghilterra. Un passaggio tra due culture in cui Salma difende se stessa e il suo diritto ad essere donna a dispetto di tutto.
Condannata a morte per aver amato un uomo prima del matrimonio, è costretta a farsi arrestare per aver disonorato la sua gente e la famiglia. Minacciata di morte dallo stesso fratello che vuole lavare col sangue la vergogna, la sua salvezza sarà prima l’umida cella che la ospita e poi la fuga in una cittadina inglese. Qui Salma prova a inventarsi una nuova vita, annaspa alla ricerca di un appiglio e capisce, ogni giorno sempre meglio, che dimenticare è impossibile. Un vento freddo, un pianto lontano, un segreto pesante come un macigno sul cuore, troppe sono le cose e le persone che ha lasciato e che non può dimenticare.

Personaggio contraddittorio e malinconico, Salma si nutre delle sue incertezze e nello stesso tempo cerca e trova appigli nella solidarietà delle donne. Quelle che ha perso e quelle che incontra nella sua nuova vita. Fortissimo in lei il sentimento di estraniazione, il suo sentirsi “aliena” in un paese così diverso dal suo, dove essere libera e occidentalizzata non vuol dire altro che adattarsi a nuove regole.
Così ogni tanto Salma si spreca, si butta via, convinta di non valere niente e di meritare il disprezzo della gente. E mentre impara a leggere riviste di moda, a parlare inglese, a camminare sui tacchi, continua a sentirsi inadeguata. Fuori posto. Una pastora nera in un mondo di donne bionde, belle e chiare.
Ma Salma, a suo modo tenace, conquista piano il suo spazio senza fare rumore. Tutto quello che ha è tutto quello che nel tempo si è guadagnata e finalmente – dopo tanti anni – nella sua vita così diversa comincia a farsi spazio l’ombra lieve della felicità.
Sentimento fuggevole per Salma, colomba scura che vive in bilico perenne tra ricordi, pianto e sorrisi. Tra amori che ha lasciato e amori nuovi.
Adesso che potrebbe fermarsi a riposare, Salma sente che quello che ha lasciato nella sua terra di “capre, vigne, ulivi, e prugni e mandorli e fichi e meli” è molto più che un ricordo. E sarà questa la spinta di un viaggio in cui Salma ritroverà se stessa.

Un brano tratto dal libro:
“Nel buio della notte o alle luci dell’alba, restino i tuoi petali serrati, strette e chiuse le gambe! Io invece ricevetti Hamdan come un fiore avventato che si spalanca al sole.
Salma, adesso sei una donna… Sei mia, sei la mia schiava.»
«Sì, sì, sì» gli dicevo. Niente fazzolettini di carta, preservativi o spermicidi, solo l’odore della terra fertile arata di fresco. Mi lavai i calzoni nel ruscello e tornai a casa stordita. Da quel momento, notte dopo notte lo aspettai distesa sotto il fico.
«La mia puttana è ancora qui!» mi diceva, poi mi prendeva in fretta.
«Ancora» gli sussurravo.
Quando Hamdan non girò più su se stesso e io smisi di baciare cavalli, capre e alberi, le nostri madri cominciarono a insospettirsi. «Piccola sgualdrina, che cosa hai fatto?» Mia madre mi trascinò per i capelli.
«Madre, ti prego…»
«Hai ricoperto di pece il nostro nome! Tuo fratello ti sparerà in mezzo agli occhi.»
«Madre!»
I miei petali vennero strappati a uno a uno. Mi tirò i capelli, mi diede morsi, cinghiate finché non fui tutta chiazze e sprofondai serena nell’oscurità.”

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CONFESSIONI DI UNA GIOCATRICE D’AZZARDO di Rayda Jacobs

recensione di Salvo Zappulla (nella foto)

salvo_zappulla.JPGAbeeda, la protagonista di questo avvincente romanzo, è una donna musulmana praticante, divorziata, madre di quattro figli, di cui uno omosessuale (il minore) muore per AIDS. Abeeda porta il velo nel rispetto delle tradizioni ma le vicissitudini della vita, le frustrazioni accumulate sviluppano in lei un senso di ribellione, un desiderio furente di scardinare cliché religiosi e culturali da farla assurgere a simbolo dell’emancipazione femminile. Il suo miraggio di libertà è il casinò dove dilapida il suo patrimonio; si libera dei pesanti fardelli psicologici inebriandosi nella trasgressione, nel vizio, in definitiva nel peccato.
Rayda Jacobs manipola con sapiente tecnica narrativa una storia dal forte impatto sociale, gioca con i sentimenti contrastanti di una protagonista sempre sull’orlo del baratro: la tresca con il cognato, la storia di sesso con il proprio datore di lavoro, il rapporto ambiguo con la sorella, le amicizie perdute e poi ritrovate, le affannose corse al casinò, i conflitti interiori con se stessa, i brevi lampi di lucidità, lo spasmodico desiderio di vita, le debolezze proprie dell’umanità.

 

Questo romanzo è la storia di un’ infinita solitudine, che trova sfogo nei bagliori pirotecnici e ammalianti delle macchinette da gioco, nell’abisso vorticoso della dipendenza dal gioco d’azzardo in cui Abeeda precipita senza più trovare la via di uscita, fino a escogitare il falso furto della propria auto per cercare di risanare i debiti. Il ritmo incalzante, gli intrecci conturbanti, la prosa limpida e accattivante ne hanno fatto un best-seller tradotto in diverse lingue, e ottimo fiuto ha avuto Pietro Del Vecchio ad accaparrarsene i diritti per l’Italia. Il film sudafricano tratto dallo stesso romanzo Confessions of a gamber (Les confessions d’une joueuse), di Rayda Jacobs e Amanda Lane, in concorso al Dubai International Film Festival, è ambientato nella comunità indiana di Lape Town e vede protagonista la stessa Rayda Jacobs la quale interpreta il ruolo di Abeeda.

Pubblicato in EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI   169 commenti »

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