Commenti a: OMAGGIO A SEBASTIANO ADDAMO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: IL GIUDIZIO DELLA SERA, di Sebastiano Addamo « letteratitudinenews http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-490648 IL GIUDIZIO DELLA SERA, di Sebastiano Addamo « letteratitudinenews Fri, 30 Nov 2012 06:35:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-490648 [...] Su Letteratitudine, il dibattito su “Il giudizio della sera” [...] [...] Su Letteratitudine, il dibattito su “Il giudizio della sera” [...]

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Di: UNA PIAZZA PER SEBASTIANO ADDAMO « letteratitudinenews http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-348499 UNA PIAZZA PER SEBASTIANO ADDAMO « letteratitudinenews Thu, 09 Aug 2012 18:05:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-348499 [...] per un’autore che ha lasciato il segno e di cui abbiamo avuto modo di occuparci su Letteratitudine con un ampio dibattito dedicato alla ripubblicazione della sua opera più importante “Il giudizio della sera” [...] [...] per un’autore che ha lasciato il segno e di cui abbiamo avuto modo di occuparci su Letteratitudine con un ampio dibattito dedicato alla ripubblicazione della sua opera più importante “Il giudizio della sera” [...]

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77465 Massimo Maugeri Thu, 01 Oct 2009 20:51:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77465 Grazie per la duplice segnalazione, caro Gaetano. Domani, in effetti, sarò in partenza per "Oronzo Macondo". Prima di partire pubblicherò un apposito post. (Speriamo bene, per le condizioni climatiche. Qui, nel catanese, c'è una specie di tempesta con tanto di tromba d'aria in corso... ) Grazie per la duplice segnalazione, caro Gaetano. Domani, in effetti, sarò in partenza per “Oronzo Macondo”. Prima di partire pubblicherò
un apposito post.
(Speriamo bene, per le condizioni climatiche. Qui, nel catanese, c’è una specie di tempesta con tanto di tromba d’aria in corso… )

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Di: oronzo macondo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77437 oronzo macondo Thu, 01 Oct 2009 14:14:02 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77437 L'articolo segnalato da Subhaga Gaetano Failla è disponibile qui: http://www.fpcgilbari.com/macondo/corrieresera.pdf L’articolo segnalato da Subhaga Gaetano Failla è disponibile qui: http://www.fpcgilbari.com/macondo/corrieresera.pdf

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Di: Subhaga Gaetano Failla http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77432 Subhaga Gaetano Failla Thu, 01 Oct 2009 12:22:03 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77432 Sul "Corriere della Sera" di oggi, nella pagina della cultura, in un lungo articolo si parla (anche) di Letteratitudine. E inoltre, nella stessa pagina, c'è un trafiletto dedicato al premio letterario "Sebastiano Addamo". Sul “Corriere della Sera” di oggi, nella pagina della cultura, in un lungo articolo si parla (anche) di Letteratitudine. E inoltre, nella stessa pagina, c’è un trafiletto dedicato al premio letterario “Sebastiano Addamo”.

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Di: Simona Ratto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77428 Simona Ratto Thu, 01 Oct 2009 10:30:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77428 Grazie a Voi e sopratutto a Massimo per darmi questa possibilità, purtroppo pur seguendovi non riesco mai a scrivere il tempo è tiranno in una vita da precaria che mi costringe a fare lavori che non mi assomigliano ma mi prometto di partecipare più spesso è un modo per essere orgogliosa del mio percorso letterario anche se in concreto non mi ha portato molto ma non lo cambierei per niente al mondo !! ciao a tutti e a presto Simona Grazie a Voi e sopratutto a Massimo per darmi questa possibilità, purtroppo pur seguendovi non riesco mai a scrivere il tempo è tiranno in una vita da precaria che mi costringe a fare lavori che non mi assomigliano ma mi prometto di partecipare più spesso è un modo per essere orgogliosa del mio percorso letterario anche se in concreto non mi ha portato molto ma non lo cambierei per niente al mondo !! ciao a tutti e a presto
Simona

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77330 Massimo Maugeri Tue, 29 Sep 2009 20:37:28 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77330 @ Simona Ratto Cara Simona, grazie anche a te per il tuo contributo. @ Simona Ratto
Cara Simona, grazie anche a te per il tuo contributo.

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Di: Simona Ratto http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77278 Simona Ratto Tue, 29 Sep 2009 08:46:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77278 Il giudizio della sera è un bel tema da trattare ma se devo guardarmi allo specchio, vedo una donna in trasformazione: ogni fase della nostra vita prevede incontri, cambiamenti e soprattutto adattamenti in una società come la nostra che quando si ferma ha paura e allora ricordo una frase di un romanzo a me caro "Il rifugiato" di A. Grunberg che recita così:"le cose che uno si rimprovera sono i ricordi con cui si addormenta e si risveglia", credo che esprima bene ci si guarda, ci si specchia anche senza mezzi concreti, anche nel buio e nel silenzio dove nessuno può sfuggire alla sua voce. Vi lascio allora una mia poesia questo è il mio giudizio della sera: Lo specchio Non togliermi la pazzia potrei morirne disse il mio cuore... decisi di ascoltarlo il silenzio poi udii la sua voce Questo vuole essere un invito ad ascoltare e ad ascoltarsi solo così si può essere in grado di dare un giudizio. ciao a tutti Simona Il giudizio della sera è un bel tema da trattare ma se devo guardarmi allo specchio, vedo una donna in trasformazione: ogni fase della nostra vita prevede incontri, cambiamenti e soprattutto adattamenti in una società come la nostra che quando si ferma ha paura e allora ricordo una frase di un romanzo a me caro “Il rifugiato” di A. Grunberg che recita così:”le cose che uno si rimprovera sono i ricordi con cui si addormenta e si risveglia”, credo che esprima bene ci si guarda, ci si specchia anche senza mezzi concreti, anche nel buio e nel silenzio dove nessuno può sfuggire alla sua voce. Vi lascio allora una mia poesia questo è il mio giudizio della sera: Lo specchio
Non togliermi la pazzia
potrei morirne
disse il mio cuore…
decisi di ascoltarlo
il silenzio
poi udii la sua voce

Questo vuole essere un invito ad ascoltare e ad ascoltarsi solo così si può essere in grado di dare un giudizio.
ciao a tutti
Simona

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77242 Massimo Maugeri Mon, 28 Sep 2009 21:11:28 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77242 Chi volesse saperne di più sul romanzo di Domenico Trischitta, "Una raggiante Catania", è invitato ad ascoltare questa radio-intervista andata in onda su Fahrenheit (Radio Rai Tre): http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=277276 Chi volesse saperne di più sul romanzo di Domenico Trischitta, “Una raggiante Catania”, è invitato ad ascoltare questa radio-intervista andata in onda su Fahrenheit (Radio Rai Tre):
http://www.radio.rai.it/radio3/fahrenheit/mostra_libro.cfm?Q_EV_ID=277276

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77240 Massimo Maugeri Mon, 28 Sep 2009 21:06:10 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77240 Gaetano, molto bella la tua recensione. Grazie (e grazie per aver letto il libro). Gaetano, molto bella la tua recensione. Grazie (e grazie per aver letto il libro).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77239 Massimo Maugeri Mon, 28 Sep 2009 21:05:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77239 @ Antonio Bianchessi e Amedeo Cari Antonio e Amedeo, non vogliateme se indirizzo questo commento a voi. Se lo faccio è solo perché frequentate questo blog da pochi giorni. Ne approfitto dunque per spiegare a voi (e ai nuovi frequentatori) qual è la mia linea (di tanto in tanto lo faccio: credo sia utile). - <em>Qualche precisazione</em>: Antonio, io non ho detto di essere d'accordo con tutto quello che hai scritto, ma solo che "mi trovi senz’altro d’accordo nel riconoscere Pirandello come il <em>maestro esemplare</em>" (con o senza dislocazione, per quanto mi riguarda). E ho estrapolato il riferimento a Pirandello per anticipare l'uscita (non so ancora quando) di un post (forse due... sto pensanso a una "settimana pirandelliana") a lui dedicato. Di seguito, dichiarando di sostenere le opinioni di Trevisan (che sono diverse dalle tue) ho manifestato in maniera palese di essere in disaccordo con te. Dunque, non credo di aver corso il rischio di offendere la tua intelligenza (in caso contrario ne sarei molto rammaricato, perché di certo non era nelle mie intenzioni). Per quanto riguarda il discorso relativo al "fraintendimento" sulle "lucciole"... be', come facciamo a sapere che hai creato un blog che si chiama "Lucciole" se non inserisci il link nel commento o non lo dichiari apertamente? (Negli ultimi commenti hai inserito il link, ma in quegli altri no). In ogni caso ne approfitto per fare tanti in bocca al lupo al tuo neo-blog. Poi... non sono "gentile"... cerco (e mi sforzo) di essere cordiale. Il sottotitolo del blog è "luogo di incontro", non "di scontro". Nella "netiquette" del sito... http://letteratitudine.blog.kataweb.it/category/aaa-nota-legale/ ... è spiegato abbastanza bene: <em>"Letteratitudine nasce fondamentalmente come luogo di incontro. Per tale motivo si basa sui principii dell’accoglienza e della cordialità. Il creatore e gestore del blog ringrazia anticipatamente tutti coloro che, con i loro interventi, daranno un contributo a mantenere un clima di accoglienza e serenità".</em> Da qui la mia "cordialità". Anche se poi aggiungo... <em>"Naturalmente, nell’ambito delle discussioni proposte, è ammessa la polemica… purché sia sensata, utile e costruttiva; ma sempre entro i limiti dell’assoluto rispetto di persone e opinioni".</em> Non cerco una concordia universale, o una specie di abbraccio aprioristico (ti cito), ma nemmeno un'opposizione dura a tutti i costi: ci si scambia le proprie opinioni rispettando quelle degli altri (ovvero, senza doverle necessariamente imporre agli altri). Questa linea può essere condivisibile, oppure no (c'è chi ritiene che l'approccio "rissoso" o di "dura contrapposizione" sia più utile)... ma è quella che io proprongo qui a Letteratitudine. Anche per questo sono molto vicino al pensiero di Trevisan. - Amedeo: Antonio si è scusato per aver sbagliato il tuo nome; può capitare (a me mi chiamano sempre Maurizio!). Un po' di pacatezza in più, via... Stretta di mano virtuale per tutti, dunque (per dirla come Salvo)... a prescindere dal fatto che ciascuno rimanga delle proprie opinioni! (ma senza escludere che si possa cambiare idea). @ Antonio Bianchessi e Amedeo
Cari Antonio e Amedeo, non vogliateme se indirizzo questo commento a voi. Se lo faccio è solo perché frequentate questo blog da pochi giorni.
Ne approfitto dunque per spiegare a voi (e ai nuovi frequentatori) qual è la mia linea (di tanto in tanto lo faccio: credo sia utile).
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Qualche precisazione:
Antonio, io non ho detto di essere d’accordo con tutto quello che hai scritto, ma solo che “mi trovi senz’altro d’accordo nel riconoscere Pirandello come il maestro esemplare” (con o senza dislocazione, per quanto mi riguarda). E ho estrapolato il riferimento a Pirandello per anticipare l’uscita (non so ancora quando) di un post (forse due… sto pensanso a una “settimana pirandelliana”) a lui dedicato.
Di seguito, dichiarando di sostenere le opinioni di Trevisan (che sono diverse dalle tue) ho manifestato in maniera palese di essere in disaccordo con te. Dunque, non credo di aver corso il rischio di offendere la tua intelligenza (in caso contrario ne sarei molto rammaricato, perché di certo non era nelle mie intenzioni).
Per quanto riguarda il discorso relativo al “fraintendimento” sulle “lucciole”… be’, come facciamo a sapere che hai creato un blog che si chiama “Lucciole” se non inserisci il link nel commento o non lo dichiari apertamente? (Negli ultimi commenti hai inserito il link, ma in quegli altri no). In ogni caso ne approfitto per fare tanti in bocca al lupo al tuo neo-blog.
Poi… non sono “gentile”… cerco (e mi sforzo) di essere cordiale.
Il sottotitolo del blog è “luogo di incontro”, non “di scontro”.
Nella “netiquette” del sito…
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/category/aaa-nota-legale/
… è spiegato abbastanza bene:
“Letteratitudine nasce fondamentalmente come luogo di incontro. Per tale motivo si basa sui principii dell’accoglienza e della cordialità. Il creatore e gestore del blog ringrazia anticipatamente tutti coloro che, con i loro interventi, daranno un contributo a mantenere un clima di accoglienza e serenità”.
Da qui la mia “cordialità”. Anche se poi aggiungo…
“Naturalmente, nell’ambito delle discussioni proposte, è ammessa la polemica… purché sia sensata, utile e costruttiva; ma sempre entro i limiti dell’assoluto rispetto di persone e opinioni”.
Non cerco una concordia universale, o una specie di abbraccio aprioristico (ti cito), ma nemmeno un’opposizione dura a tutti i costi: ci si scambia le proprie opinioni rispettando quelle degli altri (ovvero, senza doverle necessariamente imporre agli altri).
Questa linea può essere condivisibile, oppure no (c’è chi ritiene che l’approccio “rissoso” o di “dura contrapposizione” sia più utile)… ma è quella che io proprongo qui a Letteratitudine. Anche per questo sono molto vicino al pensiero di Trevisan.
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Amedeo: Antonio si è scusato per aver sbagliato il tuo nome; può capitare (a me mi chiamano sempre Maurizio!). Un po’ di pacatezza in più, via…
Stretta di mano virtuale per tutti, dunque (per dirla come Salvo)… a prescindere dal fatto che ciascuno rimanga delle proprie opinioni!
(ma senza escludere che si possa cambiare idea).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77237 Massimo Maugeri Mon, 28 Sep 2009 20:25:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77237 Eccomi qui. Buona sera a tutti e grazie per i vostri nuovi interventi. Eccomi qui. Buona sera a tutti e grazie per i vostri nuovi interventi.

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Di: Subhaga Gaetano Failla http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77231 Subhaga Gaetano Failla Mon, 28 Sep 2009 18:28:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77231 Ho appena concluso la lettura del romanzo "Il giudizio della sera". Sono stato trasportato, attraverso una scrittura di notevole forza drammatica, di feroce eleganza, che trasuda terra e sangue e umori, nella rivelazione, nello squarcio – in quella violenza - che anticipa la nascita. “(…) un’età era finita per sempre,” scrive Addamo. “(…) entravo nell’età violenta, nella ferrea, dura, chiara età del parricidio.” "Il giudizio della sera" è un percorso verso la conoscenza dell’Ombra. Un viaggio di iniziazione. Il primo segnale della manifestazione è dato dal disfacimento: “Tutta la gran vallata al cui fondo è Lentini, ma anche oltre, fino a Carlentini, fino a Francoforte, tutta la vasta zona dei giardini, si empì dell’odore greve e dolciastro d’arance marce; un odore che stordiva, che nauseava (…)”. A esso segue il disordine degli escrementi disseminati, dell’esercito delle cimici, del corpo che richiede invano nutrimento, della fame dunque. E nel furore della conoscenza l’affanno talvolta s’attenua, il pensiero meccanico, associativo, trova per un attimo quiete, come nell’episodio dell’incontro con il giovane soldato tedesco: “Hans però non pensava alle donne, o non nel modo come noi intendevamo: le volte che stava con noi, quasi sempre gli piaceva parlare del suo paese, della sua famiglia, in questi casi aveva una dolcezza quieta e quasi di donna.” Il disfacimento – la fine – si congiunge naturalmente con l’inizio: la forza primordiale della sessualità, della radice. Gli adolescenti protagonisti del romanzo, avviluppati nella foga guerresca, nel momento storico supremo di stordimento fascista, ricercano questo inizio da febbricitanti, ignorando d’essere sulla soglia della rivelazione esistenziale più grande, che unisce circolarmente l’alfa e l’omega. “Il silenzio. Era torvo, solido, pesante, immemore scacco della nostra esistenza, una nostalgia di ancestrale congiunzione più che di coito e copula (…)”. Un libro molto importante, a mio parere, il romanzo "Il giudizio della sera" di Sebastiano Addamo. Per me una scoperta. E un viatico in questo tempo di stordimento, di smarrimento, di profonda corruzione morale e di guerra civile fatta di sangue rappreso. Ho appena concluso la lettura del romanzo “Il giudizio della sera”.
Sono stato trasportato, attraverso una scrittura di notevole forza drammatica, di feroce eleganza, che trasuda terra e sangue e umori, nella rivelazione, nello squarcio – in quella violenza – che anticipa la nascita.
“(…) un’età era finita per sempre,” scrive Addamo. “(…) entravo nell’età violenta, nella ferrea, dura, chiara età del parricidio.”
“Il giudizio della sera” è un percorso verso la conoscenza dell’Ombra. Un viaggio di iniziazione. Il primo segnale della manifestazione è dato dal disfacimento:
“Tutta la gran vallata al cui fondo è Lentini, ma anche oltre, fino a Carlentini, fino a Francoforte, tutta la vasta zona dei giardini, si empì dell’odore greve e dolciastro d’arance marce; un odore che stordiva, che nauseava (…)”. A esso segue il disordine degli escrementi disseminati, dell’esercito delle cimici, del corpo che richiede invano nutrimento, della fame dunque. E nel furore della conoscenza l’affanno talvolta s’attenua, il pensiero meccanico, associativo, trova per un attimo quiete, come nell’episodio dell’incontro con il giovane soldato tedesco:
“Hans però non pensava alle donne, o non nel modo come noi intendevamo: le volte che stava con noi, quasi sempre gli piaceva parlare del suo paese, della sua famiglia, in questi casi aveva una dolcezza quieta e quasi di donna.”
Il disfacimento – la fine – si congiunge naturalmente con l’inizio: la forza primordiale della sessualità, della radice. Gli adolescenti protagonisti del romanzo, avviluppati nella foga guerresca, nel momento storico supremo di stordimento fascista, ricercano questo inizio da febbricitanti, ignorando d’essere sulla soglia della rivelazione esistenziale più grande, che unisce circolarmente l’alfa e l’omega.
“Il silenzio. Era torvo, solido, pesante, immemore scacco della nostra esistenza, una nostalgia di ancestrale congiunzione più che di coito e copula (…)”.
Un libro molto importante, a mio parere, il romanzo “Il giudizio della sera” di Sebastiano Addamo. Per me una scoperta. E un viatico in questo tempo di stordimento, di smarrimento, di profonda corruzione morale e di guerra civile fatta di sangue rappreso.

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Di: Salvo zappulla http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77229 Salvo zappulla Mon, 28 Sep 2009 17:47:38 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77229 Come si suol dire, si sono scambiate lucciole per lanterne. Su, datevi una stretta di mano virtuale e piantatela qui. Altrimenti Sebastiano Addamo s'incazza e il suo fantasma verrà a perseguitarvi per il resto delle vostre notti. Come si suol dire, si sono scambiate lucciole per lanterne. Su, datevi una stretta di mano virtuale e piantatela qui. Altrimenti Sebastiano Addamo s’incazza e il suo fantasma verrà a perseguitarvi per il resto delle vostre notti.

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Di: antonio_bianchessi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77227 antonio_bianchessi Mon, 28 Sep 2009 17:02:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77227 Carissimo Gianmaria Trevisan, per la mia formazione la sintesi presuppone l'esperienza del contrasto. E mi sembra edulcorata, cioè una sviolinatura, ogni visione armonica che vorrebbe prescindere dalla durezza di un'opposizione. Certo che tutte le opinioni sono espressioni del nostro modo di vedere l'arte e la vita. Ma da ciò non discende l'obbligo morale di una concordia universale:proprio qui, in una specie di abbraccio aprioristico, sta a mio avviso la nota stonata e la sviolinatura. E mi spiace che tu mi attribuisca il pensiero d'essere un giusto incompreso. Giusto è una parola che mi guardo bene dall'usare. Ritenere d'avere ragione credo invece sia un obbligo per entrambi: altrimenti staremmo perdendo tempo. Ma grazie per la mano tesa. Lo stretto l'ho attraversato e riattraversato diverse volte. E le due sponde, credimi, le ho sempre nello sguardo. Quanto alle lucciole c'è davvero stato un fraintendimento, tuo e di Massimo. Ogni mio intervento di una certà complessità lo inserisco nel mio blog di kataweb, che si chiama appunto lucciole. A quel blog e non a queste pagine io mi riferivo: venendo dai miei appunti a qui non riesco a tenere il corsivo. Ed ecco perchè il tuo commento, nella parte iniziale, mi è sembrato presupporre un giudizio e mi è apparso stonato. Carissimo Gianmaria Trevisan, per la mia formazione la sintesi presuppone l’esperienza del contrasto. E mi sembra edulcorata, cioè una sviolinatura, ogni visione armonica che vorrebbe prescindere dalla durezza di un’opposizione. Certo che tutte le opinioni sono espressioni del nostro modo di vedere l’arte e la vita. Ma da ciò non discende l’obbligo morale di una concordia universale:proprio qui, in una specie di abbraccio aprioristico, sta a mio avviso la nota stonata e la sviolinatura. E mi spiace che tu mi attribuisca il pensiero d’essere un giusto incompreso. Giusto è una parola che mi guardo bene dall’usare. Ritenere d’avere ragione credo invece sia un obbligo per entrambi: altrimenti staremmo perdendo tempo. Ma grazie per la mano tesa. Lo stretto l’ho attraversato e riattraversato diverse volte. E le due sponde, credimi, le ho sempre nello sguardo. Quanto alle lucciole c’è davvero stato un fraintendimento, tuo e di Massimo. Ogni mio intervento di una certà complessità lo inserisco nel mio blog di kataweb, che si chiama appunto lucciole. A quel blog e non a queste pagine io mi riferivo: venendo dai miei appunti a qui non riesco a tenere il corsivo. Ed ecco perchè il tuo commento, nella parte iniziale, mi è sembrato presupporre un giudizio e mi è apparso stonato.

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Di: amedeo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77226 amedeo Mon, 28 Sep 2009 16:55:32 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77226 no. la mia reazione non è intrisa di grassa retorica. buona dormita. no. la mia reazione non è intrisa di grassa retorica. buona dormita.

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Di: antonio_bianchessi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77225 antonio_bianchessi Mon, 28 Sep 2009 16:21:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77225 Amedeo, scusa per la svista. M'irriterei anch'io. In effetti dormicchiavo. Quanto al resto...che dire? Mi pare che la tua reazione sia perfettamente in linea con il contenuto delle mie osservazioni. Pazienza. Amedeo, scusa per la svista. M’irriterei anch’io. In effetti dormicchiavo. Quanto al resto…che dire? Mi pare che la tua reazione sia perfettamente in linea con il contenuto delle mie osservazioni. Pazienza.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77222 Maria Lucia Riccioli Mon, 28 Sep 2009 15:13:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77222 Cara Maria, che piacere leggerti qui... concordo sulla schizofrenia dei tempi moderni che si riflette nella narrativa a volte disconnessa dall'etica nella ricerca di bellurie... I tuoi libri sono un richiamo alla ricerca di verità, di quell'ethos che diventa Bellezza proprio per la sua tensione verso l'Assoluto, il Bene. Non astratti ma incarnati nella vita di persone e personaggi. Cara Maria,
che piacere leggerti qui… concordo sulla schizofrenia dei tempi moderni che si riflette nella narrativa a volte disconnessa dall’etica nella ricerca di bellurie…
I tuoi libri sono un richiamo alla ricerca di verità, di quell’ethos che diventa Bellezza proprio per la sua tensione verso l’Assoluto, il Bene. Non astratti ma incarnati nella vita di persone e personaggi.

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Di: trevisan gianmaria http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77220 trevisan gianmaria Mon, 28 Sep 2009 14:52:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77220 Carissimo Antonio Bianchessi, perchè le mie sarebbero sviolinate e le tue opinioni personali da rispettare? Le une e le altre sono solo espressione del mostro modo di vedere l'arte e la vita. Aderire a una ragione piuttosto che a un'altra non mi pare che faccia dell'uno uno sviolinatore e dell'altro un giusto non compreso. La verità sta nel confronto e nel rispetto reciproco. E forse sta anche in quel mare di mezzo che separa l'isola dal continente. Necessità di attraversare. Di tendere una mano. Grazie dell'occasione di riflessione. Carissimo Antonio Bianchessi,
perchè le mie sarebbero sviolinate e le tue opinioni personali da rispettare? Le une e le altre sono solo espressione del mostro modo di vedere l’arte e la vita. Aderire a una ragione piuttosto che a un’altra non mi pare che faccia dell’uno uno sviolinatore e dell’altro un giusto non compreso.
La verità sta nel confronto e nel rispetto reciproco. E forse sta anche in quel mare di mezzo che separa l’isola dal continente. Necessità di attraversare. Di tendere una mano.
Grazie dell’occasione di riflessione.

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Di: amedeo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77216 amedeo Mon, 28 Sep 2009 13:46:31 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77216 inoltre, bianchessi, le cose che scrivi sono intrise di grassa retorica. questa è la mia opinione e sono certo che la accetterai. nulla di male poi, se non ti piacciono la sicilia e i siciliani. andantone credo che hai reso un buon servigio a salvaguardia di ogni sicula "minchia". e te lo dico con geografica distanza, visto che abito a viterbo. inoltre, bianchessi, le cose che scrivi sono intrise di grassa retorica. questa è la mia opinione e sono certo che la accetterai. nulla di male poi, se non ti piacciono la sicilia e i siciliani. andantone credo che hai reso un buon servigio a salvaguardia di ogni sicula “minchia”. e te lo dico con geografica distanza, visto che abito a viterbo.

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Di: antonio_bianchessi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77215 antonio_bianchessi Mon, 28 Sep 2009 13:39:44 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77215 Un grazie a Rosa Maria Di Natale per la segnalazione: uno splendente e non retorico invito alla lettura. Un grazie a Rosa Maria Di Natale per la segnalazione: uno splendente e non retorico invito alla lettura.

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Di: amedeo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77213 amedeo Mon, 28 Sep 2009 13:32:34 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77213 chi crede nella fede, nella speranza e nella preghiera intanto dovrebbe fare attenzione a non storpiare il nome degli altri. mi sa che c'è chi dorme insieme ai lagarti. ribadisco, con ancora più convinzione, quanto detto prima, correggendo anche il refuso: grazie a dio non tocca a noi giudicarci, certo. e questa è una gran bella comodità che però non ci impedisce di giudicare gli altri, vero? chi crede nella fede, nella speranza e nella preghiera intanto dovrebbe fare attenzione a non storpiare il nome degli altri. mi sa che c’è chi dorme insieme ai lagarti.
ribadisco, con ancora più convinzione, quanto detto prima, correggendo anche il refuso: grazie a dio non tocca a noi giudicarci, certo. e questa è una gran bella comodità che però non ci impedisce di giudicare gli altri, vero?

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Di: Antonio Bianchessi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77211 Antonio Bianchessi Mon, 28 Sep 2009 13:09:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77211 Dimenticavo: il lagarto in questo periodo dell'anno continua a dormire. E vista l'aria che tira mi sa che l'ha indovinata. Dimenticavo: il lagarto in questo periodo dell’anno continua a dormire. E vista l’aria che tira mi sa che l’ha indovinata.

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Di: Antonio Bianchessi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77210 Antonio Bianchessi Mon, 28 Sep 2009 13:06:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77210 @ Gianmaria Trevisan, essere letti non significa essere ascoltati e il tuo commento purtroppo ne è un chiaro esempio. Accade a tutti noi di fraintendere o essere fraintesi. Proprio per questo sarebbe bene evitare sviolinate: e non ti dico quali perchè spero che tu possa rintracciarle da solo. @ Massimo, sei sempre gentile ma non devi dire di essere d'accordo quando non lo sei: rischi di offendere l'intelligenza dell'altro. La frase "Pirandello è un maestro esemplare" è generica se privata del contesto che la motiva. Io mi riferivo alla capacità di dislocazione e non credo che tu possa condividere il mio giudizio, visto che condividi quello di Trevisani. La differenza di opinioni, espressa con sincerità, non è pregiudizio ma condizione dell'amicizia. @ Adamo e altri, ho l'impressione che si confonda l'esame di coscienza, sempre doveroso, con il giudizio. La frase "Grazie a Dio non tocca a me giudicarmi" significa cristianamente: la misericordia di Dio è più grande dei miei peccati. E quanto alla comodità che ne seguirebbe è forse il caso di ricordare che fede e speranza si nutrono di preghiera. Richiamo che mi sembrava necessario visto il contesto nicciano, progressivamente perso di vista, da cui era partito "Il giudizio della sera". @ Gianmaria Trevisan, essere letti non significa essere ascoltati e il tuo commento purtroppo ne è un chiaro esempio. Accade a tutti noi di fraintendere o essere fraintesi. Proprio per questo sarebbe bene evitare sviolinate: e non ti dico quali perchè spero che tu possa rintracciarle da solo.
@ Massimo, sei sempre gentile ma non devi dire di essere d’accordo quando non lo sei: rischi di offendere l’intelligenza dell’altro. La frase “Pirandello è un maestro esemplare” è generica se privata del contesto che la motiva. Io mi riferivo alla capacità di dislocazione e non credo che tu possa condividere il mio giudizio, visto che condividi quello di Trevisani. La differenza di opinioni, espressa con sincerità, non è pregiudizio ma condizione dell’amicizia.
@ Adamo e altri, ho l’impressione che si confonda l’esame di coscienza, sempre doveroso, con il giudizio. La frase “Grazie a Dio non tocca a me giudicarmi” significa cristianamente: la misericordia di Dio è più grande dei miei peccati. E quanto alla comodità che ne seguirebbe è forse il caso di ricordare che fede e speranza si nutrono di preghiera. Richiamo che mi sembrava necessario visto il contesto nicciano, progressivamente perso di vista, da cui era partito “Il giudizio della sera”.

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Di: "Una raggiate Catania" di Domenico Trischitta (recensione di Rosa Maria Di Natale) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77206 "Una raggiate Catania" di Domenico Trischitta (recensione di Rosa Maria Di Natale) Mon, 28 Sep 2009 12:43:46 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77206 <b>Turi, la musica e la Catania nera </b> <em>di Rosa Maria Di Natale</em> - Una storia che scorre veloce e ribelle come la gioventù, nel corso di un ventennio. E' possibile leggere Una raggiante Catania come se fosse un racconto musicale, o ascoltarlo come una colonna sonora di parole scolpite una ad una. La nostalgia di una generazione, la letteratura come vita. Aprire una narrazione con un'immagine aspra: quella di un fico d'india siculo dalle spine dolorose e invisibili. E chiuderla con quella del sole alto e violento che brucia il vecchio quartiere San Berillo. In mezzo una storia che scorre veloce e ribelle come la gioventù, nel corso di un ventennio. Una raggiante Catania è il romanzo che Domenico Trischitta ha consegnato ai tipi di Excelsior 1881, la casa editrice milanese dal catalogo raffinato e fuori dai soliti schemi commerciali. Ma è possibile leggerlo come se fosse un racconto musicale, o ascoltarlo come una colonna sonora di parole scolpite una ad una. Il lavoro di Trischitta è il tipico esempio di come una narrazione felice possa passare più dalla scrittura che dalla storia. Senza per questo scadere in manierismi sorpassati. Eppure, in Una raggiante Catania, ci sono tutti gli ingredienti di un romanzo "giusto": personaggi descritti con cura, storie di vita, di sesso e di morte, sogni e tradimenti, e la città dell'Etna che finalmente si rivela per quello che è: una fimmina buttana, nera nella faccia e nell'anima, e per di più pericolosamente bella. Turi è figlio di don Saro Bruscia, ed è anche figlio di San Berillo, il quartiere dove capita di incontrare una pasionaria che di nome fa Fimminedda, "quello che comandava tutti i puppi di via delle Finanze" e dove da piccoli, il 2 novembre, si gioca la battaglia dei morti con le pistole lanciarazzi. Per poi ritrovarle quelle battaglie, qualche anno più tardi, fatte con pistole vere, con i ragazzi sciolti nell'acido, le teste mozzate sotto la statua di Garibaldi e gli omicidi dal barbiere. E rendersi conto che i tuoi compagni di gioco un giorno potrai ritrovarli dalla parte opposta alla tua, come quando da bambini lo scontro era tra quelli di largo Basilicata e largo Calabria. Sarebbe però un errore pensare che tutto si risolva lì, tra il barocco e la mafia, il dialetto e i fascisti di provincia. C'è anche un fondamentale intermezzo, a Stoccarda, dove la passione per le donne e per la musica brucia proprio come le percosse "a levapilu" della propria terra. Il ritorno a casa coincide con la speranza, la Catania raggiante dei Rem e delle estate catanesi di Battiato e di Sgalambro, della Catania del sindaco Bianco e di Carmen Consoli. Turi racconta, Turi delira, Turi pulsa di musica e di vita e ricorda tanto lo scrittore Trischitta. Ma la letteratura è vita e finzione. E l'autore lo sa, mettendo insieme esistenza e sogno. A libro finito risuona da qualche parte un disco dei Deep purple, ma non per via del metallo freddo e corroborante di certa musica. Suggella invece la nostalgia di una generazione e di una cultura non ancora compresa sino in fondo. Che è poi il senso di questo romanzo, decisamente bello e nuovo. Turi, la musica e la Catania nera
di Rosa Maria Di Natale
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Una storia che scorre veloce e ribelle come la gioventù, nel corso di un ventennio. E’ possibile leggere Una raggiante Catania come se fosse un racconto musicale, o ascoltarlo come una colonna sonora di parole scolpite una ad una. La nostalgia di una generazione, la letteratura come vita.

Aprire una narrazione con un’immagine aspra: quella di un fico d’india siculo dalle spine dolorose e invisibili. E chiuderla con quella del sole alto e violento che brucia il vecchio quartiere San Berillo.
In mezzo una storia che scorre veloce e ribelle come la gioventù, nel corso di un ventennio.
Una raggiante Catania è il romanzo che Domenico Trischitta ha consegnato ai tipi di Excelsior 1881, la casa editrice milanese dal catalogo raffinato e fuori dai soliti schemi commerciali.

Ma è possibile leggerlo come se fosse un racconto musicale, o ascoltarlo come una colonna sonora di parole scolpite una ad una. Il lavoro di Trischitta è il tipico esempio di come una narrazione felice possa passare più dalla scrittura che dalla storia. Senza per questo scadere in manierismi sorpassati.

Eppure, in Una raggiante Catania, ci sono tutti gli ingredienti di un romanzo “giusto”: personaggi descritti con cura, storie di vita, di sesso e di morte, sogni e tradimenti, e la città dell’Etna che finalmente si rivela per quello che è: una fimmina buttana, nera nella faccia e nell’anima, e per di più pericolosamente bella.

Turi è figlio di don Saro Bruscia, ed è anche figlio di San Berillo, il quartiere dove capita di incontrare una pasionaria che di nome fa Fimminedda, “quello che comandava tutti i puppi di via delle Finanze” e dove da piccoli, il 2 novembre, si gioca la battaglia dei morti con le pistole lanciarazzi. Per poi ritrovarle quelle battaglie, qualche anno più tardi, fatte con pistole vere, con i ragazzi sciolti nell’acido, le teste mozzate sotto la statua di Garibaldi e gli omicidi dal barbiere. E rendersi conto che i tuoi compagni di gioco un giorno potrai ritrovarli dalla parte opposta alla tua, come quando da bambini lo scontro era tra quelli di largo Basilicata e largo Calabria.

Sarebbe però un errore pensare che tutto si risolva lì, tra il barocco e la mafia, il dialetto e i fascisti di provincia. C’è anche un fondamentale intermezzo, a Stoccarda, dove la passione per le donne e per la musica brucia proprio come le percosse “a levapilu” della propria terra.
Il ritorno a casa coincide con la speranza, la Catania raggiante dei Rem e delle estate catanesi di Battiato e di Sgalambro, della Catania del sindaco Bianco e di Carmen Consoli.

Turi racconta, Turi delira, Turi pulsa di musica e di vita e ricorda tanto lo scrittore Trischitta. Ma la letteratura è vita e finzione. E l’autore lo sa, mettendo insieme esistenza e sogno.
A libro finito risuona da qualche parte un disco dei Deep purple, ma non per via del metallo freddo e corroborante di certa musica. Suggella invece la nostalgia di una generazione e di una cultura non ancora compresa sino in fondo. Che è poi il senso di questo romanzo, decisamente bello e nuovo.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77188 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 21:50:28 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77188 Auguro una serena notte a tutti e un buon inizio di settimana. Auguro una serena notte a tutti e un buon inizio di settimana.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77187 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 21:48:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77187 Carissima Maria, grazie di cuore per il tuo splendido intervento e per la recensione. <em>Etica ed estetica, giustizia e bellezza, intelletto e passione</em>: sono valori a cui bisogna assolutamente tendere (e credere), oggi più che mai. Ancora grazie. - Per chi non l'avesse ancora fatto, consiglio di leggere il bellissimo romanzo "Il falsario di Caltagirone" (Sellerio), una delle più recenti opere della poetessa e scrittrice <strong>Maria Attanasio</strong>: http://www.ibs.it/code/9788838921841/attanasio-maria/falsario-caltagirone.html http://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Attanasio Carissima Maria, grazie di cuore per il tuo splendido intervento e per la recensione.
Etica ed estetica, giustizia e bellezza, intelletto e passione: sono valori a cui bisogna assolutamente tendere (e credere), oggi più che mai. Ancora grazie.

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Per chi non l’avesse ancora fatto, consiglio di leggere il bellissimo romanzo “Il falsario di Caltagirone” (Sellerio), una delle più recenti opere della poetessa e scrittrice Maria Attanasio:
http://www.ibs.it/code/9788838921841/attanasio-maria/falsario-caltagirone.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Attanasio

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Di: Maria Attanasio http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77186 Maria Attanasio Sun, 27 Sep 2009 21:00:44 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77186 Caro Massimo, grazie per l'invito a parlare di Sebastiano Addamo, la cui assenza è grande, grandissima, in un tempo, come il nostro, di totale scissione tra etica ed estetica, giustizia e bellezza, intelletto e passione. Che in Sebastiano erano assolutamente inscindibili, sempre creativamente interferenti; finalizzati a una scrittura che non si chiude in un genere: coniugando invece saggio, narrazione, poesia; che non si rassegna all'esistente: continuamente riaffermando l'ineludibilità dei valori di un mondo a carattere antropocentrico; che resiste in modo intransigente a ogni compromesso: politico, intellettuale, espressivo; che, infine, costitutivamente rivendica la necessità dell'utopia per legittimarsi, trovare un senso che oltrepassi la finitezza dell'esistenza, proiettandosi verso il futuro. Una dimensione quasi profetica attraversa la sua scrittura (una scrittura, poetica e narrativa di una straordinaria tensione e bellezza espressiva); il romanzo Un uomo fidato, scritto negli anni settanta è una tremenda, lucida anticipazione della confusione etica, politica, ideologica della contemporaneità. E della disperazione storica di molti di noi -o forse pochi- davanti alle prove generali di un regime. Maria Attanasio P. S. Ti mando la mia recensione a Il giudizio della sera, uscita su La Sicilia Sebastiano Addamo IL GIUDIZIO DELLA SERA (Tascabili Bompiani, 2008) E. (8,50 Un ribuffo di nostalgia. Una scossa alla mente. E, insieme, la consapevolezza dell’invalicabile distanza da una dimensione espressiva –e da una visione del mondo- in cui netta era la distinzione tra vaniloquio e verità: quella, ad esempio, che struttura tutta l’opera di Sebastiano Addamo a partire da Il giudizio della sera -dopo trentaquattro anni dall’edizione garzantiana e otto dalla sua morte- ripubblicato da Bompiani, con una penetrante introduzione di Sarah Zappulla Muscarà; salutare reimmersione dell’intelletto e dell’immaginario in una scrittura che, coniugando passione del sentire e spessore del pensiero, continuamente si interroga sulla funzione della scrittura e sul ruolo degli intellettuali “che cadono sempre all’impiedi come gli eroi della leggenda”. Romanzo di formazione, fortemente autobiografico, Il Giudizio della sera racconta la storia di cinque adolescenti che, per continuare gli studi, nell’autunno del 1940 si trasferiscono da Lentini a Catania, scenario di una traumatica metamorfosi conoscitiva per Gino, il protagonista. Da microcosmo compatto ed esattamente identificabile con i suoi palazzi di morbida arenaria, e la particolare caratterizzazione dei suoi abitanti -il senso della morte, l’ironica ilarità, e l'ossessione di un sesso, più vagheggiato che vissuto- con l’avanzare della guerra essa si trasforma in un’impietosa e caotica bolgia. Il progressivo degrado fisico e morale della città e dei suoi abitanti viene restituito dallo scrittore attraverso il crescendo espressivo di una dilatata e visionaria sensorialità –dell’olfatto soprattutto; se l’odore di una tazzina di caffè diventa lo spartiacque tra la guerra e la pace, quello dell’urina, delle feci, dei rifiuti che invadono strade, case, piazze, rappresenta, per il protagonista, il passaggio obbligato per una discesa agli inferi –i bombardamenti, i morti in guerra, i vivi sotto le macerie- che lo porterà alla consapevolezza di sè e del mondo. Al giudizio sulla storia dei padri: il fascismo, la guerra; e al deciso rifiuto di quella storia. Sebastiano Addamo rivisita la storia passata anche per riportarne esperienza e senso all’interno dell’acceso dibattito culturale e ideologico che caratterizzò la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, gli anni della stesura del romanzo. Nonostante l’uso della prima persona, la narrazione non resta chiusa nella definizione spazio-temporale dei personaggi. Ponendosi all’esterno degli eventi narrati, lo scrittore infatti spesso interviene a problematizzarli e contemporaneizzarli con inserti quasi saggistici; senza allentare il ritmo narrativo, essi dilatano ancora di più il respiro profondo della scrittura: quello spessore di pensiero che caratterizza sempre la grande letteratura. Che, però, è quasi sempre assente da molta produzione contemporanea: da quella scrittura-spazzatura tutta superficie, spesso -per ragioni di mercato editoriale- da premi, critici e classifiche mediaticamente gabellata per letteratura. Maria Attanasio Caro Massimo,

grazie per l’invito a parlare di Sebastiano Addamo, la cui assenza è grande, grandissima, in un tempo, come il nostro, di totale scissione tra etica ed estetica, giustizia e bellezza, intelletto e passione.
Che in Sebastiano erano assolutamente inscindibili, sempre creativamente interferenti; finalizzati a una scrittura che non si chiude in un genere: coniugando invece saggio, narrazione, poesia; che non si rassegna all’esistente: continuamente riaffermando l’ineludibilità dei valori di un mondo a carattere antropocentrico; che resiste in modo intransigente a ogni compromesso: politico, intellettuale, espressivo;
che, infine, costitutivamente rivendica la necessità dell’utopia per legittimarsi, trovare un senso che oltrepassi la finitezza dell’esistenza, proiettandosi verso il futuro.
Una dimensione quasi profetica attraversa la sua scrittura (una scrittura, poetica e narrativa di una straordinaria tensione e bellezza espressiva); il romanzo Un uomo fidato, scritto negli anni settanta è una tremenda, lucida anticipazione della confusione etica, politica, ideologica della contemporaneità.
E della disperazione storica di molti di noi -o forse pochi- davanti alle prove generali di un regime.
Maria Attanasio

P. S. Ti mando la mia recensione a Il giudizio della sera, uscita su La Sicilia

Sebastiano Addamo IL GIUDIZIO DELLA SERA
(Tascabili Bompiani, 2008) E. (8,50

Un ribuffo di nostalgia. Una scossa alla mente. E, insieme, la consapevolezza dell’invalicabile distanza da una dimensione espressiva –e da una visione del mondo- in cui netta era la distinzione tra vaniloquio e verità: quella, ad esempio, che struttura tutta l’opera di Sebastiano Addamo a partire da Il giudizio della sera -dopo trentaquattro anni dall’edizione garzantiana e otto dalla sua morte- ripubblicato da Bompiani, con una penetrante introduzione di Sarah Zappulla Muscarà; salutare reimmersione dell’intelletto e dell’immaginario in una scrittura che, coniugando passione del sentire e spessore del pensiero, continuamente si interroga sulla funzione della scrittura e sul ruolo degli intellettuali “che cadono sempre all’impiedi come gli eroi della leggenda”.
Romanzo di formazione, fortemente autobiografico, Il Giudizio della sera racconta la storia di cinque adolescenti che, per continuare gli studi, nell’autunno del 1940 si trasferiscono da Lentini a Catania, scenario di una traumatica metamorfosi conoscitiva per Gino, il protagonista. Da microcosmo compatto ed esattamente identificabile con i suoi palazzi di morbida arenaria, e la particolare caratterizzazione dei suoi abitanti -il senso della morte, l’ironica ilarità, e l’ossessione di un sesso, più vagheggiato che vissuto- con l’avanzare della guerra essa si trasforma in un’impietosa e caotica bolgia. Il progressivo degrado fisico e morale della città e dei suoi abitanti viene restituito dallo scrittore attraverso il crescendo espressivo di una dilatata e visionaria sensorialità –dell’olfatto soprattutto; se l’odore di una tazzina di caffè diventa lo spartiacque tra la guerra e la pace, quello dell’urina, delle feci, dei rifiuti che invadono strade, case, piazze, rappresenta, per il protagonista, il passaggio obbligato per una discesa agli inferi –i bombardamenti, i morti in guerra, i vivi sotto le macerie- che lo porterà alla consapevolezza di sè e del mondo. Al giudizio sulla storia dei padri: il fascismo, la guerra; e al deciso rifiuto di quella storia. Sebastiano Addamo rivisita la storia passata anche per riportarne esperienza e senso all’interno dell’acceso dibattito culturale e ideologico che caratterizzò la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta, gli anni della stesura del romanzo. Nonostante l’uso della prima persona, la narrazione non resta chiusa nella definizione spazio-temporale dei personaggi. Ponendosi all’esterno degli eventi narrati, lo scrittore infatti spesso interviene a problematizzarli e contemporaneizzarli con inserti quasi saggistici; senza allentare il ritmo narrativo, essi dilatano ancora di più il respiro profondo della scrittura: quello spessore di pensiero che caratterizza sempre la grande letteratura.
Che, però, è quasi sempre assente da molta produzione contemporanea: da quella scrittura-spazzatura tutta superficie, spesso -per ragioni di mercato editoriale- da premi, critici e classifiche mediaticamente gabellata per letteratura.
Maria Attanasio

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77183 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 20:30:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77183 Grazie mille, caro Massimiliano. Facci sapere quando tornerà in scena. Grazie mille, caro Massimiliano. Facci sapere quando tornerà in scena.

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Di: Massimiliano Perrotta http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77178 Massimiliano Perrotta Sun, 27 Sep 2009 17:28:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77178 Ho dimenticato di firmarmi... Ho dimenticato di firmarmi…

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Di: Anonimo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77177 Anonimo Sun, 27 Sep 2009 17:19:02 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77177 Caro Massimo, inserisco di seguito l'inizio del monologo. A breve dovrebbe tornare in scena... ---------- VOCE FEMMINILE: Poi si parte, generalmente in treno. Per evadere, per fuggire, per cambiare aria, ma non più per viaggiare, dappertutto ormai si trovano le stesse cose lasciate, cemento, plastica, cocacola, le medesime musiche ad ogni cantone. Forse i veri viaggi restano sempre quelli intorno alla propria stanza. Ecco il signor Ficarotta, un distinto quarantenne catanese. Siede in uno scompartimento ferroviario vuoto, accanto al finestrino. Indossa un impermeabile stropicciato e ha lo sguardo stanco. Di tanto in tanto osserva il paesaggio. SIGNOR FICAROTTA: Ecco, mi dico, la fine di una giornata. Oppure l’inizio, dato che il sole sta spuntando. Sto lasciando Catania, non so per quanto, di tanto in tanto scorgo il mare sotto di me e mi arriva il suo lezzo putrefatto. Ci sono mattini qualsiasi, come il mio di ieri che avrebbe dovuto scorrere sugli ovvi binari del quotidiano: una sosta dal pizzicagnolo, un’altra all’edicola, ritorno a casa, lettura del giornale, infine il colloquio con Marco che perentorio aveva fissato il luogo e l’ora. Non avendo nulla da fare, ho promesso di andarci. Un mattino qualsiasi, tuttavia, può diventare imprevedibile, disubbidire alle regole. «Signor Facarotta» ripenso con un brivido. Il volto roseo del pizzicagnolo, da dietro il banco, ha pronunciato il mio cognome con un farfuglio. Ho sempre soprasseduto, ho accettato di essere tolto dall’imbarazzo. «Fica» correggo senza badargli, «Ficarotta». Vorrei aggiungere qualche altra cosa, cercare qualche variazione di scherzo, ma mi arresta l’improvviso silenzio degli astanti. Impietriti, come se l’ala della morte li avesse sfiorati. Per un attimo l’immobilità è assoluta: il nome del sesso li ha gelati, il termine «rotta» ha fatto il resto. Silenzio e stupore. Silenzio. Orribile stupore. Silenzio. Sebastiano Addamo FINE DI UNA GIORNATA versione teatrale di Massimiliano Perrotta La Cantinella - 2008 Caro Massimo, inserisco di seguito l’inizio del monologo.
A breve dovrebbe tornare in scena…

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VOCE FEMMINILE: Poi si parte, generalmente in treno. Per evadere, per fuggire, per cambiare aria, ma non più per viaggiare, dappertutto ormai si trovano le stesse cose lasciate, cemento, plastica, cocacola, le medesime musiche ad ogni cantone. Forse i veri viaggi restano sempre quelli intorno alla propria stanza.

Ecco il signor Ficarotta, un distinto quarantenne catanese. Siede in uno scompartimento ferroviario vuoto, accanto al finestrino. Indossa un impermeabile stropicciato e ha lo sguardo stanco. Di tanto in tanto osserva il paesaggio.

SIGNOR FICAROTTA: Ecco, mi dico, la fine di una giornata. Oppure l’inizio, dato che il sole sta spuntando. Sto lasciando Catania, non so per quanto, di tanto in tanto scorgo il mare sotto di me e mi arriva il suo lezzo putrefatto.
Ci sono mattini qualsiasi, come il mio di ieri che avrebbe dovuto scorrere sugli ovvi binari del quotidiano: una sosta dal pizzicagnolo, un’altra all’edicola, ritorno a casa, lettura del giornale, infine il colloquio con Marco che perentorio aveva fissato il luogo e l’ora. Non avendo nulla da fare, ho promesso di andarci. Un mattino qualsiasi, tuttavia, può diventare imprevedibile, disubbidire alle regole.

«Signor Facarotta» ripenso con un brivido. Il volto roseo del pizzicagnolo, da dietro il banco, ha pronunciato il mio cognome con un farfuglio. Ho sempre soprasseduto, ho accettato di essere tolto dall’imbarazzo. «Fica» correggo senza badargli, «Ficarotta». Vorrei aggiungere qualche altra cosa, cercare qualche variazione di scherzo, ma mi arresta l’improvviso silenzio degli astanti. Impietriti, come se l’ala della morte li avesse sfiorati. Per un attimo l’immobilità è assoluta: il nome del sesso li ha gelati, il termine «rotta» ha fatto il resto.
Silenzio e stupore. Silenzio. Orribile stupore. Silenzio.

Sebastiano Addamo
FINE DI UNA GIORNATA
versione teatrale di Massimiliano Perrotta
La Cantinella – 2008

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77172 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:48:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77172 Buon pomeriggio e buona domenica sera a tutti. Buon pomeriggio e buona domenica sera a tutti.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77171 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:47:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77171 Chiedo all'amica <b>Rosa Maria Di Natale</b> - se mi legge - di inserire qui la sua recensione al romanzo di Domenico Trischitta. Chiedo all’amica Rosa Maria Di Natale – se mi legge – di inserire qui la sua recensione al romanzo di Domenico Trischitta.

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Di: postfazione di Tommaso Labranca del romanzo di Domenico Triscitta "Una raggiante Catania" (Casa editrice Excelsior 1881) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77170 postfazione di Tommaso Labranca del romanzo di Domenico Triscitta "Una raggiante Catania" (Casa editrice Excelsior 1881) Sun, 27 Sep 2009 10:46:24 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77170 <strong>Una raggiante scrittura*</strong> - Visto al telegiornale, nei giorni dei suoi imprevisti ritorni all'attività, l'Etna è una massa nera che si accende del rosso della sua lava. Ho ripensato subito a quelle immagini, leggendo per la prima volta questo romanzo di Domenico Trischitta. Perché mi ha fatto cambiare idea sui colori di Catania che per me era una città in bianco e nero. Il bianco e nero delle immagini di film importanti come Divorzio all'italiana o Il bell'Antonio. Il bianco e nero della canzone quasi omonima di Carmen Consoli. Leggo Trischitta e riga dopo riga Catania diventa una città-specchio del vulcano che la sovrasta e di cui imita i colori: la osservo passare dal nero della politica al rosso del sangue, dal nero di una città violenta al rosso brillante di una città raggiante. Il romanzo di Trischitta narra proprio della metamorfosi di una città che procede di pari passo con la crescita interiore di un ragazzo. Il ragazzo forse è lui stesso, ma non importa. Anche perché Trischitta entra ed esce dal personaggio, facendolo diventare alternativamente narratore e oggetto della narrazione, con salti dalla prima alla terza persona che sono soggettive che poi si aprono in ariose panoramiche. Alla seconda, alla terza lettura del libro sono affiorate altre suggestioni, altri paralleli. Per esempio con Berlin, il concept album di Lou Reed. Anch'esso dedicato alla rappresentazione di una vita attraverso una città. Una vita più tragica di quella di Trischitta, con toni da melodramma mentre questo romanzo catanese ricorda piuttosto un ciclo di Lieder. Nella grande contaminazione di generi, nella meravigliosa cancellazione delle barriere espressive tipica del Novecento, Berlin è un disco che pare quasi un libro allo stesso modo in cui Una raggiante Catania è un romanzo che sembra quasi un cd. Ma non per certi banali trucchetti usati in tanti piccoli e dimenticati romanzi degli anni Novanta, ammiccanti a un giovanilismo di maniera in cui gli editor ribattezavano tracks i capitoli e credits i ringraziamenti. Il parallelo è molto più profondo. Trischitta narra con i tempi e i metodi dei migliori concept album del rock. Racconta le origini in un preludio quasi sinfonico, con echi del passato e interventi corali del quartiere dove tutto sta per iniziare. Continua dedicando capitoli (o canzoni) più intimisti a personaggi che hanno lasciato il segno nella sua anima. Scatena energie da classico del rock nella narrazione delle avventure in Germania dei giovani catanesi. Crea temi ariosi di melodia e speranza quando intravede la luce nella rinascita della città negli anni Ottanta. Compone un lamento cupo e soffocante quando descrive le sconfitte della sua vita adulta. Ma sa chiudere con la ripresa del tema sinfonico con cui aveva aperto, cadenzato ora in una marcia lenta e solenne alla quale si uniscono tutti, chi c'era e non c'è più, chi è rimasto, chi è andato via e non è più tornato. Non è facile scrivere un romanzo che voglia andare al di là della semplice narrazione di una storia meccanica. Domenico Trischitta ci è riuscito. È stato in grado di scrivere una storia che da corale diventa a solo e lo ha fatto con una dote rara nella lettaratura più recente: l'attenzione allo stile. Sarò formalista, ma per me lo stile, l'invenzione, la particolarità della lingua sono caratteristiche irrinunciabili, più dell'originalità della trama. Domenico Trischitta non si limita a mettere una parola dopo l'altra. Lui scrive davvero. - <em>*postfazione di <strong>Tommaso Labranca</strong> del romanzo di Domenico Trischitta "Una raggiante Catania" (Casa editrice Excelsior 1881).</em> Una raggiante scrittura*
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Visto al telegiornale, nei giorni dei suoi imprevisti ritorni all’attività, l’Etna è una massa nera che si accende del rosso della sua lava. Ho ripensato subito a quelle immagini, leggendo per la prima volta questo romanzo di Domenico Trischitta. Perché mi ha fatto cambiare idea sui colori di Catania che per me era una città in bianco e nero. Il bianco e nero delle immagini di film importanti come Divorzio all’italiana o Il bell’Antonio. Il bianco e nero della canzone quasi omonima di Carmen Consoli. Leggo Trischitta e riga dopo riga Catania diventa una città-specchio del vulcano che la sovrasta e di cui imita i colori: la osservo passare dal nero della politica al rosso del sangue, dal nero di una città violenta al rosso brillante di una città raggiante.

Il romanzo di Trischitta narra proprio della metamorfosi di una città che procede di pari passo con la crescita interiore di un ragazzo. Il ragazzo forse è lui stesso, ma non importa. Anche perché Trischitta entra ed esce dal personaggio, facendolo diventare alternativamente narratore e oggetto della narrazione, con salti dalla prima alla terza persona che sono soggettive che poi si aprono in ariose panoramiche.
Alla seconda, alla terza lettura del libro sono affiorate altre suggestioni, altri paralleli. Per esempio con Berlin, il concept album di Lou Reed. Anch’esso dedicato alla rappresentazione di una vita attraverso una città. Una vita più tragica di quella di Trischitta, con toni da melodramma mentre questo romanzo catanese ricorda piuttosto un ciclo di Lieder. Nella grande contaminazione di generi, nella meravigliosa cancellazione delle barriere espressive tipica del Novecento, Berlin è un disco che pare quasi un libro allo stesso modo in cui Una raggiante Catania è un romanzo che sembra quasi un cd.

Ma non per certi banali trucchetti usati in tanti piccoli e dimenticati romanzi degli anni Novanta, ammiccanti a un giovanilismo di maniera in cui gli editor ribattezavano tracks i capitoli e credits i ringraziamenti. Il parallelo è molto più profondo. Trischitta narra con i tempi e i metodi dei migliori concept album del rock.
Racconta le origini in un preludio quasi sinfonico, con echi del passato e interventi corali del quartiere dove tutto sta per iniziare. Continua dedicando capitoli (o canzoni) più intimisti a personaggi che hanno lasciato il segno nella sua anima. Scatena energie da classico del rock nella narrazione delle avventure in Germania dei giovani catanesi. Crea temi ariosi di melodia e speranza quando intravede la luce nella rinascita della città negli anni Ottanta. Compone un lamento cupo e soffocante quando descrive le sconfitte della sua vita adulta. Ma sa chiudere con la ripresa del tema sinfonico con cui aveva aperto, cadenzato ora in una marcia lenta e solenne alla quale si uniscono tutti, chi c’era e non c’è più, chi è rimasto, chi è andato via e non è più tornato.

Non è facile scrivere un romanzo che voglia andare al di là della semplice narrazione di una storia meccanica. Domenico Trischitta ci è riuscito. È stato in grado di scrivere una storia che da corale diventa a solo e lo ha fatto con una dote rara nella lettaratura più recente: l’attenzione allo stile.
Sarò formalista, ma per me lo stile, l’invenzione, la particolarità della lingua sono caratteristiche irrinunciabili, più dell’originalità della trama. Domenico Trischitta non si limita a mettere una parola dopo l’altra. Lui scrive davvero.
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*postfazione di Tommaso Labranca del romanzo di Domenico Trischitta “Una raggiante Catania” (Casa editrice Excelsior 1881).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77169 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:44:01 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77169 Avevo preannunciato che, in coda alla discussione, avrei aperto una finestra sul romanzo di <strong>Domenico Trischitta</strong>, "Una raggiante Catania" (Excelsior 1881). Pubblico, nel commento di seguito, la postfazione al libro firmata da Tommaso Labranca. Avevo preannunciato che, in coda alla discussione, avrei aperto una finestra sul romanzo di Domenico Trischitta, “Una raggiante Catania” (Excelsior 1881).
Pubblico, nel commento di seguito, la postfazione al libro firmata da Tommaso Labranca.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77168 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:36:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77168 @ Claudia Marinelli Hai ragione, cara Claudia: prendere il meglio delle esperienze pregresse e utilizzarle come base per migliorarsi. Sono d'accordo. @ Claudia Marinelli
Hai ragione, cara Claudia: prendere il meglio delle esperienze pregresse e utilizzarle come base per migliorarsi. Sono d’accordo.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77167 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:34:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77167 @ Gianmaria Trevisan Grazie mille per il tuo intervento, che condivido in pieno. @ Gianmaria Trevisan
Grazie mille per il tuo intervento, che condivido in pieno.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77166 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:32:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77166 Un caro saluto anche ad Amedeo, Lorella e Vanni. Un caro saluto anche ad Amedeo, Lorella e Vanni.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77165 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:32:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77165 @ Antonio Bianchessi Caro Antonio, mi rifaccio al commento di Gianmaria Trevisan: mi ricordo anch'io di un tuo intervento su un post dedicato a Ferdinando Camon (La malattia chiamata uomo). Me ne sono accorto in ritardo anche perché si trattava una discussione conclusa da tempo... ma poi ho scritto qualcosa in seguito al tuo corposo commento. Qualcosa di molto stringato, in verità. Credimi, faccio del mio meglio per interagire con tutti... ma non sempre il tempo disponibile è sufficiente per replicare in maniera analitica, come mi piacerebbe fare. In merito al tuo iperbolico commento rilasciato in questo post, mi trovi senz'altro d'accordo nel riconoscere Pirandello come <em>il maestro esemplare</em>. E ti preannuncio che - quanto prima - dedicherò un post proprio a Pirandello (e al figlio Stefano). Tanti saluti alla tua iguana <em>brasileira</em> ghiotta di mortadella. @ Antonio Bianchessi
Caro Antonio, mi rifaccio al commento di Gianmaria Trevisan: mi ricordo anch’io di un tuo intervento su un post dedicato a Ferdinando Camon (La malattia chiamata uomo). Me ne sono accorto in ritardo anche perché si trattava una discussione conclusa da tempo… ma poi ho scritto qualcosa in seguito al tuo corposo commento. Qualcosa di molto stringato, in verità. Credimi, faccio del mio meglio per interagire con tutti… ma non sempre il tempo disponibile è sufficiente per replicare in maniera analitica, come mi piacerebbe fare.
In merito al tuo iperbolico commento rilasciato in questo post, mi trovi senz’altro d’accordo nel riconoscere Pirandello come il maestro esemplare.
E ti preannuncio che – quanto prima – dedicherò un post proprio a Pirandello (e al figlio Stefano).
Tanti saluti alla tua iguana brasileira ghiotta di mortadella.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-4/#comment-77164 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:22:02 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77164 Carissima Tessy, il premio alla carriera andava senz'altro segnalato. Ti rinnovo gli auguri e i complimenti e ne approfitto per salutarti con l'affetto di sempre. Carissima Tessy, il premio alla carriera andava senz’altro segnalato. Ti rinnovo gli auguri e i complimenti e ne approfitto per salutarti con l’affetto di sempre.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77163 Massimo Maugeri Sun, 27 Sep 2009 10:20:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77163 Cari amici, buona domenica a tutti. Ho poco tempo, ma cercherò di interagire con qualcuno di voi. Cari amici, buona domenica a tutti. Ho poco tempo, ma cercherò di interagire con qualcuno di voi.

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Di: M.Teresa Santalucia Scibona http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77162 M.Teresa Santalucia Scibona Sun, 27 Sep 2009 10:10:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77162 @ Carissimi Simo.. e Masssimo, grazie per la gentilezza di aver segnalato un mio premio. Sono alquanto confusa e commossa, mi sento un misero ed artrosico nulla in confronto al grande scrittore che stiamo celebrando. A Lui e solo a Lui e alla Sua famiglia, devono essere rivolti tutti gli elogi e gli onori per essere divenuto, con rigore ed onestà, la coscienza storica dell'amata Sicilia e un attendibile testimone di quel tormentato periodo che anch'io ho vissuto sulla mia pelle di bimba. Affettuosamente grata. Tessy @ Carissimi Simo.. e Masssimo, grazie per la gentilezza di aver segnalato
un mio premio. Sono alquanto confusa e commossa, mi sento un misero
ed artrosico nulla in confronto al grande scrittore che stiamo celebrando.
A Lui e solo a Lui e alla Sua famiglia, devono essere rivolti tutti gli elogi e gli onori per essere divenuto, con rigore ed onestà, la coscienza storica dell’amata Sicilia e un attendibile testimone di quel tormentato periodo che anch’io ho vissuto sulla mia pelle di bimba.
Affettuosamente grata.
Tessy

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Di: Claudia Marinelli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77160 Claudia Marinelli Sun, 27 Sep 2009 09:04:52 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77160 Più che giudizio parlerei di bilancio per me. Abbiamo sempre così tanta fretta di giudicare, invece potremmo semplicemente guardarci alle spalle e considerare il passato in un'ottica positiva e con la coscienza di aver agito in buona fede. Ciò che abbiamo fatto bene ce lo riproponiamo per il futuro, ciò che invece non ci ha soddisfatto beh lo potremmo analizzare per agire in fututo in modo migliore. Senza rimpianti che portano via tante di quelle energie! Il bilancio della sera o il giudizio della sera io lo concepisco così. Un saluto a tutti Claudia. Più che giudizio parlerei di bilancio per me. Abbiamo sempre così tanta fretta di giudicare, invece potremmo semplicemente guardarci alle spalle e considerare il passato in un’ottica positiva e con la coscienza di aver agito in buona fede. Ciò che abbiamo fatto bene ce lo riproponiamo per il futuro, ciò che invece non ci ha soddisfatto beh lo potremmo analizzare per agire in fututo in modo migliore. Senza rimpianti che portano via tante di quelle energie!
Il bilancio della sera o il giudizio della sera io lo concepisco così.
Un saluto a tutti
Claudia.

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Di: Vanni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77157 Vanni Sun, 27 Sep 2009 08:34:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77157 fa tremare i polsi fa tremare i polsi

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Di: Vanni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77156 Vanni Sun, 27 Sep 2009 08:34:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77156 Qual è il giudizio della vostra sera? - Un giudizio, che a volte, fa tremare i olosi. Ma sono d'accordo con chi ha scritto in precedenza che è meglio provare a guardarsi dentro, anche se fa male, piuttosto che far finta di nulla. Qual è il giudizio della vostra sera?
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Un giudizio, che a volte, fa tremare i olosi. Ma sono d’accordo con chi ha scritto in precedenza che è meglio provare a guardarsi dentro, anche se fa male, piuttosto che far finta di nulla.

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Di: trevisan gianmaria http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77155 trevisan gianmaria Sun, 27 Sep 2009 08:31:52 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77155 @dimenticavo...ho vissuto anche io in Sicilia! @dimenticavo…ho vissuto anche io in Sicilia!

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Di: trevisan gianmaria http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77153 trevisan gianmaria Sun, 27 Sep 2009 08:27:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77153 @Antonio Bianchessi: non trovo che le tue "lucciole" rimangano inascoltate in questo sito. Forse a volte non c'è una risposta immediata, ma il contributo che si offre a una discussione non risiede nel voler avere un riscontro. Solo nel confluire, nell'unire il proprio sguardo. Nella gratuità. Poi, si viene sempre letti. Come ti ho letto io, ricordo, in un lontano commento sul post di Camon...se non erro. Il primo ippogrifo da sfatare credo dunque sia quello del commercio, del fare una cosa solo per ottenerne un'altra, là dove , in questo blog, non viene chiesta che una voce. E una voce esiste per pura necessità. Per puro dono. Passando poi alle tue osservazioni sui siciliani, visti da una prospettiva altra e da un tuo tuffo adolescenziale, posso dire (da maschio e da settentrionale ) che la Sicilia non fa tutto da sè (tanta questione meridionale non sarebbe altrimenti sorta). Non c'è autocompiacimento nel "non fare", nel lasciarsi accalorare da visioni di membri maschili...ma dolore. Il sesso, in Addamo, come nel siciliano, è il sogno ribaltato, la pietà e la forza traumatizzata, non è solo "minchia". E sarebbe d'altra parte riduttivo pensare solo a una sensualità materiale, quando in Addamo la sensualità è dello spirito e del cambiamento, della paura, della fragilità innanzi alla distruzione. Senso del destino che si dilata e che non è solo dell'isola. Ma del mondo tutto. Dell'uomo tutto quando vede da lontano arrivare la morte. Quando si percepisce per quel che è...poca cosa innanzi a uno sconfinato e mai indagato mistero. Non si spiegherebbe altrimenti l'impatto di tanta letteratura meridionale sull'immaginario collettivo nazionale e mondiale...(a partire, in ultimo, da Camilleri)...se non pensando che i temi toccati sono eterni e che è insulare solo la prospettiva (ma l'angolazione dello sguardo, la sua trasversalità, è un arricchimento per l'arte). Forse i siciliani, a partire dall'isola, sanno interpretare il cuore di ogni uomo. @Antonio Bianchessi: non trovo che le tue “lucciole” rimangano inascoltate in questo sito. Forse a volte non c’è una risposta immediata, ma il contributo che si offre a una discussione non risiede nel voler avere un riscontro. Solo nel confluire, nell’unire il proprio sguardo.
Nella gratuità.
Poi, si viene sempre letti. Come ti ho letto io, ricordo, in un lontano commento sul post di Camon…se non erro.
Il primo ippogrifo da sfatare credo dunque sia quello del commercio, del fare una cosa solo per ottenerne un’altra, là dove , in questo blog, non viene chiesta che una voce.
E una voce esiste per pura necessità. Per puro dono.
Passando poi alle tue osservazioni sui siciliani, visti da una prospettiva altra e da un tuo tuffo adolescenziale, posso dire (da maschio e da settentrionale ) che la Sicilia non fa tutto da sè (tanta questione meridionale non sarebbe altrimenti sorta). Non c’è autocompiacimento nel “non fare”, nel lasciarsi accalorare da visioni di membri maschili…ma dolore.
Il sesso, in Addamo, come nel siciliano, è il sogno ribaltato, la pietà e la forza traumatizzata, non è solo “minchia”.
E sarebbe d’altra parte riduttivo pensare solo a una sensualità materiale, quando in Addamo la sensualità è dello spirito e del cambiamento, della paura, della fragilità innanzi alla distruzione.
Senso del destino che si dilata e che non è solo dell’isola.
Ma del mondo tutto. Dell’uomo tutto quando vede da lontano arrivare la morte. Quando si percepisce per quel che è…poca cosa innanzi a uno sconfinato e mai indagato mistero.
Non si spiegherebbe altrimenti l’impatto di tanta letteratura meridionale sull’immaginario collettivo nazionale e mondiale…(a partire, in ultimo, da Camilleri)…se non pensando che i temi toccati sono eterni e che è insulare solo la prospettiva (ma l’angolazione dello sguardo, la sua trasversalità, è un arricchimento per l’arte).
Forse i siciliani, a partire dall’isola, sanno interpretare il cuore di ogni uomo.

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Di: Lorella Valeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77143 Lorella Valeri Sun, 27 Sep 2009 01:23:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77143 Ho appena terminato 'Il giudizio della sera'.L'ho trovato di estrema qualità, con una scrittura molto efficace.Mi piacerebbe leggere altro di questo autore Ho appena terminato ‘Il giudizio della sera’.L’ho trovato di estrema qualità, con una scrittura molto efficace.Mi piacerebbe leggere altro di questo autore

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Di: amedeo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77137 amedeo Sat, 26 Sep 2009 20:58:29 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77137 grazie a dio non tocca a noi giudicarci, certo. è questa è una gran bella comodità che però non ci impedisce di giudicare gli altri, vero? come ho scritto nel commento del 23 settembre il mio, di giudizio, è momentaneamente sospeso, e forse dovrei preoccuparmi. ma apprezzo chi ha il coraggio di giudicarsi rinunciando a sentenziare sugli altri. prima o poi, forse, ci riuscirò anch'io. grazie ancora per l'occasione di riflessione. grazie a dio non tocca a noi giudicarci, certo. è questa è una gran bella comodità che però non ci impedisce di giudicare gli altri, vero?
come ho scritto nel commento del 23 settembre il mio, di giudizio, è momentaneamente sospeso, e forse dovrei preoccuparmi. ma apprezzo chi ha il coraggio di giudicarsi rinunciando a sentenziare sugli altri.
prima o poi, forse, ci riuscirò anch’io.
grazie ancora per l’occasione di riflessione.

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Di: Antonio Bianchessi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2020/07/15/il-giudizio-della-sera-di-sebastiano-addamo/comment-page-3/#comment-77136 Antonio Bianchessi Sat, 26 Sep 2009 20:15:51 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=1099#comment-77136 AGLI AMICI SICILIANI: DUE O TRE COSE CHE SO DI VOI Come ho già avuto occasione di dire, in Sicilia ho trascorso gli anni del liceo. Un’età importante e un periodo, la seconda metà degli anni ’50, nel quale si verificavano le prime grandi contaminazioni della cultura giovanile. A descriverne l’intreccio tra sussulti liberatori e residui ancestrali ci vorrebbe la grazia ironica e, ahimè anche un po’ nostalgica, di Giuseppe Tornatore. Ma rischio di prenderla alla lontana. E devo invece essere breve, nello stile di un blog e delle mie "lucciole", presenti ed ignorate in questo sito, ma non per ciò meno ricche, come si conviene nel loro piccolo, di palpiti e luci intermittenti. Partirò dalla cosiddetta insularità, addotta da Sgalambro a spiegazione di una vocazione alla cultura di morte dei miei amici siciliani. Semplifico, è chiaro, ma proprio per mostrare che ridotta al suo concetto essenziale la verità della tesi si commenta da sola. Ci sono isole che hanno fatto della propria insularità l’occasione per dominare i mari e Venezia, che davvero ha dovuto contendere all’Adriatico la propria esistenza, ha trovato in ciò la conferma vitale del suo destino. Più in generale e per restare più vicini ancora alle sponde della Magna Grecia, credo basti ricordare le celebri isolette carezzate dalla spuma di Venere e rese feconde dal suo sorriso. Immagini di vita e del suo momento aurorale, del tutto opposte a una cultura di morte. Quando dunque si sostiene il legame di cui sopra, magari per un improvviso cedimento di una naturale criticità, ecco la prima cosa che mi sento di dire: un tratto distintivo della cultura siciliana è il gusto dell’iperbole. Poco importa se l’affermazione sia falsa o vera: conta invece la sua capacità suggestiva o per meglio dire onirica. Come gran parte della cultura barocca, l’iperbole nasce da un dubbio o un’opposizione insanabile del reale e porta, essa sì al proprio interno, una vocazione mortale. E’ un aspetto che quando giunge alla coscienza dei grandi narratori siciliani si trasforma in arte. Ma accade solo a pochi. Il che non sorprende, visto che un tale esercizio, per non degenerare in mania richiede costante capacità di dislocazione: Pirandello, per tutti, è il maestro esemplare. E Sciascia? In un certo senso è l’iperbole di segno opposto: la scrittura ripulita sino al fantasma essenziale, cui fa sempre da contrappeso l’indagine di una verità imprendibile. E veniamo così alla seconda cosa che mi sento di dire. Il gusto del fantastico, variamente mescolato ai dati della memoria, è un tratto distintivo della cultura araba. Per un arabo, mi spiegavano decenni fa, quando mi addentravo nei loro territori, il passato non sta alle spalle, come accade agli occidentali, ma dinanzi agli occhi. Il passato non permane dietro ma davanti a noi: cominciate un po’ a pensarci e farete i primi passi nell’anima di un siciliano. Il passato non passa mai. Terribile? Dipende. Per l’arabo il passato è anche una promessa di futuro. E perciò non c’è da stupirsi se la gran parte di loro non solo sogna ma crede fermamente nel ritorno dei fasti dell’Islam. Per il siciliano invece il passato è una rovina splendente, senza connessione con il futuro e per larga parte indecifrata. Il passato non tornerà e c’è persino da dubitare che sia mai esistito. Le culture fiorite in Sicilia, secondo quella magnifica iperbole che è il principe di Salina, sarebbero tutte straniere. Un po’ come il pastore che mirava sul colle, tra i rovi, i resti solitari di Segesta. E credo sarebbe inutile spiegare al principe, innamorato com’è della sua iperbole, che tolti i fenici, i greci, i romani, i bizantini, gli arabi, i normanni, i francesi, gli spagnoli…e prima di loro i vari sussulti e continui incroci delle culture mediterranee, tolti tutti questi apporti non resterebbero più neppure i siciliani. E viceversa senza la Sicilia e i siciliani le civiltà sopra ricordate sarebbero mutilate di una parte vitale. In realtà il principe da bravo gattopardo coccola tra le unghie il suo sogno di immobilità, guardandosi bene dallo spingere il proprio pessimismo sino a negare, come dovrebbe essere logica conseguenza, i suoi quattro quarti di siciliana nobiltà. Vengo così alla terza e ultima cosa: il gusto dell’inazione. L’immobilità mortale, assaporata insieme al profumo degli aranci, ai dolci troppo dolci, ai versamenti del sesso, agli ippogrifi della mente. Non a caso Lampedusa adorava i francesi e quanto Baudelaire, mi verrebbe da dire per quel gusto d’iperbolico che un poco mi è rimasto, c’è in ogni siciliano… Ma qui conviene seguire passo passo Sciascia e, lasciati i territori della letteratura, di per sé sempre un poco ambigua, ricordare che il guaio del siciliano si chiama famiglia, assunta a sostituto dello stato, ed estraneità non solo alla religione cattolica ma alla forma di ogni pensare o intimo sentire religioso. Esasperando un poco l’analisi di Sciascia si è tentati di dire che ogni idealità rischia di apparire a un siciliano autentico come un cavallo alato. Ci sono gli eroi, certo. Ma che altro sono se non scontri di latta agli occhi di un inguaribile puparo. La mia città era Messina, di poco posteriore al periodo della guerra, e non la Catania descritta da Sebastiano Addamo. Ma i segni della fatiscenza c’erano ancora, aperti come ferite in vari luoghi della città. Oggi le forme sono mutate ed altre sono le ferite. Forse non c’è più nemmeno quell’iperbole assoluta che per noi era il sesso. Non la donna, si badi bene, e nemmeno i suoi attributi femminili. Di amore non è il caso di parlare. Ma un organo genitale maschile trasfigurato, sontuoso, da paragonare alle irruzioni laviche e alle folli fioriture: la Minchia, il tropo di ogni discorso, l’alfa e l’omega di un continuo peregrinare. Sino ai margini delle caserme e ai fuochi di puttane. Sembrava che tutto dovesse trasformarsi in tributo al suo dominio. Una divinità? Macché. Niente di più estraneo. Un sogno di morte? Un giovanile cupio dissolvi? Non so. Di certo nulla sembrava rispondere al nostro strazio quanto un abbraccio frettoloso e il fatto di percepirci nell’istante dello spasimo delusi e sconfitti. La Minchia trionfava su di noi. Ed era, inutile dirlo, una Minchia atavica e surreale. Fu tra i motivi per cui decisi di tornare al Nord. Ero straniero e quel gioco o rito che fosse non valeva per me nemmeno lo strofinìo di un fiammifero. Addamo per quanto ne so decise di restare. Non conosco il suo lavoro, ma se devo leggere tra le righe della pagina proposta su letteratitudine mi sembra che l’iperbole nel suo caso abbia assunto la forma di un fiume in piena, che dilaga oltre il romanzo nei territori dell’analisi sociale e della riflessione filosofica. Un modo anche questo di cercare nel muro del silenzio un punto di rottura. Mi auguro che ci sia riuscito. Chissà. Forse qualcuno contemplando da laggiù la sua perenne sera vedrà queste parole insieme a tante altre disperdersi tra bagliori e nubi veleggianti sopra il fuoco. Non so dargli torto. Ho amato anch’io i tramonti siciliani. Ma la mia sera è un’altra. E ripercorro con i versi amati le orme che ancora vanno al nulla eterno. Pensando a questa magnifica contraddizione tra il nulla che non è e l’eterno che è per sempre. Una contraddizione feconda, che sempre mi richiama alla vita. E non c’è giudizio alcuno. Grazie a Dio non tocca a me giudicarmi. AGLI AMICI SICILIANI: DUE O TRE COSE CHE SO DI VOI

Come ho già avuto occasione di dire, in Sicilia ho trascorso gli anni del liceo. Un’età importante e un periodo, la seconda metà degli anni ’50, nel quale si verificavano le prime grandi contaminazioni della cultura giovanile. A descriverne l’intreccio tra sussulti liberatori e residui ancestrali ci vorrebbe la grazia ironica e, ahimè anche un po’ nostalgica, di Giuseppe Tornatore. Ma rischio di prenderla alla lontana. E devo invece essere breve, nello stile di un blog e delle mie “lucciole”, presenti ed ignorate in questo sito, ma non per ciò meno ricche, come si conviene nel loro piccolo, di palpiti e luci intermittenti.
Partirò dalla cosiddetta insularità, addotta da Sgalambro a spiegazione di una vocazione alla cultura di morte dei miei amici siciliani. Semplifico, è chiaro, ma proprio per mostrare che ridotta al suo concetto essenziale la verità della tesi si commenta da sola. Ci sono isole che hanno fatto della propria insularità l’occasione per dominare i mari e Venezia, che davvero ha dovuto contendere all’Adriatico la propria esistenza, ha trovato in ciò la conferma vitale del suo destino. Più in generale e per restare più vicini ancora alle sponde della Magna Grecia, credo basti ricordare le celebri isolette carezzate dalla spuma di Venere e rese feconde dal suo sorriso. Immagini di vita e del suo momento aurorale, del tutto opposte a una cultura di morte.
Quando dunque si sostiene il legame di cui sopra, magari per un improvviso cedimento di una naturale criticità, ecco la prima cosa che mi sento di dire: un tratto distintivo della cultura siciliana è il gusto dell’iperbole. Poco importa se l’affermazione sia falsa o vera: conta invece la sua capacità suggestiva o per meglio dire onirica. Come gran parte della cultura barocca, l’iperbole nasce da un dubbio o un’opposizione insanabile del reale e porta, essa sì al proprio interno, una vocazione mortale. E’ un aspetto che quando giunge alla coscienza dei grandi narratori siciliani si trasforma in arte. Ma accade solo a pochi. Il che non sorprende, visto che un tale esercizio, per non degenerare in mania richiede costante capacità di dislocazione: Pirandello, per tutti, è il maestro esemplare. E Sciascia? In un certo senso è l’iperbole di segno opposto: la scrittura ripulita sino al fantasma essenziale, cui fa sempre da contrappeso l’indagine di una verità imprendibile.
E veniamo così alla seconda cosa che mi sento di dire. Il gusto del fantastico, variamente mescolato ai dati della memoria, è un tratto distintivo della cultura araba. Per un arabo, mi spiegavano decenni fa, quando mi addentravo nei loro territori, il passato non sta alle spalle, come accade agli occidentali, ma dinanzi agli occhi. Il passato non permane dietro ma davanti a noi: cominciate un po’ a pensarci e farete i primi passi nell’anima di un siciliano. Il passato non passa mai.
Terribile? Dipende. Per l’arabo il passato è anche una promessa di futuro. E perciò non c’è da stupirsi se la gran parte di loro non solo sogna ma crede fermamente nel ritorno dei fasti dell’Islam. Per il siciliano invece il passato è una rovina splendente, senza connessione con il futuro e per larga parte indecifrata. Il passato non tornerà e c’è persino da dubitare che sia mai esistito. Le culture fiorite in Sicilia, secondo quella magnifica iperbole che è il principe di Salina, sarebbero tutte straniere. Un po’ come il pastore che mirava sul colle, tra i rovi, i resti solitari di Segesta. E credo sarebbe inutile spiegare al principe, innamorato com’è della sua iperbole, che tolti i fenici, i greci, i romani, i bizantini, gli arabi, i normanni, i francesi, gli spagnoli…e prima di loro i vari sussulti e continui incroci delle culture mediterranee, tolti tutti questi apporti non resterebbero più neppure i siciliani. E viceversa senza la Sicilia e i siciliani le civiltà sopra ricordate sarebbero mutilate di una parte vitale. In realtà il principe da bravo gattopardo coccola tra le unghie il suo sogno di immobilità, guardandosi bene dallo spingere il proprio pessimismo sino a negare, come dovrebbe essere logica conseguenza, i suoi quattro quarti di siciliana nobiltà.
Vengo così alla terza e ultima cosa: il gusto dell’inazione. L’immobilità mortale, assaporata insieme al profumo degli aranci, ai dolci troppo dolci, ai versamenti del sesso, agli ippogrifi della mente. Non a caso Lampedusa adorava i francesi e quanto Baudelaire, mi verrebbe da dire per quel gusto d’iperbolico che un poco mi è rimasto, c’è in ogni siciliano… Ma qui conviene seguire passo passo Sciascia e, lasciati i territori della letteratura, di per sé sempre un poco ambigua, ricordare che il guaio del siciliano si chiama famiglia, assunta a sostituto dello stato, ed estraneità non solo alla religione cattolica ma alla forma di ogni pensare o intimo sentire religioso. Esasperando un poco l’analisi di Sciascia si è tentati di dire che ogni idealità rischia di apparire a un siciliano autentico come un cavallo alato. Ci sono gli eroi, certo. Ma che altro sono se non scontri di latta agli occhi di un inguaribile puparo.
La mia città era Messina, di poco posteriore al periodo della guerra, e non la Catania descritta da Sebastiano Addamo. Ma i segni della fatiscenza c’erano ancora, aperti come ferite in vari luoghi della città.
Oggi le forme sono mutate ed altre sono le ferite. Forse non c’è più nemmeno quell’iperbole assoluta che per noi era il sesso. Non la donna, si badi bene, e nemmeno i suoi attributi femminili. Di amore non è il caso di parlare. Ma un organo genitale maschile trasfigurato, sontuoso, da paragonare alle irruzioni laviche e alle folli fioriture: la Minchia, il tropo di ogni discorso, l’alfa e l’omega di un continuo peregrinare. Sino ai margini delle caserme e ai fuochi di puttane. Sembrava che tutto dovesse trasformarsi in tributo al suo dominio. Una divinità? Macché. Niente di più estraneo. Un sogno di morte? Un giovanile cupio dissolvi? Non so. Di certo nulla sembrava rispondere al nostro strazio quanto un abbraccio frettoloso e il fatto di percepirci nell’istante dello spasimo delusi e sconfitti. La Minchia trionfava su di noi. Ed era, inutile dirlo, una Minchia atavica e surreale. Fu tra i motivi per cui decisi di tornare al Nord. Ero straniero e quel gioco o rito che fosse non valeva per me nemmeno lo strofinìo di un fiammifero.
Addamo per quanto ne so decise di restare. Non conosco il suo lavoro, ma se devo leggere tra le righe della pagina proposta su letteratitudine mi sembra che l’iperbole nel suo caso abbia assunto la forma di un fiume in piena, che dilaga oltre il romanzo nei territori dell’analisi sociale e della riflessione filosofica. Un modo anche questo di cercare nel muro del silenzio un punto di rottura. Mi auguro che ci sia riuscito.
Chissà. Forse qualcuno contemplando da laggiù la sua perenne sera vedrà queste parole insieme a tante altre disperdersi tra bagliori e nubi veleggianti sopra il fuoco. Non so dargli torto. Ho amato anch’io i tramonti siciliani. Ma la mia sera è un’altra. E ripercorro con i versi amati le orme che ancora vanno al nulla eterno. Pensando a questa magnifica contraddizione tra il nulla che non è e l’eterno che è per sempre. Una contraddizione feconda, che sempre mi richiama alla vita. E non c’è giudizio alcuno. Grazie a Dio non tocca a me giudicarmi.

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