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Archivio del 14 ottobre 2015

mercoledì, 14 ottobre 2015

ADAM THIRLWELL racconta TENERO & VIOLENTO

Il nuovo ospite di “L’autore straniero racconta il libro” è lo scrittore inglese ADAM THIRLWELL, autore del romanzo “TENERO & VIOLENTO” (Guanda – traduzione di Riccardo Cravero).

Adam Thirlwell è nato nel 1978. Vive a Londra. È stato segnalato fra i migliori narratori britannici delle nuove generazioni dalla rivista «Granta».

Adam Thirlwell ha scritto a Letteratitudine per raccontare il suo nuovo romanzo intitolato “Tenero & Violento”, pubblicato in Italia da Guanda con la traduzione di Riccardo Cravero.

Sul post troverete il contributo di Thirlwell tradotto in italiano e, a seguire, la versione originale in lingua inglese. Ne approfitto per ringraziare l’autore e l’ufficio stampa di Guanda per la cortese collaborazione.

Massimo Maugeri

P.s. Nelle precedenti puntate abbiamo ospitato: Glenn Cooper, Ildefonso FalconesJoe R. Lansdale, Amélie Nothomb, Clara Sánchez, Gabrielle Zevin, Caroline Vermalle, John Scalzi, Amos Oz, Maylis de Kerangal, Pierre Lemaitre.

* * *

ADAM THIRLWELL scrive a Letteratitudine per raccontare il suo romanzo “TENERO & VIOLENTO (Guanda – traduzione di Riccardo Cravero)

di Adam Thirlwell

Premessa: è da molto tempo che volevo scrivere un romanzo ambientato nelle periferie. Queste periferie, in origine, si sarebbero dovute basare in maniera piuttosto approssimativa sui dintorni di Londra. Poi, la Londra che ne è venuta fuori ha subito una certa tropicalizzazione – con nuova fauna e nuova flora. In un certo senso questo luogo a cui pensavo è diventato ovunque, e da nessuna parte. Del resto, se c’è una cosa davvero strana della periferia è proprio la sua non specificità: la sua orizzontale e globale vaghezza. Ovvero, come dice la voce narrante del mio romanzo, “Tenero & Violento” : “Scegli qualunque parte del globo ti piaccia, da Kabul a Santiago ti imbatterai nello stesso paesaggio. Perché in realtà la maggior parte degli abitanti di Kabul non vive all’interno della città, ma ai suoi bordi, dove Kabul si disintegra tra luci smisurate e grandi strade vuote, il genere di strade in cui persino il marciapiede è abulico e ci sono solo pochi lampioni, alimentati da generatori di fortuna riposti dentro baracche prefabbricate. Oggi la maggior parte della gente vive in posti come questi, e dunque quando ci si sposta in una città qualunque, in un modo o nell’altro, ci si ritrova a casa; basta allontanarsi un po’ dal centro: non troppo, ma quanto basta”.
Ho pensato che un’ambientazione di questo tipo si sarebbe potuta prestare meglio per approfondire la conoscenza di alcune delle principali stranezze che altrove sarebbero rimaste invisibili: problemi connessi a come trascorrere il proprio tempo, o vivere la propria vita. Le grandi questioni metafisiche.

La maggiore stranezza è stata una voce, o un modo di pensare, che ho cominciato a sentire intorno a me. Sì, così come per l’ambientazione, ho voluto usare un narratore molto particolare. D’altra parte la voce narrante che il romanziere può decidere di adottare è come un giocattolo sconosciuto, molto più imprevedibile di quanto si possa pensare. Non è qualcosa di tristemente ordinario come un personaggio. Ci sono voci narranti o tonalità espressive che meglio di altre si prestano per esplorare questa difficile relazione che si instaura nel centro più nascosto di ogni forma d’arte: quella cioè che intercorre tra lo scrittore e il lettore (o lo spettatore). Sebbene possa sembrare che queste tonalità espressive esistano solo nei romanzi, in realtà è possibile riscontrarle anche altrove, come quando ci si sforza di far comprendere il significato recondito di un monologo, o si cerca il modo giusto per rivolgersi a qualcun altro. Può essere loquace, consapevole, sovraeccitata, affascinante, e persino internazionale, ma ciò che rende la voce narrante così peculiare dipende dal fatto che i Narratori a cui mi riferisco appartengono a una sorta di confessione progettata per esonerarli da ogni responsabilità. Che cosa potrebbe essere più pericoloso di qualcuno convinto della propria bontà, o della propria innocenza? Qualcuno che crede che ciò che sente è molto più importante di ciò che realmente fa?
È una voce di questo tipo che ho cominciato a percepire intorno a me. Non so nemmeno come chiamarla. Mi sembra una categoria non ancora descritta. Quindi chiamiamola in un modo ossimorico e impossibile. Chiamiamola Innocente/Corrotta. Ha dei precursori, ovviamente – in Hamsun, o nello Zeno di Italo Svevo. Ma la versione che stavo sperimentando era forse più pericolosa, perché molto più convinta della sua bontà.
In altre parole, ho trovato un’ambientazione, e ho trovato un narratore. E questo narratore aveva uno scopo particolare nella sua vita: il piacere, o la felicità. C’è una sequenza che ritengo piuttosto struggente: “Dimmi solo questo: se stessi per morire, preferiresti che te lo dicessero, o che morissi all’improvviso? Perché io vorrei morire all’improvviso, senza che nessuno mi dica nulla. Alla fine, preferisco più felicità a più verità.” Sebbene questo atteggiamento possa sembrare volutamente disinvolto o superficiale, il motivo per ammirare questo narratore senza nome potrebbe essere determinato dalla sua capacità di indurre a domandarsi se ciò che a prima vista sembra problematico o inusuale celi, in realtà, una verità più profonda. Tutto ciò non potrebbe già fornire un motivo per svolgere questa attività silenziosa chiamata leggere? Per esplorare piccole strade pericolose, i piccoli folli dialoghi con noi stessi che non potremmo mai avere in pubblico? È come quella splendida immagine finale offerta dal romanzo di Proust: “Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che è offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza il libro, non avrebbe forse visto in se stesso”.
E così ho lasciato che il narratore di questo mio libro potesse scatenarsi. Certo, l’inizio è abbastanza duro – con il narratore che si sveglia accanto a una donna che non è sua moglie, una donna che è anche incosciente e sanguinante dopo una notte trascorsa a base di sostanze stupefacenti. Ma questo, cari lettori, è solo l’inizio. Ciò che succede dopo ha a che fare con inseguimenti in auto, rapine, orge – e una sanguinosa vendetta finale. Eppure, per tutto il tempo, accadrà qualcosa di molto tranquillo – perché ciò che in apparenza potrebbe sembrare come una sorta di b-movie, o un noir, o un thriller, non è altro che un giocattolino finalizzato alla corruzione del lettore. Voi penserete di leggere un romanzo, mentre in realtà tutti i valori morali che davate per scontati verranno smantellati senza che ve ne rendiate conto.

(traduzione dall’inglese di Massimo Maugeri)

[Un estratto del libro è disponibile qui]

© Riproduzione riservata

© Adam ThirlwellLetteratitudine

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On Lurid & Cute

by Adam Thirlwell (continua…)

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"Cetti Curfino" di Massimo Maugeri (La nave di Teseo) ===> La rassegna stampa del romanzo è disponibile cliccando qui

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