Commenti a: TECNICHE DI RESURREZIONE, di Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-133744 Massimo Maugeri Fri, 03 Dec 2010 21:23:44 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-133744 Gianfranco, come stanno procedendo le presentazioni del libro? Sarai alla Fiera romana della piccola e media editoria "Più libri, più liberi"? Gianfranco, come stanno procedendo le presentazioni del libro?
Sarai alla Fiera romana della piccola e media editoria “Più libri, più liberi”?

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Di: Carlo S. http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-133743 Carlo S. Fri, 03 Dec 2010 21:20:39 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-133743 Il libro di Manfredi lo sto leggendo in questi giorni. Non ha una partenza "a razzo", ma più si va avanti più intriga ed appassiona. Ed è molto ben scritto e splendidamente documentato dal punto di vista storico. I miei complimenti a Gianfranco! Il libro di Manfredi lo sto leggendo in questi giorni. Non ha una partenza “a razzo”, ma più si va avanti più intriga ed appassiona. Ed è molto ben scritto e splendidamente documentato dal punto di vista storico. I miei complimenti a Gianfranco!

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Di: luciano / idefix http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-133727 luciano / idefix Fri, 03 Dec 2010 15:23:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-133727 Il post è sempre aperto. Il post è sempre aperto.

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Di: Gianfranco Manfredi e la resurrezione del gotico (di Luca Pantarotto) http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-131602 Gianfranco Manfredi e la resurrezione del gotico (di Luca Pantarotto) Mon, 15 Nov 2010 09:17:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-131602 Gianfranco Manfredi e la resurrezione del gotico (di Luca Pantarotto). Da "AtlantideZine.it" http://www.atlantidezine.it/gianfranco-manfredi-tecniche-resurrezione.html Gianfranco Manfredi e la resurrezione del gotico (di Luca Pantarotto).
Da “AtlantideZine.it”
http://www.atlantidezine.it/gianfranco-manfredi-tecniche-resurrezione.html

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-131283 Gianfranco Manfredi Fri, 12 Nov 2010 16:42:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-131283 @ Valter. Un amico turco che doveva andare a Parigi e non aveva voglia di pendere l'areo, mi ha raccontato di esserci andato in auto e già che c'era di aver fatto anche una puntata in Italia. Ci siamo fatti molte risate anche perchè noi ormai si sa : o aerei o a casa. Poi dopo essere rimasto bloccato per ore e ore nel traffico di Istanbul ho capito che il mio amico aveva voluto provare il brivido di guidare la macchina sul serio. Al tempo non faceva più caso considerato quello necessario a Instanbul per fare pochi chilometri. A volte, e vi assicuro che non sono nostalgico, mi viene da pensare a quando noi da ragazzi ci imbarcavano su degli scassati pulmini, per affrontare viaggi spericolati e tra l'altro con in tasca poco più di quanto necessario alla benzina. Era un altro viaggiare. Oggi si prende l'aereo si finisce in un albergo identico a quelli ci siamo abituati in Europa e se va bene ci ritroviamo in un film di Sophia Coppola che non è proprio il massimo della vita. Al di là di questo, è incredibile quanto si impara vedendo come sono cambiati a distanza di anni certi paesaggi, non solo urbani. Spesso in noi (è naturale che sia così) il ricordo di posti che abbiamo visitato si sedimenta in un tempo eterno e fisso, quasi che tutto dovesse restare sempre uguale. Anche le nostre idee di altri popoli restano ferme di decenni. Emma Bonino, che va spesso al Cairo, mi ha raccontato che tutte le volte che qualcuno dei suoi amici deve andare in Egitto si preoccupa di chiederle cosa deve portarsi dietro, a partire dalle scorte alimentari, figurandosi magari di trovare una città antica, coi cani morti per strada e schiere di mendicanti. Dopodiché trova una metropoli sconfinata e iper-moderna rispetto alla quale le nostre sembrano piccoli borghi di provincia. Detto questo, dato che ero stato a Instabul quasi quarant'anni fa, ripeto che lo choc è stato analogo a quello di incontrare alla stessa distanza di anni il tuo primo amore, o magari un compagno di scuole che ti ha contattato via FaceBook (e di cui non hai nemmeno riconosciuto la Face). Improvvisamente riacquisti il senso del tempo passato, anche sulla TUA pelle. Ma l'analogia si ferma qui, una volta che ti sei rammaricato che Carnaby Street non sia più la stessa, o che il quartiere di londra in cui avevi vissuto per un anno abitato negli anni 70 dalla working class, ora è uno sterminato villaggio indo-pakistano, te ne viene un altro di pensiero: che il mondo si trasforma (e non necessariamente imbruttisce o invecchia) a un ritmo assai più veloce di quanto non ci accada di percepire qui in Italia. Quando vado a Roma, non la trovo molto diversa dai primi anni 80, in cui ci avevo abitato. La Londra di oggi invece non c'entra proprio nulla con quella che avevo conosciuto da ragazzo. La nuova Istanbul poi, ci vorrebbe un anno per visitarla bene e comprenderla. E non si ferma mai. Lì mi hanno anche svelato che i nuovi afflussi di immigrati clandestini sono rappresentati in massima parte dai rom cacciati dalla Francia o dall'Italia. Abitano in quartieri periferici, ma in case, non in roulotte o in campi di baracche. @ Valter. Un amico turco che doveva andare a Parigi e non aveva voglia di pendere l’areo, mi ha raccontato di esserci andato in auto e già che c’era di aver fatto anche una puntata in Italia. Ci siamo fatti molte risate anche perchè noi ormai si sa : o aerei o a casa. Poi dopo essere rimasto bloccato per ore e ore nel traffico di Istanbul ho capito che il mio amico aveva voluto provare il brivido di guidare la macchina sul serio. Al tempo non faceva più caso considerato quello necessario a Instanbul per fare pochi chilometri. A volte, e vi assicuro che non sono nostalgico, mi viene da pensare a quando noi da ragazzi ci imbarcavano su degli scassati pulmini, per affrontare viaggi spericolati e tra l’altro con in tasca poco più di quanto necessario alla benzina. Era un altro viaggiare. Oggi si prende l’aereo si finisce in un albergo identico a quelli ci siamo abituati in Europa e se va bene ci ritroviamo in un film di Sophia Coppola che non è proprio il massimo della vita. Al di là di questo, è incredibile quanto si impara vedendo come sono cambiati a distanza di anni certi paesaggi, non solo urbani. Spesso in noi (è naturale che sia così) il ricordo di posti che abbiamo visitato si sedimenta in un tempo eterno e fisso, quasi che tutto dovesse restare sempre uguale. Anche le nostre idee di altri popoli restano ferme di decenni. Emma Bonino, che va spesso al Cairo, mi ha raccontato che tutte le volte che qualcuno dei suoi amici deve andare in Egitto si preoccupa di chiederle cosa deve portarsi dietro, a partire dalle scorte alimentari, figurandosi magari di trovare una città antica, coi cani morti per strada e schiere di mendicanti. Dopodiché trova una metropoli sconfinata e iper-moderna rispetto alla quale le nostre sembrano piccoli borghi di provincia. Detto questo, dato che ero stato a Instabul quasi quarant’anni fa, ripeto che lo choc è stato analogo a quello di incontrare alla stessa distanza di anni il tuo primo amore, o magari un compagno di scuole che ti ha contattato via FaceBook (e di cui non hai nemmeno riconosciuto la Face). Improvvisamente riacquisti il senso del tempo passato, anche sulla TUA pelle. Ma l’analogia si ferma qui, una volta che ti sei rammaricato che Carnaby Street non sia più la stessa, o che il quartiere di londra in cui avevi vissuto per un anno abitato negli anni 70 dalla working class, ora è uno sterminato villaggio indo-pakistano, te ne viene un altro di pensiero: che il mondo si trasforma (e non necessariamente imbruttisce o invecchia) a un ritmo assai più veloce di quanto non ci accada di percepire qui in Italia. Quando vado a Roma, non la trovo molto diversa dai primi anni 80, in cui ci avevo abitato. La Londra di oggi invece non c’entra proprio nulla con quella che avevo conosciuto da ragazzo. La nuova Istanbul poi, ci vorrebbe un anno per visitarla bene e comprenderla. E non si ferma mai. Lì mi hanno anche svelato che i nuovi afflussi di immigrati clandestini sono rappresentati in massima parte dai rom cacciati dalla Francia o dall’Italia. Abitano in quartieri periferici, ma in case, non in roulotte o in campi di baracche.

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Di: valter binaghi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-131000 valter binaghi Wed, 10 Nov 2010 17:20:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-131000 Bellissimo reportage, Gianfranco. Vien quasi voglia anche a me di andarci a Istanbul. Se non avessi una maledetta paura dell'aereo... Bellissimo reportage, Gianfranco.
Vien quasi voglia anche a me di andarci a Istanbul.
Se non avessi una maledetta paura dell’aereo…

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Di: Francesco Moretta http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130829 Francesco Moretta Tue, 09 Nov 2010 11:55:22 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130829 @Gianfranco.Grazie per la dritta,da vecchio fan di Zagor avevo la curiosità di vedere quei film. @Gianfranco.Grazie per la dritta,da vecchio fan di Zagor avevo la curiosità di vedere quei film.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130822 Gianfranco Manfredi Tue, 09 Nov 2010 10:29:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130822 @ Francesco. La Horizon International ha da poco pubblicato i due DVD dei film di Zagor girati nel 1971. I DVD hanno i sottotitoli italiani. Sono davvero divertenti. Alla Fiera è intervenuto anche l'attore che li interpretò all'epoca. E' vero che non erano autorizzati, ma Bonelli ha fatto pace quando glieli hanno mandati e si è divertito. Li consiglio entrambi per una di quelle visioni tra amici in cui i film non si vedono in religioso silenzio, ma spanciandosi dalle risate. Qui per la verità si sorride: la totale, surreale improbabilità degli scenari si accompagna a una grazia favolistica del racconto che in qualche modo riesce ad essere poetica. Chi fosse interessato a questi o ad altri titoli del catalogo della Horizon può scrivere alla mai fanatik@filmfanatik.com @ Francesco. La Horizon International ha da poco pubblicato i due DVD dei film di Zagor girati nel 1971. I DVD hanno i sottotitoli italiani. Sono davvero divertenti. Alla Fiera è intervenuto anche l’attore che li interpretò all’epoca. E’ vero che non erano autorizzati, ma Bonelli ha fatto pace quando glieli hanno mandati e si è divertito. Li consiglio entrambi per una di quelle visioni tra amici in cui i film non si vedono in religioso silenzio, ma spanciandosi dalle risate. Qui per la verità si sorride: la totale, surreale improbabilità degli scenari si accompagna a una grazia favolistica del racconto che in qualche modo riesce ad essere poetica. Chi fosse interessato a questi o ad altri titoli del catalogo della Horizon può scrivere alla mai fanatik@filmfanatik.com

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130765 Massimo Maugeri Mon, 08 Nov 2010 22:33:30 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130765 Caro Gianfranco, grazie mille per i tuoi nuovi commenti e per averci raccontato l'esperienza di Istanbul. Caro Gianfranco,
grazie mille per i tuoi nuovi commenti e per averci raccontato l’esperienza di Istanbul.

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Di: luciano / idefix http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130748 luciano / idefix Mon, 08 Nov 2010 18:14:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130748 Il bello della conoscenza è questo: più impariamo e più scopriamo che siamo ignoranti. A quel punto si aprono due strade: una ci porta avanti (pur nella consapevolezza che imparare è come l'orizzonte, sempre davanti a noi), una ci porta a chiuderci dentro i nostri quattro muretti. Non c'è alternativa: o cittadini del mondo o leghisti/talebani. Il bello della conoscenza è questo:
più impariamo e più scopriamo che siamo ignoranti.
A quel punto si aprono due strade:
una ci porta avanti (pur nella consapevolezza che imparare è come l’orizzonte, sempre davanti a noi),
una ci porta a chiuderci dentro i nostri quattro muretti.
Non c’è alternativa: o cittadini del mondo o leghisti/talebani.

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Di: Francesco Moretta http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130746 Francesco Moretta Mon, 08 Nov 2010 17:47:16 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130746 @Gianfranco.Non mi stupisce l'accoglienza tributata a Ferri,in passato in Turchia furono girate alcune pellicolenon autorizzate su Zagor il che indica che almeno le storie classiche del personaggio lì sono state pubblicate.(e con ogni probabilità sono anche rimaste nell'immaginario locale data l'accoglienza a Ferri) Sull'immagine falsata che abbiamo dell'Islam è illuminante un racconto ucronico di Bruce Sterling,pubblicato nell'antologia "Strani attrattori" e interamente narrato da un giornalista musulmano che fornisce un autentico ribaltamento di molti luoghi comuni. @Gianfranco.Non mi stupisce l’accoglienza tributata a Ferri,in passato in Turchia furono girate alcune pellicolenon autorizzate su Zagor il che indica che almeno le storie classiche del personaggio lì sono state pubblicate.(e con ogni probabilità sono anche rimaste nell’immaginario locale data l’accoglienza a Ferri) Sull’immagine falsata che abbiamo dell’Islam è illuminante un racconto ucronico di Bruce Sterling,pubblicato nell’antologia “Strani attrattori” e interamente narrato da un giornalista musulmano che fornisce un autentico ribaltamento di molti luoghi comuni.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130741 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 17:04:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130741 Ci sono, ho scoperto, altri celebrati autori turchi, interessanti quanto Pamuk. Purtroppo non sono tradotti in italiano, ma si trovano in francese. Comunque anche questo è interessante, parlo del fatto che Pamuk non è un fungo spuntato in splendido isolamento, ma il frutto di una narrativa che in particolare sul romanzo storico di ricostruzione (tipo "Il mio nome è rosso") vanta una ricca tradizione. Ci sono, ho scoperto, altri celebrati autori turchi, interessanti quanto Pamuk. Purtroppo non sono tradotti in italiano, ma si trovano in francese. Comunque anche questo è interessante, parlo del fatto che Pamuk non è un fungo spuntato in splendido isolamento, ma il frutto di una narrativa che in particolare sul romanzo storico di ricostruzione (tipo “Il mio nome è rosso”) vanta una ricca tradizione.

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Di: Annamaria http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130739 Annamaria Mon, 08 Nov 2010 16:54:45 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130739 Gianfranco, la possibilità di effettuare acquisti a basso costo potrebbe essere uno degli elementi da utilizzare per convincere il mio lui a organizzare una vacanza a Istanbul, che poi dal punto di vista letterario non dimentichiamo che è la patria di Pamuk. Gianfranco, la possibilità di effettuare acquisti a basso costo potrebbe essere uno degli elementi da utilizzare per convincere il mio lui a organizzare una vacanza a Istanbul, che poi dal punto di vista letterario non dimentichiamo che è la patria di Pamuk.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130738 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 15:56:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130738 Due smisurati quartieri periferici. Uno è stato costruito negli anni 70. Palazzoni di una certa distinzione, in quartiere residenziale modello, immersi nel verde e nei parchi. Oggi non ci abitano più i ricchi, passati ad altre magioni. Ci abitano persone di ceto medio, ma il quartiere non si è per nulla degradato nelle sue strutture e nella sua vivibilità. Poco oltre sorge un altro quartiere sorto d'incanto da appena quattro anni, dove prima c'erano solo campagne. Nessuno spazio verde, solo disumani e colossali ipermercati di cemento, come nel più squallido dei panorami lombardi. La crisi ovviamente colpisce anche lì, per cui quegli ipermercati e shopping center, non attirano più come prima una massa gigantesca di consumatori. Ma le grandi compagnie se ne fregano. Si annettono terrotori, ci costruiscono le loro cattedrali, rapinano le persone con il miraggio magari dei grandi sconti, poi finita la rapina se ne vanno a rapinare altrove e lasciano intere città da Blade Runner che dopo aver cancellato il paesaggio hanno distrutto anche ogni possibilità di vera vita sociale. In Lombardia, dove abito, per vedere e poter valutare i risultati di questa trasformazione speculativa abbiamo dovuto aspettare una ventina d'anni. Lì tutto questo è avvenuto in un tempi incredibilmente veloce: soltanto quattro anni! Quando si celebra il cosiddetto "libero mercato" che libero non è per nulla, ci rendiamo conto di cosa stanno facendo al mondo e a noi stessi queste compagnie internazionali? Due smisurati quartieri periferici. Uno è stato costruito negli anni 70. Palazzoni di una certa distinzione, in quartiere residenziale modello, immersi nel verde e nei parchi. Oggi non ci abitano più i ricchi, passati ad altre magioni. Ci abitano persone di ceto medio, ma il quartiere non si è per nulla degradato nelle sue strutture e nella sua vivibilità. Poco oltre sorge un altro quartiere sorto d’incanto da appena quattro anni, dove prima c’erano solo campagne. Nessuno spazio verde, solo disumani e colossali ipermercati di cemento, come nel più squallido dei panorami lombardi. La crisi ovviamente colpisce anche lì, per cui quegli ipermercati e shopping center, non attirano più come prima una massa gigantesca di consumatori. Ma le grandi compagnie se ne fregano. Si annettono terrotori, ci costruiscono le loro cattedrali, rapinano le persone con il miraggio magari dei grandi sconti, poi finita la rapina se ne vanno a rapinare altrove e lasciano intere città da Blade Runner che dopo aver cancellato il paesaggio hanno distrutto anche ogni possibilità di vera vita sociale. In Lombardia, dove abito, per vedere e poter valutare i risultati di questa trasformazione speculativa abbiamo dovuto aspettare una ventina d’anni. Lì tutto questo è avvenuto in un tempi incredibilmente veloce: soltanto quattro anni! Quando si celebra il cosiddetto “libero mercato” che libero non è per nulla, ci rendiamo conto di cosa stanno facendo al mondo e a noi stessi queste compagnie internazionali?

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130737 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 15:46:27 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130737 @ Annamaria. Preparati anche agli acquisti. Ho visto delle scarpe Dockers originali a 39 lire turche, che corrispondono all'incirca a venti euro. DVD di film americani o di serie tipo Lost venduto a 2 o Tre lire turche l'uno, cioè a 1 euro/1 euro e mezzo, mentre noi gli stessi oggetti possiamo pagarli anche 22/24 euro. Viaggiando si impara che nel nostro cosiddetto mercato non esiste valore oggettivo, intrinseco delle merci. E anche questa è una bella materia di riflessione. Se le major americane fanno profitti anche vendendo i loro film a 1 euro, quanti ne fanno su di noi babbi? E poi se la prendono con il download gratuito! Ma per favore! Esistesse il download delle scarpe, mi scaricherei anche quelle. @ Annamaria. Preparati anche agli acquisti. Ho visto delle scarpe Dockers originali a 39 lire turche, che corrispondono all’incirca a venti euro. DVD di film americani o di serie tipo Lost venduto a 2 o Tre lire turche l’uno, cioè a 1 euro/1 euro e mezzo, mentre noi gli stessi oggetti possiamo pagarli anche 22/24 euro. Viaggiando si impara che nel nostro cosiddetto mercato non esiste valore oggettivo, intrinseco delle merci. E anche questa è una bella materia di riflessione. Se le major americane fanno profitti anche vendendo i loro film a 1 euro, quanti ne fanno su di noi babbi? E poi se la prendono con il download gratuito! Ma per favore! Esistesse il download delle scarpe, mi scaricherei anche quelle.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130736 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 15:40:15 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130736 Un commento voglio anche dedicarlo a un caso del tutto particolare, ma significativo. Faceva parte della nostra spedizione in Turchia il grande disegnatore di Zagor Gallieno Ferri, persona davvero ammirevole al di là del suo eccellente lavoro, che all'età di 82 anni suonati fa il wind surf. Anche gli appena trentenni tra noi, a furia di traffico, ingorghi e passeggiate per mercati, erano più stremati di lui. Ferri è stato intervistato dalla TV turca, con un lungo servizio dedicato a lui e al suo personaggio, gli sono stati dedicati articoli di una pagina intera su molti quotidiani, al mercato lo riconoscevano e lo festeggiavano con applausi a scena aperta. Una sera gli è stata dedicata una festa in un locale di giovani, in un quarto piano affollatissimo, senza uscite di sicurezza, tutto in legno, in cui si sono esibiti in suo onore diverso gruppi rock, tra i quali uno post-punk formato da tre scatenate ragazze turche (grande bassista, mi è stato detto, io soffro di claustrofobia in ambienti troppo chiusi e affollati, per cui purtroppo sono dovuto uscire). Ferri era più che commosso. Giunto alla sua età, mai in Patria gli era capitato di essere stato così celebrato e trasversalmente alle generazioni. Beh, quanti bravissimi professionisti, conosciuti e popolari all'estero, abbiamo in Italia ? E perché se ne parla così poco? Perché il nostro paese, noi stessi, non sappiamo mostrarci riconoscenti a queste persone? Altri brutti interrogativi che continuiamo da sempre a portarci dietro senza saper trovare risposta. Un commento voglio anche dedicarlo a un caso del tutto particolare, ma significativo. Faceva parte della nostra spedizione in Turchia il grande disegnatore di Zagor Gallieno Ferri, persona davvero ammirevole al di là del suo eccellente lavoro, che all’età di 82 anni suonati fa il wind surf. Anche gli appena trentenni tra noi, a furia di traffico, ingorghi e passeggiate per mercati, erano più stremati di lui. Ferri è stato intervistato dalla TV turca, con un lungo servizio dedicato a lui e al suo personaggio, gli sono stati dedicati articoli di una pagina intera su molti quotidiani, al mercato lo riconoscevano e lo festeggiavano con applausi a scena aperta. Una sera gli è stata dedicata una festa in un locale di giovani, in un quarto piano affollatissimo, senza uscite di sicurezza, tutto in legno, in cui si sono esibiti in suo onore diverso gruppi rock, tra i quali uno post-punk formato da tre scatenate ragazze turche (grande bassista, mi è stato detto, io soffro di claustrofobia in ambienti troppo chiusi e affollati, per cui purtroppo sono dovuto uscire). Ferri era più che commosso. Giunto alla sua età, mai in Patria gli era capitato di essere stato così celebrato e trasversalmente alle generazioni. Beh, quanti bravissimi professionisti, conosciuti e popolari all’estero, abbiamo in Italia ? E perché se ne parla così poco? Perché il nostro paese, noi stessi, non sappiamo mostrarci riconoscenti a queste persone? Altri brutti interrogativi che continuiamo da sempre a portarci dietro senza saper trovare risposta.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130734 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 15:27:37 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130734 Una piccola nota riguardo alla questione islamica. In una città così pazzescamente moderna, ogni tanto risuonano, a spezzare la giornata, i richiami dei muezzin, così incredibilmente melodici e tra l'altro moderni, perchè si avvalgono oggi di tecnologie "ad eco" da sala di registrazione discografica d'avanguardia. La vita continua a procedere inalterata. Non è vero che tutto si blocca. Ma si vedono gruppi che si lavano i piedi in apposite fontane e spezzano il ritmo giornaliero, pregando. Sono richiami che ricordano, per chi ha avuto l'avventura di ascoltarle in passato, le nostre campane, oggi odiatissime in Italia, perché chi si prende una casa in campagna come prima cosa chiede al comune locale di silenziare le campane che lo disturbano, il che la dice lunga circa il nostro rispetto per la tradizione religiosa intesa come rito sociale. All'ora della funzione, tra le due e mezza del pomeriggio e le tre e mezza, anche le Moschee più antiche e turistiche come la Moschea Blu, chiudono ai visitatori, per rispetto della cerimonia e dei fedeli, e questo anche se il traffico turistico porta soldi. Il che mi ha fatto venire in mente il mio imbarazzo (imbarazzo da non credente) quando mi capita di entrare a vedere le bellezze di una chiesa o cattedrale italiana e trovo che c'è una funzione in atto. Mi chiedo quale raccoglimento possano trovare i fedeli, vedendosi circolare attorno turisti svagati con macchina fotografiche al collo. Quale mancanza di rispetto! Non è questione di essere islamici o cristiani, dovrebbe essere questione elementare di civiltà. Peraltro sarebbe sviante pensare che la religione in Turchia (uno dei primi e più importanti stati laici d'Oriente) sia fenomeno di resistenza dell'antico o di difesa fondamentalista rispetto all'Occidente. Il fenomeno è assai più complesso. Oggi in Turchia c'è al governo un'alleanza tra super-americani e religiosi. In altre parole, mercantilismo occidentale e tradizione religiosa non si oppongono affatto, anzi si tengono l'un l'altra. E' una sorta di diabolico abbraccio che molti turchi vedono minacciare la loro storia profondamente laica e la loro stessa legislazione. Qualcosa di estremamente simile alla nostra destra al governo, insieme irreligiosa e consumista nei comportamenti quanto all'apparenza devota e clericale. Anche noi, come i figli e i nipoti di Ataturk, ci troviamo in questo diabolico abbraccio a dover difendere elementari valori Costituzionali. L'attuale premier turco è grande amico di Berlusconi e negli alberghi turchi, infatti, come canale italiano, non si vede Rai Uno, bensì Canale Cinque. La loro immagine dell'Italia è costituita da Bonolis, Maria de Filippi e Grande Fratello. Ciò non impedisce ai giornali turchi, anche quelli di regime, di irridere ormai apertamente a Berlusconi e alla sua vita "privata" , il che è per noi piuttosto desolante. Mi sono fatto tradurre un titolo che commentava una sortita del nostro premier che prometteva di togliere le prostitute dalla strada e si diceva apertamente fin dal titolo che stavolta la promessa appariva fondata visto che se la porta tutte a casa sua. Questa farsa totale, che non manca di avvilirci, va anche però letta in trasparenza come metafora di un simile destino della LORO rappresentanza politica inquinata insieme da affarismo e da una religiosità di pura facciata. Questo però non significa che chi è religioso non senta acutamente la contraddizione e non ne soffra. Questo dovremo tenerlo sempre presente, anche quando si discute di cose nostre. Una piccola nota riguardo alla questione islamica. In una città così pazzescamente moderna, ogni tanto risuonano, a spezzare la giornata, i richiami dei muezzin, così incredibilmente melodici e tra l’altro moderni, perchè si avvalgono oggi di tecnologie “ad eco” da sala di registrazione discografica d’avanguardia. La vita continua a procedere inalterata. Non è vero che tutto si blocca. Ma si vedono gruppi che si lavano i piedi in apposite fontane e spezzano il ritmo giornaliero, pregando. Sono richiami che ricordano, per chi ha avuto l’avventura di ascoltarle in passato, le nostre campane, oggi odiatissime in Italia, perché chi si prende una casa in campagna come prima cosa chiede al comune locale di silenziare le campane che lo disturbano, il che la dice lunga circa il nostro rispetto per la tradizione religiosa intesa come rito sociale. All’ora della funzione, tra le due e mezza del pomeriggio e le tre e mezza, anche le Moschee più antiche e turistiche come la Moschea Blu, chiudono ai visitatori, per rispetto della cerimonia e dei fedeli, e questo anche se il traffico turistico porta soldi. Il che mi ha fatto venire in mente il mio imbarazzo (imbarazzo da non credente) quando mi capita di entrare a vedere le bellezze di una chiesa o cattedrale italiana e trovo che c’è una funzione in atto. Mi chiedo quale raccoglimento possano trovare i fedeli, vedendosi circolare attorno turisti svagati con macchina fotografiche al collo. Quale mancanza di rispetto! Non è questione di essere islamici o cristiani, dovrebbe essere questione elementare di civiltà. Peraltro sarebbe sviante pensare che la religione in Turchia (uno dei primi e più importanti stati laici d’Oriente) sia fenomeno di resistenza dell’antico o di difesa fondamentalista rispetto all’Occidente. Il fenomeno è assai più complesso. Oggi in Turchia c’è al governo un’alleanza tra super-americani e religiosi. In altre parole, mercantilismo occidentale e tradizione religiosa non si oppongono affatto, anzi si tengono l’un l’altra. E’ una sorta di diabolico abbraccio che molti turchi vedono minacciare la loro storia profondamente laica e la loro stessa legislazione. Qualcosa di estremamente simile alla nostra destra al governo, insieme irreligiosa e consumista nei comportamenti quanto all’apparenza devota e clericale. Anche noi, come i figli e i nipoti di Ataturk, ci troviamo in questo diabolico abbraccio a dover difendere elementari valori Costituzionali. L’attuale premier turco è grande amico di Berlusconi e negli alberghi turchi, infatti, come canale italiano, non si vede Rai Uno, bensì Canale Cinque. La loro immagine dell’Italia è costituita da Bonolis, Maria de Filippi e Grande Fratello. Ciò non impedisce ai giornali turchi, anche quelli di regime, di irridere ormai apertamente a Berlusconi e alla sua vita “privata” , il che è per noi piuttosto desolante. Mi sono fatto tradurre un titolo che commentava una sortita del nostro premier che prometteva di togliere le prostitute dalla strada e si diceva apertamente fin dal titolo che stavolta la promessa appariva fondata visto che se la porta tutte a casa sua. Questa farsa totale, che non manca di avvilirci, va anche però letta in trasparenza come metafora di un simile destino della LORO rappresentanza politica inquinata insieme da affarismo e da una religiosità di pura facciata. Questo però non significa che chi è religioso non senta acutamente la contraddizione e non ne soffra. Questo dovremo tenerlo sempre presente, anche quando si discute di cose nostre.

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Di: Annamaria http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130733 Annamaria Mon, 08 Nov 2010 15:10:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130733 @ Gianfranco Manfredi Grazie. Non è ancora mio marito, ma lo sarà presto. Ci sposeremo l'estate prossima. magari potrei proporre un viaggio di nozze proprio a Istanbul. "Cose turche" come ha scritto Leo. :) @ Gianfranco Manfredi
Grazie. Non è ancora mio marito, ma lo sarà presto. Ci sposeremo l’estate prossima. magari potrei proporre un viaggio di nozze proprio a Istanbul.
“Cose turche” come ha scritto Leo. :)

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130732 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 15:06:52 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130732 @ Annamaria. Istanbul un luogo a rischio? Molto meno di New York. Portacelo al guinzaglio, tuo marito, e cominciata il giro dalla Torre di Galata, dalla quale si ha una vista panoramica complessiva. La Torre venne costruita da un architetto genovese, all'epoca delle repubbliche Marinare. nella piazzetta antistante è esposta una targa che ricorda il padre (il padre!) di Jean Jacques Rousseu che dalla natia Ginevra giunse a Istanbul nel 1710 circa, per lavorare come orologiaio di corte. Dalla stessa torre, nel Seicento (!) un avventuroso e spericolato trasvolatore turco munito di ali artificiali ispirate ai disegni di leonardo, si lanciò attraverso il bosforo, volando per sei chilometri in linea d'aria tra la sponda europea e quella asiatica e atterrando con pieno successo. Ecco: predisponetevi a questi intrecci culturali che testimoniano se non altro quale cosmopolitismo abbia regnato per secoli in Europa e quanti e quali fattivi legami con quel mondo del vicino oriente che oggi la propaganda vuole farci credere così lontano e "pericoloso". @ Annamaria. Istanbul un luogo a rischio? Molto meno di New York. Portacelo al guinzaglio, tuo marito, e cominciata il giro dalla Torre di Galata, dalla quale si ha una vista panoramica complessiva. La Torre venne costruita da un architetto genovese, all’epoca delle repubbliche Marinare. nella piazzetta antistante è esposta una targa che ricorda il padre (il padre!) di Jean Jacques Rousseu che dalla natia Ginevra giunse a Istanbul nel 1710 circa, per lavorare come orologiaio di corte. Dalla stessa torre, nel Seicento (!) un avventuroso e spericolato trasvolatore turco munito di ali artificiali ispirate ai disegni di leonardo, si lanciò attraverso il bosforo, volando per sei chilometri in linea d’aria tra la sponda europea e quella asiatica e atterrando con pieno successo. Ecco: predisponetevi a questi intrecci culturali che testimoniano se non altro quale cosmopolitismo abbia regnato per secoli in Europa e quanti e quali fattivi legami con quel mondo del vicino oriente che oggi la propaganda vuole farci credere così lontano e “pericoloso”.

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Di: Leo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130731 Leo Mon, 08 Nov 2010 15:06:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130731 Ho letto anch'io. Grazie mille a Gianfranco Manfredi. Conosco Istanbul e l'ho molto amata. Purtroppo c'è molto pregiudizio nei confronti della Turchia. Anche della Turchia letteraria. Dal post di Manfredi si evince altro. Ora quando in Italia accadrà qualcosa di positivo per la letteratura, a ragion veduta potremo dire : "Cose turche". Ho letto anch’io. Grazie mille a Gianfranco Manfredi.
Conosco Istanbul e l’ho molto amata.
Purtroppo c’è molto pregiudizio nei confronti della Turchia. Anche della Turchia letteraria.
Dal post di Manfredi si evince altro.
Ora quando in Italia accadrà qualcosa di positivo per la letteratura, a ragion veduta potremo dire : “Cose turche”.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130730 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 14:59:35 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130730 Prima questione. Ero stato invitato insieme ad altri autori di fumetti, non solo Bonelliani. Prima sorpresa. Lì alla Fiera le pubblicazioni a fumetti non erano ghettizzate in un'apposita sezione. I fumetti si chiamano (da sempre) in Turchia "romanzi per immagini" , definizione assai più appropriata di bandes dessinées o di Cartoon o di Comic-Books. Sono cioè narrativa, per cui gli stand di editori fumettistici sono mescolati a quelli della Letteratura, negli stessi padiglioni. Non esiste alcuna gerarchia di tipo accademico per cui la narrativa a fumetti sarebbe di per sé inferiore a quella puramente letteraria. E ciò nonostante il fatto che il fumetto turco non esista, nel senso che gli autori di fumetti turchi si possono contare sulla punta delle dita. Ora: cosa ho visto per gli stand? Nonostante la stima profonda e di lunga data dei turchi per la cultura italiana, la nostra letteratura è quasi assente e ci sarebbe davvero da chiedersi come mai ci si preoccupi così poco da parte nostra di pubblicare in Turchia, mentre francesi, tedeschi e americani sono assai presenti. Ma vengo allo specifico dell'horror e del neo-gotico, tema che ovviamente attirava il mio interesse. La Meyer la si è pubblica in Turchia, però in una collana del romanzo rosa, dunque in modo ben distinto dal vampirico tradizionale. Ovvio che il fenomeno vampirico stia emergendo anche là, però più affidato ai classici (tra i quali si può collocare Anne Rice) , mentre del vampirico-sentimentale alla Meyer si diffida e lo si considera poco interessante . Peraltro questi temi stanno appena affiorando e dunque non se ne può prevedere il futuro radicamento. Una sera mi hanno portato in un posto davvero strabiliante, dopo giri infiniti per vicoli tortuosi. Una vecchia sala cinematografica restaurata a Museo, con vecchi proiettori, poster, immagini di attori turchi sconosciutissimi da noi. Lì sopra stanno gli uffici della Horizon, una produzione cinematografica che da poco tempo ha cominciato a ripubblicare in DVD film turchi dagli anni 50 a oggi che percorrono tutti i generi minori, cioè quel tipo di produzione che noi oggi chiamiamo cult e che loro chiamano fanatik. Mi hanno fatto omaggio di un ricchissimo catalogo illustrato che contiene più di duemila film che saranno nel tempo restaurati in digitale e ristampati. Il genere prevalente è la commedia. Parecchi film storici ed epici. Un numero impressionante di film erotici, soprattutto degli anni 70, con donne integralmente nude già sul poster (i nostri poster al confronto erano assai più castigati). Di questa immane produzione non sospettavo neppure l'esistenza. Moltissimi gangster-movies, spy movies o polizieschi, ma quasi nessun Giallo propriamente detto. Un numero incredibile di western locali, più influenzati dai nostri spaghetti western che dal cinema americano. Un nutrito numero di titoli di fantascienza e fantasy fiabesca. Ma di horror, quasi zero. Soltanto due i titoli, negli anni 70, exploitation turche de L'Esorcista. Qualche isolato licantropo (non in quel catalogo, ma reperiti altrove). Zero vampiri. Se dunque in Turchia l'horror è stato assente dalla cultura popolare e di massa per decenni, è evidente che stenti a muovere grandi masse, ma è anche evidente che questi primi passi , già premiati da un notevole interesse di pubblico, segnalano una trasformazione "epocale" in atto. Un discorso analogo all'horror si può fare per il thriller: sempre più numerosi i titoli e gli autori pubblicati e il loro potenziale di mercato ancora largamente inesplorato e imprevedibile . A maggior ragione vale la pensa di esserci se non altro perché quando un fenomeno comincia, è particolarmente vivace e fecondo e attira i lettori migliori, cioè quelli più esplorativi e innovatori del gusto medio. E naturalmente si comincia dalla fine. In pratica: l'ondata di romanzi sugli zombi che avevo già visto abbondantemente deflagrata in Spagna, in Turchia è al principio, ma già attira maggiore interesse del vampiro depotenziato o à la mode che abbiamo conosciuto in Italia in questi ultimi due o tre anni. La letteratura vampirica debutta in Turchia già attraverso un filtro che ne seleziona all'origine le scorie commercialmente imitative e banalmente replicanti. Prima questione. Ero stato invitato insieme ad altri autori di fumetti, non solo Bonelliani. Prima sorpresa. Lì alla Fiera le pubblicazioni a fumetti non erano ghettizzate in un’apposita sezione. I fumetti si chiamano (da sempre) in Turchia “romanzi per immagini” , definizione assai più appropriata di bandes dessinées o di Cartoon o di Comic-Books. Sono cioè narrativa, per cui gli stand di editori fumettistici sono mescolati a quelli della Letteratura, negli stessi padiglioni. Non esiste alcuna gerarchia di tipo accademico per cui la narrativa a fumetti sarebbe di per sé inferiore a quella puramente letteraria. E ciò nonostante il fatto che il fumetto turco non esista, nel senso che gli autori di fumetti turchi si possono contare sulla punta delle dita. Ora: cosa ho visto per gli stand? Nonostante la stima profonda e di lunga data dei turchi per la cultura italiana, la nostra letteratura è quasi assente e ci sarebbe davvero da chiedersi come mai ci si preoccupi così poco da parte nostra di pubblicare in Turchia, mentre francesi, tedeschi e americani sono assai presenti. Ma vengo allo specifico dell’horror e del neo-gotico, tema che ovviamente attirava il mio interesse. La Meyer la si è pubblica in Turchia, però in una collana del romanzo rosa, dunque in modo ben distinto dal vampirico tradizionale. Ovvio che il fenomeno vampirico stia emergendo anche là, però più affidato ai classici (tra i quali si può collocare Anne Rice) , mentre del vampirico-sentimentale alla Meyer si diffida e lo si considera poco interessante . Peraltro questi temi stanno appena affiorando e dunque non se ne può prevedere il futuro radicamento. Una sera mi hanno portato in un posto davvero strabiliante, dopo giri infiniti per vicoli tortuosi. Una vecchia sala cinematografica restaurata a Museo, con vecchi proiettori, poster, immagini di attori turchi sconosciutissimi da noi. Lì sopra stanno gli uffici della Horizon, una produzione cinematografica che da poco tempo ha cominciato a ripubblicare in DVD film turchi dagli anni 50 a oggi che percorrono tutti i generi minori, cioè quel tipo di produzione che noi oggi chiamiamo cult e che loro chiamano fanatik. Mi hanno fatto omaggio di un ricchissimo catalogo illustrato che contiene più di duemila film che saranno nel tempo restaurati in digitale e ristampati. Il genere prevalente è la commedia. Parecchi film storici ed epici. Un numero impressionante di film erotici, soprattutto degli anni 70, con donne integralmente nude già sul poster (i nostri poster al confronto erano assai più castigati). Di questa immane produzione non sospettavo neppure l’esistenza. Moltissimi gangster-movies, spy movies o polizieschi, ma quasi nessun Giallo propriamente detto. Un numero incredibile di western locali, più influenzati dai nostri spaghetti western che dal cinema americano. Un nutrito numero di titoli di fantascienza e fantasy fiabesca. Ma di horror, quasi zero. Soltanto due i titoli, negli anni 70, exploitation turche de L’Esorcista. Qualche isolato licantropo (non in quel catalogo, ma reperiti altrove). Zero vampiri. Se dunque in Turchia l’horror è stato assente dalla cultura popolare e di massa per decenni, è evidente che stenti a muovere grandi masse, ma è anche evidente che questi primi passi , già premiati da un notevole interesse di pubblico, segnalano una trasformazione “epocale” in atto. Un discorso analogo all’horror si può fare per il thriller: sempre più numerosi i titoli e gli autori pubblicati e il loro potenziale di mercato ancora largamente inesplorato e imprevedibile . A maggior ragione vale la pensa di esserci se non altro perché quando un fenomeno comincia, è particolarmente vivace e fecondo e attira i lettori migliori, cioè quelli più esplorativi e innovatori del gusto medio. E naturalmente si comincia dalla fine. In pratica: l’ondata di romanzi sugli zombi che avevo già visto abbondantemente deflagrata in Spagna, in Turchia è al principio, ma già attira maggiore interesse del vampiro depotenziato o à la mode che abbiamo conosciuto in Italia in questi ultimi due o tre anni. La letteratura vampirica debutta in Turchia già attraverso un filtro che ne seleziona all’origine le scorie commercialmente imitative e banalmente replicanti.

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Di: terzapagina blog http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130726 terzapagina blog Mon, 08 Nov 2010 14:46:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130726 ci siamo permessi di inserire online il post su Istanbul di Gianfranco Manfredi http://terzapagina.blog.kataweb.it/2010/11/08/istanbul-vista-da-gianfranco-manfredi/ ringraziamo Manfredi e ringraziamo anche Massimo Maugeri per averci dato "carta bianca" per attingere dal suo blog. ci siamo permessi di inserire online il post su Istanbul di Gianfranco Manfredi http://terzapagina.blog.kataweb.it/2010/11/08/istanbul-vista-da-gianfranco-manfredi/
ringraziamo Manfredi e ringraziamo anche Massimo Maugeri per averci dato “carta bianca” per attingere dal suo blog.

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Di: Annamaria http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130725 Annamaria Mon, 08 Nov 2010 14:36:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130725 Ho appena finito di leggere il suo resoconto su Istanbul. Grazie. L'anno scorso pensavo di andarci in vacanza, ma il mio fidanzato si è opposto dicendo che quella città è ascrivibile nell'elenco dei "luoghi a rischio". Gli farò leggere questo suo post. Ho appena finito di leggere il suo resoconto su Istanbul.
Grazie. L’anno scorso pensavo di andarci in vacanza, ma il mio fidanzato si è opposto dicendo che quella città è ascrivibile nell’elenco dei “luoghi a rischio”.
Gli farò leggere questo suo post.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130718 Gianfranco Manfredi Mon, 08 Nov 2010 14:23:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130718 Accolgo l'invito di Massimo Maugeri e posto qui alcune note sul Festival della Lettatura di Istanbul da cui sono appena tornato. Gli stimoli che ne ho ricavato sono talmente tanti, l'esperienza è stata così intensa, che mi ci vorrà tempo per metabolizzare. Vi evito un Diario perchè sarebbe magari interessante da leggere, ma renderebbe impraticabile una discussione, accumulando troppi temi e troppe questioni tuttora per me aperte. Dunque comincerò con alcune note essenziali, dichiarandomi più che disponibile ad approfondire e a rispondere a eventuali richieste di chiarimento. Anzitutto una premessa. Era stato a Istanbul nel lontano 1971. La memoria inchioda i posti in cui si è stati al passato. Quando si scopre come siano cambiate le cose in quarantanni, non si può non vivere una speasante sensazione di viaggio nel tempo cancellato e non ci si può fare a meno di chiedere, cosa penseremmo del NOSTRO stesso passato se venissimo rimpiombati indietro di quarant'anni, ma soprattutto con quali occhi potremmo guardare al nostro PRESENTE. Instanbul è attualmente un città di quindici milioni di abitanti cui vanno aggiunto cinque o sei milioni di immigrati clandestini. La mia prima sensazione è stata di choc assoluto, dato che ricordavo una Istanbul che non esiste più, e che molti dei suoi stessi abitanti attuali non hanno mai conosciuto. A questo va aggiunto il disagio di ritrovarsi costantemente bloccati nel traffico a passo d'uomo , non solo di auto, anche di persone. La città si distende per cento chilometri. Per arrivare al festival dal mio albergo dovevo farne ottanta al giorno a una velocità non superiore ai trenta chilometri all'ora. La fiera, di dimensioni pari se non superiori a quella del Libro di Torino, era affollata da centinaia di migliaia di persone, in larga maggioranza donne. Ragazze in casual , jeans e maglietta, ragazze in minigonna e ragazze con il foulard , ma tutte con cellulari di ultima generazione . Intere scolaresche di ragazzini anche molto piccoli . Lunghissime file agli stand per le firme degli scrittori. Veniva da ridere, davvero, ripensando ai discorsi sulla Morte del Romanzo, che pure si fanno anche là, ma a quanto risulta evidente piuttosto fuori misura, e fuori da ogni presa d'atto dei fenomeni di aggregazione fisica e culturale che non possono essere certo ridotti a proiezioni virtuali e/o tecnologiche, tale è la loro complessità. Come spiegare una realtà metropolitana di questo genere confrontandola alla nostra piccola Italia? Tremano i polsi solo al tentativo. Omologazione? Non si capisce più di cosa si stia parlando. Dentro Istanbul vivono decine di città diverse anche architettonicamente, stratificazioni storiche e culturali in perpetua trasformazione, culture diverse e multiple accavallate eppure reciprocamente trasparenti, melting pot inimmaginabili. Le omologazioni sono la superficialità vistosa quanto prevedibile (i Pizza Hut, gli Starbuck Coffee), che copre una realtà sfuggente che nessuno sa e può prevedere dove ci condurrà. Quanto ridicoli mi sono sembrati, là in mezzo, i nostri discorsi sulla cultura islamica, da noi conosciuta poco e male, attraverso la stampa, le chiacchiere, le propagande. senza mai passare nel bagno rigenerante e insieme stravolgente del vissuto vero, dell'esperienza personale . Nulla di ciò che si dice corrisponde a quanto di vede e si impara a conoscere anche in pochi giorni di permanenza. me ne sono andato dall'Italia con ancora in testa un dibattito televisivo che avevo visto sui rifiuti di Napoli, ad esempio, nel quale qualcuno aveva osservato (e mi era parso saggiamente) che gran parte della difficoltà di risolvere il problema stava nelle dimensioni metropolitane di Napoli. A Istanbul , nonostante le dimensioni, il problema rifiuti non esiste. La città è di una pulizia che ci fa vergogna. Si cura persino che i cassonetti (peraltro costantemente svuotati) non offendano il gusto estetico, e dunque sono protetti dentro appositi recinti in modo da sparire alla vista.Lo smog è in compenso intollerabile e mi hanno raccontato che in provincia , persino in piccoli centri, la situazione è anche peggiore. Tra funzionamento "svizzero" e paralisi pare debba logicamente esserci opposizione insanabile, eppure a Istanbul i due dati di fatto coincidono. Ecco. Questo per darvi un primo quadro d'insieme, prima di passare a questioni più squisitamente letterarie. Accolgo l’invito di Massimo Maugeri e posto qui alcune note sul Festival della Lettatura di Istanbul da cui sono appena tornato. Gli stimoli che ne ho ricavato sono talmente tanti, l’esperienza è stata così intensa, che mi ci vorrà tempo per metabolizzare. Vi evito un Diario perchè sarebbe magari interessante da leggere, ma renderebbe impraticabile una discussione, accumulando troppi temi e troppe questioni tuttora per me aperte. Dunque comincerò con alcune note essenziali, dichiarandomi più che disponibile ad approfondire e a rispondere a eventuali richieste di chiarimento. Anzitutto una premessa. Era stato a Istanbul nel lontano 1971. La memoria inchioda i posti in cui si è stati al passato. Quando si scopre come siano cambiate le cose in quarantanni, non si può non vivere una speasante sensazione di viaggio nel tempo cancellato e non ci si può fare a meno di chiedere, cosa penseremmo del NOSTRO stesso passato se venissimo rimpiombati indietro di quarant’anni, ma soprattutto con quali occhi potremmo guardare al nostro PRESENTE. Instanbul è attualmente un città di quindici milioni di abitanti cui vanno aggiunto cinque o sei milioni di immigrati clandestini. La mia prima sensazione è stata di choc assoluto, dato che ricordavo una Istanbul che non esiste più, e che molti dei suoi stessi abitanti attuali non hanno mai conosciuto. A questo va aggiunto il disagio di ritrovarsi costantemente bloccati nel traffico a passo d’uomo , non solo di auto, anche di persone.
La città si distende per cento chilometri. Per arrivare al festival dal mio albergo dovevo farne ottanta al giorno a una velocità non superiore ai trenta chilometri all’ora. La fiera, di dimensioni pari se non superiori a quella del Libro di Torino, era affollata da centinaia di migliaia di persone, in larga maggioranza donne. Ragazze in casual , jeans e maglietta, ragazze in minigonna e ragazze con il foulard , ma tutte con cellulari di ultima generazione . Intere scolaresche di ragazzini anche molto piccoli . Lunghissime file agli stand per le firme degli scrittori. Veniva da ridere, davvero, ripensando ai discorsi sulla Morte del Romanzo, che pure si fanno anche là, ma a quanto risulta evidente piuttosto fuori misura, e fuori da ogni presa d’atto dei fenomeni di aggregazione fisica e culturale che non possono essere certo ridotti a proiezioni virtuali e/o tecnologiche, tale è la loro complessità. Come spiegare una realtà metropolitana di questo genere confrontandola alla nostra piccola Italia? Tremano i polsi solo al tentativo. Omologazione? Non si capisce più di cosa si stia parlando. Dentro Istanbul vivono decine di città diverse anche architettonicamente, stratificazioni storiche e culturali in perpetua trasformazione, culture diverse e multiple accavallate eppure reciprocamente trasparenti, melting pot inimmaginabili. Le omologazioni sono la superficialità vistosa quanto prevedibile (i Pizza Hut, gli Starbuck Coffee), che copre una realtà sfuggente che nessuno sa e può prevedere dove ci condurrà. Quanto ridicoli mi sono sembrati, là in mezzo, i nostri discorsi sulla cultura islamica, da noi conosciuta poco e male, attraverso la stampa, le chiacchiere, le propagande. senza mai passare nel bagno rigenerante e insieme stravolgente del vissuto vero, dell’esperienza personale . Nulla di ciò che si dice corrisponde a quanto di vede e si impara a conoscere anche in pochi giorni di permanenza. me ne sono andato dall’Italia con ancora in testa un dibattito televisivo che avevo visto sui rifiuti di Napoli, ad esempio, nel quale qualcuno aveva osservato (e mi era parso saggiamente) che gran parte della difficoltà di risolvere il problema stava nelle dimensioni metropolitane di Napoli. A Istanbul , nonostante le dimensioni, il problema rifiuti non esiste. La città è di una pulizia che ci fa vergogna. Si cura persino che i cassonetti (peraltro costantemente svuotati) non offendano il gusto estetico, e dunque sono protetti dentro appositi recinti in modo da sparire alla vista.Lo smog è in compenso intollerabile e mi hanno raccontato che in provincia , persino in piccoli centri, la situazione è anche peggiore. Tra funzionamento “svizzero” e paralisi pare debba logicamente esserci opposizione insanabile, eppure a Istanbul i due dati di fatto coincidono.
Ecco. Questo per darvi un primo quadro d’insieme, prima di passare a questioni più squisitamente letterarie.

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Di: Message in a Book » Nuove uscite per Gargoyle Books http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-130279 Message in a Book » Nuove uscite per Gargoyle Books Wed, 03 Nov 2010 22:00:25 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-130279 [...] http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/ [...] [...] http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/ [...]

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-129076 Gianfranco Manfredi Mon, 25 Oct 2010 11:39:53 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-129076 @ Massimo. Subito dopo Genova, andò a Istanbul per la Fiera del Libro e del Fumetto e mi tratterrò là per tutta la settimana. Una corrispondenza la posterò senz'altro, al mio ritorno: sono molto curioso di vedere se in Turchia troverò lo stesso fattivo confronto tra scrittori, lo stesso cosmopolitismo aperto che ho trovato in altri convegni internazionali e che a mio parere caratterizza questo momento letterario, anche se i critici di casa nostra non se ne sono accorti e continuano ad andare in cerca dello "specifico italiano", delle "nuove generazioni di scrittori italiani" (come se si venisse immessi in letteratura a ondate generazionali successive) e a valutare il lavoro degli scrittori in generale in relazione a "scuole nazionali" spesso del tutto inesistenti. L'ignoranza della critica accademica rispetto al quadro operativo della scrittura in questa epoca globalizzata, non manca costantemente di sorprendermi, anche nel campo dei riferimenti. Non riesco personalmente a dare la minima credibilità a critici e in particolare a storici della letteratura contemporanea, che MAI in vita loro hanno scritto qualcosa su autori come Ken Follet, Grisham, Stephen King, Chrichton, quasi la loro influenza sia stata nulla, o da confinare al dominio dei "generi" , a una sorta di campo "popolare e di mercato" inteso, da quella critica, come Pre-Letterario, e tutto sommato insignificante. Il risultato è che si occupano di opere DAVVERO insignificanti, coltivando e militando senza rendersene conto nel più assoluto provincialismo culturale, alla ricerca di una letteratura di cui in genere lamentano l'assenza, senza capire che è assente proprio perché non c'è. Non varrebbe la pena di occuparsi di quella che c'è? @ Franco. Grazie per il tuo commento. Certe cose del mio romanzo (ad esempio la descrizione onirica del viaggio della Mummia nel regno dei morti) non capivo neppure io, scrivendo, dove mi avrebbero portato. Poi è capitato che nel thread sui vampiri tu abbia postato delle riflessioni in merito alla simbologia del Serpente come mito di rinascita, e mi hai anche deliziato inviandomi un tuo saggio sull'argomento, leggendo il quale ho finalmente capito cosa diavolo avevo scritto cedendo puramente e semplicemente all'inconscio. @ Massimo. Subito dopo Genova, andò a Istanbul per la Fiera del Libro e del Fumetto e mi tratterrò là per tutta la settimana. Una corrispondenza la posterò senz’altro, al mio ritorno: sono molto curioso di vedere se in Turchia troverò lo stesso fattivo confronto tra scrittori, lo stesso cosmopolitismo aperto che ho trovato in altri convegni internazionali e che a mio parere caratterizza questo momento letterario, anche se i critici di casa nostra non se ne sono accorti e continuano ad andare in cerca dello “specifico italiano”, delle “nuove generazioni di scrittori italiani” (come se si venisse immessi in letteratura a ondate generazionali successive) e a valutare il lavoro degli scrittori in generale in relazione a “scuole nazionali” spesso del tutto inesistenti. L’ignoranza della critica accademica rispetto al quadro operativo della scrittura in questa epoca globalizzata, non manca costantemente di sorprendermi, anche nel campo dei riferimenti. Non riesco personalmente a dare la minima credibilità a critici e in particolare a storici della letteratura contemporanea, che MAI in vita loro hanno scritto qualcosa su autori come Ken Follet, Grisham, Stephen King, Chrichton, quasi la loro influenza sia stata nulla, o da confinare al dominio dei “generi” , a una sorta di campo “popolare e di mercato” inteso, da quella critica, come Pre-Letterario, e tutto sommato insignificante. Il risultato è che si occupano di opere DAVVERO insignificanti, coltivando e militando senza rendersene conto nel più assoluto provincialismo culturale, alla ricerca di una letteratura di cui in genere lamentano l’assenza, senza capire che è assente proprio perché non c’è. Non varrebbe la pena di occuparsi di quella che c’è?
@ Franco. Grazie per il tuo commento. Certe cose del mio romanzo (ad esempio la descrizione onirica del viaggio della Mummia nel regno dei morti) non capivo neppure io, scrivendo, dove mi avrebbero portato. Poi è capitato che nel thread sui vampiri tu abbia postato delle riflessioni in merito alla simbologia del Serpente come mito di rinascita, e mi hai anche deliziato inviandomi un tuo saggio sull’argomento, leggendo il quale ho finalmente capito cosa diavolo avevo scritto cedendo puramente e semplicemente all’inconscio.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-128958 Massimo Maugeri Sun, 24 Oct 2010 22:49:08 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128958 @ Gianfranco Sarebbe bello se ci raccontassi - a riflettori spenti - l'esito del Festival della Scienza di Genova (almeno per la sezione che ha riguardato te). @ Gianfranco
Sarebbe bello se ci raccontassi – a riflettori spenti – l’esito del Festival della Scienza di Genova (almeno per la sezione che ha riguardato te).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-128957 Massimo Maugeri Sun, 24 Oct 2010 22:48:01 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128957 Ringrazio tutti per i nuovi contributi. In particolare Franco Pezzini, a cui dò il benvenuto in questo dibattito. Ringrazio tutti per i nuovi contributi. In particolare Franco Pezzini, a cui dò il benvenuto in questo dibattito.

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Di: luciano / idefix http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-128945 luciano / idefix Sun, 24 Oct 2010 19:49:52 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128945 Manfredi è come quei giocatori di calcio che stanno in serie B o C, a centrocampo fanno le fortune delle piccole squadre che se li prendono, segnano pure un bel po' di gol, eppure le Grandi della serie A non li comprano nemmeno col lanternino. Poi (quando un giorno o l'altro arrivano in Nazionale a 35 anni) la critica dice "ma dov'erano nascosti fino a oggi?". Al che vien voglia di dirgli (ai critici): "no, scusate. Fino a oggi dov'è che eravate nascosti voi". Manfredi è come quei giocatori di calcio che stanno in serie B o C, a centrocampo fanno le fortune delle piccole squadre che se li prendono, segnano pure un bel po’ di gol, eppure le Grandi della serie A non li comprano nemmeno col lanternino.
Poi (quando un giorno o l’altro arrivano in Nazionale a 35 anni) la critica dice “ma dov’erano nascosti fino a oggi?”.
Al che vien voglia di dirgli (ai critici): “no, scusate. Fino a oggi dov’è che eravate nascosti voi”.

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Di: Franco Pezzini http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-128943 Franco Pezzini Sun, 24 Oct 2010 19:22:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128943 Ciao a tutti. Mi inserisco a discussione avanzata e condivido appieno le valutazioni entusiaste su ‘Tecniche’. Premetto che non ho ancora terminato di leggere: ma il fatto che lo centellini come in un rito serale, godendo scena per scena e cercando di farmelo durare il più possibile (“Fino a che avrò ‘Udolpho’ da leggere, mi sentirò come se nulla potesse rendermi infelice” scrive Jane Austen in ‘Northanger Abbey’), mi sembra costituisca già un buon titolo per esprimermi. Certo, appena ho avuto il libro tra le mani mio figlio (V ginnasio) me l’ha requisito, ci è letteralmente impazzito e ora lo sta pubblicizzando tra i suoi compagni. Certo, il periodo storico è tra quelli che più mi affascinano, il personaggio di Valcour è delizioso e si vorrebbe averlo come frequentatore abituale di casa. E certo, lo stile limpido, brioso e insieme controllatissimo di Gianfranco conquista il lettore. Ma il fascino del romanzo mi pare vada ben oltre. Quel che forse mi colpisce di più è la ricchezza di implicazioni e possibili piani di lettura: in un’avvincente storia di mistero, fitta di colpi di scena e densa di fascino d’ambiente, l’Autore riesce cioè a compenetrare dimensioni diverse con uno straordinario equilibrio. Da un lato c’è il grande affresco storico, con riferimenti culturali e filosofici coltivati con rigore fin nei particolari. D’altro canto la vicenda vibra di una (genuina, il che non è poco) attenzione etica e sociale, occhieggiando all’oggi con deliziosi ammiccamenti tra le righe, ma nel rispetto delle dinamiche e del sentire d’epoca. Su questi aspetti rinvio alle belle riflessioni articolate da tanti amici già su questa pagina e nell’ambito della discissione parallela su vampiri e altri orrori. Ma, ancora, ‘Tecniche’ non scorda la dimensione del divertimento, e prosegue un affascinante discorso sul mostro già varato con ‘Ho freddo’. Se quello era uno splendido romanzo di vampiri dove i vampiri non ci sono, non almeno nel senso più ovvio, qui con la stessa libertà sono chiamati in scena il mad doctor e il corpo reviviscente, la Mummia e persino quella declinazione teratologica ormai ben nota al pubblico che è il serial killer dalla maschera simbolica (non del Grido di Munch ma di inquietudini in fondo non troppo lontane, col rapporto tra fondi-cassa e diritti del consociato). Per non parlare dell’ombra di Sade – altro personaggio dell’odierna House of Horrors – alle spalle dei due fratelli protagonisti. Quel che emerge è una teratologia esplorata felicemente nelle sue due dimensioni possibili: da un lato la teratologia sociale, a mostrare quanto efficacemente l’horror sveli dinamiche collettive e nervi scoperti di un’epoca (anche) attraverso la rifrazione/confronto con altre, passate ma strettamente connesse; dall’altro quell’inquietudine personale e interiore che accede alle grandi domande dell’uomo. Ciao a tutti. Mi inserisco a discussione avanzata e condivido appieno le valutazioni entusiaste su ‘Tecniche’. Premetto che non ho ancora terminato di leggere: ma il fatto che lo centellini come in un rito serale, godendo scena per scena e cercando di farmelo durare il più possibile (“Fino a che avrò ‘Udolpho’ da leggere, mi sentirò come se nulla potesse rendermi infelice” scrive Jane Austen in ‘Northanger Abbey’), mi sembra costituisca già un buon titolo per esprimermi.
Certo, appena ho avuto il libro tra le mani mio figlio (V ginnasio) me l’ha requisito, ci è letteralmente impazzito e ora lo sta pubblicizzando tra i suoi compagni. Certo, il periodo storico è tra quelli che più mi affascinano, il personaggio di Valcour è delizioso e si vorrebbe averlo come frequentatore abituale di casa. E certo, lo stile limpido, brioso e insieme controllatissimo di Gianfranco conquista il lettore. Ma il fascino del romanzo mi pare vada ben oltre. Quel che forse mi colpisce di più è la ricchezza di implicazioni e possibili piani di lettura: in un’avvincente storia di mistero, fitta di colpi di scena e densa di fascino d’ambiente, l’Autore riesce cioè a compenetrare dimensioni diverse con uno straordinario equilibrio. Da un lato c’è il grande affresco storico, con riferimenti culturali e filosofici coltivati con rigore fin nei particolari. D’altro canto la vicenda vibra di una (genuina, il che non è poco) attenzione etica e sociale, occhieggiando all’oggi con deliziosi ammiccamenti tra le righe, ma nel rispetto delle dinamiche e del sentire d’epoca. Su questi aspetti rinvio alle belle riflessioni articolate da tanti amici già su questa pagina e nell’ambito della discissione parallela su vampiri e altri orrori.
Ma, ancora, ‘Tecniche’ non scorda la dimensione del divertimento, e prosegue un affascinante discorso sul mostro già varato con ‘Ho freddo’. Se quello era uno splendido romanzo di vampiri dove i vampiri non ci sono, non almeno nel senso più ovvio, qui con la stessa libertà sono chiamati in scena il mad doctor e il corpo reviviscente, la Mummia e persino quella declinazione teratologica ormai ben nota al pubblico che è il serial killer dalla maschera simbolica (non del Grido di Munch ma di inquietudini in fondo non troppo lontane, col rapporto tra fondi-cassa e diritti del consociato). Per non parlare dell’ombra di Sade – altro personaggio dell’odierna House of Horrors – alle spalle dei due fratelli protagonisti. Quel che emerge è una teratologia esplorata felicemente nelle sue due dimensioni possibili: da un lato la teratologia sociale, a mostrare quanto efficacemente l’horror sveli dinamiche collettive e nervi scoperti di un’epoca (anche) attraverso la rifrazione/confronto con altre, passate ma strettamente connesse; dall’altro quell’inquietudine personale e interiore che accede alle grandi domande dell’uomo.

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Di: alessia e michela http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-128916 alessia e michela Sun, 24 Oct 2010 13:12:09 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128916 Sorridiamo, egregio Luciano. Ci pare aver colto una Sua adesione omicidiaria al nostro post. Grazie Alessia e Michela Sorridiamo, egregio Luciano. Ci pare aver colto una Sua adesione omicidiaria al nostro post.
Grazie
Alessia e Michela

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Di: luciano / idefix http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-5/#comment-128915 luciano / idefix Sun, 24 Oct 2010 12:57:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128915 Sapete che...come dire?...ogni tanto il Web non lo sopporto più? Soprattutto quanto frequento siti interessanti popolati da persone interessanti che scrivono cose interessanti. Il motivo è molto semplice: il mio muso sbatte con troppa dolorosa evidenza contro un fatto brutale e impietoso. Non avrò mai tempo per poter inseguire tutti i consigli che mi vengono suggeriti, per correr dietro alle suggestioni lanciate, per mordere i bocconi che mi vengono mostrati e che vorrei assaporare. Certo: lo so già che la vita è ricchissima e inesauribile. E non ho bisogno del Web per scoprirlo. Ma vedermi squadernato davanti tutto questo bendidio, tutte queste infinite possibilità che (ne sono consapevole) non potrò mai percorrere, mi fa nascere una certa malinconia. Forse nulla come il Web mi fa toccare con mano quanto le nostre vite personali sono solo un minuscolo frammento dell'immensa Possibilità. Un'analoga sensazione la provavo quando, da ragazzino, per strada incrociavo decine di ragazze che mi piacevano e che avrei voluto amare tutte ma sapevo (con dolcissima e atroce certezza sapevo) che non sarebbe mai accaduto. Sapete che…come dire?…ogni tanto il Web non lo sopporto più? Soprattutto quanto frequento siti interessanti popolati da persone interessanti che scrivono cose interessanti. Il motivo è molto semplice: il mio muso sbatte con troppa dolorosa evidenza contro un fatto brutale e impietoso. Non avrò mai tempo per poter inseguire tutti i consigli che mi vengono suggeriti, per correr dietro alle suggestioni lanciate, per mordere i bocconi che mi vengono mostrati e che vorrei assaporare. Certo: lo so già che la vita è ricchissima e inesauribile. E non ho bisogno del Web per scoprirlo. Ma vedermi squadernato davanti tutto questo bendidio, tutte queste infinite possibilità che (ne sono consapevole) non potrò mai percorrere, mi fa nascere una certa malinconia.
Forse nulla come il Web mi fa toccare con mano quanto le nostre vite personali sono solo un minuscolo frammento dell’immensa Possibilità. Un’analoga sensazione la provavo quando, da ragazzino, per strada incrociavo decine di ragazze che mi piacevano e che avrei voluto amare tutte ma sapevo (con dolcissima e atroce certezza sapevo) che non sarebbe mai accaduto.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128911 Gianfranco Manfredi Sun, 24 Oct 2010 11:35:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128911 Una precisazione d'obbligo. Nel suo insieme il Festival della Scienza di Genova (che dura dieci giorni) è un evento complesso e a suo modo "grandioso" . Ne potete leggere un primo rapporto su due/tre pagine speciali di Repubblica di oggi e altri rapporti appariranno suppongo sui giornali nei prossimi giorni. Dunque l'iniziativa cui ho fatto riferimento prima e l'incontro che mi riguarda più da vicino, sono solo minima parte del Festival. Una precisazione d’obbligo. Nel suo insieme il Festival della Scienza di Genova (che dura dieci giorni) è un evento complesso e a suo modo “grandioso” . Ne potete leggere un primo rapporto su due/tre pagine speciali di Repubblica di oggi e altri rapporti appariranno suppongo sui giornali nei prossimi giorni. Dunque l’iniziativa cui ho fatto riferimento prima e l’incontro che mi riguarda più da vicino, sono solo minima parte del Festival.

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Di: alessia e michela http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128909 alessia e michela Sun, 24 Oct 2010 10:37:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128909 Sperando non appaia come una auto-citazione, e per minimamente ricambiare la valanga di cose che stiamo apprendendo, si può leggere la nostra recensione di TdR anche qui: http://stefanodonno.blogspot.com/2010/09/gianfranco-manfredi-tecniche-di.html qui, invece, l'intervista a Gianfranco Manfredi: http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/08/alessia-e-michela-orlando-basta-con-gli.html del suo Magico Vento, nonché della evoluzione creativa che ci pare aver colto, qui: http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/08/alessia-e-michela-orlando-corso-di.html altro ancora si potrebbe leggere qui: http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/08/alessia-e-michela-orlando-i-vampiri-e.html Cogliamo l'occasione, sperando non sia fuori luogo (l'eventuale rimozione del testo sarebbe ineccepibile, in tal caso), per dire che abbiamo iniziato una battaglia contro "come dire". Vogliamo proprio ucciderla. Pertanto proponiamo un acronimo in suo luogo: Ormai Malvolentieri Sogniamo Amore. Ci permettiamo questa segnalazione sperando che in questa discussione possa raccogliere qualche adesione. C'è anche una ragione recondita: l'acronimo è O.M.S.A... Si può leggere qualche spunto divertente qui: http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/10/alessia-e-michela-orlando-omsa-uccidere.html Alessia e Michela Sperando non appaia come una auto-citazione, e per minimamente ricambiare la valanga di cose che stiamo apprendendo, si può leggere la nostra recensione di TdR anche qui:
http://stefanodonno.blogspot.com/2010/09/gianfranco-manfredi-tecniche-di.html

qui, invece, l’intervista a Gianfranco Manfredi:
http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/08/alessia-e-michela-orlando-basta-con-gli.html

del suo Magico Vento, nonché della evoluzione creativa che ci pare aver colto, qui:
http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/08/alessia-e-michela-orlando-corso-di.html

altro ancora si potrebbe leggere qui:
http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/08/alessia-e-michela-orlando-i-vampiri-e.html

Cogliamo l’occasione, sperando non sia fuori luogo (l’eventuale rimozione del testo sarebbe ineccepibile, in tal caso), per dire che abbiamo iniziato una battaglia contro “come dire”.
Vogliamo proprio ucciderla. Pertanto proponiamo un acronimo in suo luogo: Ormai Malvolentieri Sogniamo Amore. Ci permettiamo questa segnalazione sperando che in questa discussione possa raccogliere qualche adesione.
C’è anche una ragione recondita: l’acronimo è O.M.S.A…
Si può leggere qualche spunto divertente qui:
http://napolimisteriosa-autori.blogspot.com/2010/10/alessia-e-michela-orlando-omsa-uccidere.html
Alessia e Michela

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128908 Gianfranco Manfredi Sun, 24 Oct 2010 10:22:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128908 Vi dico quanto so del Festival della Scienza di Genova previsto per la settimana entrante e in particolare il prossimo week end. Lo scopo primario è la divulgazione scientifica. Una questione particolare riguarda il fatto che all'estero, dopo il successo dei romanzi vampirici, si è lanciata una campagna pubblicitaria a favore delle donazioni di sangue da parte delle giovani generazioni, con lo slogan "Affama un vampiro, dona il sangue". La campagna pare abbia avuto un ottimo risultato negli States. Per il Festival della Scienza di Genova, con analoghi propositi, si è pensato di sollecitare l'interesse giovanile con dei dibattiti, presentazioni di libri e di film, incentrati sui temi della donazione e più in generale della ricerca scientifica. A quanto ho appreso, il convegno ha già avuto qualche difficoltà: ad esempio sono stati tagliati i cineforum che dovevano discutere di alcuni tempi "delicati" dopo la proiezione di una serie di film horror. Temi come la clonazione, l'inseminazione artificiale e la ricerca genetica, giudicati da alcuni, com'è facile dedurre, sconvenienti e pericolosi. Pensate un po'! Evidentemente anche il solo parlarne, a certi "controllori" della pubblica opinione, pare rischioso. Comunque sia, l'incontro con il sottoscritto, su Tecniche, avrà luogo verso le 18.30 presso il Caffé Letterario di Piazza Erbe, sabato 30. Per l'occasione, il Festival ha pubblicato una penny dreadful, cioè un opuscolo narrativo che richiama quelli di epoca vittoriana e che contiene tra l'altro i primi due capitoli di Tecniche. Questo opuscolo stampato in un migliaio di copie, verrà mandato anche ai centri AViS. Ora, Tecniche non tratta di vampiri, però ci sono molti temi nel romanzo dedicati alla ricerca scientifica, alla donazione di organi, ai confini clinici vita-morte, e soprattutto al rapporto medico-paziente. Nel romanzo soprattutto con il personaggio del protagonista, il medico Valcour de Valmont, mi interrogo su alcuni problemi: fino a che punto di può distinguere la cura del corpo da quella dell'anima? Nel rapporto umano sempre auspicato tra medico e paziente come persona, fino a che punto ci si può spingere, e dove invece conveiene mantenere un rapporto distaccato? Il mio Valcour, da un lato è il medico che tutti sogniamo: visita i pazienti a casa loro e solo se strettamente necessario li ospedalizza, per quanto abbia un atteggiamento piuttosto burbero nei loro confronti è incline anche a prescindere dalla propria volontà a identificarsi a tal punto con le condizioni del paziente, da ricavarne problemi psicosomatici e da giungere fino al punto ("fantastico" ovviamente) di condividere persino gli incubi e i deliri dei propri pazienti, rischiando a più riprese di smarrire il senno. Valcour è dunque una figura di limite , per molti versi assai più estrema del dottor House. Se questo , indipendentemente dal romanzo in sè, può favorire delle riflessioni , ben venga. Anche altre questioni sono in gioco: come mai di fronte a un medico, noi pazienti tendiamo a ondeggiare tra una fiducia quasi miracolistica nelle cure, e una profonda diffidenza spesso anche non poco spaventata? La narrativa horror moderna ha molto da dire in proposito: i romanzi dell'ottocento sono pieni di figure di medici da un lato "progressisti", dall'altro vissuti con profonda angoscia perchè esposti ad errori e a deviazioni che ci paiono mostruose: Frankenstein, il dottor Jekill, il dottor Moreau, prima ancora il dottor Faust, e dopo di loro altri infiniti bau-bau come l'indimenticabile Doctor Phibes interpretato da Vincent Price. Da dove è nata storicamente questa paura del medico? E come conciliarla con la nostra richiesta impellente di diritto non soltanto alle cure, ma alla guarigione infallibile? Vi dico quanto so del Festival della Scienza di Genova previsto per la settimana entrante e in particolare il prossimo week end. Lo scopo primario è la divulgazione scientifica. Una questione particolare riguarda il fatto che all’estero, dopo il successo dei romanzi vampirici, si è lanciata una campagna pubblicitaria a favore delle donazioni di sangue da parte delle giovani generazioni, con lo slogan “Affama un vampiro, dona il sangue”. La campagna pare abbia avuto un ottimo risultato negli States. Per il Festival della Scienza di Genova, con analoghi propositi, si è pensato di sollecitare l’interesse giovanile con dei dibattiti, presentazioni di libri e di film, incentrati sui temi della donazione e più in generale della ricerca scientifica. A quanto ho appreso, il convegno ha già avuto qualche difficoltà: ad esempio sono stati tagliati i cineforum che dovevano discutere di alcuni tempi “delicati” dopo la proiezione di una serie di film horror. Temi come la clonazione, l’inseminazione artificiale e la ricerca genetica, giudicati da alcuni, com’è facile dedurre, sconvenienti e pericolosi. Pensate un po’! Evidentemente anche il solo parlarne, a certi “controllori” della pubblica opinione, pare rischioso. Comunque sia, l’incontro con il sottoscritto, su Tecniche, avrà luogo verso le 18.30 presso il Caffé Letterario di Piazza Erbe, sabato 30. Per l’occasione, il Festival ha pubblicato una penny dreadful, cioè un opuscolo narrativo che richiama quelli di epoca vittoriana e che contiene tra l’altro i primi due capitoli di Tecniche. Questo opuscolo stampato in un migliaio di copie, verrà mandato anche ai centri AViS. Ora, Tecniche non tratta di vampiri, però ci sono molti temi nel romanzo dedicati alla ricerca scientifica, alla donazione di organi, ai confini clinici vita-morte, e soprattutto al rapporto medico-paziente. Nel romanzo soprattutto con il personaggio del protagonista, il medico Valcour de Valmont, mi interrogo su alcuni problemi: fino a che punto di può distinguere la cura del corpo da quella dell’anima? Nel rapporto umano sempre auspicato tra medico e paziente come persona, fino a che punto ci si può spingere, e dove invece conveiene mantenere un rapporto distaccato? Il mio Valcour, da un lato è il medico che tutti sogniamo: visita i pazienti a casa loro e solo se strettamente necessario li ospedalizza, per quanto abbia un atteggiamento piuttosto burbero nei loro confronti è incline anche a prescindere dalla propria volontà a identificarsi a tal punto con le condizioni del paziente, da ricavarne problemi psicosomatici e da giungere fino al punto (“fantastico” ovviamente) di condividere persino gli incubi e i deliri dei propri pazienti, rischiando a più riprese di smarrire il senno. Valcour è dunque una figura di limite , per molti versi assai più estrema del dottor House. Se questo , indipendentemente dal romanzo in sè, può favorire delle riflessioni , ben venga. Anche altre questioni sono in gioco: come mai di fronte a un medico, noi pazienti tendiamo a ondeggiare tra una fiducia quasi miracolistica nelle cure, e una profonda diffidenza spesso anche non poco spaventata? La narrativa horror moderna ha molto da dire in proposito: i romanzi dell’ottocento sono pieni di figure di medici da un lato “progressisti”, dall’altro vissuti con profonda angoscia perchè esposti ad errori e a deviazioni che ci paiono mostruose: Frankenstein, il dottor Jekill, il dottor Moreau, prima ancora il dottor Faust, e dopo di loro altri infiniti bau-bau come l’indimenticabile Doctor Phibes interpretato da Vincent Price. Da dove è nata storicamente questa paura del medico? E come conciliarla con la nostra richiesta impellente di diritto non soltanto alle cure, ma alla guarigione infallibile?

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Di: luciano / idefix http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128888 luciano / idefix Sun, 24 Oct 2010 08:03:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128888 E io sarò a Genova solo qualche giorno dopo...che peccato. Assai interessante, questa contaminazione promossa dal Ministero della Salute. Ma chi sono i coraggiosi ad averla proposta? Nel piattume conformista e ignorante di gran parte dei burocrati italici, questi qua spiccano con un gesto di innovativa e situazionista intelligenza. E io sarò a Genova solo qualche giorno dopo…che peccato.
Assai interessante, questa contaminazione promossa dal Ministero della Salute. Ma chi sono i coraggiosi ad averla proposta? Nel piattume conformista e ignorante di gran parte dei burocrati italici, questi qua spiccano con un gesto di innovativa e situazionista intelligenza.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128853 Massimo Maugeri Sat, 23 Oct 2010 21:41:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128853 @ Gianfranco Ci daresti qualche informazione in più sugli eventi indicati nel mio precedente commento? @ Gianfranco
Ci daresti qualche informazione in più sugli eventi indicati nel mio precedente commento?

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128852 Massimo Maugeri Sat, 23 Oct 2010 21:40:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128852 Il solido e documentato interesse di Gianfranco per la medicina, in linea con il suo impegno civile dimostrato costantemente e come sceneggiatore di fumetti e come romanziere, ha portato il Centro Nazionale Sangue (Ente del Ministero della Salute) a farsi promotore - nell'ambito di "Staminabilia", tra gli eventi previsti nel corso dell'imminente prossimo Festival della Scienza (Genova 29 ottobre/7 novembre 2010) - di una presentazione del romanzo nel capoluogo ligure il 30 ottobre (il romanzo come medium di sensibilizzazione che lo trascende). Il solido e documentato interesse di Gianfranco per la medicina, in linea con il suo impegno civile dimostrato costantemente e come sceneggiatore di fumetti e come romanziere, ha portato il Centro Nazionale Sangue (Ente del Ministero della Salute) a farsi promotore – nell’ambito di “Staminabilia”, tra gli eventi previsti nel corso dell’imminente prossimo Festival della Scienza (Genova 29 ottobre/7 novembre 2010) – di una presentazione del romanzo nel capoluogo ligure il 30 ottobre (il romanzo come medium di sensibilizzazione che lo trascende).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128851 Massimo Maugeri Sat, 23 Oct 2010 21:38:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128851 @ Gianfranco La recensione di Sergio Pent è particolarmente centrata e lusinghiera. Complimenti, davvero. @ Gianfranco
La recensione di Sergio Pent è particolarmente centrata e lusinghiera. Complimenti, davvero.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128849 Massimo Maugeri Sat, 23 Oct 2010 21:36:58 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128849 Desideravo ringraziarvi per i nuovi commenti pervenuti dando il benvenuto, in questa discussione, a Francesco Moretta e al duo Alessia e Michela. Desideravo ringraziarvi per i nuovi commenti pervenuti dando il benvenuto, in questa discussione, a Francesco Moretta e al duo Alessia e Michela.

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Di: luciano / idefix http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128815 luciano / idefix Sat, 23 Oct 2010 09:16:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128815 Mi pare che Alessia e Michela abbiano centrato un punto: Manfredi è uno di quelli che, più lo leggi (libri, fumetti, interviste, interventi) e più ti vien voglia di leggerlo. E se ne trae pure una grande lezione: quando si scava in profondità, non si finisce mai perchè si trovano sempre materiali nuovi. Mi pare che Alessia e Michela abbiano centrato un punto: Manfredi è uno di quelli che, più lo leggi (libri, fumetti, interviste, interventi) e più ti vien voglia di leggerlo.
E se ne trae pure una grande lezione: quando si scava in profondità, non si finisce mai perchè si trovano sempre materiali nuovi.

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Di: alessia e michela http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128780 alessia e michela Fri, 22 Oct 2010 20:05:28 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128780 Lo abbiamo intervistato, Gianfranco Manfredi, e la sua composita produzione ci ha infinitamente interessato. Cosa abbiamo compreso che non abbiamo voluto dire, riservandocela come arma, come ulteriore freccia per dire altro in altre recensioni? Anche in Tecniche di resurrezione ti pone davanti una realtà non spezzettata, non televisivamente narrata. Ti resta la sensazione che ci sia molto altro che le parole non hanno detto. E, pertanto, devi rileggerlo, per riuscire a ricostruire la trama di ciò che a teatro è detto "la trama non esposta". E' tutto ciò che in filigrana ti offre una miriade di ulteriori suggestioni, un caleidoscopio che si fa via via frastornante, eppure ti conduce, lungo una via perfettamente illuminata e senza infingimenti, a conclusioni sorprendenti. Lo abbiamo intervistato, Gianfranco Manfredi, e la sua composita produzione ci ha infinitamente interessato. Cosa abbiamo compreso che non abbiamo voluto dire, riservandocela come arma, come ulteriore freccia per dire altro in altre recensioni? Anche in Tecniche di resurrezione ti pone davanti una realtà non spezzettata, non televisivamente narrata. Ti resta la sensazione che ci sia molto altro che le parole non hanno detto. E, pertanto, devi rileggerlo, per riuscire a ricostruire la trama di ciò che a teatro è detto “la trama non esposta”. E’ tutto ciò che in filigrana ti offre una miriade di ulteriori suggestioni, un caleidoscopio che si fa via via frastornante, eppure ti conduce, lungo una via perfettamente illuminata e senza infingimenti, a conclusioni sorprendenti.

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Di: luciano / idefix http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128790 luciano / idefix Fri, 22 Oct 2010 20:01:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128790 Uno degli aspetti interessanti delle "Tecniche di resurrezione" è proprio questo: la storicità è data ANCHE dal suo ritmo. Noi lettori del 2010 ci rendiamo che la vicenda è ambientata nel 1803 ANCHE perchè Manfredi la racconta con un passo narrativo diverso da quello attuale, con frasi lontanissime dalla moda uscita dalle scuole di "scrittura creativa" e vicine (piuttosto) agli autori dell'Ottocento. Ci si annoia? Ovviamente no. Perchè la noia o il piacere della lettura non vengono dati (e Manfredi lo sa e lo pratica benissimo) dalla tanto vituperata "lentezza" nè dalla tanto strombazzata "velocità". La rapidità o la lentezza di un testo (o di un film o di una melodia o di un ritmo) non sono (in se e per se) nè un valore nè un disvalore. Così come non lo sono (in se e per se chiarezza od oscurità. La noia, il fastidio o il piacere ci arrivano da altre fonti. Soprattutto due: la tensione e il cambio di ritmo. E Manfredi (lo scoprirà chi legge il romanzo) sa perfettamente dove si trovano, queste due sorgenti. E sa come utilizzarle. Uno degli aspetti interessanti delle “Tecniche di resurrezione” è proprio questo: la storicità è data ANCHE dal suo ritmo. Noi lettori del 2010 ci rendiamo che la vicenda è ambientata nel 1803 ANCHE perchè Manfredi la racconta con un passo narrativo diverso da quello attuale, con frasi lontanissime dalla moda uscita dalle scuole di “scrittura creativa” e vicine (piuttosto) agli autori dell’Ottocento.
Ci si annoia?
Ovviamente no. Perchè la noia o il piacere della lettura non vengono dati (e Manfredi lo sa e lo pratica benissimo) dalla tanto vituperata “lentezza” nè dalla tanto strombazzata “velocità”.
La rapidità o la lentezza di un testo (o di un film o di una melodia o di un ritmo) non sono (in se e per se) nè un valore nè un disvalore. Così come non lo sono (in se e per se chiarezza od oscurità.
La noia, il fastidio o il piacere ci arrivano da altre fonti. Soprattutto due: la tensione e il cambio di ritmo.
E Manfredi (lo scoprirà chi legge il romanzo) sa perfettamente dove si trovano, queste due sorgenti. E sa come utilizzarle.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128774 Gianfranco Manfredi Fri, 22 Oct 2010 15:19:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128774 I traduttori "lingua madre" per essere più chiari, conoscono perfettamente tutte le sfumature della lingua originale, ma in genere sono dei pessimi traduttori perché non conoscono abbastanza bene la lingua in cui si traduce. Altro punto. Quando si scrive un romanzo storico, ci si imbatte spesso in espressioni che oggi non si usano più e in parole che molti lettori moderni non capiscono. Cosa si fa? Alcuni le traducono nel linguaggio contemporaneo, così capita di leggere che il faraone Ramses usa la parola "inconscio" per riflettere sui propri sogni, oppure che un cavaliere medievale dice: "Che mi frega?" Questa è roba da vomitare. Una vera presa in giro del lettore: se un faraone parla d'inconscio allora tanto vale che accenda la luce elettrica quando entra in camera da letto o che tiri lo sciacquone quando va al cesso. Dunque per evitare termini oggi oscuri, bisogna sceglierne altri che appartengano sempre all'epoca, ma che siano più chiari per il lettore di oggi. Basta avere un po' di attenzione e di cura. I traduttori “lingua madre” per essere più chiari, conoscono perfettamente tutte le sfumature della lingua originale, ma in genere sono dei pessimi traduttori perché non conoscono abbastanza bene la lingua in cui si traduce.
Altro punto. Quando si scrive un romanzo storico, ci si imbatte spesso in espressioni che oggi non si usano più e in parole che molti lettori moderni non capiscono. Cosa si fa? Alcuni le traducono nel linguaggio contemporaneo, così capita di leggere che il faraone Ramses usa la parola “inconscio” per riflettere sui propri sogni, oppure che un cavaliere medievale dice: “Che mi frega?” Questa è roba da vomitare. Una vera presa in giro del lettore: se un faraone parla d’inconscio allora tanto vale che accenda la luce elettrica quando entra in camera da letto o che tiri lo sciacquone quando va al cesso. Dunque per evitare termini oggi oscuri, bisogna sceglierne altri che appartengano sempre all’epoca, ma che siano più chiari per il lettore di oggi. Basta avere un po’ di attenzione e di cura.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128772 Gianfranco Manfredi Fri, 22 Oct 2010 15:01:46 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128772 Ho dimenticato di dire che nel mio interesse per i temi di Frankestein penso abbia inciso anche il fatto che da studente tradussi per la Bompiani il "Frankenstein liberato " di Brian Aldiss. Quella traduzione fu molto importante per me, perchè mi insegnò la "misura" del romanzo, e quanta fatica si debba fare per costruire ricostruire un testo "parola per parola", ma cercando di risppettarne anche i ritmi e lo stile, non solo il contenuto. Credo che chiunque ambisca a diventare un narratore da grande, farebbe bene a tradurre prima di mettersi scrivere un romanzo proprio. Se si impara a tradurre un altro, poi si riesce a scrivere in proprio con un'altra maturità. Uno scrittore dopotutto traduce delle dee, degli spunti narrativi, in parole. Cioé qualsiasi scrittore, quando scrive, traduce se stesso, i propri pensieri, le proprie visioni, sulla pagina. E pr tradursi bisogna anche seceglier le parole giuste e più espressive tra le tante possibili, non limitarsi a buttare giù le prime che ci vengono in mente. Per questo l'esperienza del tradurre è davvero molto importante (a patto di impegnarsi seriamente, evitando il "traduttore automatico"). In genere si pensa che per tradurre si debba conoscsre alla perfezione la lingua originale, il che è vero solo in parte, serve ad evitare equivoci e fraintendimenti letali e a rispettare l'autore che si traduce, però tutti i grandi traduttori ffermano giustamente che per tradrre bene, bisogna conoscere molto bene, la PROPRIA lingua, cioè quella in cui si traduce, anche per un semplice fatto: quel romanzo verrà letto in traduzione, la sua lingua deve diventare una lingua trasparente al lettore. Ho dimenticato di dire che nel mio interesse per i temi di Frankestein penso abbia inciso anche il fatto che da studente tradussi per la Bompiani il “Frankenstein liberato ” di Brian Aldiss. Quella traduzione fu molto importante per me, perchè mi insegnò la “misura” del romanzo, e quanta fatica si debba fare per costruire ricostruire un testo “parola per parola”, ma cercando di risppettarne anche i ritmi e lo stile, non solo il contenuto. Credo che chiunque ambisca a diventare un narratore da grande, farebbe bene a tradurre prima di mettersi scrivere un romanzo proprio. Se si impara a tradurre un altro, poi si riesce a scrivere in proprio con un’altra maturità. Uno scrittore dopotutto traduce delle dee, degli spunti narrativi, in parole. Cioé qualsiasi scrittore, quando scrive, traduce se stesso, i propri pensieri, le proprie visioni, sulla pagina. E pr tradursi bisogna anche seceglier le parole giuste e più espressive tra le tante possibili, non limitarsi a buttare giù le prime che ci vengono in mente. Per questo l’esperienza del tradurre è davvero molto importante (a patto di impegnarsi seriamente, evitando il “traduttore automatico”). In genere si pensa che per tradurre si debba conoscsre alla perfezione la lingua originale, il che è vero solo in parte, serve ad evitare equivoci e fraintendimenti letali e a rispettare l’autore che si traduce, però tutti i grandi traduttori ffermano giustamente che per tradrre bene, bisogna conoscere molto bene, la PROPRIA lingua, cioè quella in cui si traduce, anche per un semplice fatto: quel romanzo verrà letto in traduzione, la sua lingua deve diventare una lingua trasparente al lettore.

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Di: Gianfranco Manfredi http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128770 Gianfranco Manfredi Fri, 22 Oct 2010 14:46:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128770 Riguardo al rapporto tra gli americani (i cineasti in particolare) e la Storia, ricordo che da ragazzino non riuscivo proprio a sopportare il peplum: quegli antichi romani con le pettinature anni 60 alla Grease, amori ideali e famiglie monogamiche, visibilmente a disagio in toga perché non sapevano mai come sistemarsela, terribilmente imbranati nell'uso del gladio, con schiavi che sembravano dei domestici e ancelle che sembravano pin-up, beh tutto questo lo trovavo davvero ridicolo. Unica eccezione (parziale) Spartacus di Kubrick che se non altro aveva un senso "politico" di lettura. Rispetto a questi film preferisco quelli di Ercole e Maciste che essendo mitologici potevano permettersi ricostruzioni puramente fantastiche e immaginarie, e dunque erano più onesti. Poi ho apprezzato molto Satyricon di Fellini, film puramente visionario, fondato su una tesi secondo me illluminante e cioè che per l'uomo contemporaneo l'antichità ( il mondo pagano in particolare ) non sia rappresesentabile se non come un delirio totale: avete presente la bellissima sequenza del bordello "popolare"? Quello è un pezzo di cinema dell'orrore assoluto. Mentre il Caligola con le modelle di Penthouse è una cacata imbarazzante (scusate il termine). Andate in visita al Colosseo e leggete i cartelli che illustrano come il pubblico assisteva ai giochi... un rito davvero incomprensibile per noi moderni... poi confrontatelo con il Gladiatore di Ridley Scott e il suo pubblico da stadio o da televisione... non solo c'è da provare un profondo senso di pena per la ricostruzione iper-finta, ma c'è da arrabbiarsi per tutte le occasioni di racconto drammatico, allucinante, incomprensibile persino, che si è mangiato. Lo spettacolo vero e più sconvolgente avveniva sugli spalti , non nell'arena. Le persone anemiche, tanto per dirne una, nelle pause dei massacri andavano a bersi il sangue delle vittime. Il cinema conemporaneo ha troppo poco coraggio per mostrare queste cose, per raccontare la distanza assoluta che ci separa da certe culture arcaiche. La narrativa invece potrebbe e dovrebbe fare molto, invace pare giudicare più appagante sul piano commerciale, ridurre la Tragicità della Storia a una sfilata in costume. Sono rimasto "fulminato" quando ho letto la recensione di Pent al mio romanzo perché centra un aspetto di cui nemmeno io mi ero reso conto: io scrivo romanzi storici in cui la Storia appare come Nemica dell'Umanità. Questo è l'esatto contrario de "la Storia siamo noi". Noi siamo invece travolti dalla Storia che in certi momenti è davvero un orrore indicibile. E riscoprire gli orrori del passato, ci aiuta a riconoscere con ben altra consapevolezza gli orrori del presente. Riguardo al rapporto tra gli americani (i cineasti in particolare) e la Storia, ricordo che da ragazzino non riuscivo proprio a sopportare il peplum: quegli antichi romani con le pettinature anni 60 alla Grease, amori ideali e famiglie monogamiche, visibilmente a disagio in toga perché non sapevano mai come sistemarsela, terribilmente imbranati nell’uso del gladio, con schiavi che sembravano dei domestici e ancelle che sembravano pin-up, beh tutto questo lo trovavo davvero ridicolo. Unica eccezione (parziale) Spartacus di Kubrick che se non altro aveva un senso “politico” di lettura. Rispetto a questi film preferisco quelli di Ercole e Maciste che essendo mitologici potevano permettersi ricostruzioni puramente fantastiche e immaginarie, e dunque erano più onesti. Poi ho apprezzato molto Satyricon di Fellini, film puramente visionario, fondato su una tesi secondo me illluminante e cioè che per l’uomo contemporaneo l’antichità ( il mondo pagano in particolare ) non sia rappresesentabile se non come un delirio totale: avete presente la bellissima sequenza del bordello “popolare”? Quello è un pezzo di cinema dell’orrore assoluto. Mentre il Caligola con le modelle di Penthouse è una cacata imbarazzante (scusate il termine). Andate in visita al Colosseo e leggete i cartelli che illustrano come il pubblico assisteva ai giochi… un rito davvero incomprensibile per noi moderni… poi confrontatelo con il Gladiatore di Ridley Scott e il suo pubblico da stadio o da televisione… non solo c’è da provare un profondo senso di pena per la ricostruzione iper-finta, ma c’è da arrabbiarsi per tutte le occasioni di racconto drammatico, allucinante, incomprensibile persino, che si è mangiato. Lo spettacolo vero e più sconvolgente avveniva sugli spalti , non nell’arena. Le persone anemiche, tanto per dirne una, nelle pause dei massacri andavano a bersi il sangue delle vittime. Il cinema conemporaneo ha troppo poco coraggio per mostrare queste cose, per raccontare la distanza assoluta che ci separa da certe culture arcaiche. La narrativa invece potrebbe e dovrebbe fare molto, invace pare giudicare più appagante sul piano commerciale, ridurre la Tragicità della Storia a una sfilata in costume. Sono rimasto “fulminato” quando ho letto la recensione di Pent al mio romanzo perché centra un aspetto di cui nemmeno io mi ero reso conto: io scrivo romanzi storici in cui la Storia appare come Nemica dell’Umanità. Questo è l’esatto contrario de “la Storia siamo noi”. Noi siamo invece travolti dalla Storia che in certi momenti è davvero un orrore indicibile. E riscoprire gli orrori del passato, ci aiuta a riconoscere con ben altra consapevolezza gli orrori del presente.

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Di: Francesco Moretta http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128710 Francesco Moretta Thu, 21 Oct 2010 19:07:57 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128710 - Se grazie a una sorta di sperimentazione tecnologica vi venisse offerta la possibilità di “vivere per sempre” (a voi e solo a voi)… accettereste? Se sì, a quali condizioni? A prescindere da qualunque considerazione di natura religiosa… sarebbe “morale” accettare? No,non penso che accetterei.Non credo di possedere la forza di volontà necessaria a vivere in eterno.Dopo un paio di secoli probabilmente mi stuferei e passare l'eternità tormentato dalla noia non mi alletta. Non credo che accettare o non accettare una simile proposta sia immorale o morale.Qui entrano in gioco anche fattori legati alla personalità e alla volontà degli individui. - Ci sono limiti oltre i quali la scienza medica non dovrebbe spingersi? Si,questi limiti coincidono con la sicurezza e il benessere dei propri simili.Un esempio perfetto di come può essere la scienza quando non tiene conto del fattore umano è rappresentato dalla Germania nazista.Una nazione capace di enormi progressi scientifici in tempi brevi (la base dei moderni viaggi spaziali deriva da ricerche effettuate da scienziati nazisti) ma al prezzo di montagne di cadaveri umani. - Se grazie a una sorta di sperimentazione tecnologica vi venisse offerta la possibilità di “vivere per sempre” (a voi e solo a voi)… accettereste? Se sì, a quali condizioni?
A prescindere da qualunque considerazione di natura religiosa… sarebbe “morale” accettare?

No,non penso che accetterei.Non credo di possedere la forza di volontà necessaria a vivere in eterno.Dopo un paio di secoli probabilmente mi stuferei e passare l’eternità tormentato dalla noia non mi alletta.
Non credo che accettare o non accettare una simile proposta sia immorale o morale.Qui entrano in gioco anche fattori legati alla personalità e alla volontà degli individui.
- Ci sono limiti oltre i quali la scienza medica non dovrebbe spingersi?

Si,questi limiti coincidono con la sicurezza e il benessere dei propri simili.Un esempio perfetto di come può essere la scienza quando non tiene conto del fattore umano è rappresentato dalla Germania nazista.Una nazione capace di enormi progressi scientifici in tempi brevi (la base dei moderni viaggi spaziali deriva da ricerche effettuate da scienziati nazisti) ma al prezzo di montagne di cadaveri umani.

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Di: Francesco Moretta http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128709 Francesco Moretta Thu, 21 Oct 2010 18:56:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128709 - Avete mai letto il romanzo “Frankenstein” di Mary Wollstonecraft, sposa del poeta romantico Percy Bysshe Shelley? Se sì, cosa ne pensate? Che sensazioni ha suscitato in voi? La mia prima lettura del romanzo di Shelley risale agli ultimi anni delle elementari.Prima di allora conoscevo solo la versione di James Whale e quando iniziai a leggere il libro rimasi sorpreso.Era completamente diverso dal film.L'inizio ambientato al Polo Nord mi disorientò parecchio all'inizio ma poi lentamente il dramma di Frankenstein e della sua creatura mi avvinsè e in un solo pomeriggio ne terminai la lettura.Ricordo di essermi identificato nella creatura,di aver visto nelle sue disavventure quelli che all'epoca erano i miei problemi a relazionarmi e farmi accettare dai miei coetanei.Ancora oggi "Frankenstein" rimane uno dei miei libri preferiti e il finale,con la creatura che sceglie di scomparire tra i ghiacci del Nord è un immagine che mi rimarrà indelebilmente incisa nel cervello. - Avete mai letto il romanzo “Frankenstein” di Mary Wollstonecraft, sposa del poeta romantico Percy Bysshe Shelley? Se sì, cosa ne pensate? Che sensazioni ha suscitato in voi?

La mia prima lettura del romanzo di Shelley risale agli ultimi anni delle elementari.Prima di allora conoscevo solo la versione di James Whale e quando iniziai a leggere il libro rimasi sorpreso.Era completamente diverso dal film.L’inizio ambientato al Polo Nord mi disorientò parecchio all’inizio ma poi lentamente il dramma di Frankenstein e della sua creatura mi avvinsè e in un solo pomeriggio ne terminai la lettura.Ricordo di essermi identificato nella creatura,di aver visto nelle sue disavventure quelli che all’epoca erano i miei problemi a relazionarmi e farmi accettare dai miei coetanei.Ancora oggi “Frankenstein” rimane uno dei miei libri preferiti e il finale,con la creatura che sceglie di scomparire tra i ghiacci del Nord è un immagine che mi rimarrà indelebilmente incisa nel cervello.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128696 Maria Lucia Riccioli Thu, 21 Oct 2010 17:12:35 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128696 Bellissimo e da brividi il booktrailer.. :-) Bellissimo e da brividi il booktrailer..
:-)

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Di: Laura Morini http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2010/10/14/tecniche-di-resurrezione/comment-page-4/#comment-128683 Laura Morini Thu, 21 Oct 2010 14:14:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/?p=2538#comment-128683 Concordo con Maurizio Crispi. Concordo con Maurizio Crispi.

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