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giovedì, 11 marzo 2010

SE NIENTE IMPORTA, PERCHÉ MANGIAMO GLI ANIMALI?

Il giovane scrittore americano Jonathan Safran Foer ha pubblicato di recente un saggio che sta facendo “parlare” parecchio di sé (sia sulle pagine culturali cartacee, sia sul web: segnalo, tra gli altri, il dibattito condotto su Satisfiction dall’amico Gian Paolo Serino… a cui vanno tante congratulazioni per il nuovo editore di Satisfiction/rivista: Vasco Rossi).

Il titolo di questo nuovo libro di Foer – Se niente importa, perché mangiamo gli animali? (Guanda, 2010) – contiene al suo interno una domanda, sulla quale si potrebbe discutere a lungo (che è, appunto): perché mangiamo gli animali?

Per farvi capire di cosa tratta, riporto – di seguito - una parte della scheda che trovate sulla bandella laterale:
Jonathan Safran Foer, da piccolo, trascorreva il sabato e la domenica con sua nonna. Quando arrivava, lei lo sollevava per aria stringendolo in un forte abbraccio, e lo stesso faceva quando andava via. Ma non era solo affetto, il suo: dietro c’era la preoccupazione costante di sapere che il nipote avesse mangiato a sufficienza. La preoccupazione di chi è quasi morto di fame durante la guerra, ma è stato capace di rifiutare della carne di maiale che l’avrebbe tenuto in vita, perché non era cibo “kosher”, perché “se niente importa, non c’è niente da salvare”. Il cibo per lei non è solo cibo, è “terrore, dignità, gratitudine, vendetta, gioia, umiliazione, religione, storia e, ovviamente, amore”. Una volta diventato padre, Foer ripensa a questo insegnamento e inizia a interrogarsi su cosa sia la carne, perché nutrire suo figlio non è come nutrire se stesso, è più importante. Questo libro è il frutto di un’indagine durata quasi tre anni che l’ha portato negli allevamenti intensivi, visitati anche nel cuore della notte, che l’ha spinto a raccontare le violenze sugli animali e i venefici trattamenti a base di farmaci che devono subire, a descrivere come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano.

Riporto anche questo brano, estrapolato dal libro:
“E’ antropomorfismo provare a immaginarsi dentro la gabbia di un animale d’allevamento? E antropodiniego non farlo?
Una gabbia per galline ovaiole concede in genere a ogni animale una superficie all’incirca di quattro decimetri quadrati: uno spazio grande poco meno di un foglio A4. Le gabbie sono accatastate in pile da tre a nove — il Giappone detiene il record d’altezza per le gabbie di batteria, con pile di diciotto gabbie — in capannoni privi di finestre.
Entra mentalmente in un ascensore affollato, un ascensore così affollato che non riesci a girarti senza sbattere (esasperandolo) contro il tuo vicino. Un ascensore così affollato che spesso rimani sollevato a mezz’aria. Il che è una specie di benedizione, perché il pavimento inclinato è fatto di fil di ferro che ti sega i piedi. Dopo un po’ quelli che stanno nell’ascensore perderanno la capacità di lavorare nell’interesse del gruppo. Alcuni diventeranno violenti, altri impazziranno. Qualcuno, privato di cibo e speranza, si volgerà al cannibalismo.
Non c’è tregua, non c’è sollievo. Non arriverà nessun addetto a riparare l’ascensore. Le porte si apriranno una sola volta, al termine della tua vita, per portarti nell’unico posto peggiore…”

Come vi dicevo, questo è un libro che sta facendo “parlare di sé” (c’è chi è d’accordo con Foer e c’è – ovviamente – chi non la pensa come lui).

Per favorire la discussione estrapolo alcune domande dalla recensione del sito Ibs (linkata sopra).
Da dove viene la carne che finisce sui nostri piatti? Com’è prodotta? Come sono trattati gli animali e in che misura è importante? Quali effetti ha mangiare gli animali sul piano economico, sociale e ambientale?

E poi…
Davvero “niente importa”, pur di salvaguardare interessi economici e soddisfazione della gola? Non ci sono alternative possibili?

Ne aggiungo qualche altra…
Secondo voi la frase “mangiare (troppa) carne fa male” è vera o falsa?
Vi è mai capitato, in generale, di interrogarvi sulle vostre abitudini alimentari?

Vi siete mai posti il problema della salute e delle condizioni in cui vivono gli animali da allevamento?

Nella nostra società esiste ancora il cosiddetto “peccato di gola”?
Domanda provocatoria: se Dante dovesse scrivere oggi la Divina Commedia… contemplerebbe ugualmente il “girone dei golosi”?

In basso, un video con Safran Foer. Nei prossimi giorni arricchirò il post con ulteriori contributi e spunti.
Intanto, se volete, potete cominciare a dire la vostra…

Massimo Maugeri

———–

AGGIORNAMENTO del 13 marzo 2010: l’opinione di Marco Mancassola

Aggiorno il post aggiungendo questo articolo messomi a disposizione da Marco Mancassola (originariamente pubblicato su “Il Manifesto” del 26 febbraio 2010). Segnalo, altresì, che Foer è stato ospite di “Unomattina” Raiuno, puntata del 5 marzo scorso.
Massimo Maugeri

IL DOLORE DELLA CARNE
di Marco Mancassola

Alla vigilia dello scorso vertice sul cambiamento climatico di Copenaghen, Paul McCartney si presentò al Parlamento Europeo. In quell’occasione pronunciò un discorso in favore della riduzione del consumo di carne, ricordando il documentato fatto che l’allevamento su scala industriale è tra le prime cause di emissioni di gas serra e riscaldamento globale. Mezzo mondo reagì però con le sopracciglia alzate all’apparizione di Sir Paul, quando non con aperto scherno; fuori dal parlamento, un gruppo della lobby degli allevatori organizzava un barbecue a cielo aperto, con hamburger e salsicce, rispondendo con sarcasmo al discorso del baronetto.
Ora, se da un lato si può comprendere l’ostilità verso l’ennesimo famoso miliardario che pretende di impartire lezioni di etica, dall’altro questo episodio appare un esempio della tipica reazione della maggioranza umana verso un tema semplice e pacato, eppure a quanto pare disturbante, come il vegetarianesimo. Come ogni vegetariano sa per esperienza, pochi altri argomenti suscitano un tale misto di incomprensione, sospetto, ironia qualunquista come la scelta di non consumare carne. Quando va bene, toccheranno le solite frasi fatte: “Ma tanto è già morto, cosa te ne frega?” “E chi ti dice che l’insalata non soffre?”
Tra le classiche obiezioni mosse al vegetariano, un paio sono assai radicate. Sono quelle legate alla tradizione culturale (l’uomo alleva animali dai tempi dei tempi) e quelle legate alla tradizione naturale (gli animali vengono mangiati da altri animali). Un tipo di obiezioni che poteva forse avere qualche presa fino a un secolo fa, quando ancora l’allevamento si basava su metodi in effetti tradizionali, e sulla figura dell’allevatore che conosceva e rispettava i suoi animali. Oggi, consumare prodotti di origine animale significa, nella quasi totalità dei casi, consumare i prodotti dell’allevamento e del macello industriali, gigantesche multinazionali della carne che gestiscono nascita e morte di miliardi e miliardi di esseri viventi. Un sistema scientificamente organizzato sul dolore, la tortura, la manipolazione genetica, la reclusione in spazi chiusi e sovraffollati fino alla morte per soffocamento, i metodi di uccisione più orrorifici.

Le scoregge di Hitler
Pare che Adolf Hitler soffrisse di stomaco nervoso e flatulenza. Quando il dittatore scoprì che ridurre la carne rendeva meno puzzolenti le sue emissioni intestinali, provò a privilegiare i consumi vegetali. In realtà, nonostante la leggenda che fosse vegetariano, Hitler non abbandonò mai le adorate salsicce bavaresi e altri piatti di carne, e con i vegetariani veri fu sempre feroce. Mise al bando le associazioni vegetariane in Germania e più tardi nei territori occupati; il pacifista e vegetariano tedesco Edgar Kupfer-Koberwitz dovette rifugiarsi a Parigi e poi in Italia, dove fu infine arrestato dalla Gestapo e spedito a Dachau.
Tutte vicende che venivano ricordate in un saggio di pochi anni fa, Un’eterna Treblinka di Charles Patterson (in Italia pubblicato da Editori Riuniti, pp. 320, euro 16). Oltre a occuparsi delle abitudini alimentari del Führer, Patterson conduceva un’analisi delle origini del modello di sterminio nei lager nazisti, arrivando a suggerire che questo modello avesse una forma di origine comune, e numerose affinità tecnico-operative, con il sistema industriale di allevamento e macello americano. Se un simile confronto potrà sembrare ad alcuni fuori luogo, va ricordato che il primo a farlo era stato in realtà Isaac Bashevis Singer: fu proprio lo scrittore premio Nobel a suggerire che “per gli animali, si tratta di un’eterna Treblinka”, richiamando il fantasma del famigerato campo di sterminio.
D’altro canto, l’efficiente macchina del macello animale aveva già ispirato altre imprese. Henry Ford, l’industriale delle automobili, confessò che era stata la visita a un mattatoio di Chicago a suggerirgli l’idea per un sistema di lavoro basato sulla catena di montaggio. Nei macelli si trattava di smembrare cadaveri animali nel minor tempo possibile; nelle fabbriche, si sarebbe trattato di assemblare automobili in un tempo altrettanto veloce.

Geyser di merda
La tendenza a liquidare il vegetarianesimo come faccenda per anime belle o per intellettuali saputelli potrebbe quasi trovare conferma, a un primo superficiale sguardo, di fronte a un testo di recentissima pubblicazione: Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? (in Italia da Guanda editore, pp. 368, euro 18) di Jonathan Safran Foer. Ecco un giovane e famoso scrittore americano, con casetta in quartiere figo di Brooklyn, che alla nascita del primo figlio si lascia prendere da angosce borghesi su cosa sia giusto o meno dargli da mangiare, e si mette a scrivere un’inchiesta-riflessione sul più controverso dei cibi: la carne. Potrebbe suonare così la storia del libro. Se non fosse che Foer è uno scrittore autentico, mosso da un senso di piena necessità, capace di immergersi nel tema con quella profondità stilistico-letteraria che corrisponde a una profondità di analisi e di suggestione filosofica, di risonanza metaforica, di coinvolgimento emotivo.
Frutto di tre anni di lavoro, impeccabilmente documentato, abbastanza ironico da evitare i toni della lezioncina e abbastanza drammatico da provocare brividi di abissale disagio, il libro ha suscitato rumore negli Stati Uniti, un misto di commenti entusiasti e molto ostili. Anche qui, vari recensori hanno preferito alzare un muro di scetticismo, trattando il libro come l’ennesimo caso di scontro tra i castelli in aria dei vegetariani e il realismo dei carnivori, i quali invece sarebbero impegnati a pensare a questioni più serie. Con notevole disonestà critica, la giornalista letteraria più bizzosa d’America, Michiko Kakutani del New York Times, liquidava il libro chiedendo perché Foer non si dedicasse a cause migliori.
“La carne solleva rilevanti questioni filosofiche ed è un’industria da più di centoquaranta miliardi di dollari all’anno, che occupa quasi un terzo delle terre emerse del pianeta, condiziona gli ecosistemi marini e potrebbe anche determinare il clima futuro sulla Terra”, ricorda con asciuttezza Foer nel suo libro. E più avanti: “Quanto distruttiva dev’essere una preferenza culinaria prima di farci decidere di mangiare dell’altro?” L’industria dell’allevamento sostiene che il suo obiettivo è sfamare il mondo, ma è difficile vedere come un sistema che consuma colossali risorse agricole, e fa nascere animali dalla genetica così compromessa da non potersi più riprodurre per via naturale, possa avere a cuore le sorti del mondo. A essere alimentata sembra piuttosto l’ossessione che ci fa consumare una quantità insensata di proteine animali, molte più di quante l’umanità abbia mai consumato in precedenza.
Tra le tante immagini efficaci che emergono dalle pagine del libro c’è quella delle paludi tossiche accanto ai grandi allevamenti americani. Ora, immaginiamo pozzi neri all’aria aperta grandi come campi da calcio, destinati a raccogliere gli escrementi e i liquami degli animali: gli scarichi di queste paludi finiscono spesso in contatto con fiumi e falde acquifere, con effetti terrificanti. Quando sono sul punto di traboccare, talvolta la soluzione è quella di spruzzarli letteralmente in aria, “un geyser di merda che spande un aerosol di feci, creando vortici gassosi capaci di provocare gravi danni neurologici. Le comunità che vivono nei pressi di questi allevamenti intensivi lamentano problemi di epistassi persistenti, otalgie, diarree croniche e bruciori ai polmoni.”

La cognizione del dolore
Quando Foer si introduce, una notte, in un allevamento di tacchini in compagnia di una giovane attivista, a prima vista i pulcini ammassati nel capannone gli paiono tutti uguali. Stanno lì, storditi, sotto le impassibili luci artificiali. Solo quando i suoi occhi si abituano a distinguere in quella massa di animali, si accorge della quantità sconcertante di pulcini deformi, disidratati, coperti di sangue, coperti di piaghe, e di quelli che giacciono già morti.
La casistica del dolore nell’industria della carne è sterminata e documentata da migliaia di confessioni di lavoratori, materiali video girati in segreto, statistiche di enti governativi. Si va dai milioni di polli che finiscono vivi nelle vasche di scottatura ai bovini che, per la stessa incuria nella catena di lavoro, finiscono scuoiati mentre sono ancora coscienti. Ci sono animali storditi apposta in modo blando, in modo che il cuore stia ancora pompando quando vengono sgozzati e il dissanguamento sia più veloce. Quantità impressionanti di volatili con fratture alle ossa per le procedure con cui vengono trasportati. Becchi tagliati, code tagliate, denti tranciati, maialini castrati, il tutto senza anestesia. Reclusione e assenza di movimento che provocano problemi ossei, deformità e pazzia, animali che si strofinano contro le sbarre fino a coprirsi di piaghe infette. Ci sono poi le sevizie praticate da lavoratori frustrati e sottopagati: scrofe gravide bastonate, volatili schiacciati sotto i piedi e sbattuti contro il muro, sigarette spente addosso agli animali, percosse con martelli, maiali gettati ad annegare nelle paludi dei liquami, pungoli elettrici nell’ano, il tutto nell’indifferenza dei superiori. Non casi isolati ma fenomeni così estesi da costituire la norma.
Senza contare il bombardamento di antibiotici, ormoni e altre medicine per sostituire la totale assenza di ambiente naturale; le manipolazioni genetiche che fanno nascere animali-mostri, incapaci di sopravvivere oltre la propria adolescenza, sempre più deformi e vittime di sofferenze congenite. Animali che soffrono rendono di più. Nascere nel dolore, vivere nel dolore, morire nel dolore: l’organizzazione sistematica e su larga scala di una simile quantità di dolore non ha precedenti storici. Certo, non si tratta di dolore umano. Ma vogliamo ancora negare, contro ogni evidenza scientifica e di buonsenso, che gli animali possano provare sensazioni e avere una vita emotiva?

Se niente importa
Va ricordato che il libro di Foer fornisce dati relativi soprattutto alla realtà americana. La realtà europea sembra fornire ufficialmente qualche tutela in più agli animali, ma è facile comprendere che ovunque miliardi di esseri viventi vengono trattati come oggetti, elementi di una catena di montaggio-smontaggio, prigionieri di un processo tecnico che non li riconosce come viventi, si apre lo spazio per l’atrocità. Dall’altra parte ci sono i consumatori, utilizzatori finali di questa atrocità, felici di non farsi troppe domande su cosa ci sia dietro la carne plastificata, anonima e a poco prezzo che trovano al supermercato. Come dice a Foer un allevatore tradizionale, che tenta di combattere i sistemi dell’allevamento industriale: “Gli animali hanno pagato caro il nostro desiderio di avere tutto in qualunque momento a un prezzo irrisorio.” Mentre la nonna di Foer, ebrea scappata attraverso l’Europa ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, ricorda al nipote che è assai pericoloso mangiare senza riconoscere il proprio cibo. Pur ridotta alla fame lei rifiutò, per tradizione kosher, di mangiare maiale: “Se niente importa, non c’è più niente da salvare.”


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Scritto giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:25 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

223 commenti a “SE NIENTE IMPORTA, PERCHÉ MANGIAMO GLI ANIMALI?”

Come dicevo, questo nuovo libro di Jonathan Safran Foer sta facendo “parlare” parecchio di sé.
Il titolo è molto “evocativo”: Se niente importa, perché mangiamo gli animali?
Domanda, sulla quale si potrebbe discutere a lungo…

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:29 da Massimo Maugeri


Per favorire la discussione estrapolo alcune domande dalla recensione del sito Ibs (linkata su post)…

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:30 da Massimo Maugeri


Da dove viene la carne che finisce sui nostri piatti?
Com’è prodotta?
Come sono trattati gli animali e in che misura è importante?
Quali effetti ha mangiare gli animali sul piano economico, sociale e ambientale?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:31 da Massimo Maugeri


E poi…
Davvero “niente importa”, pur di salvaguardare interessi economici e soddisfazione della gola?
Non ci sono alternative possibili?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:31 da Massimo Maugeri


Ne aggiungo qualche altra…

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:31 da Massimo Maugeri


Secondo voi la frase “mangiare (troppa) carne fa male” è vera o falsa?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:32 da Massimo Maugeri


Vi è mai capitato, in generale, di interrogarvi sulle vostre abitudini alimentari?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:32 da Massimo Maugeri


Vi siete mai posti il problema della salute e delle condizioni in cui vivono gli animali da allevamento?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:33 da Massimo Maugeri


Nella nostra società esiste ancora il cosiddetto “peccato di gola”?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:33 da Massimo Maugeri


Domanda provocatoria: se Dante dovesse scrivere oggi la “Divina Commedia”… contemplerebbe ugualmente il “girone dei golosi”?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:33 da Massimo Maugeri


Sul post, trovate un video con Safran Foer.
Nei prossimi giorni inseirò (almeno spero) ulteriori contributi e spunti.
Intanto, di seguito riporto la già citata recensione di Ibs (giusto per darvi ulteriori informazioni sui contenuti del libro).

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:35 da Massimo Maugeri


La recensione di IBS
Potete essere vegetariani convinti o, al contrario, strenui sostenitori del consumo di carne: questo libro avrà comunque molto da dirvi. Non è infatti un manifesto del vegetarianesimo, ma un’indagine dettagliata e rigorosa sulla carne animale, la sua produzione e il suo consumo. Da dove viene la carne che finisce sui nostri piatti? Com’è prodotta? Come sono trattati gli animali e in che misura è importante? Quali effetti ha mangiare gli animali sul piano economico, sociale e ambientale? Jonathan Safran Foer, autore di culto diventato famoso con il suo romanzo d’esordio Ogni cosa è illuminata, parte da queste domande per compiere una riflessione appassionata su un tema che definisce a ragione «spinoso, frustrante e di grande risonanza», perché va a toccare tasti delicati come l’etica personale e dell’intera società, l’economia globale, le tradizioni più antiche, la nostra salute e quella dei nostri figli. Confermando la sua vocazione di narratore, il giovane scrittore americano sceglie di raccontarci tutto in un libro che è frutto di una grande quantità di ricerche e ha l’obiettività di un lavoro giornalistico, ma è anche una storia e come tale è stato concepito e realizzato. Una storia in cui trovano posto i ricordi dell’infanzia (dove la celeberrima madeleine proustiana cede il posto al pollo con le carote cucinato dalla nonna); campeggiano i dubbi e i sentimenti destati dalla recente paternità («Nutrire mio figlio non è come nutrire me stesso: è più importate»); si affollano le riflessioni sul rapporto tra uomini e animali (spassoso il racconto del colpo di fulmine per la bastardina George adottata dall’autore). A questi si alternano i resoconti delle incursioni notturne negli allevamenti intensivi di polli e nei macelli industriali, le indagini sull’inquinamento causato dallo smaltimento delle deiezioni suine e bovine, le inquietanti scoperte sulle massicce dosi di antibiotici e ormoni somministrati agli animali allevati in batteria e le nefaste conseguenze sulla salute dei consumatori.
Il successo della carne prodotta industrialmente è garantito, secondo Foer, dal fatto che nessuno, eccetto gli addetti ai lavori, ha modo di vedere in quali condizioni siano realmente allevati i capi di bestiame. Se coloro che consumano abitualmente il frutto della moderna industria zootecnica potessero constatare con i propri occhi i modi di vita innaturali e disumani a cui sono costretti i loro futuri pasti, difficilmente continuerebbero a consumarli a cuor leggero. La produzione intensiva ha aumentato la disponibilità di cibo, per tutti e a bassi costi, ma siamo davvero certi che questo sia sufficiente a giustificare i maltrattamenti di milioni di polli, vacche e maiali e i rischi alla salute a cui sottoponiamo il nostro fisico? Chi sostiene questo sistema perverso, che fa sì che quasi un terzo delle terre emerse del pianeta sia destinato al bestiame, che la gabbia standard di una gallina ovaiola sia più piccola di un foglio A4, che l’allevamento degli animali sia la causa numero uno del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, evidentemente ritiene che il fine giustifichi i mezzi. Davvero “niente importa”, pur di salvaguardare interessi economici e soddisfazione della gola? Non ci sono alternative possibili? In fondo le statistiche ci dicono che il consumo di carne nei paesi occidentali è sproporzionato rispetto ad altri tipi di alimenti (gli americani scelgono di mangiare meno dello 0,25% del cibo commestibile conosciuto del pianeta) e che anche il ben calibrato consumo di prodotti di origine vegetale fornisce una quantità di proteine sufficiente al nostro fabbisogno. Inoltre come non considerare le implicazioni etiche delle nostre scelte: «Per quanto oscuriamo o ignoriamo questo fatto – ci ricorda Foer, che insieme alla moglie ha sposato la causa vegetariana, – sappiamo che l’allevamento intensivo è inumano nel senso più profondo del termine. E sappiamo che la vita che creiamo per gli esseri viventi più in nostro potere ha un’importanza profonda. La nostra reazione all’allevamento intensivo è in definitiva un test su come reagiamo all’inerme, al più remoto, al senza voce.»
Questo libro, che è insieme racconto, inchiesta e testimonianza, ci invita con determinazione e con passione a riflettere e a non accettare passivamente le regole del mercato. Non ci fornisce una soluzione, ma dati oggettivi e spunti su cui ragionare, per farci un’idea della situazione e affrontarla ciascuno secondo le proprie esigenze, i propri valori e le proprie convinzioni personali.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:37 da "Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?" - La recensione di IBS


Ildibattito si svilupperà (almeno spero) con calma nei prossimi giorni.
Se volete, potete cominciare a dire la vostra…
Io ne approfitto per augurarvi una serena notte.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 00:38 da Massimo Maugeri


[...] Per approfondire consulta articolo originale: SE NIENTE IMPORTA, PERCHÉ MANGIAMO GLI ANIMALI? [...]

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 07:46 da SE NIENTE IMPORTA, PERCHÉ MANGIAMO GLI ANIMALI?


Ue’ che tema difficile stamattina!
Vediamo un po’ le domande:

Da dove viene la carne che finisce sui nostri piatti?

Cerco sempre di acquistare carne prodotta in Italia, meglio se nel Lazio, visto che vivo a Roma.

Com’è prodotta? Come sono trattati gli animali e in che misura è importante?

Oggettivamente… non lo so. Compro la carne nei supermarket della Coop e visto che loro sono molto attenti all’ambiente e all’allevamento a misura di animale (o almeno dicono di esserlo), spero che la carne che mangio (ma ne mangio veramente poca) provenga da animali che non sono stati torturati. Perche’ credo che la sofferenza resti nelle fibre di chi l’ha patita e quindi non vorrei mangiare una polpetta infarcita di disperazione.

Quali effetti ha mangiare gli animali sul piano economico, sociale e ambientale?

Non sono un’esperta. So che gli allevamenti intensivi sono deleteri sotto molti aspetti, compreso quello ambientale. Dal punto di vista economico e’ un evidente ed enorme giro d’affari (esportazione di carni pregiate dai posti piu’ esotici del mondo, tra l’altro). Dal punto di vista sociale, la fettina nel piatto e’ stata il segnale piu’ evidente del riscatto del popolo italiano dalla fame dell’immediato dopoguerra. Potremmo dire che mangiare carne sia stato l’effetto piu’ immediato del cosiddetto boom economico, con relativa iperalimentazione della generazione babyboomer di cui io faccio parte.

Davvero “niente importa”, pur di salvaguardare interessi economici e soddisfazione della gola? Non ci sono alternative possibili?

Le alternative sono molteplici, ma e’ assolutamente certo che niente importa di fronte al dio denaro. Lo tocchiamo con mano tutti i santi giorni.

Secondo voi la frase “mangiare (troppa) carne fa male” è vera o falsa?

Vera, assolutamente. Mangiare proteine animali in quantita’ eccessiva non e’ contemplato dalla dieta mediterranea che, a conti fatti, ci ha salvati fino ad oggi da un eccesso ponderale che stiamo orgogliosamente conquistando sulla scia dell’esempio dei popoli anglosassoni.

Vi è mai capitato, in generale, di interrogarvi sulle vostre abitudini alimentari?

Tutti i giorni, cercando di bilanciare cio’ che introduco nel mio corpo perche’ sono straconvinta che noi siamo quello che mangiamo.

Vi siete mai posti il problema della salute e delle condizioni in cui vivono gli animali da allevamento?

Si’, ma mai in modo battagliero e questo probabilmente e’ sbagliato. Mi rendo conto delle contraddizioni in cui mi dibatto: non mangio carne di agnello e di vitello, perche’ mi ripugna l’idea di un cucciolo sacrificato, ma non riesco, proprio non riesco a rinunciare alle polpette. Mi pongo il problema delle galline in batteria, ma fosse per me mi nutrirei di uova. Cerco di acquistare uova prodotte da galline tenute in pollai umani, ma ovviamente non ho garanzie. Le avevo quando le galline erano di mia nonna materna.

Nella nostra società esiste ancora il cosiddetto “peccato di gola”?

Il conduttore del nostro programma si vanta di spendere anche 100 euro per un chilo di pane, prcorrendo chilometri e chilometri per andare a cercare le leccornie che soddisfino il suo colesterolo. Il peccato di gola esiste eccome.

Domanda provocatoria: se Dante dovesse scrivere oggi la Divina Commedia… contemplerebbe ugualmente il “girone dei golosi”?

Si’ e io ci finirei subito. Potrei diventare vegetariana, con un certo sforzo, ma non potrei mai e poi rinunciare a cose come la sacher torte, il cannolo siciliano, lo strudel, il tiramisu’, le castagnole, i bigne’ di san giuseppe, i fruttini di pasta di mandorle, il profiteroles… posso continuare fino alla nausea :-)

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 08:43 da Laura Costantini


Questa discussione si preannuncia particolarmente interessante, perché il tema trattato non può non riguardarci tutti.
Non ho mai letto Foer, ma acquisterò questo suo libro.
Provo a rispondere alle domande.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:44 da Amelia Corsi


“Da dove viene la carne che finisce sui nostri piatti? Com’è prodotta?”
Confesso di essere ignorante in materia e di non essermi mai posta il problema. Ma intendo rimediare.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:46 da Amelia Corsi


“Come sono trattati gli animali e in che misura è importante? Quali effetti ha mangiare gli animali sul piano economico, sociale e ambientale?”
So che le associazioni degli animalisti si battono da tempo per la tutela degli animali. Il problema secondo me si deve porre non solo per gli animali da allevamento. Ho visto animali domestici trattati malissimo, per non parlare dei cani abbandonati per le strade.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:47 da Amelia Corsi


Ah, dimenticavo: in genere a chi non interessa questo argomento se ne esce con la frase “invece di pensare agli animali perché non pensono alle persone che soffrono?”
Chi dice così, però, non alza mai un dito né a favore degli animali, né a favore delle persone che soffrono.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:49 da Amelia Corsi


“Davvero “niente importa”, pur di salvaguardare interessi economici e soddisfazione della gola? Non ci sono alternative possibili?”
Ci sono sempre alternative possibili, ma non c’è dubbio che l’interesse economico, oggi più che mai, sovrasta tutto.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:50 da Amelia Corsi


“Secondo voi la frase “mangiare (troppa) carne fa male” è vera o falsa?”
Verissima.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:51 da Amelia Corsi


“Vi è mai capitato, in generale, di interrogarvi sulle vostre abitudini alimentari?”
Quasi ogni giorno.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:51 da Amelia Corsi


“Vi siete mai posti il problema della salute e delle condizioni in cui vivono gli animali da allevamento?”
Meno del dovuto, temo.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:51 da Amelia Corsi


“Nella nostra società esiste ancora il cosiddetto “peccato di gola”?”
Secondo me, no. Ci si abbuffa senza limiti e senza senzi di colpa, se non per problemi di linea (ma questo è un’altro discorso).

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:52 da Amelia Corsi


“Domanda provocatoria: se Dante dovesse scrivere oggi la Divina Commedia… contemplerebbe ugualmente il “girone dei golosi”?

Secondo me Dante, oggi, avrebbe ben altri nuovi gironi di cui scrivere.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 09:53 da Amelia Corsi


probabilmente la questione è prerogativa di chi ha “la pancia piena”. non è per fare polemica, ma per chi è costretto a tirare a campare è più difficile porsi certi problemio. o no?

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 10:48 da rino


Rispondo a Rino, riprendendo la premessa ad un’intervista a Foer pubblicata sul sito della WUZ.
“Foer entra ancora una volta nel dibattito potenzialmente senza fine tra chi difende la dieta vegetariana e chi invece continua a mangiare carne.
C’è un punto sul quale tutti sono generalmente d’accordo: al di là delle scelte personali, gli animali hanno diritto a condizioni di vita dignitose prima di essere eventualmente “serviti a tavola”.
E il merito di Jonathan Safran Foer è stato proprio quello di rompere il segreto professionale degli allevamenti industriali, e di metterci di fronte alla realtà dei fatti. Per consentirci se non altro di fare scelte più consapevoli”.
Mi pare questa la cosa più importante.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 11:03 da Silvana Mariani


Canto sesto, nel quale mostra del terzo cerchio de l’inferno e tratta del punimento del vizio de la gola, e massimamente in persona d’un fiorentino chiamato Ciacco; in confusione di tutt’i buffoni tratta del dimonio Cerbero e narra in forma di predicere più cose a divenire a la città di Fiorenza.
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************

Al tornar de la mente, che si chiuse
dinanzi a la pietà d’i due cognati,
che di trestizia tutto mi confuse,
-
novi tormenti e novi tormentati
mi veggio intorno, come ch’io mi mova
e ch’io mi volga, e come che io guati.
-
Io sono al terzo cerchio, de la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualità mai non l’è nova.
-
Grandine grossa, acqua tinta e neve
per l’aere tenebroso si riversa;
pute la terra che questo riceve.
-
Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.
-
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e ‘l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.
-
Urlar li fa la pioggia come cani;
de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo;
volgonsi spesso i miseri profani.
-
Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
le bocche aperse e mostrocci le sanne;
non avea membro che tenesse fermo.
-
E ‘l duca mio distese le sue spanne,
prese la terra, e con piene le pugna
la gittò dentro a le bramose canne.
-
Qual è quel cane ch’abbaiando agogna,
e si racqueta poi che ‘l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pugna,
-
cotai si fecer quelle facce lorde
de lo demonio Cerbero, che ‘ntrona
l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde.
-
Noi passavam su per l’ombre che adona
la greve pioggia, e ponavam le piante
sovra lor vanità che par persona.
-
Elle giacean per terra tutte quante,
fuor d’una ch’a seder si levò, ratto
ch’ella ci vide passarsi davante.
-
“O tu che se’ per questo ‘nferno tratto”,
mi disse, “riconoscimi, se sai:
tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto”.
-
E io a lui: “L’angoscia che tu hai
forse ti tira fuor de la mia mente,
sì che non par ch’i’ ti vedessi mai.
-
Ma dimmi chi tu se’ che ‘n sì dolente
loco se’ messo, e hai sì fatta pena,
che, s’altra è maggio, nulla è sì spiacente”.
-
Ed elli a me: “La tua città, ch’è piena
d’invidia sì che già trabocca il sacco,
seco mi tenne in la vita serena.
-
Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
per la dannosa colpa de la gola,
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.
-
E io anima trista non son sola,
ché tutte queste a simil pena stanno
per simil colpa”. E più non fé parola.
-
Io li rispuosi: “Ciacco, il tuo affanno
mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ‘nvita;
ma dimmi, se tu sai, a che verranno
-
li cittadin de la città partita;
s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione
per che l’ ha tanta discordia assalita”.
-
E quelli a me: “Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l’altra con molta offensione.
-
Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l’altra sormonti
con la forza di tal che testé piaggia.
-
Alte terrà lungo tempo le fronti,
tenendo l’altra sotto gravi pesi,
come che di ciò pianga o che n’aonti.
-
Giusti son due, e non vi sono intesi;
superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c’ hanno i cuori accesi”.
-
Qui puose fine al lagrimabil suono.
E io a lui: “Ancor vo’ che mi ‘nsegni
e che di più parlar mi facci dono.
-
Farinata e ‘l Tegghiaio, che fuor sì degni,
Iacopo Rusticucci, Arrigo e ‘l Mosca
e li altri ch’a ben far puoser li ‘ngegni,
-
dimmi ove sono e fa ch’io li conosca;
ché gran disio mi stringe di savere
se ‘l ciel li addolcia o lo ‘nferno li attosca”.
-
E quelli: “Ei son tra l’anime più nere;
diverse colpe giù li grava al fondo:
se tanto scendi, là i potrai vedere.
-
Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
priegoti ch’a la mente altrui mi rechi:
più non ti dico e più non ti rispondo”.
-
Li diritti occhi torse allora in biechi;
guardommi un poco e poi chinò la testa:
cadde con essa a par de li altri ciechi.
-
E ‘l duca disse a me: “Più non si desta
di qua dal suon de l’angelica tromba,
quando verrà la nimica podesta:
-
ciascun rivederà la trista tomba,
ripiglierà sua carne e sua figura,
udirà quel ch’in etterno rimbomba”.
-
Sì trapassammo per sozza mistura
de l’ombre e de la pioggia, a passi lenti,
toccando un poco la vita futura;
-
per ch’io dissi: “Maestro, esti tormenti
crescerann’ei dopo la gran sentenza,
o fier minori, o saran sì cocenti?”.
-
Ed elli a me: “Ritorna a tua scïenza,
che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
più senta il bene, e così la doglienza.
-
Tutto che questa gente maladetta
in vera perfezion già mai non vada,
di là più che di qua essere aspetta”.
-
Noi aggirammo a tondo quella strada,
parlando più assai ch’i’ non ridico;
venimmo al punto dove si digrada:

quivi trovammo Pluto, il gran nemico.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 11:52 da Dante Alighieri - Divina Commedia - Canto VI


Questo il mio pranzo di oggi, riso rosso con involtino di alga nori farcito di zucchine.
vi assicuro, ottimo!
Non sento la necessità di mangiare carne.
La mangio raramente e solo in particolari occasioni.
Una volta era necessità primaria cibarsi degli animali, oggi se ne potrebbe fare a meno, ci sono tutti i presupposti.
Il risultato sarebbe un calo dell’inquinamento, si risparmierebbe acqua per le colture, non si farebbero soffrire in modo abietto gli animali.
Per me i macelli potrebbero tranquillamente chiudere.
Compresi i pollai dove vengono allevati i polli in gabbie così strette che non possono nemmeno girarsi su sé stessi, e quando invece vengono allevati ” a terra”, sono in spazi talmente affollati che si beccherebbero a morte tra di loro, e per evitarlo viene tagliato loro il becco, da pulcini.
Ecco la nostra razza, ecco come non siamo pervenuti ancora a nessuna civiltà.
Caro Massimo, non metto i link di come vengono allevati, sono su youtube e fanno talmente orrore che davvero portano a decidere all’istante di diventare vegetariani. Ma ne consiglio la visione almeno per conoscere la realtà che c’è dietro una bistecca, una supreme, un uovo di categoria A.
ciao, Massimo
un caro abbraccio
saluti a tutti
cri

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 12:40 da cristina bove


Parlando in generale secondo me sarebbe utile insegnare a scuola “educazione all’alimentazione”. Mi rendo conto che è un’utopia, considerati gli interessi economici in campo.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 12:53 da Lucia


Perché oltre al “problema animali”, non bisogna trascurare quelli legati alla nostra salute e derivanti appunto dalla cattiva alimentazione, spesso legata all’abitudine di ingerire carne in eccesso.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 12:54 da Lucia


Posso fare una battuta?
Il titolo del libro è: “Se niente importa, perché mangiamo gli animali?”.
Una versione alternativa potrebbe essere la seguente: “Se niente importa, perché mangiamo DA animali?”.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 12:58 da Stefano Impellizzeri


non sono vegetariana e mai lo diventerò, ma non mangio carne frequentemente. è un problema che non mi pongo abbastanza, tendo a vedere il mondo da una visione antropocentrica. mi preoccupano le sofferenze degli esseri umani, sofferenze di ogni tipo, che non penso come forse dovrei agli animali, pochi, che mangio. mi disturba sapere che sono manipolati, maltrattati, riempiti di medicine e ormoni (che regolarmente ci pappiamo anche noi). ma sono anche tanto codarda da non aver voglia di metterci il naso. non so se leggerò questo libro, anche se safran foer mi piace veramente tanto. non è che preferisco non sapere: è che non mi regge lo stomaco. mi sento pochissimo in colpa, peraltro, perché il consumo di carne mio e dei miei famigliari è molto modesto. dovremmo parlare anche dei pesci e della moda veramente cazzona del sushi: specie di quello a base di carne di balene orche delfini capodogli.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 14:52 da lucy


credo che nel commento di lucy, qui sopra, ci possiamo riconoscere molti di noi. io, almeno, mi ci riconosco.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 15:17 da manuela


Io invece un po’ di sensi di colpa li ho perché mi rendo perfettamente conto che con uno sforzo minimo, visto che oramai a casa mia si mangia pochissima carne ( uno dei miei figli non la mangia da anni), potrei farcela. E poi non è solamente una questione etica (anche se per quanto mi riguarda incide parecchio) ma è anche un problema di vivere in modo più salutare e con maggior consapevolezza.

Lucy, quando dici:”dovremmo parlare anche dei pesci e della moda veramente cazzona del sushi: specie di quello a base di carne di balene orche delfini capodogli.” mi fai venire in mente alcuni conoscenti cacciatori che ogni volta vanno sulla difensiva e dicono: le scarpe di cuoio però le comperi, e il giaccone di pelle..ecc.?
Intanto proviamo a fare un piccolo passo alla volta, a limitare il più possibile i danni…non è una questione di tutto o niente e una questione di misura e di scelta, da qualsiasi parte si vada.

Rino, certo queste son discussioni di chi si può permettere di farle, di chi ha la pancia piena, e allora? Le società occidentali sono ” grasse” e sprecano tantissimo mentre altre muoiono di fame; non ti sembra un buon motivo per affrontare un simile argomento?
E poi che ne sappiamo noi se chi ha difficoltà a campare si pone o no la questione, magari hanno maggior sensibilità rispetto a chi vive sulla terra assieme a loro e poi ripeto é proprio pensando a loro che dovremo smettere di “affogarci di cibo” e ad avere maggior senso della misura.

Un tempo si mangiava il pollo la domenica ed era una festa, ora ogni alimento è stato banalizzato ed è triste che nonostante le informazioni a nostra disposizione oggi ci iper- nutriamo senza conoscenza e ri-conoscenza

stefano

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 16:07 da stefano


Ah! faccio mie le risposte di Laura Costantini, anche se per me la maggior difficoltà la trovo con i salumi

stefano

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 16:11 da stefano


Quoto Lucy e sono contenta di mangiare poca carne…
Comunque credo che alla fine dei tempi l’umanità sarà giudicata anche da come ha trattato la natura, piante, animali, laghi fiumi mari… foreste disboscate, monnezza ovunque, agenti inquinanti a tinchitè… meno male che non sono il Padreterno, se no avrei fatto piazza pulita, Big Bang 2 e un’altra volta bando ai pasticci di fango per farci pupazzi crudeli.
:-)
Per quanto riguarda Dante, la colpa della gola rientra in una categoria più ampia di peccati: l’abuso, la distorsione di un qualcosa che originariamente è buono. Il cibo è bisogno e dono e il farne un idolo è il vero peccato, il sacrificare alla gola energie che andrebbero spese per fare il bene. In questo Dante è davvero modernissimo.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 16:11 da Maria Lucia Riccioli


Bello questo argomento,per me capita a fagiolo…
Per tanti anni ho avuto un rifiuto per la carne,vedevo la mucca a pascolare quieta in montagna,ci camminavo affianco e ammiravo la saggezza del suo ruminare,poi a tavola non potevo guardare in faccia una bistecca.Per non parlare di conigli,capretti e agnellini che ho avuto la fortuna di vedere nascere da piccola in campagna dai nonni:mai mangiati! Conclusione,se da ragazzina soffrivo di una leggera anemia,oggi da adulta sono un’anemica cronica che attualmente è sottoposta ad endovena di ferro quotidiana con tutte le noiose conseguenze-in questi giorni sto facendo la terapia!-perciò attenzione a sventolare con facilità l’idea che della carne si possa facilmente fare a meno,non è sempre vero,la fonte necessaria di ferro per l’organismo viene dalla carne rossa,meno, e parliamo di ferro non immediatamente disponibile per l’organismo, dai fagioli,i ceci, gli spinaci.Molti vegetariani poco controllati sono andati iincontro a seri disturbi,bisogna andarci cauti.Oggi,per forza, mangio la carne rossa.resta il fatto che penso sia moralmente giusto sapere e controllare le condizioni di vita e di morte degli animali che finiscono sulle nostre tavole.Siamo un pochino tutti vigliacchi però consentitemi di dire:avete visto mai la mattanza dei tonni?Atroce.Ci pensiamo quando apriamo la scatoletta?L’aragosta agonizzante nell’acqua bollente?Ho avuto un debole attraversamento di dispiacere quando un giorno l’ho incontrata elegante nell’acqua in una immersione subacquea,ma se me la mettesero nel piatto con la maionese affianco credo che dimenticherei presto le sue sofferenze.E’ difficile fare una scala dell’idea di quali animali possiamo sopportare di più che soffrano quando vengono ammazzati per nutrirci.Tutte le forme di vita dovrebbero godere della medesima dignità.Perciò come fare?
La cultura del cibo non è solo fabbisogno credo che ci sia molto di più dietro,c’è cultura e tradizione dei popoli, religione e come hanno detto molti amici interessi economici.In paesi dove il cavallo non sarebbe mai mangiato cosa penserebbero di molti popoli-compreso il nostro- che vende la fettina di cavallo in macelleria?Qualcuno potrebbe inorridire che i filippini mangiano carne di cane,perchè per noi è il nostro animale da compagnia più caro, certe volte esageratamente “umanizzato” per colpa dei padroni.ma pensiamo che c’è chi si prende per compagnia un maialino!!E la bisteccuccia nostra con le patatine?Insomma argomento non facile e al di là degli interessi economici specchio di storia delle tradizione dei popoli.Credo che la cosa più importante sia garantire giusta qualità di vita all’animale,allevamenti quanto più possibile all’aria aperta,spazi discreti, e vigliaccamente parlando “morti dolci”.Una corretta informazione sulle necessità alimentari sarebbe auspicabile anche nelle scuole,spesso i problemi di salute trovano semina negli anni dell’adolescenza dove si ingurgita di tutto e male e troppo- ha ragione Stefano “ipernutrizione”.Banalmente parlando credo se tentassimo una via della giusta misura smettendo di sfruttare tutta la natura in maniera superintensiva e rispettando i cicli naturali nascita-vita-morte, tutto sarebbe più vivibile.Pensate che per far fare più latte alle mucche le imbottiscono di ormoni e le mammelle sono tanto grandi da sembrare sul punto di scoppiare,poi munte da dita meccaniche. Dio mio penso che Dante farebbe un nuovo girone:gli inumani avidi però sorvegliati dagli animali!
un abbraccio a tutti

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 18:56 da francesca giulia


Il post di Francesca Giulia mi pare perfetto. Lo quoto in pieno.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 20:48 da Tullio


Devo ammettere che mi sono posto il problema a livello inconscio, ma non ho mai avuto davvero il coraggio di affrontarlo apertamente.
Eppure, anche se decidessi di affrontarlo, temo che non riuscirei a rinunciare del tutto a mangiare carne.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 20:50 da Tullio


@Tullio :-)
grazie,in questo periodo essere quotata in pieno mi fa meglio dell’endovena…sento già l’emoglobina impennarsi!
saluti a te
@Maria Lucia un grande bacione a te!Dante è veramente universale e rileggibile all’infinito,ci si trova sempre qualcosa che prima non si era letto.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 21:54 da francesca giulia


“Siamo cibo per la luna” diceva il mistico Georges Ivanovič Gurdjieff.
La trasformazione del nostro sangue attraverso il cibo non riguarda solo la nostra bocca che mangia e la nostra mente che dice “mangia”. Noi non siamo solo ciò che mangiamo, ma anche come mangiamo, come pensiamo, come soffriamo, quali sono le nostre gioie e come le esperimentiamo, cosa e come respiriamo, come dormiamo, la nostra vertigine a contatto con l’Altro, i nostri amori, l’amore, e un numero pressochè indicibile di eccetera declinato in molteplici modi – ciò che compone quel che chiamiamo “la nostra vita”.
E la nostra vita è già troppo affollata da modelli da copiare e da teorie da seguire, ma è così spoglia di profonda esperienza e comprensione, quella esperienza che è totalmente incomunicabile, perchè è vissuta in totale soggettività, altrimenti siamo solo folla meccanica inanimata.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 22:04 da Subhaga Gaetano Failla


salve a tutt*, io un po’ di tempo fa su D di repubblica avevo già letto l’anticipazione di questo libro. mi fa piacere che se ne parli anche qui.
non mangio più animali da ormai più di 6 anni, e più in là vorrei anche eliminare cibi che prevedono sfruttamento vario. Ma non è attraverso le letture che ho intrapreso questa scelta. Le letture sono arrivate dopo, per rafforzarla, per avere più consapevolezza e soprattutto per parlare con altre persone. Questo libro si annuncia interessantissimo e non vedo l’ora di leggerlo, anche se mi tocca aspettare che arrivi in biblioteca.

Postato giovedì, 11 marzo 2010 alle 23:51 da paperinoramone


Non mangio carne e non sono anemico. C’e del ferro ben assimilabile nelle noci ad esempio, nella frutta secca in guscio in generale e nei legumi, che consumo in abbondanza. Da quando ho smesso di mangiare carne mi sento molto meglio, tant’è che a tornare a consumarla non ci penso proprio. Devo ammettere che i motivi di questa scelta sono essenzialmente egoistici (ritengo che la carne sia nociva per il nostro organismo) ma allo stesso tempo anche l’idea di mangiare un cadavere, ipernutrito, gonfiato e colorato con i nitrati mi mette alquanto a disagio.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:09 da Stefo


bellissimo lo slogan vegan: Chi mangiamo a cena?
so tutto, troppo del mio mangiare cadaveri che hanno fatto una vita oltraggiosa e una morte orrenda. Non comprerò il libro, vivo già il mio senso di colpa, la mia ipocrisia e il mio ‘cannibalismo’ abbastanza male. Cosa fare? un giro al mattatoio basterebbe, ne sono certa; e un’economia che s’interessasse davvero della fame nel mondo, dell’ambiente, dell’uomo. Ché l’assurdo è anche questo: per arricchire pochi si leva il cibo a molti uomini, si desertica la terra. Einstein l’ha detto molti anni prima che succedesse, il futuro del pianeta è nel vegetarianesimo! I medici di base dovrebbero cominciare a informarsi e a informarci, anche, sulle alternative alla squilibrata dieta proteica che ci sta facendo correre dietro agli obesi, infartuati americani. la carne, le uova, il millantato latte, persino il pesce fa male: le proteine sono la prima cosa che viene tolta a chi soffre di arterie (tutti dopo i 60 anni e spesso prima). Ma, vi chiederete, tu la carne la mangi? sì, dopo circa due mesi senza, adesso la mangio di nuovo, mi sentivo male accidenti. Evidentemente facevo una dieta sballata. Ma so che ci riproverò, che smetterò di nuovo perché ormai le vedo gli occhi, le orecchie, ne immagino le sensazioni, l’affetto, il naso caldo e ogni volta che capito davanti al banco della carne sento quell’odore dolciastro di cadavere e scappo. >Mi rivolgo a ciò che non pare animale… apparentemente. Il disagio è forte comunque, troppo. Mia figlia ha smesso da un mese, ha 14 anni, ma non è vegana. La lascio stare, si sente bene. Tuttavia mangiare uova, mozzarella, latte è uguale. La carneficina segue il suo corso nello stesso modo. Se solo l’alternativa fosse a portata di tutti, se essere vegani fosse più semplice, meno caro (prezzi agghiaccianti), se il medico di base fornisse diete alternative e bilanciate…se i medici la smettessero di cianciare di danni alla salute, se la soia fosse coltivata per il terzo mondo invece che per il bestiame… se… Non libri ma video spaventosi su internet, non libri ma una franca discussione con un veterinario, non libri ma un giro al mattatoio (per i più forti), non libri ma uno sguardo meno distratto ai musi che sporgono dai camion diretti ai macelli. Siamo mostri!

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:42 da cinzia pierangelini


Cari amici, vi ringrazio moltissimo per i commenti pervenuti.
Stasera è tardi e mi limiterò a ringraziarvi… ma domani interverrò di nuovo riprendendo alcuni dei vostri interventi.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:52 da Massimo Maugeri


Grazie, dunque a: Laura Costantini, Amelia Corsi, Rino, Silvana Mariani…

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:53 da Massimo Maugeri


E ancora a: Cristina Bove, Lucia, Stefano Impellizzeri.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:54 da Massimo Maugeri


E grazie di cuore a: Lucy, Manuela, Stefano Mina, Maria Lucia, Francesca Giulia, Tullio…

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:56 da Massimo Maugeri


E, infine, un ringraziamento a: Gaetano, paperinoramone, Stefo, Cinzia Pierangelini.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:57 da Massimo Maugeri


Domani aggiornerò il post inserendo un ampio contributo messomi a disposizione da un giovane scrittore che stimo molto.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 00:58 da Massimo Maugeri


Prima di chiudere vi segnalo questi due contributi offerti da Wuz.
Qui, una recensione: http://www.wuz.it/articolo/4215/recensione-libro.html
E qui un’intervista all’autore: http://www.wuz.it/articolo/4411/intervista-autore.html
-
Se vi va, segnalate qualche passaggio che vi sembra particolarmente importante (o interessante).

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 01:00 da Massimo Maugeri


Per adesso chiudo qui.
Auguro a tutti voi una serena notte.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 01:08 da Massimo Maugeri


Non amo il sushi, e sono consapevole di stragi di balene e mattanze di tonni. Il discorso si dovrebbe dilatare talmente…
Oggi abbiamo tecnologie così avanzate che potremmo già nutrirci in maniera diversa, sana, con equilibrio per noi e per la natura, ma sono le nostre pessime abitudini alimentari a frenarci, cultura della gola su cui le logiche consumistiche hanno fondato imperi economici, ristorazione, fast-food, ecc.
Con questo non intendo che non sia lecito dare il giusto spazio alla creativitò culinaria, dico solo che la si potrebbe fare in maniera alternativa, altrettanto gustosa, basta provare.
Ci sono anche tutti i presupposti per vestirci e calzarci di materie create in laboratorio, peraltro molto più efficaci a difenderci dalle escursioni termiche, ma anche qui sono le logiche di mercato a dettare legge, la corsa allo status symbol, le multinazionali della moda.
Mi fermo qui, altrimenti chissà dove arriverei.
Aggiungo soltanto che per me la scelta dell’alimentazione e della salvaguardia delle risorse della terra, il rispetto per la vita degli animali, è soltanto parallela alla mia preoccupazione per tutte le altre e terribili condizioni in cui vivono e muoiono milioni di persone.
Certo che a fronte della vita di un essere umano, sacrificherei quella di un animale, certamente, ma perché non sperare in un mondo futuro in cui ogni esistenza fosse rispettata e accolta con pari dignità e diritto alla vita?

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 06:40 da cristina bove


Mi piace molto e condivido quanto ha detto Cinzia Pierangelini.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 06:43 da cristina bove


Massimo – intanto ehm, toglierei Foer dal sacchetto dei giovani scrittori, che con due romanzi tradotti anche su Marte, interventi critici sulla New York Review of Books, si è degiovinizzato mi sa, e se forse deve degiovinizzare un po’ il modus scrivendi, ce so americheni che ce so morti con quegli stilemi li anche a tarda età.
Detto ciò. Sono carnivorerrima e anche golosissima, e piuttosto ostile al moralismo insalato – che in tanti casi è assolutamente scorporato dalle indagini – invece molto tristi e utili – del libro di FOer, ma è connesso con una serie di frustrazioni e proiezioni in merito a certe cose sane del vivere bene. Quello sguardo di riprovazione stitica verso chi gode nel mondo, a chi sta comodo in maniera carnale. Che fastidio e che tristezza. A me piace il sesso, mangiare avere amici e cucinare – a detta di molti anche bene. Campo una volta sola, e vorrei farlo con agio.
Questo non inficia l’interesse del libro di Foer. Mangiamo animali perchè non siamo capre, e il nostro mangiare animali ha un ruolo nell’economia del sistema – purtroppo però abbiamo dimostrato in moltissime occasioni di non essere capaci di abitarlo rispettosamente il sistema, di violarne le pareti, di inquinarne le parti, di romperne le regole: un conto è cacciare un coniglio e mangiarlo, un conto è fare un campo di concentramento di agnelli. E’ l’industrializzazione, è l’organizzazione scientifica del ciclo di vita.
Ma non è così semplice neanche giudicare questo: dal momento che l’era della caccia e della pesca basiche è passata da un po’, l’industrializzazione della catena alimentare è correlata con un processo di democratizzazione dell’economia e di maggiori possibilità per tutti – di più ampia diffusione del cibo a prezzi accessibili e in un regime di controllo medico e sanitario. Ce la ricordiamo l’Italia prima della guerra? La carne era un lusso da alta borghesia, e con la carne ci si beccava infezioni, gli Italiani erano più piccoli e più magri e di norma schiattavano prima.
Il libro è comunque utile, mi interessa e magari lo comprerò. E’ un necessario correttivo al sistema. Ma temo che possa porre interrogativi solo sui modi di fare le cose, piuttosto che sul farle o non farle. E sotto il profilo etico questo – lascia sempre un po’ di tristezza.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 07:52 da zauberilla


Il problema secondo me non è quello di mangiare o non mangiare carne, il problema è come vengono trattati gli animali utili a questo scopo; io personalmente ho la possibilità di consumare questo bene direttamente dal produttore, quasi sempre; so dove allevano gli animali, vedo dove li allevano; certo una cosa che per molti non è possibile quindi non posso basare un discorso sulla mia sola esperienza. Per quanto riguarda il discorso più stretto sull’alimentazione, sono parzialmente d’accordo con una dieta vegetariana ma non mi trovo d’accordo sulla dieta vegan; noi abbiamo bisogno di acquisire nutrienti da tutte e due le fonti per essere sicuri di assumere il necessario (una dieta esclusivamente vegan non consente di arrivare a questo, ad esempio è carente di vitamina B12), a meno di non usare integratori artificiali; o al contrario rischiamo di assumere ad esempio troppe vitamine o altri nutrienti, non riuscendo a soddisfare in modo idoneo il fabbisogno calorico giornaliero.
Mangiare troppa carne è sicuramente dannoso, è un dato di fatto: il nostro organismo impiega 48h per smaltire le tossine prodotte dalle proteine della carne, in particolare quella rossa; per cui mangiare carne tutti i giorni sovraccarica il nostro organismo per dirla in breve…Ma questo è solo un esempio. Per quanto riguarda la questione degli animali imbottiti di farmaci, credete che forse nelle piante non avvenga questo? Anzi in maniera maggiore! Le piante sono molto più delicate degli animali, basta un bruco, un minuscolo essere per mandare all’aria tutto il raccolto…Se vediamo foglie e frutti perfetti è perché comunque vengono utilizzate sostanze atte allo scopo, pesticidi ecc…E poi (secondo sempre il mio punto di vista), mi sembra assolutamente impossibile smettere di produrre carne, si interromperebbe la catena alimentare! I terreni sono lasciati in vita anche grazie alla concimazione naturale messa in atto dagli animali, i concimi per far crescere i vostri vegetali da dove vengono? Da animali che vengono allevati: a questo punto allora non dovreste mangiare nemmeno i vegetali perché sono sempre derivati da uno sfruttamento animale. Se si coltivassero solo vegetali, le proprietà del terreno si impoverirebbero sempre di più e i campi di coltura non basterebbero a soddisfare l’intera popolazione mondiale dato che un terreno non può essere sfruttato al 100% costantemente.
D’altronde se siamo onnivori cìè una ragione, se no saremmo con con la dentatura di una pecora per dirla proprio terra terra.
In conclusione, questo è ovviamente solo il mio punto di vista, basato sulle mie esperienze, sulle mie conoscenze e i miei studi; per me basta solo essere equilibrati con una dieta equilibrata che attinga alle varie fonti, variate; la dieta mediterranea è la migliore al mondo, abbiamo una risorsa così preziosa per nutrirci bene…Un saluto a tutti, sperando di essere stata utile.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 07:59 da Federica Lecca


il mio commento è una mia poesia recente dal titolo: “SONO UN ANIMALIANO”

Sono un animaliano
osservare da vicino
tutti questi corpi
in anarchico movimento
mi dà una gran fame
l’appetito non viene meno
guardando gli umani
se ritornasse in auge
il buon vecchio cannibalismo
forse l’annoso problema della fame
sarebbe finalmente risolto
per i mangianti e per i mangiati
e il sovraffollamento del pianeta
avrebbe un suo perchè.
A volte mi vedo costretto
ad affrontare i venerati vegetali
primordiali, possenti, sagge
forme di vita evoluta
con molta afflizione e
cercando di limitarne l’uso
soffriggo cipolle , carote, sedano
durante le ricorrenze
per il solito parente serpente
ma mai e poi mai
oserei maltrattare o peggio cucinare
gli adorati minerali
scintille di pura vita atomica
dalla quale tutti proveniamo
materia arcana e perfetta
così longeva da non aver bisogno
di infami cazzate reincarnanti
o meglio, ripietrificanti.
Ho eliminato tutti i conoscenti
( e successivamente mangiati)
che invitati a cena, mi chiedevano
gnocchi di sassolino
soufflè di sabbia marina
tortini di terriccio universale
pan di granito rosa
ed altre ricette minerali
che al solo pensarci innorridisco!
Contro lo sfruttamento dei minerali
contro le abberrazioni sui vegetali
sono un animaliano.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 08:44 da Luciano Tarasco


p.s. LA VITA SI NUTRE DI VITA, E QUESTO AL DI LA’ DELLE IPOTESI, AL DI LA’ DELLE PROTESI.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 08:47 da Luciano Tarasco


Sono vegetariano da 8 anni, dopo essere stato carnivoro forte, e qualsiasi tipo di carne mi faceva ustolare. Gli argomenti concatenati alla questione carne sì/carne no sono tanti.
Dal mio punto di vista concerne la visione del mondo, cioè come ognuno di noi vede se stesso rispetto al mondo.
Consiglio caldamente, lo faccio in ogni dove, due libri:
1- “Liberazione animale” di Peter Singer.
2- “Ecocidio” di Jeremy Rifkin.
Se avrete il coraggio di leggerli entrambi, dopo la lettura non sarete più gli stessi.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 10:10 da Morgan Palmas


sono stata vegetariana per un po’ poi ho smesso durante le gravidanze e ogni giorno mi riprometto di ricominciare ad esserlo. però è un problema mio, personale, non ho censure mentali sul mangiare carne, cioè fa bene, l’uomo lo ha sempre fatto, eccetera. però, tre cose.

1.
come giustamente rilevava federica (e altri più sopra) il problema non è questo, ma il modo in cui gli animali vengono allevati, che poi è strettamente connesso anche alla nostra salute. al di là dell’etica, al di là di problemi che possono toccare o meno, della serie non a tutti gliene frega qualcosa dei lager per animali, tanto la soluzione non si trova, tanto dobbiamo pur mangiare, ci sta la gente che muore, eccetera.
premesso che basterebbe un minimo di sforzo in più per migliorare le condizioni di vita degli animali, basterebbe cioè “pensarci” – ma il pensiero si sa è una cosa che latita abbastanza nell’essere umano – vorrei far notare che molte delle recenti epidemie di nuovi virus (mucca pazza, aviaria, suina) sono dovute proprio alle condizioni disumane in cui vengono allevati gli animali, costringendo ad esempio specie vegetariane a nutrirsi di resti animali, per motivi ovviamente di profitto.

2.
la gente nel mondo muore di fame, vive in condizioni disumane, e ci si potrebbe preoccupare di loro, prima, eccetera. vero, verissimo. allora diciamo pure che con le risorse (terreni, concimi, mangimi) utilizzate per allevare animali in maniera intensiva, si potrebbe tranquillamente sfamare una buona parte della popolazione mondiale. siamo all’assurdo che si tolgono terreni all’agricoltura per destinarli all’allevamento, molto più reddittizio. solo che con un campo di grano ci sfami un villaggio, con un allevamento di vacche ci riempi le tavole di uno dei nostri ristoranti.

3.
un ulteriore spunto per pensare a quanto l’aspetto del consumo di carne non riguardi solo i vegetariani si\vegetariani no, o solo i poveri ingenui teneri di cuore, sta nel fatto che l’allevamento intensivo è tra le prime cause dell’effetto serra sul pianeta, per quanto possa sembrare assurdo, per via dei gas prodotti in maniera maniera massiccia dagli animali.

tutto questo solo per dire che la questione è ampia e complessa, e che si tratta in fondo solo di uno dei molteplici aspetti dello sfruttamento dissennato del pianeta, aspetti tutti collegati tra loro a doppio filo. soprattutto, credo che la questione fondamentale sia: fino a che punto siamo disposti ad arrivare pur di difendere con i denti il nostro “stile” di vita. è qualcosa che, volenti o nolenti, riguarda tutti, e non ce ne possiamo tirare fuori.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 10:42 da giorgia


per me, ripeto il problema sta sempre nel trovare il giusto equilibrio, non è solamente una questione morale ma di rispetto e di consapevolezza, sì. Le posizioni estreme difficilmente si incontrano anche se spesso si assomigliano. Noi occidentali siamo eccessivi in tutto, spesso a discapito degli altri. Zauberilla, anche a me piace fare sesso, bere vino e gustarmi del buon cibo (non necessariamente carne) ma non per questo il godermi la vita significa abbuffarmi o ubriacarmi ogni giorno. godersi la vita non è, almeno per me che ancora posso scegliere, una questione quantitativa, ma qualitativa. Mia nonna associava lo stare bene con l’essere ” in carne”. Per farmi un complimento, quando ero ragazzo, mi diceva ” stai bene, sei bello grasso” cosa che mi faceva incazzare non poco ma che aveva comunque un senso per chi aveva sofferto la fame; ma ora proprio perché fortunatamente (almeno fino ad ora) il problema è stato allontanato abbiamo la possibilità di riflettere sulla questione del cibo con più serenità e scegliere con minor egoismo.
Tutti pensiamo che le nostre scelte non possano cambiare il mondo e forse è vero ma credo che spesso sia solamente un bel alibi per giustificare il nostro “non fare” e per non provarci neppure.

p.s. c’è poi il problema dei costi dei cibi ” alternativi” di quelli biologici, che in Italia è davvero incredibile se si pensa che al produttore di verdura “sana” vengono dati pochi spiccioli in più rispetto a chi coltiva “intensivamente”, mentre nei negozi specializzati raggiungono cifre spesso assurde. Senza entrare nel merito di come queste patenti “bio” vengono rilasciate. Pare, ma di questo non ne sono certo, che dopo il primo controllo non ne avvengono altri successivamente.

stefano

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 11:04 da stefano


a rigore non dovremmo cibarci di nulla, perché anche i vegetali sono esseri viventi. a dire il vero ogni nostro atto di sopravvivenza decreta la morte, il consumo, lo sfruttamento di un altro essere vivente. tutto dovrebbe essere ricondotto – impresa titanica, anzi impossibile – ad un grado di accettabile rispetto per il globo. ma mentre noi parliamo come ristretta minoranza di questo aspetto, le multinazionali, la basf fa la patata transgenica. questa è una cosa che potrebbe rivelarsi fatale, come no: non ne sappiamo nell’uno o nell’alltro senso praticamente nulla. potrebbe derivarne un’alterazione genetica a catena: perché no? di tante specie vegetali. con ribadimento sugli animali e sull’uomo.
l’altra questione che dovrebbe stare a cuore è quella della marea di programmi televisivi dedicati al cibo. intanto l’anoressia dilaga presso il nostro grasso obeso colesterolemico nord del mondo.
se non ci riprendiamo la vita, tutta la vita, non avremo vita.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 11:08 da lucy


stefano: una mia ex alunna dice che non vede l’ora di smettere di lavorare per un’impresa di cibi biologici perché se lavorasse per un costruttore di armi si sentirebbe meno in colpa… niente infatti mi ripugna di più della dicitura bio a cui non credo da sempre. è un gran business.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 11:12 da lucy


Non ho letto il libro e nemmeno tutti commenti di questo post. So solo che non rinuncerò a mangiare carne. Sarei ipocrita se dicessi il contrario. Non ci rinuncerò e non mi sento in colpa per questo. In fondo anche gli animali mangiano altri animali. E noi siamo esseri viventi che fanno parte di un ciclo di vita naturale.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 11:43 da Matteo


In ogni caso sono d’accordo quando si sostiene che, comunque, bisogna garantire condizioni di vita accettabili agli animali allevati. Secondo è su questo punto che bisogna puntare il dito.
Poi, essere favorevole a mangiare carne non significa essere favorevole ad abbuffarsi. Perché non c’è dubbio che mangiare troppa carne fa male.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 11:45 da Matteo


Comunque stasera se posso leggerò tutti i commenti. Scusate non volevo sembrare arrogante.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 11:51 da Matteo


per quel che mi riguarda, non faccio largo uso di carne nella mia cucina: faccio largo uso di pasta e cereali, verdura e frutta, anche se comunque la carne bianca, gli insaccati (purtroppo di questi sono golosa) e alle volte quella di manzo rientrano nella dieta di tutti in famiglia.
L’unica eccezione è la carne di vitello, bandita da molti anni e vi spiego subito il perchè: un vetereinario della Asl che conosco molto bene (e di cui mi posso fidare) mi sconsigliò vivamente di fare uso di tutti i tagli di carne del vitello in quanto ‘pompata’ all’inverosimile di antibiotici e altre porcherie varie. Da allora, faccio uso solamente di carni bianche di volatili (pollo, tacchino) e di coniglio o di maiale.
Per quanto riguarda Dante, beh, condivido pienamente il pensiero di Maria Lucia.
Buon pranzo!

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:03 da Paola


oddio come ho scritto male!!!!!!!!!!!! stamattina ho le idee aggrovigliate, la sintassi ancora addormentata… portate pazienza! S’è capito quello che volevo dire?

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:05 da Paola


mi sembra importante riportare i brani della recensione di wuz segnalata sopra.
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Quando qualcuno afferma di essere vegetariano la tipica domanda che si sente rivolgere è: perché? Jonathan Safran Foer nel suo ultimo libro Se niente importa rovescia la domanda e ci chiede: perché mangiamo gli animali? Dall’argomento potrebbe sembrare un libro retorico, magari supponente. Niente di meno vero: la leggerezza e l’umorismo della sua scrittura di narratore si ripropone anche in queste pagine, che da saggio si trasformano in trascinante racconto.

Se niente importa è un libro sulla carne, ma è soprattutto, a detta dell’autore, un libro sulla famiglia: c’è il ricordo della baby sitter che non mangiava il pollo, c’è il cane George e soprattutto c’è la nonna, miracolosamente scampata all’Olocausto, che Foer considerava la migliore delle cuoche: «credevamo nella sua cucina più fermamente di quanto credessimo in Dio». Quando sua moglie è rimasta incinta del loro primo figlio, lo scrittore ha messo da parte la narrativa per dedicarsi in modo più serio al problema dell’alimentazione, perché la nascita di un bambino necessitava «una storia diversa»: è nato così Eating Animals, un libro che negli Stati Uniti ha portato anche alla nascita di un sito web di discussione e confronto.

Foer ha passato in rassegna le abitudini degli americani: quarantasei milioni di famiglie possiedono cani e trentotto milioni hanno in casa dei gatti. Le spese per nutrire, lavare e vezzeggiare gli animali da compagnia sono incredibilmente alte (si calcola che arrivino a trentaquattro miliardi di dollari l’anno). Ma quelle stesse famiglie, così sollecite nei confronti dei loro cani e gatti, la sera si riuniscono a tavola intorno a un pollo arrosto o a uno spezzatino, incuranti delle sofferenze che quegli animali hanno patito prima di finire sul loro piatto. Come si spiega questa contraddizione?
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Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:07 da giusy marino - recensione wuz


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Forse, pensa Foer, i mangiatori di carne non sanno esattamente quello che succede a mucche, maiali e polli negli allevamenti industriali, che sono rigorosamente chiusi al pubblico. E lo scrittore prova a spiegarlo, senza risparmiare dettagli raccapriccianti. Tanto per dare un’idea, i polli sono ammassati a migliaia in capannoni senza finestre, e prima di essere macellati vengono legati per i piedi, appesi a un nastro trasportatore e immersi in un bagno elettrico. Anche i maiali sono costretti a vivere in gabbie minuscole, in più devono subire l’amputazione della coda e dei testicoli senza anestesia. Tutti gli animali, poi, sono allevati per fornire la maggiore quantità di carne nel minore tempo possibile, e spesso diventano così pesanti da non sopportare il loro stesso peso.

Il discorso contro gli allevamenti industriali non riguarda solo il benessere degli animali ma anche quello dell’uomo: mangiare un pollo cresciuto in gabbia e imbottito di sostanze chimiche, oltre a essere moralmente discutibile è anche profondamente pericoloso per la nostra salute: secondo alcune indagini, la carne proveniente da allevamenti industriali renderebbe i nostri antibiotici meno efficaci, e sarebbe un fattore decisivo nella generazione della febbre aviaria e suina.
Inoltre, secondo Foer, non mangiare carne è una scelta che va anche a vantaggio dell’ambiente: gli allevamenti intensivi sarebbero responsabili dell’inquinamento del nostro pianeta e costituirebbero addirittura la prima causa del surriscaldamento globale.
Da non sottovalutare, infine, anche il fattore economico: si calcola infatti che con le produzioni di verdura e cereali destinate all’alimentazione del bestiame si potrebbe addirittura risolvere il problema della fame nel mondo, con un apporto proteico superiore a quello fornito dalla carne.
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Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:07 da giusy marino - recensione wuz


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È difficile restare insensibili alle argomentazioni di Foer, ma è altrettanto difficile pensare che le nostre abitudini alimentari siano così sbagliate. In altre parole, è davvero possibile eliminare la carne dal proprio menu senza incorrere in scompensi di qualche tipo?
Intanto bisogna fare una differenza fra diversi regimi vegetariani: la dieta vegetariana vera e propria si riferisce a quelle persone che non mangiano la carne ma si nutrono di prodotti derivati come le uova e il latte, mentre la dieta vegana è una variante più drastica, e riguarda quelle persone che assumono esclusivamente alimenti vegetali, bandendo latticini e uova dalla loro alimentazione.

Secondo alcuni pareri la dieta vegetariana sarebbe più salutare della dieta onnivora, perché la carne risulterebbe responsabile di problemi cardiaci, ipertensione, obesità e tumori… Malattie che sembrano avere un minore impatto sui vegetariani, a patto che essi siano in grado di fornire al loro organismo il corretto apporto proteico: le principali mancanze a cui può andare incontro un vegetariano sono il ferro e la vitamina B12, a queste i vegani devono aggiungere il calcio e la vitamina D. Alcuni nutrizionisti sono convinti che queste carenze possano essere recuperate bilanciando nel modo giusto verdure, legumi, soia e cereali, in modo da avere un mix di proteine pari a quello fornito dalla carne.
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Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:08 da giusy marino - recensione wuz


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I carnivori, dal canto loro, affermano che l’uomo si è evoluto mangiando la carne, e che quindi non c’è alcun motivo di smettere; e per quanto riguarda l’uccisione degli animali ribattono che anche nella savana il predatore uccide la preda, e modificare questa legge primordiale significherebbe andare contro natura. A loro sostegno hanno le opinioni di altri nutrizionisti, secondo i quali la carne non può essere eliminata dalla dieta né sostituita, e tanto meno si può rinunciare a prodotti come il latte e le uova, specialmente durante l’infanzia e l’adolescenza. Secondo questa scuola di pensiero è importante avere una alimentazione completa, senza eccedere con nessun alimento. C’è anche chi suggerisce una diminuzione nel consumo di carne, soprattutto rossa, ma senza arrivare alla sua totale eliminazione.

Vegetariani famosi si dice che siano stati Seneca, Leonardo da Vinci, Einstein e persino Pitagora.
Tra gli scrittori i più noti forse Tolstoj e George Bernard Shaw.
Oggi portano avanti questa scelta con grande convinzione personaggi come Jovanotti, Red Ronnie, Brigitte Bardot, Kim Basinger, Richard Gere, Paul McCartney, Leonard Cohen e Morrissey, il cantante degli Smiths, che ha intitolato il secondo album della band Meat Is Murder. Anche Franco Battiato, vegetariano convinto, ha scritto una canzone contro il consumo di carne intitolata Sarcofagia. Una credenza molto diffusa dice che i vegetariani, non assumendo carne, sarebbero persone tendenzialmente più calme e pacifiche, e in questi casi viene citato come esempio il mahatma Gandhi. Ma i carnivori ribattono con un controesempio schiacciante citando un altro vegetariano famoso: Adolf Hitler…
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Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:09 da giusy marino - recensione wuz


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È un dibattito potenzialmente senza fine, e nessuna delle due parti sembra volersi arrendere. Ma c’è un punto sul quale vegetariani e carnivori sono generalmente d’accordo: al di là delle scelte personali, tutti gli animali hanno diritto a condizioni di vita dignitose prima di essere eventualmente serviti a tavola.
E il merito di Jonathan Safran Foer è stato proprio quello di rompere il segreto professionale degli allevamenti industriali, e di metterci di fronte alla realtà dei fatti. Per consentirci se non altro di fare scelte più consapevoli.
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questo testo secondo me andava segnalato tutto.
l’ho preso da qui http://www.wuz.it/articolo/4215/recensione-libro.html
io sono con Foer.
ciao a tutti.
giusy

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:11 da giusy marino - recensione wuz


Ma non credo che il libro di foer faccia riferimento all’uso lussurioso del cibo, e anche spasmodico – che è patologico Stefano non scambiamo lucciole per lanterne – il libro di foer fa riferimento a il sistema di produzione che tiene in piedi il consumo normale di carne, persino moderato. Ha più a che fare con l’abbattimento dei costi che con la qualità di quel che si mangia – la quale vien da dire purtroppo non amerebbe i meccanismi industriali – provare un pollo ruspante per credere.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:14 da zauberei


Quoto anch’io in toto Francesca Giulia…ed esprimo anche il mio accordo con quello che ha scritto Stefano nel suo primo post,il cibo purtroppo viene fortemente banalizzato nella nostra società,e viene purtroppo anche messo troppo su un piedistallo, me ne rendo conto quando torno a casa dopo una mattinata – o giornata – passate all’università e il mio primo pensiero è rinfrescarmi e rilassarmi un pò,invece vengo subito sollecitata a mangiare perché “sennò si fa tardi”, non posso perdere neanche due minuti per cambiarmi d’abito, che poi due minuti più due minuti meno vorrei sapere cosa cambia…(per fortuna,però,non avviene sempre).
In contrasto con ciò che ho appena detto,ci sono situazioni in cui riesco ancora a vivere il momento del pasto come una “festa”, e questo mi sta succedendo soprattutto da quando ho iniziato a frequentare un gruppo che organizza la maggior parte delle feste di compleanno o di altro genere in casa,per cui è davvero bello poter gustare una pietanza un po’ diversa preparata da una persona che conosci e di cui ti fidi, e soprattutto gustarla in gruppo,in un clima che è già di festa (questo, ovviamente, avviene anche nel caso delle feste in famiglia).
Al di là di tutti i discorsi relativi al dover essere o meno vegetariani credo, in accordo con la maggior parte di voi, che sia assolutamente necessario consumare prodotti il più possibile sani e trattati “umanamente” e regolare un po’ meglio le nostre abitudini alimentari, ne trarremmo sicuramente vantaggio per la nostra salute. E, in ogni caso, meglio mangiare un po’ di più solo quando si avverte davvero la fame e terminare di mangiare quando si sente di stare bene, non quando si è ipersazi, in rispetto del nostro fisico e di tutti coloro che non dispongono neanche dell’indispensabile.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 12:42 da Sara


Zauberei, hai ragione sono andato, forse, fuori tema ma questo succede quando si trattano argomenti così complessi anche se sono comunque convinto che sia proprio la quantità (quale sarebbe poi il consumo normale?) la responsabile di alcune scelte. Noi (intendo come società) mangiamo troppo e male, questo è il punto. Basta guardarsi in giro.
ciao
stefano

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 13:36 da stefano


right, mangiamo troppo e mangiamo male. e il nostro cibo è a volte causa di dolore e sofferenza oltre ogni ragionevole limite determinato dalla necessità bilogica di cibarci.
inoltre, se si propende per quest’idea, si può dare un contributo senza scelte estreme, senza autoassegnarsi patenti di santità e robe del genere. per esempio, basta decidere di non mangiare più polli d’allevamento, intendo gli allevamenti industriali. non è certo un gran sacrificio, nessuno potrà negare che si tratti di una scelta facilissima, che non peggiora le nostre vite.

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 15:35 da ang


chiedo ad anq, come si fa a non mangiare più polli di allevamento. Uno dei dati che Foer ricava dalla sua indagine: il 99% della carne in commercio proviene da allevamenti intensivi, solo l’1% da agricoltura diciamo a conduzione familiare, fattorie tradizionali. Sembra facilissimo. E’ più facile non mangiarlo per niente che ordinare su internet un pollo ruspante al prezzo dell’aragosta mi sa. Sugli allevamenti di polli e sulla carne in Italia vedere sempre questa ottima puntata di report: http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E1085408,00.html
A proposito, ricomincia da Domenica!

Postato venerdì, 12 marzo 2010 alle 23:59 da alessandra


volevo anche postare il link a questo video nel quale Obama risponde alla domanda di un’attivista vegetariana proprio sull’allevamento intensivo (factory farming) e sulle sue conseguenze ambientali, sociali, economiche: http://www.youtube.com/watch?v=Rt56ER4TSqc questo solo per dire che negli USA il dibattito sul tema è aperto da tempo, non è che Foer salti fuori dal nulla. Qui non se ne parla molto, a parte tra associazioni animaliste e da un po’ anche qualche ambientalista però, notizia del tg2 di oggi per es., i vegetariani in Italia sono 7.000.000, più del 10% della popolazione. Non esattamente una setta fondamentalista giainista.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 00:28 da alessandra


Gli animali sono miei amici, e io non mangio i miei amici.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 00:28 da Mariangela Du Chaliot


L’unica cosa che mi sento di dire è che ridurre il consumo di carne nella nostra alimentazione fa bene, eliminarlo senza compensare con un’apposita dieta è molto rischioso.
Credo sia bene che se ne parli. Onore al merito di questo libro.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 00:50 da Aurelio


Pero vorrei anche dire questo. Siamo sicuri che un animale da allevamento che nasce in certe condizioni che per noi possono apparire invivibili, per lui sia causa di sofferenza? Se i polli nascono già ammassati su spazi angusti, siamo sicuri che soffrano per questo?

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 00:53 da Aurelio


trovo sconvolgente la superficialità di certi commenti, ridicolo chi parla di ‘tristezza’ della vita a chi si sente in colpa per gli eccidi ingiustificati, assuro parlare di ‘buone condizioni’ di allevamento per chi deve vivere nello sfruttamento solo per morire alla fine, ingiustificate le frasi ’senza carne gli uomini muoiono’ (andatelo a dire ai bambini africani!). Infine patetica la storia della b12, mancheremmo di b12 se fossimo vegani? ok potremmo prendere una pasticchetta senza fare tragedie, immaginate invece quanti anti-infiammatori e antibiotici ingurgitate ogni giorno insieme alla carne di bestie che senza questi medicinali sarebbero tutte morte. La carne di pollo fa meno male? ma avete visto dove tengono i polli? ma sapete cosa gli danno per evitare pandemie ovvie e sicure? e poi ancora la storia delle piante, oh signore! Le piante non hanno sentimenti e non hanno il sistema nervoso degli animali (e degli uomini) e quindi tra loro e gli animali, dato che iddio ci ha fatto assassini, meglio le piante no? O no? La verità bisognerebbe dirla, a se stessi. Nascondiamo la testa sotto la sabbia perché c’è qualcuno che fa il lavoro sporco per noi! Vorrei vederla zauberilla che voglia di ridere e divertirsi avrebbe se per le sue cene allegre e piene di vita dovesse sgozzarsi il vitello da sola e squartarlo ancora vivo! ma le fettine sono avvolte nella plastica e sigillate su un bancone del supermercato, neanche sembrano il bove che si è pisciato addosso strabuzzando gli occhi e ha continuato a dimenarsi mentre lo facevano a pezzi.Per non parlare di chi dice: be’ ma io mangio solo maiale… le affinità tra noi e il maiale (dotato di intelligenza nettamente superiore a quella dell’amato cagnolino, e ottimo animale da compagnia) sono altissime. E poi mi sospendono Bigazzi! e che ha detto di male? che il gatto è buono? non è quello che si dice di tutte le povere bestie che mangiamo? Ipocrisia ridicola! Magari varrebbe la pena di provarlo il gatto, e anche il cane. Siamo vita no? dobbiamo mangiare la vita, giusto?anzi mangiamoli vivi a morsi, magari sono pure più buoni!

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 00:54 da cinzia


le discussioni sono importantissime poiche’ sono un inizio.. ma penso che la natura abbia una forza primordiale superiore ad ogni nostra capacita’ intellettiva , la natura si ribella e colpisce da sola chi la colpisce e guai a chi ne sottovaluta la capacita’ , l’ aviaria, la cosiddetta mucca pazza come molte altre epidemie ne sono un esempio! l’ uomo colpisce al cuore la natura maltrattando in modo indescrivibile le bestie sia quelle da macello che quelle vicinissime all’ uomo e la natura colpisce l’ uomo con epidemie virulente e brutali ! l’ uomo ha la presunzione di dire mangio la carne e maltratto pure gli animali ma se va a mettere sul piatto della bilancia le vittime delle malattie epidemiche delle bestie e degli animali forse la natura ha vinto in numero di morti!! per carita’ non e’ che ne goda !!anche se potrebbe sembrare ! ma la natura vendica i suoi morti in maniera cruenta ! forse vi e’ un modo diverso di pensare ad esempio il rispetto per gli animali e’ il rispetto per se stessi anche perche visti i risultati mettersi contro la natura con crudelta’ non conviene essa sa aspettare e colpire in maniera adeguata questa umanita amara e ignorante !

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 02:10 da antonella


Ho messo piede più di una volta nei capannoni zeppi di gabbie e batterie dove vengono allevati, stipati e ingozzati di antibiotici e altro, soprattutto polli, conigli, quaglie. Una visione che mi ha sempre fatto riflettere sulle atrocità commesse su quegli animali, quei volatili “forzati” e sul nostro comportamento alimentare, teso persino a degustare, esaltandole, le carni di quelle creature perché prelibate, nutrienti se non “necessarie” per la nostra salute e il nostro vigore, a detta di molti esperti dell’alimentazione umana e/o di altri pubblici persuasori più o meno occulti.
Amo gli animali, specie il mio cane e la mia gatta, il cui affetto e la cui sensibilità nei miei confronti (e non solo miei) mi riempiono l’animo di gioia e tenerezza. Amavo anche le galline, i conigli e i galletti che allevava mia madre, anni fa, per sfamare me e i componenti la famiglia secondo i canoni di una tradizione nata quand’è comparso l’uomo sulla terra. Tradizione diventata rito condiviso, quindi identità e civiltà.
Senonché questa tradizione la rifiuto da un pezzo, sia per le motivazioni addotte da J. S. Foer nel suo libro, che in fondo poco aggiunge alla conoscenza comune di ciò che avviene negli allevamenti “artificiali”, sia perché le leggi di natura, specialmente quelle riguardanti il cibo e i modi per procurarlo non mi va più di accettarle e le contesto.
Difatti, cosa impone la natura all’animale, all’insetto e via dicendo per vivere? Impone l’uccisione di altri animali o insetti e altro ancora. Insomma, gli animali – e ogni altro essere vivente – in natura si cibano di altri animali o altri esseri viventi. E’ la vita dirà qualcuno. E qui protesto e mi ribello, benché la tentazione di tornare alle tradizioni di famiglia non so fino a quando riuscirò a tenerla a bada. Dovrei resistere come credo avrà resistito J. S. Foer. Eh, già. Già.
Buona giornata.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 04:56 da Ausilio Bertoli


Questione interessantissima. Io sono vegetariana per scelta e per tradizione familiare. La carne contiene delle purine, ma anche la memoria di tutto il dolore, l’inconforto, la prigionia, le condizioni di vita e di morte di queste povere bestie. Quel che è peggio, non avendo conosciuto altri ambienti né altri trattamenti, questi animali credono che cio’ che subiscono sia “normale”. La gente che ingerisce questa carne finirà per soffrire di agrophobia (la paura dei grandi spazi), si costruirà delle case sempre più piccole e piene di cianfrusaglie, vivrà in modo confinato, diventerà aggressiva e antisociale. Condannando le bestie, condanniamo la nostra specie. Troveremo normale che i mezzi di trasporto in comune siano sovraffollati e non protesteremo più. Diventeremo come questi animali da macelleria e non crederemo più di possedere un’anima. Saremo le vittime del nostro materialismo, se non lo siamo già.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 04:59 da Ben Pin


Beh, si viene dal post sui vampiri, ed io confesso di essere un amante della carne (in tutti i sensi), specie se cruda o comunque al sangue. Anche il pesce lo amo crudo o comunque poco cotto.
Amo alla follia poi anche i salumi.
Che poi una dieta così proteica non faccia bene, specialmente con il procedere dell’età, è un altro discorso. Ma le verdure non mi hanno mai entusiasmato (specialmente cotte), ed alcune in particolare proprio le detesto. Se dovessi abolire le carni mi resterebbero solo i legumi (meno male che mi piacciono molto, ma eccedere si sa, porta spiacevoli conseguenze, specie in pubblico) e patate. E poi i cereali (che comunque ingrassano). Meno male amo molto la frutta (anche più dei dolci).
Insomma, io detesto i talebanismi in ogni forma, anche quella alimentare, cerco di non impormi (nè imporre) divieti, e di ispirarmi alla misura e al buon senso, anche se talvolta è difficile, viste le mie predilezioni.
Ma per questo il libro in questione non mi interessa proprio.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 10:15 da Carlo S.


L’argomento interessa molti, e questo non può che far piacere.

Gli eccessi di consumo sono un dato di fatto. Associato al crescendo continuo della popolazione mondiale, ne va da sè che occorre rivedere non solo il QUANTO si consuma, ma anche il COME viene PRODOTTO.

Se si ha a cuore l’etica del vivere, non si può ignorare anche ciò che Foer sottopone con il suo libro.

Mi è piaciuto infatti molto il commento di PAPERINORAMONE, il quale, proprio nell’ottica dei consumi attenti, asserisce di attendere, pur con il desiderio di leggere, l’uscita del libro in BIBLIOTECA.

Aggiungo anche come del resto ho fatto nel Satisfiction di Serino, un suggerimento (si trova in biblioteca!) testo vecchio ma sicuramente attuale, un saggio dalla lettura scorrevole, DESMOND MORRIS, zoologo,

LA SCIMMIA NUDA.

Colgo l’occasione per ringraziarti caro Massimo, perchè tramite il tuo blog ho conosciuto due donne stupende, che mi han fornito contributo gratuito per il nostro blog collettivo:
la più bella cosa oggi, nel segno della comunità perduta,

LAURA COSTANTINI e

Maria Lucia RICCIOLI.

Un sentito grazie a tutti voi

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 10:41 da francesca cenerelli


Il tema sulla genuinità dei cibi, quello sugli allevamenti intensivi, sulle frodi alimentari, ecc. è un altro, ma investe un discorso molto più ampio, quello della logica della massimizzazione del profitto a tutti i costi (anche salutistici), e che tocca da vicino, ahimè, anche l’agricoltura (pesticidi, diserbanti, ogm, ecc.) e quindi la nostra alimentazione vegetale.
Riguardo al sacrificio e alla sofferenza di chi o cosa mangiamo ritengo che tutta la materia vivente, anche il mondo vegetale qundi, in fondo sia dotato di organi sensoriali e quindi in grado di provare la sofferenza. Ridurla al minimo (ho visto scannare maiali, e non è certo un bello spettacolo) è comunque un indice di progresso civile.
Io, in linea generale, mi pongo nell’ottica che “non si debba mangiare tutto quello cui diamo un nome proprio”, una bestia che chiamiamo “fuffy” o “fido” o “ermenegildo” per intendersi (era la battuta pronunciata in un magnifico film inglese degli anni ‘80, “Local Hero”, da chi aveva investito un coniglio per sbaglio in una strada di campagna scozzese, poi lo aveva soccorso, battezzato con un nome, alloggiato nella locanda dove soggiornava, e poi se lo era trovato a propria insaputa servito a tavola dal locandiere, e che solo dopo averlo mangiato con gusto viene a sapere “chi” era il suo piatto del giorno, sentendosi male).
Tutto il resto, a mio parere, è fuffa.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 10:54 da Carlo S.


seguendo le indicazioni del capoblog vorrei riportare qualcosa dell’intervista a Foer realizzata da Wuz.
Scrive Foer: “Ogni giorno dal momento in cui questo libro è stato pubblicato ho avuto notizie per lettera, email o telefono di qualche carnivoro che ha cambiato completamente il proprio modo di alimentarsi.
Penso che la maggioranza dei miei lettori siano proprio carnivori, ma in effetti spero che l’approccio che ho adottato non suoni troppo accusatorio o accondiscendente, perché io stesso ho mangiato carne per moltissimo tempo, quindi posso capire chi lo fa. E purtroppo quando si parla di carne si tende ad avere questo atteggiamento spesso ipocrita o accusatorio, il che non è assolutamente positivo, anzi è controproducente”.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 11:35 da mariella ravanusa


scrive Foer: “Sicuramente un libro come il mio si sarebbe potuto concepire venti o trenta anni fa, ma non avrebbe avuto un pubblico così vasto, una risonanza così ampia, perché senza dubbio c’è una differenza generazionale.
È come se fosse una parabola in un grafico: più giovani si è, più stanno a cuore queste tematiche.
Negli Stati Uniti il 18% degli studenti universitari è vegetariano e ci sono più studenti vegetariani che studenti cattolici. Quindi è una problematica diventata di massa, quasi, e inoltre c’è anche una fetta molto ampia di popolazione che mangia raramente la carne, magari mangia il pesce ma la carne rossa no.
Quindi sicuramente il tono della conversazione su questi argomenti cambierà molto velocemente nel momento in cui quel 18%, quegli studenti, diventeranno magari scrittori o operatori culturali, avvocati, medici, nutrizionisti e così via”.
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dall’intervista di Wuz

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 11:39 da mariella ravanusa


ancora Foer: ” Secondo alcune persone si tratta di un gioco a somma zero, cioè significa che se si ha a cuore qualcosa non si può avere a cuore qualcos’altro, ma questo non è assolutamente vero.
Ad esempio io ho scritto questo libro e mi si potrebbe dire “allora ti interessa di più il benessere degli animali rispetto ai bambini che magari in Africa muoiono di fame?”, ma non è vero perché una cosa non esclude l’altra: non posso scrivere un libro su tutto, ma mi interessa ovviamente anche il destino di questi bambini”
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da intervista Wuz

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 11:40 da mariella ravanusa


Se Dante dovesse riscrivere oggi la sua Commedia, non eliminerebbe il girone dei golosi. No. Eliminerebbe l’intero Inferno. E forse anche il Paradiso. Quello che resta è più che sufficiente, oggi, per descrivere il nostro mondo occidentale.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 12:27 da Renato


Anche mia nonna, dimenticando che il mio Dna era longilineo come il suo, si preoccupava della mia magrezza e mi preparava , ogni volta che andavo a trovarla, insalate di pomodoro, condite con abbondante olio delle olive dei nostri frantoi. Fettone di pomodori carnosi il cui sapore mi è rimasto attaccato al palato insieme al pane di casa ‘ cotto nel forno a legna entro cui si cuoceva anche una rustica pizza condita con pomodoro, formaggio pecorino e scarola riccia.
La carne si comprava il venerdì perchè in paese si macellava quel giorno ed allora se succedeva che l’andassi a trovare di venerdì mi preparava una fettona di fegato arrostita e mi diceva “mancia fatti bedda e granni”.
Natale era invece il tempo delle salsicce che venivano esposte nella madia ed ognuno poteva servirsi arrostendosele personalmente nello “zuccu”(un tronco d’albero cavo che bruciava nel cortile per la durata delle feste di Natale.)
Meravigliosa nonna, adesso demodè! grazie per le attenzioni che mi serbavi, grazie per tutto quello che mi hai dato da mangiare, esiste ancora la tacca segnata con gli anni con cui mi misuravi di volta in volta per vedere se ero cresciuta, grazie per i fichi che mi sbucciavi, grazie per quelle belle pesche saporite ed anche per le pere che avevaqno sempre dentro quel solitaqrio verme che tu in un lampo nqascondevi ai miei occhi. Ormai sono “grande” ma il ricordo di te è nella mia mente e nel mio cuore tantè che quando vedo i miei nipoti mi vesto di te e dico “mangiate fatevi belli e grandi”, perchè, vedi, le cose sono cambiate anche il liguaggio!

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 13:40 da Mela Mondi


Premetto che non sono vegetariana, mi piace la carne e non potrei assolutamente farne a meno. Purtroppo però nei supermercati si trova sempre più carne di scarsa qualità, frutto di allevamenti intensivi in cui il rispetto per gli animali non è certamente il fine ultimo. Il fine è solamente il guadagno. Non si sa cosa ci stiamo mangiando. Da quando vivo a Roma non ho più mangiato una “Fiorentina” degna di portare questo nome. La situazione degli allevamenti intensivi è solamente il prodotto di una società che tende all’arricchimento, dimenticando antichi valori tipici di una società agricolo pastorale. Praticamente l’allevamento si è industrializzato, dimenticando che l’animale è un essere vivente. Lo si imbottisce di mangimi, lo si costringe alla stanzialità forzata in ambienti angusti ed alienanti, così la carne diventerebbe “tenera”, perchè, siccome l’animale è fermo, i muscoli non si sviluppano.
Ci sono ancora in Sardegna allevamenti non intensivi. L’animale è libero, la carne è un po’ più dura, però ha tutto un altro sapore.
Non è condannabile l’allevamento in sè stesso, ma il desiderio di realizzare grossi guadagni, e chi ne fa le spese sono gli animali e il consumatore.
L’uomo è carnivoro. Il bambino per crescere bene ha bisogno di proteine animali, quindi la carne è indispensabile, inutile demonizzarla in nome di certe mode vegetarianiste.
Il problema è che la massiccia ed alienante industrializzazione ha colpito anche agricoltura e allevamento, e dai qui mangimi che fanno crescere rapidamente l’animale ma danno un saporaccio alla carne, uso massiccio di pesticidi in agricoltura, etc.
Le regioni dovrebbero incoraggiare chi ancora segue ritmi naturali nell’allevare le bestie e nel coltivare la terra.
Praticamente quello che succede negli allevamenti è l’altra faccia del progresso causata anche da noi, che vogliamo un prodotto che non esiste. Il consumatore medio va in macelleria e vuole la carne “magra”, “tenera”. Avete mai mangiato carne di vitello allevata secondo ritmi naturali? La carne non è bianca, è rossa e c’è pure il grasso. La carne di vitello del supermercato è ultraanemica, fatta per un consumatore eternamente a dieta, a cui mangiare non piace. Guai se vede nella bistecca un filo di grasso, gli fa venire il colesterolo! Poi lo stesso consumatore, che leva con operazione chirurgica tutti i grassetti dalla carne, va in pasticceria e si mangia un cabaret di paste, poi prende il caffé con l’edulcorante, per completare la dieta.
Il mercato è quello che è perché non abbiamo una cultura alimentare intelligente.
Il grasso è demonizzato, gli zuccheri sostituiti con sostanze artificiali che diciamolo, sono pure lassative se consumate in grandi quantità.
L’altro ieri al supermercato ho chiesto delle bistecche. Il taglio è mediamente molto sottile, perché, come mi ha spiegato il macellaio, “la gente vuole la carne tagliata fine”.
C’è in tutto questo un’eccessiva antropomorfizzazione del cibo. Il cibo è buono quanto più si allontana dalla sua forma originaria. Questo perché siamo “molto civilizzati”, vogliamo allontanarci dalla nostra natura animale, dimenticando che essa esiste, che ci piaccia o no.
Dobbiamo scordarci di quello che stiamo mangiando. La fettina ridotta a sfoglia, a polpette ultraspeziate che non sanno di niente.
Il pesce è diventato un bastoncino coperto di una panatura dalla strana alchimia di ingredienti non sempre sanissimi.
Quanti ancora si mangerebbero un granchio crudo e ancora palpitante? Quanti si mangerebbero la testa di un agnello?
Pochi.
Siamo “troppo civilizzati”.
Forse se gli allevamenti sono intensivi ed alienanti è anche colpa del consumatore.
Ricuperiamo dunque la nostra natura animale. Indaghiamo su noi stessi.
Mi sono sempre chiesta cosa da da mangiare un vegetariano al suo cane. Anche il vegetarianismo è un’ipocrisia modaiola che serve a molte attricette per farsi notare nella loro battaglia contro i mulini a vento.
Torniamo piuttosto al concetto che recuperando la nostra bestialità, torneremo a ritmi più umani.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 15:16 da Maria Antonietta Pinna


Quoto con convinzione il post di Maria Antonietta Pinna

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 15:40 da Valter


x Maria Antonietta Pinna
dal tuo commento : “Mi sono sempre chiesta cosa da da mangiare un vegetariano al suo cane. Anche il vegetarianismo è un’ipocrisia modaiola che serve a molte attricette per farsi notare nella loro battaglia contro i mulini a vento”.
Foer nella sua intervista risponde così :
I cani e i gatti possono diventare vegetariani?
“Alcuni cani e gatti sì, il mio cane sicuramente no.
Però noi le diamo del cibo per cani che non è stato prodotto in allevamento intensivo. Non è che l’abbia cercato apposta, mi sono imbattuto per caso nel negozio, l’ho trovato e quindi l’ho comprato e mi sembra un buon compromesso. Ma ovviamente i cani non sono degli esseri umani, non possono scegliere, e se sappiamo per certo che una dieta priva di carne è altrettanto salutare per un essere umano, se non più salutare, rispetto a una dieta con la carne, per i cani non sappiamo se sia così”.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 15:43 da mariella ravanusa


Grazie a mille a tutti voi per i nuovi interventi. Com’era prevedibile questo libro di Foer divide e fa discutere…

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:27 da Massimo Maugeri


Un ringraziamento e un saluto speciale ai nuovi intervenuti: Cristina Bove, Zauberei, Federica Lecca, Luciano Tarasco…

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:28 da Massimo Maugeri


Grazie anche a: Morgan Palmas (di “Sul romanzo”), Giorgia Lepore, Lucy, Matteo, Paola…

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:29 da Massimo Maugeri


Ringrazio pure: Giusy Marino, Sara, Ang, Alessandra, Mariangela Du Chaliot, Aurelio…

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:31 da Massimo Maugeri


E poi ringrazio: Cinzia Pierangelini, Antonella, Ausilio Bertoli, Ben Pin, Carlo S., Francesca Cenerelli, Mariella Ravanusa, Renato, Mela Mondi, Maria Antonietta Pinna, Valter…

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:33 da Massimo Maugeri


Spero di non aver dimenticato nessuno (nell’eventualità mi scuserete).

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:34 da Massimo Maugeri


@ Zauberei
Ho definito Foer giovane scrittore in riferimento alla sua data di nascita (classe 1977). Ma non c’è dubbio che, nonostante la giovane età, stiamo parlando di un autore notissimo a livello internazionale.
;)

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:35 da Massimo Maugeri


Come dicevo, pareri discordanti, talvolta in netta opposizione… ma comunque rispettosi delle opinioni altrui.
-
Adesso inserirò qualche altro link relativo a questo libro di Foer…

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:36 da Massimo Maugeri


Sempre su “Panorama”, vi segnalo questa intervista a Foer:
http://blog.panorama.it/libri/2010/03/08/intervista-a-jonathan-safran-foer-vorreste-fare-la-fine-del-pollo/

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:40 da Massimo Maugeri


Moni Ovadia su “L’Unità” ne parla così:
http://www.unita.it/news/culture/96011/foer_perch_mangiare_animali_lo_stesso_che_divorare_uomini

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:42 da Massimo Maugeri


Su Repubblica, un articolo firmato dallo stesso Foer:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/19/chiedetevi-perche-mangiamo-gli-animali.html

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:46 da Massimo Maugeri


Qui, invece, il servizio del settimanale “L’Espresso”:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-cibo-della-vita/2121496/9

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 17:48 da Massimo Maugeri


Complimenti a Massimo, come sempre puntuale nel sottoporci argomenti interessanti.
Allora, allora … difficile raccapezzarsi tra le pieghe di un problema complesso come quallo della catena alimentare. Per prima cosa ribatterei a coloro i quali rispondono ai vegetariani dicendo che è più importante il problema dei bambini africani rispetto a quello della soffernza animale. Io uno di questi famosi bambini africani nati in capanna ce l’ho a casa. Oggi è mio figlio. A. viene da quella che da noi un tempo si chiamava la “fame nera”. Ebbene dopo sette mesi di vita con lui devo dire di non avere mai conosciuto una persone più schizzinosa con il cibo.
Perché dico questo? Per dimostrare che l’africano più umile dopo sette mesi di vita occidentale può diventare il peggior consumista.
Dico questo anche per dimostrare che il rispetto per gli animali non ha nulla a che vedere con la fame in Africa e chi accosta le due cose lo fa, a mio parere, per sviare il discorso su un tema che chissà perché allegerisce la coscienza dei più.
Il mio parere è che bisogna educare gli uomini al rispetto per le bestie, questo che siano africani o provenienti da Roma.
Il mio parere è che l’uomo quando vive nel benessere tende a sviluppare dei comportamenti abbietti.
Quindi sì, io sono per l’alimentazione vegetariana. E no, non credo che un cespo di insalata abbia la stessa intelligenza di un maiale, chi dice il contrario per me è in malafede.
Non dimenticherò mai la puntata di una trasmissione del comico Luttazzi che per fare lo spiritoso portò in studio una bistecca e la seviziò di fronte alle telecamere per poi gettarla nella spazzatura. Incredibile pensare che quel povero animale abbia dato la vita per apparire in televisione assieme ad un comico dalla dubbia comicità. A quel punto meglio una morte anonima.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 18:10 da Faustina


Una volta mangiavo molta carne, ed ero anemica. Ho avuto dei problemi, e li ho curati andando da un iridologo, che mi ha fatto fare per molto tempo una dieta vegetariana, più mi ha dato delle medicine naturali.
Ho risolto i problemi di salute brillantemente, quindi, ancora un po’ dubbiosa, decido di fare degli esami del sangue e…. non sono più anemica!
E infatti da allora, anche se qualche volta mangio carne bianca, ho molta più energia.
Mi sono quindi chiesta anch’io perché mangiamo dei cadaveri, che hanno sofferto in vita e in morte.
Secondo me, molti problemi depressivi e di salute psichica, dipendono da ciò che mangiamo.
A chi non è accaduto di mangiare troppo di sera, e di non riuscire a dormire? Credo che possa essere un’esperienza comune. Com’erano in quel momento i nostri pensieri? Certamente confusi e quasi paranoici.
Io credo che mangiare carne animale non possa far bene, mangiando gli animali ci nutriamo della loro paura, ed infatti la nostra società è intrisa di paura, a causa della quale non riusciamo più a godere di nulla.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 18:12 da Marina


Ne approfitto per salutare e ringraziare Faustina (appena intervenuta).

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 18:12 da Massimo Maugeri


Un saluto e un ringraziamento anche a Marina (abbiamo scritto contemporaneamente).

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 18:14 da Massimo Maugeri


Ho aggiornato il post inserendo il contributo messomi a disposizione dall’amico scrittore Marco Mancassola.
Lo trovate sul post (andate a vedere…).
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Nei prossimi giorni, Marco, compatibilmente ai suoi impegni (al momento è fuori sede) parteciperà alla discussione.
Per il momento ne approfitto per ringraziarlo.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 18:16 da Massimo Maugeri


Ne approfitto pure per ringraziarvi ulteriormente e per augurarvi un buon sabato sera e una buona domenica.

Postato sabato, 13 marzo 2010 alle 18:17 da Massimo Maugeri


Grazie Massimo per l’articolo di Marco Mancassola. Tra le classiche obiezioni mosse al vegetariano mi preme aggiungerne una che ricorre anche in questo thread e che ha dell’incredibile: “l’uomo è carnivoro” (per es. MariaAntoniettaPinna). Mi ricorda tanto i cacciatori che per prima cosa dicono: “l’uomo è cacciatore”. Istintivamente mi verrebbe da rispondere “e io sono Catherine De Neuve”. Eppure basterebbe così poco: “L’origine dell’uomo” di Charles Darwin (1871) dice niente? l’uomo ha un antenato in comune con gli scimpanzé, in particolare è cugino stretto e condivide il 99,9% del DNA con il Bonobo, nome scientifico Pan Paniscus, per gli amici Cheeta. Proprio lei. Come è noto Cheeta mangia le banane perché…è frugivora. Il che non significa che ha una predilezione per le banane, così come il lupo non è un carnivoro (come il suo discendente, il cane domestico) perché trova più gustosa la carne. La nostra fisiologia è completamente diversa da quella di un carnivoro (e praticamente uguale a quella di un bonobo). Il nostro intestino è otto volte più lungo, ciò significa, come ha già ricordato qualcuno più sopra, che le tossine della carne rimangono in circolo nel nostro organismo per 48 ore, intossicandoci. Ovvio che questa non è la sede per approfondire ma chiunque voglia fare una scelta alimentare consapevole dovrebbe almeno sapere che tipo di animale è, credo. Sulla nostra capacità di empatia verso gli animali, riporto un aneddoto sui Bonobo (sempre loro) del primatologo Frans De Waal: “Una volta il bonobo Kuni vide uno storno sbattere in volo contro il vetro del suo recinto. Lo raccolse e provò piano piano a spingerlo con le dita per farlo volare, ma invano. Allora salì a fatica sulla cima dell’albero più alto, gli dispiegò le ali con delicatezza e lo lanciò. Ma l’uccello finì sulla riva di un fossato. Allora lo raggiunse e rimase a sorvegliarlo per un’intera giornata, finché riuscì a riprendere il volo e fuggire via.” Forse si, dovremmo tirare fuori l’animame che c’è in noi.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 00:33 da alessandra


Alessandra, è molto bello il tuo post. Ma che l’uomo è carnivoro, al di là delle ragioni, è un dato di fatto, che certo non potrebbe impedirgli una “conversione” verso l’alimentazione vegetale.
Il discorso tossine, però, si potrebbe allargare anche a certi vegetali, che a digerirli ci vorrebbe lo stomaco di una mucca.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 01:51 da Nicola


Da tempo non partecipo ai dibattiti di Letteratitudine pur seguendoli con tanto interesse. Essi con il contributo dei commentatori, mi aprono finestre su argomenti e problemi a cui avevo pensato superficialmente, a volte dopo aver letto i titoli sull’ Espresso.
Dopo aver raccontato, sull’esempio di Foer, di mia nonna vorrei dire in che modo la penso oggi a proposito di cibo.
Siccome ritengo che la maggior parte dei contributi venga da italiani e gli italiani siamo cattolici almeno per etichetta , vorrei richiamare i seguenti versetti degli Atti degli Apostoli:
A” Pietro gli venne fame e voleva prendere cibo……vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande….in essa c’era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva:”Alzati Pietro, uccidi e mangia.” (Atti 10 vv11-13)
Secondo me il problema non è se mangiare o non mangiare carne ma l’obrobbio degli allevamenti di cui non tutti abbiamo preso coscienza, come dice lo stesso Foier.
Quel che mi addolora è che questa realtà fa parte del generale disfacimento di tutti i valori a cui siamo pervenuti per dare posto al dio denaro. Io penso che se per un anno nessuno mangiasse carne farebbe perdere agli allevatori la voglia di realizzare profitti in modo disonesto.
Il cibo però, in qualità di elemento primario della sussistenza, oggi è il vero problema. Esso tocca non soltanto la vita degli animali ma soprattutto quella dei bambini di vari continenti sulla cui pelle si conta il numero delle costole.
Il problema del cibo coinvolge tutti gli aspetti del sociale. E’ il problema dell’agricoltura, del mondo del lavoro in generale ,dei disocupati degli anoressici e dei bulimici, dei colesteroloci ecc..ecc… degli integratori alimentari….
Se pensiamo a tutti i programmi televisivi che mostrano tipi vari di cucine e di leccornie….. ci accorgiamo come nella civiltà occidentale l’umanità retrocede dalla testa al ventre.
Si è persa l’idea di corpo , di anima e di vita. Tutto è falso e contemporaneamente vero. Ognuno di noi ha la propria teoria e vi si butta dentro senza un minimo di dubbio metodico.
Secondo me non si è capita la cosa fondamentale e cioè che il tempo delle teorie Kinesiane è finito per sempre e bisogna riprogrammare la nostra esistenza .
Non si è capito che ogni soggetto umano è parte di una collettività e non può agire a danno degli altri ma soprattutto a danno delle generazioni future: Gli effetti del tipo di nutrizione nostra ricadrà sui nostri posteri. Per la legge darviniana questo è certezza.
Personalmente non mangio carne da almeno quarant’anni eppure sono sopravvissuta, ho lavorato, ho partorito, ho fatto figli sani ma aggiungo anche che nessuna delle famose influenze mi ha mai sfiorata.
Certamente non faccio testo ma penso che qualche inconveniente l’ho evitato.
Non sono contro la carne ma vorrei che se ne ridimenzionasse l’uso attraverso l’assegnazione di una tessera per il consumo procapite.
Sbaglio?

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 03:54 da Mela Mondi


No, signora Mondi, non sbaglia. Per quanto mi riguarda il suo post non fa una grinza.
Io sono d’accordo nel riconsiderare la nostra alimentazione e nel mettere sotto accusa l’industria alimentare, o meglio agroalimentare, che pensa solo al profitto. L’importante è non condannare chi mangia carna dipingendolo come se fosse un mostro. Ciò non toglie, certo, che ciascuno di noi potrebbe decidere di rinunciare alla carne, o comunque di diminuirne drasticamente il consumo.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 10:27 da Nicola


L’uomo possiede una dentatura che assomiglia di più a quella degli erbivori che a quella dei carnivori, cioè con gli incisivi affilati per tagliare l’erba, i molari con la superficie piatta per schiacciare vegetali e i canini corti e arrotondati incapaci di sbranare e schiacciare la carne.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 12:10 da Marco Crestani


Anche a me è piaciuto l’intervento di Mela Mondi. Detesto qualsiasi forma di violenza. Secondo me mettere sotto volontariamente con l’auto un gatto che ci attraversa la strada è più riprovevole che macellare un vitello per nutrirsi. Si puà essere vegetariani per scelta di vita. Rispettabilissima. Ma nutrirsi di carne fa parte di un ciclo biologico naturale a cui non ci si può sottrarre. Cosa succederebbe se i governi proibissero l’uso alimentare della carne? Si scatenerebbe una proliferazione incontrollata di animali erbivori che devasterebbero la vegetazione, un po’ come succedeva in Australia con i conigli, vero flagello per le coltivazioni. Il punto è: un sano equilibrio, leggi che garantiscano una qualità di vita decente per gli animali da allevamento, condanne severe per quanti non hanno rispetto per la vita in genere. Io proibirei gli allevamenti in batteria, l’uso di anabolizzanti, e tutte le sostanze chimiche, gli eccessi che portano all’arricchimento facile. Una volta mi è capitato di assistere a una scena alluccinante, all’interno di una serra. Il figlio torna dal mercato: “Papà, richiedono peperoni rossi, il prezzo in questo momento tira”. Detto fatto. Padre e figlio innaffiano le piante con una polvere rossa tenuta in un sacchetto e il giorno dopo i peperoni diventano tutti rossi, pronti da portare al mercato. Sono rimasto esterrefatto.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 12:28 da Salvo Zappulla


@marco crestani, quoto. Mai visto Cheeta che sorride? :)

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 12:54 da alessandra


Caro Massi, bellissimo questo post, soprattutto nei giorni di quaresima, in cui fa parte della tradizione cristiana digiunare e astenersi dal consumare carne.
Non è un caso, credo, che le religioni pensino al digiuno soprattutto in quest’ottica, proprio perchè la rinuncia alla carne è atto liberatorio e spirituale, parentesi di sollievo, quasi una ribaltante volontà sul mondo e sulle sue regole.
Le pratiche religiose credo svelino il cuore dei segreti della vita, dell’originaria armonia tra gli esseri del creato. E’ vero che alcune creature sono subordinate ad altre nella catena alimentare, ma credo che la distorsione avvenga quando gli anelli pensati per reggere un equilibrio si snodino in un senso inverso, e ciò che nasce per uno scopo si sfarina. Perde senso.
Direzione.
Ecco. Il digiuno ha allora forse questa misteriosa corrispondenza con il senso di tutte le cose, con il recupero di un ordine originario e buono.
Ed è forse alla base dell’aspirazione di questo libro in cui ciò che si cerca di dimostrare non è ciò che è preferibile mangiare, ma il modo in cui si dovrebbe vivere.
—-
Buona notte a tutti e complimenti a Mancassola per la consueta, e lucidissima, intelligenza.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 21:54 da simona lo iacono


Volevo ringraziare questo blog e tutti i forumisti per avermi dato modo di riflettere su questo tema. Mi interessa molto, da tempo sto progressivamente riducendo il mio consumo personale di carne perché ritengo che possa trovarne giovamento.
Ma qui ho trovato altre motivazioni da aggiungere alle mie.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 22:20 da Beatrice


Acquisterò il libro di J.S. Foer. Ho letto tutti i commenti e gli articoli linkati.
Bello e completo quello di Mancassola.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 22:22 da Beatrice


Ciao a tutti e bellissimo come sempre anche questo post, Massimo sei sempre un grande!
Io cercando di andare alle origini della nostra storia e delle nostre abitudini vorrei suggerire questa riflessione sulla carne:
ho notato come i libri di Enoch, l’antico manoscritto di Melchisedek e molti scritti biblici profetici (specialmente Isaia) ci parlano del “ribrezzo” che Dio prova per i sacrifici cruenti di animali a lui offerti sugli altari. Addirittura Dio nella Genesi dice “Ecco, io vi do ogni erba, ogni seme, ogni frutto: questo sarà il vostro cibo.”
Cosa significa tutto questo? forse che la vera natura dell’uomo è vegetariana?

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 22:40 da Andrea Rosestolato


Davvero molto interessante tutta la discussione.
Mi rifaccio a quanto scritto da Andrea Rosestolato. Quello che dici è vero, però non dimentichiamoci la tradizione biblica dell’agnello sacrificale.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 22:44 da Viviana


Bravi tutti. Bello il post, ottimo dibattito, libro da leggere.
Intervengo solo in punta di piedi per raccomandare attenzione a chi dovesse decidere di adottare una dieta integralmente vegetariana “fai-da-te”. Meglio farlo sempre con l’assistenza di un medico.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 22:46 da a. langella


E’ vero Viviana la tradizione dell’agnello sacrificale è importante ma è successiva al Dio che ci indica che ogni erba e ogni frutto sarà il nostro cibo.
Questo cambiamento avviene con Mosè quando sposta il ribrezzo di Dio da Abele (sacrificatore di animali) a Caino (contadino che offre a Dio i prodotti della sua terra).
Muta quindi anche la bibbia che infatti dice “mangiate la vostra erba verde, non mangiate la carne. Ma se il sangue è spremuto via completamente potrete mangiare quella carne”.
Perchè questo cambiamento?

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 23:04 da Andrea Rosestolato


letteratitudine è citato sul Domenica del Sole 24ore, pag. 38. complimenti.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 23:12 da augusto


sull’alimentazione so che la carne rossa ha controindicazioni. meglio la carne bianca (pollame, ecc.).
bisognerebbe invece regolamentare meglio la produzione industriale di cibo animale. le condizioni di vita degli animali da allevamento potrebbero essere migliorate, sono d’accordo con chi sostiene ciò. ciò comporterebbe solo un lieve aumento dei costi di produzione.
peccato che, come diceva qualcuno, il dio denaro…
ciao a tutti.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 23:17 da augusto


Andrea, non so il perché di questo cambiamento, ma se ne sai qualcosa mi piacerebbe saperne di più.

Postato domenica, 14 marzo 2010 alle 23:56 da Viviana


Anni fa, per una serie di “coincidenze” ho avuto la fortuna di essere seguita da un medico che non solo predicava la dieta macrobiotica ma anche la praticava. Oggi è in pensione ed è un bellissimo “vecchietto”, sano e forte, vigile e ancora attivo. Giovane. Per quanto mi riguarda, non ho mai incontrato nè visto intorno a me una dieta migliore, per integrazione e filosofia. Non ha le controindicazioni della cosiddetta “dieta vegetariana” come scompensi o impoverimenti fisiologici, non è aggressiva verso il mondo animale, non è complessa e articolata in modo tale da occupare il diretto interessato per ore in cucina. E, soprattutto, fa bene al corpo e allo spirito; non mutila il gusto; e prevede anche uno spazio per “peccare” un poco. Inoltre, fatto assolutamente rivoluzionario, e per questo ancora oggi molto poco conosciuta, al contrario dell’indigesta omeopatia (se non altro per i mutui che prevede), è terapeutica e preventiva. A questo riguardo, il “problema” è che è una filosofia di cura costruita con con un bisogno minimo di soldi e di materiale, e certamente non si fa molta pubblicità presso le case farmaceutiche. Ergo, vediamo oggi farmacie omeopatiche, ma non certo macrobiotiche (anche perchè non avrebbero molto senso). Qualcuno più sopra parlava di dineros: eh sì, è proprio una questione di dineros. Andrebbero in fallimento la produzione di carne e anche l’industria farmaceutica più bieca, ma, soprattutto, andrebbe in fallimento la manipolazione della salute altrui. Vaccini compresi.
Per chi volesse accostarsi alla macrobiotica, portata in Occidente da Georges Ohsawa – giapponese di cui internet, vedi wikipedia, dice poco e male – ricordo sempre una cosa: Ohsawa era un giapponese (per altro i suoi insegnamenti sono tuttora modernissimi e validi come tutte le cose più vere) e, come tale, la sua parola era diretta a un pubblico giapponese, od orientale se vogliamo, e quindi lui parlava di una macrobiotica giapponese. Se qualcuno dovesse accingersi alla macrobiotica, consideri che, se abita in Italia, si accosterà a una macrobiotica italiana, per forza di cose; visto che intorno a sè ha pasta e fagioli e non alghe nori. (!)
Buongiorno a tutti

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 06:09 da Antonella Beccari


Ciao Massimo… hai visto che sono ritornata nei tuoi appartamenti?
D’altronde, ultimamente, ti sei dato ad argomenti “corposi” e, come dicevo, la mia “facile” impressionabilità mi aveva anche posto delle resistenze a intervenire qui…
Quando parliamo di fiabe, fabulazione, affabulazione??
ciao ;-)

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 06:19 da Antonella Beccari


caro Massimo, ricordo un viaggio Ungheria-Bulgaria-Romania- con la moto e tante cose viste con i miei occhi. Una, indimenticabile, in mezzo al niente (ci eravamo persi). Sentiamo un Qua-Qua amplificato, quasi da stadio. Ci avviciniamo a un recinto di cemento, un posto pulito e ordinato, e cerchiamo di capire. Appoggiamo le moto, e senza fatica quello che vediamo ci segnerà per sempre: oche bianche, meravigliose. Inchiodate al pavimento con le zampe.
Inutile dirti a cosa servisse la pratica: ingrossa il fegato e da lì… ecco. Un piccolo esame di coscienza. Quanti di noi conoscono il prodotto di nicchia?
Da quel giorno mai più. Nè quello nè altre preziose delicatezze. Da feste in casa. Sulla pelle degli altri.
buona settimana
Liz (che cerca faticosamente di essere vegetariana, senza estirpare boschi di asparagi selvatici…)

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 09:15 da Liz


Qualcuno ha parlato di dieta vegana. Forse converrebbe approfondire, perché molti non sanno di che si tratta.
Molto sinteticamente, la dieta vegana, esclude totalmente l’uso di prodotti animali e loro derivati (carne, pesce, latticini, uova, miele e pappa reale) e si basa tendenzialmente sul consumo di frutta, semi oleaginosi (noci, mandorle, nocciole, ecc.) e vegetali, così come è caratteristico di molti primati, che nella scala evolutiva sono da considerare i più vicini all’Uomo.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 09:52 da Anna Maria


La dieta vegana è una fra le varianti delle diete vegetariane, le quali «risultano appropriate per tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia e adolescenza.» I sostenitori di questa dieta mettono in risalto il fatto che l’insieme delle proteine vegetali copre perfettamente lo spettro degli aminoacidi essenziali e dei fabbisogni nutrizionali, come tutti gli altri oligoelementi minerali e vitaminici. Richiamo a parte merita la Vitamina B12 o cobalamina, la cui natura di vitamina probiotica – ovvero prodotta da batteri – e le molteplici casistiche di assorbimento portano a consigliare una integrazione periodica, da cibi fortificati o integratori vegetali.
* * * *
Per l’American Dietetic Association e Dietitians of Canada (fonte: ADA Report) « … le diete vegetariane correttamente bilanciate sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e comportano benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. »

Nell’alimentazione vegana, come in qualsiasi regime alimentazione, è importante pensare alla qualità e alla varietà dei cibi che si assumono: consumare prodotti coltivati secondo il metodo di produzione da agricoltura biologica, per la maggior ricchezza di vitamine e minerali, puntare all’uso di prodotti non raffinati, non idrogenati, non pastorizzati e privi di glutammato.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 09:56 da Anna Maria


Al dilà della questione della carne l’alimentazione vegana tende a escludere alcuni tipi di alimenti a favore di altri considerati più salutari. Per esempio: all’aceto di vino si preferisce l’aceto di mele per le verdure cotte e l’agro di umeboshi per quelle crude.
L’alimentazione biologica prevede anche determinati criteri come l’esclusione o la forte limitazione di prodotti idrogenati, uso di oli vegetali spremuti a freddo, dadi senza glutammato, l’esclusione di prodotti raffinati, l’uso di prodotti integrali o semiintegrali, l’esclusione degli alcoolici, del tabacco, di tè e caffè anche decaffeinati e dolcificanti chimici; in sostituzione si prevede un consumo di caffè di cereali e d’orzo, zucchero di canna integrale, o ancor meglio dolcificanti naturali con migliori qualità di entrambi gli zuccheri, quali lo sciroppo d’acero (tra l’altro ricchissimo di minerali e vitamine) dall’elevato potere dolcificante, il malto di riso o malto d’orzo o malto di grano, o il malto di mais, il succo d’agave e, nell’ambito di una preparazione dolciaria, meglio prevedere l’uso di succhi di frutta e di frutta secca.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 09:58 da Anna Maria


I sostenitori di questa dieta consigliano un uso quotidiano, ma in quantità limitate delle alghe alimentari come kombu, dulse, hijiki, arame e nori, che devono essere escluse totalmente solo in casi di particolari problematiche.
Altra regola: limitare il sale utilizzato e preferire sale marino o in sostituzione usare prodotti come l’agro di umeboshi, ricavato da prugne salate; il gomasio: prodotto a base di sale e semi di sesamo tostati a volte arrichito con alghe, la salsa di soia (soyhu o tamari), prodotto fermentato a base di soia e sale marino.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 10:00 da Anna Maria


Importante, perché buona fonte di calcio, risultano prodotti come semi di sesamo e tahin o burro di sesamo.
Alle patate rosse è meglio preferire quelle bianche per il minor contenuto di solanina. Meglio non consumare in maniera eccessiva le solanacee come pomodori, peperoni e melanzane; patate con ottime proprietà per l’organismo sono le taro, anche se è preferibile il consumo occasionale e l’utilizzo più a livello esterno sotto forma di purea.
* * * *
ALTRE INFORMAZIONI SULLA DIETA VEGANA
Fondamentale è variare con tutti i tipi di cereali e i loro assimilati: riso, orzo, farro, kamut, bulgur, cuscus, tapioca, grano saraceno, miglio, avena, segale, amaranto; lo stesso principio vale per il consumo di verdure, non ci si deve limitare sempre alle stesse, ma variare il più possibile e sempre nell’ambito di verdure di stagione. Ogni piatto dovrebbe essere arricchito con una modesta quantità di legumi per la ricchezza proteine più vicine a quelle animali.

Tra le bevande una particolarmente importante per un apporto di calcio e ferro è il consumo quotidiano di almeno mezzo litro di tè kukicha, il quale essendo privo di teina può essere consumato in quantità maggiore rispetto al comune tè, anche il consumo di tè verde è consigliato per le sue numerose proprietà, ma essendo teinato ne va limitato l’uso a una o massimo due tazzine al giorno. In riferimento alle spezie è bene usarle in quantità moderate e optare per la scelta di alcune a esclusione di altre, per esempio si consiglia di preferire al pepe nero l’uso di quello bianco.

Il pane, sempre integrale e a pasta madre o a lievitazione naturale; anche tra questi vi è un’ampia gamma che va da quello di soia, misto riso, avena, grano duro, mais, kamut, farro, orzo, etc..

Arricchire ogni piatto con lievito alimentare in scaglie, ricchissimo di vitamine del gruppo B e enzimi (e da NON confondere con il lievito di birra), germe di grano e lecitina di soia per drenare gli eccessi di grassi e per la fluidità del sangue.

Un importante amido con proprietà curative è il kuzu che si presenta in blocchetti solidi e che, combinato con sciroppo d’acero e succo di limone, è utile nei casi di influenza o di sintomi influenzali; molto adatte nel periodo invernale risultano tisane come la rosa canina, ricchissima di vitamina C.

Importantissimo è l’uso di germogli, ricchissimi di vitamine e minerali, consumati, preferibilmente, crudi e in combinazione con insalate. Consumare sempre frutta e verdura di stagione.

Per una corretta alimentazione è bene preferire il consumo di verdure crude perché mantengono intatte le loro proprietà originali e le sostanze nutritive o, perlomeno, optare per una cottura che lasci le verdure ricche delle loro sostanze nutritive: se la scelta diventa quella di mangiare solo alimenti freschi e crudi si parla di crudismo.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 10:02 da Anna Maria


Sperando di aver fornito informazioni utili auguro un buon proseguio di discussione.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 10:03 da Anna Maria


Caro Massimo, è sempre interessante l’attenzione che richiami verso determinati problemi di attualità, ma questo post ci ha messo in situazione di “essere e dare” dare quel che pensiamo di sapere di conoscere per aiutarci reciprocamente a capire il problema base della sopravvivenza. Qui nessuno pensa a se stesso ma mette in pratica la sua disponibilità per concertare insieme cosa bisogna fare. Mi sembra di essere nel mezzo alla lettura di quel famoso libro intitolato “L’ultima spiaggia”(perchè non lo riesumi?).
Non so se è stato fatto( i post sono molti) ma perchè si parla poco della dieta mediterranea? Di quei legumi che contengono più ferro della carne
e ci si riduce invece all’ottica “bianco o nero”, carnivori o vegetariani?ossia al modo di ragionare della modernità che non conosce le sfumature per poter trovare una plausibile alternativa.
Che non sia causa l’attuale nutrizione, fatta di carne proveniente da animali costretti a guardare sempre in una direzione per mancanza di spazi vitali?

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 10:57 da Mela Mondi


Gentile Mela Mondi, sono d’accordo con lei. E’ proprio per “dare quel che pensiamo di sapere di conoscere per aiutarci reciprocamente” che ho inserito quei post sulla dieta vegana. Io personalmente non la pratico, ma ho delle amiche che hanno aderito con molta convinzione.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 11:23 da Anna Maria


Se posso, più tardi, riporterò qualcosa sulla dieta mediterranea, che pure mi interessa.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 11:24 da Anna Maria


La soluzione ai problemi ambientali ed etici che crea il consumo di carne potrebbe essere questa, carne prodotta in laboratorio:

http://www.physorg.com/news178869104.html

Si coltivano cellule di muscoli fino a formare delle belle bistecche, così tutti potremmo mangiare carne senza allevare e macellare vitelloni, agnelli e maiali…

Prima o poi ci arriveremo.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 11:41 da Massimo Burioni


mamma mai. la notizia postata da massimo burioni è moooolto inquietante. però immagino che prima o poi ci arriveremo davvero.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 11:57 da jenny


cosa ne pensate dell’ipotesi di clonazione degli animali a fini alimentari?

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 11:58 da jenny


Quando, nel secolo scorso, ero studentessa del quinto anno di veterinaria ci portarono in visita al mecello di Milano. Io ero giovane e graziosa e in prima fila dove abbattevano i tori. Il tipo addetto, molto spiritoso, si girò, puntò la pistola a proiettile captivo verso di me e fece fuoco. Provare per credere, nonostante sapessi che era a proiettile captivo e il tipo fosse a due metri da me, mi sono sentita morire. Pensate ai tori, che assistono all’evento in fila, dentro le ringhiere e non possono scappare. Poi pensate a Veronesi, vegetariano, e domandatevi il motivo perché proprio lui lo sia.
Comunque, per esperienza posso dire che ci sono moltissimi allevamenti ottimi, in cui gli animali sono rispettati. Del resto, per avere carne di prima qualità, tutto il ciclo lo deve essere. Macellazione compresa, per evitare che la carne diventi di consistenza saponosa e che le carcasse siano buttate via. Non conosco come funzioni in America. Però ci sono anche i lager per animali. In genere non tutti riempiono di farmaci (ormoni, tireostatici antibiotici ecc.) le bestie, ma c’è chi lo fa ma i controlli sono piuttosto seri. Più che altro, io sconsiglio sempre di mangiare il cosiddetto vitello da latte, perché trattasi di toro allevato in gabbie di legno e cresciuto a latte ricostituito, ergo anemico, la carne è bianca non perché l’animale è giovane, ma perché è anemico. In ogni caso credo sia meglio consumare poca carne, sia per la nostra salute che di quella del mondo. Essere vegetariani non è difficile, è un po’ più scomodo per chi cucina: dopo una giornata di lavoro, più la casa ecc. mettere la fettina in padella è una gran comodità. Purtroppo, oltre che essere vegetariana, sono anche intollerante alla pasta, quindi la mia vita è quasi un incubo. Per fortuna esistono altre alternative e comunque il riso è molto buono. Ciao a tutti

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 12:00 da Barbara Becheroni


E’ evidente leggendo i vari commenti che la verità in tasca non ce l’ha nessuno perciò ho apprezzato soprattutto chi è stato cauto, dubbioso senza voler a tutti i costi far passare (o giustificare) la propria scelta come quella giusta in assoluto. Tutti noi siamo cresciuti con una dieta onnivora, è chiaro pertanto che la difficoltà a cambiare questa abitudine, spesso piacevole, si presenta difficile ma non per questo impossibile. Dipende solo se vogliamo farlo o meno. Punto e basta. Non serve tirar fuori il nostro passato “carnivoro”, e l’istinto dell’uomo (tra l’altro molti dicono che in principio l’uomo si nutrisse di frutta e di vegetali) come se fossimo incapaci di modificarci o di evolverci (solo quando questo ci fa comodo tiriamo fuori la “bestia che è in noi) oppure sminuire chi è vegetariano con convinzione accusandolo di essere un “modaiolo” ipocrita. Così come parlare dell’ indispensabilità della carne per crescere bene quando anche le opinioni dei medici divergono.
La cosa intollerabile è il pensiero integralista, in ogni cosa.
Il libro di foer, almeno mi pare di aver capito, ci chiede di riflettere, di essere maggiormente consapevoli di quello che mangiamo e questo mi pare una cosa più che sensata.
Se non c’è condanna per chi mangia carne non ci deve essere neppure per chi non lo fa, che spesso invece passa per (come minimo)” uno strano”

stefano ( mangio poca carne ma non sono vegetariano…ancora)

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 13:17 da stefano


mi associo al commento di stefano.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 13:18 da jenny


Sì, l’integralismo e il fanatismo sono solo forieri di odio, violenza, irrazionalità in tutti i campi e in tutte le culture.
Massimo, che ne diresti se coinvolgessi in questo interessantissimo dibattito degli esperti in materia, cioè scienziati dell’alimentazione umana, magari di grido?
Cordialità.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 14:24 da Ausilio Bertoli


Ciao Jenni, a me che sono nata con l’emisfero sinistro molto più esigente di quello destro la clonazione in genere non mi fa pensare ma mi atterisce.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 14:34 da Mela Mondi


Cari amici, vi ringrazio tutti per i vostri commenti.
Come sono solito fare ringrazierò i nuovi intervenuti uno per uno (è una cosa a cui tengo davvero tanto).

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 16:23 da Massimo Maugeri


Per il momento ci tengo a replicare al commento dell’amico scrittore Ausilio Bertoli. Sì, Ausilio… sono perfettamente d’accordo: “l’integralismo e il fanatismo sono solo forieri di odio, violenza, irrazionalità in tutti i campi e in tutte le culture”.
Poi mi scrivi: “Massimo, che ne diresti se coinvolgessi in questo interessantissimo dibattito degli esperti in materia, cioè scienziati dell’alimentazione umana, magari di grido?”
Caro Ausilio, te ne sarei infinitamente grato.
:)
Anzi, ti dirò che avevo già pensato a invitare degli esperti del settore… e se non l’ho fatto è stato solo per mancanza di tempo.
Sarebbe bello invitare esperti che magari la pensano anche in maniera diversa… così ci sarebbe la possibilità di formarsi meglio un’idea.
Invitali pure, dunque… te ne sarei grato.
E se vuoi mandami per mail le loro minibio, così li presentiamo.
Oppure presentali direttamante tu, se puoi.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 16:28 da Massimo Maugeri


A dopo!

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 16:29 da Massimo Maugeri


Caro Massimo,
ho interpellato tre amici, specialisti in materia, ma hanno tentennato, declinando poi l’invito di partecipare alla discussione, cosicché io ritorno deluso, con le pive nel sacco.
Senz’altro amano l’ombra.
Chissà perché certi uomini di scienza preferiscono lavorare in silenzio… Mah!
A questo punto vedi un po’ tu se sia o no il caso d’interpellarne altri, rilanciando l’invito ai lettori.
Ciao.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 19:42 da Ausilio Bertoli


Caro Ausilio, grazie lo stesso.
Però l’idea è validissima!
Proviamo a lanciare un appello: c’è qualche specialista in “alimentazione umana” disponibile per condividere con noi le informazioni connesse alla discussione di questo post?
(Ovvero i pro e i contro di certe alimentazioni rispetto ad altre).

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 20:36 da Massimo Maugeri


Ne approfitto per ringraziare i nuovi intervenuti per il loro apporto al dibattito.
A partire da: Alessandra, Nicola, Mela Mondi, Marco Crestani…

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 20:41 da Massimo Maugeri


E ancora grazie a: Salvo Zappulla, Simona Lo Iacono, Beatrice, Andrea Rosestolato, Viviana…

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 20:42 da Massimo Maugeri


Ringrazio pure: a. langella, augusto, Antonella Beccari, Liz, Anna Maria, Massimo Burioni, Jenny, Barbara Becheroni, Stefano.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 20:44 da Massimo Maugeri


Ripeto… vediamo se riusciamo a coinvolgere nella discussione specialisti in “alimentazione umana”.
In ogni caso – a proposito di scienziati – qui sopra è intervenuta Barbara Becheroni, (grazie Barbara!) la quale, oltre a essere una brava scrittrice, è anche una brava veterinaria.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 20:47 da Massimo Maugeri


Per il momento chiudo qui e auguro a tutti voi una serena notte.

Postato lunedì, 15 marzo 2010 alle 21:07 da Massimo Maugeri


avete fatto caso al numero che compare nella copertina del libro? quello sul biglietto attaccato all’orecchio della mucca?
7199413
vorrà dire qualcosa?

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 02:49 da alberto


Non sono una esperta, ma posso provare a fornire qualche notizia sulle diete vegetariane.
Intanto, per essere tali, le diete vegetariane escludono in tutto o in parte gli alimenti di origine e derivazione animale.

Invece le diete che includono pesce e carne non devono essere considerate diete vegetariane, ma “diete di transizione”:

Per esempio:
- dieta quasi-vegetariana, dove i cibi di origine animale non conservano più un ruolo calorico o nutrizionale importante
- dieta vegetariana a casa, che limita l’apporto di cibi animali a contesti eccezionali
- dieta pesco-pollo-vegetariana, che esclude unicamente le carni rosse
- dieta pesco-lacto-ovo-vegetariana, che esclude il solo consumo di carne, sia rossa che bianca
- dieta pesco-vegetariana, che esclude tutti i prodotti di derivazione animale tranne il pesce

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 09:12 da Anna Maria


Le diete vegetariane possono invece suddividersi in queste categorie:
- dieta lacto-ovo-vegetariana, che esclude in toto carne e pesce: è la dieta vegetariana classica universalmente nota
- dieta ovo-vegetariana, che esclude tutti i prodotti di derivazione animale tranne le uova
- dieta lacto-vegetariana, che esclude tutti i prodotti di derivazione animale tranne latte e latticini
- dieta vegetaliana, detta anche vegan o vegana o vegetariana stretta (di cui abbiamo parlato prima), che non prevede l’assunzione di alcun derivato animale
- dieta crudista, composta da soli alimenti vegetali non sottoposti a trattamenti termici, principalmente per ragioni salutistiche
- dieta fruttariana, composta da soli frutti da semi, principalmente per ragioni etiche biocentriche.
Gli studi degli ultimi decenni si sono concentrati in particolare sulla dieta lacto-ovo-vegetariana e vegetaliana, mentre non esistono ancora valutazioni affidabili e condivise sulle diete crudiste e fruttariane, seguite comunque da una percentuale minima della popolazione mondiale.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 09:14 da Anna Maria


Le diete vegetariane mal pianificate possono essere carenti di nutrienti quali proteine, ferro, zinco, vitamina B12, calcio, acidi grassi omega-3, retinolo (vitamina A), vitamina D, riboflavina (vitamina B2) e iodio. I vegani possono avere deficit marcati di vitamina B12 e calcio.Tuttavia, tali fabbisogni nutrizionali possono essere soddisfatti con diete vegetariane e vegane accuratamente bilanciate.
In particolare è considerata dannosa la carne: un consumo di carne (rossa, bianca, di pesce) sarebbe la causa principale o il fattore scatenante di molte malattie. In particolare viene evidenziato il rapporto tra consumo di carne e tumori, e alcuni studi medici e scientifici sembrano confermare questo collegamento. Tuttavia altri studi, sembrano contraddire tali assunti.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 09:16 da Anna Maria


La rinuncia al pesce, alimento generalmente considerato più salutare della carne, viene spesso dettata dal crescente inquinamento delle acque, e in particolare dalla presenza di mercurio. Anche l’intensificazione della pesca ed il parallelo impoverimento e stress della fauna acquatica sono elencabili tra i possibili motivi di rinuncia del pescato quale alimento.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 09:16 da Anna Maria


Ma anche il consumo di latte e di prodotti caseari è oggetto di critiche: in particolare alcuni nutrizionisti considerano il latte, ed in particolare quello vaccino, un alimento di difficile digeribilità, scarsamente adatto al consumo umano. Si calcola che un numero di neonati tra lo 0,5% ed il 4% del totale manifesti segni di intolleranza alle proteine del latte, che a volte diventano vere e proprie allergie.
Si calcola che oggi, in Italia, circa un terzo degli italiani sia intollerante al lattosio: pare però che la capacità di digerire il lattosio negli adulti sia dovuta ad una mutazione genetica relativamente recente nella storia della razza umana, diffusasi grazie alla selezione naturale principalmente nelle popolazioni dedite alla pastorizia e all’allevamento, soprattutto in Europa e alcune migliaia di anni più tardi in Africa orientale, in altre regioni del mondo (es la Cina) la percentuale di adulti non in grado di digerire il lattosio può arrivare ad essere anche superiore al 90%, per mere motivazioni genetiche ed indipendentemente dalla dieta.

Sono stati inoltre evidenziati legami tra consumo di latte e diabete giovanile, malattie cardio-vascolari (per l’elevata quantità di grassi saturi), e la presenza di tracce di antibiotici, ormoni e pesticidi.
Le critiche riguardano anche la filiera di produzione del latte, che è identica a quella della carne.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 09:23 da Anna Maria


La posizione dell’OMS sulle diete vegetariane è che devono essere attentamente pianificate, per evitare carenze di nutrienti. Tale posizione è espressa in varie pubblicazioni, soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione nell’infanzia. La FAO nel 2003 ha pubblicato, nelle tabelle di conversione calorica degli alimenti, dei fattori di conversione: nelle diete ad alto contenuto di fibre come quelle vegane-vegetariane l’apporto calorico delle proteine è di circa il 10%, che per alcuni potrebbe risultare inadeguato.
Sebbene solo una minoranza di persone segua una dieta vegetariana per motivi salutistici, è importante sottolineare che negli ultimi anni è stato riaffermato dall’American Dietetic Association e dai Dietitians of Canada, due delle più autorevoli società nutrizioniste, che le diete vegetariane e vegane ben bilanciate non soltanto sono salutari e adatte ad ogni ciclo vitale, ma addirittura aiutano a prevenire l’avanzata di molti tipi di patologie, tra cui cancri e tumori.
Uno annotazione importante: chi è in trattamento anticoagulante, con farmaci tipo warfarin, dovrebbe monitorare attentamente il consumo di vitamina K, introdotta principalmente con i vegetali, in quanto annulla gli effetti del farmaco.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 09:25 da Anna Maria


L’equilibrio dei nutrienti è il punto più controverso secondo i critici. Secondo alcuni studiosi la dieta vegana è sbilanciata nell’apporto di macro- e micronutrienti e non sembra possibile (a differenza della dieta vegetariana) ottenere in alcun modo un apporto di nutrienti corretto. Secondo altri studiosi, e naturalmente secondo i vegani, questo è vero solo se la dieta è disordinata e poco varia, e quindi un vegano dovrebbe essere al corrente delle carenze a cui potrebbe incorrere e dovrebbe comportarsi di conseguenza. Vi sono diverse opinioni in merito a una scelta alimentare vegana, ma non vi è tuttora una posizione unanime nel mondo scientifico. Le critiche alla dieta vegana riguardano le insufficienze alimentari che una dieta del genere comporterebbe, vere o presunte, come l’apparente carenza di alcuni importanti principi nutritivi che l’alimentazione carnea fornisce in dosi sufficienti: proteine, ferro, e alcune vitamine. I vegetariani rispondono con l’elevata presenza di questi principi in alimenti come i legumi (soprattutto la soia), i germogli e i cereali. Effettivamente, se la dieta è comunque varia ed equilibrata, il problema sembra legato all’assimilazione più che alla carenza di queste sostanze. In particolare il ferro contenuto nei vegetali (in particolare i legumi) è molto poco biodisponibile a causa di diversi fattori che ne impediscono l’assorbimento.
Gli alimenti vegetali hanno un elevato contenuto di cellulosa, che non può essere assimilata da animali con apparato digerente monogastrico (come appunto gli esseri umani) e che rende più difficoltoso l’assorbimento delle proteine vegetali (di solito carenti in quantità e in qualità perché sono carenti di metionina e cisteina).

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 09:34 da Anna Maria


Grazie Anna Maria. Informazioni utili, direi.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 12:11 da Vale


Non sono vegetariano, ma magio poca carne e pochi salumi. Non so rinunciarci, proprio perché non vivo solo di carne. convengo che sarebbe meglio non nutrirsi di carne, come illustri personaggi sostengono, per es. umberto veronesi. Io, da beatlesiano della prima ora e quindi anche di Paul McCartney, su questo terreno non lo seguo, ma non perché mi sembrino stronzate le sue, e quelle della povera moglie Linda, sul vegetarianesimo. Semplicemente perché, ripeto, non sono un creatofagomane. Del resto, anche il professor Giorgio Calabrese, dietologo e nutrizionista illustre, nostro conterraneo di Rosolini, sostiene che una dieta varia, anche con carni, ma con misura, va e fa bene. può darsi, tuttavia, che, quando avrò letto il libro di Safran Foer, cambierò idea. Vedremo. Intanto, rivolgo un elogio a Safran Foer, perché ha denunciato la (in)cultura alimentare degli americani che già il grande Emilio Cecchi aveva definito il Paese della bistecca (e lui c’era andato nel Nordamerica negli anni Cinquanta, mi pare).
Saluti cordiali
Paolo Fai

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 15:40 da Paolo Fai


non so se qualcuno trarrà delle conclusioni alla fine di questa discussione. in ogni caso mi pare evidente che questo libro di Foer, come ha messo in rilievo Paolo Fai, ha il merito di denunciare e far riflettere.
ed a prescindere dal proprio personale orientamento alimentare, mi pare corretto affermare che la diminuzione del consumo di carne faccia bene a tutti: uomini ed animali.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 16:00 da augusto


molto interessante e da diffondere

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 16:13 da Carlo


Ringrazio tutti i nuovi intervenuti.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 20:44 da Massimo Maugeri


@ Alberto
Non credo che il numero che compare in copertina nasconda significati reconditi. Ma… mai dire mai…

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 20:46 da Massimo Maugeri


@ Anna Maria
Grazie per i tuoi numerosi contributi. Non sarai un’esperta, ma hai fornito informazioni importanti.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 20:46 da Massimo Maugeri


Un saluto a Vale e a Carlo.
(Carlo: liberissimo di diffondere).

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 20:47 da Massimo Maugeri


@ Paolo Fai
Caro Paolo, grazie per essere intervenuto. È sempre un dono avere la possibilità di leggere le tue opinioni.
Se puoi, condividi con noi le tue impressioni sul libro di Safran Foer appena lo avrai ultimato.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 20:49 da Massimo Maugeri


@ Augusto
Già le tue mi sembrano conclusioni condivisibili.
Però… possiamo ancora sperare nell’intervento di qualche esperto “nutrizionista”.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 20:50 da Massimo Maugeri


Per oggi devo chiudere qui (e vi auguro una serena notte).
Domani pubblicherò un post “giocoso” che ci farà tirare il fiato prima di immergerci in una ulteriore discussione “seria”.
Ma qui – se volete – il dibattito continua.

Postato martedì, 16 marzo 2010 alle 20:52 da Massimo Maugeri


Grazie a te Massimo. Mentre ci sono, per completezza inserisco altre notizie.
Si parlava di dieta vegana. Tra le varie obiezioni sollevate contro questa dieta viene spesso propagandata l’inferiorità delle proteine vegetali a fronte delle proteine “nobili” della carne. Questo perché, per quanto riguarda gli amminoacidi essenziali, i cereali sono ad esempio poveri di lisina e treonina, mentre nel caso dei legumi, soia a parte, le cui proteine sono assimilabili a quelle della carne, è presente un deficit per quanto riguarda gli amminoacidi solforati come metionina e cisteina (anche se alcune piante di soia transgeniche non hanno questa carenza). In realtà non sembra che tali affermazioni siano significative, in quanto gli alimenti vanno confrontati rispetto al profilo di aminoacidi ritenuto essenziale per l’uomo (che non è quello della carne), e non rispetto alle differenze tra cibi animali e vegetali, che hanno caratteristiche diverse.

Opinione diffusa è che per assumere proteine complete di tutti gli amminoacidi essenziali sia necessario abbinare cereali e legumi, secondo la obsoleta e superata teoria della complementarietà proteica, tuttavia ancora diffusa. Il consiglio tipico, infatti, è di preparare piatti “poveri” ma estremamente nutrienti e salutari della tradizione culinaria italiana, come pasta e ceci, pasta e fagioli o riso e piselli. Viene anche richiamata l’abitudine di alcune popolazioni la cui alimentazione è basata sul mais, a sua volta carente in lisina e triptofano, di preparare piatti come tortillas e fagioli o fagioli e polenta.

In realtà, come confermato dalla letteratura medica e da associazioni del settore è sufficiente consumare una buona varietà di cibi vegetali (legumi, cereali, frutta secca, verdure e ortaggi) nell’arco della giornata perché la maggior parte dei vegetali presenta un profilo di aminoacidi essenziali completo per l’uomo. Il rischi di carenze proteiche si ha solo in caso di diete molto restrittive dal punto di vista della varietà degli alimenti (mono-diete, fruttariani, e altri casi limite) e dell’apporto calorico.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 10:05 da Anna Maria


Qualche notizia su ferro, calcio e vitamina b12
Per quanto riguarda il ferro, il quantitativo necessario può essere assimilato dai vegetariani mangiando verdure a foglia verde e legumi che ne contengono un’alta percentuale. È possibile, e consigliato nei casi di carenza, associare ad una dieta ricca di tali componenti, una buona quantità di cibi ricchi in vitamina C come limoni, arance, kiwi e diversi ortaggi, poiché il ferro non-eme contenuto negli alimenti vegetali viene meglio assorbito grazie alla vitamina C. Una ricetta fondamentale per un vegetariano che voglia mantenere alti i suoi valori di ferro è quindi ad esempio rappresentato da un bel misto di verdure condito con tanto limone. Insieme ai piatti di verdura sono invece da evitare – poiché riducono l’assorbimento del ferro – crusca e fibre (contenenti fitati), the e caffè (che rilasciano tannini), vino rosso (contenente polifenoli) e alimenti ricchi di calcio come formaggi e latticini. Va sottolineato che crusca, the, vino rosso etc. non sono alimenti che un vegetariano deve eliminare, ma semplicemente assumere in pasti distinti da quelli a base di verdura, se vuole meglio assimilare il ferro in essa contenuto.

Il fabbisogno di ferro raccomandato per diete vegetariane (contenenti esclusivamente ferro non ematico, cioè non legato all’emoglobina in quanto non proveniente da alimenti carnei), è di 17mg/die per l’uomo, 33mg/die per le donne in età fertile e 46mg per le donne incinte.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 10:08 da Anna Maria


Per quanto riguarda il calcio la quantità necessaria può essere assimilata mangiando legumi e cereali.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 10:12 da Anna Maria


Pare, invece, che una possibile conseguenza negativa della adozione per lunghi periodi di tempo della dieta vegana sia la deficienza di cianocobalamina, detta anche vitamina B12, che si ritiene presente in quantità e forme assimilabili solo in alimenti di origine animale. Alcune fonti non animali di vitamina B12 inizialmente proposte, come la spirulina o l’alga nori, sono state successivamente trovate inadeguate in studi compiuti dagli stessi vegani. Infatti nonostante alcuni organismi come le alghe e alcuni prodotti fermentati ne contengano una certa percentuale, essa non presenta le medesime caratteristiche della B12 presente nei prodotti di origine animale e non ne è comprovata l’effettiva assimilabilità da parte dell’organismo umano. Rimane comunque la possibilità di utilizzare integratori o alimenti appositamente arricchiti di vitamina B12, sempre che la stessa sia stata ottenuta da fonti non animali, oppure servirsi di alimenti non arricchiti che abbiano però un contenuto certificato di cianocobalamina (ad esempio alcuni estratti di lievito). Il problema nell’assumere costantemente per anni prodotti di sintesi è quello dell’aumentato rischio di introduzione di sostanze di scarto tossiche come alcoli alifatitici o tetracloruro di carbonio usati per la purificazione del composto. Una carenza di vitamina B12 si può manifestare anche dopo moltissimi anni dalla sua non assunzione, per un periodo che va da uno a vent’anni, quindi relative carenze non sono immediatamente evidenti.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 10:15 da Anna Maria


Secondo qualcuno una dieta vegetariana allungherebbe il tempo-vita.
Uno studio inglese su un campione di 60000 persone ha mostrato come la sopravvivenza dei vegetariani sia identica a quella della popolazione generale.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12936946?dopt=Abstract

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 13:26 da Anna Maria


Bello vedere che il libro di JSF abbia stimolato così il dibattito. Si tratta di un libro letterariamente intenso anche a prescindere dall’argomento – d’altro canto, è proprio l’unione tra la profondità stilistico-letteraria e la portata dello specifico argomento che ne fa un grande libro. Ancora una volta, lettura consigliatissima.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 13:39 da Marco Mancassola


Allego la scheda che avevamo pubblicato sul Manifesto accanto all’articolo già riportato. Contiene alcuni altri spunti bibliografici (restando nell’ambito letterario, non saggistico) e filmografici.

“Quando la letteratura rivolge lo sguardo alla sofferenza delle altre specie, possono nascere pagine memorabili e disturbanti. Era il caso ad esempio di «Considera l’aragosta», il saggio di David Foster Wallace dedicato all’atroce fine delle aragoste (Einaudi, traduzione di Adelaide Cioni e Matteo Colombo, pp. 382, euro 16,50). La rivista letteraria italiana «Il Primo Amore» ha pubblicato nel 2007 un numero monografico intitolato «Il dolore animale», con testi, tra gli altri, di Antonio Moresco e Giuseppe Bogliani.
Anche scrittori molto noti come i premi Nobel Isaac Bashevis Singer e J.M. Coetzee hanno dedicato pagine e discorsi allo stesso tema. In particolare Coetzee, nel piccolo libro «La vita degli animali» (Adelphi, introduzione di Amy Gutmann, traduzione di Franca Cavagnoli e Giacomo Arduini, pp. 155, euro 9), si concentra sul modo in cui gli umani maltrattano le specie con cui condividono la loro esistenza sul pianeta Terra.
Prima di lui, nel 1998, una narratrice e documentarista statunitense di origine giapponese, Ruth Ozeki, aveva raccontato nel romanzo «Carne» (Einaudi, traduzione di Anna Nadotti, pp. 380, euro 9) la vicenda di due donne che da una parte e dall’altra del Pacifico combattono contro le atrocità dell’industria alimentare.
Saggi di taglio giornalistico, inchieste e pamphlet militanti sono ovviamente numerosi, come del resto le testimonianze video sugli orrori dell’industria della carne: una delle più note resta «Meet your Meat» (da cercare su youtube). Ma fu un documentario del 2005, «Unser täglich Brot» («Il nostro pane quotidiano») del filmaker austriaco Nikolaus Geyrhalter a mostrare l’aspetto più alienante e sadicamente geometrico di questa industria: operai che passano interi turni di lavoro a tranciare le zampe dai cadaveri dei maiali o pulcini vivi risucchiati da enormi aspiratori e smistati da nastri trasportatori automatici, imballati in casse come fossero arance.”

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 13:42 da Marco Mancassola


Già sono reduce dalla lettura di ” Chi c’ è nel tuo piatto ? ” di Jeffrey Moussaieff Masson ottimo libro riguardante il medesimo argomento , ma con un ” taglio ” diverso legato alla psicologia e la sensibilità degli animali , non solo quelli cosiddetti superiori , già ho ordinato una copia del libro di Safran Foer che mi riferiscono ottima notizia è in ristampa e sarò molto felice di leggere: nel frattempo ho smesso di mangiare animali ed ho la tendenza ove possibile a disdegnare i latticini e le uova . Trovo comunque molto importante che si facciano circolare notizie e si discuta di questo importante argomento .

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 16:52 da giorgio bicchietti


Ottimi i libri indicati più sopra per conoscere gli orrori perpetrati sugli animali dall’industria alimentare.
Ma chi ama navigare su internet può farsi un’idea su questi orrori cliccando semplicemente sul blog http://www.animalstation.it , ovvero il blog di informazione antispecista curato da AlanAdler (Riccardo B.). Anzi, cliccando direttamente su http://www.animalstation.it/public/wordpress/?page_id=2738
Certo, gli esseri umani nei confronti dei propri simili a volte perpretano orrori ancor più gravi e terrificanti, ma questo è un altro discorso.
Cordialmente.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 21:40 da A. B.


@ Anna Maria
Grazie per i numerosi e utilissimi contributi.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 22:36 da Massimo Maugeri


@ Marco Mancassola
Caoro Marco, grazie per essere intervenuto (e grazie, ancora una volta, per avermi messo a disposizione il tuo articolo).
Fai bene a sottolineare anche l’aspetto letterario di questo libro di Foer.
Ottima anche la scheda con tutti gli spunti bibliografici sull’argomento. Hai fatto benissimo a inserirla…

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 22:38 da Massimo Maugeri


@ giorgio bicchietti
grazie per essere intervenuto (e benvenuto a Letteratitudine!). Credo che questo libro, come ho già avuto modo di scrivere, stia facendo parlare molto di sé.
Ti aspetto nelle altre discussioni.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 22:40 da Massimo Maugeri


@Ausilio Bertoli
Ausilio, grazie anche a te per questi nuovi link che ci hai segnalato.

Postato mercoledì, 17 marzo 2010 alle 22:40 da Massimo Maugeri


incredibile! J S foer è stato ospite a “unomattina” raiuno, il 5 marzo scorso.
provo a linkare. Penso che sia sfuggito a tutti, nel caso un link in più non sarà un problema.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-0bd7fd9e-3ef6-4272-82ec-dae19d4de813.html

Postato giovedì, 18 marzo 2010 alle 00:29 da paperinoramone


@ paperinoramone
Grazie per l’utilissima segnalazione. Inserisco il link a “unomattina” anche sul post.

Postato giovedì, 18 marzo 2010 alle 20:59 da Massimo Maugeri


Bella discussione. Complimenti a tutti!
Anna Maria, però, dovrebbe fornirci indicazioni anche su altre diete se possibile, per esempio quella mediterranea.

Postato venerdì, 19 marzo 2010 alle 11:09 da Matteo Vendicari


“I posteri penseranno di noi che mangiamo animali, come noi pensiamo dei cannibali” (Claude Lavy Strauss)

Postato domenica, 21 marzo 2010 alle 17:43 da Franc28


@ Matteo Vendicari
Grazi per i complimenti. Credo che Anna Maria abbia già dato tanto con i suoi commenti… tuttavia, se vorrà dirci qualcosa di più sarà sempre la benvenuta.

Postato domenica, 21 marzo 2010 alle 23:18 da Massimo Maugeri


@ Franc28
Grazie per la citazionee per essere intervenuto.

Postato domenica, 21 marzo 2010 alle 23:18 da Massimo Maugeri


Che palle voi vegetariani

Postato lunedì, 22 marzo 2010 alle 16:47 da Roberto Camurri


@ Roberto Camurri
Eddai, Roberto. Questo dibattito ha consentito (tra le altre cose) un interessante confronto tra persone che hanno abitudini alimentari diversissime (se non opposte).
Grazie, comunque, per la tua incursione.

Postato lunedì, 22 marzo 2010 alle 21:35 da Massimo Maugeri


Buona Pasqua.
E che c’entra, diranno concordi gli opposti (e più o meno) estremisti.
C’entra, c’entra.
Perchè, comunque la si pensi, il nostro essere animali è un incontrovertibile assioma.
Consci, comunque la si pensi, che, in una ricorrenza di tal fatta, il non essere nati agnelli è comunque una immensa fortuna.

Postato sabato, 3 aprile 2010 alle 22:26 da Giometrico


Caro Massimo,
non ho letto tutto il post, ma molte riflessioni che mi sono piaciute molto. Quello che hai proposto è un argomento che mi sta a cuore e che “mi tormenta” al tempo stesso. Come tanti qui in questo spazio ho cercato di diventare vegetariana ( anche perché la carne non è il mio cibo preferito) ma mi nutrivo di dolci e di carboidrati e mi faceva male. Era “colpa” mia, nel senso che avrei dovuto ricorrere ad altri alimenti per sopperire alla mancanza di proteine. Mia madre è vegetariana da 30 anni e sta bene.
Mi hanno colpito particolarmente 3 interventi ( oltre ai tanti belli):
-quello di Cinzia Pierangelini;
di un altro che commenta la Zauberei; + quello di una ragazza sarda.
Dal secondo riporto:
1)” La carne di pollo fa meno male? ma avete visto dove tengono i polli? ma sapete cosa gli danno per evitare pandemie ovvie e sicure? e poi ancora la storia delle piante, oh signore! Le piante non hanno sentimenti e non hanno il sistema nervoso degli animali (e degli uomini) e quindi tra loro e gli animali, dato che iddio ci ha fatto assassini, meglio le piante no? O no? La verità bisognerebbe dirla, a se stessi. Nascondiamo la testa sotto la sabbia perché c’è qualcuno che fa il lavoro sporco per noi! Vorrei vederla zauberilla che voglia di ridere e divertirsi avrebbe se per le sue cene allegre e piene di vita dovesse sgozzarsi il vitello da sola e squartarlo ancora vivo!”-
Cosa c’entra, infatti, l’amore per la vita+ il godersela tramite il sesso e il cibo con la sofferenza degli animali? Non c’è bisogno di farli soffrire tanto, né di allevarli in tali quantità (una delle cause della loro sofferenza).
2)Si vedesse COME sono sgozzati gli agnelli e i maialini in Sardegna! Le “care tradizioni di una volta”! Per carità: gli animali muoiono dissanguati e lentamente. Vivono “decentemente”, questo è vero, finché vivono, perché pascolano sulle colline e nei prati.
Tanto nessuno cambia idea su quest’argomento. Però credo sia importante parlarne. I cambiamenti nella società umana sono sempre avvenuti così: si dovrebbe parlare spesso delle sofferenze degli animali e scrivere anche una nuova “Déclaration des Droits des animaux”, come suggeriva la Yourcenar anni fa (1987)
Certo, c’è da dire che la “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo” non è troppo rispettata. Intanto si critica e va bene. Magari si “progredisce”, in questo modo.
Concludo: non sarebbe ora di far smettere, per esempio, quella “cara, vecchia” tradizione spagnola della Corrida?

Postato mercoledì, 7 aprile 2010 alle 20:10 da roberta


Grazie per il tuo intervento, cara Roberta.
E sì, sulla Corrida ci sarebbe tanto da dire. E credo che, in questi anni, sulla “questione corrida” si stia sviluppando un dibattito anche in Spagna.

Postato mercoledì, 7 aprile 2010 alle 22:54 da Massimo Maugeri


Grazie a te, Caro Massimo. Io continuo ad apprezzare il tuo blog.
Con affetto:)

Postato giovedì, 8 aprile 2010 alle 15:10 da roberta


Gli animali non muoiono quando li uccidete. Muoiono quando nascono, da quel momento comincia la loro agonia.

Postato domenica, 11 aprile 2010 alle 00:34 da mcarteri


Che bella discussione di ampio respiro ha stimolato l’argomento vampiri!

Si spazia dalla filosofia alla letteratura, dal cinema all’alimentazione fino all’etica…

Postato martedì, 13 aprile 2010 alle 18:17 da lucia_z


Ho acquistato da pochi giorni il libro Se niente importa, mi è sembrato di vedere finalmente messe su carta molte delle mie idee sugli animali che i miei conoscenti, amici ecc non sanno purtroppo apprezzare, se non con un esasperato sarcasmo che non manca di irritarmi e deludermi ogni volta. Ho da poco aperto un blog dove cerco di esprimere un po’ la mia visione tentando di rispettare comunque anche quelli che si cibano di carne, per quanto ciò mi sia in ogni caso difficile. Io sono vegetariana ma non mangio nemmeno il pesce. O meglio, seguo l’ indirizzo di un professore della mia unviersità di giurisprudenza che è vegano, si ciba, per quanto riguarda il pesce, solo di cozze e vongole perchè sostiene che, non avendo esse gli occhi, esse hanno una capacità percettivo sensoriale molto più limitata di un coniglio, tanto per fare un esempio, e si rendono meno conto della morte. Se poi ciò sia vero o meno, non posso saperlo. In ogni caso non mi piace il sapore il loro sapore quindi ne mangio davvero poche e di rado. Per tutto il resto mi fa ribrezzo solo l’idea di essere la bara vivente di un altro essere vivente. Se qualcuno volesse passare dal mio blog per lasciare un commento alle mie idee, anche migliorativo, ne sarei ben felice :) Un abbraccio a tutti coloro che rispettano e amano tutti gli animali :)
http://animaliediritti.blogspot.com

Postato lunedì, 19 aprile 2010 alle 11:26 da esperide


Grazie per essere intervenuta, Esperide… e in bocca al lupo – motto tutt’altro che vegetariano, per la verità – per il tuo blog. ;)

Postato lunedì, 19 aprile 2010 alle 20:45 da Massimo Maugeri


Sono vegetariana da 2 anni, devo dire felice e soddisfatta della mia scelta. Non tornerei mai più a mangiare la carne! Sto molto meglio sia dal punto di vista fisico che spirituale.
Amo gli animali e amo la mia salute.
Se non potete fare a meno della carne almeno riducetene nettamente il consumo: farete bene a voi, agli animali e al mondo.
Un augurio a tutti!

Postato martedì, 27 aprile 2010 alle 10:55 da Sara-chan


Grazie per il tuo commento, Sara-chan. Benvenuta a Letteratitudine!

Postato martedì, 27 aprile 2010 alle 21:57 da Massimo Maugeri


Ciao a tutti.
Sono approdata su questa pagina web grazie a google.
Sto leggendo “Se niente importa” e, incuriosita dal disegno sulla copertina, stavo cercando un significato da attribuire a quel numero che pende dall’orecchio della testa di mucca…sono sicura che significhi qualcosa!
Ora le presentazioni!
Senza troppa fatica, ho deciso di diventare vegetariana 6 anni fa. Era una scelta ovvia, dopo aver preso davvero coscienza di quante atrocità ci sono dietro ad un panino con il salame. Inutile dire che ci credo profondamente, che mai cadrei “in tentazione”, che il mio essere vegetariana probabilmente è tracciato nel mio DNA. Non ho mai amato la carne, mangiavo surrogati quelli si, ma la bistecca al sangue mi è sempre sembrato qualcosa di macabro. Il libro mi sta facendo prendere ancora più coscienza della mia decisione, e mi sta facendo avere dati concreti che sicuramente mi serviranno… i vegetariani sono considerati diversi, come tutte le minoranze!Mi è capitato spesso in passato di dover giustificare la mia scelta, di dover rispondere a domande serie o a battuttacce (del tipo” ma tu sei una razzista alimentare! povere carote! chi ti dice che il lattughino non possa soffrire!?), o di essere considerata bizzarra, idealista, con la testa tra le nuvole. Ma questo mi ha dato la forza di credere ancora di più in quello che faccio. Io non giudico gli altri, vorrei solo che più persone avessero il “coraggio” di prendere coscienza…
Parliamo della salute…
Mangio meglio sicuramente! Ho scoperto molti alimenti di cui ignoravo l’esistenza, ho provato ad assaggiare molte cose rimando molto delusa o

Postato mercoledì, 12 maggio 2010 alle 12:41 da elisa


molto soddisfatta, ma ho decisamente una dieta più bilanciata. Un vegetariano consapevole sta più attento a cosa mangia!
Non ho nessun problema fisico. Differenze rispetto a quando ero “carnivora”?
Soffrivo d’asma e bronchiti…ora non più!
Non so se estitano collegamenti scientifici tra le due cose, non sono un medico, ma così mi è successo.

Postato mercoledì, 12 maggio 2010 alle 12:48 da elisa


Cara Elisa, grazie per essere intervenuta e per averci raccontato la tua esperienza.
Ora che hai “scovato” questo blog ti invito a rimanere e a partecipare (se puoi e se ti fa piacere) alle altre discussioni.
Sei la benvenuta. :)

Postato mercoledì, 12 maggio 2010 alle 21:30 da Massimo Maugeri


Grazie Massimo per l’invito!
Tornerò sicuramente a trovarvi! Sono una grande divoratrice di libri, tempo libero permettendo!
A presto!

Postato giovedì, 13 maggio 2010 alle 11:50 da elisa


Questo libro mi ha molto colpito! Ho letto i post di qualcuno che parlava di cosa far mangiare al proprio cane o gatto e se fosse possibile farli diventare vegetariani. Per i cani non è un problema: possono avere una dieta vegetariana senza problemi (purchè equilibrata), mentre per i gatti non è possibile, in quanto pienamente carnivori e non onnivori come noi ed i cani. La mancanza di cibo animale per i nostri felini porterebbe a delle brutte conseguenze.

Postato mercoledì, 26 maggio 2010 alle 16:45 da Antonio


Grazie per il tuo intervento, Antonio… e benvenuto su questo blog!

Postato giovedì, 27 maggio 2010 alle 00:13 da Massimo Maugeri


Per ragioni etiche in seguito alle riflessioni sull’impatto ambientale degli allevamenti, per non sottrarre risorse agli altri abitanti del mondo e per non contribuire alla sofferenza degli animali, sono diventata vegetariana dal 1991. Nel 1994 ho avuto una figlia, non ho mai avuto problemi di carenza di ferro o altro; le mie analisi del sangue sono sempre state perfette anche in gravidanza. In compenso non ho più avuto tracce di cellulite e ho un aspetto che (mi dicono) non rivela la mia età. Faccio queste considerazioni relative all’estetica non perché ritengo sia prevalente nell’ambito delle considerazioni da fare in questo contesto, ma perché credo che siano un segno di buona salute. Da cinque anni limito l’apporto delle proteine animali al consumo di un po’ di parmigiano e di un paio di uova alla settimana. Sto bene senza dovermi concentrare troppo sulla pianificazione della dieta; vario molto, ma non mi faccio troppi problemi e sono diventata una gran cuoca. Il problema si pone soltanto quando vado a mangiare fuori o sono inviatata a casa di qualcuno… Ma rispetto al 1991 le cose vanno meglio e qualcosa da mangiare lo trovo sempre. ;-)
Insomma, diventare vegetariani non è da eroi o da asceti…

Postato giovedì, 27 maggio 2010 alle 09:00 da mariella


Io sono vegetariano da quaranta anni, coltivo da me il cibo, che mi guarisce temporaneamente dalla morte, usando esclusivamente concimi naturali come il letame di cavallo e le erbe macerate, ricche di sostanze e minerali, come è l’equiseto. Visitai, nel 1985, un allevamento intensivo nel Friuli, vicino a Tramonti di sotto, quando assistevo i miei ragazzi del Don Gnocchi che passavano in quei magnifici luoghi le vacanze estive. Durante una partita di calcio contro i ragazzi del luogo, noi assistenti stringemmo rapporti con alcuni di loro e, un giorno, andammo a trovarne uno che ci aveva invitato a visitare l’allevamento dove lavorava. Questo ragazzo era diventato vegetariano a causa del lavoro che faceva. Ci condusse in un lungo capannone industriale con al suo interno circa mille vitelli da ingrasso che stavano lì tre mesi, nei quali da 500 chili arrivavano a pesarne 1000. Erano imbragati per non muoversi, e mangiavano quantità pazzesche di antibiotici scaduti che le case farmaceutiche vendevano, all’azienda che ingrassava questi animali, a basso costo, al posto di bruciarli nell’inceneritore. Gli antibiotici hanno la funzione di limitare le piaghe da decubito causate dalle cinghie di cuoio dell’imbragatura, la quale è funzionale a che il vitello non consumi grasso col movimento. Il capannone aveva un reparto sperimentale dove teneva vacche all’ingrasso che erano state collegate a macchine che pre digerivano, attraverso sostanze chimiche acidule, i cubettati dell’alimentazione, pompandoli nel secondo stomaco attraverso un innesto chirurgico analogo ai tubi intestinali dei malati di cancro, in modo da scavalcare la fase del rumino e non perdere tempo nella digestione, che altrimenti sarebbe stata dispendiosa in termini temporali e, quindi, economici. Il loro latte veniva gettato via. Basterebbe questo a escludere la carne dall’alimentazione. Quando frequentai la scuola infermieri all’Ospedale Sacco di Milano, l’insegnante di patologia ci insegnò che il settantacinque per cento dei malati di tumore intestinale maligno erano consumatori abituali di salumi.

Postato mercoledì, 16 giugno 2010 alle 08:10 da vajmax


[...] ed esilarante”. Un’opinione di peso, quella di Coetzee… a cui hanno fatto seguito quelle di Jonathan Safran Foer [«Fame di realtà non è soltanto un libro che fa riflettere, ma è anche uno dei più belli che [...]

Postato lunedì, 25 ottobre 2010 alle 01:30 da Kataweb.it - Blog - LETTERATITUDINE di Massimo Maugeri » Blog Archive » IL FUTURO DELLA NARRATIVA E LA FAME DI REALTÀ: il caso di David Shields



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