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domenica, 2 agosto 2009

CELESTE AIDA di Marinella Fiume

Apro una nuova pagina della rubrica Letteratura è diritto, letteratura è vita che ho affidato a Simona Lo Iacono, presentando un romanzo forte, duro, per certi versi terribile – ma direi anche necessario – scritto da Marinella Fiume (nella foto in basso, all’epoca in cui era sindaco del Comune di Fiumefreddo di Sicilia). Si intitola Celeste Aida. Una storia siciliana” (Rubbettino, pagg. 136, euro 8). Una storia ambientata nell’anno 1933, XI dell’era fascista. Questi i fatti: “In un villaggio siciliano, un ventenne commerciante di vini uccide la cognatina di cinque anni seppellendola viva. La relazione adulterina con l’ancor giovane suocera e la paura che la bambina possa rivelarla al padre emigrato in America, induce i due amanti a liberarsi della scomoda testimone. Al processo, la difesa della donna ha buon gioco nell’affermare la non punibilità per il reato di adulterio, mancando la querela del coniuge offeso. Così, si condanna a morte il giovane “debosciato”, assolvendo la madre per insufficienza di prove anche dell’imputazione di procurato aborto, che il Codice Rocco punisce severamente, in quanto sovvertitore della famiglia e perciò, come l’adulterio, reato contro lo Stato.

Così come è riportato sulla scheda,”il romanzo ricostruisce la torbida vicenda familiare da cui scaturì l’esecuzione capitale attraverso i canti dei cantastorie, fonti orali e giornalistiche, atti giudiziari, che consentono di mettere a fuoco il contesto del dramma: il “disordine” della famiglia contadina siciliana e la politica familiare del fascismo. Squisitamente letterari sono, invece, l’impianto narrativo e il linguaggio: la storia di una bambina, segnata dalla diversità già nel nome e travolta dall’assurda banalità del male, comunica una profonda impressione anche per l’efficacia e la profondità con cui sono tratteggiati i personaggi che balzano vivi dalle pagine, uscendo dal coro che commenta ai margini.”

Il tema che vorrei affrontare, in parallelo con la discussione sul romanzo di Marinella, è quello della violenza ai minori e della imputazione della colpamettendo in relazione la colpa individuale con quella collettiva.
Nell’ambito della discussione interverranno “ospiti speciali” che avrò modo di presentare adeguatamente.
Ecco alcuni spunti e domande volti a favorire il dibattito…

1- La condanna di Giovanni appaga un’intera società, sebbene anche l’amante sia colpevole del delitto di procurato aborto (confessato ma da cui andrà assolta per carenza di prove). Che rapporto c’è tra colpa individuale e colpa collettiva?

2- Victor Frankl (1905-1997), medico e psichiatra, filosofo e psicoterapeuta, saggista e conferenziere di fama mondiale, fondatore della logoterapia, scampato ai lager nazisti diceva: “Signori e signore, vi prego in quest’ora di ricordare con me mio padre, che morì nel lager di Theresienstadt; mio fratello, che morì nel lager di Auschwitz; mia madre, che finì in una camera a gas di Auschwitz; e la mia prima moglie, che perse la vita nel lager di Bergen-Belsen. E tuttavia devo chiedervi di non aspettarvi da me una sola parola di odio. Chi mai dovrei odiare? Io conosco soltanto le vittime, non i carnefici, quantomeno non li conosco personalmente – e io rifiuto di dichiarare qualcuno collettivamente colpevole. Una colpa collettiva infatti non esiste, e io questo non lo dico oggi, l’ho detto fin dal primo giorno in cui fui liberato dal mio ultimo campo di concentramento” (Cit. in: Paola Giovetti, Victor Frankl. Vita e opere del fondatore della logoterapia, Edizioni Mediterranee, Roma, 2001, p. 54). Siete d’accordo? Esiste o non esiste una colpa collettiva?

3- La voce di Aida viene messa a tacere dalla violenza e dalla paura. Ma viene riportata in vita dalla poesia del cantastorie Orazio Strano e di Marinella Fiume. Che rapporto c’è tra violenza e poesia?
C’è una correlazione sanante e necessaria oppure, come si domandava il poeta tedesco Friedric Holderin: “A che (servono) i poeti in tempo di povertà?”

Di seguito, la bella recensione di Simona Lo Iacono, che mi darà una mano ad animare e coordinare la discussione.
Massimo Maugeri


“Celeste Aida”. Diritto e letteratura in una storia di Marinella Fiume
di Simona Lo Iacono (nella foto)

“Sedetevi che ve lo racconto, signore e signori. Della bambina sepolta sotto l’aglio. Sedetevi qui,i picciotti avanti, gli adulti infondo…E’ arrivato il cantastorie Orazio Strano per farvi sentire il lamento. Come signora? Quale lamento?
Sedetevi comoda che ve lo racconto…”
Orazio Strano imbraccia la chitarra, sistema i cartelloni, si assesta sulla sedia a rotelle, perché non ha gambe, ma ha voce e cuore per raccontare, stasera. Il berretto rosso gli ombreggia sulla testa.
Un cantastorie non fa caso ai dissesti di un selciato, pensa, e neanche alle apparenti immobilità del corpo. Un cantastorie si sistema dove può, tra le crepe di una piazza, o in una fiera di paese, la domenica – a Messa finita- col benedicite che rintrona alle spalle. O la sera, quando l’incendio del sole assicura una tregua, una pausa per tessere un sogno.
Un cantastorie, poi, non è che questo – signore e signori – uno scampolo di sogno.
E inizia a raccontare.
Ed è proprio da un “cunto” di Orazio Strano, che Marinella Fiume traccia la storia – svoltasi nel 1933 in un villaggio della Sicilia – di “Celeste Aida” (Rubbettino editore, € 8,00), della bambina – Aida, appunto – di cinque anni “sepolta sotto l’aglio” dal cognato per celare la relazione adulterina con la madre.
Una storia tagliente, quella dei due amanti, Giuseppina e Giovannino, o forse una storia di semplicissima umanità, di una donna che attende – invano – un rientro del marito dalla “Merica”. Che zittisce la solitudine col guizzo di un amplesso. Con l’illusione di non rimanerne ingabbiata. Di non subire la condanna dei propri desideri.
Non è che questo, poi, un reato. La condanna dei propri desideri.
E in quella sospensione della memoria, in quell’arrembaggio come di sogno, in cui la regola non è che un affioro momentaneo, o una stramatura della realtà, il reato si consuma. Un gesto – abituale ormai – tra quelli che hanno già rotto gli argini. Che hanno sfilacciato la barriera che ci separa dai miraggi.
Marinella Fiume ripesca i carteggi processuali, rivive il dibattimento, l’esame dei testi, la confessione finale. Mostra perizia da giurista quando ripercorre la vicenda in Corte d’Assise citando gli articoli del Codice Rocco, o quando arringa estrosamente in difesa della donna, assolta dal reato di adulterio – mancando la querela del coniuge offeso e migrato oltre mare – , e da quello di procurato aborto per mancanza di prove.
Ma soprattutto scandaglia da un punto di vista letterario quel crescere di azioni e intenzioni noto, in diritto penale, come “reato continuato”, e che non è che un’escalation di cadute sempre più gravi, unite da un nesso di consequenzialità, il cui approdo è il reato finale (in questo caso l’omicidio).
Giovanni – l’assassino – prima seduce la suocera, poi la coadiuva nell’aborto, infine mette a tacere la cognata, temibilissima testimone dei fatti. La sua volontà si affievolisce gradualmente, si immette in una dimensione alterata e surreale che è il campo del “non dominio della norma”.
In questa progressiva e allucinata trasmigrazione, in questa sospensione – lucida e al tempo stesso trasognata – della volontà, il confine tra immaginato e voluto si perde, snebbia. Infine si traduce in reato. Nell’assalto di paure e desideri.
E’ una magistrale lezione giuridica e umana sotto forma di romanzo. Una trasposizione – tecnicamente ineccepibile – in campo letterario delle più alte riflessioni penaliste sull’elemento psicologico del dolo.
Secondo l’art. 43 del nostro codice penale, infatti: “Il delitto è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.
Tale definizione postula dunque due elementi strutturali fondamentali: la rappresentazione e la volontà ed è, anche, un compromesso tra le due teorie principali che si contendevano il campo al tempo dell’emanazione del codice penale,la teoria della rappresentazione e la teoria della volontà, appunto.
Marinella li inscena letterariamente entrambi.
Giovannino si rappresenta la conseguenza delle proprie azioni perchè organizza, riflette, sceglie momento, luogo, modalità.
E poi vuole, perché lo sfaldamento progressivo della coscienza ha allentato ogni capacità inibitoria, ogni percezione del limite.
Indagine psicologica finissima, dunque, e giuridica, e umana.
E su tutto, i clamori e le strombazzate del fascio. Le urla che si levano contagiose. Gli strepiti che tuonano “Eia eia alalà” quando la Corte d’Assise ,” In nome di sua maestà Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia, l’anno 1933, il giorno 29 del mese di Maggio in Catania, letti gli artt 36, 61 n. 2,4, 17, 575, 576 n 1 , 577 n3, cp, 479, 483, 488, 489 cpp, dichiara Scandurra Giovanni di Salvatore colpevole dei reati ascritti e lo condanna alla pena di morte, alle spese in favore della parte civile , lire 2804 e ai danni da liquidarsi in separata sede”.
Un furoreggiare che appaga, che al pugile Carnera, casualmente giunto sui luoghi, fa mugghiare tra i denti fame di vendetta, che sembra ripristinare l’ordine perduto con la forza del duce: una condanna in vita e – se possibile – oltre la morte.
Orazio Strano ha finito di cantare. Ha letto sugli occhi sbigottiti delle madri e su quelli iniettati di sangue dei padri. Ha posato la chitarra, si è levato il cappello rosso, ha ordinato i cartelloni che narrano il cunto per tornare da dove è venuto, a Riposto.
Non sa se Giovanni è all’inferno o se il pentimento finale gli ha salvato l’anima. Non cerca ragioni ai suoi cunti, né si domanda il perché dell’assalto dei desideri, dell’innocenza trafitta, dei mancati ritorni. E’ solo un cantastorie, lui, e un cantastorie non fa caso ai dissesti di un selciato, alle apparenti immobilità del corpo.
Un cantastorie si sistema dove può, tra le crepe di una piazza, o in una fiera di paese, la domenica – a Messa finita- col benedicite che rintrona alle spalle. O la sera, quando l’incendio del sole assicura una tregua, una pausa per tessere un sogno.
Dopo tutto, il processo e le storie hanno questo in comune.
Sono un mistero.


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Scritto domenica, 2 agosto 2009 alle 16:18 nella categoria LETTERATURA È DIRITTO... È VITA (a cura di Simona Lo Iacono), SEGNALAZIONI E RECENSIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

192 commenti a “CELESTE AIDA di Marinella Fiume”

Credo che questo sia un post di estremo interesse. E invito tutti a partecipare alla discussione.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:19 da Massimo Maugeri


Il post coincide con l’apertura di una nuova pagina della rubrica “Letteratura è diritto, letteratura è vita” che ho affidato a Simona Lo Iacono.
L’occasione ce la fornisce questo romanzo forte, duro, per certi versi terribile – ma direi anche necessario – scritto da Marinella Fiume.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:22 da Massimo Maugeri


È un romanzo che ha a che fare con un processo, con la giustizia e con la legge.
Da qui l’affidamento del post a Simona Lo Iacono, nella sua duplice veste di magistrato (dirigente del Tribunale di Avola) e scrittrice.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:23 da Massimo Maugeri


Il romanzo, dicevo, è tratto da una storia vera.
Siamo nel 1933. In un villaggio siciliano, un ventenne commerciante di vini uccide la cognatina di cinque anni seppellendola viva.
La bambina è considerata uno “scomodo testimone” della relazione adulterina che lega l’assassino con l’ancor giovane suocera.
Ne scaturisce un processo, dove viene condannato il giovane. La donna, invece, viene assolta… per insufficienza di prove.
Ma c’è dell’altro.
Vi invito a leggere attentamente la bella recensione di Simona.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:28 da Massimo Maugeri


Prima di andare avanti con la fase introduttiva di questo dibattito, vorrei presentarvi Marinella Fiume: intellettuale siciliana, critica letteraria, scrittrice (vera artista della parola, direi).
Ma Marinella è molto altro. Ha svolto (e continua a svolgere) un ruolo molto importante in Sicilia. Tra le altre cose, negli anni scorsi, è stata sindaco del Comune di Fiumefreddo di Sicilia.
Inserisco, di seguito, la sua autobiografia…

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:32 da Massimo Maugeri


AUTOBIOGRAFIA DI MARINELLA FIUME
-
Sono nata a Noto (Siracusa), dove ho vissuto fino al compimento degli studi di scuola media inferiore, dopodiché mi sono trasferita a Fiumefreddo di Sicilia (Catania).
Nel 1968 ho conseguito il diploma di maturità classica presso il liceo “Michele Amari” di Giarre (Catania) e nel 1973 mi sono laureata col massimo dei voti in Lettere, indirizzo classico, presso l’Università degli Studi di Catania, con il Prof. Carlo Muscetta.
Nel 1973 mi sono sposata con il dott. Carlo Giannetto, bancario; l’anno successivo è nata mia figlia Ambra.
Abilitata nel 1976 all’insegnamento di Materie letterarie e Latino, nel 1979 ho vinto il concorso a cattedra per l’insegnamento di Materie letterarie negli Istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
Dall’anno scolastico 1979/80 al 1989/90, ho insegnato presso l’Istituto professionale femminile di Stato “L. Mangano” di Giarre dove, di anno in anno, ho svolto la funzione di coordinatrice di varie classi nei Corsi di Disegnatrice e stilista di moda, Tecnico di laboratorio chimico e microbiologico e Grafico di Pubblicità, nonché quella di Vicario.
Mi sono impegnata nelle battaglie civili del movimento delle donne per i servizi, il consultorio familiare e per le rivendicazioni degli obiettivi volti a garantire pari opportunità tra uomini e donne.
Ho lungamente esplorato l’universo culturale tradizionale, con particolare attenzione rivolta a restituire, attraverso soluzioni linguistiche innovative, testimonianze dialettali di storia orale e storie di vita. Le mie pubblicazioni, tra storia sociale e rilevazione etnografica, sono dedicate a mestieri, pratiche sociali, credenze e riti dell’area jonico-etnea.
Nel 1990, ho frequentato presso la Certosa di Pontignano un corso di Scuola estiva di Storia delle donne, organizzato dalla Società Italiana delle Storiche e dall’Università degli Studi di Siena, dal titolo Dote e matrimonio e sono diventata socia della Società.
In questo ambito ho continuato a studiare la trasformazione dei ruoli nella famiglia contadina, la trasmissione dei saperi femminili e figure di popolane e scrittrici, per restituire alla memoria collettiva le donne fin qui escluse dalla storia.
Nell’anno scolastico 1991/92 ho insegnato Materie letterarie e Latino presso l’Istituto Magistrale di Castiglione di Sicilia, sede coordinata del “Regina Elena” di Acireale, dove tra l’altro, ho partecipato al corso di Informatica per docenti.
Dall’anno successivo sono stata titolare della Cattedra di Materie letterarie e Latino presso il Liceo scientifico “Leonardo” di Giarre, dove ho insegnato anche in corsi di sperimentazione scientifica (Progetto Brocca) e coordinato le attività d’Istituto volte a creare nei giovani una coscienza civile antimafiosa (L. R. 51/80).
I miei lavori di critica letteraria sono rivolti tanto allo studio di Autori siciliani come G. Verga, S. D’Arrigo, M. Coffa Caruso, quanto al repertorio classico. In quest’ultimo ambito ho rivolto il mio interesse a studiare i rapporti che intercorrono fra testi dei grandi della letteratura italiana e quelli degli Autori del mondo classico, soprattutto latino.
All’indomani della strage dei giudici Falcone, Morvillo e Borsellino e degli agenti di scorta, ho fondato a Fiumefreddo di Sicilia il comitato dei lenzuoli contro la mafia (Catania – Messina) e da quel momento ho portato avanti iniziative volte a diffondere i valori della cultura della legalità.
Nel dicembre 1993 sono stata eletta sindaco del Comune di Fiumefreddo di Sicilia, in una lista civica, denominata “Condividere i valori”, che ha raccolto associazioni di volontariato, di categoria, professionali e della cosiddetta “società civile”, nonché i partiti di centro-sinistra.
L’esperienza della prima legislatura è ben sintetizzata nel libro di Luciano Mirone Le città della luna, otto donne sindaco in Sicilia, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino Editore, 1997.
Mi sono sempre ispirata ai valori della tutela e della salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, impegnandomi nelle battaglie condotte dal WWF e da Lega Ambiente.
Nell’anno scolastico 1993/94, sono stata ammessa al Dottorato di ricerca in Scienze letterarie e linguistiche, di durata triennale, che ho frequentato fino al conseguimento del titolo, discutendo la tesi Una poetessa “nel prestigio del Magnetismo”: Mariannina Coffa Caruso (1841-1878), che ha in appendice l’epistolario amoroso della poetessa e del musicista Ascenzo Mauceri.
L’inedito ha meritato, nel dicembre 1997, il premio “Franca Pieroni Bortolotti”-VII Edizione, organizzato dal Comune di Firenze (Assessorato Pubblica Istruzione -Progetto Donna) in collaborazione con la Società Italiana delle Storiche.
Sono stata riconfermata nella carica di Sindaco con le elezioni del dicembre 1997 con la lista di associazioni e dei partiti di centro-sinistra, denominata “Progetto per Fiumefreddo”.
Nella carica ho cercato sempre di rispettare il patto stretto con gli elettori, attuando i punti programmatici più salienti secondo questi principi ispiratori:

centralità dei cittadini;

responsabilità di governanti e governati;

la politica come servizio;

immagine del comune;

integrazione dell’individuo nella famiglia, nella scuola, nella comunità;

certezza delle regole;

trasparenza e partecipazione democratica;

corresponsabilizzazione della macchina burocratica per l’efficienza dei servizi;

equilibrio finanziario e investimenti per lo sviluppo;

sviluppo economico dal basso contro disoccupazione e assistenzialismo;

solidarietà e tutela dei diritti dell’infanzia, dei giovani, degli anziani, dei disabili.

Nel 1999 ho ricevuto un riconoscimento per la mia attività amministrativa dalla sezione catanese dell’associazione Soroptimist International.

Nel febbraio del 2000, ho fondato con alcuni imprenditori locali l’associazione antiracket A. F. A., intitolata a Carlo Alberto Dalla Chiesa.

Attualmente ricopro l’incarico di Supervisore di tirocinio presso la SISSIS (Scuola di specializzazione all’insegnamento nelle secondarie superiori) dell’Università di Catania.

Sono testimonial della campagna dell’Arcidonna per la democrazia paritaria.

Recentemente ho ricevuto il premio per la cultura “Rosa Balistreri”- II edizione dalla FIDAPA di Giardini Naxos.
-
Fonte: http://www.marinellafiume.it/chi_sono.htm

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:35 da Massimo Maugeri


Torniamo al post…
Come ho scritto, il tema che vorrei affrontare – in parallelo con la discussione sul romanzo di Marinella – è quello della violenza ai minori e della imputazione della colpa… mettendo in relazione la colpa individuale con quella collettiva.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:37 da Massimo Maugeri


Vi ripropongo le domande volte a favorire la discussione…

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:37 da Massimo Maugeri


1- La condanna di Giovanni appaga un’intera società, sebbene anche l’amante sia colpevole del delitto di procurato aborto (confessato ma da cui andrà assolta per carenza di prove).
Che rapporto c’è tra colpa individuale e colpa collettiva?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:38 da Massimo Maugeri


2- Victor Frankl (1905-1997), medico e psichiatra, filosofo e psicoterapeuta, saggista e conferenziere di fama mondiale, fondatore della logoterapia, scampato ai lager nazisti diceva: “Signori e signore, vi prego in quest’ora di ricordare con me mio padre, che morì nel lager di Theresienstadt; mio fratello, che morì nel lager di Auschwitz; mia madre, che finì in una camera a gas di Auschwitz; e la mia prima moglie, che perse la vita nel lager di Bergen-Belsen. E tuttavia devo chiedervi di non aspettarvi da me una sola parola di odio. Chi mai dovrei odiare? Io conosco soltanto le vittime, non i carnefici, quantomeno non li conosco personalmente – e io rifiuto di dichiarare qualcuno collettivamente colpevole. Una colpa collettiva infatti non esiste, e io questo non lo dico oggi, l’ho detto fin dal primo giorno in cui fui liberato dal mio ultimo campo di concentramento” (Cit. in: Paola Giovetti, Victor Frankl. Vita e opere del fondatore della logoterapia, Edizioni Mediterranee, Roma, 2001, p. 54).
Siete d’accordo? Esiste o non esiste una colpa collettiva?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:38 da Massimo Maugeri


3- La voce di Aida viene messa a tacere dalla violenza e dalla paura. Ma viene riportata in vita dalla poesia del cantastorie Orazio Strano e di Marinella Fiume. Che rapporto c’è tra violenza e poesia?
C’è una correlazione sanante e necessaria oppure, come si domandava il poeta tedesco Friedric Holderin: “A che (servono) i poeti in tempo di povertà?”

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:39 da Massimo Maugeri


Vi accennavo alla presenza di “ospiti speciali”.
Ve li presento…

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:40 da Massimo Maugeri


Il primo ospite è l’avvocato Maria Suma, di Avola.
Maria è un esperta sul tema “violenza ai minori”.
Vi indico alcune delle sue esperienze sul campo:

• Socio fondatore e vice-presidente dell’Associazione METER Onlus di don Fortunato Di Noto.
• Consulente giuridico-legale dell’Associazione METER Onlus.
• Socio fondatore dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia – Sezione Territoriale di Siracusa.
• Docente nei Corsi di Formazione per Operatori e Volontari degli Sportelli Meter, organizzati dall’Associazione METER Onlus
• Partecipazione al gruppo di lavoro Internet@Minori per la stesura del Codice di Autoregolamentazione Internet e Minori presso il Ministero delle Comunicazioni
Roma, Marzo-Novembre 2003.
• Partecipazione come relatrice al Convegno “ I minori: i diritti violati”, organizzato dalla F.I.D.A.P.A.-Sezione Palermo-Mondello
Palermo, 3 aprile 2004.
• Partecipazione come relatrice al Convegno conclusivo del Progetto “Crescere che fatica”, organizzato dall’Assessorato alla Cultura, sul tema: “Internet e sfruttamento sessuale dei bambini: normativa di riferimento”
Campolongo Maggiore (VE), 26 novembre 2004.
• Partecipazione come relatrice al Convegno sulla pedofilia dal titolo “Per non dimenticare”, sul tema: “ Normativa in materia di violenza e sfruttamento sessuale dei minori”
Ragusa, 24 novembre 2006.
• Partecipazione, con attività di formazione agli insegnanti della scuola primaria e secondaria di I e II grado, al Progetto “ Vincere la paura”- Interventi di sensibilizzazione e presa in carico per prevenire e trattare casi di maltrattamenti ed abusi sui minori ( area giuridica) – organizzato e promosso dalla Provincia Regionale di Siracusa
Siracusa, Anno scolastico 2005-2006.
• Partecipazione, con attività di formazione agli insegnanti della scuola secondaria di I grado, al Progetto “ Nessuno è escluso”- Progetto di sensibilizzazione sul disagio infantile ( area giuridica) – promosso dall’Associazione METER Onlus in collaborazione con la Direzione Servizi Socio-Sanitari del Comune di Catania
Catania, Ottobre 2007- Settembre 2008.
• Partecipazione, con attività di formazione agli alunni della scuola secondaria di I grado al Progetto “SMARRITI.NET”, organizzato e promosso dall’Associazione Italiana Genitori- Provinciale di Bergamo, sul tema: L’uso legale di Internet e delle nuove tecnologie. Breve viaggio tra condotte pseudolecite e reati informatici.
Bergamo, 1-4 Aprile 2008.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:43 da Massimo Maugeri


Qui, alcuni dei seminari a cui ha partecipato:
———-
Convegno “Bambini violati” organizzato dalla Provincia Regionale di Siracusa – Assessorato alle Politiche Sociali
Siracusa, 10 giugno 1999.
-
Convegno Nazionale “ I principi generali del diritto di famiglia”, organizzato dall’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia
Roma, 7-8 febbraio 2003.
-
Colloque « Trafic d’enfants à des fins d’exploitation sexuelle: l’Europe doit rèagir! » del Parlamento Europeo
Bruxelles, 28 gennaio 2004.
-
Convegno Nazionale « La parola ai bambini – La presenza dei bambini nei procedimenti giudiziari », organizzato dall’Unicef
Firenze, 29 aprile 2004.
-
Convegno Nazionale “Proteggere i bambini dallo sfruttamento sessuale – Riflessioni sulla legge 269/98 e sulle proposte di modifica”, organizzato da Unicef ed Ecpat Italia
Roma, 29 settembre 2004.
-
Tavola Rotonda e Conferenza dibattito organizzata dall’Osservatorio Cittadino e dai Comitati Bianchi in occasione della “ Marche Blanche, an 10”
Bruxelles, 21-22 ottobre 2006.
-
Convegno “ Le nuove vie della pedopornografia”, Quali rischi e quali pericoli nella rete Internet, organizzato dalla società cooperativa sociale Spazio Aperto Servizi di Milano
Milano, 7 giugno 2007.
-
Convegno “ Un anno di riforme nel diritto di famiglia: bilanci e prospettive”, organizzato dall’AIAF Sicilia
Catania, 28-29-30 giugno 2007.
-
Incontro di formazione “ La difesa tecnica nei giudizi minorili alla luce dell’entrata in vigore delle norme processuali della L. 149/2001” organizzato dalla Camera Minorile di Catania
Catania, 8 febbraio 2008.
-
Incontro di formazione “ Amministrazione di sostegno” organizzato dalla Camera Civile di Siracusa
Siracusa, 22 febbraio 2008.
-
Convegno “Pedopornogragfia on line. Il divenire del fenomeno, prevenzione, percorsi giudiziari e di cura” organizzato dall’Associazione Prospettive di Trento
Ravina (TN), 9 maggio 2008.
-
Incontro di formazione “Abusi, limitazioni e decadenza della potestà: aspetti civili e penali” organizzato dall’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia – Sezione Territoriale di Siracusa
Siracusa, 15 maggio 2008.
-
Incontro di formazione “La fase presidenziale nella separazione e nel divorzio”organizzato dall’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia- Sezione Territoriale di Messina
Messina, 31 maggio 2008.
-
Incontro di formazione “ Rifiuto e rinunzia consapevole del trattamento sanitario nel rapporto paziente medico” organizzato dalla Camera Civile di Siracusa
Siracusa, 23 gennaio 2009.
-
Incontro di formazione “ Il mantenimento dei figli legittimi e naturali. Aspetti sostanziali e processuali ” organizzato dall’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia – Avvocati di Famiglia – Sezione Territoriale di Siracusa
Siracusa, 23 marzo 2009.
-
Incontro di formazione “ Il minore testimone-persona offesa. Genuinità della prova tra istanze di tutela e garanzie del contraddittorio” organizzato dalla Camera Minorile di Catania
Catania, 3-4 aprile 2009.
-
Incontro di formazione “ I procedimenti cautelari e possessori” organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Siracusa
Siracusa, 22 maggio 2009.
ANGLOFHONE BISHOPS’ CONFERENCE 2009 sul tema della pedofilia e della pornografia infantile
Città del Vaticano, Roma 1-5 giugno 2009.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:45 da Massimo Maugeri


Ricordo anche le pubblicazioni di Maria Suma
• Opuscolo L’Abuso, realizzazione a cura della Provincia Regionale di Siracusa all’interno del progetto “Vincere la paura”( 1^ Edizione, 2005); realizzazione a cura dell’Associazione METER Onlus ( 2^ Edizione, 2006 – 3^ Edizione 2008).
• “Disamina della casistica attinente alla responsabilità delle persone giuridiche nei reati di pedopornografia on line in Italia e in Europa” , in I Quaderni di Meter, N. 2/2005, realizzazione a cura della Associazione METER Onlus.
-
e il seguente riconoscimento: Premio “ SICILIA 2008”, XV Edizione, per l’impegno a tutela dell’infanzia
Baia Samuele – Scicli (RG), 5 Gennaio 2008.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:50 da Massimo Maugeri


L’altro ospite speciale (nella speranza che possa avere la possibilità di intervenire) è Don Fortunato di Noto (che molti di voi conosceranno).
Ecco una sua breve biografia.

Don Fortunato Di Noto nasce ad Avola (Siracusa) il 18 febbraio 1963. Nel settembre del 1984 entra in Seminario, nella diocesi di Noto ed inizia gli studi filosofici e teologici presso la facoltà teologica «S. Paolo» di Catania. Prosegue, poi, la sua formazione presso l’«Università Pontificia Gregoriana», conseguendo la licenza in «Storia della chiesa». Il 3 settembre 1991 viene ordinato sacerdote. Dal 1995 è parroco della parrocchia Madonna del Carmine di Avola.
Insegna in diversi istituti siciliani e, dal 1991, è professore ordinario di storia della chiesa alla Pontificia Università Teologica di Santa Croce di Roma, sede periferica di Noto. In ambito di tutela dei minori e di lotta alla pedofilia, oltre che fondatore dell’associazione Meter è stato consulente tecnico in varie procure italiane per delicate indagini sul fronte della criminalità pedopornografica e dello sfruttamento sessuale dei bambini.

A livello istituzionale ha rivestito importanti incarichi: membro dell’Osservatorio nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza; consulente del ministero delle Comunicazioni per le politiche dell’infanzia, membro effettivo del Comitato di garanzia e tutela Internet@Minori che fa capo a tale ministero e membro del comitato scientifico «Ciclope» della presidenza del consiglio dei ministri. Dal 2004, è membro del comitato scientifico della polizia postale e delle comunicazioni, contro il fenomeno della pedofilia e della pedopornografia; e, nello stesso anno, è diventato membro del comitato scientifico dell’ICAA (International Crime Analysis Association).

Numerosi sono i riconoscimenti nazionali ed internazionali che sono stati consegnati a don Di Noto, fra cui l’alta onorificenza di «Cavaliere della repubblica italiana» per l’impegno profuso nei confronti dell’infanzia. Al suo attivo ha numerosi articoli e saggi in riviste nazionali e internazionali sul tema dello sfruttamento sessuale dei minori, nonché è autore di importanti testi.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:52 da Massimo Maugeri


Più avanti, magari, fornirò ulteriori informazioni su don Fortunato.
Per il momento mi preme sottolineare il fatto che Marinella Fiume, nei giorni scorsi, è stata ospite del salotto letterario che Simona Lo Iacono conduce a casa propria (a Siracusa).
Passiamo, dunque, da un “salotto reale” a un “salotto virtuale”.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:55 da Massimo Maugeri


Simona Lo Iacono, vi dicevo, mi darà una mano a condurre e ad animare questo post.
Lascio la parola a lei… e a voi, per i vostri interventi.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 16:56 da Massimo Maugeri


Salve, sono marinella Fiume, ho avuto difficoltà nel co9llegamento prima. Intanto vorrei ringraziare Massimo Maugeri e Simona Lo Iacono per aver voluto puntare l’obiettivo sul mio libro e aver invitato persone d’eccezione come don Di Noto e l’avv. Maria Suma che conosco “da lontano” e apprezzo molto. I temi posti sul tappeto sono tanti e inquietanti, non so se sono adeguata a dare una risposta, so però che ho scritto il mio libro anche per questo, per allontanare dal capo dei bambini la violenza, l’abuso e la morte, io sono una donna e sono una madre, scrivere questo libro ha significato per me anche trattenere un po’ “sul limitar di Dite” questa bimba, come tanti altri bimbi annientati da una violenza tanto cieca quanto stupida e insensata, perchè quello della mia Iduzza è stato il delitto di un Giufà, non meno esecrabile per questo, ma sempre di un Giufà.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 17:42 da marinella fiume


La società ha iniziato a rendersi conto che i rapporti tra adulto e bambino non sono sempre improntati all’affetto e al rispetto, che la decantata tenerezza verso l’infanzia è a volte sostituita o coniugata con violenze di vario tipo, che l’amore verso il fanciullo non impedisce l’esplosione di odio e di aggressività dell’adulto verso chi disturba ed è percepito come rivale negli affetti, che il concetto di aiuto alla crescita è spesso sostituito da un senso di proprietà che si estrinseca nella convinzione di poter fare del figlio ciò che si vuole. È da sottolineare, infine, che, sebbene l’abuso sessuale sia la forma più evidente di violenza, esiste una gamma svariata di comportamenti molto più subdoli, difficili da scoprire, che conducono comunque a bambini psicologicamente bloccati, anche se non fisicamente abusati .
Sia sul piano civile che penale, sono state approvate molte leggi a tutela dell’infanzia e del minore (ad esempio quella sulla pedofilia e sullo sfruttamento sessuale), con particolare attenzione ai pericoli a cui il minore può essere esposto proprio all’interno della famiglia.
Dal punto di vista penalistico, l’ordinamento giuridico ha formulato alcuni articoli volti alla tutela dei minori, ed in particolare l’abuso di mezzi di correzione e di disciplina (art. 571 c.p.) ed i maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.).

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 17:46 da Giusy Garozzo


Dimenticavo di dire che ho pubblicato degli articoli sul maltrattamento in famiglia sul web

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 17:54 da Giusy Garozzo


… e che sono un medico.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 17:58 da Giusy Garozzo


Questa coscienza è tuttavia piuttosto recente, io mi occupo nel mio romanzo della Sicilia degli anni Trenta, nella quale il fascismo cerca in qualche modo di modernizzare la famiglia contadina, che non è esattamente quella bella famiglia patriarcale, amorevole, ordinata e morigerata che alcuni pensano, basti pensare al fenomeno dei proietti, all’abbandono dei bambini alla ruota e ai figli illegittimi ampiamente messi in luce nell’inchiesta di Franchetti e Sonnino. La campagna demografica del duce a fini imperialistici comporta la necessità di “riempire le culle”, da qui l’”imborghesimento” della famiglia contadina e in un certo senso la necessità di portare ordine al suo interno…

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 18:06 da marinella fiume


Il romanzo di Marinella Fiume fa riflettere sulla miseria che può coinvolgere, talvolta, la famiglia. La famiglia che non protegge i suoi minori, che li vede come fastidiosi e d’intralcio. La famiglia dell’era fascista, ma anche la famiglia odierna può essere come la famiglia di Aida. Padre assente, giustificato dal regime e dalla storia del maschilismo, che da responsabilità solo alle donne, madre insicura e incapace di amare la figlia e se stessa. La famiglia, oggi sempre più in crisi, sola e sorda alla richiesta di aiuto dei minori. incapace di dialogo, di ascolto, di serenità. La solitudine e l’egoismo oggi predominano tra i membri delle famiglie. E’ un panorama sempre più squallido quello che si affaccia attorno alle famiglie. Tuttavia Aida Celeste sa riportare con la pietà, la spes. Dalla scrittura di Marinella Fiume emerge l’amore che Aida non ha avuto la fortuna di ricevere dalla sua mamma e dal suo cognatino che amava come un padre. La piccola Aida, ha un posto nella letteratura come testimone vivente della storia, nella famiglia dolente dell’umanità.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 18:10 da mirella mascellino


Cara Marinella, intanto bentornata a Letteratitudine. Dò anche il benvenuto a Giusy Garozzo e Mirella Mascellino.
Rinnovo i complimenti a Marinella per questo suo romanzo, bello e fondamentale.
E ne approfitto per porre a tutte e tre le domande “generali” di questo post (sperando che vi vada di rispondere):
- Che rapporto c’è tra colpa individuale e colpa collettiva?
- Esiste o non esiste una colpa collettiva?
- A che (servono) i poeti in tempo di povertà?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 18:19 da Massimo Maugeri


Simona dovrebbe intervenire più tardi. E in serata farò partire la mia newsletter per “lanciare” questo dibattito che durerà per tutto il corso della prossima settimana.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 18:20 da Massimo Maugeri


Salve, sono Gabriella, insegnante di italiano in un Liceo scientifico e amica dell’autrice. Vorrei entrare nel tema dicendo che Sciascia titola un suo romanzo assai vicino per temi e atmosfere a “Celeste Aida” di Marinella Fiume “Porte aperte”, modo di dire che è la metafora di un mondo pacificato e riordinato dall’azione maschia e vigorosa del regime. Per noi, però, oggi, la rievocazione del romanzo spalanca altre porte all’insegna del rovesciamento, ci dice tra le righe che ogni medaglia ha il suo rovescio: la semplicità arcaica del mondo rurale ha il suo rovescio nell’ignoranza, nell’ipocrisia, nella ferocia dei luoghi comuni. E ci dice che gli orchi si nascondono in ognuno di noi e che l’infanzia in ogni tempo e a ad ogni latitudine allora come ora è fragile indifesa come un’ala di farfalla. Come dire che le porte sono sì aperte, ma spalancate sull’abisso.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 18:29 da Gabriella Gullotta


Cara Gabriella, grazie anche a te per il tuo intervento. E benvenuta a Letteratitudine.
-
Per il momento devo chiudere.
Auguro a tutti una buona serata.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 18:43 da Massimo Maugeri


Certo, le responsabilità sono sempre individuali, ma, come dice un proverbio arabo, l’uomo assomiglia al proprio tempo più di quanto non assomigli ai propri genitori, e dunque c’è un clima, ci sono delle condizioni e sono sempre storiche in cui si verificano gli eventi, c’è una mentalità, anche collettiva, un’opinione pubblica, una legislazione e infine c’è una volontà politica chye prevale specie sotto un regime. Nella prima pagina del mio romanzo scrivo che sulla facciata di un palazzotto a due piani c’è questa frase del duce:”Solo Dio può cancellare la volontà fascista, gli uomini e le cose mai!” firmato Mussolini. Questa frase non me la sono inventata e avrà un peso nel processo e nella sentenza.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 18:46 da marinella fiume


Se penso ad un bambino,o ad una bambina, maltrattato o maltrattata,penso ad un bambino, o ad una bambina, che non sono stati protetti dalla propria madre.Per sfortuna,per fatalità, per colpa,per indifferenza o per volontà criminale.In letteratura,già il maschilista un po’ iettatore che era Giovanni Verga,aveva inventato la ‘Gna Pina,la Lupa che,incurante dei sentimenti della figlia,le si mette contro per coltivare una forma particolare del proprio egoismo. Marinella Fiume,con la maestria della grande scrittrice senza pregiudizi, ci racconta la storia vera di Giuseppina Ucciardello nel suo ultimo libro “Celeste Aida”,pubblicato da Rubbettino. Anna Ruggieri

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 19:00 da Anna Ruggieriruggerc9@avvocatoruggieri.191.it


Il rapporto tra colpa individuale e colpa collettiva diventa sottile, pensando allo status della famiglia durante il regime. La colpa del singolo viene giustificata all’interno della collettività, viene rinviata ad essa. Come se ci fossero delle condizioni che determinano certi atteggiamenti e causano orrori. non so se riesco ad essere chiara.

Esiste si una colpa collettiva, quando gli individui sono accecati dalla ragion di stato e non vedono la verità e la realtà, hanno paura di accettarla, di riconoscerla.

I poeti servono in ogni epoca perchè vedono meglio la realtà, comprendono la verità, consolano e confortano l’uomo, riscaldano l’animo e alleviano la solitudine.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 19:01 da mirella mascellino


Sono assolutamente d’accordo con quello che ha scritto Marinella, anzi aggiungo quanto scrive il criminologo dott. Saverio Fortunato nel suo articolo “i delitti in famiglia” riferendosi all’oggi:
«Siamo alla perdita del senso del valore della vita, all’impossibilità di immaginare il futuro per sé e per gli altri, alla litigiosità compulsiva. La politica è diventata SpA, cordate di comitati d’affari ed elettorali, incapace di guardare al sociale, per cui tutto ormai è un fatto privato: l’omicidio, il suicidio, lo sfratto, il lavoro, la fame, la miseria, la malattia… Ma nel privato, ognuno trova la soluzione a modo suo».
Il che significa che la colpa è sì individuale ma anche collettiva…

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 19:21 da Giusy Garozzo


Ringrazio Marinella, Mirella e Giusy per le ottime risposte.
Un saluto di benvenuto e un ringraziamento anche ad Anna Ruggieri.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 21:53 da Massimo Maugeri


In effetti, il pensiero di Victor Frankl, scampato ai lager nazisti, che nega l’esistenza di una colpa collettiva sembrerebbe piuttosto paradossale.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 21:55 da Massimo Maugeri


Carissimi, cara Marinella, caro Massi,
grazie per gli spunti di riflessione e della possibilità offertami di parlare della commistione tra diritto e letteratura nell’ambito di un tema delicatissimo: quello della violenza su un minore.
Il libro di Marinella offre moltissimi spunti: letterari, sociologici, giuridici, umani e mi da’ subito modo di riflettere sulle varie tipologie della colpa.
——–

Infatti da un punto di vista strettamente filosofico esistono almeno quattro tipi di colpa: criminale, morale, politica e metafisica. Dal punto di vista criminale e morale si può giudicare sempre soltanto la persona singola, mai una collettività; proprio i nazisti pretendevano che non ci fosse distinzione tra i singoli tedeschi e il “Volk” e sterminavano in nome dell’appartenenza ascrittiva.
Diversa – per altri filosofi – è la colpa politica:per tornare all’esempio dei tedeschi, essi sono collettivamente responsabili, in diverse gradazioni, dell’ascesa e delle azioni del regime che hanno, se non attivamente sostenuto, tollerato così come gli apolitici sono responsabili di quello che hanno permesso che si facesse con la loro astensione. In ultima analisi “un popolo è responsabile per la propria forma di governo”.
Tuttavia “c’è anche una colpa collettiva, dal punto di vista morale, nella maniera di vivere di una popolazione, maniera di vivere alla quale io come singolo prendo parte”. In questo caso l’adesione alla mentalità dominante, ai costumi degradati, alla giustificazione di contegni oggettivamente opposti alla dignità umana, comporta una responsabilità.
Infine, per alcuni filosofi, c’è la colpa “metafisica”. L’appartenenza pregiuridica e prepolitica a una comune umanità fa sì che se “mi sono trovato presente e sopravvivo, dove un altro viene ucciso, in me parla una voce che mi dice che la mia colpa è il fatto di essere ancora vivo” e “gli uomini, in una forma o nell’altra, devono assumere la responsabilità di tutti i crimini commessi dagli uomini “.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 21:58 da simona lo iacono


Sono d’accordo con Mirella quando scrive: “La colpa del singolo viene giustificata all’interno della collettività, viene rinviata ad essa”.
In altri casi, addirittura, (ed è quello di molti regimi) si punta persino ad “anestetizzare” (o, addirittura, ad annullare) la colpa collettiva utilizzando come giustificazione l’esistenza di un presunto “interesse superiore”.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 21:59 da Massimo Maugeri


In diritto , invece, “La responsabilità penale è personale” (articolo 27 della Costituzione italiana del 1948 al primo comma che rinvia nel dettaglio alla disciplina dettata dall’articolo 40 e seguenti del codice penale).

Al secondo comma dell’articolo 27 della Costituzione è espresso il principio di presunzione dell’innocenza sino a prova contraria e si rinvia la materia alla disciplina del codice di procedura penale (c.p.p.60,648ss.).

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:01 da simona lo iacono


Ed ecco, Simona…
Grazie a te per questo tuo interessantissimo commento in cui analizzi “la colpa” dal punto di vista criminale, morale, politico e metafisico…

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:01 da Massimo Maugeri


E, ovviamente, giuridico…:-)

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:02 da Massimo Maugeri


In merito alla presunta esistenza di un “interesse superiore” a cui facevo riferimento nel mio commento qui sopra, mi viene in mente quanto sostenuto da Etienne De Greef (1898-1961), professore di psichiatria all’università di Lovanio, che scriveva: “L’interesse superiore è sufficiente per bloccare qualsiasi reazione di simpatia nei confronti delle vittime più innocenti e degne di pietà… La nozione di interesse superiore rende immediatamente insensibili le nostre coscienze, che presentano una resistenza minima a questa anestesia. E’ in nome della libertà, della giustizia e della morale e persino dell’amore del prossimo che viene commessa la maggior parte dei crimini. Sappiamo oggi che un popolo civilizzato può, senza per questo temere la benché minima rimostranza seria da parte di un’altra nazione civilizzata, terrorizzare, derubare e distruggere una minoranza etnica purché gli riesca non tanto di nascondere il fatto quanto di impedire che si sentano le grida o che si percepisca la disperazione delle vittime.”

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:04 da Massimo Maugeri


Infatti Massi: uno dei presupposti prodromici alla responsabilità collettiva è la cd “fuga dalla realtà”.
In questo non c’è dubbio che possa profilarsi una responsabilità politica dei regimi totalitari, raggiunta con mezzi di ogni genere. Propaganda nelle scuole, attraverso i filmati, attraverso corsi di formazione della classe insegnante e dirigente.
La formazione della mentalità collettiva è fortemente intrisa dell’indirizzo politico dei regimi. E viene incisa a un livello anche fantastico e immaginifico, con visionarietà e induzione all’illusione.
Possiamo dire che uno degli strumenti del’allentamento della capacità inibitoria, anche in diritto penale, è dato dalla forza dei desideri. Dalla capacità di strumentalizzare la naturale aspirazione al sogno.
Per questo spesso il reato è : la condanna dei propri desideri.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:06 da simona lo iacono


Vorrei tornare al romanzo “Celeste Aida” e porre una domanda a Marinella.
È una domanda che pongo spesso ai miei ospiti:
- Da quale idea, o esigenza, nasce questo tuo romanzo?
Come ti sei imbattuta in questa storia?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:07 da Massimo Maugeri


Simo, Marinella… come si innesta questa sorta di allentamento del concetto di responsabilità collettiva in “Celeste Aida”?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:09 da Massimo Maugeri


@ Simona
Simo, ci diresti qualcosa sulla scrittura di Marinella?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:11 da Massimo Maugeri


Ma Marinella compie un’operazione ancora più sottile.
Nell’escalation che porta Giovannino al delitto si insinuano silenzi, paure, condanne già scritte.
Giovannino è figlio di mali tempi e male speranze, teme “l’occhio della gente”, sa che mettersi contro le convenzioni, i riti nuziali, gli orari e le parentele vuol dire sfidare un gigante, un mostro.
La sua azione si muove in quel detto e non detto che è di molte famiglie, nei silenzi che coprono, nelle apparenze che sviano, nelle congiure bisbigliate tra piatti da lavare e fiati bassi.
Ecco.
Quando Aida inizia a parlare, a rivelare di aver visto i due amanti…quanta violenza intorno a questa bambina.
La più forte. La più tagliente.
Il silenzio.
Aida viene minacciata di essere mandata in collegio, di essere allontanata, di essere petulante.

Vorrei chiedere alla bravissima Marinella qanto è difficile scriverlo, il silenzio.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:15 da simona lo iacono


Per oggi devo chiudere qui. Difficilmente potrò tornare a intervenire prima di domani pomeriggio (o sera).
Lascio la conduzione del post nelle mani della nostra ottima SuperSimo letteraria (è da molto che non ti chiamavo così, eh?):-)
Auguro una serena notte a tutti.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:16 da Massimo Maugeri


Buona sera a tutti. Ho piacere di partecipare a questa discussione “virtuale”, avendo preso parte al “salotto reale” che ha visto protagonista di una intensa discussione Marinella Fiume, insieme a Simona Lo Iacono e Luigi La Rosa. Ringrazio, peraltro, Simona per avermi invitato a parteciparvi e la saluto, come anche saluto la sig.ra Fiume.
Bene, provo subito a dare il mio contributo alla discussione cercando di dare una risposta unica ai primi due quesiti proposti da Massimo Maugeri, che saluto.
Vedo che Simona ha da poco dato il suo prezioso contributo che è in linea con la mia riflessione che ho appena finito di scrivere e che di seguito riporto.
A mio vedere v’è una matrice unica tra le due figure di colpa proposte da Massimo. Un unico filo conduttore che, ella sostanza, elimina ogni apparente differenza.
Ciò credo sia vero, quantomeno, in presenza di delitti efferati, come l’infanticidio in argomento, che ritengo non possono trovare matrice in una logica criminale privata ed individuale, salvo il caso della follia criminale che certamente costituisce caso a se stante, non incluso nel mio ragionamento, che evidenzio con l’intenzione di renderlo riferimento “diverso” per capire meglio ciò che voglio esprimere.
Per essere sintetico. Questo tipo di azioni criminali sono il frutto di una società malata, che non sa dare migliori indicazioni ai propri consociati. Azioni del genere, seppure poste in essere da un singolo individuo e dirette in danno di un solo altro soggetto, sono comunque il segnale evidente che la società in cui vive l’agente è malata. E’ il contesto sociale in cui è integrato l’autore di queste specie di reati che è responsabile dell’azione criminosa. Per dirla attraverso la dicotomia cui hanno dato vita i teorici della “volontà” in contrapposizione ai giuristi sostenitori della teoria della “rappresentazione” – di cui Simona Lo Iacono ha sopra esaurientemente tracciato i principali lineamenti – è nella coscienza del contesto sociale in cui vive l’autore materiale del reato che già esiste l’evento. Per i teorici della “rappresentazione”, già solo nella sua previsione da parte dell’agente; per i sostenitori della teoria della “volontà”, come il punto di arrivo di una direzione della volontà dell’agente. In entrambe le posizioni idealmente contrapposte, a mio vedere, in una presa di coscienza che è presupposta, propedeutica, sia alla rappresentazione, sia alla volontà.
Voglio fare un esempio per spiegare meglio ciò che voglio dire. Quando un adolescente si toglie la vita, non è il giovane che ha fallito, ma il contesto sociale in cui è inserito. Perchè il suicidio è ugualmente un delitto (di se), considerato come evento negativo dall’ordinamento giuridico italiano (l’art. 580 del codice penale punisce l’istigazione al suicidio, il rafforzamento del proposito suicida, nonché l’agevolazione in qualsiasi modo del suicidio altrui).
Quando vengono commessi fatti riprovevoli come l’infanticidio, o estremi come il suicidio, non possiamo non comprendere che è una sconfitta di questo primate che è l’Uomo (homo sapiens sapiens), perchè per quanto raziocinante sia, pone sempre in secondo piano il bene principale di cui è dotato: la vita, altrui e anche propria.
Nella nostra società, purtroppo, non viene ancora insegnato che la prima cosa a cui dobbiamo aspirare è la vita. Basterebbe comprendere ciò per rendere tutto diverso e, forse (magari!), per ridurre i fatti efferati alle isolate volontà soggettive, deviate, folli.
Concludo però con un argomento contrario, sperando di dare ulteriore spunto a questa speciale discussione.
Ho sempre ritenuto che ogni reazione è personale nel senso che, potendo realizzare -come in un laboratorio- il medesimo elemento esterno provocatore della reazione, potremo sperimentare che, di regola, cambiando il soggetto che riceve tale identica provocazione, la reazione sarà diversa perchè è personale del soggetto.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:19 da Pietro Aglianò


Caro Massi
Marinella è riuscita, da un punto di vista letterario, a rappresentare quella che in diritto penale viene chiamata “progressione criminosa”.
E’ sociologicamente dimostrato che il superamento del limite abbasa la cd “coscienza dell’illiceità” ossia la capacità percettiva della condotta.
Non è che l’agente non si rappresenti l’evento, ma non lo stima “antigiuridico”, nel senso che la sua illiceità viene ritenuta strumentalmente necessaria al raggiungimento dei propri obiettivi (dei propri desideri).
Ecco perchè ho definito il reato la condanna dei propri desideri…

Di questa condanna dei propri desideri ci potranno parlare meglio l’avvocato Maria Suma, di cui sopra hai presentato il curriculum, da me conosciuta in tribunale per la sua meritoria attività a difesa della minorità in genere, e don Fortunato Di Noto, che da anni conduce una battaglia morale e umana proprio contro la condanna dei desideri…

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:20 da simona lo iacono


Prima di chiudere non posso non salutare (e ringraziare per il prezioso commento) l’amico Pietro Aglianò (che esercita ottimamente la professione di avvocato).
-
Adesso chiudo davvero.
A te, Simo (ancora grazie… anche per il precedente commento).
E a voi.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:23 da Massimo Maugeri


Quindi, perchè non pensare altrettanto nell’analisi prima svolta e concludere che davanti ad una società malata che fallisce il suo scopo principale è comunque il singolo autore l’unico colpevole, perchè sua è la reazione?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:25 da Pietro Aglianò


Grazie alla Dott.ssa Lo Iacono, che saluto affettuosamente, e a Massimo Maugeri per avermi invitato a questa discussione su un tema, quello della violenza sui minori, che da anni permea la mia vita e la mia professione. Quando ho iniziato la mia avventura con don Fortunato ero ancora studente, ma di fronte a quell’immagine di una bambina di 18 mesi violentata, fotografata ed immessa in Rete, che non mi ha fatto dormire per una settimana e che ancora oggi ho nitida nella mia mente, non potevo rimanere solo a guardare, a fare finta di niente o ad aspettare che fossero altri fare qualcosa. Da qui il mio impegno a tutela dell’infanzia contro ogni forma di violenza, di sfruttamento e di indifferenza. Di indiffernza, proprio così, perchè è l’indifferenza il male più insidioso e pericoloso che attanaglia una comunità di individui. E’ questa una forma di colpa collettiva, per rispondere alla domanda che veniva posta all’inizio. E l’indifferenza è maggiormente riprovevole quando è rivolta ai bambini.
Voglio complimentarmi con l’Autrice del romanzo, perchè riportando alla memoria una storia che appartiene al vissuto della nostra terra, ha dato l’opportunità a molti di riflettere sulla condizione dell’infanzia oggi, in una società “adultocentrica”dove i bambini sono considerati appunto “minori”, dove i bambini vengono ancora discriminati, ridotti a merce, violati. Sebbene, infatti, la maggior parte delle legislazioni nazionali e internazionali riconoscono la soggettività giuridca dei bambini e ne promuovono la tutela, tuttavia ancora oggi sono milioni i bambini vittime di violenza, in tutte le sue forme, specie quella sessuale.
Un diritto inattuato è un diritto inesistente!
La sfida di oggi, pertanto, non è solo giuridica o repressiva, ma soprattutto culturale; e la pubblicazione di un libro, come quello di Marinella Fiume, o momenti come questa discussione devono servire, in maniera proficua, a creare una nuova cultura , fatta non più di silenzi, di omertà , di sopruso e di potere sull’altro, in particolare quando l’altro è debole, piccolo, ma di rispetto, di accettazione, di dialogo, di Amore; devono essere capaci di creare una nuova “estetica”, quella della rivelazione dell’Amore trinitario compiutasi nella Pasqua di resurrezione del Crocifisso.
“Quale Bellezza salverà il mondo?” diceva Dostoevskij, per bocca dell’ateo Ippolit, nel suo romanzo L’idiota.
Quale bellezza salverà il mondo?
La bellezza che salva il mondo è l’amore che condivide il dolore, quello di milioni di bambini che gridano aiuto con i loro volti silenziosi; è l’esperienza di quella Carità che dona con gioia e suscita entusiasmo; è quella bellezza tanto antica e tanto nuova, che rapisce i cuori, li trasfigura e li rivolge a Dio.
E’ la bellezza della Speranza che salverà il mondo, che salverà i bambini.
E i bambini rivendicano questa Speranza, perché è nella Speranza che siamo stati salvati.
E l’esperienza di METER, in tutti questi anni, incarnando quella “mistica dello sguardo aperto” ai bisogni dei piccoli, dei deboli, della minorità, ha dato la Speranza a tante famiglie, a tanti bambini e a tanti uomini appesantiti dall’odio, ai quali la Bellezza della Vita è stata negata, ma ai quali quella Bellezza può essere ridonata.
E le esperienze di S. Maria Goretti e del suo assassino ne sono la testimonianza. Grazie a Marinella Fiume per la sua opera letteraria, veicolo di una memoria storica spesso offuscata, strumento di riflessione e di crescita, ma soprattutto monito per la nostra comunità sul fatto che la violenza ai bambini, in tutte le sue forme, è un gravissimo crimine contro l’umanità!
Maria Suma

minorenni

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:27 da maria suma


Grazie a te Massimo, buona notte.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:30 da Pietro Aglianò


Porgo un calorosissimo benvenuto al carissimo avvocato Pietro Aglianò (avvocato ma anche scrittore, musicista, artista) , e concordo con tutto quello che ha detto.
Non c’è dubbio che anche la legge indirizzi il contegno collettivo e anzi, lo preveda espressamente quale fattore educativo o intimidatorio.Nell’epoca fascista la legislazione era strumentale al regime (pensiamo agli incentivi alle nascite, all’idea di forza e virilità, al declassamento sociale di chi non si sposava – e che veniva colpito con apposite imposte).
C’è quindi uno strettissimo legame tra formazione della coscienza individuale e formazione della coscienza collettiva, legame che si rafforza in determinati periodi storici.
Nel processo esaminato da Marinella è esemplificativo che sia condannato solo Giovanni, mentre l’amante (pure rea confessa dell’aborto) viene prosciolta per carenza di prove.
E’ una circostanza, questa, che qui a casa, durante la discussione, ha indotto a una profonda riflessione (anche giuridica, dato che erano prsenti moltissimi avvocati)..

Mi piacerebbe che Marinella ci parlasse a tal proposito della ricostruzione giuridica di questa vicenda e della ricerca che ha affrontato per elaborarla in modo così compiuto.

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:31 da simona lo iacono


Rischio di sembrare ridicolo, lo so… ma non posso aspettare domani per ringraziare Maria Suma per il suo splendido intervento: terribile l’incipit, meravigliosa la conclusione.
Cara Maria, grazie per aver accettato di partecipare a questa discussione.
-
Di nuovo, buonanotte a tutti.
Simo, a te (e ancora grazie).

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:33 da Massimo Maugeri


E un abbraccio affettuoso anche a Maria Suma, avvocatessa ma ancor di più custode della minorità, dell’infanzia, dell’innocenza.
Tengo a dire che l’avvocato Suma è stata un dono del quale non finirò di ringraziare l’ufficio che dirigo.
Vorrei chiedere a lei e a don Fortunato di Noto quanto e in che modo il silenzio familiare possa coprire la violenza.
Nei dolorosi processi a porte chiuse in cui si giudicano abusi e violenze ai minori, ho avuto modo di constatare che è sempre il contesto familiare ad agevolare la perpetrazione del delitto pur senza una condotta precisa, ma anzi permeata di sguardi, di allusioni, di minacce velate o gridate , di sensi di colpa istigati a tutela “del gruppo”, del buon nome della famiglia.
Ce ne volete parlare?

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:39 da simona lo iacono


Buona nanna, Massi…e per stasera un abbraccio a tutti.
A domani!

Postato domenica, 2 agosto 2009 alle 22:41 da simona lo iacono


Buongiorno a tutti, come al solito arrivo in ritardo. Ho letto tutti gli interventi delle autorevolissime persone che hanno partecipato al dibattito. Ovviamente non può mai esserci una risposta unica e definitiva ma credo che quanto detto dall’amico Pietro Aglianò sia da condividere in tutto e per tutto.
E’ chiaro che le azioni di ogni uomo sono ampiamente influenzate dà ciò che è il comune sentire. Comportamenti e modi di pensare considerati disdicevoli in un certo periodo storico o in alcune culture, vengono poi accettate tranquillamente in tempi e luoghi diversi.
L’uomo è un animale sociale e non può prescindere dal giudizio collettivo e dal peso che questo ha sulle proprie vicende.
E questa coscienza sociale è strettamente legata al clima politico. Fra l’altro spesso i cambiamenti all’interno di una società avvengono senza soluzine di continuità e l’individuo ne è pervaso lentamente, salvo poi girarsi indietro e stupirsi. Per intenderci è come quando, vivendo a stretto quotidiano contatto con i nostri figli, non ne percepiamo la crescita fino a quando non guardiamo i vecchi filmini.
Vero è però, e anche in questo mi trovo d’accordo con l’amico Pietro, che la coscienza collettiva non influenza allo stesso modo tutte le coscienze individuali seppure coeve o conterranee. La responsabilità individuale è forte e per riagganciarmi a questo punto al bel libro di Marinella fiume se la povera piccola Aida avesse avuto la fortuna di trovarsi come cognato un uomo e non il Giufà di cui parla Marinella probabilmente non avrebbe fatto la terribile fine che ha fatto.
A proposito di Marinella Fiume, ho avuto la fortuna di incontrarla nel salotto di Simona Loiacono (che non ringrazierò mai abbastanza per gli splendidi incontri che organizza). Ne sono rimasta colpita in maniera circolare. Intanto è una donna affascinante e la foto che la ritrae come sindaco di Fiumefreddo non le rende merito. E come potrebbe una foto rappresentare l’abbaglio di una chioma di fuoco di una voce limpida, forte e mai monotona, di gesti aggraziati? Il dibattito seguito alla presentazione del suo libro è stato acceso e interessante. abbiamo parlato del romanzo storico, dell’importanza delle fonti, della necessità di un llinguaggio accurato….ma di questo abbiamo già discusso in una precedente newsletter. Buona giornata a tutti

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 08:21 da mavie parisi


Cara dott.ssa Lo Iacono,
Carissimi tutti,
è per me una gioia poter condividere “peniseri e parole” (felice espressione di una rubrica di Gianni Riotta (di diversi anni fa), considerazioni, sollecitazioni, riflessioni ed esperienza alla luce di un testo letterario.
Temi di vita che si intrecciano e che offrono l’occasione per cercare di guarire dalla solitudine che spesso attanaglia il cuore dell’uomo. La Rete ci permette di vivere in “comuninicazione” e quindi se è vero che la comunicazione rende vivente ogni cosa, allora tutto diventa più bello, anche quando possiamo raccontare il brutto, i volti sfigurati dell’uomo …. dei bambini.
La violenza è sempre frutto dell’antico peccato dell’uomo: diventare come Dio, essere Dio e incarna il volto disumano, non umano dello stesso uomo. Di noi.
Leggero il libro di Marinella Fiume. E risponderò ai quesiti posti alla luce della nostra (Meter) consolidata esperienza a tutela dei bambini e delle loro famiglie.
Per ora vi dico GRAZIE! E per credenti e non vi Benedico nel Signore. Ogni benedizione è dire bene dell’altro, ogni bene sia il bene della vostra vita.
don Fortunato

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 10:11 da don Fortunato Di Noto


Salve a tutti. Sono stato fuori sede e non ho potuto seguire il dibattito, desidero solo rivolgere un affettuoso saluto a Marinella e i migliori auguri per il suo splendido romanzo.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 10:45 da Salvo zappulla


Carissimo Don Fortunato, benvenuto!
E’ davvero una gioia ricevere la sua benedizione, ed è una gioia che a portarla qui, tra noi, sia un libro…
Segno che la letteratura e la parola hanno una incredibile forza evocativa, trainante. Che i libri sono creature vive, di corpo e di sangue, che continuano a dialogare con noi, a interrogarci, a provocarci.
—-
Concordo in pieno con la sua definizione di violenza come frutto dell’antico peccato dell’uomo, quello di sostituirsi a Dio. Di sovvertire l’ordine perchè sospinto dalla forza un proprio desiderio.
Un desiderio che non si incardina nell’armonia di un progetto, ma che travalica persino se stessi, quell’equilibrio che – prima di tutto – dovrebbe regnare nell’anima.
E tuttavia la comunicazione, il confronto, il taglio del silenzio, credo siano una base dalla quale iniziare. Come dicevo sopra, ciò che nei processi contro gli abusi mi ha sempre colpito è stato proprio il silenzio. Il non detto. La notte e la morte dell’anima di chi circonda la minorità.
Una volta durante un dibattimento (era contestata la violenza sessuale su due cuginette di sei e quattro anni da parte di uno zio) fui colpitadall’atteggiamento dai parenti intervenuti nel processo. Non uno sguardo d’amore per le due bambine.
L’attenzione era rivolta tutta all’imputato, all’unica parente che aveva denunciato il fatto e che aveva leso l’onore della famiglia.
Le stesse bambine, interrogate a porte chiuse e con l’ausilio di una psicologa, prma di parlare guardavano i volti delle madri, corrucciate e minacciose.
Subito dopo la sentenza furono allontanate dalle famiglie di origine e tutt’ora vivono con le suore.
Marinella ha dato voce a quel silenzio.
Ci vuole parlare del modo in cui Lei e la sua associazione affrontate l’omertà che circonda la violenza?
Un abbraccio di infinito bene anche da me.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 10:51 da simona lo iacono


Ciao Salvuccio! Auguri per il meritatissimo riconoscimento!

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 10:52 da simona lo iacono


Carissima Mavie…è vero, Marinella ha una personalità magnetica e calda. Seduce con i gesti, le parole, l’intonazione. Si offre generosamente al dialogo, alle risposte, ale interpretazioni. Ha un approccio con la ricerca meraviglioso, come viaggio e come destino, da incrociare e raccogliere, ridandogli vita.
Un bacio a te!

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 10:56 da simona lo iacono


@Simo. Non ho avuto il tempo di leggere i commenti ma so già che in mezzo a questa bellissima gente sei, come sempre, una regina.

PS. Se rinasco ancora sotto un cavolo, ti chiederò di adottarmi.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:01 da Salvo zappulla


Un altro bellissimo post. Letteratitudine diventa sempre più uno spazio indispensabile.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:05 da Margherita


- Che rapporto c’è tra colpa individuale e colpa collettiva?
Dipende. Credo sia un rapporto variabile che muta a seconda dei contesti. Pur immaginando una società perfetta, che non esiste, dovremmo comunque fare i conti con la presenza di individui che decidono di portare avanti attività criminose o deprecabili. In quel caso la colpa collettiva è tenue, o nulla. Viceversa, in una società corrotta, che non stigmatizza adeguatamente i comportamenti violenti o dannosi, la colpa collettiva è altissima.
Ma l’esistenza di una colpa collettiva riduce la colpa individuale?

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:10 da Margherita


- A che (servono) i poeti in tempo di povertà?
A farci prendere coscienza del fatto che abbiamo una coscienza

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:11 da Margherita


Tanti auguri alla Fiume per questo libro che spero di leggere al più presto.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:12 da Margherita


Caro Massimo,
Ringrazio Marinella Fiume soprattutto perchè in “Celeste Aida” ha fatto emergere la figura di Orazio Strano ormai considerato dai ripostesi e non soloi uno dei più grandi poeti e cantastorie di Sicilia, una ” leggenda ” della nostra storia locale, ed anche siciliana e nazionale, il maestro per eccellenza.Voglio ricordare che a Riposto è sorto da poco il Museo del Cantastorie, Una Associazione ed un giornale “il Cantastorie Siciliano” distribuito gratuitamente, fondato e curato da Luigi Di Pino, cantastorie ripostese, erede ormai del grande ” Arazziu Stranu “.
Vorrei soffermarmi, se mi consenti, su un tema di discussione che,personalmente, reputo molto interessante
” La voce di Aida viene messa a tacere dalla violenza e dalla paura. Ma viene riportata in vita dalla poesia del cantastorie Orazio Strano e di Marinella Fiume. Come si domandava il poeta tedesco Friedric Holderin: “A che (servono) i poeti in tempo di povertà?”
Ma a che servono i poeti in un tempo di povertà?
Credo fermamente che la poesia dia voce alla parola “prigioniera” che c’è in noi , ai sussurri e alle grida della nostra anima, perché l’anima spesso così si esprime, con sussurri e grida. Ed è proprio lì, a volte, proprio in quei poveri sussurri,RISIEDE tutta la nostra verità. L’esercizio dell’ascolto poetico può aiutarci a riscoprirla, ad alimentarne le sorgenti interiori, a rieducare le persone a percepirne l’eco, il gemito nelle profondità del loro cuore, lì dove stiamo quasi inconsapevolmente ribalbettando il mondo, come cantava Paul Celan, riformulandone cioè i tratti, risognandone tutta la bellezza.La parola poetica custodisce questo ricordo incoercibile di una nascita sempre attuale, sempre possibile, sempre presente e sempre futura. E in tal modo, ricordando la sostanza verbale e la vittoria finale dell’amore nonostante e dentro l’orrore , la poesia svolge il suo servizio all’umanità e al mondo.
“il cunto si è salvato per il suo ruolo sociale di memoria, per l’antica funzione epica della parola, è la capacità di rendere con la voce e teatralizzare una della componenti della parola, contraddistinguendosi da tutto il resto.”.
“I cantastorie siciliani tramandano la vecchia cultura Siciliana che vede nel delitto d’onore un gesto eroico, nel traditore ed infame l’essere reietto da odiare, una vecchia cultura popolare fortunatamente scomparsa con il cambiamento e la crescita culturale della società, ma che in egual modo ha portato via quell’aspetto “poetico-passionale” proprio della Sicilianità.
“Il Cantasto­rie si basava su fatti di cronaca come nel bellissimo racconto di Marinella Fiume,adoperando la maestria e una mimica particolare soprattutto nelle parti tragiche, gridando, lamentandosi e delle volte anche piangendo. La forza dei Cantastorie si basava soprattutto nel fascino del dramma nella narrazione di una storia carica di simbologia, perchè così diventa suscettibile di drammatizzazione e quindi di interesse per gli ascoltatori.
Penso che disperdere quelle storie equivalga a disperdere anche un pezzo della storia di ciascuno di noi. Ma, perché la memoria sia viva, occorre guardare con gli occhi stessi dei suoi protagonisti, mettere in fila i fatti, ricostruire le vicende, e la verità si mostra.Intendo il cantastorie come un narratore che “vive” il suo stesso racconto.
“I cantastorie siciliani in egual modo come i loro colleghi, giravano la Sicilia in lungo e in largo, li si notava soprattutto nelle grandi festività, nelle fiere, nei momenti di raccolta del grano o in altre occasioni come queste, quando la gente era più disponibile e poteva contribuire economicamente alla loro sussistenza. Intorno alla fine dell’ottocento non vi era angolo della Sicilia che questi non avesse raggiunto.”
Per il Cantastorie, lo spazio, a lui piu’ congeniale, e’ la piazza e soprattutto le fiere, dove trova un rapporto diretto con vecchi e giovani, come e’ nella tradizione ( una tradizione che e’ antichissima e risale al medioevo, con i suoi menestrelli ed i suoi “clerici vangantes” ).
Guardare al passato non vuol dire compiere un’operazione nostalgica; significa piuttosto osservare il mondo di ieri con un occhio attento al presente. E, in questo senso, essi svolgono da sempre un’attivita’ esemplare: cantare le vicende tristi e liete dell’umanita’ di ieri e di oggi.I luoghi contano,le piazze concorrono a creare il clima che si respira dal vivo, Il feeling con il pubblico e le emozioni che si riescono a condividere dipendono da tantissime variabili, e dal vivo questo impatto è immediato è una narrazione che vive anche dei dettagli aggiunti dal cantastorie stesso.
Che rapporto c’è tra violenza e poesia?
Quelli del cantastorie sono i sentimenti che provano anche i superstiti , quando le richieste di verità e giustizia vengono disattese da uno Stato – in molti casi implicato nelle vicende – distante e impenetrabile che si autoassolve, o si chiude a riccio per difendersi.
La figura del cantastorie ?
Mi viene da pensare a ciò che faceva mio nonno, figura mitica, quando si sedeva vicino al camino dopo cena, versava un bicchiere di grappa,metteva il tabacco nella pipa e raccontava. A volte erano storie già conosciute, ma lui sapeva renderle sempre nuove, sempre fresche e noi nipoti restavamo in silenzio assoluto, rapiti dalle sue parole, dai suoi gesti, dalla sua mimica; era come se fossimo catapultati dentro quelle storie: la guerra, i bom-bardamenti, i partigiani. Non bisognerebbe mai perdere lo spirito del racconto, della memoria che si tramanda.
Grazie e complimenti a tutti voi, un abbraccio infinito a Marinella
Ciao Massimo
Maria Allo

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:12 da maryline


Io il libro di Marinella l’ho letto e anche recensito. Inserisco la recensione per apportare il mio piccolo contributo al dibattito.

Celeste Aida
Celeste Aida strappata alla terra e volata in cielo come una dolce nota di Verdi. Celeste Aida recisa alla vita da una mano tanto stupida quanto scellerata. Anche in questo drammatico intenso romanzo Marinella Fiume continua il suo incessante impegno civile. Cos’altro è, se non atto di giustizia, dare corpo, identità e vita, attraverso un’opera letteraria, a una creatura realmente vissuta cui il destino ha negato una normale esistenza? Ma ci sono colpevoli in questa storia? Si può considerare del tutto colpevole un uomo la cui goffaggine, l’ignoranza, il vizio dell’alcol e l’istinto animale hanno armato la mano? E una donna giovane, piacente, lasciata sola dal marito emigrato in America, è colpevole se ha ceduto a un naturale, fisiologico, desiderio di amore carnale? Alla fine un avvocato particolarmente brillante riuscirà a fare assolvere la madre per il delitto della bambina. Ma può bastare l’assoluzione degli uomini per una madre costretta a portare sul fardello della propria esistenza il rimorso di un’infamia così grande? Cioè aver contribuito ad armare la mano dell’assassino. In questa vicenda sono tutti perdenti. Una società di derelitti, o di vinti, come li avrebbe chiamati il buon Verga. Nel suo romanzo (Rubbettino pagg.131, euro 8,00) Marinella, intrecciando drammatica narrazione e rigorosa documentazione, che si avvale di testimonianze e carte processuali, ha voluto riportare alla luce un episodio di cronaca avvento a Fiumefreddo nel 1933; la storia di una bambina sepolta viva dal cognato che aveva una relazione con la stessa madre della bambina. Nel mezzo le degenerazioni delle leggi fasciste, tutte tese verso una società maschilista che identifica nella donna il terreno fertile da inseminare per procurare all’Italia nuovi figli da educare alle dottrine del Duce. Un romanzo scritto con il cuore e con la mente, forte e perfettamente calato nel suo contesto storico, grazie anche al sapiente uso che Marinella fa del dialetto, un impasto linguistico di rara efficacia.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:31 da Salvo zappulla


Carissima Maryline,
grazie per questa meravigliosa testimonianza sui cantastorie. Anche a Camuti, nei pressi di Mineo, intorno alla storica pietra dei poeti, il grande Bonaviri ascoltava racconti serali, raccoglieva memorie, tesseva sogni.
Per chi volesse conoscere il cantastorie Orazio Srano, ecco un link:

http://lnx.murodelrock.com/wordpress/?p=444

E inoltre…
la poesia è quasi il nutrimento necessario della povertà. Nei tempi di guerra, di crisi, di aggressione dallo straniero, gli antichi viandanti greci, gli aedi, veleggiavano tra macerie e carestie, sollevavano l’uditorio con la forza dell’immaginazione, tramavano parole e bellezza sul pianto.Il cantastorie ha quindi alle spalle una tradizione di cantori contro le ombre, di inesausti viaggiatori del tempo e della speranza. Di esuli, anche. Perchè chi si offre di paese in paese, accetta di avere per compagni il cielo e il mare, braci di tramonti, assenze di braccia.
Ma il canto (o il cunto) appaga ogni solitudine. E restituisce, a chi ascolta, un senso. Un approdo.
—-
Ecco una definizione di aedo:
“L’aedo, nell’antica civiltà greca, era il cantore professionista. L’etimologia della parola viene dal greco “oδειν” cioè “cantare”. Egli era una figura sacra, era considerato un profeta, tradizionalmente ritratto come cieco in quanto, essendo tale non veniva distratto da niente e da nessuno e affinando le capacità sensibili poteva entrare in contatto direttamente con la divinità (attraverso gli occhi dell’anima) che lo ispirava, sviluppava quindi una capacità metasensibile (oltre i sensi). La sapienza che possedeva rendeva la capacità di vedere superflua, era un “invasato”, aveva il dio dentro, le Muse parlavano attraverso di lui.

L’aedo faceva parte della cosiddetta face to face society, la trasmissione dei testi avveniva oralmente, con una “performance” nella quale l’aedo era in diretto contatto con l’uditorio. L’aedo non disponeva di un testo scritto, dunque diveniva a sua volta compositore. La trasmissione orale richiedeva l’uso di un linguaggio chiaro e diretto, quindi vi è un grande uso di similitudini, il linguaggio è caratterizzato da uno stile formulare, caratterizzato da ripetizioni, la presenza in grande quantità di appellativi come i patronimici, nonché dei cosiddetti topoi, cioè luoghi narrativi: nel caso in cui l’aedo avesse dimenticato la strofa successiva, poteva “indugiare” su quella che stava ancora cantando usando questi ferri del mestiere. Gli aedi erano soliti narrare i poemi non per intero, per ovvie ragioni di tempo, ma a pezzi; dovevano in ogni modo possedere una buona memoria e una grande immaginazione. La funzione dell’aedo era duplice:aveva una funzione di memoria storica (attraverso i loro componimenti fissavano nella loro memoria tutte le conquiste che la civiltà aveva prodotto) ma anche profetica:si diceva che conoscessero le cose che furono, che sono e che saranno”.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 11:37 da simona lo iacono


Salve a tutti.
Mi piace la domanda di Massimo applicata a questo interessante romanzo e anche se comincio a essere davvero allergica all’invocazione alla Shoah per ogni dramma dal dito mignolo alle torri gemelle (orsù non è che manchino gli esempi malefici a sto monno eh.. MassimoPPPP) l’accostamento calza. Io non condivido troppo Frankl – con cui ho svariati aspetti in comune l’ebraismo et la psicologia – ma è utile.
Mi sembra importante ragionare sulla relazione del soggetto con il suo contesto storico, perchè se ne fa sempre una rappresentazione parziale. Si scrive sempre che noi siamo agiti dal contesto, ma si sottovaluta il fatto che quel medesimo contesto storico non cade dal cielo, ma è il frutto dell’alchimia tra le nostre individualità e il momento e il luogo in cui capitiamo. Cioè se per esempio oggi io ci ho il governo che ci ho, che io l’abbia votato o meno, io ho la mia corresponsabilità: nel modo di parlare e di essere con gli altri, nella gestione della mia quotidianità. Quando l’efferatezza vince, ci sono delle soggettività efferate obnubilate che producono una cultura. Allora bisogna rasgionare su duew piani, un piano individuale e certamente anche uno collettivo- il processo alla mentalità. Il processo alla mentalità è uno strumento politico e culturale di cui abbiamo il dovere di servirci.
Questo è un problema in tema di sud, e Sicilia. E libri di questo tipo sono molto utili per il lavoro della critica della mentalità. Spero che anche per il Nord, che di questi tempi sotto il profilo etico produce cose altrettanto raccapriccianti, ci siano libri e intellettuali che svolgano il medesimo lavoro.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 12:12 da zauberilla


solo per dirvi grazie. di iniziative culturali come questa discussione ce n’è proprio bisogno.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 13:44 da emilia aretino


Carissimi, un saluto di cuore a tutti. Nel porgere questo piccolo omaggio al GRANDE libro di Marinella Fiume, vorrei partire proprio dalle illuminanti parole della nostra Simona. Dalla sua splendida descrizione dell’aedo, il cantore delle gesta di un popolo, che testimoniava la grande sapienza della tradizione e quel sentimento di continuità che restituiva identità, rafforzava i legami di appartenenza a una determinata cultura e a un luogo ben preciso, creando dibattito intorno a un tema di pregnanza collettiva. Ma, aggiungerei ancora, che puntava al cuore delle emozioni e delle attese del pubblico, riaccendendo l’empatia per drammi che attraverso le sue parole si faceano daccapo vivi, vividi, icastici, accecanti di passione o di ira. Ed è quello che ha compiuto con la sua mirabile opera Marinella Fiume. Ha scavato quella stessa terra che ha dovuto coprire il corpicino senza vita di Aida. Ha scavato con le unghie, col sangue, restituendo al profilo esistenziale della giovane vittima – ma delle innumerevoli vittime che attaversano il filo della storia e della narrazione – pienezza, intensità, carisma. Ha fatto quello che ogni vero scrittore dovrebbe sempre fare: ridare complessità ai fatti, letti sotto i diversi livelli dell’interpretazione e della comprensione. Non c’è un solo strato, né un’unica dimensione dello sguardo. Non c’è una sola luce, e quella della scrittrice raccoglie i fatti attraverso una densa tramatura di chiaroscuri e di variabili ombre. Marinella Fiume ci parla del molteplice, del potenziale, del discutibile. E lo fa con rispetto, con misura, con senso della pietas e della verità, senza mai ergersi a tribunale della memoria, senza mai giudicare in alcun modo nessuno dei suoi personaggi. La sua esperienza – a metà strada tra reportage e romanzo puro – mi ricorda la scrittura di un altro grande genio di questo genere: Truman Capote. In “A sangue freddo” l’operazione che compie il suo spregiudicato e meraviglioso atto letterario non è dissimile da quello maturato tra le pagine di “Celeste Aida”. Credo si tratti di una grande lezione di Storia e di scrittura, soprattutto per la profonda attenzione, per il rispetto estremo, per la sacralità con cui la parola entra in territori difficilissimi e frastagliati, raccogliendone sintesi di giudizio, di intelligenza, di saggezza innegabile. Grazie a Simona per il suo bellissimo pezzo e grazie a Marinella, per l’esempio che ci regala. E’ da libri come il suo che abbiamo da imparare: la sua amicizia e la sua intelligenza ci fanno crescere. E grazie come sempre al padrone di casa, bravo Massimo. A prestissimo, un caro saluto e tanti auguri al Romanzo…

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 16:21 da Luigi La Rosa


Venivano sepolte vive le Vestali quando avevano rapporti carnali con un uomo violando la condizione di verginità alla quale erano obbligate. Ancora oggi, in certi paesi in cui vige l’estremismo religioso, vengono sepolte vive le adultere, o le ragazze che non rispettano le regole matrimoniali imposte dalla tribù. Fu sepolta viva dal suo amante, qualche anno fa, la ragazza incinta che voleva essere sposata. Mi pare che ci sia sempre una sorta di legame tra questo tipo di omicidio e un qualcosa di torbido, legato alla carne. Casualità? Oppure? Non conosco la storia raccontata da Marinella Fiume se non dalle righe che ho letto su questo post, non ho modo, quindi, di farmi un’idea del ruolo della bambina. Si è divertita a minacciare il cognato? Ha chiesto in cambio regali per stare zitta? Oppure si è sentita detentrice di un potere così forte da piegare ai suoi i voleri di due adulti? Ma quale forza, quale astuzia può avere una bambina di cinque anni? Quale pericolo può rappresentare per una coppia che ha vissuto in clandestinità un rapporto bandito dalla morale?
Più che interrogarmi sulle colpe individuali o collettive, mi piacerebbe spostare l’attenzione sulla bambina e il suo carnefice, sull’incoscienza che induce la bambina a tentare un gioco troppo più grande di lei, di cui non valuta il pericolo (non ne ha l’esperienza e neppure la malizia) e di cui assapora il proibito: l’avranno blandita prima di minacciarle il colleggio o altro, le avranno promesso doni… Un gioco. Che si fa sempre più cattivo. Perché cattivo è l’uomo che non ha mai avuto voglia di giocare. Perché gli adulti sanno che è proibito commettere azioni contro la Morale: ne va di mezzo la reputazione, l’onore, la rispettabilità, il buon nome della famiglia. I peccati si commettono al chiuso, al buio, se poi lo sguardo di una bambina diventa faro abbagliante che rischia di smascherare il Peccato di chi è la colpa? Degli adulti che non sono stati abbastanza vigili? Della passione che li ha indotti a trascurare ogni prudenza? Della bambina troppo curiosa?
Cosa scatta nella mente di un uomo prima che questi diventi un assassino? Quale necessità? Ogni azione ha una causa che la giustifica, se non altro nella mente di chi la commette. E la responsabilità è personale, è sempre personale: non si può delegare, non si può attribuire ad altri la conseguenza di un gesto che trova il suo fondamento nella volontà del singolo. Credo che per compiere azioni assassine si regredisca a un livello istintuale proprio degli esseri primordiali, perché è lì che scatta il bisogno di salvaguardare la propria sopravvivenza in senso lato, il proprio quieto vivere: se la bambina avesse parlato, se avesse raccontato, che ne sarebbe stato di quell’uomo? La sua soppressione è diventata per lui l’unica possibilità di salvezza. A prescindere dal fatto che fosse una bambina. Anzi, il fatto che lo fosse ha reso semplicemente più facile l’esecuzione. Perché i bambini giocano, non pensano a difendersi. Perché i bambini amano, specialmente coloro che fanno parte del nucleo familiare, e dunque non li temono, dunque non ritengono di doversi guardare dai lupi che gironzolano per casa. Perché i bambini sono ingenui. Non pensano che ci possa essere qualcuno che abbia il coraggio di metterli in una buca e coprirli di terra. Hanno la felicità dell’incoscienza, dell’immediatezza. Sono liberi. Perciò tanto più temibili. Perciò tanto più succubi. Perciò tanto più vergognosamente tormentati e usati e piegati e mercificati e zittiti: quando va bene con regalie, quando va male con un pugno di terra in bocca.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 17:07 da Anonimo


Il precedente non è il commento di un Anonimo ma il mio. Ho solo dimenticato di dare le indicazioni complete.
Tea

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 17:09 da Tea Ranno


Ringrazio tutti per le belle parole, sono orogogliosissima di avere ricevuto i commenti da parte di persone grandi, grandi perchè fanno quotidianamente il loro lavoro con passione e dedizione in un mondo non facilissimo (Don Fortunato di Noto, Simona Lo Iacono…). Forse sembrerà strano ma soffrivo mentre scrivevo questa storia e soffro ora nel parlarne, però mi sembra che questo sia lo scopo della letteratura (a che servono i poeti?) lo sanno bene scrittori come Tea Ranno o Salvo Zappulla o ancora la bravissima Simona o critici come Massimo e Luigi … Fare memoria è riconoscere profondamente le proprie responsabilità, anche di chi la fa mentre la fa, perchè avrà un senso che di questo orrendo assassinio non si sia parlato fino ad oggi se non episodicamente, è forse un atto di contrizione, di dolore, di pentimento, perchè senza riconoscimento delle colpe non c’è perdono, e infatti certe atrocità non finiscono mai. O fai memoria o non sfuggi alla colpa… è questa la morale ultima insita nello statuto stesso della letteratura, nella poesia…

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:06 da Anonimo


L’”Anonimo” sono io, scusate, mi è sfuggito l’invio…

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:07 da Anonimo


L’Anonimo sono io… scusate, mi è sfuggito l’invio…

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:08 da marinella fiume


Penso che i poeti siano ancora più utili in tempo di povertà perchè… la poesia non è un lusso

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:21 da marinella fiume


Cara Marinella,
è verissimo…al silenzio si sfugge facendo memoria.
Bellissime anche le testimonianze di Tea Ranno, Zaub e LUigi La Rosa, dove per molti versi vengono ripresi moltissimi spunti della vicenda: la mentalità (Zaub), la pietà con cui tutti i personaggi sono trattati dall’autrice (Luigi), e l’affidamento dei minori al mondo adulto con giocosità di cuccioli (Tea).
Trovo vero e straziante, anche, il parallelo che Tea ha trovato con altri casi di seppellimento… come se tra terra e carne violata si ripristinasse una correlazione arcana e terribile. Una necessaria appartenenza.
———
Cara Marinella, vuoi parlarci della ricerca sottesa a questo libro, agli spunti che gli amici hanno fornito?

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:26 da simona lo iacono


Secondo me non è un problema di società o di epoca storica: bisognerebbe avere il coraggio un po’ tutti di ammettere che certe atrocità e certa ferocia sono carattere distintivo dell’essere umano, solo dell’essere umano. L’essere umano ha completamente perduto l’istinto, e si è votato al calcolo. E’ il calcolo (o il pensiero, per dirla più semplicemente) che produce certi orrori. La società umana, dalla notte dei tempi, ti chiede: “Quanto possiedi?”. Non ti chiede: “Chi sei?”. E’ da questo equivoco colossale che hanno origine tutti i mali che colpiscono il singolo. La colpa collettiva esiste eccome, e ne fanno invariabilmente le spese i più deboli, coloro che non sono funzionali a questo sistema.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:33 da Barbara X


e lo sa bene la mia amica – poetessa – Maria Allo che saluto affettuosamente

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:38 da marinella fiume


Vorrei rispondere alla domanda di Simona sulla genesi del libro e sul materiale adoperato. Intanto ho una certa familiarità con la storia orale e le interviste ad anziani e dialettofoni: ho un discreto archivio per la zona jonico-etnea e precedenti pubblicazioni da “Vita di Orazia contadina e guaritrice”, una sorta di intervista a una guaritrice centenaria, a “Il vecchio del Fiumefreddo” rielaborazione di un’intervista ad un anziano pescatore di un fiume che rischia l’estinzione. Per ricostruire la storia di Aida mi sono servita di decine e decine di interviste, tutte contraddittorie e spesso in contrasto tra loro, cosa che cerco di tradurre nelmio romanzo con il coro del villaggio, molto diverso da quello verghiano proprio perchè contraddittoriamente polifonico. Questo il piano “popolare”, “incolto”. Da qui la necessità di attingere ad altri piani, alti, colti: la stampa dell’epoca, i documenti di archivio, la sentenza, la giurisprudenza… la storia alta che incrocia/si incontra/si scontra con la storia “bassa”. Ma ci sono davvero più storie? Non ho voluto giudicare, ma capire sì e per il resto mi ha mossa una profonda pietas. L’avvocato Ruggieri, grade esperta di diritto di famiglia, addita giustamente le responsabilità della madre. Ma chi era poi questa donna se non una trentenne madre di molti figli, una vedova bianca, lasciata sola a governare la famiglia, a lottare con la miseria dei tempi e fronteggiare un vicinato colpevole anch’esso?…

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 18:53 da marinella fiume


@ Don Fortunato
Carissimo, grazie per il suo intervento e per il suo benemerito impegno a favore della collettività.
Benvenuto a Letteratitudine!

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 22:20 da Massimo Maugeri


E un sentito ringraziamento anche agli altri intervenuti: Mavie Parisi, Salvo Zapulla, Maria Allo (bentornata, cara Maria!), Zauberei, Margherita, Luigi La Rosa, Tea Ranno (splendido intervento, Tea!), Barbara X.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 22:22 da Massimo Maugeri


@ Marinella
Grazie per i tuoi nuovi interventi.
Come ho detto (e lo ribadisco) il tuo è un libro importante, da leggere…
Ho trovato interessantissimo il tuo commento sulla genesi del libro.

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 22:27 da Massimo Maugeri


Auguro a tutti una serena notte!
(ma la discussione continua…)

Postato lunedì, 3 agosto 2009 alle 22:27 da Massimo Maugeri


Altro dibattito interessante! Davvero complimenti.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 09:22 da Riccardo Iesolo


di fronte a oscenità come quelle raccontate in questo libro ( che ho desiderio di leggere) non c’è responsabilità collettiva che possa in qualche modo attenuare quella individuale. i due protagonisti del vergognoso scempio andavano puniti entrambi con la massima pena. la responsabilità colettiva, semmai, consiste nel fatto che tale pena non abbia colpito entrambi i criminali.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 09:31 da claudio torre


ci tengo a ringraziare l’autrice per aver portato alla luce questa storia che , evidentemente, reclamava giustizia.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 09:32 da claudio torre


pur non avendo letto il romanzo l’impressione è che questo libro di marinella fiume sia un esempio di come la vera letteratura possa colmare certi vuoti

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 11:13 da citazioni


Il libro di Marinella ,secondo me,è anche un libro d’analisi, acuto, sottile,penetrante, profondo.L’analisi non riveste solamente gli elementi essenziali del racconto e del dramma,frammenti di una vita amara, ma s’allarga sinfonicamente e ,ad emergere è la sensibilità della scrittrice, c’è tutta la potenza del “vedere” di Marinella, tutta la sua capacità di “superare gli abissi”.
La pietà, e il suo auspicabile trionfo nel caos delle azioni e delle pulsioni umane, potrebbe essere probabilmente una chiave di lettura e, a mio modesto avviso ,ci si deve immergere,bisogna andar dietro alle frasi, alle immagini, alle parole e nella pietas per la tragedia è sottesa la pietas per le mille altre tragedie del genere che stanno attraversando le giornate di tanti genitori, mariti, mogli e figli. Essi chiedono umanità insieme a una legge adeguata che eviti gli arbitrii sempre possibili in sua assenza. Sapranno, la migliore cultura cattolica e la migliore cultura laica di questo Paese sempre più percepito come un’accozzaglia di branchi decerebrati, venire incontro a tali esigenze, altissime eppure semplicemente umane?

Grazie Massimo e complimenti a tutti voi
Un abbraccio infinito a Marinella

Maria Allo

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 16:30 da maryline


Buon pomeriggio a tutti!
Sono bellissimi i commenti di Maryline e Marinella che sottolineano la pietas dell’autore nei confronti dei personaggi. L’assenza di giudizio.
Credo che chi scrive debba sempre raccogliere l’umanità, darle voce, interpretarla, mai giudicarla.
E mi piace ricordare a tal proposito la simbologia della pietas nell’antico mondo romano.
Infatti Pietas era, nel complesso della Religione romana, la divinità preposta al compimento del proprio dovere nei confronti dello Stato, degli dei e della famiglia, i cui attributi erano dei bambini o una cicogna.
Segno che la pietas ha sguardo di bambino (innocente) e ali di uccello. Sa librarsi oltre. Sa guardare lontano.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 16:49 da simona lo iacono


Sentite un po’ questa: “Il richiamo alla coscienza individuale è l’elemento costante che ‘provoca’ il lettore dei libri di Remarque. La responsabilità di ognuno -dicono implicitamente le vicende via via proposte dallo scrittore tedesco- in merito alla pace e alla guerra, al rispetto o alla violenza dell’uomo verso l’uomo, è assoluta anche se spesso condizionabile o strumentalizzabile. Remarque, infatti, rispondendo alle domande di un giornalista italiano, nel settembre 1963, ha dichiarato: ‘Oggi nel mondo si sono aperte enormi frontiere di conoscenza scientifica, ma gli orizzonti della responsabilità morale sono sempre molto limitati. L’uomo come tale è sempre quello di duemila anni fa, con la sua imbecillità, la sua crudeltà, il suo egotismo. Se un uomo fosse stato in galera trent’anni, uscendo oggi non riconoscerebbe il mondo sensibile: i suoi simili però non li troverebbe cambiati. Per tanto tempo la democrazia nel mondo è stata ben poca: eppure oggi che ce n’è tanta, la responsabilità più grave, quella che può compromettere le sorti dell’intera specie umana e portare alla distruzione totale, è affidata solo a cinque o sei persone.’”

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 17:15 da Barbara X


@Cara Simo, riflettendo su quanto hai magnificamente scritto sul graduale aggravamento delle cadute morali, ritengo che oltre al punto di vista letterario, così ben delineato dalla splendida scrittrice, ci sia anche oggi un lento e inarrestabile sfilacciamento delle coscienze.
Come succede ad un lenzuolo liso e bucato, che giorno dopo giorno, lo strappo si allarghi.
Così, con questo malessere generale che ci attanaglia, è difficile riuscire
a pensare positivamente. L’altro giorno per esempio, ho constatato che ogni film proietatto in tv, aveva il suo bel delitto pronto da propinarci ad ogni ora della giornata.
Anche a me piacciono i gialli se non sono troppo trucolenti, ma forse inconsapevolemente, siamo così abituati a digerirli in tutte le salse, che uccidere ci sembra ormai un atto di normale amministrazione.
E i nostri bimbi che ancora non sono in grado di formulare un proprio
pensiero critico, come usciranno da tale continua immersione?
E se oggi i rapporti sentimentali fra uomini e donne, godono di una più ampia libertà, perché esiste una palpabile recrudescenza di omicidi passionali? Mi incuriosisce il Vostro magistrale ed esperto giudizio.
Grazie .Tessy

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 18:40 da M.Teresa Santalucia Scibona


Cara Barbara x: davvero terribili le parole che hai riportato. Ma da esse può trarsi una interessante connessione tra grado di democraticità di uno stato e responsabilità collettiva. E’ uno spunto di riflessione davvero importante, grazie.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 19:18 da simona lo iacono


Cara amica mia, dolce Tessy,
anche tu offri uno spunto importante, a metà tra filosofia del diritto e teoria generale del diritto penale.
E infatti all ‘ interno della concezione normativa della colpevolezza gioca un ruolo importante la cd “coscienza dell’illiceità” ossia la consapevolezza di avere realizzato un fatto contrastante con l’ordinamento giuridico.
E ciò perchè il grado di adesione psiclogica al fatto ciminoso dell’autore cresce nella misura in cui il soggetto si rende conto del disvalore del comportamento realizzato. Il senso dello stesso intervento penale, d’altra parte, diventa veramente intellegibile all’individuo solo se egli è cosciente della illegalità della condotta posta in essere.
Ne deriva che anche i fattori esterni (come la mentalità, il costume o il malcostume, la diversa percezione dei valori) possono incidere a fondo sulla “coscienza della illiceità” ossia sulla percezione di un comportamento come antigiuridico.
Quanto più la società diventa tollerante nei confronti di talune condotte, tanto maggiormente i singoli le percepiscono come legittime. La trasformazione della società ha infatti un riflesso sulle tipologie delittuose proprio per questo motivo, e ove si evolva può anche portare alla estinzione di figure criminose.
E’ il caso dell’adulterio che non è più previsto come reato dal cosice penale proprio per l’evolversi della coscienza sociale.
Hai quindi pienamente ragione quando rilevi che il martellamento imperante attraverso video e tv ha un’incidenza sulla percezione del limite e della norma.
Vi è quindi uno strettissimo legame tra costume (e società) e percezione dell’antigiuridicità della condotta.
Ma il problema è soprattutto educativo (dato che ove una fattispecie sia prevista come reato l’agente soggiace alla pena anche se non percepisce fino in fondo la gravità del suo operato).
Passa dunque da una corretta costruzione della coscienza individuale, familiare, collettiva.
Un bacio grandissimo dalla tua Simo

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 19:34 da simona lo iacono


Cara Simona, caro Massimo, sento il bisogno di ringraziarvi non solo per aver voluto parlare del mio libro, ma per gli interventi davvero alti che esso ha suscitato grazie alla vostra intelligente opera di guida, stimolo e sensibilizzazione, ve ne sono davvero grata. A Simona voglio dire che ha fatto stamani attraverso questo blog un miracolo: Maria Chiara, una mia alunna appena diplomata al liceo, pensava di iscriversi all’università in Lettere perchè ama molto la letteratura, poi ha seguito questo blog e si è innamorata di Simona, insomma, ha capito che Letteratura e Diritto non sono poi due cose così differenti come pensava e ha deciso di iscriversi in Giurisprudenza per cercare poi di fare… il magistrato!!! Bacioni a tutti gli intervenuti, Marinella Fiume PS. Domani Giusy Torregrossa, autrice del bel romanzo Mondadori “Il conto delle minne”, presenterà dentro il festival “La Triscele che scrive” compreso nella settimana gattopardiana a S. Margherita Belice (Palazzo Filangeri Cutò) “Celeste Aida Una storia siciliana”. Vi aspetto tutti!

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 19:43 da Marinella Fiume


Purtroppo non ho ancora letto il libro di Marinella (anche se ne ho sentito parlare così’ tanto che mi sembra quasi di averlo letto) e, non potuto fare una lettura integrale di tutti gli interessanti commenti che si sono succeduti in questi giorni, ne ho fatto una lettura ….a campione; l’interessante questione posta sull’esistenza o meno di una colpa collettiva mi ha indotto a riflettere sul rapporto individuo e società e a trarre delle conclusioni non so se giuste o sbagliate ( ma poi esiste un concetto assoluto di ciò che è o non è giusto?). Ciascuno di noi credo, che si senta sempre anche incosciamente sottoposto al giudizio morale della collettività, quanto più ci sentiamo condizionati da tale giudizio, tanto più siamo disposti a fare qualunque cosa per non contravvenire ai dictat che la convivenza civile ci impone. Penso dunque che nella storia di Aida, la paura del giudizio implacabile della comunità di fronte all’adulterio è stata talmente preponderante da indurre il protagonista a ritenere necessario spingersi all’efferato delitto nella speranza di non essere scoperti. Tutto questo naturalmente mi porta ad affermare senz’altro l’esistenza di una colpa collettiva, resa ancora più grave dall’ipocrisia di volere a tutti i costi un solo colpevole e una vittima sacrificale da cui prendere le opportune distanze per vivere la catarsi e purificarsi da ogni colpa. Spero di non essere stata noiosa . un abbraccio a marinella e a Simona e un saluto a tutti . Rina Rossitto

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 19:53 da rina rossitto


A Simona Lo Iacono: le parole di Remarque (che ho preso da un saggio introduttivo di Arrigo Bongiorno del 1977) sono sì terribili, ma soprattutto (e purtroppo) sono reali. E mi portano inevitabilmente a porre alcune domande retoriche alla nostra epoca, questioni che di sfuggita già ho affrontato in un paio di commenti sempre qui su Letteratitudine giorni fa. Ho parlato per esempio della differenza fra cronaca e letteratura: Remarque (cito lui, perché di lui ho parlato) faceva letteratura, grande letteratura, perché riportava i fatti, sì, ma poi li analizzava nel loro nascere ed evolversi, con tutte le implicazioni sociopolitiche del caso: esprimeva in tal modo una coscienza, una coscienza letteraria. Oggi sono pochi gli autori che fanno ciò: Marinella, da quel che ho letto nel post, rientra fra questi, perciò presto cercherò di procurarmi Celeste Aida. Ma tornando a bomba, sono oggi troppe le persone (non solo gli scrittori) che hanno paura di affrontare certa realtà. Ora, forse saltando di palo in frasca, mi viene in mente che quarant’anni fa (ma non solo) si è assegnato il Nobel per la letteratura a un uomo (Beckett) che ha trascorso la vita a descrivere lo squallore della condizione umana: oggi sarebbe completamente impensabile. Non so davvero da che derivi tutto questo odierno timore nel riconoscere i propri limiti (umani), i propri errori. C’è un pensiero di Sartre che riporto con parole mie e che richiama alle responsabilità della collettività nelle scelte o azioni del singolo, è un concetto paradossale, e suona più o meno così: “Io vivo a Parigi; un bambino che nascerà domani a Pechino non mi sarà né estraneo né lontano; in qualche maniera egli influenzerà la mia vita.” E’ chiaro che, nel caso del delitto di cui si parla in Celeste Aida, entrano in scena altre dinamiche, già peraltro sottolineate in molti commenti precedenti: c’è un’efferatezza da patologia (non bestiale: nessuna bestia commetterebbe certi orrori).

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 20:57 da Barbara X


Cara Barbara x , davvero bellissimo il tuo riferimento a Sartre e alla sua poetica. Bellissimo, anche, l’accostamento all’opera di Marinella.
Ti riporto la sua critica alla letteratura borghese del XIX secolo:

« Tous les écrivains d’origine bourgeoise ont connu la tentation de l’irresponsabilité: depuis un siècle, elle est de tradition dans la carrière des lettres »
Per Sartre, infatti, gli scrittori devono scegliere di essere uomini del loro tempo, devono pensare che l’uomo è en situation, “dans le coup”, cioè “implicato”. L’opera letteraria si pone allora come una vera e propria scelta esistenziale in cui soltanto sentendo di impegnarsi, di riconoscersi “imbarcato”, di vivere appieno il proprio momento, lo scrittore consente alla letteratura di svolgere il suo vero compito, che è – secondo Sartre – quello di assumere una funzione sociale.
—-
Grazie infinite per questo rimando.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 21:41 da simona lo iacono


Carissima Marinella,
ti prego di porgere a Maria Chiara il mio abbraccio e il mio cuore. Per anni ho studiato Flaubert, Balzac, Vittorini, Brancati, accanto al diritto privato, al diritto romano, al diritto commerciale. Erano sul tavolo sempre insieme. Mescolati.
E quando la norma mi portava a terra, la letteratura mi involava in cielo. Quando il cielo si faceva smisurato, la terra mi agganciava al limite. Ma in entrambi i casi l’uomo era innanzi a me. Di carne e di stelle. Se sbagliava e se scriveva versi.
Ecco…la complessità della nostra dimensione è un mistero. Ma in questo mistero la norma e la parola sono sorelle se con umiltà scandagliano le ragioni dell’esistenza. Il senso del nostro viaggio.
Auguri quindi a questa giovanissima studentessa a cui auguro di nascondere libri di narrativa sotto la toga!

A te, invece, carissima Marinella, un augurio speciale per la giornata di domani, e per tutti i giorni come questo, in cui la parola riluce di pietà e di bellezza.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 21:50 da simona lo iacono


E un grandissimo abbraccio a Rina Rossito, avvocato del foro di Avola, sostenitrice di associazioni animaliste e bravissima attrice. Trovo molto vero il richiamo che Rina fa all’ipocrisia dilagante, alle coscienze lavate.
E’ bello che a dirlo sia chi calca la scena di un teatro. Chi taglia l’apparenza offrendo voce, gesti, cuore. Chi interpreta e reinterpreta l’uomo.
Grazie infinite! Una felice notte a tutti!

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 22:03 da simona lo iacono


Intervengo un po’ in ritardo giusto per ringraziarvi per i nuovi bellissimi commenti.
È stupefacente constatare come da certi stimoli lanciati ne ritornino altri nell’ambito di un confronto che diventa sempre più arricchente (così è per me).

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 23:19 da Massimo Maugeri


Un ringraziamento particolare alla nostra splendida Simona.
I tuoi commenti, Simo, offrono sempre spunti di riflessione.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 23:20 da Massimo Maugeri


Marinella, sono io che ringrazio te. E ti prego di salutarmi Giusy Torregrossa (che sarà presto mia ospite, qui, per un dibattito che conto di organizzare sul suo libro).
Bellissimo l’aneddoto che vede protagonista Maria Chiara.
-
Maria Chiara, a te i migliori auguri per un futuro radioso. Perché non intervieni direttamente così ci racconti tu stessa cosa ti ha colpito di più?
Hai letto questa pagina che ha scritto Simona come apertura della rubrica “Letteratura è diritto, letteratura è vita”?
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2008/07/10/letteratura-e-diritto-letteratura-e-vita/

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 23:25 da Massimo Maugeri


Un saluto e un ringraziamento a tutti gli altri intervenuti: Riccardo Iesolo, Claudio Torre, Citazioni (in bocca al lupo per il nuovo blog), Maria Allo, Tessy, Barbara, Rina Rossito.
Auguro a tutti una serena notte.

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 23:27 da Massimo Maugeri


Buona sera a tutti. Un saluto particolare lo rivolgo alla dott.ssa Simona Lo Iacono, alle colleghe Avvocato che sono intervenute, a Mavie Parisi.
Stasera ho letto i commenti che avete lasciato in questi due giorni. Ciascuno di voi induce, ogni volta, ad una ulteriore riflessione. E’ certamente bellissimo, per me formativo.
Oggi, in particolare, ho letto riflessioni che mi hanno fatto pensare ad un passo della Bibbia (Giobbe, Elogio della sapienza, capitolo 28 “La sapienza inaccessibile all’omo”).
Perchè ho pensato a questo scritto sacro.
Credo che in un epoca, la nostra, in cui la temuta perdita dei valori è definitivamente avvenuta, in cui la “elefantiasi giuridica”, preannunciata dai filosofi del diritto, imperversa (abbiamo, infatti, leggi giornaliere che, lontano dalla logica di astrattezza e generalità che dovrebbe suscitarle ed ispirarle, vengono scritte in tutta fretta, e promulgate, in occasione di eventi che turbano fortemente il sociale -o forse solo perchè i media li promuovono con tal titolo-, quasi in un delirio di onnipotenza che acceca e impedisce di vedere che semplici -e, perchè no, inutili- regole non possono arrestare un processo sociale inarrestabile che urla: siamo quello che costruiamo), sia più che ovvio percepire questo senso di smarrimento che ci induce a non avere più consapevolezza del perchè delle cose, a non avere regole di base, ma alla giornata e da ciascuno a proprio uso e consumo inventate, per utilizzarle nel modo più conveniente e a seconda delle situazioni di volta in volta affrontate. Si è perso il senso della Società, sia cristiano (o religioso, più in generale), sia laico. Si è perso il bello di possedere regole che valgono sempre, anche quando ci puntano il dito contro. Si è perso il gusto di gratificarsi di coerenza. Si è perso un modo, in cambio di questo nuovo nel quale ricostruire tutto, da zero.
Ed allora penso che se prendiamo consapevolezza dei nostri limiti, se ci rendiamo conto che servono poche e sane regole, che troppe leggi (sconosciute ai più) non potranno mai raggiungere obiettivi alti come quelli offerti da principi^ fondamentali, generali ed astratti che esprimono con naturalezza il sentimento della gente.
Perchè cos’è il diritto se non la poesia della gente.

Io, adesso, visto questo mio delirio di “pensatore della domenica”, vado a cercare spunto per ridimensionarmi nella buona lettura che segue.
Buona notte e grazie a Marinella Fiume che ha dato il via a questo, e a tutti coloro che sono intervenuti, per avermi fatto pensare.

Giobbe – Capitolo 28
ELOGIO DELLA SAPIENZA
La sapienza inaccessibile all’uomo

[1]Certo, per l’argento vi sono miniere
e per l’oro luoghi dove esso si raffina.
[2]Il ferro si cava dal suolo
e la pietra fusa libera il rame.
[3]L’uomo pone un termine alle tenebre
e fruga fino all’estremo limite
le rocce nel buio più fondo.
[4]Forano pozzi lungi dall’abitato
coloro che perdono l’uso dei piedi:
pendono sospesi lontano dalla gente e vacillano.
[5]Una terra, da cui si trae pane,
di sotto è sconvolta come dal fuoco.
[6]Le sue pietre contengono zaffiri
e oro la sua polvere.
[7]L’uccello rapace ne ignora il sentiero,
non lo scorge neppure l’occhio dell’aquila,
[8]non battuto da bestie feroci,
né mai attraversato dal leopardo.
[9]Contro la selce l’uomo porta la mano,
sconvolge le montagne:
[10]nelle rocce scava gallerie
e su quanto è prezioso posa l’occhio:
[11]scandaglia il fondo dei fiumi
e quel che vi è nascosto porta alla luce.
[12]Ma la sapienza da dove si trae?
E il luogo dell’intelligenza dov’è?
[13]L’uomo non ne conosce la via,
essa non si trova sulla terra dei viventi.
[14]L’abisso dice: «Non è in me!»
e il mare dice: «Neppure presso di me!».
[15]Non si scambia con l’oro più scelto,
né per comprarla si pesa l’argento.
[16]Non si acquista con l’oro di Ofir,
con il prezioso berillo o con lo zaffiro.
[17]Non la pareggia l’oro e il cristallo,
né si permuta con vasi di oro puro.
[18]Coralli e perle non meritano menzione,
vale più scoprire la sapienza che le gemme.
[19]Non la eguaglia il topazio d’Etiopia;
con l’oro puro non si può scambiare a peso.
[20]Ma da dove viene la sapienza?
E il luogo dell’intelligenza dov’è?
[21]E’ nascosta agli occhi di ogni vivente
ed è ignota agli uccelli del cielo.
[22]L’abisso e la morte dicono:
«Con gli orecchi ne udimmo la fama».
[23]Dio solo ne conosce la via,
lui solo sa dove si trovi,
[24]perché volge lo sguardo
fino alle estremità della terra,
vede quanto è sotto la volta del cielo.
[25]Quando diede al vento un peso
e ordinò alle acque entro una misura,
[26]quando impose una legge alla pioggia
e una via al lampo dei tuoni;
[27]allora la vide e la misurò,
la comprese e la scrutò appieno
[28]e disse all’uomo:
«Ecco, temere Dio, questo è sapienza
e schivare il male, questo è intelligenza».
 

Postato martedì, 4 agosto 2009 alle 23:51 da Pietro Aglianò


Ho letto con la massima attenzione la recensione del romanzo “Celeste Aida”, redatta da Simona Lo Iacono. Una recensione talmente accurata e dotta che mi spinge a intervenire per manifestare a Simona non solo il mio plauso, bensì anche la mia calorosa ammirazione. Vi è infatti tratteggiato un contesto sociale – emblematico e insieme problematico – da cui emergono i sentimenti, le meschinità, gli squallori e il modus operandi giuridico che non penso sia spento o relegato in una regione ben definita né, tantomeno, incasellato in un periodo storico ormai “datato”. Merito ovviamente anche dell’autrice Marinella Fiume, che ha avuto l’idea e il coraggio di affrontare di petto e senza remore una delle mille storie “cattive” che quotidianamente accadevano – e accadono – nel nostro Paese e altrove, dato che gli uomini non sono né santi né angeli. Tutti o quasi.

—–

Alla domanda: Che rapporto c’è tra colpa individuale e colpa collettiva, rispondo pensando all’interazione che esiste tra ciascun individuo e il suo prossimo, per esigenze “naturali”. Certo, l’uomo è per l’uomo un uomo – sosteneva il politologo Schmitt, nazista pentito. E solo in quanto esistono uomini che obbediscono a un altro uomo, un uomo ottiene il potere, ossia la capacità di dominare, di sopraffare. Ma i bambini, i piccoli indifesi e acerbi? I bambini sono – purtroppo – le prime vittime del dominio, della sopraffazione, delle turpitudini umani. Non sempre, ma spesso. Molto spesso. E credo che il romanzo di Marinella ne dia testimonianza.
Esiste o non esiste una colpa collettiva?
Esiste perché apparteniamo tutti a una collettività, a una società, e ne subiamo lo “spirito” e i dettami. Inconsapevolmente, ma li subiamo. Attraverso il subconscio.
A che servono i poeti in tempo di povertà?
Servono – o dovrebbero servire – a confortare sì gli animi, ma soprattutto a denunciare le ingiustizie e le disperate impotenze, provocate dai più forti verso i più deboli, ossia i poveri.
Cordialmente, A. B.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 05:07 da ausilio bertoli


Caro Pietro…
hai scritto la definizione di diritto più bella che abbia mai letto. “Diritto” come poesia della gente.
E hai unito tutti i temi di questo post: colpa individuale, colpa collettiva, diritto, violenza, poesia…
Grazie. Direi che ognuna di queste voci sana l’altra. Giustifica l’altra. Che ognuna interroga l’altra e l’aiuta ad approfondirsi.
Una sintesi così bella l’ho letta anche nell’opera di Ignazio Buttitta, in questa poesia che ti riporto, che parla in versi di colpa personale e colpa collettiva.
Segno che la poesia non solo serve in tempo di povertà, ma è frutto di quella povertà. Della necessità umile, nuda, dolente, di trovare una risposta.
E che deve aprirsi un tempo di giuristi sognatori.
——

Parru cu tia,
to è la curpa;
cu tia, mmenzu sta fudda
chi fai l’indifferenti
ntra na fumata e n’autra di pipa
chi pari ciminera
sutta di sta pampera
di la coppula vecchia e cinnirusa.

Parru cu tia,
to è la curpa..
Guardatilu chi facci!
La purpa supra l’ossa un àvi tracci
ci la sucau lu vermi di la fami;
e la mammana
ci addutau ddu jornu
chi lu scippò di mmenzu a li muddami:
pani e cipudda.

Parru cu tia,
to è la curpa
si porti lu sidduni
e un ti lamenti;
si lu patruni, strincennu li denti
cu lu marruggiu mmanu e la capizza
t’arrimoodda li corna e ti l’aggrizza,
ti smancia li garruna,
ti fudda ntra li cianchi purpittuna,
t’ammacca ossa e spaddi,
ti sfricunia li caddi,
ti scorcia li custani,
ti spurpa comu un cani,
e supra la to carogna
ci sputa e ti svirgogna.
——
(Parlo con te, è tua la colpa, con te, in mezzo a questa folla che fai l’indifferente, tra una fumata e l’altra di pipa che pare una ciminiera, sotto l’ombreggiatura di questa coppola vechia e cenerosa….)

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 10:23 da simona lo iacono


Ho seguiyo la discussione con molto trasporto.Una discussione formativa che induce a riflettere e ad interrogarsi.Complimenti alla Fiume per il libro alla Lo Iacono per la recensione ed al condottiero Maugeri per aver creato questo spazio prezioso dove tutto questo è possibile

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 10:26 da Marcello Guglia


Nel mio precedente commento è comparso un indirizzo a un sito, non so perché

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 10:27 da Marcello Guglia


Carissimo Ausilio Bertoli,
la ringrazio infinitamente delle sue parole e della riflessione – vera, amara, umana – di potere. Che nasce solo quando si innesta una relazione (malata, sviata) tra un uomo e l’altro.
L’origine della colpa credo si ponga qui. In questa malattia che a volte è l’uomo quando tradisce se stesso e l’idea legittima, giuridica, di potere.
Infatti esistono due concezioni del potere in filosofia del diritto (che dobbiamo alla riflessione teorica di Weber) : il concetto di Macht (potenza) e di Herrschaft (potere legittimo).
Con il termine potenza egli intende: “qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte ad un’opposizione, la propria volontà, quale che sia la base di questa possibilità”;
con il termine potere legittimo intende: “la possibilità di trovare obbedienza, presso certe persone, ad un comando che abbia un determinato valore e contenuto”.
La prima espressione fa riferimento ad una relazione sociale dove il soggetto più forte riesce a far valere la propria volontà in ogni caso;
la seconda espressione si riferisce alle relazioni dove il soggetto debole accetta le decisioni altrui perché le riconosce valide, portatrici di ordine e armonia e quindi legittime (la “delega” dei poteri negli ordinamenti democratici si ispira a questa idea).
—-
Non è quindi l’esercizio del potere in sè a creare disordine e colpa, ma lo sviamento dalla sua concezione legittima.
—-
Ancora grazie e un abbraccio fraterno.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 10:40 da simona lo iacono


Un abbraccio anche a Marcello Guglia.
Buon proseguimento di giornata!

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 10:45 da simona lo iacono


Intanto un caro saluto a Marinella Fiume e a Simona…
Bravissima Marinella: ho divorato d’un fiato, in due notti, questo libro bello terribile e necessario. Aida, ne sono sicura, te ne è grata.
Bellissima e poetica la recensione di Simona, un racconto per parlare d’un altro racconto, un cunto nel cunto.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 12:42 da Maria Lucia Riccioli


A che servono i poeti in tempo di povertà?
A maggior ragione, in tempo di fame materiale e spirituale, ci si volge alla poesia.
Testimone ad esempio ne è Primo Levi, quando declamava i versi di Dante ad Auschwitz.
L’uomo ha fame di poesia, ha fame di storie che parlino di lui, che gli suggeriscano come saziare quella fame d’infinito che lo travaglia.
Sono i tempi di vacche grasse, invece, a renderci sordi alla bellezza, a tapparci le orecchie dello spirito con musiche ingannatrici, a riempirci lo stomaco di pane che non sazia.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 12:51 da Maria Lucia Riccioli


Viktor Frankl secondo me intendeva dire che di ogni violenza o misfatto ognuno è responsabile per ciò che gli riguarda. Non poteva incolpare tutti i tedeschi per la morte dei suoi cari. Certo è però che qualcuno ideò, progettò, costruì materialmente i forni crematori. Qualcuno propagandò, altri voltarono le spalle, nascosero la testa sotto la sabbia. C’è chi preme materialmente i grilletti, ma dietro ci sono le SS, un regime, un intero sistema che giustifica assolve spesso plaude. Tant’è vero che gli ex nazisti, alla fine di tutto, si sono sempre autogiustificati: “Ero un soldato, dovevo ubbidire. Ordini del Fuhrer… del mio generale… capitano…” e giù lungo uno scaricabarile che rimanda a chissà dove le responsabilità.
C’è sempre la possibilità di dire di SI’ o di NO (responsabilità personale, individuale, secondo me ineludibile, imprescindibile) ma dove questa venga coartata o distorta allora scatta quella collettiva.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 13:46 da Maria Lucia Riccioli


Un caro saluto anche a Maria Suma e a don Fortunato Di Noto, che ammiro e stimo profondamente. La bellezza salverà il mondo ma ha bisogno di custodi, di cuori che la amino e mani che la proteggano e la sappiano condividere, di voci che la sappiano far conoscere.
Grazie del vostro lavoro.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 13:57 da Maria Lucia Riccioli


Saluto anche Maria Allo… grazie per il suo contributo sui cantastorie.
A Siracusa vive Maria Bella Raudino, figlia del cantastorie Turiddu Bella, originario di Mascali. Strano e Bella erano “colleghi” e amici.
Maria Bella ha fondato un Centro Studi Tradizioni Popolari intitolato alla memoria del padre. Collegato a questa attività, il Premio di poesia popolare “Turiddu Bella”.
Ecco il sito per saperne di più…
http://www.cstb.it

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 14:06 da Maria Lucia Riccioli


Saluto calorosamente anche Luigi, Pietro, Mavie con cui ho la gioia di condividere il sogno della scrittura e il gusto della lettura.
Grazie dei vostri interventi.
Tea cara, è una gioia riaverti qui…
:-)

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 14:37 da Maria Lucia Riccioli


Zauberilla… so già che dirai: “Aridaje…”.
:-)
Però le colpe nefande contro gli ebrei sono ormai, direi, archetipiche, paradigmatiche.
Tornando ad Aida: nomen omen.
Nell’opera di Verdi, la protagonista finisce murata viva nella piramide insieme a Radames!
E non è la sola strana coincidenza… vero Marinella?
Quando anche il nome stigmatizza l’individuo, ne marchia il destino, sembra che ci sia quasi un filo invisibile che leghi gli eventi della sua vita.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 14:53 da Maria Lucia Riccioli


Bravissima, Mari!!!!
Il collegamento tra l’Aida di Verdi e il destino della bimba è doloroso e vero (non a caso il romanzo si intitola Celeste Aida e non a caso Marinella lo presenterà al teatro greco a Taormina, questa estate, in occasione dell’Aida di Verdi). Entrambe sepolte vive…ecco la chiusura dell’opera di Verdi.
————
AIDA E RADAMÉS
O terra, addio; addio, valle di pianti…
Sogno di gaudio che in dolor svanì.
A noi si schiude il ciel e l’alme erranti
Volano al raggio dell’interno dì….

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 15:13 da simona lo iacono


Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio la Dott.ssa Simona Lo Iacono per l’apprezzamento della mia ultima riflessione e per la bellissima poesia che mi ha fatto conoscere. Saluto, poi, Maria Lucia Riccioli e tutti gli intervenuti.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 15:34 da Pietro Aglianò


Come ho scritto ieri, l’argomento apre finestre su tante problematiche direttamente collegate.
Rispetto a quello che ha detto Maria Lucia nel suo terzo rettangolo d’intervento, mi è venuto subito in mente un passaggio del “Enrico V” di W. Shakespeare il quale, in quest’opera, ha affrontato la problematica delle responsabilità cui si riferisce Maria Lucia e la fa esporre al protagonista, Enrico, in questo modo che riporto sperando di fornire ulteriori spunti di riflessione:
Così se un figlio per ordine del padre viaggia in mare per ragioni di commercio e finisce male, stando a quello che dite voi, i suoi peccati dovrebbero essere addebitati al padre che lo mandò; così se un servo, inviato dal padrone a portare una somma di denaro, è assalito dai ladroni e muore in stato di peccato senza essersi riconciliato con Dio, potete dire che gli affari del padrone sono stati la causa della dannazione del servo; ma non è così. Il re non è tenuto a rispondere della fine speciale dei suoi soldati, né il padre pel figlio, né il padrone pel servo: poiché non avevano per scopo la loro morte ma solo di sfruttarne i servizi. E inoltre non c’è re che avendo una causa giustissima e dovendo deciderla con le armi, possa tentare di farla trionfare solo con soldati mondi di ogni peccato.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 15:35 da Pietro Aglianò


Bellissimo il tema dell’interazione proposto da Ausilio Bertoli sul quale mi riservo di intervenire nei prossimi giorni, avendo una mia idea sull’argomento. Piacere di conoscerLa Sig. Bertoli.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 15:37 da Pietro Aglianò


Adesso saluto tutti perchè devo allontanarmi dal piacere della conversazione per ragioni di lavoro. Vi auguro una buona giornata.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 15:38 da Pietro Aglianò


Vero Maria Ricciola!

:)

L’archetipicità è pericolosa. A ripetere le cose pian piano le si cambiano e alla fine le si desemantizzano. Inventamose n’antro paradigma, che purtroppo non ci abbiamo mica tanto da sfrozacci eh. L’olocausto viene bene, proprio perchè nun gliene frega più niente a nessuno. Paradigmiamo cose recenti, cose vicine nel tempo.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 15:48 da zauberei


Salve a tutti e buon pomeriggio.
Maria Teresa, Simona, Massimo,
Siete fantastici e il libro di Marinella porta molto lontano……

Ma a che servono i poeti in un tempo di povertà?

Ancora una volta mi fa pensare quanto il dolore e la privazione facciano scaturire la poesia dalle grandi anime.
Chissà perché la sofferenza acuisce tanto la sensibilità…sto pensando ad Anna Achmatova (ho dedicato a lei un post nel mio blog)
Anna , attribuisce allo scrittore il compito di essere voce e coscienza della Nazione:
«Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato,
il riflesso del vostro volto,
i vani palpiti di vane ali…
fa lo stesso, sino alla fine io sto con voi.» (Da A Molti, 1922)
“Requiem” di Anna Achmatova, scritto attorno agli anni ‘35 – ‘40,(Celeste Aida Anno 1933, XI dell’era fascista.) circola in forma manoscritta e acquisisce un’enorme popolarità sia nella Russia martoriata dalle purghe staliniane, che all’estero. Il poemetto rappresenta uno spietato atto di accusa contro la dittatura di Stalin, e testimonia il versante letterario di una lacerazione interiore comune a molti intellettuali russi di quegli anni.
Il tema di Requiem è dunque l’angoscia dell’attesa di portare il pacco al figlio in carcere. L’angoscia, la disperazione del futuro non si limita a questo sia pur profondo dolore individuale: si allarga, diventa pianto di tutto un popolo oppresso, un grido di speranza perchè crollino le mura delle carceri e cessino le persecuzioni compiute in nome di un ideale che era stato stravolto.
Nella prefazione la poetessa dice: “…una donna dalle labbra bluastre che stava dietro di me [nella fila] e che certamente, non aveva mai udito il mio nome, si ridestò dal torpore … e mi domandò all’orecchio: “Ma lei può descrivere questo?” E io dissi: “Posso”. Allora una specie di sorriso scivolò per quello che una volta era stato il suo volto” (trad. di C. Riccio). Nell’epilogo leggiamo: “Per loro ho intessuto un’ampia coltre / di povere parole, che ho inteso da loro. / Di loro mi rammento sempre e in ogni dove, / di loro neppure una nuova disgrazia mi scorderò, / e se mi chiuderanno la bocca tormentata / con cui grida un popolo di cento milioni, / che esse mi commemorino allo stesso modo / alla vigilia del mio giorno di suffragio”.

Il tempo del dolore non può essere scandito dal silenzio , Marinella ha dato voce al silenzio.
Grazie
Un abbraccio
Maria Allo

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 16:11 da maryline


Ieri sera sono stata alla commemorazione di Nunzio Bruno, nella casa museo di Floridia, dopo la funzione in Chiesa Madre.
Commovente il video realizzato dagli eredi. In apertura, Rosa Balistreri e le sue parole bellissime: “Quannu moru faciti ca nun moru”…
Questa l’essenza dell’arte.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 16:59 da Maria Lucia Riccioli


ARGOMENTO
interessantissimo il libro pur e,immagino i commenti che ancora non ho potuto leggere ma che farò.Credo che,alla base di tutto colpe-contesto-ambiente familiare,società,la violenza sui minori o sui deboli,sia da ricercarsi nel corazzamento dell’animale umano.Corazzamento che gl’impedisce di pensare,di rifletter di razionalizzare uscendo da un suo tracciato psichico già minato alla base, dalle sue fondamenta.E diventa errore e orrore.E non si ama perchè NON si è stati amati da quelle figure primarie che avrebbero dovuto farlo e farci sentire la vita attraverso una relazione d’amore.E nella fame d’amore crescerà insieme anche la voglia di distruggere tutto ciò che ricorda loro un’innocenza svilita calpestata ab-usata.La Chiesa poi ha fatto il resto parlando e terrorizzando da sempre col “maligno” fino al punto che il Diavolo diventa noi e l’identificazione di ciò che non si è stati capaci di affrontare razionalmente o anche solo col buon senso.E l’opera di distruzione cresce e si fa sempre più dura.La collettività diventa il nostro (LORO) sentire alienato e malato,le azioni e l’esistenza che ne conseguono un modo di vivere che ha persino la faccia della “moralità”quando l’intenzione è la negazione di ciò che si prova o si è represso e tenuto ben chiuso-corazzato dalle paure dall’angoscia,dai dogmi dall’assoluta mancanza di quell’amore negato tramutato in odio e in spinta distruttiva.Chiedo scusa se nella fretta non ho potuto rileggere.M’uguro che il mio punto di vista chiaro sia uscito comunque. Ritornerò Grazie.Bianca 2007

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 17:09 da Bianca 2007


Mi spiace dover constatare, in questo dibattitto così ampio e approfondito, l’assenza di ogni riferimento al fatto che il rapporto tra responsabilità individuale e collettiva è stato magistralmente analizzato da Manzoni nella figura della monaca di Monza, così come nel medesimo personaggio ha saputo ripercorrere la degradazione che porta sino all’omicidio (e infanticidio). Questo, si capisce, senza nulla togliere a Celeste Aida ma anzi per ricostruire un tessuto, quello della nostra storia letteraria, di cui si avverte oggi più che mai l’esigenza di una ricostruzione nella coscienza collettiva.
Allo stesso modo mi preme sottolineare che sempre il Manzoni ha saputo contrapporre alla degradazione un cammino del tutto opposto, quello della Grazia. E questo, ogni volta che si tratta del male, è forse il tema più difficile da toccare. Eppure è così intimamente connesso alla nostra libertà. Di più: è l’origine stessa della nostra libertà.
Concludo ricordando una beatificazione recente, quella di Albertina Berkenbrok, qui in santa Catarina, Brasile, proprio nelle terre che videro i fasti prematuri della Repubblica Iuliana e i primi amori di Anita e
Garibaldi. Il 15 giugno 1931 la fanciulla che aveva allora dodici anni fu sgozzata dall’uomo che voleva ma non riuscì a violentarla. Albertina lottò sino alla morte contro l’aggressore, “difendendo la sua castità e dignità femminile”.
Ecco, tornando al tema così intelligentemente proposto da Massimo, io mi ritrovo a pensare che una colpa oscura, che magari gravava su tutti e forse ha armato la mano dell’assassino, si è poi convertita in quell’ansia di riscatto e liberazione che hai poi condotto le folle, a partire da allora sino a oggi, in pellegrinaggio incessante alla tomba della martire.
Già, la preghiera. Quella di Lucia, ad esempio. La poesia in tempo di povertà? La poesia capace ancora di pregare. Nonostante, anzi forse proprio per, il piede straniero sopra il cuore.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 17:58 da Antonio Bianchessi


Salve a tutti e scusate la mia assenza di questi giorni, ma, come avevo già anticipato alla dott.ssa Lo Iacono, sono stata impegnata per il XXVI Life Happening “Vittoria Quarenghi”- Insieme per vivere e far vivere- tenutosi a Gioiosa Marea (ME) ed organizzato dal Movimento per la Vita italiano  www.mpv.org).
Sono appena tornata….datemi dunque il tempo di leggere tutti i post successivi al mio!!!!
Relazionando sul tema “La negazione della vita nella pedofilia” e parlando altresì delle altre forme di violenza sui bambini, ho avuto modo di presentare il libro di Marinella Fiume.
Nulla viene a caso, ma c’è uno Spirito che scruta i cuori, che agisce con “gemiti inesprimibili” e conduce le nostre vite!

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 19:30 da maria suma


A Zauberei: “L’olocausto viene bene, proprio perchè nun gliene frega più niente a nessuno.”? Ma che stai dicendo? A te, forse… Ma in tempi recenti non s’è vista da nessuna parte tanta crudeltà (cioè, tanto per fare un esempio, un “dottore” che iniettasse per anni la benzina nel cuore a degli esseri umani: ripeto, è solo un esempio). Ti chiedo davvero di non offendere la memoria delle persone in questo modo. Nessuno vuole (o rischia) di “cambiare o desemantizzare” l’olocausto: resterà per sempre una macchia spaventosa nella storia dell’umanità. Che ti piaccia o no.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 21:13 da Barbara X


Cara Barbara, sta’ tranquilla. A Zauberei (la conosco bene) sta molto a cuore la questione dell’olocausto… e non solo perché è ebrea. Voleva solo dire che a furia di parlarne troppo (e in vari ambiti) si rischia… come dire… di “inflazionare” la questione o di farne perdere il significato.
Peraltro Zauberei è un bellissimo esempio… è sposata con un cristiano e lei e suo marito hanno un bimbo di pochi mesi (a proposito, come sta il pupo?).
:)
-
-
La stessa Zauberei, poi, in un commento precedente, aveva affermato che “l’accostamento calza”.
Io aggiungo che l’accostamento non è “datato” rispetto alla storia da cui è tratto il romanzo. Tutt’altro.
Ma l’opinione di Victor Frankl è stata riportata non tanto per tirare in ballo l’olocausto, quanto – piuttosto – per il “contrasto” (o apparente “contrasto”) insito in essa sul tema “colpa individuale / colpa collettiva”.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 21:26 da Massimo Maugeri


Ne approfitto per ringraziare tutti per i nuovi commenti.
Torno dopo.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 21:29 da Massimo Maugeri


Eccomi di nuovo.
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@ Maria Suma
Cara Maria, bentornata! Come è andato il convegno? Di certo avrai tanto da dirci:-)

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:13 da Massimo Maugeri


Un saluto e un ringraziamento speciale ai nuovi intervenuti: Ausilio Bertoli, Marcello Guglia, Bianca 2007, Maria Lucia.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:15 da Massimo Maugeri


@ Antonio Bianchessi
Grazie anche a te per il tuo prezioso commento.
Ma non ti dispiacere :-)
Il bello di questi nostri dibattiti è che c’è sempre la possibilità di intervenire per aggiungere qualcosa di nuovo, come hai fatto tu, arricchendo ulteriormente la discussione.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:17 da Massimo Maugeri


Prima di salutarvi ne approfitto per segnalare che, venerdì 7 agosto, alle ore 18:30, Marinella Fiume sarà a Taormina (Palazzo Duchi di Santo Stefano – Fondazione Mazzullo) a presentare il suo “Celeste Aida”
-
Auguro una serena notte a tutti

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:32 da Massimo Maugeri


@Antoni Bianchessi: mi è molto piaciuta la definizione di poesia capace ancora di pregare.
La trovo molto vera.
Grazie

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:33 da simona lo iacono


Carissima Maria Allo…riprendo ancora una volta il grande Buttitta per sottolineare la bellezza dei versi che hai riportato e ai quali questa poesia somiglia tanto…(poesia come voce di condivisione con il dolore del mondo)…
———
Non sugnu pueta
ma siddu è puisia
affunnari li manu
ntra lu cori di l’omini patuti
pi spremiri lu chiantu e lu scunfortu;
ma siddu è puisia
sciògghiri u chiacciu e nfurcati,
gràpiri l’occhi a l’orbi,
dari la ntisa e surdi
rumpiri catini lazzi e gruppa:
(un mumentu ca scattu!)…

Ma siddu è puisia
chiamari ntra li tani e nta li grutti
cu mancia picca e vilena agghiutti;
chiamari li zappatura
aggubbati supra la terra
chi suca sangu e suduri;
e scippari
du funnu di surfari
la carni cristiana
chi coci nto nfernu:
(un mumentu ca scattu!)…

Ma siddu è puisia
vuliri milli
centumila fazzuletti bianchi
p’asciucari occhi abbuttati di chiantu;
vuliri letti moddi
e cuscina di sita
pi l’ossa sturtigghiati
di cu travagghia;
e vuliri la terra
un tappitu di pampini e di ciuri
p’arrifriscari nta lu sò caminu
li pedi nudi di li puvireddi:
(un mumentu ca scattu!)

Ma siddu è puisia
farisi milli cori
e milli vrazza
pi strinciri poviri matri
inariditi di lu tempu e di lu patiri
senza latti nta li minni
e cu lu bamminu nvrazzu:
quattru ossa stritti
a lu pettu assitatu d’amuri:
(un mumentu ca scattu!)…

datimi na vuci putenti
pirchi mi sentu pueta:
datimi nu stindardu di focu
e mi segunu li schiavi di la terra,
na ciumana di vuci e di canzuni

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:38 da simona lo iacono


TRADUZIONE
———
Non sono poeta;
odio l’usignolo e le cicale,
il venticello che carezza l’erba
e le foglie che cadono con l’ali;
amo le bufere,
i venti che disperdono le nuvole
e puliscono l’aria e il cielo.

Non sono poeta,
ma nemmeno un insipido pesce
d’acqua dolce;
sono un pesce selvatico
abituato ai mari profondi.
Non sono poeta
se poesia significa
la luna che pende
e impallidisce le facce dei fidanzati;
la mezzaluna
mi piace quando splende
dentro il bianco dell’occhio del bue.

Non sono poeta;
ma se è poesia
affondare le mani
nel cuore degli uomini che soffrono
per spremerne il pianto e lo sconforto;
ma se è poesia
sciogliere il cappio agli impiccati,
aprire gli occhi ai ciechi,
dare l’udito ai sordi,
rompere catene e lacci e nodi:
(un momento che scoppio)…

Ma se è poesia
chiamare nelle tane e nelle grotte
chi mangia poco e veleno inghiotte;
chiamare gli zappatori
curvati sulla terra
che succhia sangue e sudore;
e strappare
dal fondo delle zolfare
la carne cristiana
che cuoce nell’inferno:
(un momento che scoppio!) …

Ma se è poesia
volere mille
centomila fazzoletti bianchi
per asciugare occhi gonfi di pianto;
volere letti morbidi
e cuscini di seta
per le ossa storcigliate
di chi lavora;
e volere la terra
un tappeto di foglie e fiori
che rinfreschi lungo il cammino
i piedi nudi dei poveri:
(un momento che scoppio!..)

Ma se è poesia
farsi mille cuori
e mille braccia
per stringere povere madri
inaridite dal tempo e dalla sofferenza
senza latte alle mammelle
e col bambino in braccio:
quattro ossa strette
al petto assetato d’amore:
(un momento che scoppio!…)

Datemi una voce potente
perché mi sento poeta:
datemi uno stendardo di fuoco
e mi seguano gli schiavi della terra,
una fiumana di voci e di canzoni

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:41 da simona lo iacono


Ringrazio infnitamente anche Bianca 2007, Barbara x, Zaub e la carissima Maria Suma, alla quale mi piacerebbe chiedere in che modo la vostra opera di denuncia e prevenzione della violenza si insinua nel silenzio e nel dolore delle famiglie colpite.
Grazie a tutti per questa esperienza e un abbraccio speciale a Massi che mi consente di viverla e di imparare tanto.
Buona notte a tutti!

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:44 da simona lo iacono


@ Simona
Cara Simo, torno un attimo giusto per ringraziarti per i tuoi splendidi interventi (grande, Buttitta!).
Buonanotte a te e a tutti.

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:45 da Massimo Maugeri


Il bello di queste esperienze, e di questi confronti costruttivi, cara Simo, è che impariamo tutti gli uni dagli altri. Ancora grazie a te.
‘Notte:-)

Postato mercoledì, 5 agosto 2009 alle 22:50 da Massimo Maugeri


Caro Massimo,
permettimi di ringraziare Simona Lo Iacono per le ulteriori, interessanti delucidazioni riguardo alle concezioni del potere e Pietro Aglianò per l’attenzione che mi ha riservato.
Cordialità, A. B.

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 04:18 da ausilio bertoli


Simona
Carissima , desidero ringraziarti per questo stupendo dono!

“ Vivu sugnu, mi viditi? Parru! ”

E’ VERO tutta la produzione di Ignazio Buttitta Dà VOCE alla Sicilia delle classi subalterne, degli oppressi, degli emarginati, dei contadini, dei muti della storia, ferita da secolari povertà, ma anche tesa da fiere volontà di riscatto sociale e politico.
Una Sicilia-madre che, pur nelle sue evidenti contraddizioni, dinanzi al dolore patito dai propri figli si china a raccoglierne il lamento: «La matri d’un briganti, sempre matri resta.»

Ancora grazie infinite
Maria Allo

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 10:00 da maryline


Complimenti per la discussione. A proposito di colpa vi segnalo questa canzone
http://www.youtube.com/watch?v=SISpxNgg7zc
si intitola “è stata tua la colpa”.
forse non è proprio calzante con il post, ma il rischio di essere burattini senza fili è attualissimo.

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 13:02 da Antonello


Cari amici, torno ora dal festival di Letteratura femminile “La Triscele che scrive” svoltosi a S. Margherita Belìce nei luoghi gattopardiani, davvero una bella esperienza, le tre scrittrici originarie del val di Noto, del Valdemone e del Val di Mazara rappresetavano le peculiarità delle nostre Sicilie, inoltre nelle loro opere non descrivono, ma interpretano, ricreano, generano luoghi: la geografia ha molto a che fare con la letteratura, più di quanto non si pensa comunemente. Per esempio avete visto come le scrittrici descrivono l’Etna? Provate a leggere l’Etna di Silvana Grasso, o di Maria Attanasio o la mia per accorgervi di come è diventato questo luogo… Che ne dite?

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 22:03 da Marinella Fiume


Dimenticavo di dire che moderatore deldibattito a Taormina sarà il bravissimo Luigi La Rosa!

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 22:08 da Marinella Fiume


@Marinella. C’è stata un’epidemia fulminante, sono morti tutti. La geografia. Ne approfitto per porti una domanda: quanto è importante nella tua scrittura il legame con la tua terra. E se c’è, ritieni sia un limite o un valore aggiunto.

PS. (Non so se è una domanda intelligente, ma considera che ci sono 40 gradi).

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 22:45 da Salvo zappulla


Brava, Marinella. Tanti in bocca al lupo anche per domani.

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 23:30 da Massimo Maugeri


Salvo, diciamo che la tua è una domanda a caldo…

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 23:31 da Massimo Maugeri


Ausilio, ti permetto e ti ringrazio:-)
E ne approfitto anche per ringraziare Antonello per il link alla canzone di Bennato (uno dei miei cantautori preferiti: grande artista).

Postato giovedì, 6 agosto 2009 alle 23:33 da Massimo Maugeri


stimolante l’accostamento tra colpa individuale e colpa collettiva. secondo voi è corretto pensare che quanto più la colpa è percepita come individuale tanto meno è percepita come collettiva e viceversa?
grazie

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 12:27 da flavia


Grazie a te Marylin! Mi piace molto l’idea di una Sicilia madre, che dia voce ai lamenti dei figli!

Mia carissima Marinella, grazie per questo rimando alle suggestioni dei luoghi. Ci impigliano come fantasmi, è vero. E in bocca al lupo per le suggestioni che oggi ti regalerà Taormina e la voce di Luigi.
Vorrei essere con voi.
——-
Carissimo Ausilio Bertoli, le sue parole mi commuovono e mi lusingano tanto. Le sono infinitamente grata.
——-
Salvuccio,
infatti – dato che ci sono 40° – domani parto per la montagna…
——–
E infine Massi, Maria Suma, don Fortunato e tutti voi, cari amici: buone vacanze e grazie per questi sguardi che si sovrappongono. Grazie soprattutto a Massimo per l’atissima opera educativa che svolge con il blog. Uno scavare nelle coscienze e nei sogni.Un fare del sogno cosa viva, di identità e parola, furia e languore, scia vorticosa di piumatissimi uccelli del paradiso.
Verso che si sgrana nel cuore, che girandola e armeggia. Pietà e raggio che sfavilla. Resistenza alle ombre, al vagabondaggio, al pianto.

Un bacio a voi tutti.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 12:34 da simona lo iacono


@ Flavia: bellissima domanda la tua…credo che nel libro di Marinella avvenga proprio questo. Che un singolo sconti una responsabilità di molti. Accade anche a livello simbolico nel carnevale. Ardere sul rogo un condannato a morte (il re carnevale) nell’ultimo giorno (martedi grasso), ha funzione di espiazione collettiva.
Giordano Bruno venne arso sul rogo il martedì grasso del 17 Febbraio 1600.
Ci ha lasciato queste parole: “l’arte mostra la via e apre l’ingresso a massime invenzioni”.
-

Ancora buone vacanze a tutti!!!!

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 12:40 da simona lo iacono


grazie. e buonissime vacanze.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 13:47 da flavia


Buona sera a tutti e complimenti per i vostri interventi e commenti.
E’ straordinario il potere della “parola”, la “comunicazione”, perchè genera tra gli esseri umani la relazione e la condivisione, come questa nostra discussione.
In principio era il Verbo, la Parola, ed il Verbo era Dio; e la “parola” è creatrice.
Volevo brevemente rispondere alla domanda della dott.ssa Lo Iacono, dicendo che la denuncia della violenza è possibile da parte delle famiglie colpite quando le stesse famiglie non sono lasciate sole sia nel dolore sia nell’iter giudiziario al quale vanno incontro con la denuncia. Meter ha il compito e l’obiettivo di accompagnare e sostenere i bambini e le loro famiglie nelle dolorose vicende di violenza, di pregiudizio e di solitudine subiti, spesso anche da parte delle Istituzioni. Chi non si sente solo, chi è sostenuto, ha il coraggio di lottare anche per gli altri….affinchè non accada mai più!
Grazie ancora a tutti voi per il prezioso arricchimento che avete dato, con i vostri commenti, alla mia vita e buone vacanze.
Un grazie particolare alla dott.ssa Lo Iacono ed un affettuosissimo abbraccio.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 19:22 da maria suma


Carissima Simo, grazie a te per la generosità e le bellezza dei tuoi interventi. Ti auguro di cuore ottime vacanze. E se potrai, dalle alte vette, lascia un commentino da queste parti.
Ne approfitto per preannunciare che, nei prossimi giorni, Letteratitudine tornerà in “clima vacanziero”.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 22:30 da Massimo Maugeri


@ Maria Suma
Cara Maria, ancora grazie per la tua partecipazione e per le belle parole che ci hai offerto. Ti faccio i migliori auguri per le lodevoli iniziative che porti avanti.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 22:34 da Massimo Maugeri


Esorto tutti a visitare il sito dell’associazione Meter, di Don Fortunato di Noto (prima citata da Maria).
http://www.associazionemeter.org/
Meter merita di essere sostenuta in ogni modo…

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 22:36 da Massimo Maugeri


@ Marinella e Luigi
Se ne avrete la possibilità, raccontateci come è andata.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 22:37 da Massimo Maugeri


Un saluto a Riccardo e a tutti voi.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 22:38 da Massimo Maugeri


Io credo alla fine che il sistema abbia un bisogno fisiologico del cosiddetto soggetto deviante, su cui riversare le sue varie colpe. Giordano Bruno, certo, ma anche tante altre vittime molto meno illustri.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 22:38 da Barbara X


Può essere, cara Barbara. E forse in alcuni casi il soggetto deviante, a sua volta, additerà il sistema come causa della sua devianza.
Da qui torniamo all’assunto che esiste, in genere, un collegamento tra colpa individuale e colpa collettiva.
Auguro buonanotte a te e a tutti voi.

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 22:57 da Massimo Maugeri


Scusa, Barbara. Credo di aver frainteso il senso del tuo commento.
Ma data la mia stanchezza credo che ne riparleremo domani :-)

Postato venerdì, 7 agosto 2009 alle 23:10 da Massimo Maugeri


Guarda, Massimo, per me “soggetto deviante” è spesso anche sinonimo di “ready-made” (hai presente certe opere dada?). La bambina della storia di Marinella -in una società feroce, idiota, disumanizzata- non può che essere un “oggetto fuori posto” per via della sua purezza, della sua innocenza, del suo essere angelo.

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 09:46 da Barbara X


@Barbara X. La bambina del romanzo di Marinella è già in grado di discernere il bene dal male, tanto è vero che minaccia spesso di riferire tutto al padre. E la società non è affatto disumanizzata. E’ semplicemente una società che appartiene a un’altra epoca (forse più sana di questa) dove miseria, ignoranza e istinti repressi prevalgono. La madre della bambina, a mio parere, è un personaggio che suscita tenerezza, una donna sola che si ritrova in casa un uomo più giovane e prestante a cui cede.

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 10:41 da Salvo zappulla


@Simonuccia. Fai buone vacanze, e non perderti tra i boschi, che poi mi tocca venire a salvarti.

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 10:45 da Salvo zappulla


Buone vacanze a Simona e a chi come lei parte…
Lo scrittore Jehoshua ha scritto un libro che si intitola IL POTERE TERRIBILE DI UNA PICCOLA COLPA… A volte piccole azioni producono conseguenze disatrose. La responsabilità, individuale e collettiva, è quella di vigilare sulle azioni e sui loro possibili effetti.
Verissimo che più una colpa viene percepita come individuale meno la si sente collettiva e viceversa. Perché? Una colpa frazionata in tanti individui non più singoli è meno gravosa – lo sembra, pare quasi estinguersi: pensiamo ai massacri, ai linciaggi… – e nello stesso tempo una colpa addossata a un singolo – capro espiatorio più o meno innocente – ci rassicura, ci tranquillizza: il male è lì, non sono io.
Stessa cosa per il bene: a volte ammiriamo i santi perché sono tutto ciò che non ci sforziamo di essere, più che vederli come sprone, come modello.
Il mostro è tutto ciò che vogliamo non essere: dileggiarlo, ucciderlo magari, ci fa scordare che in determinate circostanze potremmo essere al suo posto. La sua colpa non ci riguarda.
La Chiesa ci ricorda i cosiddetti peccati di omissione: non fare il bene quando potremmo, non denunciare il male quando potremmo evitarlo e farlo evitare spesso equivale a una colpa positiva.

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 12:51 da Maria Lucia Riccioli


Vi posto l’intervista che ho realizzato per LA VOCE DELL’ISOLA…
Protagonista la nostra Marinella Fiume…

Marinella Fiume, studiosa e scrittrice, non ha certo bisogno di presentazioni: i suoi lavori sulle figure femminili della storia letteraria e non della Sicilia sono ben noti. Basti pensare a “Sibilla arcana” (Lussografica) su Mariannina Coffa, alle protagoniste dei racconti de “L’angelo di Botero” (Bonanno) o al lavoro di ricerca sulle “Siciliane” del dizionario biografico uscito per i tipi di Emanuele Romeo Editore.
E proprio “Una storia siciliana” è il sottotitolo del nuovo libro di Marinella Fiume, “Celeste Aida”, pubblicato da Rubbettino nella collana diretta da Renate Siebert e presentato di recente alla Feltrinelli di Palermo con gli interventi di Maria Attanasio, Giovanni Tessitore e Giovanna Fiume.
XI anno E.F., il 1933.
Una “picciridda vurricata viva”.
Incesto e infanticidio a Fiumefreddo.
Materia per cronisti, cantastorie e scrittori.

Marinella Fiume in questo romanzo breve ridona voce ad Aida, la bambina vittima dell’amour fou della madre e del giovane genero, tra vicende giudiziarie, stralci della stampa coeva e cartelloni dipinti ad accompagnare note e rime di chi musicò la vicenda e ne fece materia simile a quella delle storie di sangue e briganti, paladini e amori che viaggiavano di bocca in bocca prima dell’avvento della televisione.
Storia d’antan eppure carica di perenne denuncia contro ogni forma di sopraffazione. Specie quella dell’oblio e dell’indifferenza.

A Marinella Fiume chiediamo, intanto, il perché del sottotitolo: forse a rimarcare la specificità isolana di questa storia?

- Com’è a tutti noto “Celeste Aida” è l’aria di Radames del primo atto dell’Aida di Verdi, una delle arie più famose di una delle opere liriche più famose. Aida, una principessa etiope, è catturata e condotta in schiavitù in Egitto. Radamés, un comandante militare, è combattuto nella scelta tra il suo amore per Aida e la sua fedeltà al Faraone; a complicare ulteriormente le cose, Radamés è amato da Amneris, la figlia del Faraone, ma non ricambia il sentimento della principessa. Egli viene condannato a morte per tradimento e sarà sepolto vivo: dentro il tempio di Vulcano è la sua tomba e Aida si nasconde nella cripta per morire con lui. Qui i due amanti accettano il loro terribile destino, dicono addio al mondo e alle sue pene e aspettano l’alba, mentre Amneris piange e prega sulla loro tomba. Una storia di un seppellimento in vita, dunque, nel nostro caso non di due amanti, ma di una bambina, all’ombra di un vulcano che, nel nostro caso, è l’Etna, appunto perché la nostra è una “storia siciliana”, anzi, una storia jonico-etnea.

Come le è venuta incontro la vicenda di Aida?

- Come le altre di donne grandi e piccole più o meno oscure, troppo presto e troppo ingiustamente cancellate dalla vita e dalla memoria, vittime due volte, della ferocia degli uomini e del silenzio della storia. In questo caso la letteratura ha una valenza risarcitoria, prolunga le loro vite e ne tramanda la memoria.

Quale forma ha scelto per raccontarla?
- Ho scelto il noir a sfondo storico per ricostruire emozioni, mentalità, atmosfere e ambienti evocandoli anche attraverso giornali d’epoca, fonti giudiziarie e “cunti” dei cantastorie.

La sua visione di “letteratura al femminile”. Esiste una specificità di genere?

- La mia è talora una protesta contro la damnatio memoriae subita dalle donne nel corso dei secoli, con particolare riferimento all’epoca dell’Inquisizione e all’Ottocento, che in Sicilia si protrae lungamente poiché la modernizzazione stenta a farsi strada. Tuttavia, al di là di elementi come la scelta del soggetto, nella quale si può scorgere specificità di genere, non credo alla letteratura “al femminile”, credo piuttosto che ci sia buona e cattiva letteratura.

E la letteratura siciliana? È una categoria a sé?

- Gli scrittori siciliani hanno una loro specificità che si connota per lo più nel linguaggio che non vuole rinunciare a coloriture dialettali e nella scelta di ambientare nei luoghi che conoscono meglio le loro storie; tuttavia, c’è una profonda diversità di personalità, di poetiche e di esiti tra loro, per cui preferirei parlare di “letteratura dei siciliani” più che di “letteratura siciliana”.

I suoi progetti saggistici e letterari?

- Ora vorrei parlare di uomini e in particolare di scienziati, anche qui siciliani, costretti a lottare contro un assetto di potere che li schiaccia e li condanna alla marginalità e al silenzio della storia.

Maria Lucia Riccioli

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 13:22 da Maria Lucia Riccioli


Grazie del tuo intervento, come sempre opportuno, cara M. Lucia, e congratulazioni per la nascita della tua bella nipotina. Ieri alla presentazione di “Celeste Aida” a Taormina ci siete mancati tu, Simona e Massimo ma sapevamo dei vostri impegni. Per altro Luigi è stato bravissimo e i relatori brillanti: abbiamo finito per tempo erchè alle 21 c’era la prima dell’Aida di Verdi al teatro greco mal’incontro è stato molto intenso, significativi gli interventi di Maria Concetta Calabrese, professore di Storia presso la facoltà di Sciene politiche dell’Università di Catania che ha messo l’accento sulla visione della famiglia e della donna durante il periodo del fascismo sottolineando come allora fosse stato istituito l’ONMI l’opera nazionale maternità e infanzia, una visione basata sulla donna come incubatrice e su una politica demografica volta ad accrescere la carne da macello per le guerre imperialistiche del duce. L’Avvocato Anna Ruggieri ha fatto presente come il pericolo per i bambini e per le donne viene spessissimo dalla famiglia stessa ieri come oggi purtroppo perchè l’assassino non bussa, ha le chiavi di casa e la cosa più terribile è spesso la negligenza quando non la complicità delle madri. Gabriella Gullotta ha fatto notare la somiglianza di questo romanzo con Porte aperte di Sciascia, concludendo “Porte aperte? Piuttosto spalancate sull’abisso”. Bellissime le letture di un capitolo intero, quello intitolato “le ricerche” da parte dell’attrice di teatro RitaPatanè, allieva del grande Giovanni Cutrufelli di cui mi onorai di essere amica. Infine di grande impatto i brani lirici interpretati da Carmine Elisa Moschella la quale, pur essenso soprano ha voluto interpretare un classico da tenore quel coro di Radamès “Celeste Aida” per interpretaretuttelemadri tese nello sforzo di trattenere la piccola Iduzza sul bordo del baratro… Infine uno studente liceale di 15 anni ha dato la sua lettura del romanzo attraverso un power point fatto da lui che puntava l’attenzione sulla barbarie della pena di morte. per concludere la scrittrice Tosca Pagliari ha fatto visionare un suo toccante trailer book sul romanzo. Magnifica la conduzione di Luigi La Rosa che ha fatto diventare la serata vero e proprio spettacolo culturale in un ambiente bellissimo, fresco e verse, il cortile del bel palazzo dei duchi di Santo Stefano, all’ombra di muri turriti e delle belle bifore. Grazie a tutti

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 13:44 da Marinella Fiume


Cara Marinella, grazie a te per averci aggiornati su come si è svolta la presentazione di ieri. Con le tue parole ci hai consentito di essere – in un modo o nell’altro – ugualmente “presenti”.

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 15:15 da Massimo Maugeri


@ Maria Lucia (di nuovo zia… auguri!):-)
Mari, ti ringrazio sia per i commenti che per l’intervista che hai inserito.
Per favorire la visualizzazione ho evidenziato in grassetto le tue domande.
Ancora auguri.

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 15:16 da Massimo Maugeri


Ringrazio anche Barbara per la precisazione e Salvo per l’integrazione (con il successivo commento).

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 15:18 da Massimo Maugeri


Barbara, giustamente, mette in relazione la “società feroce, idiota, disumanizzata” con “la purezza e l’innocenza” dei bambini.
I bambini vanno protetti. Su questo non c’è dubbio.
E per fortuna esiste un’altra umanità: quella di Don Fortunato e dell’associazione Mater, quella di Maria Suma, quella di tutti coloro che con il loro impegno civile (anche con i libri, come Marinella) e con il loro lavoro (ricordo anche il post “Un Angelo clandestino” su un episodio narrato da Simona) creano un’opposizione e una resistenza positiva alla “società feroce, idiota, disumanizzata” di cui sopra.
Per quel poco che mi è dato fare mi impegno a dare spazio a quell’altra umanità.
E’ un impegno che prendo con tutti, a partire da me stesso.
Grazie di cuore a tutti gli intervenuti.
(La discussione rimane aperta).

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 15:28 da Massimo Maugeri


Cari Amici, un saluto a tutti. Marinella carissima, non ho parole per ringraziarti della splendida serata che hai regalato a tutti noi. Era una di quelle rare volte in cui si è davvero toccati da una sorta di grazia, di alato splendore evocativo. Taormina in attesa dell’Aida è stata una cornice perfetta, e le luci che digradavano sulla città nel crepuscolo estivo le porteremo a lungo tra i ricordi più belli. Grazie dei complimenti, non merito tanto. Ho solo dato il mio piccolo contributo, cercando di tessere insieme le voci della serata nel magnifico concerto di emozioni che è stata. Tutto partiva da te, dal tuo libro, dal respiro della tua scrittura, che Rita Patané ha interpretato magnificamente e alla quale tutti quanti gli ospiti hanno offerto i loro omaggi. Tutto partiva dal sentimento civile che ha animato il tuo impegno di intellettuale e di scrittrice, nel ridare voce a una bambina speciale, vittima tra le vittime in un tempo di orrori. E’ un fiore delicato che hai posato sulla sua diversità esistenziale. Così. Senza retorica. Senza clamori. Senza sensazionalismi. Con dolcezza, con rispetto, con poesia. La stessa racchiusa nel suo nome. Ed è in questo modo che mi piace pensare al tuo romanzo. Un abbraccio ancora, e un caro saluto a Massimo e a tutti i lettori…

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 19:23 da Luigi La Rosa


A Salvo. Forse, riferendomi a Celeste Aida, ho “sbagliato” un termine: avrei dovuto parlare di “contesto”, non di “società”. C’è indubbiamente una certa differenza. Eppure la società è costituita da contesti, anche questo è innegabile. Contesti che vanno al di là delle varie epoche. Contesti in cui l’uomo si muove spesso assai male, creando danni a volte terribili, ai suoi simili e non solo. Io trovo che vi siano invece molte somiglianze fra la nostra epoca e quella in cui si svolgono i fatti narrati da Marinella, delle somiglianze -per così dire- sociopolitiche; allora c’era la tragedia sociale (e mentale) del Ventennio; oggi, invece, nel sistema serpeggia un’incoscienza che ha portato al nascere di atteggiamenti molto simili a quelli di ottant’anni fa. La disumanizzazione è una conseguenza della mancanza del buon senso, del buon cuore.

Postato sabato, 8 agosto 2009 alle 20:53 da Barbara X


Grazie Marinella! Mi sarebbe tanto piaciuto essere lì, ma le tue parole e quelle di Luigi compensano l’assenza… dovuta a una grande gioia. Spero che la mia cara nipotina cresca in un mondo diverso, più poetico e umano.
Grazie Massi! I piccoli letteratitudiniani aumentano…
:-)
Verissimo, Barbara. Il pericolo oggi è non indignarsi, non provare niente. Non pensare.

Postato domenica, 9 agosto 2009 alle 12:30 da Maria Lucia Riccioli


Carissimi,
vi scrivo da una bellissima Genova…prima tappa del mio viaggio. Domani sarò a Selva di Val Gardena.
Grazie a Maria Lucia per aver riportato la sua bellissima intervista e alle riflessioni di Barbara. Grazie a Marinella e alla descrizione commossa della presentazione del suo libro nella cornice del teatro di Taormina. Grazie a Massi e al suo grandissimo impegno artistico e umano e a quanti, silenziosamente, dolorosamente, ogni giorno, offrono fatica e amore ai piccoli, agli ultimi.
Credo che il bambino sia simbolo di ogni minorità, di ogni fragilità e viaggio che deve ancora compiersi. Credo che sia sempre – nel suo iniziale e tremolante affaccio alla vita – sintesi di tutte le fragilità, di tutte le innocenze trafitte del mondo.
Stasera, qui, ne ho visti di ogni nazionalità, tra le rive del porto antico e abbagliati dalle vasche dell’acquario. Nello stupore che leggo nei loro visi, e in quello di mio figlio, nell’incanto delle manine che tracciano per aria i propri sogni, vive, imbozzolato e palpitante, il futuro.
Sta a noi dipanarlo come una larva di farfalla. Vederlo volare via, leggero, con ali fiorate, trasparenti, belissime.
—–
Un augurio a Mari zia ( e alla piccola Miriam) e una promessa a Salvo: non mi perderò, stavolta….
Baci a tutti e buone vacanze!

Postato domenica, 9 agosto 2009 alle 23:45 da simona lo iacono


Caro Luigi, grazie anche a te per il bel resoconto della serata.

Postato lunedì, 10 agosto 2009 alle 10:56 da Massimo Maugeri


Un saluto a Barbara e a Mari… a a Simona, che – sebbene in vacanza – è riuscita comunque a essere presente con un commento dei suoi:-)
Grazie davvero!

Postato lunedì, 10 agosto 2009 alle 10:57 da Massimo Maugeri


Ho avuto il piacere di leggere e partecipare a diverse presentazioni di “Celeste Aida”. Ho sempre seguito con attenzione e curiostà i vari punti che sono stati esaminati, perchè ognuno di noi coglie un aspetto diverso della vicenda. Leggendo la storia, mi sono soffermato sulla figura di Giuseppina, che ho sempre visto in due modi diversi: la madre di famiglia, responsabile e apprensiva verso i figli, e la donna sola, senza marito, con una casa da mandare avanti. Giuseppina, essendo il marito lontano da moltissimi anni, cade tra le braccia di Giovannino, marito della figlia maggiore, tradendo così il consorte emigrato in America per lavoro.
Giuseppina è cosciente delle sue azioni, seppur spinte dalla disperazione e dalla solitudine. Questo non vuol dire che Giuseppina perde le sue qualità di madre o che non le abbia mai avute: la figura materna viene “affiancata” dalla passione per il genero. Osservando le sue azioni, non riesco a non percepire il senso materno verso i figli, in particolare verso la piccola Aida. Quando lessi il libro per la prima volta, non riuscii a cogliere questo particolare, perchè troppo adirato per il brutale omicidio di una bambina innocente. Adesso capisco che Giuseppina non avrebbe mai desiderato la morte per la figlia, cosa che invece ha voluto il genero, “frutto guasto della perversione e della follia”.

Postato lunedì, 10 agosto 2009 alle 20:30 da Giuseppe Palazzolo


Grazie Giuseppe, per le tue osservazioni puntuali, critiche e persino controcorrente, vorrei che tutti sapessero che sei uno studente di terza liceo scientifico perchè si complimenterebbero certamente con te per i tuoi interessi, per la tua partecipazione e la spiccata capacità di lettura. Bravo, grazie e buone vacanze, la profff…

Postato lunedì, 10 agosto 2009 alle 21:42 da Marinella Fiume


Grazie anche da parte mia, caro Giuseppe.
-
@ Marinella
Splendidi studenti per una splendida profff… :-)

Postato martedì, 11 agosto 2009 alle 18:45 da Massimo Maugeri


Marinella mi ha inviato i lavori di scrittura creativa realizzati insieme ai suoi alunni… che fortuna avere una prof del genere!
Giuseppe, un poco te la invidiamo… I ragazzi come te sono la speranza della cultura e di un’Italia migliore, fatta non da drogati e bamboccioni, tronisti e veline, ma da giovani ricchi di valori e voglia di fare, di sogni e passioni…
:-)

Postato mercoledì, 12 agosto 2009 alle 15:00 da Maria Lucia Riccioli


Simo cara,
divertiti e riposati… avete censito i pesci? Come va rispetto all’anno scorso?
:-)
Un abbraccio grande a te, Nanni e i tuoi. Scrivi tanto, leggi… io leggo e scrivo come una pazza, approfittando dell’insonnia agostana.
Mare e amici, sole e granite di mandorla.
E la gioia per una bimba, che spero viva in un mondo più bello e giusto.

Postato mercoledì, 12 agosto 2009 alle 15:04 da Maria Lucia Riccioli


Buone letture e buone vacanze a tutti, grazie dell’attenzione con cui avete seguito il dibattito, infine Buon ferragosto a tutti voi

Postato venerdì, 14 agosto 2009 alle 22:55 da Marinella Fiume


Buone vacanze a te, cara Marinella.
E grazie.

Postato domenica, 16 agosto 2009 alle 18:40 da Massimo Maugeri


una curiosita 63 anni fa chi erano le maestre de scuola elementare a fiumefreddo ?????’

Postato venerdì, 28 giugno 2013 alle 20:10 da lourdes


[...] Marinella Fiume, segnalo il suo “Aforismi per le donne toste“, nonché “Celeste Aida” (di questi testi ce se siamo occupati su Letteratitudine). In radio, a [...]

Postato domenica, 1 dicembre 2013 alle 20:01 da SICILIA ESOTERICA – intervista a Marinella Fiume | letteratitudinenews



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