lunedì, 6 aprile 2009
LA CAMERA ACCANTO 10° appuntamento
Il titolo di questo post non si riferisce a un romanzo erotico o a un film spinto.
La camera accanto è la stanza, per l’appunto, posta di fianco a quella ufficiale (letteratitudine).
Se letteratitudine è una sorta di caffè letterario virtuale, la camera accanto è un luogo dove si possono affrontare argomenti di diverso genere. Si può parlare di letteratura – certo -, di libri; ma anche di cinema, sport, televisione, politica, gossip, ecc.
Insomma, si può parlare di tutto ciò che volete. Ciascuno di voi può sentirsi libero di avviare un dibattito o, più semplicemente, scambiare quattro chiacchiere.
Anche qui, però, vige la nota avvertenza (colonna di sinistra del blog); per cui vi chiedo di rispettare persone e opinioni. Vi chiedo, inoltre, la cortesia di evitare litigi e toni eccessivamente scurrili.
(Massimo Maugeri)
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TERREMOTO IN ABRUZZO – 6/4/09
Non potevo aprire questa nuova puntata de “La camera accanto” in maniera diversa. Vivo in una zona altamente sismica e il terremoto è la cosa che temo di più in assoluto.
Il pensiero e le preghiere vanno alle vittime di questo disastro colossale, ai senzatetto, a coloro che – nel vivere (e sopravvivere a) questa tragica esperienza – non si sono ancora ripresi dallo shock. Su Repubblica.it c’è uno speciale: qui, qui e qui.
Lasciate pensieri e considerazioni, se ne avete voglia…
Ma soprattutto: cosa potremmo fare per renderci utili? Se avete notizie e/o idee in tal senso vi prego di riportarle qui.
Ecco qualche numero utile:
- Protezione Civile della Regione Abruzzo: Numeri verdi 800861016 e 800860146
- Il centralino della Protezione civile nazionale: 06 68201
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Dieci anni fa, il 5 aprile 1999, moriva Giulio Einaudi… un uomo che ha fatto la storia dell’editoria italiana del Novecento. Di seguito troverete un articolo di Ceronetti e una recensione di Alberto Pezzini a un volumetto che parla di Einaudi.
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da LA STAMPA del 2 aprile 2009
Il mio editore amabilmente invivibile
di Guido Ceronetti
Un insieme di leggendari difetti (da renderlo, si diceva, amabilmente invivibile) e l’arcana cifra di una genialità specifica nel far passare i libri dal Caos d’ombra delle parole all’evento che, superficialmente, la lingua ordinaria chiama «pubblicazione» – tale fu, nel secolo europeo XX, Giulio Einaudi. Al suo alone mi avvicinai poco. Ebbi a che fare sempre coi suoi collaboratori – cioè con la Casa da lui fondata. I libri Einaudi d’epoca ancora fascista restano memorabili: mi generarono lettore. La casa di tolleranza più volentieri frequentata, con vivo senso del peccato, da giovani in cerca di qualcosa d’impreciso e dai lettori di vita, era la bancarella, radunata di meretrici non sempre fresche dalla bassa tariffa. Nel 1950 scoprii i bouquinistes dei lungosenna, ma a Torino c’erano anche i chioschetti incrostati ai portici, e buona parte ne è arrivata fino a questo oltreduemila dopo Cristo.
La bancarella torinese cominciò a migliorarmi un po’ lo squallore dell’esistenza all’età, circa, di quattordici-quindici anni; in specie, tra 1943 e 1945, fu evasione nelle notti di coprifuoco. Sono certo, ancora adesso, dei titoli che determinarono scelte di vita (lo Spinoza di Rensi edito da Bocca) e tra questi i libri Einaudi furono numerosi: le edizioni in carta avorio degli Ossi di seppia e delle Occasioni, i Narratori tradotti dalla copertina azzurra (oggi da collezione, vivi sempre) e nei Saggi contornati di rosso fu decisivo La crisi della civiltà dello storico olandese Johann Huizinga (credo fosse del 1938) che mi svegliò all’attenzione critica dei fenomeni del secolo. Montale mi fu ostico per parecchi anni. Non mi riusciva di digerire quel famoso attacco: Godi se il vento ch’entra nel pomario… E perché, entrando nel pomario, vi rimenava «l’ondata della vita»? Avrei mai potuto immaginare che a quel nome sconosciuto una trentina di anni dopo, insieme a mia moglie, avrei portato con reverenza fiori in via Bigli? Vecchio e senatore venne una volta in casa nostra, vicino a Roma, con Paolo Milano e avrei voluto chiedergli di firmarmi quella edizione Einaudi degli Ossi: fui bloccato dal Timido interno, mai del tutto guarito.
Opprimente e oppressiva divenne l’Editrice a causa dell’ambiente che la teneva sequestrata nel periodo di conversione di Giulio Einaudi all’ortodossia totalitaria più ciecamente stalinista. Un demone incubo, che gravava su tutto, un capriccio dell’uomo, che esercitava il fascino di una dittatura culturale, richiamando autori sovietici e altra perfetta illeggibilità. Volendo essere alla moda, mi caricai di letture einaudiane di puntiglioso perditempo. Ero andato in trance per Dieci giorni che sconvolsero il mondo, che non era noioso, ma pestare nel marxismo maniacale di Quando l’America diventò nazione indica, da parte mia, più ottusità che pazienza. Ma c’era di mezzo quella porca ruffiana della Corazzata! Ero della generazione, nel post-Duce e Impero, della Corazzata! La Corazzata Potemkin! Tutti rotolati sui gradini della Scalinata di Odessa, fino in fondo e più giù ancora… Il giorno dopo la magica abbeverata i giovani spettatori correvano a iscriversi al Pci, ma qui fui lucido, alla larga dalle sezioni e dai loro predicatori… Non ho mai amato i problemi giuridici, e un autore allora notissimo dirigente comunista, Antonio Giolitti, altro einaudiano delle grandi covate, mi aveva tentato, tuttavia… Illeggibile a morte, povero Giolitti, che nel 1956 ebbe il merito, con Calvino e Bollati, di buttare la tessera…
In un capitolo dei suoi (al contrario di Giolitti, leggibilissimi) I migliori anni della nostra vita, Ernesto Ferrero ha raccontato, con molta piacevolezza e lusinghiero acume, i miei esordi da Einaudi, come traduttore, a partire dal 1961. Data veridica e ufficiale, ma avevo giù avuto contatti formali con l’Editore temuto, ancora in epoca Pavese, nei due anni prima dell’Hôtel Roma: gli avevo taciuto il mio incurabile anticomunismo e proposto (quale astuzia!) un saggio anti Patto Atlantico (futura Nato): scrivevo versi, ma la via più corta, da Einaudi, era proporgli politica. Mi rispose, infatti, con molto interesse, e sarebbe stato per lui uno scivolone… Tempestivamente, quantunque ancora minimamente Potemkin per amore di Eizenstejn, dopo tre anni di lavoro, saggiamente consigliato, buttai il manoscritto nel cesso. Amen!
Giulio Einaudi non sprecava elogi. Da lui, esplicitamente, ne ricevetti uno solo, incontrandolo nel corridoio di via Biancamano 1: aveva appena pubblicato la mia versione di tutti gli Epigrammi di Valerio Marziale, lavoro enorme mio tra il Collegio Romano e le rovine del Palatino dove tiravo su come da una calabaza di màte immaginari succhi di Subura domizianea, spesso dopo mezzanotte (Roma era sicura, mai brutti incontri!). Einaudi mi lodò quel lavorone di poesia con autentica liberalità e convinzione – roba da sprofondare!! A confermarne il genio editoriale, nello stesso corridoio – era ancora il patron, ma per poco – mi chiese di fargli «qualcosa di narrativo»; risposi che ci avrei pensato, ben sapendo di non avere nessun talento a narrare. Finii per proporgli di fare un viaggio attraverso l’Italia – e fu, nel 1983, Un viaggio in Italia, che uscì nei Saggi, come desideravo, e anni dopo nella Narrativa, come profetizzato dall’Oracolo e dalla sua misteriosa sensibilità delfica, in quell’incontro durato meno di trenta secondi, mentre ne declinava materialmente il potere – intatto e perdurante, sugli autori in atto e futuri, il carisma.
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Rhemes o della felicità – Ernesto Ferrero – Liaison 2008 – pagg. 52 – euro 12,00.
di Alberto Pezzini
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Questo libro nasce come la rielaborazione ampliata del capitolo Nos jours passent comme l’ombre inserito ne I migliori anni della nostra vita edito da Feltrinelli nel 2005.
Racconta dei “ritiri” che Giulio Einaudi organizzava in questa valle aspra della Val d’Aosta. Ancora oggi trascurata dalla massa più feroce dello sci di massa. Trattasi infatti di zona ancora ritirata su sé stessa, avara di espansione umana ma ricchissima di un fascino antico, finalmente ancora montano.
Qui Ferrero ambienta un mondo estivo trafitto di ricordi anche dolorosi per quanto sono pieni, ed oggi insostenibili. Il peso della malinconia, e della nostalgia, è a volte un bagaglio troppo pesante da portare. Allora bisogna anche parlarne per alleggerirlo. Ferrero narra degli uomini dell’Einaudi e lo fa con l’occhio alla montagna. Un aspetto inedito, questo, anche perché pochi conoscono la voglia di escursioni che divorava Giulio Einaudi. Quell’editore così raffinato, e così intento a creare un progetto editoriale unico, aveva una camminata sciolta, da camoscio. Quella che fa sì che gli altri restino subito indietro con la lingua a penzoloni. Sempre abbronzato, alla ricerca della montagna per creare anche qui un’energia rinnovante. Progetto editoriale e ricerca in montagna dello spirito fisico, ossia quello che garantisce un ricambio spirituale. La cosa più curiosa è che in quei ritrovi, dove all’albergo Granta Parey soltanto l’editore aveva una camera singola ( ed un altro personaggio a lui viciniore), Massimo Mila non veniva. Non veniva precettato, o invitato, chiosa Ferrero. Il chè si spiega facilmente. Massimo Mila, insuperabile musicologo e scrittore di montagna oltrechè civile, aveva dentro di sé non soltanto e semplicemente il senso della ascensione. Per spiegarsi meglio. La montagna è schematica quando divide i suoi amanti in due categorie che non si incontrano mai:gli escursionisti e gli alpinisti. Quelli che si riunivano presso la valle di Rhemes erano tutti escursionisti per necessità, nel senso che Giulio Einaudi li precettava. Lo stesso Ferrero si ricorda delle sue escursioni a cui si dichiara non abituato. Anche se poi le ricorda con piacere fisico puro. Perché la montagna ha in sé un ormone, anzi un feromone che riesce a far secernere agli uomini come alle api il miele.
Gli altri sono gli alpinisti, come Mila.Che non si mischiano con i primi. Mila sarebbe venuto se ci fosse stato un Messner che ammirava anche come scrittore. Ed anche questa è una chiosa golosa chè apre una discussione ampia come il mare sul valore letterario degli scritti di Messner. Sui quali si può dire di tutto tranne che non siano decisamente belli, o che non lasciano addosso una voglia di continuare a leggerli.
Poi Ferrero ci lascia il testamento spirituale di Mila. Quello forse più significativo nell’ambito del libro, e della filosofia che alligna dentro la casa editrice Liaison. La montagna. Bene. A questo proposito bisogna essere schietti come acqua fontis. Due sono i libri ai quali va riconosciuto il merito di avere individuato con precisione più vicina all’esoterico il senso effettivo della montagna. Ciò che essa davvero ha dentro e quello che trasmette agli umani. Uno è Terre alte di Carlo Grande ( Ponte alle Grazie) e l’altro, anche se in forma quantitativa più contenuta, questo di Ferrero.
Quest’ultimo traccia il contenuto della montagna anche grazie alle indicazioni spirituali di Massimo Mila e quindi è avvantaggiato rispetto a Carlo Grande, che è però più uomo di montagna di suo. E quindi più incline a sentire le voci che il vento fa fare ai monti e tra i sentieri. Ferrero è qui un distillatore ed un eccezionale aedo di memorie che forse, diversamente, si sarebbero perse.
Secondo Mila la montagna “è l’unica attività conoscitiva che non avviene attraverso lo studio, a tavolino o in laboratorio, ma si esplica attraverso il fare”.
E ancora:”Di Mila ho fisso il ricordo del movimento appena accennato che gli stira le labbra quando siede accanto a Bobbio al tavolo ovale delle riunioni del mercoledì. Ha l’aspetto pacificato di chi è appena tornato da un’arrampicata impegnativa, e la soddisfazione gli sta scritta ne tono muscolare del corpo.La fatica lo ha depurato, tonificato,gli ha dato la serenità de lavoro ben fatto”.
Forse qui Ferrero sta al di sopra del semplice aedo che trascriva delle memorie. O per osmosi, o per trasmigrazione di qualche essenza, ha capito in quattro frasi cosa significa la montagna per le persone, per i cittadini, per gli uomini e per gli eroi.
La montagna è sacrificio silenzioso (La montagna è un signore che bisogna servire in umiltà e letizia) attraverso il quale è possibile, ala sera, guardare dabbasso, verso gli umani, con degli occhiali – e qui l’aggettivo è magniloquente – pacificati.
Quando si sale in montagna e si compie una fatica fisico – spirituale(inevitabile), scende l’attenzione verso le cose umane e si perde l’adrenalina che le rende nevrotiche e perseveranti. Esse diventano diverse, non si perdono, ma si sentono ridotte nell’eco. Ed il peso si fa più leggero. Mila aveva la grande passione della montagna che gli rese possibile sopportare tanti anni di carcere politico, ma pur sempre carcere.E’ una filosofia esistenzialista, quella della montagna. Solo che porta all’emersione uomini di acciaio, fatti con un filo di dannata resistenza e di silenzi – talvolta – enigmatici.
Però quel filo così d’angelo e d’acciaio al contempo, una liaison inossidabile, era quella intuita da Einaudi e covata intimamente da Mila. La montagna come culla di energie, e come scalino su cui poggiare i piedi prima di compiere anche il salto più modesto. Un momento di ricreazione intellettuale necessario. Che non è il mare, si badi bene. E non per snobismo intellettuale. Ma perché il mare non possiede quella energia cosmica che nasce dalla fatica umana.
Andate tutto il giorno al mare, e poi un altro giorno state in montagna l’intera giornata. Anche a camminare semplicemente. Alla sera vi confronterete con due condizioni psicologiche nettamente distanti. Come pianeti diversi. Come soli e lune antifronti. Solo che soltanto la montagna vi offre una pacificazione interiore superiore, indecifrabile ma sicura. Soltanto la montagna è come lo struzzo della casa Einaudi:Durissima coquit, capace di sminuzzare anche le pietre più dure assimilandole con calma. Senza sbalzi. Ma digerendole.
A Ferrero il merito di avere intuito la montagna in un libro che parla di letteratura soprattutto umana. Con uno stile chè beato lui per quanto è sinottico e musicante. Suona bene.Come le montagne quando il vento le copre.
Tags: abruzzo, LA CAMERA ACCANTO, terremoto
Scritto lunedì, 6 aprile 2009 alle 17:15 nella categoria LA CAMERA ACCANTO. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.
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