Commenti a: UN ANGELO CLANDESTINO http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/ Un open-blog. un luogo d\'incontro virtuale tra scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti e operatori culturali Sat, 11 Sep 2021 08:46:19 +0000 http://wordpress.org/?v=2.9.2 hourly 1 Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-57061 Maria Lucia Riccioli Fri, 20 Mar 2009 21:55:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-57061 Saluta Cristina da parte nostra, Massi... dille che la aspettiamo qui sul blog a braccia aperte quando vorrà! Saluta Cristina da parte nostra, Massi… dille che la aspettiamo qui sul blog a braccia aperte quando vorrà!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-57047 Massimo Maugeri Fri, 20 Mar 2009 16:19:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-57047 Vi comunico un messaggio che mi ha fatto pervenire Cristina Ali Farah per email. Senza entrare nello specifico: si trova impossibilitata a intervenire per una serie di problemi (che per questioni di riservatezza non espongo) e si scusa. - Cristina, come ti ho già scritto per mail "non preoccuparti". In bocca al lupo per tutto. Vi comunico un messaggio che mi ha fatto pervenire Cristina Ali Farah per email. Senza entrare nello specifico: si trova impossibilitata a intervenire per una serie di problemi (che per questioni di riservatezza non espongo) e si scusa.
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Cristina, come ti ho già scritto per mail “non preoccuparti”. In bocca al lupo per tutto.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56669 Maria Lucia Riccioli Sun, 15 Mar 2009 16:07:41 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56669 Un caro saluto a Piera Mattei... che ci narra anche lo straniamento degli animeli, nostri amici di viaggio nella vita. Un caro saluto a Piera Mattei… che ci narra anche lo straniamento degli animeli, nostri amici di viaggio nella vita.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56666 Maria Lucia Riccioli Sun, 15 Mar 2009 15:59:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56666 Verissimo il fatto che spesso ci si senta sempre stranieri... chi emigra lo è due volte, perché è straniero ormai alla terra da cui parte e straniero a quella in cui approda. Verissimo il sentirsi stranieri a casa propria, il calpestare straniti e a disagio il suolo dei propri padri e respirare assenti l'aria materna, ammorbati entrambi dalla delinquenza, dal pressapochismo, dalla mancanza di speranza. Spero che questa crisi - nel senso greco - ci inviti al cambiamento, ad occhi nuovi, a un rinnovato modo di agire verso noi stessi, gli altri, il mondo. Verissimo il fatto che spesso ci si senta sempre stranieri… chi emigra lo è due volte, perché è straniero ormai alla terra da cui parte e straniero a quella in cui approda.
Verissimo il sentirsi stranieri a casa propria, il calpestare straniti e a disagio il suolo dei propri padri e respirare assenti l’aria materna, ammorbati entrambi dalla delinquenza, dal pressapochismo, dalla mancanza di speranza.
Spero che questa crisi – nel senso greco – ci inviti al cambiamento, ad occhi nuovi, a un rinnovato modo di agire verso noi stessi, gli altri, il mondo.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56629 Massimo Maugeri Sat, 14 Mar 2009 23:09:01 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56629 Un saluto a te, Carla. E a Maria Lucia. Un saluto a te, Carla. E a Maria Lucia.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56603 Maria Lucia Riccioli Sat, 14 Mar 2009 15:01:40 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56603 Stimolanti anche le pagine della Santagelo... Questa Italia difficile, che non si lascia leggere ma su cui è bello scrivere, per capirla, per provarci almeno. Stimolanti anche le pagine della Santagelo…
Questa Italia difficile, che non si lascia leggere ma su cui è bello scrivere, per capirla, per provarci almeno.

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Di: Maria Lucia Riccioli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56602 Maria Lucia Riccioli Sat, 14 Mar 2009 14:50:39 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56602 Il mio capriccioso pc e giornate pienissime mi permettono solo ora di gustare il poetico racconto di Simona - Dio voglia che i giudici e i politici italiani giudichino e legiferino sempre senza fretta, senza pensare alla porta - e i vostri commenti. @ Cristina Ali Farah: anch'io ero presente alla premiazione, insieme a Massimo e a un bel gruppo di Letteratitudiniani! Bellissimo recuperare le radici e fondamentale che a farlo siano delle donne: la donna è mater, è terra, pater è patria, che viene solo dopo. Un caro saluto a Tea, che ci ha tratteggiato una figura di magistrato dolentissima e poetica nella sua "sconfitta". Il mio capriccioso pc e giornate pienissime mi permettono solo ora di gustare il poetico racconto di Simona – Dio voglia che i giudici e i politici italiani giudichino e legiferino sempre senza fretta, senza pensare alla porta – e i vostri commenti.
@ Cristina Ali Farah: anch’io ero presente alla premiazione, insieme a Massimo e a un bel gruppo di Letteratitudiniani! Bellissimo recuperare le radici e fondamentale che a farlo siano delle donne: la donna è mater, è terra, pater è patria, che viene solo dopo.
Un caro saluto a Tea, che ci ha tratteggiato una figura di magistrato dolentissima e poetica nella sua “sconfitta”.

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Di: carla http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56587 carla Sat, 14 Mar 2009 08:36:59 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56587 noi seminiamo, ma non siamo i veri seminatori, è Qualcun altro che si serve di noi, guai se avessimo questa presunzione, a volte seminiamo non molto bene, ma è importante seminare sempre con la speranza e l'umiltà che sia Qualcun altro a raccogliere, a noi non è dato vedere su questa terra. " l'amore è il solo fiore che cresce e boccia senza l'aiuto delle stagioni" Kahlil Gibran. vi saluto tutti carla noi seminiamo, ma non siamo i veri seminatori, è Qualcun altro che si serve di noi, guai se avessimo questa presunzione, a volte seminiamo non molto bene, ma è importante seminare sempre con la speranza e l’umiltà che sia Qualcun altro a raccogliere, a noi non è dato vedere su questa terra.
” l’amore è il solo fiore che cresce e boccia senza l’aiuto delle stagioni” Kahlil Gibran.
vi saluto tutti carla

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56557 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 20:43:13 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56557 Grazie a te, Gaetano. Grazie a te, Gaetano.

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Di: Subhaga Gaetano Failla http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56549 Subhaga Gaetano Failla Fri, 13 Mar 2009 20:31:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56549 Leggo da "La Repubblica" di oggi 13 marzo 2009: "BARI - Era clandestina da alcuni mesi, per vivere faceva la prostituta e per paura non è andata in ospedale: è morta per tubercolosi polmonare avanzata..." I sanitari affermano che la donna era malata da mesi: una semplice visita avrebbe potuto salvarla. *** Ringrazio ancora Massimo, Simona Lo Iacono, Christiana de Caldas Brito, Evelina Santangelo, Cristina Ali Farah, e tutti i partecipanti a questa discussione, i quali rendono l'Italia più bella, nonostante la brutalità dilagante. Leggo da “La Repubblica” di oggi 13 marzo 2009:
“BARI – Era clandestina da alcuni mesi, per vivere faceva la prostituta e per paura non è andata in ospedale: è morta per tubercolosi polmonare avanzata…” I sanitari affermano che la donna era malata da mesi: una semplice visita avrebbe potuto salvarla.
***
Ringrazio ancora Massimo, Simona Lo Iacono, Christiana de Caldas Brito, Evelina Santangelo, Cristina Ali Farah, e tutti i partecipanti a questa discussione, i quali rendono l’Italia più bella, nonostante la brutalità dilagante.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56541 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 20:06:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56541 @ Cristina Ali Farah Raccontaci la tua esperienza al Premio Vittorini 2008, dove hai vinto nella sezione opera prima (te lo chiedo anche perché ero presente alla premiazione). @ Cristina Ali Farah
Raccontaci la tua esperienza al Premio Vittorini 2008, dove hai vinto nella sezione opera prima (te lo chiedo anche perché ero presente alla premiazione).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56540 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 20:05:10 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56540 Grazie mille, cara Evelina... Grazie mille, cara Evelina…

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Di: Da SENZATERRA (Einaudi, «L’Arcipelago», 2008) pp.92-95 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56539 Da SENZATERRA (Einaudi, «L’Arcipelago», 2008) pp.92-95 Fri, 13 Mar 2009 20:03:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56539 In cucina trova la tavola ancora apparecchiata: il piatto piano poggiato a mo’ di coperchio a tener calda la cena, le posate allineate su un lato, i due bicchieri sistemati sull’altro, e più in là, la piccola brocca del vino di cristallo finto che riflette la luce al neon dell’ombrellino di ceramica bianca appeso al soffitto. – Zia Concè... – mormora Gaetano a fior di labbra, pervaso da un senso d’intimo sollievo, o conforto. Scostando un po’ il piatto, scopre la minestra ridotta a una poltiglia informe, la superficie compatta attraversata da tante piccole crepe. Fa per buttarla nella spazzatura, poi l’infila nel vano più basso del frigo, accanto alla frutta. – Domani si vede... Nel silenzio immobile della casa, spegne la luce. Muovendosi a tentoni, esce dalla cucina. Scorge il profilo fragile della zia adagiato sul lenzuolo di un bianco azzurrato, il respiro lieve. Socchiude piano la porta, s’avvia verso la sua camera. Lancia uno sguardo nella stanza del padre, che dorme supino, le gambe e le braccia aperte, penzolanti nel vuoto giù dal rettangolo del letto a una piazza. Scivola via nella sua stanza. Preme l’interruttore senza neanche doverlo cercare. Rimane per un attimo sulla soglia in contemplazione. – Tutto resuscitato pare... – Fa scorrere gli occhi sui contorni esatti delle cose nella luce che si spande uniforme dal centro esatto del soffitto. È ancora immerso in quella specie di stupore irragionevole, quando scorge sul letto una sacca rossa, sportiva, con in cima un biglietto: un mezzo foglio a righe di computisteria attraversato da una scritta rossa. La guarda come fosse una cosa capitata lì per caso, o per distrazione. Si avvicina. «Que-sto re-ga-lo te lo fa tuo pa-dre», sillaba, decifrando a fatica la grafia stentata e storta. Poi, nella riga di sotto, «Lo fazzo per te». In stampatello. Seduto sul bordo del letto, ripiega il foglio, lo spinge in fondo a una delle tasche esterne della borsa. Adagia la sacca per terra. Spegne la luce. Disteso nella penombra della stanza, se ne sta per un po’ a guardare quella forma bruna appena ravvivata da un sentore di rosso. Poi si decide, allunga la mano: tasta la trama della stoffa robusta, impermeabilizzata, le cuciture rifinite per bene, fatte per durare... Si gira, tenta di dormire. Tra le fessure degli occhi, scorge il muro infestato di ombre... alghe giganti che s’allungano sulla sua faccia, gli sciamano per tutto il corpo, lo tirano per poi mollarlo... Si drizza a sedere sul letto in preda a un’angoscia che lo spinge fuori dalla stanza, lungo il corridoio, e poi su per le scale che s’avvitano fino al piano abusivo della veranda. Tastando freneticamente i mattoni di tufo, cerca l’interruttore perso in qualche angolo del muro. Con le spalle contro la porta, inspira più aria che può nei polmoni e la libera piano, finché non sente il cuore allentare il ritmo, il sangue riprendere a fluire calmo. Riluttante, si stacca dalla parete, va verso il computer sistemato in un angolo della scrivania e come immerso in una sua vita segreta, del tutto indifferente al disordine di libri e carte sparsi sul ripiano. Lo accende. Uno sfrigolio sintetico, un bip sincopato, d’arma spaziale, poi una specie vento, di calore elettromagnetico che gli invade le guance, mentre le pupille prendono a pulsare al ritmo dei dati d’avvio che si susseguono rapidi sullo sfondo cieco, come affiorando da un buco nero. Prova un senso di liberazione quando davanti ai suoi occhi si spalanca lo schermo, il desktop azzurro punteggiato d’icone ordinate in una geometria rasserenante. Battendo rapido sui tasti, nel giro di qualche secondo è già immerso in quell’altrove aereo, dove andare e basta, scivolare sospinti da una frenesia, una voglia selvaggia di spingersi fin lì, anche lì, in quel sito dove le pupille s’incagliano, bloccando le dita sulla tastiera. Nell’home page, un’immagine che non si aspettava. Una foto di gruppo, del team di meccanici specializzati. Ci clicca sopra. L’ingrandisce. Scorge suo padre, uno che sembra proprio suo padre, seminascosto in seconda fila, anche lui in tuta nera bordata di giallo, il collo della maglia alto fin sotto il mento, le braccia conserte... un guerriero. Lo sguardo dritto all’obiettivo. Irriconoscibile quasi. Batte l’indice e il medio sui tasti, chiude la pagina, il collegamento, il programma. Torna alla trasparenza azzurra del desktop che gli invade il viso. Si alza. Ruotando piano la maniglia della porta a vetri, esce sulla terrazza. Abbassa gli occhi verso il caotico ammasso di tetti e cavi volanti e pensiline abusive, punteggiato di cisterne bluastre e grigie. Ne scorge una abbandonata proprio sotto la terrazza, su una copertura, qualche metro più in là: il bordo sfilacciato, le maglie d’amianto ridotte a una ragnatela inerte. – Eternit beviamo, – mormora a fior di labbra. Poi allunga lo sguardo verso il profilo nero del Calvario che si staglia in lontananza e incombe come un grosso dente aguzzo, sconciato in cima da un focolaio di carie. – Ma che terra è? Che paese è? Che gente siamo? – Scostandosi dal parapetto, scivola verso la scrivania. Svogliatamente si mette a scorrere le pagine del libro di Estimo lasciato aperto sul tavolo, la matita blu e rossa incastrata in mezzo. – E che dobbiamo stimare, – dice, con un sorriso amaro, poggiando la testa sulle pagine gonfie di sottolineature. . Suo padre lo trova così, con quelle labbra piegate appena in una smorfia, la testa sul ripiano del tavolo, immersa nel chiarore azzurro del video ancora acceso, le braccia abbandonate, penzolanti nel vuoto. – Tanì, – gli sussurra, toccandogli con una mano la spalla. Lui alza il capo, fa vagare lo sguardo intorno, lo ferma sui capelli scarmigliati e incredibilmente grigi del padre, sulla faccia pallida. – Comu fazzu... – biascica in quel suo dormiveglia, agitato. – Comu fazzu... Suo padre gli poggia il palmo della mano sulla testa, coprendogliela fino alla nuca. Con due dita accarezza quel <em>neo di sua madre </em>cresciutogli chissà quando tra la radice dei capelli: – Va cùrcati, Tanì. Dormi... – Prendendolo delicatamente da sotto le ascelle, lo tira su. In cucina trova la tavola ancora apparecchiata: il piatto piano poggiato a mo’ di coperchio a tener calda la cena, le posate allineate su un lato, i due bicchieri sistemati sull’altro, e più in là, la piccola brocca del vino di cristallo finto che riflette la luce al neon dell’ombrellino di ceramica bianca appeso al soffitto. – Zia Concè… – mormora Gaetano a fior di labbra, pervaso da un senso d’intimo sollievo, o conforto. Scostando un po’ il piatto, scopre la minestra ridotta a una poltiglia informe, la superficie compatta attraversata da tante piccole crepe. Fa per buttarla nella spazzatura, poi l’infila nel vano più basso del frigo, accanto alla frutta. – Domani si vede…
Nel silenzio immobile della casa, spegne la luce.
Muovendosi a tentoni, esce dalla cucina. Scorge il profilo fragile della zia adagiato sul lenzuolo di un bianco azzurrato, il respiro lieve. Socchiude piano la porta, s’avvia verso la sua camera. Lancia uno sguardo nella stanza del padre, che dorme supino, le gambe e le braccia aperte, penzolanti nel vuoto giù dal rettangolo del letto a una piazza. Scivola via nella sua stanza. Preme l’interruttore senza neanche doverlo cercare. Rimane per un attimo sulla soglia in contemplazione. – Tutto resuscitato pare… – Fa scorrere gli occhi sui contorni esatti delle cose nella luce che si spande uniforme dal centro esatto del soffitto. È ancora immerso in quella specie di stupore irragionevole, quando scorge sul letto una sacca rossa, sportiva, con in cima un biglietto: un mezzo foglio a righe di computisteria attraversato da una scritta rossa. La guarda come fosse una cosa capitata lì per caso, o per distrazione. Si avvicina. «Que-sto re-ga-lo te lo fa tuo pa-dre», sillaba, decifrando a fatica la grafia stentata e storta. Poi, nella riga di sotto, «Lo fazzo per te». In stampatello.
Seduto sul bordo del letto, ripiega il foglio, lo spinge in fondo a una delle tasche esterne della borsa. Adagia la sacca per terra. Spegne la luce.
Disteso nella penombra della stanza, se ne sta per un po’ a guardare quella forma bruna appena ravvivata da un sentore di rosso. Poi si decide, allunga la mano: tasta la trama della stoffa robusta, impermeabilizzata, le cuciture rifinite per bene, fatte per durare… Si gira, tenta di dormire. Tra le fessure degli occhi, scorge il muro infestato di ombre… alghe giganti che s’allungano sulla sua faccia, gli sciamano per tutto il corpo, lo tirano per poi mollarlo… Si drizza a sedere sul letto in preda a un’angoscia che lo spinge fuori dalla stanza, lungo il corridoio, e poi su per le scale che s’avvitano fino al piano abusivo della veranda.
Tastando freneticamente i mattoni di tufo, cerca l’interruttore perso in qualche angolo del muro. Con le spalle contro la porta, inspira più aria che può nei polmoni e la libera piano, finché non sente il cuore allentare il ritmo, il sangue riprendere a fluire calmo.
Riluttante, si stacca dalla parete, va verso il computer sistemato in un angolo della scrivania e come immerso in una sua vita segreta, del tutto indifferente al disordine di libri e carte sparsi sul ripiano. Lo accende. Uno sfrigolio sintetico, un bip sincopato, d’arma spaziale, poi una specie vento, di calore elettromagnetico che gli invade le guance, mentre le pupille prendono a pulsare al ritmo dei dati d’avvio che si susseguono rapidi sullo sfondo cieco, come affiorando da un buco nero.
Prova un senso di liberazione quando davanti ai suoi occhi si spalanca lo schermo, il desktop azzurro punteggiato d’icone ordinate in una geometria rasserenante. Battendo rapido sui tasti, nel giro di qualche secondo è già immerso in quell’altrove aereo, dove andare e basta, scivolare sospinti da una frenesia, una voglia selvaggia di spingersi fin lì, anche lì, in quel sito dove le pupille s’incagliano, bloccando le dita sulla tastiera. Nell’home page, un’immagine che non si aspettava. Una foto di gruppo, del team di meccanici specializzati. Ci clicca sopra. L’ingrandisce. Scorge suo padre, uno che sembra proprio suo padre, seminascosto in seconda fila, anche lui in tuta nera bordata di giallo, il collo della maglia alto fin sotto il mento, le braccia conserte… un guerriero. Lo sguardo dritto all’obiettivo. Irriconoscibile quasi.
Batte l’indice e il medio sui tasti, chiude la pagina, il collegamento, il programma. Torna alla trasparenza azzurra del desktop che gli invade il viso. Si alza.
Ruotando piano la maniglia della porta a vetri, esce sulla terrazza. Abbassa gli occhi verso il caotico ammasso di tetti e cavi volanti e pensiline abusive, punteggiato di cisterne bluastre e grigie. Ne scorge una abbandonata proprio sotto la terrazza, su una copertura, qualche metro più in là: il bordo sfilacciato, le maglie d’amianto ridotte a una ragnatela inerte. – Eternit beviamo, – mormora a fior di labbra. Poi allunga lo sguardo verso il profilo nero del Calvario che si staglia in lontananza e incombe come un grosso dente aguzzo, sconciato in cima da un focolaio di carie. – Ma che terra è? Che paese è? Che gente siamo? – Scostandosi dal parapetto, scivola verso la scrivania. Svogliatamente si mette a scorrere le pagine del libro di Estimo lasciato aperto sul tavolo, la matita blu e rossa incastrata in mezzo. – E che dobbiamo stimare, – dice, con un sorriso amaro, poggiando la testa sulle pagine gonfie di sottolineature.
.
Suo padre lo trova così, con quelle labbra piegate appena in una smorfia, la testa sul ripiano del tavolo, immersa nel chiarore azzurro del video ancora acceso, le braccia abbandonate, penzolanti nel vuoto. – Tanì, – gli sussurra, toccandogli con una mano la spalla. Lui alza il capo, fa vagare lo sguardo intorno, lo ferma sui capelli scarmigliati e incredibilmente grigi del padre, sulla faccia pallida. – Comu fazzu… – biascica in quel suo dormiveglia, agitato. – Comu fazzu…
Suo padre gli poggia il palmo della mano sulla testa, coprendogliela fino alla nuca. Con due dita accarezza quel neo di sua madre cresciutogli chissà quando tra la radice dei capelli: – Va cùrcati, Tanì. Dormi… – Prendendolo delicatamente da sotto le ascelle, lo tira su.

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Di: Da SENZATERRA (Einaudi, «L’Arcipelago», 2008), pp. 57-59 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56538 Da SENZATERRA (Einaudi, «L’Arcipelago», 2008), pp. 57-59 Fri, 13 Mar 2009 20:01:36 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56538 Senza frenare, Gaetano imbocca la strada sterrata. Sente le ruote impantanarsi nel guado del fiume che, in rivoli d’acqua fangosi, si fa largo tra un letto di sassi. – Primo! – urla, slanciando su il pugno. Carezza il serbatoio. – Bravo il mio Duc! – Pianta i freni, sgommando. Sente la moto premere pesante contro la gamba. Facendo attenzione, la solleva, l’appoggia a un masso. In scivolata sul pietrisco, si fa il sentiero sino alla spiaggia, che s’allunga gialla sotto la Torre appollaiata in cima alla collina, a sorvegliare il niente azzurro del mare. Si toglie le scarpe. Sprofondando nella sabbia ancora umida, si dirige verso la riva sconciata da cumuli d’alghe e pece. Guarda il barcone riverso su un lato a un paio di metri dalla costa. Il pezzo di prua, incastrato tra gli scogli affioranti sull’acqua bassa, che ondeggia quasi a voler di nuovo prendere il largo. Il fasciame sparso sul litorale. Si china, allunga la mano, prova a spingere verso il mare aperto una tavola che se ne sta a galleggiare in una pozza salmastra. La guarda tornare ostinata indietro portata dalle onde, che muoiono in rivoli e bave sul bagnasciuga. Poi si decide. Risale la spiaggia di qualche passo, va a fermarsi davanti a un cumulo d’indumenti sfatti, abbandonati tra buste e bottiglie di plastica ai piedi della scarpata che s’inerpica verso le serre. – Cadaveri slogati... – si sorprende a mormorare. Distoglie lo sguardo. Fissa quello sterminio di sacchetti a brandelli infilzati agli stecchi. Sfilando una canna da sotto la sabbia, trattenendo il respiro, prova a toccare una cosa informe che pare... un avanzo di gabbiano, un’ala monca... o forse un lembo di camicia sfrangiato. Sussulta quando sente la punta affondare nel molle, tutto un tramestio tra il groviglio informe di stracci. – Che? Ti pareva un morto? Si gira. – Un topo era... – fa l’uomo, sferrando un colpo di rastrello alla cieca, stanando l’animale, che sguscia fuori dalla cintola di un relitto di pantalone, annusando l’aria, e schizza su per la scarpata, perdendosi in un lampo tra i rovi. – Scappa, scappa... che la strata è curta... – dice l’uomo sarcastico. Poi indica quella roba disseminata intorno. – Arrivano ccà e allòrdano... e il Comune paga... – fa schioccare le dita, – ... pì puliziari le fìtusarìe e la munnizza chi làssanu... – Poggia un gran sacco nero per terra, l’allarga. Inforca una manciata di stracci. Li molla dentro. Si asciuga con un fazzoletto il sudore che gli riga il collo. – Ora... c’era bisogno, dico io, di lassàri tutta ’sta munnizza? – Affonda di nuovo il rastrello. Tira via una scarpa da donna schiacciata sotto un sasso. Tenendola sospesa in aria, la butta dentro. – Una discarica addivintò ’sta spiaggia. Di tutti li <em>loro</em> robbi ’nutili... – Punta il rastrello su una cosa che pare un Corano, le pagine aperte, squassate, cotte d’acqua e di sale. – Puru libri si portano... E chi si nni fanno di li libri, dico io, in mezz’al mare... – si batte il palmo della mano sulla tuta da lavoro, corruga la fronte. – Dio-solo-lo-sa... – Poi rimane in silenzio. Scruta storto Gaetano sfogliare qualche pagina con la punta della canna, piegare il capo, seguire le linee lievi dei caratteri sospesi sui fogli, aggrediti da macchie di salsedine e grumi di sabbia. – Ci capisci? – allunga il collo per intercettare la faccia di Gaetano, che fa no con la testa. – E allura... tempo perso... – alza le spalle, riprende a lavorare di rastrello e pala. Gaetano se ne sta ancora un po’ a sfogliare le pagine, finché non sente la punta affondare nella carta e strapparla. Sfila rapido la canna, prova a richiudere il libro, che rimane rigido, aperto a metà, a boccheggiare. – Ma pò essiri mai che ’un si capisce nenti nenti... – L’uomo si china, socchiude le palpebre. Poi torna a drizzarsi. – Niente... arabo pare... – Fa leva con la pala sotto il Corano e lo mette dentro. – Muvèmuni, va’. Che, tra poco, si squaglia di caldo –. Afferra il sacco. Un rigurgito di ciarpame si riversa davanti ai piedi di Gaetano rintanati sotto la sabbia. – Tanto domani... la stessa purcarìa... – fa l’uomo lasciando quella roba a vegetare lì. – Muvèmuni, va’ – ripete, caricandosi il sacco sulle spalle – Un morto è... Pesante... – E si avvia verso il camioncino dei rifiuti posteggiato al fresco di un albero in fondo alla spiaggia. Senza frenare, Gaetano imbocca la strada sterrata. Sente le ruote impantanarsi nel guado del fiume che, in rivoli d’acqua fangosi, si fa largo tra un letto di sassi. – Primo! – urla, slanciando su il pugno. Carezza il serbatoio. – Bravo il mio Duc! – Pianta i freni, sgommando. Sente la moto premere pesante contro la gamba. Facendo attenzione, la solleva, l’appoggia a un masso. In scivolata sul pietrisco, si fa il sentiero sino alla spiaggia, che s’allunga gialla sotto la Torre appollaiata in cima alla collina, a sorvegliare il niente azzurro del mare. Si toglie le scarpe. Sprofondando nella sabbia ancora umida, si dirige verso la riva sconciata da cumuli d’alghe e pece. Guarda il barcone riverso su un lato a un paio di metri dalla costa. Il pezzo di prua, incastrato tra gli scogli affioranti sull’acqua bassa, che ondeggia quasi a voler di nuovo prendere il largo. Il fasciame sparso sul litorale. Si china, allunga la mano, prova a spingere verso il mare aperto una tavola che se ne sta a galleggiare in una pozza salmastra. La guarda tornare ostinata indietro portata dalle onde, che muoiono in rivoli e bave sul bagnasciuga.
Poi si decide. Risale la spiaggia di qualche passo, va a fermarsi davanti a un cumulo d’indumenti sfatti, abbandonati tra buste e bottiglie di plastica ai piedi della scarpata che s’inerpica verso le serre. – Cadaveri slogati… – si sorprende a mormorare. Distoglie lo sguardo. Fissa quello sterminio di sacchetti a brandelli infilzati agli stecchi. Sfilando una canna da sotto la sabbia, trattenendo il respiro, prova a toccare una cosa informe che pare… un avanzo di gabbiano, un’ala monca… o forse un lembo di camicia sfrangiato. Sussulta quando sente la punta affondare nel molle, tutto un tramestio tra il groviglio informe di stracci.
– Che? Ti pareva un morto?
Si gira.
– Un topo era… – fa l’uomo, sferrando un colpo di rastrello alla cieca, stanando l’animale, che sguscia fuori dalla cintola di un relitto di pantalone, annusando l’aria, e schizza su per la scarpata, perdendosi in un lampo tra i rovi. – Scappa, scappa… che la strata è curta… – dice l’uomo sarcastico. Poi indica quella roba disseminata intorno. – Arrivano ccà e allòrdano… e il Comune paga… – fa schioccare le dita, – … pì puliziari le fìtusarìe e la munnizza chi làssanu… – Poggia un gran sacco nero per terra, l’allarga. Inforca una manciata di stracci. Li molla dentro. Si asciuga con un fazzoletto il sudore che gli riga il collo. – Ora… c’era bisogno, dico io, di lassàri tutta ’sta munnizza? – Affonda di nuovo il rastrello. Tira via una scarpa da donna schiacciata sotto un sasso. Tenendola sospesa in aria, la butta dentro. – Una discarica addivintò ’sta spiaggia. Di tutti li loro robbi ’nutili… – Punta il rastrello su una cosa che pare un Corano, le pagine aperte, squassate, cotte d’acqua e di sale. – Puru libri si portano… E chi si nni fanno di li libri, dico io, in mezz’al mare… – si batte il palmo della mano sulla tuta da lavoro, corruga la fronte. – Dio-solo-lo-sa… – Poi rimane in silenzio. Scruta storto Gaetano sfogliare qualche pagina con la punta della canna, piegare il capo, seguire le linee lievi dei caratteri sospesi sui fogli, aggrediti da macchie di salsedine e grumi di sabbia.
– Ci capisci? – allunga il collo per intercettare la faccia di Gaetano, che fa no con la testa. – E allura… tempo perso… – alza le spalle, riprende a lavorare di rastrello e pala. Gaetano se ne sta ancora un po’ a sfogliare le pagine, finché non sente la punta affondare nella carta e strapparla. Sfila rapido la canna, prova a richiudere il libro, che rimane rigido, aperto a metà, a boccheggiare.
– Ma pò essiri mai che ’un si capisce nenti nenti… – L’uomo si china, socchiude le palpebre. Poi torna a drizzarsi. – Niente… arabo pare… – Fa leva con la pala sotto il Corano e lo mette dentro. – Muvèmuni, va’. Che, tra poco, si squaglia di caldo –. Afferra il sacco. Un rigurgito di ciarpame si riversa davanti ai piedi di Gaetano rintanati sotto la sabbia. – Tanto domani… la stessa purcarìa… – fa l’uomo lasciando quella roba a vegetare lì. – Muvèmuni, va’ – ripete, caricandosi il sacco sulle spalle – Un morto è… Pesante… – E si avvia verso il camioncino dei rifiuti posteggiato al fresco di un albero in fondo alla spiaggia.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56537 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 19:58:43 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56537 Nel frattempo (come ulteriore contributo alla discussione), Evelina Santangelo mi ha inviato un paio di brani tratti dal suo romanzo "Senzaterra". Li inserisco di seguito. Nel frattempo (come ulteriore contributo alla discussione), Evelina Santangelo mi ha inviato un paio di brani tratti dal suo romanzo “Senzaterra”.
Li inserisco di seguito.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56536 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 19:57:44 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56536 @ Cristina Ali Farah Benvenuta a Letteratitudine, Cristina. Ti ringrazio per aver accettato il mio invito. La tua voce si unisce a quelle che si sono già espresse in precedenza. Ti chiedo di raccontarci un po' di questo tuo romanzo "Madre piccola" e (se ti va e se ti è possibile) la tua esperienza personale riferita ai temi trattati in questo post: la "clandestinità" e il "potere (taumaturgico) della parola". Grazie, Cristina. @ Cristina Ali Farah
Benvenuta a Letteratitudine, Cristina.
Ti ringrazio per aver accettato il mio invito. La tua voce si unisce a quelle che si sono già espresse in precedenza.
Ti chiedo di raccontarci un po’ di questo tuo romanzo “Madre piccola” e (se ti va e se ti è possibile) la tua esperienza personale riferita ai temi trattati in questo post: la “clandestinità” e il “potere (taumaturgico) della parola”.
Grazie, Cristina.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56535 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 19:53:55 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56535 Nella primavera 2007 Cristina Ali Farah ha pubblicato il suo primo romanzo "Madre piccola" (Premio Vittorini - opera prima - 2008) per i tipi di Frassinelli. Il libro narra la storia di due cugine (Barni e Domenica) in esilio da una Somalia spezzata dalla guerra civile. Nella primavera 2007 Cristina Ali Farah ha pubblicato il suo primo romanzo “Madre piccola” (Premio Vittorini – opera prima – 2008) per i tipi di Frassinelli. Il libro narra la storia di due cugine (Barni e Domenica) in esilio da una Somalia spezzata dalla guerra civile.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56534 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 19:52:58 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56534 Ho aggiornato il post (guardate su) invitando a partecipare al dibattito la scrittrice e poetessa <b>Cristina Ali Farah</b>. Nata nel 1973 da padre somalo e madre italiana, Cristina ha vissuto a Mogadiscio dall’età di tre anni fino al 1991, anno dello scoppio della guerra civile, in seguito alla quale scappa dal suo paese con il suo primogenito; rifugiatasi in un primo momento a Pécs (Ungheria), rientra in Italia nella sua città natale (Verona) e in seguito si trasferisce definitivamente a Roma, nel 1997, dove ha altri due figli e si laurea in Lettere. Ho aggiornato il post (guardate su) invitando a partecipare al dibattito la scrittrice e poetessa Cristina Ali Farah.
Nata nel 1973 da padre somalo e madre italiana, Cristina ha vissuto a Mogadiscio dall’età di tre anni fino al 1991, anno dello scoppio della guerra civile, in seguito alla quale scappa dal suo paese con il suo primogenito; rifugiatasi in un primo momento a Pécs (Ungheria), rientra in Italia nella sua città natale (Verona) e in seguito si trasferisce definitivamente a Roma, nel 1997, dove ha altri due figli e si laurea in Lettere.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56531 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 19:50:46 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56531 Be', sì... la storia della vecchietta che si segna è davvero bella. Un po' meno il prosieguo che ci ha tratteggiato Simona (sono tristissime le lotte intestine tra fratelli). Be’, sì… la storia della vecchietta che si segna è davvero bella. Un po’ meno il prosieguo che ci ha tratteggiato Simona (sono tristissime le lotte intestine tra fratelli).

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56530 Massimo Maugeri Fri, 13 Mar 2009 19:49:07 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56530 Grazie per i nuovi commenti. Grazie per i nuovi commenti.

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Di: stefano http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56513 stefano Fri, 13 Mar 2009 13:23:54 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56513 grazie simona per la segnalazione e per l'altra bella storia che hai voluto condividere con noi... scusa se lo faccio in ritardo simona, ma sono stato fuori per lavoro. Un gran saluto anche al nostro caro massimo. stefano grazie simona per la segnalazione e per l’altra bella storia che hai voluto condividere con noi… scusa se lo faccio in ritardo simona, ma sono stato fuori per lavoro.
Un gran saluto anche al nostro caro massimo.
stefano

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Di: Evelina Santangelo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56495 Evelina Santangelo Fri, 13 Mar 2009 09:03:18 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56495 Bellissima davvero la storia della vecchia che nel suo letto, in quel doppio movimento di intima adesione e supremo distacco dalla vita, si segna... Da questo tipo di umane sospensioni (di grande intensità e sobrietà) si genera spesso la migliore letteratura... (quella che non si arroga il diritto di «spiegare la vita» ma cerca piuttosto di piegarsi ad ascoltarla, nel tentativo di coglierne le voci e le più svariate esistenze nella loro irriducibilità). Evelina Bellissima davvero la storia della vecchia che nel suo letto, in quel doppio movimento di intima adesione e supremo distacco dalla vita, si segna…
Da questo tipo di umane sospensioni (di grande intensità e sobrietà) si genera spesso la migliore letteratura… (quella che non si arroga il diritto di «spiegare la vita» ma cerca piuttosto di piegarsi ad ascoltarla, nel tentativo di coglierne le voci e le più svariate esistenze nella loro irriducibilità).
Evelina

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56493 simona lo iacono Fri, 13 Mar 2009 08:49:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56493 Caro Massi, la vecchietta di cui vi ho parlato è morta un mese e mezzo dopo la sua testimonianza. La lite ereditaria tra i suoi fratelli - per la quale ben sei famiglie da più di vent'anni hanno cessato di avere rapporti - è tutt'ora in corso in tribunale. L'unica a conciliare la lite è stata la figlia che la assisteva. Quella che aveva adempiuto il desiderio della madre nel preparare la nostra accoglienza. In tribunale quasi il 30% delle cause civili hanno ad oggetto liti familiari. Il 52% riguarda separazioni personali tra coniugi e divorzi. Il 90% di quest'ultima percentuale riguarda recupero crediti per assegni alimentari non pagati. Infine, più della metà dei ricorsi riguardanti le contese tra famiglie vedono implicati dei minori. Caro Massi,
la vecchietta di cui vi ho parlato è morta un mese e mezzo dopo la sua testimonianza.
La lite ereditaria tra i suoi fratelli – per la quale ben sei famiglie da più di vent’anni hanno cessato di avere rapporti – è tutt’ora in corso in tribunale.
L’unica a conciliare la lite è stata la figlia che la assisteva. Quella che aveva adempiuto il desiderio della madre nel preparare la nostra accoglienza.
In tribunale quasi il 30% delle cause civili hanno ad oggetto liti familiari.
Il 52% riguarda separazioni personali tra coniugi e divorzi.
Il 90% di quest’ultima percentuale riguarda recupero crediti per assegni alimentari non pagati.
Infine, più della metà dei ricorsi riguardanti le contese tra famiglie vedono implicati dei minori.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56465 Massimo Maugeri Thu, 12 Mar 2009 22:09:46 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56465 Un saluto speciale a Renata e a Stefano. Auguro una serena notte a tutti. Un saluto speciale a Renata e a Stefano.
Auguro una serena notte a tutti.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56464 Massimo Maugeri Thu, 12 Mar 2009 22:09:08 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56464 Tea Ranno ha scritto cose belle e interessanti. Ricordo che - oltre a essere scrittrice della casa editrice e/o - è anche laureata in giurisprudenza. Tempo fa abbiamo discusso su questo suo romanzo che vede per protagonista un magistrato: http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/19/in-una-lingua-che-non-so-piu-dire-di-tea-ranno-recensione-di-simona-lo-iacono/ "In una lingua che non so più dire". Brava, Tea! Tea Ranno ha scritto cose belle e interessanti.
Ricordo che – oltre a essere scrittrice della casa editrice e/o – è anche laureata in giurisprudenza.
Tempo fa abbiamo discusso su questo suo romanzo che vede per protagonista un magistrato:
http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2007/11/19/in-una-lingua-che-non-so-piu-dire-di-tea-ranno-recensione-di-simona-lo-iacono/
“In una lingua che non so più dire”.
Brava, Tea!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56463 Massimo Maugeri Thu, 12 Mar 2009 22:03:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56463 Bellissima, Simo, anche la storia della donna anziana che si segna (che usa il segno della croce al posto della favella). E il modoin cui tisei relazionata a lei. Che fine ha fatto? Come si è conclusa quella storia? Bellissima, Simo, anche la storia della donna anziana che si segna (che usa il segno della croce al posto della favella). E il modoin cui tisei relazionata a lei.
Che fine ha fatto? Come si è conclusa quella storia?

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56462 Massimo Maugeri Thu, 12 Mar 2009 22:02:00 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56462 Simona, hai scritto cose importanti. Le citazioni di Satta sono bellissime. Credo davvero tu stia costruendo - poco a poco - questa nuova poetica fondata sulla commistione tra diritto (processo) e letteratura (parola). Brava! Simona, hai scritto cose importanti.
Le citazioni di Satta sono bellissime.
Credo davvero tu stia costruendo – poco a poco – questa nuova poetica fondata sulla commistione tra diritto (processo) e letteratura (parola).
Brava!

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56460 Massimo Maugeri Thu, 12 Mar 2009 22:00:04 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56460 @ Renzo Scrivi: "Queste storie mi fanno star meglio, mi allontanano i pensieri tenebrosi che da un po’ di tempo si agitano nella mente, dove uomini lupi sbranano e straziano innocenti prede." - È così, Renzo. Credo che abbiamo bisogno di sentire delle storie positive. E disapere che esiste del buono intorno a noi. Esiste. Ed è doveroso metterlo in risalto, dargli spazio. Soprattutto in tempi difficili come questi. @ Renzo
Scrivi: “Queste storie mi fanno star meglio, mi allontanano i pensieri tenebrosi che da un po’ di tempo si agitano nella mente, dove uomini lupi sbranano e straziano innocenti prede.”
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È così, Renzo. Credo che abbiamo bisogno di sentire delle storie positive. E disapere che esiste del buono intorno a noi.
Esiste. Ed è doveroso metterlo in risalto, dargli spazio. Soprattutto in tempi difficili come questi.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56459 Massimo Maugeri Thu, 12 Mar 2009 21:57:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56459 Vi ringrazio ancora una volta per i nuovi bellissimi interventi Vi ringrazio ancora una volta per i nuovi bellissimi interventi

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Di: lorenzerrimo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56455 lorenzerrimo Thu, 12 Mar 2009 19:09:50 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56455 @ Simona le tue parole espresse qui sopra rivelano la natura indefinita dell'uomo, capace di compiere meraviglie ma anche infamie, di sostenere e sacrificarsi per la sua salvezza ma anche di riconoscersi nella sua natura selvaggia ed esserne soggiogato, posseduto. Ne deduco che ognuno ha il suo destino nel quale doversi riconoscere e sperare nella sua salvezza finale, perché ci sarà sempre qualcuno che s'impegnerà per lui. (il qualcuno e lui sono un'entità divisa al nostro riconoscerla) Un caro abbraccio Lorenzo @ Simona
le tue parole espresse qui sopra rivelano la natura indefinita dell’uomo, capace di compiere meraviglie ma anche infamie, di sostenere e sacrificarsi per la sua salvezza ma anche di riconoscersi nella sua natura selvaggia ed esserne soggiogato, posseduto.
Ne deduco che ognuno ha il suo destino nel quale doversi riconoscere e sperare nella sua salvezza finale, perché ci sarà sempre qualcuno che s’impegnerà per lui. (il qualcuno e lui sono un’entità divisa al nostro riconoscerla)
Un caro abbraccio
Lorenzo

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Di: Renzo Montagnoli http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56448 Renzo Montagnoli Thu, 12 Mar 2009 17:38:06 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56448 Queste storie mi fanno star meglio, mi allontanano i pensieri tenebrosi che da un po' di tempo si agitano nella mente, dove uomini lupi sbranano e straziano innocenti prede. Fa piacere del resto che ci sia chi amministra la giustizia nel rispetto del diritto, ma con umanità, insomma che si possa incontrare un magistrato come Simona, sperando che anche molti altri suoi colleghi siano dell'idea che amministrare la giustizia sia soprattutto rendere giustizia a chi non l'ha mai avuta. Queste storie mi fanno star meglio, mi allontanano i pensieri tenebrosi che da un po’ di tempo si agitano nella mente, dove uomini lupi sbranano e straziano innocenti prede.
Fa piacere del resto che ci sia chi amministra la giustizia nel rispetto del diritto, ma con umanità, insomma che si possa incontrare un magistrato come Simona, sperando che anche molti altri suoi colleghi siano dell’idea che amministrare la giustizia sia soprattutto rendere giustizia a chi non l’ha mai avuta.

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56447 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 17:28:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56447 @Lorenzo: grazie infinite! Un carissimo abbraccio! @Lorenzo: grazie infinite! Un carissimo abbraccio!

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56446 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 17:26:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56446 Cara Tea, che spunto meraviglioso! Il ruolo del silenzio, in un processo. I limiti tra diritto e vita. O gli ostacoli tra diritto e vita ( e quindi memoria, parola, racconto). E' una verità che sfugge persino a noi stessi su noi stessi. E che nel processo come nel romanzo esige la collaborazione di "un narratore"... Diceva Salvatore Satta: "Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che ti raccolga, ti resusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un giudizio finale". (p. 291 , Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, Adelphi, Milano, 1979). Ecco. Le variazioni della parola e delle pause. L'interpretazione dei gesti. Dei momenti. L'evocazione di un silenzio che in Sicilia è gravido di mille altri significati, di no detti su sì, di minacce velate da sorrisi, di virtù che mascherano malizie, di doni che sono ruberie. Questa è la materia della letteratura: la vita che inganna. O la vita che rivela. Il processo racconta i fatti. Il romanzo racconta l'uomo. Ne deriva anche che il giudice non esprime mai un giudizio sull'uomo, solo sull'azione che compie. Cara Tea,
che spunto meraviglioso!
Il ruolo del silenzio, in un processo. I limiti tra diritto e vita. O gli ostacoli tra diritto e vita ( e quindi memoria, parola, racconto).
E’ una verità che sfugge persino a noi stessi su noi stessi.
E che nel processo come nel romanzo esige la collaborazione di “un narratore”…
Diceva Salvatore Satta:
“Per conoscersi bisogna svolgere la propria vita fino in fondo, fino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che ti raccolga, ti resusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un giudizio finale”. (p. 291 , Salvatore Satta, Il giorno del giudizio, Adelphi, Milano, 1979).
Ecco.
Le variazioni della parola e delle pause. L’interpretazione dei gesti. Dei momenti. L’evocazione di un silenzio che in Sicilia è gravido di mille altri significati, di no detti su sì, di minacce velate da sorrisi, di virtù che mascherano malizie, di doni che sono ruberie. Questa è la materia della letteratura: la vita che inganna. O la vita che rivela.
Il processo racconta i fatti.
Il romanzo racconta l’uomo.
Ne deriva anche che il giudice non esprime mai un giudizio sull’uomo, solo sull’azione che compie.

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Di: Tea Ranno http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56440 Tea Ranno Thu, 12 Mar 2009 13:47:33 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56440 Perfettamente d'accordo. Sono gli atti antecedenti la normazione che conservano quel tanto di irregolarità che è propria della vita: per quanto lucido e specchiante (in linea di principio) si sforzi di essere il legislatore, tanto più varia e sporca e avviticchiata a elementi oscuri è l'esistenza di ognuno. Ed è qui che il giudice si trova a dover mediare, qui che lo scrittore affonda le mani per "pescare" storie, come quella molto bella che hai appena raccontato: "Sta già dicendo la verità" risponde il giudice. Ma quale verità? La sua. Che è una verità di pace. E poi? Ci sono tante verità quanti sono i protagonisti di una vicenda: narrativa, giudiziaria. Ci sono le parole e i silenzi. Quanto pesa un silenzio? Di quale valore è pregno? Quanta verità incarna? E quanto gli uomini di legge possono sondare nei silenzi per trarne verità che assomiglino alla Verità? E' su questo che mi interrogo spesso: sul senso di un diritto che indaga la storia per tirare le fila di un discorso che sia "rassicurante", che dia - per esempio - a un clandestino il foglio di via perché pericoloso e ladro e stupratore... anche se poi nessuno sa che si chiama Angelo, che ha un passato tremendo alle spalle, che ha un sogno... E le verità nascoste? E le omissioni? Le paure? Le bocche cucite? Non voglio impelagarmi in discorsi prettamente politici, anche se riflettere sul diritto presuppone una gran bella riflessione sul tentativo di mettere in discussione alcuni principii fondamentali. Quello che voglio dire è che dietro ogni parola ricevuta c'è un uomo - una donna - che ha il potere di aprirsi alla comprensione o di chiudersi totalmente proteggendosi dietro lo schermo della Legge. Dietro ogni pubblico ufficiale ci può essere un uomo (una donna) stanco che certi giorni non ce la fa ad ascoltare, o una donna (un uomo) stanca che invece ascolta; dietro la parola detta ci può essere innocenza o malizia, capacità di mistificazione, timidezza, paura... ci sono segni, dettagli, quelli che servono per schiudere altri canali di comprensione, quelli che impediscono ogni confronto. Poi c'è la parola scritta: quella che cristallizza e può trasformarsi in condanna, quella che lascia aperte nuove possibilità, che attribuisce altre opportunità. Insomma, anche nel rapporto diritto/letteratura, parola detta/parola scritta, etica e polica è tutto un guazzabuglio d'incertezze. Ma non potrebbe essere altrimenti. Appunto perché la vita è una biscia che sfugge tra le dita di chi vorrebbe cristallizzarla in un comma di legge. Ma questo non è - intendiamoci - un inno al disordine. Piuttosto la consapevolezza (amara?) che il diritto si ferma dove comincia l'uomo. Perfettamente d’accordo. Sono gli atti antecedenti la normazione che conservano quel tanto di irregolarità che è propria della vita: per quanto lucido e specchiante (in linea di principio) si sforzi di essere il legislatore, tanto più varia e sporca e avviticchiata a elementi oscuri è l’esistenza di ognuno. Ed è qui che il giudice si trova a dover mediare, qui che lo scrittore affonda le mani per “pescare” storie, come quella molto bella che hai appena raccontato: “Sta già dicendo la verità” risponde il giudice. Ma quale verità? La sua. Che è una verità di pace. E poi? Ci sono tante verità quanti sono i protagonisti di una vicenda: narrativa, giudiziaria. Ci sono le parole e i silenzi. Quanto pesa un silenzio? Di quale valore è pregno? Quanta verità incarna? E quanto gli uomini di legge possono sondare nei silenzi per trarne verità che assomiglino alla Verità? E’ su questo che mi interrogo spesso: sul senso di un diritto che indaga la storia per tirare le fila di un discorso che sia “rassicurante”, che dia – per esempio – a un clandestino il foglio di via perché pericoloso e ladro e stupratore… anche se poi nessuno sa che si chiama Angelo, che ha un passato tremendo alle spalle, che ha un sogno… E le verità nascoste? E le omissioni? Le paure? Le bocche cucite? Non voglio impelagarmi in discorsi prettamente politici, anche se riflettere sul diritto presuppone una gran bella riflessione sul tentativo di mettere in discussione alcuni principii fondamentali. Quello che voglio dire è che dietro ogni parola ricevuta c’è un uomo – una donna – che ha il potere di aprirsi alla comprensione o di chiudersi totalmente proteggendosi dietro lo schermo della Legge. Dietro ogni pubblico ufficiale ci può essere un uomo (una donna) stanco che certi giorni non ce la fa ad ascoltare, o una donna (un uomo) stanca che invece ascolta; dietro la parola detta ci può essere innocenza o malizia, capacità di mistificazione, timidezza, paura… ci sono segni, dettagli, quelli che servono per schiudere altri canali di comprensione, quelli che impediscono ogni confronto. Poi c’è la parola scritta: quella che cristallizza e può trasformarsi in condanna, quella che lascia aperte nuove possibilità, che attribuisce altre opportunità. Insomma, anche nel rapporto diritto/letteratura, parola detta/parola scritta, etica e polica è tutto un guazzabuglio d’incertezze. Ma non potrebbe essere altrimenti. Appunto perché la vita è una biscia che sfugge tra le dita di chi vorrebbe cristallizzarla in un comma di legge. Ma questo non è – intendiamoci – un inno al disordine. Piuttosto la consapevolezza (amara?) che il diritto si ferma dove comincia l’uomo.

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Di: lorenzerrimo http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56437 lorenzerrimo Thu, 12 Mar 2009 13:10:31 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56437 Gli angeli di questo mondo. Tre persone, prese ad esempio: Simona, Carla ed Evelina Santangelo, sono state capaci di mutare questo mondo, di rubargli un po’ della sua cattiveria e renderlo desiderato. Hanno seguito i loro istinti materni e poi eseguito con determinatezza e coraggio ciò che il loro cuore ha dettato. È solo nel nostro piccolo che possiamo donare al mondo il suo aspetto migliore: quello di essere anche accogliente e generoso. L’amore rimane, però, ancora, e credo che lo sarà sempre, una visione di un processo evolutivo il cui scopo è permetterci di ristorarci dal peso del male, per poi proseguire di nuovo con il suo marchio malefico e distruttore. L’amore, proprio per le caratteristiche che lo distinguono, non riuscirà mai a mutare la nostra esistenza definitivamente. Il mondo, così com’è percepito da noi, abbisogna della forza regolatrice e determinatrice del potere per tenersi insieme; senza di essa sfocerebbe nel caos e distruzione. È qui che giace da sempre il tranello nel quale cadono i precursori del bene, nei loro sforzi di poterlo instaurare e con esso regolarlo, non distinguendo che esso è ancora troppo arcaico e retrogrado. Chi agisce per l’amore e ne fa il fondamento della sua vita, deve anche tener conto di trovarsi in un conflitto anche grave con gli uomini del potere, anche loro necessari per mantenere una forma di ordine. Il giovane, chiamato da Simona simbolicamente nella forma poetica Angelo, ha ricevuto una speranza di vita buona, a lui è stata indicata la via dell’amore, che concede senza pretendere e solo sperando nei buoni risultati. Speriamo che da adulto Angelo sia anche disposto a ricambiare la fiducia concessagli, di modo che l’intervento coraggioso e benevolo dei tre angeli sia confermato e sia sollecitata una sua continuazione. Il seminatore che cura il suo campo con devozione e fiducia lo fa nella speranza di cogliere solo frutti buoni, ma con loro crescono anche quelli cattivi, affinché egli possa distinguere tra di loro e scegliere. In effetto sta a ognuno di noi la scelta da quale parte stare e agire, affinché un minimo d’equilibrio che garantisca pace e armonia possa formarsi. Non mi resta che elogiare gli intenti di queste tre persone, che con le loro azioni mi confermano come sia possibile dare alla propria vita un senso migliore, non per riceverne onorificenze, ma per quel senso caldo e impetuoso che, una volta entrato nel nostro animo, non ci lascia più e ci incita a continuare come se fosse voluto dall’Alto. Cari e affettuosi saluti Lorenzo Gli angeli di questo mondo.
Tre persone, prese ad esempio: Simona, Carla ed Evelina Santangelo, sono state capaci di mutare questo mondo, di rubargli un po’ della sua cattiveria e renderlo desiderato.
Hanno seguito i loro istinti materni e poi eseguito con determinatezza e coraggio ciò che il loro cuore ha dettato.
È solo nel nostro piccolo che possiamo donare al mondo il suo aspetto migliore: quello di essere anche accogliente e generoso.
L’amore rimane, però, ancora, e credo che lo sarà sempre, una visione di un processo evolutivo il cui scopo è permetterci di ristorarci dal peso del male, per poi proseguire di nuovo con il suo marchio malefico e distruttore.
L’amore, proprio per le caratteristiche che lo distinguono, non riuscirà mai a mutare la nostra esistenza definitivamente. Il mondo, così com’è percepito da noi, abbisogna della forza regolatrice e determinatrice del potere per tenersi insieme; senza di essa sfocerebbe nel caos e distruzione.
È qui che giace da sempre il tranello nel quale cadono i precursori del bene, nei loro sforzi di poterlo instaurare e con esso regolarlo, non distinguendo che esso è ancora troppo arcaico e retrogrado.
Chi agisce per l’amore e ne fa il fondamento della sua vita, deve anche tener conto di trovarsi in un conflitto anche grave con gli uomini del potere, anche loro necessari per mantenere una forma di ordine.
Il giovane, chiamato da Simona simbolicamente nella forma poetica Angelo, ha ricevuto una speranza di vita buona, a lui è stata indicata la via dell’amore, che concede senza pretendere e solo sperando nei buoni risultati.
Speriamo che da adulto Angelo sia anche disposto a ricambiare la fiducia concessagli, di modo che l’intervento coraggioso e benevolo dei tre angeli sia confermato e sia sollecitata una sua continuazione.
Il seminatore che cura il suo campo con devozione e fiducia lo fa nella speranza di cogliere solo frutti buoni, ma con loro crescono anche quelli cattivi, affinché egli possa distinguere tra di loro e scegliere.
In effetto sta a ognuno di noi la scelta da quale parte stare e agire, affinché un minimo d’equilibrio che garantisca pace e armonia possa formarsi.
Non mi resta che elogiare gli intenti di queste tre persone, che con le loro azioni mi confermano come sia possibile dare alla propria vita un senso migliore, non per riceverne onorificenze, ma per quel senso caldo e impetuoso che, una volta entrato nel nostro animo, non ci lascia più e ci incita a continuare come se fosse voluto dall’Alto.
Cari e affettuosi saluti
Lorenzo

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56436 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 12:53:26 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56436 Mia carissima Tea, hai colto perfettamente lo spirito delle parole di Salvatore Satta. Nel consegnare un atto (così come una vita) all'uomo di legge, mettiamo nelle sue mani il nostro spirito. La nostra storia. E questo è un atto certamente antecedente la normazione. La regola, poi, si fa pietoso tramite di questo passaggio. Ma nello scambio tra uomo che dice (il teste, l'imputato, la parte) e uomo che ascolta e trascrive (il notaio, il giudice,il pubblico ufficiale) ciò che balza, repentina, dolentissima, commossa, è la traccia del suo mistero. Ti faccio un esempio. Una volta, durante un processo, dovevo raccogliere la testimonianza di una vecchietta in fin di vita, residente a Pachino. Poichè stava molto male, il tribunale aveva concesso un incidente probatorio (ossia un anticipo della sua deposizione, poichè attendere i tempi dell'istruttoria ordinaria voleva dire rischiare che - nel frattempo - venisse a mancare). Inoltre, invece di ascoltarla in tribunale mi recai personalmente a Pachino, perchè le sue condizioni di salute non le consentivano un viaggio. Arrivai nella sua casa con i cancellieri e gli avvocati al seguito, e fui accolta da un odore buono di pasta frolla e forno. La figlia, che la assisteva, mi disse che la madre, dal letto, aveva molto insistito che fossimo accolti tutti come ad una festa. Trovammo crostate e caffè, cannoli di ricotta, scorze d'arancia imbevute di cioccolato e morbidissimi geli di mandorla. Io mi avvicinai al letto della signora e quella mi prese la mano come si fa con una figlia. Sussurrai: "Signora, grazie. Perchè si è disturbata così?" Lei mi rispose: "Perchè le devo dire una parola". Io chiesi:"Che parola?" E lei rispose :"Questa". E si fece un gesto di croce. Non ci fu verso di strapparle altro dalla bocca. Ad ogni domanda dell'istruttoria fissava il vuoto. Mi stringeva la mano. Sospirava. Poi si segnava con quel gesto di croce. E' stata la testimonianza più bella che abbia mai raccolto. Con quell'unico segno della mano, la signora mi consegnava tutta la sua amarezza su un'antichissima faida tra fratelli, molti dei quali già morti, i cui figli si accanivano sull'eredità giacente. E con quella festa mi suggeriva un ultimo gesto di riconciliazione. L'avvocato della controparte s'indispettì e sollevò un'eccezione: "Ma giudice, la teste è reticente! Ricordiamole il giuramento! Ammoniamola a dire la verità". "Ma avvocato, risposi, sta già dicendo la verità". Mia carissima Tea,
hai colto perfettamente lo spirito delle parole di Salvatore Satta.
Nel consegnare un atto (così come una vita) all’uomo di legge, mettiamo nelle sue mani il nostro spirito.
La nostra storia.
E questo è un atto certamente antecedente la normazione.
La regola, poi, si fa pietoso tramite di questo passaggio.
Ma nello scambio tra uomo che dice (il teste, l’imputato, la parte) e uomo che ascolta e trascrive (il notaio, il giudice,il pubblico ufficiale) ciò che balza, repentina, dolentissima, commossa, è la traccia del suo mistero.
Ti faccio un esempio.
Una volta, durante un processo, dovevo raccogliere la testimonianza di una vecchietta in fin di vita, residente a Pachino.
Poichè stava molto male, il tribunale aveva concesso un incidente probatorio (ossia un anticipo della sua deposizione, poichè attendere i tempi dell’istruttoria ordinaria voleva dire rischiare che – nel frattempo – venisse a mancare).
Inoltre, invece di ascoltarla in tribunale mi recai personalmente a Pachino, perchè le sue condizioni di salute non le consentivano un viaggio.
Arrivai nella sua casa con i cancellieri e gli avvocati al seguito, e fui accolta da un odore buono di pasta frolla e forno.
La figlia, che la assisteva, mi disse che la madre, dal letto, aveva molto insistito che fossimo accolti tutti come ad una festa.
Trovammo crostate e caffè, cannoli di ricotta, scorze d’arancia imbevute di cioccolato e morbidissimi geli di mandorla.
Io mi avvicinai al letto della signora e quella mi prese la mano come si fa con una figlia.
Sussurrai: “Signora, grazie. Perchè si è disturbata così?”
Lei mi rispose: “Perchè le devo dire una parola”.
Io chiesi:”Che parola?”
E lei rispose :”Questa”. E si fece un gesto di croce.
Non ci fu verso di strapparle altro dalla bocca.
Ad ogni domanda dell’istruttoria fissava il vuoto. Mi stringeva la mano. Sospirava. Poi si segnava con quel gesto di croce.
E’ stata la testimonianza più bella che abbia mai raccolto.
Con quell’unico segno della mano, la signora mi consegnava tutta la sua amarezza su un’antichissima faida tra fratelli, molti dei quali già morti, i cui figli si accanivano sull’eredità giacente. E con quella festa mi suggeriva un ultimo gesto di riconciliazione.
L’avvocato della controparte s’indispettì e sollevò un’eccezione: “Ma giudice, la teste è reticente! Ricordiamole il giuramento! Ammoniamola a dire la verità”.
“Ma avvocato, risposi, sta già dicendo la verità”.

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56435 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 12:21:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56435 Mio carissimo Stefano. Grazie di cuore. Con gioia segnalo a tutti il tuo lucidissimo racconto su un altro clandestino: http://www.stefanomina.blogspot.com/ Mio carissimo Stefano.
Grazie di cuore.
Con gioia segnalo a tutti il tuo lucidissimo racconto su un altro clandestino:
http://www.stefanomina.blogspot.com/

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Di: Tea Ranno http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56434 Tea Ranno Thu, 12 Mar 2009 12:13:47 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56434 Cara Simona, andrei ancora oltre: prima della norma, prima della regola codificata, prima dell'esperienza che diventa regola, prima della consuetudine che si trasforma in disposizione imperativa - dunque comando che impone a coloro che appartengono a un gruppo il rigore del diritto - prima della necessità di attribuire a qualcuno il potere di dirimere controversie (dunque di incidere sulla vita di una persona - ancora oggi in certi Paesi - o sulla sua libertà), credo che il mistero più grande stia nell'atto di tradurre in parola l'evanescenza del pensiero. Tradurre, cioè, in qualcosa di intellegibile e di logicamente organizzato, un'intuizione, un'emozione, una sensazione, un bisogno, un desiderio. E' da questo primordio che poi si sviluppano le implicazioni successive: parola parlata, parola scritta, parola necessaria, parola disubbidiente, trasgressione, rivolta, guerra, pace, clandestinità, sogno... Far nascere la parola, sì, ma farla nascere come espressione di un percorso che parte da un sentire, da una percezione del sé che si confronta con l'altro e col mondo. Partire dalla parola per andare a ritroso alla ricerca di un pensiero fondato e fondante. E dalla parola scritta per dare dignità di forma - e forma eccellente - a quella evanescenza che in realtà è corpo e sostanza. Perché è vero: quando un uomo riceve il testamento di un altro, quando ne raccoglie l'ultimo fiato e lo trasforma in riga cogente per quanti restano, che cosa fa? Accoglie in sé l'altro e si fa strumento per renderne definitiva la volontà, accoglie una volontà fatta parola e la trasforma in una parola che diventa "legge". Non solo: partecipa di una frangia di vita, perché nelle parole di uno che dispone - per esempio - delle sue ultime volontà c'è sempre un riepilogo, un far di conto. Ed è qui che il diritto sfonda la porta della letteratura. Mi sembra... Cara Simona, andrei ancora oltre: prima della norma, prima della regola codificata, prima dell’esperienza che diventa regola, prima della consuetudine che si trasforma in disposizione imperativa – dunque comando che impone a coloro che appartengono a un gruppo il rigore del diritto – prima della necessità di attribuire a qualcuno il potere di dirimere controversie (dunque di incidere sulla vita di una persona – ancora oggi in certi Paesi – o sulla sua libertà), credo che il mistero più grande stia nell’atto di tradurre in parola l’evanescenza del pensiero. Tradurre, cioè, in qualcosa di intellegibile e di logicamente organizzato, un’intuizione, un’emozione, una sensazione, un bisogno, un desiderio. E’ da questo primordio che poi si sviluppano le implicazioni successive: parola parlata, parola scritta, parola necessaria, parola disubbidiente, trasgressione, rivolta, guerra, pace, clandestinità, sogno…
Far nascere la parola, sì, ma farla nascere come espressione di un percorso che parte da un sentire, da una percezione del sé che si confronta con l’altro e col mondo. Partire dalla parola per andare a ritroso alla ricerca di un pensiero fondato e fondante. E dalla parola scritta per dare dignità di forma – e forma eccellente – a quella evanescenza che in realtà è corpo e sostanza. Perché è vero: quando un uomo riceve il testamento di un altro, quando ne raccoglie l’ultimo fiato e lo trasforma in riga cogente per quanti restano, che cosa fa? Accoglie in sé l’altro e si fa strumento per renderne definitiva la volontà, accoglie una volontà fatta parola e la trasforma in una parola che diventa “legge”. Non solo: partecipa di una frangia di vita, perché nelle parole di uno che dispone – per esempio – delle sue ultime volontà c’è sempre un riepilogo, un far di conto. Ed è qui che il diritto sfonda la porta della letteratura. Mi sembra…

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Di: stefano http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56431 stefano Thu, 12 Mar 2009 11:28:45 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56431 ieri, dopo aver letto il racconto di simona, ero talmente emozionato che ho sentito il bisogno di comunicarglielo subito... " cara simona, ho letto il tuo racconto da massimo ed alcuni commenti e sentivo l'urgenza di comunicarti l'emozione che ho provato leggendo questa storia drammatica così carica di umanità; questo è un brutto periodo dove si rischia di perdere il senso delle cose e queste vicende umane così piene di vita dovrebbero essere comunicate alle persone che stanno perdendo la fiducia nel prossimo( a volte capita anche a me) e a tutte quelle che sbraitano senza riflettere contro chi - non dimentichiamocene- ha un volto ed è un essere umano come noi, con le nostre stesse esigenze e i nostri medesimi sogni ( forse i suoi sono un po' più modesti) la pianto qui e ti abbraccio, ciao simona e grazie ancora per l'emozione che mi hai dato stefano= ieri, dopo aver letto il racconto di simona, ero talmente emozionato che ho sentito il bisogno di comunicarglielo subito…
” cara simona, ho letto il tuo racconto da massimo ed alcuni commenti e sentivo l’urgenza di comunicarti l’emozione che ho provato leggendo questa
storia drammatica così carica di umanità;
questo è un brutto periodo dove si rischia di perdere il senso delle
cose e queste vicende umane così piene di vita dovrebbero essere
comunicate alle persone che stanno perdendo
la fiducia nel prossimo( a volte capita anche a me) e a tutte
quelle che sbraitano senza riflettere contro chi – non
dimentichiamocene- ha un volto ed è un essere umano come noi, con le
nostre stesse esigenze e i nostri medesimi sogni ( forse i suoi sono
un po’ più modesti)
la pianto qui e ti abbraccio, ciao simona e grazie ancora per
l’emozione che mi hai dato
stefano=

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Di: renata maccheroni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56430 renata maccheroni Thu, 12 Mar 2009 10:58:23 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56430 "Non di scrivere la parola, ma di far nascere la parola" Riflessione preziosissima (la ringrazio dottoressa Lo Iacono per averla citata) che va al di là del mero gesto e si focalizza sull'atto di "fusione" uomo/parola, sulla creazione della scrittura, della sua anima. Perciò le parole che leggiamo debbono avere fondamenta, basi e non vagare sopra il vuoto. Intorno, accanto, sotto alle parole c'è il loro senso, il senso che dà loro l'uomo, quindi la vita. La testimonianza di S. Satta è vitale, dunque indispensabile. “Non di scrivere la parola, ma di far nascere la parola” Riflessione preziosissima (la ringrazio dottoressa Lo Iacono per averla citata) che va al di là del mero gesto e si focalizza sull’atto di “fusione” uomo/parola, sulla creazione della scrittura, della sua anima. Perciò le parole che leggiamo debbono avere fondamenta, basi e non vagare sopra il vuoto. Intorno, accanto, sotto alle parole c’è il loro senso, il senso che dà loro l’uomo, quindi la vita. La testimonianza di S. Satta è vitale, dunque indispensabile.

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56427 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 10:16:22 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56427 Tra le più importanti citazioni di Salvatore Satta sul potere: "Perché il potere, contro le apparenze, si manifesta più col dare che col togliere..." ("Il giorno del giudizio", Adelphi) Tra le più importanti citazioni di Salvatore Satta sul potere:
“Perché il potere, contro le apparenze, si manifesta più col dare che col togliere…”
(“Il giorno del giudizio”, Adelphi)

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56426 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 10:09:48 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56426 Per chi vuole conoscere e approfondire l'opera di giurista e scrittore di SALVATORE SATTA (più su è saltata una "esse" e ho scritto: ATTA...), ecco il link: http://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Satta Per chi vuole conoscere e approfondire l’opera di giurista e scrittore di SALVATORE SATTA (più su è saltata una “esse” e ho scritto: ATTA…), ecco il link:

http://it.wikipedia.org/wiki/Salvatore_Satta

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56420 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 09:29:12 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56420 "...Nel corso delle mie meditazioni giuridiche mi è accaduto tante volte - forse troppe volte - di arrivare alla soglia di una porta sulla quale stava scritto: mistero. Direi anzi che tutte le mie meditazioni si sono risolte in contemplazione di misteri. Ho incominciato col mistero del processo; poi ho trovato il mistero della norma; da ultimo, il mistero del diritto. Pensate al notaio o al giudice che raccoglie una voce: un uomo che parla, un uomo che scrive. Nient'altro. Parola e scrittura sono le primordiali manifestazioni dello spirito: e gli albori dello spirito ci mostrano l'uomo che scrive davanti all'uomo che parla, l'uomo che, sapendo scrivere cioè fermare con arcani segni le parole senz'orma, è già un ministro di colui che parla. Attraverso un arco immenso, che sorvola migliaia di anni, l'uomo di legge testimonia ancora nella scrittura l'avvento dello spirito. Certo però la scrittura che si mette al servizio della parola, e perciò spesso la domina, non basta a spiegare l'incontro: esprimendoci in termini moderni, la formazione del documento non è l'essenza né la risultante, se non materiale, dell'incontro. La storia del resto ci mostra degli atti tipicamente orali, come il testamento, rispetto ai quali il documento aveva un valore puramente accessorio, se pur si formava. La verità è che a un certo punto il rapporto tra parola e scrittura si capovolge, ed è la parola che domina la scrittura: perché di questo si tratta, non di scrivere la parola, ma di far nascere la parola, e la parola non nasce solo dall'uomo che parla, ma insieme e in un atto anche dall'uomo che scrive...." SALVATORE SATTA “…Nel corso delle mie meditazioni giuridiche mi è accaduto tante volte – forse troppe volte – di arrivare alla soglia di una porta sulla quale stava scritto: mistero.
Direi anzi che tutte le mie meditazioni si sono risolte in contemplazione di misteri.
Ho incominciato col mistero del processo; poi ho trovato il mistero della norma; da ultimo, il mistero del diritto.
Pensate al notaio o al giudice che raccoglie una voce: un uomo che parla, un uomo che scrive. Nient’altro. Parola e scrittura sono le primordiali manifestazioni dello spirito: e gli albori dello spirito ci mostrano l’uomo che scrive davanti all’uomo che parla, l’uomo che, sapendo scrivere cioè fermare con arcani segni le parole senz’orma, è già un ministro di colui che parla.
Attraverso un arco immenso, che sorvola migliaia di anni, l’uomo di legge testimonia ancora nella scrittura l’avvento dello spirito.
Certo però la scrittura che si mette al servizio della parola, e perciò spesso la domina, non basta a spiegare l’incontro: esprimendoci in termini moderni, la formazione del documento non è l’essenza né la risultante, se non materiale, dell’incontro.
La storia del resto ci mostra degli atti tipicamente orali, come il testamento, rispetto ai quali il documento aveva un valore puramente accessorio, se pur si formava.
La verità è che a un certo punto il rapporto tra parola e scrittura si capovolge, ed è la parola che domina la scrittura: perché di questo si tratta, non di scrivere la parola, ma di far nascere la parola, e la parola non nasce solo dall’uomo che parla, ma insieme e in un atto anche dall’uomo che scrive….”
SALVATORE SATTA

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56419 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 09:28:01 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56419 E ancora...ecco le parole sul "mistero del processo, e del diritto e della norma" come specchi del mistero della vita. Ed ecco la commistione, nell'uomo di legge, tra parola che documenta e parola che - scrivendo - fa suo l'incontro con l'altro. La sintesi di questo incontro è l'atto pubblico, la sentenza. Ma è attraverso la parola, e la sua carica vitale, che viene gettato il ponte tra le due umanità. A tal punto che è il pubblico ufficiale (colui che in apparenza detiene un potere ) a farsi servitore, ministro del'altro. Ecco il cambiamento su cui molti di voi si interrogano. Ecco la risposta. Il ribaltamento dei ruoli. Il ribaltamento dell'ottica. La provocazione: il giudice, il notaio, il pubblico ufficiale non avrebbero senso e significato nel mistero dello Stato, e del processo , e della vita, se non prestassero un servizio. E ancora…ecco le parole sul “mistero del processo, e del diritto e della norma” come specchi del mistero della vita.
Ed ecco la commistione, nell’uomo di legge, tra parola che documenta e parola che – scrivendo – fa suo l’incontro con l’altro.
La sintesi di questo incontro è l’atto pubblico, la sentenza.
Ma è attraverso la parola, e la sua carica vitale, che viene gettato il ponte tra le due umanità.
A tal punto che è il pubblico ufficiale (colui che in apparenza detiene un potere ) a farsi servitore, ministro del’altro.
Ecco il cambiamento su cui molti di voi si interrogano.
Ecco la risposta.
Il ribaltamento dei ruoli. Il ribaltamento dell’ottica.
La provocazione: il giudice, il notaio, il pubblico ufficiale non avrebbero senso e significato nel mistero dello Stato, e del processo , e della vita, se non prestassero un servizio.

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Di: simona lo iacono http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-3/#comment-56418 simona lo iacono Thu, 12 Mar 2009 09:15:21 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56418 Cara Tea, il potere della parola (la parola che salva, la parola che resta, la parola che testimonia e si oppone alla morte)è alla base anche dei rapporti tra letteratura e diritto. Voglio riportare qui di seguito alcuni brani di SALVATORE ATTA, gurista e scrittore, spentosi negli anni settanta dopo avere scritto la storia del diritto e aver commentato con un'opera monumentale i codici di procedura civile. Dopo la sua morte si scopriì che era un grande romanziere la cui incessante attività di riflessione fu incentrata sui rapporti tra parola e norma, tra mistero del processo e mistero della vita. Era figlio di notaio, e conosceva i rituali di noi pubblici ufficiali per averli odorati tra le stanze del padre fin da bambino. La collazione di un documento, la sottoscrizione, l'incontro con l'altro, erano per lui ammantati di sacralità, perchè in essi si celebrava la più alta delle funzioni di un uomo di legge: il servizio all'uomo. Al suo dolore. Alle sue necessità. In questo brano che vi riporto, tratto dagli atti di un convegno notarile, egli ricorda l'opera del padre notaro come quella di un collaboratore di un bisogno altrui. ---- "... lo spettacolo della parola che nasceva dall'incerto, renitente, spesso litigioso volere, era per noi quotidiano, se pur non era talvolta una parola morente che il padre raccoglieva e rendeva quasi immortale: poiché davanti a Lui sono passati uomini e generazioni, ciascuno col suo bisogno di vita, ciascuno chiedendo al padre l'aiuto e la collaborazione in un'opera di vita ..." Cara Tea,
il potere della parola (la parola che salva, la parola che resta, la parola che testimonia e si oppone alla morte)è alla base anche dei rapporti tra letteratura e diritto.
Voglio riportare qui di seguito alcuni brani di SALVATORE ATTA, gurista e scrittore, spentosi negli anni settanta dopo avere scritto la storia del diritto e aver commentato con un’opera monumentale i codici di procedura civile.
Dopo la sua morte si scopriì che era un grande romanziere la cui incessante attività di riflessione fu incentrata sui rapporti tra parola e norma, tra mistero del processo e mistero della vita.
Era figlio di notaio, e conosceva i rituali di noi pubblici ufficiali per averli odorati tra le stanze del padre fin da bambino.
La collazione di un documento, la sottoscrizione, l’incontro con l’altro, erano per lui ammantati di sacralità, perchè in essi si celebrava la più alta delle funzioni di un uomo di legge: il servizio all’uomo.
Al suo dolore. Alle sue necessità.
In questo brano che vi riporto, tratto dagli atti di un convegno notarile, egli ricorda l’opera del padre notaro come quella di un collaboratore di un bisogno altrui.
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“… lo spettacolo della parola che nasceva dall’incerto, renitente, spesso litigioso volere, era per noi quotidiano, se pur non era talvolta una parola morente che il padre raccoglieva e rendeva quasi immortale: poiché davanti a Lui sono passati uomini e generazioni, ciascuno col suo bisogno di vita, ciascuno chiedendo al padre l’aiuto e la collaborazione
in un’opera di vita …”

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Di: renata maccheroni http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-2/#comment-56414 renata maccheroni Thu, 12 Mar 2009 07:49:49 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56414 "E dobbiamo riscoprirla con chi ci capita dinanzi. Nel corso della nostra quotidianità." Sono d'accordo. Pare banale, ché dovrebbe essere norma, eppure non lo è tanto come può apparire. Una rivoluzione diventa grande quando parte dal piccolo, dal minuscolo. L'essenziale è trovarlo in noi e ancor più importante applicarlo ai nostri momenti. Giorno per giorno, attimo per attimo. Non è facile, ma è possibile. Attraverso l'amore. Sì. Dobbiamo provarci. “E dobbiamo riscoprirla con chi ci capita dinanzi. Nel corso della nostra quotidianità.” Sono d’accordo. Pare banale, ché dovrebbe essere norma, eppure non lo è tanto come può apparire. Una rivoluzione diventa grande quando parte dal piccolo, dal minuscolo. L’essenziale è trovarlo in noi e ancor più importante applicarlo ai nostri momenti. Giorno per giorno, attimo per attimo. Non è facile, ma è possibile. Attraverso l’amore. Sì. Dobbiamo provarci.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-2/#comment-56388 Massimo Maugeri Wed, 11 Mar 2009 22:18:20 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56388 Per il momento chiudo qui. Auguro a tutti una serena notte. Per il momento chiudo qui.
Auguro a tutti una serena notte.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-2/#comment-56386 Massimo Maugeri Wed, 11 Mar 2009 22:03:11 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56386 La stessa cosa traspare anche dal commento dell'amica Tea Ranno (qui sopra). Tea ritorna anche sulla <em>questione</em> del potere taumaturgico della parola (e della scrittura): <em>coi sogni è così: sono irrealizzabili fino a quando non li definisci, fino a quando non li identifichi con le parole. E non con le parole qualunque. E’ la scrittura che dà dignità all’esperienza, che dà senso ai dettagli, che attribuisce una logica a fatti apparentemente sconnessi.</em> Perfettamente d'accordo, cara Tea. La stessa cosa traspare anche dal commento dell’amica Tea Ranno (qui sopra).
Tea ritorna anche sulla questione del potere taumaturgico della parola (e della scrittura): coi sogni è così: sono irrealizzabili fino a quando non li definisci, fino a quando non li identifichi con le parole. E non con le parole qualunque. E’ la scrittura che dà dignità all’esperienza, che dà senso ai dettagli, che attribuisce una logica a fatti apparentemente sconnessi.
Perfettamente d’accordo, cara Tea.

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Di: Massimo Maugeri http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-2/#comment-56385 Massimo Maugeri Wed, 11 Mar 2009 22:00:05 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56385 È vero, caro Renzo. Chissà quanti Angeli ci sono a questo mondo. Tu domandi: che fare? Difficile rispondere. Di certo il problema è anche di natura politica, non c'è dubbio. Poi, però, alla fine, tu stesso fornisci una risposta. "L’uomo deve rivedere assolutamente il suo concetto di vita e deve riscoprire l’unica autentica ricchezza: l’amore." Credo sia quella la strada. Ed è una strada che ciascuno di noi può percorrere per proprio conto. Senza aspettare che siano gli altri a camminare per primi. In fondo è quello che ha fatto l'avvocato Carla. È stata lei a raccogliere Angelo. E l'ha fatto da sola, di sua sponte (e senza nulla a pretendere in cambio). Così come è stata Simona a dare udienza a entrambi... aprendo occhi, cuore e codici. Sì, Renzo. Dobbiamo riscoprire quell'unica autentica ricchezza. E dobbiamo riscoprirla con chi ci capita dinanzi. Nel corso della nostra quotidianità. Sarebbe una piccola grande rivoluzione. È vero, caro Renzo.
Chissà quanti Angeli ci sono a questo mondo.
Tu domandi: che fare?
Difficile rispondere. Di certo il problema è anche di natura politica, non c’è dubbio.
Poi, però, alla fine, tu stesso fornisci una risposta. “L’uomo deve rivedere assolutamente il suo concetto di vita e deve riscoprire l’unica autentica ricchezza: l’amore.”
Credo sia quella la strada. Ed è una strada che ciascuno di noi può percorrere per proprio conto. Senza aspettare che siano gli altri a camminare per primi.
In fondo è quello che ha fatto l’avvocato Carla. È stata lei a raccogliere Angelo. E l’ha fatto da sola, di sua sponte (e senza nulla a pretendere in cambio). Così come è stata Simona a dare udienza a entrambi… aprendo occhi, cuore e codici.
Sì, Renzo. Dobbiamo riscoprire quell’unica autentica ricchezza. E dobbiamo riscoprirla con chi ci capita dinanzi. Nel corso della nostra quotidianità.
Sarebbe una piccola grande rivoluzione.

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Di: Tea Ranno http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/comment-page-2/#comment-56384 Tea Ranno Wed, 11 Mar 2009 21:34:42 +0000 http://letteratitudine.blog.kataweb.it/2009/03/09/un-angelo-clandestino/#comment-56384 naturalmente le ultime due righe sono un refuso da non considerare naturalmente le ultime due righe sono un refuso da non considerare

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