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lunedì, 16 giugno 2008

LE DONNE E LE SOCIETÀ DIFFICILI: SALMA E ABEEDA

donne-velo.JPGSalma e Abeeda sono due personaggi letterari.
Due donne che vivono in contesti sociali difficili e che reagiscono alle avversità in maniera diversa.
Salma è condannata a morte nel suo villaggio di beduini per essere rimasta incinta prima del matrimonio.
Per sopravvivere lascia la sua piccola, appena nata, in mano agli abitanti del villaggio e fugge in esilio in Inghilterra, dove si costruisce una nuova vita… in un mondo completamente diverso. Un mondo dove tutto è permesso, dove il sesso è addirittura incoraggiato, dove niente le dovrebbe far rimpiangere il suo passato arabo e musulmano. Eppure…
Abeeda è una donna musulmana che conduce una doppia vita: divorziata, madre di quattro figli, invischiata nel luccicante mondo dei casinò dove sviluppa una vera e propria dipendenza dal gioco.
Abeeda, sotto il velo, nasconde l’ardore di una donna mentalmente libera e indipendente: la sua personalità, per certi versi, scardina una serie di cliché sull’identità culturale e religiosa delle donne musulmane e della società che le circonda.
Salma e Abeeda sono due personaggi simbolo. Due donne a confronto con società (a esse) avverse. Due donne che, in un modo o nell’altro, lottano per la loro emancipazione.
Un tè alla salvia per Salma” di Faqir Fadia (edito da Guanda) ci viene presentato da Silvia Leonardi.
Salvo Zappulla ha recensito “Confessioni di una giocatrice d’azzardo” di Rayda Jacobs (edito da Del Vecchio editore): cliccando qui potrete leggere il primo capitolo del libro.
Silvia e a Salvo mi daranno una mano a moderare questo post.
Colgo l’occasione per invitare Pietro Del Vecchio a presentare il progetto editoriale della casa editrice che dirige.
A voi chiedo di discutere sull’argomento “donne e società difficili”.
Vi domando:
Le società che ospitano donne come Salma e Abeeda sono davvero così opprimenti nei confronti del genere femminile? O la nostra visione risente, almeno in parte, di stereotipi (come ci suggerisce il personaggio Abeeda)?
E in ogni caso, quale dovrebbe essere la strada perché queste donne possano beneficiare di una maggiore emancipazione?
E quante, tra queste donne, desiderano davvero una maggiore emancipazione?
E poi… fino a che punto è possibile generalizzare? Quante sub-società esistono all’interno di una società?

Massimo Maugeri

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UN TE’ ALLA SALVIA PER SALMA di Faqir Fadia

recensione di Silvia Leonardi (nella foto)

silvia_leonardi.JPG

Un romanzo dolceamaro, in un ossimoro che non può essere separato. Un periodare che intreccia presente, passato, immaginario e vissuto senza confondere né spiazzare. Come essere nella mente della protagonista, filtrare la luce attraverso i suoi occhi, osservare immagini tremolanti corrotte da lacrime in bilico.
“Un tè alla salvia per Salma” è la storia di una donna beduina e della sua fuga dalla Giordania all’Inghilterra. Un passaggio tra due culture in cui Salma difende se stessa e il suo diritto ad essere donna a dispetto di tutto.
Condannata a morte per aver amato un uomo prima del matrimonio, è costretta a farsi arrestare per aver disonorato la sua gente e la famiglia. Minacciata di morte dallo stesso fratello che vuole lavare col sangue la vergogna, la sua salvezza sarà prima l’umida cella che la ospita e poi la fuga in una cittadina inglese. Qui Salma prova a inventarsi una nuova vita, annaspa alla ricerca di un appiglio e capisce, ogni giorno sempre meglio, che dimenticare è impossibile. Un vento freddo, un pianto lontano, un segreto pesante come un macigno sul cuore, troppe sono le cose e le persone che ha lasciato e che non può dimenticare.

Personaggio contraddittorio e malinconico, Salma si nutre delle sue incertezze e nello stesso tempo cerca e trova appigli nella solidarietà delle donne. Quelle che ha perso e quelle che incontra nella sua nuova vita. Fortissimo in lei il sentimento di estraniazione, il suo sentirsi “aliena” in un paese così diverso dal suo, dove essere libera e occidentalizzata non vuol dire altro che adattarsi a nuove regole.
Così ogni tanto Salma si spreca, si butta via, convinta di non valere niente e di meritare il disprezzo della gente. E mentre impara a leggere riviste di moda, a parlare inglese, a camminare sui tacchi, continua a sentirsi inadeguata. Fuori posto. Una pastora nera in un mondo di donne bionde, belle e chiare.
Ma Salma, a suo modo tenace, conquista piano il suo spazio senza fare rumore. Tutto quello che ha è tutto quello che nel tempo si è guadagnata e finalmente – dopo tanti anni – nella sua vita così diversa comincia a farsi spazio l’ombra lieve della felicità.
Sentimento fuggevole per Salma, colomba scura che vive in bilico perenne tra ricordi, pianto e sorrisi. Tra amori che ha lasciato e amori nuovi.
Adesso che potrebbe fermarsi a riposare, Salma sente che quello che ha lasciato nella sua terra di “capre, vigne, ulivi, e prugni e mandorli e fichi e meli” è molto più che un ricordo. E sarà questa la spinta di un viaggio in cui Salma ritroverà se stessa.

Un brano tratto dal libro:
“Nel buio della notte o alle luci dell’alba, restino i tuoi petali serrati, strette e chiuse le gambe! Io invece ricevetti Hamdan come un fiore avventato che si spalanca al sole.
Salma, adesso sei una donna… Sei mia, sei la mia schiava.»
«Sì, sì, sì» gli dicevo. Niente fazzolettini di carta, preservativi o spermicidi, solo l’odore della terra fertile arata di fresco. Mi lavai i calzoni nel ruscello e tornai a casa stordita. Da quel momento, notte dopo notte lo aspettai distesa sotto il fico.
«La mia puttana è ancora qui!» mi diceva, poi mi prendeva in fretta.
«Ancora» gli sussurravo.
Quando Hamdan non girò più su se stesso e io smisi di baciare cavalli, capre e alberi, le nostri madri cominciarono a insospettirsi. «Piccola sgualdrina, che cosa hai fatto?» Mia madre mi trascinò per i capelli.
«Madre, ti prego…»
«Hai ricoperto di pece il nostro nome! Tuo fratello ti sparerà in mezzo agli occhi.»
«Madre!»
I miei petali vennero strappati a uno a uno. Mi tirò i capelli, mi diede morsi, cinghiate finché non fui tutta chiazze e sprofondai serena nell’oscurità.”

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CONFESSIONI DI UNA GIOCATRICE D’AZZARDO di Rayda Jacobs

recensione di Salvo Zappulla (nella foto)

salvo_zappulla.JPGAbeeda, la protagonista di questo avvincente romanzo, è una donna musulmana praticante, divorziata, madre di quattro figli, di cui uno omosessuale (il minore) muore per AIDS. Abeeda porta il velo nel rispetto delle tradizioni ma le vicissitudini della vita, le frustrazioni accumulate sviluppano in lei un senso di ribellione, un desiderio furente di scardinare cliché religiosi e culturali da farla assurgere a simbolo dell’emancipazione femminile. Il suo miraggio di libertà è il casinò dove dilapida il suo patrimonio; si libera dei pesanti fardelli psicologici inebriandosi nella trasgressione, nel vizio, in definitiva nel peccato.
Rayda Jacobs manipola con sapiente tecnica narrativa una storia dal forte impatto sociale, gioca con i sentimenti contrastanti di una protagonista sempre sull’orlo del baratro: la tresca con il cognato, la storia di sesso con il proprio datore di lavoro, il rapporto ambiguo con la sorella, le amicizie perdute e poi ritrovate, le affannose corse al casinò, i conflitti interiori con se stessa, i brevi lampi di lucidità, lo spasmodico desiderio di vita, le debolezze proprie dell’umanità.

 

Questo romanzo è la storia di un’ infinita solitudine, che trova sfogo nei bagliori pirotecnici e ammalianti delle macchinette da gioco, nell’abisso vorticoso della dipendenza dal gioco d’azzardo in cui Abeeda precipita senza più trovare la via di uscita, fino a escogitare il falso furto della propria auto per cercare di risanare i debiti. Il ritmo incalzante, gli intrecci conturbanti, la prosa limpida e accattivante ne hanno fatto un best-seller tradotto in diverse lingue, e ottimo fiuto ha avuto Pietro Del Vecchio ad accaparrarsene i diritti per l’Italia. Il film sudafricano tratto dallo stesso romanzo Confessions of a gamber (Les confessions d’une joueuse), di Rayda Jacobs e Amanda Lane, in concorso al Dubai International Film Festival, è ambientato nella comunità indiana di Lape Town e vede protagonista la stessa Rayda Jacobs la quale interpreta il ruolo di Abeeda.


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Scritto lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:56 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, SEGNALAZIONI E RECENSIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

169 commenti a “LE DONNE E LE SOCIETÀ DIFFICILI: SALMA E ABEEDA”

Bene… mi pare che entrambi i libri presentati in questo post siano in grado di stimolare discussioni interessanti.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:58 da Massimo Maugeri


Silvia Leonardi e Salvo Zappulla mi daranno una mano a moderare.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:58 da Massimo Maugeri


Invito Pietro Del Vecchio a raccontarci un po’ della casa editrice che dirige.
Qual è il progetto editoriale?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 00:59 da Massimo Maugeri


Per voi ripropongo le domande:
Le società che ospitano donne come Salma e Abeeda sono davvero così opprimenti nei confronti del genere femminile? O la nostra visione risente, almeno in parte, di stereotipi (come ci suggerisce il personaggio Abeeda)?
E in ogni caso, quale dovrebbe essere la strada perché queste donne possano beneficiare di una maggiore emancipazione?
E quante, tra queste donne, desiderano davvero una maggiore emancipazione?
E poi… fino a che punto è possibile generalizzare? Quante sub-società esistono all’interno di una società?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 01:00 da Massimo Maugeri


Buonanotte a tutti…

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 01:00 da Massimo Maugeri


Eccomi, di corsa come tutti i lunedì mattina.
Ringrazio Massimo per lo spazio che sta dedicando ad un argomento così delicato come quello delle donne che vivono in contesti culturali di cui spesso ci sfuggono le dinamiche.
Un tè alla salvia per Salma è un libro che mi ha sorpreso per la capacità di raccontare dolore e orrore con un linguaggio quasi pacato nei toni ma al tempo stesso intenso, evocativo. Salma è un personaggio molto più forte di quanto non voglia credere lei stessa. Il suo senso di inadeguatezza non sfugge al lettore che tuttavia intimamente sa, riconosce il valore e il coraggio di Salma e per questo la sente reale.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 09:13 da Silvia Leonardi


Ciao Salvo! Riconosco nella tua recensione alcune affinità tra Salma e Abeeda, specie nel conflitto interiore (differente, ma pur sempre conflitto) che le accompagna: la voglia di affrancarsi, di essere qualcuno piuttosto che qualcosa, di decidere della propria vita. Se penso alle culture occidentali, rileggere le parole che ho scritto mi mette un brivido. Dovrebbe essere la cosa più ovvia e naturale del mondo, ma è evidente che siamo lontani.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 09:22 da Silvia Leonardi


Uuhh, c’è anche la mia foto! Però, non mi ricordavo così figo. Ciao Silvietta. Due gran bei romanzi, due gran belle storie che ci portano in un mondo lontano. Altri costumi, altre civiltà, per noi occidentali barbare. Si condanna a morte una donna per aver avuto rapporti prima del matrimonio. Mi viene da pensare che anche in Sicilia fino a qualche ventennio fa esisteva ancora il delitto d’onore. In fondo non siamo poi così lontani. A proposito delle sub-società cui faceva riferimento Massimo, penso che Abeeda e Salma (Dio, che brutto nome, mi ricorda gli anni in cui ho lavorato al cimitero) agiscono su due piani diversi. La prima proviene da un ambiente più evoluto se vogliamo (sempre dal punto di vista di noi occidentali) nel quale la donna ha maggiore libertà di movimento; la seconda deve fare i conti con regole più rigide e repressive. Alla fine trovano entrambe la maniera di spezzare le catene e involarsi.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 10:25 da Salvo zappulla


@ Silvia e Salvo…le vostre recensioni sono un racconto! E sono intrise di pietà. Bravissimi!
@ Massimo…
credo che alle tue domande si possa rispondere con un …libro.
Anni fa (nel 2003) comparve in libreria “Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi.
Azar Nafisi è una docente di letteratura straniera che ha insegnato nei più prestigiosi atenei di Teheran, prima di emigrare per ragioni politiche , nel 1997, negli Stati Uniti.
Questo libro rimanda l’idea della condizione della donna in oriente vissuta da una protagonista e da una testimone dei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini.
E’ quindi una voce autentica, che non risente di stereotipi filtrati dalla cultura occidentale ed è – in più – un pianto. Un lamento di un cuore “illuminato”.
In questo libro Azar racconta ciò che fece da insegnante (e da donna) quando uno dei suoi studenti più islamizzati le contestò il diritto di tenere all’università un corso sul Grande Gatsby (equiparato al “grande Satana”).
Azar allestì un processo.
Innanzi all’intera classe.
Nominò due peroratori delle tesi contrapposte e condusse il contraddittorio tra accusa e difesa.
Durante lo snodarsi di questo rito che si accese di toni e polemiche , Azar – imperturbabile – spiegò alla classe cos’è la letteratura. Libertà interiore.
E’ un gesto che le costerà prima la clandestinità e poi l’esilio.
Ma che conquisterà molti cuori, soprattutto femminili.
Costretta infatti a rintanarsi in casa, senza poter più insegnare, Azar riunisce intorno a sè cinque studentesse intabarrate nel burka, perseguitate da fratelli o mariti per una velatura in meno o per un sospiro in più.
Qui, chiuse in un mondo precario e scosso dai bombardamenti, le cinque donne fingono di occuparsi della quotidianità e invece leggono : Lolita di Nabokov.
Uno dei libri più “indecenti” (insieme a Madame Bovary) concepito dall’occidente. Uno dei gesti più rischiosi, che si consuma in pagine scampate ai roghi e agli indici. Alle liste di proscrizione che il regime raccoglie come memoriale di fantasmi da cancellare.
Ed è in quella lettura proibita (che diventa anche liberazione interiore, personalissima ribellione spirituale e morale) che le cinque donne sciolgono i veli, i capelli, respirano sollevate dalle armature dei tempi e iniziano a sognare. Un sogno che si consuma in un soggiorno. Tra tazze di tè preparate con timore. Un sogno ardito, inebriante.
Ecco…La strada di cui possono beneficiare per emanciparsi è solo una. Segreta.
Ed è un libro.
Scrive Azar al lettore:”Questa è la storia di Lolita a Teheran .Di come Lolita abbia dato un diverso colore alla città e di come Teheran ci abbia aiutate a ridefinire il romanzo di Nabokov e a trasformarlo in un altro Lolita: il nostro” .

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 10:35 da Simona


Non ho letto “Un tè alla salvia per Salma” che mi ricorda una storia della mia gente e del mio “terroir”. Mamìa è un personaggio del mio romanzo “la riva lontana”, ma è anche una persona che esiste nella realtà. Mamìa è una beduina delle montagne tunisine, che ha visto per la prima volta una “rumi” (occidentale: rumi = Roma) quando ha incontrato mia madre all’inizio degli anni ‘50. Una delle sue figlie ha avuto “una bambina a casa di suo padre”, come ci scrisse il fratello in una lettera commovente. Galeotta fu la corte assidua di un giovanotto belloccio, figlio di un proprietario terriero che non trovava disdicevole i giochi del suo rampollo con una contadinotta senza risorse, ma che si affrettò a spedirlo in Francia quando si palesò l’eventualità di un matrimonio riparatore. Aziza è cresciuta con i nonni e con lo zio materno che le ha fatto da padre. E’ andata a scuola e ora è una ragazza che lavora. E la madre? Ha lavorato per mantenerla, rimanendo a vivere nella casa di famiglia da cui nessuno ha mai pensato di cacciarla. Quando la figlia è stata abbastanza grande, ha incontrato un uomo e si è sposata. Nessuno ha mai pensato di ucciderla per la sua “colpa”. La famiglia si è stretta intorno a lei a proteggerla dagli inevitabili pettegolezzi di paese. La bambina è cresciuta serena e la madre ha potuto ricostruirsi. Tutto sommato una storia banale, come se ne vivevano nelle nostre province alcuni decenni fa, talmente banale da non poter diventare tema di un romanzo.
Le società musulmane sono molto diversificate fra loro e mi disturba non poco questa visione stereotipata e livellante che continuamente ci viene proposta. Saranno certamente più rassicuranti gli stereotipi per i lettori che così non sono condannati a perdersi nei molteplici e sfaccettati tasselli che compongono la realtà musulmana. Però……però…….
Non so se leggerò questo romanzo e tutti gli altri che verranno sulle donne musulmane. “Leggere Lolita a Teheran” è un’altra cosa: ha per tema centrale il potere salvifico della letteratura e mi fa pensare a Primo Levi che recitava versi della Divina Commedia nel campo di concentramento………

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:08 da marinette


Ah, un’altra cosa…. Le vocali sono labili in arabo. Allora perché non chiamare Selma la protagonista, come di fatto questo nome viene pronunciato in molti paesi arabi, anziché Salma, in considerazione del senso che prende in italiano?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:11 da marinette


@Simo, sei sempre portatrice di testimonianze interessanti, una risorsa inesauribile per questo blog. Mi piacerebbe che al dibattito partecipasse Pietro Del Vecchio, l’editore di “Confessioni di una giocatrice d’azzardo”, persona che ho conosciuto al Salone di Torino, presentatomi dalla Roderer. Sono rimasto letteralmente conquistato da questo giovane manager, dalle sue idee chiare e dal suo modo di intendere la piccola, editoria. Pietro ha pubblicato fin ora solo autori stranieri, romanzi e libri di poesie che hanno già riscosso un certo successo all’estero. Libri corredati da una veste grafica elegantissima. Mi chiedo e gli chiedo il perché di questa scelta ben precisa (cioè la pubblicazione di autori stranieri) e se vuole continuare su questa linea anche per il futuro. E in più, come si fa a trovare spazio in un mare così affollato quale quello del nostro mercato editoriale?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:13 da Salvo zappulla


Buongiorno a tutti. Ringrazio innanzitutto Massimo Maugeri per l’ospitalità e per l’opportunità di presentarci al pubblico dei lettori di questo blog e Salvo Zappulla per la bella recensione del nostro libro.
Del Vecchio Editore è una piccola casa editrice indipendente nata tra Roma e Cosenza nel gennaio del 2006. Abbiamo pubblicato il nostro primo libro nel luglio del 2007.
Siamo in quattro intorno a questo progetto. Io, Pietro Del Vecchio, direttore editoriale, Paola Del Zoppo, responsabile dei servizi redazionali e vera anima organizzativa della casa editrice, Carla De Caro, responsabile dell’ufficio stampa, e Antonio Falcone, il nostro direttore commerciale. Una menzione speciale va anche a Dario Lucarini, che non è inserito stabilmente nell’organico della casa editrice, ma che collabora con noi per la parte grafica. È bravissimo, ed è sua infatti la bella copertina di Confessioni di una giocatrice d’azzardo.
Ci accomuna innanzitutto la passione per il libro come oggetto materiale che, crediamo, possa e debba comunicare con il lettore innanzitutto attraverso il suo aspetto: la forma, la qualità della carta, gli abbinamenti dei colori.
Ci piacciono le storie delle donne e degli uomini del nostro tempo e gli sguardi curiosi sulla realtà che ci circonda che non si fermano all’apparenza delle cose e hanno bisogno di porsi domande più che fornirsi delle risposte.
Proprio per questo motivo abbiamo messo in cantiere tre collane, Poesia, Narrativa e Noir che pensiamo rappresentino altrettanti canali di comunicazione, e favoriscano il dialogo, lo scambio di idee, pensieri e sensazioni con i lettori.
La collana “Poesia” è molto attenta alle voci significative, ma non ancora note in Italia. Voci molto diverse tra loro. Abbiamo finora pubblicato tre volumi: la poesia ampia e ricca di dettagli di Jane Urquhart, con “Qualche altro giardino”, in cui l’autrice fa rivivere la voce di Madame de Montespan; “L’assassino della lingua” di Gwyneth Lewis, in cui si intrecciano temi complessi e differenti come l’identità linguistica, il disagio mentale e la riflessione sul mistero che squarcia il velo quotidiano della depressione e della perdita; i versi minimalisti di Margaret Avison in Cemento e carota selvatica.
La collana “Narrativa” presenta voci nuove o poco conosciute che aprono finestre su realtà differenti dalla nostra e offrono una secondo spunto o una lettura originale di realtà che ci sembrano familiari. “Confessioni di una giocatrice d’azzardo” è appunto il primo titolo della collana.
Infine la collana “Noir” presenta testi rivolti a tutti gli appassionati del genere, ricchi in sperimentazioni come “Nato di sabato” dello scozzese Ray Banks, che gioca, decostruendolo, con il cliché dell’investigatore privato; Laurent Martin, con “L’ebbrezza degli dei”, ambientato nella Francia contemporanea e costruito come una tragedia greca con coro, corifeo e un eroe perseguitato dalla sorte; Robert Hültner, con “Un’indagine senza importanza”, che fa i conti con la situazione politica della Germania pre-hitleriana, una storia molto meno lontana di quanto vorremmo.
Con il nuovo anno allestiremo anche una collana dedicata esclusivamente alla narrativa italiana. Quello che stiamo leggendo, finora, ci piace molto.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:21 da Pietro Del Vecchio


Buongiorno a tutti, sono Filippo e ho avuto il piacere (e l’onore) di tradurre il bellissimo romanzo di Rajda Jacobs “Confessioni di una giocatrice d’azzardo”. Dalla chiave di lettura che usato nell’approccio all’analisi (prima) e alla traduzione (poi) ho avuto la netta sensazione che, come è già stato fatto notare, il mondo di Abeeda tenda ad una globalizzazione, ad una voglia di “modernizzazione” se vogliamo. Usano prodotti a marchio globale, si tolgono lo sfizio di fare shopping in grandi centri commerciali, giocano nei casinò. Il tutto però cercando di non pestare i piedi alla tradizione religiosa.
Direi che la situazione di Abeeda è un po’ meno radicale, in quanto musulmana sudafricana. A Città del Capo convivono benissimo varie religioni e vari modi di vivere che inevitabilmente mitigano l’estremismo. Direi che però, in linea di massima, le donne (e non solo) tendono a provare ciò che la religione condanna, ne conseguono inevitabili sensi di colpa che non sono però freni inibitori. L’importante è mantenere il decoro (in occidente diremmo apparenze). Non è forse questo che noi tutti facciamo ogni giorno? Non ci confrontiamo con i nostri desideri e voglie, benché ai più possano non piacere? Non siamo poi così diversi gli uni dagli altri in fin dei conti, forse noi lo facciamo con più sfacciataggine, mentre Abeeda e i suoi “compagni di avventura” sono più inclini alla disciplina personale che aiuta a porsi dei limiti. Limiti che però a volte tendono alla severità e portano a una rottura radicale degli schemi. Alla fine però tutto si ricunduce ai valori universali della vita: l’amicizia, la famiglia, la lealtà e l’onore che vanno preservati e difesi.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:21 da Filippo Nasuti


@Marinette. Sicuramente le tradizioni delle società musulmane sono molto più complesse di quanto noi occidentali ignoriamo e presentano mille sfaccettature. Tu sei in grado di portare contributi molto più realistici in questo dibattito. Anch’io rimango infastidito dalle immagini stereotipate che spesso si danno della Sicilia nei films. Una volta un mio amico scrittore di romanzi a tema mafioso mi confidò. “Il pubblico vuole la Sicilia rappresentata così, con coppole e lupara sottobraccio, donne vestite di nero e onore lavato col sangue. Fa presa. Vagli a raccontare del Barocco di Noto, di Ortigia patrimonio dell ‘umanità; di ragazze che escono dopo la mezzanotte per fare l’alba in discoteca. Che se ne fanno di storie come tutte le altre? Non sarebbero storie siciliane.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:33 da Salvo zappulla


Grazie a Silvia Leonardi e Salvo Zappulla: per entrambi le loro recensioni che risaltano le storie e l’intensità di loro colleghi scrittori al femminile e che Simona, anche Lei scrittrice, mi convincono che l’universo femminile non ha confini e che pur cambiando gli stili di vita, i costumi e le sovrastrutture di pensiero e regole vigenti della società a cui appartengono: il loro denominatore comune è il sentirsi come donne sempre giudicate e amate senza il rispetto della loro sensibilità e impegnative aspettative nei confronti della società civile e dell’amore maschile,forse. A tal punto da riconoscere lo stesso disagio, anche se più sofisticato e pretenzioso, nel racconto di Elvira Seminara. No non c’è differenza nella condizione femminile e nel sentire, secondo me, su questa terra: la speranza è che per tutti Noi valga l’impegno di maggior rispetto di sé e degli altri sotto lo stesso cielo, forse!
Luca Gallina

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:38 da luca


P.S. Sarebbe anche interessante poter leggere che un autore/ce racconti una storia di un uomo che si sente inadeguato, ché incapace di soddisfare le molteplici aspettative al femminile, pur rispettando e amando una donna che non si può accontentare solo di un amore maschile e della propria maternità: il femminismo, certo maggiormente all’occidente, docet!
Si fa per dire, per non rischiare di continuare a compatire le donne perché vittime del proprio amore infelice e della propria condizione nella nostra società: e che sarà mai, tutta questa ingiustizia al di fuori di violenze subite, da condannare duramente, e le cose buone che ricevono?
Perché mi sembra di capire che le donne oggi siano, sempre più, insoddisfatte comunque agli occhi degli uomini. Forse.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:39 da luca


Apprezzo moltissimo questo post, non solo per le due belle recensioni, ma perchè decidendo di mettere insieme due storie diverse si restituisce almeno inizia a restituire, la varietà del mondo islamico che è troppo grande perchè possa essere percepito a un solo colore. Le variazioni del mondo arabo non sono inferiori a quelle del mondo Europeo – e credetemi, a nessuno svedese piace essere confuso con un siciliano e viceversa.
Nei miei contatti col mondo arabo, io ho potuto toccare con mano come, in effetti, la cultura beduina sia una delle più atrocemente maschiliste che ci possano essere. Il libro dunque mi ritorna e combacia con storie che ho conosciuto. Ma ho conosciuto anche un mondo arabo (la mia esperienza è ristretta agli arabi palestinesi) con poche donne che lavoravano, ma in cui la distribuzione dei ruoli aveva un senso diverso da quello che si tende a percepire qui: era una distribuzione dei ruoli che conservava una dicotomia politica: l’uomo era il capo dell’esterno, la donna la capa dell’interno.
La capa del clan, per esempio. Ciò vuol dire poter sindacare su un gruppo familiare che annovera centinaia di persone. Essere la persona a cui riferirsi in caso di divorzi, di unioni, di figli malati, di persone depresse. Naturalmente, poco potere fuori all’esterno. E comunque, non poter scegliere il proprio destino è molto limitante. Ma questa divisione, in quel contesto lmeno, non era priva di una sua notevole e rispettata dignità. Per cui si, in parte per rispondere alla prima domanda di MAssimo, la nostra visione dipende dai nostri occhiali.
Per rispondere alla seconda domanda. L’emancipazione è quella cosa che desideri quando la vivi – come molte esperienze. Meno ci sono occasioni storiche meno ti viene la fantasia: è il potere psicologico della determinazione culturale. Più le donne sono lontane dall’emancipazione, più non possono desiderarla – ma appena le sfiora, allora cominciano a pensarci. In Isralele le donne arabe vogliono lavorare e spesos lavorano, studiano all’università viaggiano. Con l’occidente c’è questo rapporto estremamente ambivalente, e più che mai con il mondo ebraico. Se ne parla male, ma hanno portato dei nuovi desideri, e le donne arabe non possono non guardare le loro vicine ebree. Ma ci sono anche delle forze contrarie: si sa per esempio che gli uomini più reazionari del mondo arabo spingono perchè le loro figlie non studino e si sposino presto. Il desiderio dell’emancipazione viene con l’emacipazione.
Dunque è tutto molto complesso.
Per la domanda tre: non credo che l’occidente debba fare altro oltre quello che già fa: esserci per come è. Qualsiasi battaglia culturale è un’ingerenza in un percorso storico che non lo riguarda, una mancanza di rispetto, un’invasione di campo. Le donne che non percepiscono il desiderio di un’emancipazione non sono necessariamente delle sceme, e spesso riescono a trovare un modo intelligente e felice di esistere – in un modo che noi non sappiamo esperire – non dobbiamo mancar loro di rispetto per amor di fuoco redentore e illuminista. Noi siamo in quesot modo, e possiamo solo dire: guardami e sceglimi, se pensi che puoi avere più spazio per te.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:50 da zauberei


Ringrazio Salvo per la lunga lista di complimenti che mi rivolge, complimenti che ricambio per la squisitezza della persona e la qualità della scrittura che ha dimostrato.
Rispondo velocemente alle sue domande.
La scelta di autori stranieri è stata dettata innanzitutto da ragioni di gusto personale. Molto banalmente quando con Paola abbiamo iniziato a ragionare in concreto su questo progetto ci siamo confrontati su quei libri che ci sarebbe piaciuto trovare nelle librerie italiane, con una bella traduzione e una bella veste grafica. Amici, collaboratori, semplici ricerche su internet, ci hanno poi aiutato ad ampliare le nostre conoscenze e le nostre preferenze. I primi contatti per l’acquisizione dei diritti sono stati complessi. Una casa editrice sconosciuta, appena nata di fronte a colossi come Random House, Penguin, Gallimard ecc. Ma alla fine molti hanno creduto alla bontà del nostro progetto e si sono fidati. A poco a poco, una volta aperto il sito internet http://www.delvecchioeditore.it (che consiglio di visitare perché si possono scaricare i primi capitoli di ciascun libro) abbiamo cominciato a ricevere i primi testi inediti di scrittori italiani. Delle cose che ci sono piaciute, come scrivevo precedentemente, faremo una apposita collana, che speriamo riuscirà ad aver successo.
Per quanto riguarda la seconda domanda (“come si fa a trovare spazio in un mare così affollato quale quello del nostro mercato editoriale?”) la risposta è: non lo so con esattezza. In fondo siamo “geniali dilettanti in selvaggia parata”. A parte gli scherzi, la distribuzione è una delle note dolenti del meccanismo. Prima di riuscire a essere presi sul serio abbiamo dovuto fare molte telefonate e molti incontri. Noi, innanzitutto, pubblichiamo i libri che ci piacciono nella veste grafica che ci piace. Riteniamo siano prodotti di qualità, e pensiamo che i lettori siano in grado di apprezzare le belle storie e i bei libri che le raccontano. La qualità del progetto editoriale alla lunga paga. E infatti adesso siamo distribuiti in tutta Italia con 4 distributori sovraregionali.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 12:55 da Pietro Del Vecchio


Salvo, hai ragione. Ma che cultura è quella che nutre a dismisura gli stereotipi? La cultura non è qui per scardinare certezze? Per mettere continuamente tutto in discussione? Per aprirci alle infinite possibilità del mondo e dell’umanità?
Sarebbe come se aprissi un ristorante e facessi solo primi piatti, tanto agli italiani piace solo la pasta……..

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 13:03 da marinette


@Luca Gallina.
Il tuo gesto di inviare i fiori a Elvira Seminara è stato da gran signore. Mi inchino dinanzi alla tua classe. La storia di un uomo che si sente inadeguato, ché incapace di soddisfare le molteplici aspettative al femminile? Io. In carne ed ossa. Ti assicuro, non esiste uno scrittore più sfigato di me. Due figlie femmine, un paio di suocere diaboliche, tre cugine zitelle che pendono dalle mie labbra. Idem le zie. Per ultimo la cagnetta, femmina pure essa, che pretende chissà quali diritti. Come si fa a soddisfare tali aspettative? Dolce cara Tessy, cortesemente, aggiungi una preghiera in più.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 13:25 da Salvo zappulla


@Zauberei. Sono d’accordo con te. Occorre rispetto, pur nella differenza delle diverse culture. Ogni tentativo di intrusione o di “civilizzazione”, nei confronti di popoli di cui spesso non conosciamo a fondo gli aspetti più intimi della loro psicologia, è sempre un tentativo di coercisione supponente e maldestro. Quella che occorre combattere con fermezza è la violenza, il terrorismo, gli estremismi che generano atti di criminalità.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:01 da Salvo zappulla


@Marinette. Sta agli intellettuali educare i loro popoli, far sì che si sviluppi quel processo di evoluzione nella mente di ogni individuo, attraverso una corretta informazione, l’esempio, il coraggio di ribellarsi alle situazioni stagnanti. Qualche distinguo tra cronaca e letteratura però lo farei.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:10 da Salvo zappulla


Ricordate Hina Saleem? La ragazza pakistana fu uccisa e sepolta dai suoi parenti nell’agosto del 2006 a Sarezzo, nel Bresciano. La sua colpa? voler vivere all’ocidentale, indossare la minigonna e fare cose per noi assolutamente normali. Normali anche per il suo fidanzato.
Ma non per i suoi familiari islamici.
La vita, dunque, è sempre più avanti rispetto alla “fiction”.
Silvia, nella sua recensione, coglie aspetti profondi senza indugiare in scenari fantascientifici. Il senso è quello, il senso della vita. E anche l’assurdo senso di una morte per noi incomprensibile.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:20 da enrico gregori


A Pietro desidero chiedere: quanto è importante oggi per un editore avvalersi di professionisti esterni in grado di conoscere e scandagliare il mercato alla ricerca di nuove opere da proporre? Mi riferisco alla collaborazione con gli agenti letterari, persone a mio parere sempre più determinanti nel mercato librario, in grado di fare da filtro tra editori e aspiranti autori.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:27 da Salvo zappulla


Ringrazio Simona per le sue parole e per averci ricordato il bellissimo “Leggere Lolita a Teheran” e Luca Gallina che ha sempre dimostrato di saper cogliere sfumature particolari del mondo femminile e delle sue problematiche.
Vorrei dirti che sarebbe bello poter “compatire” una volta tanto gli uomini, ma sono molto più spesso le donne ad essere le vittime di certi tipi di cultura e credo che la proporzione non sarà mai invertita.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:35 da Silvia Leonardi


@ marinette
grazie davvero per il tuo contributo.
Sono siciliana, come Salvo, e ho passato anni a spiegare ai miei amici che la Sicilia che come topos viene rappresentata non è esattamente e sempre un posto di mafia, di accento palermitano (perchè nei film si parla solo il palermitano), di lupare e donne vestite di nero ai bordi delle case, affacciate su strade polverose.
Ma è anche questo.
Purtroppo, aggiungo io.

p.s. non sapevo che la pronuncia usata in arabo fosse Selma. Salma in effetti è bruttissimo, ma credo rientri nella difficoltà di rendere in un’altra lingua la traduzione dall’arabo.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:43 da Silvia Leonardi


@ zaub
come sempre le tue analisi sono lucide e disincantate. Non conoscevo granchè della cultura beduina prima di leggere il libro e posso confermare quanto riporti, e cioè che sia profondamente maschilista. Per tutto il romanzo la protagonista vive con l’ombra del fratello alle spalle, colpevole di qualcosa che lui non le perdonerà mai. é una sensazione angosciante alla quale Salma tenta in ogni modo di reagire.
Sono perfettamente d’accordo con te sul fatto che non vada imposta l’occidentalizzazione. Del resto abbiamo numerosi esempi di donne felici di vivere in dimensioni che noi consideriamo inaccettabili.
Quello che non deve mancare è la cultura del rispetto.
Arginare le violenze, dare una possibilità e una mano a chi lo chiede. Senza invadenza e coercizione.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:49 da Silvia Leonardi


le recensioni sono invoglianti, e quella di silvia in particolare, probabilmente per la partecipazione emotiva da donna che traspare.
credo di essere molto d’accordo con zaub, come peraltro spesso mi accade.
il mondo islamico è variegato e non omologabile in uno stereotipo.
al suo interno la posizione della donna cambia a seconda della zona geografica e del livello culturale. esattamente come accade da noi in europa. la laica turchia (ancora per quanto, però?) non è comparabile all’arabia saudita, la grande città alla campagna, la bassa alfabetizzazione alla cultura universitaria. contano ancora parecchio, al di là dell’islam, arcaiche usanze tribali, sulle quali l’islam si è innestato (come anche da noi, peraltro: si pensi alle celebrazioni pagane tramutate in feste patronali).
il livello di consapevolezza delle donne è la cosa su cui secondo me si può lavorare, non imponendo modelli estranei ma portando la ventata di libertà che solo la conoscenza può dare. rendendo noto che c’è un’alternativa, che c’è un mondo intero fuori che aspetta.
e, ovviamente, facendo rispettare le nostre leggi qui da noi.
a tutti.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:51 da gea


@ enrico
Ecco, quello che citi tu mi sembra lampante. La storia di Hina è venuta alla luce in tutto l’orrore che un clima famigliare brutale e repressivo ha generato. Storie come queste ce ne sono tante e restano sepolte. Non è voler fare di tutta l’erba un fascio, ma non mi abituerò mai all’idea che quella in cui viveva Hina possa dirsi una situazione NORMALE. Per me non lo è, non lo sarà mai. Ma per altri, evidentemente, è giusto così.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:54 da Silvia Leonardi


@Silvia la mia sulla salma voleva essere solo una battuttina (o una battutaccia), non immaginavo venisse ripresa. C’era una mia collega negli uffici del cimitero (tocchiamo ferro) la quale quando arrivava una salma maschio di grossa corporatura, usava dire: “E’ arrivato un salmone” (Lo so, è orrenda)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:55 da Salvo zappulla


@ Salvo
Sfigato tu??? ma falla finita, servito e riverito dalle donne (opphs…il classico stereotipo della donna siciliana dedita al marito, al padre, al fratello…??!!) :-)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:55 da Silvia Leonardi


@ Salvo, ancora.
Però immagino che se davanti ti passasse salma hayek (hai presente l’attrice che ha interpretato Frida Kalo e che attualmente è testimonial dello spot campari, mi sembra), la tua opinione sulle “salme” si rivaluterebbe!! :-)
p.s. ho che stavi scherzando, ma visto che marinette ci ha fatto notare che la pronuncia è diversa, ho apprezzato quanto meno la possibilità di portarmi a casa un pizzico di conoscenza in più!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 14:58 da Silvia Leonardi


ciao Gea, io ti quoto sempre, anche perchè abbiamo espresso più o meno gli stessi concetti.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:04 da Silvia Leonardi


Salvo, sbaglio o Massimo ci ha mollati qui ed è sparito? :-)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:06 da Silvia Leonardi


Il mondo arabo e per estensione quello di cultura musulmana è certamente un universo dalle mille sfaccettature e non un blocco monolitico. Ma oggi ci troviamo di fronte a forti spinte all’integralismo ed alla applicazione “tribale” e “talebana” delle leggi coraniche che indubbiamente penalizzano la donna condannando a priori tutte le conquiste del femminismo del mondo occidentale.
Alla fine risultano “interessanti” per il pubblico principalmente i libri (ma anche le cronache) che ci mettono di fronte a questo forte contrasto, specie perchè l’immigrazione porta sempre più musulmani nei paesi occidentali e la cosa serve anche ad alimentare la paura, e ad essere “usato” ai fini di confermare uno scontro esistente fra due diverse civiltà (Fallaci docebat).
E’ fuori di mia intenzione sminuire il valore di questi due libri, che non ho letto e che potrebbero benissimo essere affascinanti e validissimi, sotto tutti i punti di vista (le storie sono comunque sicuramente interessanti, e le due recensioni qui molto attraenti).
Ma in questo momento preferirei leggere qualcosa che descrivesse anche l’altro Islam, quello più moderno e tollerante di cui ben pochi sembrano volere tenere conto, ma che ritengo esista; proprio per non vederlo soccombere di fronte all’idiozia integralista in continua espansione, o per vedere affermarsi gli integralismi di segno contrario.
Un saluto affettuoso a Silvia e a Salvo.
(Salvo & Silvia: sembra già il nome per un bel duetto). :-)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:06 da Carlo S.


Quasi dimenticavo, ma come vedete non l’ho fatto, di salutare Pietro del Vecchio e Filippo Nasuti.
Al primo faccio i miei migliori auguri per il suo progetto editoriale, che mi sembra serio e fortemente orientato a portare avanti solo “cose” veramente belle.
Al secondo i miei complimenti per aver tradotto “Confessioni di una giocatrice d’azzardo”. Complimenti perchè credo che per farlo ti è toccato diventare un pò Abeeda, e non credo sia stato facilissimo.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:12 da Silvia Leonardi


Salvo e Silvia, o Silvia e Salvo… è talmente cacofonico che sì, potrebbe essere un bel duetto, ma comico!! ;-)
ciao carletto
P.s. hai qualche libro da suggerirci che indaghi l’altro aspetto dell’Islam? anche a me non dispiacerebbe un po’ di speranza!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:15 da Silvia Leonardi


No, non ne ho: ed è per questo che vorrei scovarne qualcuno anch’io.
Giro pertanto la domanda nel P.S di Silvia sovrastante a tutti voi.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:22 da Carlo S.


però anche salvia e silvo. oppure, osando, salvia e silvio. ma il povero zappulla mi è simpatico..
:-)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:42 da gea


@Carlo. Ti assicuro che Abeeda è un personaggio femminile all’avanguardia, pienamente consapevole della propria libertà e dei propri mezzi. Niente integralismi e ruoli di sottomissione.
@Silvia cara, che duetto vuoi fare? Non indurmi in tentazione. Massimo è catanese, molto vicino alle tradizioni musulmane più maschiliste, starà fustigando le sue donne.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:47 da Salvo zappulla


Carlo, d’accordo perfettamente con te. Pensa, se ci sono “musulmani buoni”, come ce la costruiamo l’immagine del nemico?
Sono nata e cresciuta nella tollerante Tunisia coloniale e post-coloniale e questa casualità del destino alimenta ancora oggi la mia visione della realtà.
Un testo, per me fondamentale, mi ha aiutata a situare me stessa e il mio mondo. Uscito in Francia nel 1966, è stato da poco tradotto in Italia. Si tratta del lavoro dell’etnologa Germaine Tillion, “L’harem e la famiglia” che coglie le linee di continuità culturale fra sud e nord del Mediterraneo.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:47 da marinette


@Gea. ricambio la simpatia.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:49 da Salvo zappulla


…ma non mi chiare più Silvio. Ne basta uno per l’intero Paese.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:52 da Salvo zappulla


@Silvia
Grazie Silvia. In realtà la traduzione del testo è sì stata un processo accurato e oculato, ma in realtà anche piacevole e naturale. Abeeda è un personaggio che arriva immediatamente alla mente e al cuore del lettore e, come facevo notare, i suoi ideali, valori, debolezze e paure, non sono poi molto diverse da quelle del mondo cosiddetto “occidentale”. L’importante è però lasciarsi trasportare dal libro e dai personaggi liberamente, accostandosi a loro con semplicità. Proprio quella è la loro forza.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:53 da Filippo Nasuti


Grazie mille per i vostri bellissimi commenti.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:56 da Massimo Maugeri


Un grazie particolare a Silvia e Salvo per l’ottimo aiuto.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:57 da Massimo Maugeri


Sono qui, cara Silvia. Non posso mollare, neanche volendolo, questa bella famiglia. Come potrei?
:)
Però adesso devo chiudere e potrò tornare solo in serata.
Tanto ci siete voi!
;)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 15:58 da Massimo Maugeri


@ Salvo
Le donne con cui vivo, moglie e due bimbe, (che non sono “mie”) sono le mie regine. Sono al loro servizio. E, semmai, sono loro che fustigano me.:)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 16:00 da Massimo Maugeri


Un caro saluto a Pietro Del Vecchio e agli amici e allo staff di Del Vecchio editore.
In bocca al lupo per le vostre future iniziative.
A dopo!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 16:02 da Massimo Maugeri


A proposito dei temi posti, dal Sole 24h di ieri:
“mentre la via francese dello stato laico, col divieto del velo islamico a scuola, ha avuto successo, in Inghilterra il multiculturalismo non ha fermato gli attacchi terroristici e ha frenato ogni velleità di cambiamento” Sembra che sia proprio così e che a distanza di quattro anni emerga inequivocabilmente la positività dell’esperienza francese. Avrei voluto riassumere l’articolo, molto interessante, ma ho poco tempo; chiedo a Massimo, se possibile, di postarlo. Si parla anche di letteratura e di premi prestigiosi .
A presto, miriam

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 16:02 da miriam ravasio


@Filippo. Il mestiere di traduttore. Non credo sia un mero lavoro di trascrizione, bisogna calarsi nell’animo del narratore, studiare i concetti che vuole esprimere, individuare i termini che rendono appieno l’idea. E’ così?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 16:05 da Salvo zappulla


A proposito di donne nel mondo arabo e d’una visione non stereotipata della loro condizione, segnalo i tre libri della scrittrice palestinese Suad Amiry, pubblicati negli ultimi cinque anni dall’editore Feltrinelli:
“Sharon e mia suocera”, “Se questa è vita”, “Niente sesso in città”, quest’ultimo pubblicato recentemente.
I tre libri, autobiografici, offrono una visione della condizione femminile nel mondo arabo molto distante dalle prospettive diffuse in occidente, utilizzando, inoltre, un registro letterario d’originale umorismo. Con il mio gruppo culturale di allora, “Lailah”, oggi non più esistente, abbiamo presentato, in anteprima europea a Follonica (GR), nel 2003, il primo libro di Suad Amiry, “Sharon e mia suocera”, ed io pochi mesi dopo ho pubblicato una intervista a Suad nella rivista “Orizzonti”.
Sono nato e cresciuto in Calabria, per poi trasferirmi in diverse zone dell’Italia, tra il centro e il nord. So cosa significa stereotipo per esperienza personale, come immagino lo sappiano bene Salvo Zappulla, Massimo Maugeri e gli altri amici del Sud.
Un caro saluto a tutti,
Gaetano

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 16:45 da subhaga gaetano failla


grazie per la segnalazione Gaetano. (Visto Carlo? Detto fatto!) Direi che sarebbe interessante leggerli e farne un post apposito.
Un caro saluto a te.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 16:57 da Silvia Leonardi


Rispondo brevemente a Salvo (domanda: quanto è importante oggi per un editore avvalersi di professionisti esterni in grado di conoscere e scandagliare il mercato alla ricerca di nuove opere da proporre?). Come scrivevo nel post precedente i primi passi che abbiamo fatto sono stati dettati prevalentemente dal gusto personale. Anche perché, sinceramente, non avevamo molti contatti nell’ambito editoriale e quindi dovevamo per forza regolarci in questo modo. Da una parte ciò assicura un “controllo” totale delle scelte editoriali, dall’altra è anche chiaro che le enrergie di una piccola casa editrice sono limitate e diventa difficile leggere o far leggere tutto quello che di interessante viene scritto. L’agente letterario diventa un punto di riferimento essenziale per ampliare la propria capacità di guardarsi intorno. Tanto per fare un esempio è stato proprio grazie a Juliane Roderer, agente dell’autore del nostro ultimo libro pubblicato (“Un’indagine senza importanza”), che ho conosciuto Salvo alla Fiera di Torino.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 17:10 da Pietro Del Vecchio


Se vi serve un editor mi offro io :-) )

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 17:12 da Silvia Leonardi


@Salvo
Verissimo, è una ricerca accurata di termini (e non solo) che esprimano determinate immagini ed emozioni che l’autore ci vuole trasmettere, ma prima di essere traduttori si è lettori, per questo un romanzo (o un’opera in generale) va approcciata prima da un punto di vista “asettico” in modo da capire veramente il testo e solo dopo accostarsi al lavoro tecnico di analisi, ricerca e resa. Nonché revisione.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 17:49 da Filippo Nasuti


@ tutti
stasera mi sarà difficile collegarmi, ma tanto c’è Salvo e sicuramente Massimo. Torno domani.
Un caro saluto

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 18:04 da Silvia Leonardi


@ Silvietta…che chiede libri sulla speranza…!
Gli stessi libri che parlano della persecuzione e dell’emarginazione delle donne nel mondo islamico sono inni alla bellezza di quel mondo. Alla sua poesia. Alle meravigliose tradizioni familiari e popolari.
Anche in “leggere Lolita a Teheran” l’incanto è quello di una società che -prima del regime e delle atrocità di tutti i regimi (verso qualunque popolo e condizione) – vive una condizione di forte spiritualità, di adesione ai valori più alti della vita e della famiglia, di amore per l’arte.
Azar Nafisi ne è un esempio.
E’ una donna colta, aperta, portatrice di una femminilità che inneggia alla dignità umana.
Ha ascendente sugli studenti, sui colleghi, è spiritosa e ha inventiva.
Non è una provocatrice fine a se stessa. Ed è figlia dell’Islam .
Dell’Islam il cui Corano incita alla tolleranza religiosa , alla dignità e fratelanza umana (Maometto dice” tutte le persone sono uguali. Non esiste alcun motivo di superiorità di un arabo su un non arabo.Di un bianco su un nero. Di un uomo su una donna…”). Dell’Islam che vibra di un ardore morale senza pari. Dell’Islam vittima di se stesso…e anche – questo sì – della poca conoscenza che regna sui suoi precetti più belli da parte del mondo occidentale.
Comunque un testo in cui leggere l’Islam da una voce moderna e autentica è anche “Essere Musulmano” (Bompiani) di El Hassan bin Talal (principe di Giordania) e Alain Elkann (grande voce di quotidiani come La Stampa, Capital, Lo Specchio Nuovi Argomenti…oltre che saggista e romanziere).
Io da questo libro ho imparato ad amare l’Islam. Il suo cuore. Il suo passato.
Ecco…Silvietta…per te: un libro sulla speranza.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 19:01 da Simona


aho ma che se affloscia r dibattito?
Rilancio, e visto che non posso polemizzare quasi con nessuno polemizzo con la me stessa di sopra, con il commento che io stessa ho lasciato, e all’uopo mi servo di luca gallina:) ciao luca.
Individuo un’area di conflitto etico.
Luca diceva – e di che si lamentano le donne, con tutte le cose belline che hanno? Che non ho capito se era ironico. Magari era davvero ironico – magari no. Se non lo era, era fuori luogo.
Perchè ecco, esiste una trasversalità del maschilismo, e la differenza tra culture e solo nella quantità e non nella qualità. La trasversalità maschilista è quella che dice, tu donna prima di tutto sei un soggetto determinato sessualmente. poi hai una percentuale di determinazione individuale e razionale. Il quantum di razionale è riconosciuto alla donna è la variabile tra culture, ma in Italia, state sereni che è ancora molto basso. Non tanto tra noi intellettuali e bloggeur spesso cittadini, ma pensiamo alle campagne, a certe zone del sud. La donna è prima la sua funzione sessuale. Dunque, se Elvira Seminara scrive un bel libro, riceve un gesto galante e non una recensione sul suo libro, o una critica. il gesto galante rimanda al fatto incotestabile che prima che scrittora essa è fimmina.
Non so se ne sarebbe contenta.
Il mondo islamico porta questo riconoscimento della soggettività e della razionalità a livelli analoghi al nostro in certe zone – per esempio il libano, dove ci sono un sacco di donne colte e donne imprenditrici – e a livelli vicino allo zero in posti come l’iran, o presso le incredibili famiglie beduine. questo mancato riconoscimento toglie persino il posesso della propria vita sessuale: se devo essere solo madre e sposa minghia, mi piacerebbe scegliere con chi, e magari non esserlo a 13 anni. E preferirei non dover morire se disgrazia vuole mi innamoro di un altro. Più un soggetto è solo corpo, meno ha potere sulla sua vita. Non è bello.
Questa cosa, mette una donna come me, non di rado in una posizione di scacco: rispettare la sopraffazione. E’ etico o è vigliacco?
Non mi rimangio quanto detto sopra, apro solo a una prospettiva diversa.
Ma di fatto è curioso che io nel mio paese, combatta per quello che sento un maschilismo dilagante, (che non riguarda perciò il privato, il privato è il privato) che trovo iniquo, e poi se vedo un’altra donna picchiata a sangue mi ritrovo a dire.
Eh è la su curtura.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:05 da zauberei


ennò, qui si rientra nel caso delle leggi.
tu dirai ma se lei non denuncia, se per lei è normale così?
e io dico che lo stesso vale per moltissime donne italiane, che subiscono perchè sì.
e allora c’è da lavorare sulla cultura del silenzio, e c’è da agire dal punto di vista della legge.
picchiare qualcuno è comunque un reato, e picchiare un proprio familiare dovrebbe essere un’aggravante, non un ”abuso di mezzi di correzione” come purtroppo ancora qualche volta si sente.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:21 da gea


e mi piacerebbe tanto che non succedesse più quello che spesso accade, che una disgraziata tenta di denunciare, con incertezze paura conflitto interiore, e viene scoraggiata dalle stesse forze dell’ordine. ”ma ci pensi bene, signora, lo rovina, magari non lo fa più..” e dentro di loro a pensare ”chissà questa che ha fatto per farsele dare così” .

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:24 da gea


e si gea, ma qui non si parla di Italia. Ci sono paesi in cui punire una donna colla violenza è prescritto dalla legge – tipo l’adulterio in Iran se non sbaglio.
Ma relazionarsi agli eccessi è facile.
Come ci relazioniamo a quelle cose, poco sotto gli eccessi?
Es. quando io stavo col mio ex arabo israeliano, una sua sorella era sposata a un tale. e questa poveraccia co sto tale ci stava malissimo. E tutti a farle due cojoni tripli sur fatto che uh, ma come è tanto buono uh ma come è bellino. Uh.
E quando andai da loro lei era in una specie di vacanza dal padre. Però era sancito che sarebbe dovuta tornare dal marito. Una specie di sanzione che lei condivideva. COme un martirio.
“Me tocca.”
Eh guarda che da femmina occidentale metterti davanti una cosa del genere è un macello, come ti muovi sbagli.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:32 da zauberei


e perchè qui no?
io parlavo di donne italiane, perchè la cultura del martirio femminile non è solo islamica.
e dicevo che lì si può solo lavorare dando l’esempio, ma se l’esempio è questo..
di donne massacrate di botte, sacrificate ”per la Famiglia” ad un uomo che beve e le maltratta è pieno il mondo.
tutto il mondo.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:39 da gea


ho conosciuto personalmente una donna che dopo trent’anni di botte ricoveri ospedalieri fratture, sopportati ”per i figli” e anche perchè minacciata e non supportata da nessuno, neanche dai medici che vedevano e sapevano e stavano zitti, è riuscita finalmente a liberarsi.
adesso lui è stato allontanato, credo sia in galera.
perchè lei ormai è storpia. l’ultima volta l’ha scaraventata dalle scale e le ha spezzato la schiena.
trieste, italia. ceto medio.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:46 da gea


@zauberei. Che palle questo femminismo esasperato! Se Elvira Seminara riceve un mazzo di fiori significa che oltre ad essere una scrittrice è anche una donna, quindi dotata di una sensibilità tutta femminile che le fa apprezzare un mazzo di fiori. Punto. Riceverà anche le recensioni. O le ha già ricevute, l’uno non esclude l’altro. In certe campagne del sud la donna ha la funzione di accudire la prole, spesso numerosa ma è anche vero che l’uomo per mantenere tutta la famiglia si fa il mazzo, si alza all’alba e torna al tramonto (ma stiamo parlando di secoli fa). Non mi pare che in Italia il quantum di razionale riconosciuto alla donna sia così basso. Se ha la materia grigia le possibilità di carriera sono infinite, se poi è anche gnocca questo aiuta. Discorso più complesso per le famiglie beduine o le donne iraniane ma lì apriremmo una discussione molto più ampia che riguarda anche il mercato dei corpi, dello sfruttamento, della schiavitù. Nel Sudan ad esempio è lo stesso governo a favorire tale fenomeno. Il mercato dei corpi riguarda anche i maschietti, lo sfruttamento delle loro braccia. In Sicilia a tredici anni venivano mandati a lavorare dentro le miniere e a venti erano già spremuti come un limone.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:57 da Salvo zappulla


è acquisizione recente l’indipendenza della donna, anche qui da noi.
l’indipendenza economica, innanzitutto.
perchè senza quella non si va da nessuna parte.
e ti assicuro che persino io, famiglia di intellettuali progressisti, quando ho deciso di divorziare ho avuto pressioni contrarie, e pesanti.
pensa ai figli, bisogna adattarsi, in fin dei conti l’uomo perfetto non esiste..
ci voglono forza, determinazione, mezzi economici e culturali per riuscire a prendere la propria strada. anche nel mondo occidentale.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:57 da gea


Beh, ringrazio Gaetano Failla, Simona e gli altri per le segnalazioni letterarie sul mondo islamico.
Io per mio conto vi segnalo il delizioso “Persepolis”, dell’iraniana Marjane Satrapi, bellissima autobiogarafia a fumetti di una donna emancipata a Theran; dalla legge sull’obbligo dei foulard (1980: l’autrice era una bambina), poi la decisione dei suoi di mandarla a studiare in Europa (Vienna), e fino al ritorno in un Iran sprofondato nell’ottusità di un regime stupido e arcaico. Da oltre dieci anni è tornata in Europa e vive a Parigi. Credo dal libro sia stato recentemente tratto anche un film.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 20:59 da Carlo S.


carlo
bellissimo, persepolis.
mia figlia ed io lo adoriamo.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:03 da gea


@gea
si, picchiare una moglie, una fidanzata, una compagna, sembra lo sport preferito dei maschi alcolisti in qualsiasi cultura, a qualsiasi latitudine, sotto qualunque stella del globo terracqueo.
Non so che nesso ci sia tra ubriachezza e menar le mani sulle donne.
Ma c’è. E ci sono anche donne che paiono inesorabilmente attratte da maschi di tale bieca fatta.
Misteri insondabili. Forse ci vorrebbe Zaub (ma rischiamo molto di finire O.T.)
Prendiamone per ora semplicemente atto.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:11 da Carlo S.


@Gea. Una volta in treno, a Pizzo (Calabria) è salita un donnone alta circa un metro e ottanta, insieme a un piccoletto (il marito). “Le hai prese le chiavi di casa?” fa lei. Il piccoletto ha cominciato a rovistare dentro le tasche, preoccupatissimo. Lei lo incalzava: “Scommetto che le hai dimenticate, imbecille!”. Il piccoletto era letteralmente terrorizzato, continuava a rovistare con affanno. Lei era già sul punto di mollarle una sberla. Noi (allora militari) ci appiattivamo contro la parete. Finalmente il piccoletto a tirato fuori le chiavi ed è stato un sollievo per tutti. “Su su, ragazzi, fatemi posto che ho bisogno di stirarmi” ha chiesto-ordinato il donnone. Nessunoo di noi ha avuto il coraggio di contraddirla.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:11 da Salvo zappulla


non solo alcolisti, carlo, non solo alcolisti.
alcuni, parecchi, semplicemente violenti.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:17 da gea


@ salvo
E il bello è che lei sicuramente non era neanche ubriaca. Sarà qui la differenza tra uomini e donne?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:17 da Carlo S.


salvo
ok, hai ragione.
basta così.
:-)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:18 da gea


Il tema qui proposto e’ al contempo angosciante e stimolante. E reca con se due belle presentazioni-recensioni (per le quali mi complimento con Salvo Zappulla e Silvia Leonardi).
Preferirei pero’ cercare di capire – non l’ho ancora fatto mi pare – quali siano le affinita’ e differenze tra i maschi e le femmine umani, saltando per un attimo il tema degli ambiti culturali di appartenenza. Cosi’ mi chiedo: siamo tutti esseri umani uguali solo ”rivestiti” di corpi differenti, o abbiamo delle differenze profonde anche nella psiche, nella mente, nella sensibilita’ e nel modo di agire? Ancora non mi e’ chiaro questo punto. Che vorrei tanto chiarire da un punto di vista archetipale, senza considerare l’apporto della Storia e della societa’.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:24 da Anonimo


- Salvo il fatto è che qui si parla di donne, condizione femminile e modi di giudicarla da occidentale. Io ho esposto i miei problemi in merito. E il tema è proprio quella parte di complessità a cui tu alludevi. Ma senza arrivare in Sudan, perchè si parla di donne in condizioni difficili, il che non esclude le condizioni difficili per altre persone, bambini, uomini, o determinati gruppi sociali in altre situazioni. Ma questo è il tema de post.
Non credo di avere un femminismo esasperato. E’ femminismo, siamo in democrazia.
– Carlo Esse ci hai ragionissima a parlare delle attrazioni profonde, tra picchiante e picchiata, in specie in luoghi dove il divorzio è cosa accettata da un bel po’. Ci sarebbe un sacco da dire! Ma magari un giorno Massimo trova un post appost. :) ))
– Gea:)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:29 da zauberei


archetipale anonimo! è te pare na passeggiata:)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:30 da zauberei


@Gea. Dai, non voglio banalizzare. Il punto è l’imperfezione dell’essere umano, la tendenza di un essere a sopraffare l’altro. E’ chiaro che la donna essendo strutturalmente più debole in genere è destinata a soccombere. Ma non sempre è così. Se vuoi ti mando una settimana a casa mia suocera, così potrai tastare con mano. Sono ancora pieno di lividi.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:34 da Salvo zappulla


Sull’alcol.
Penso che ne scaturiscano diversi effetti a seconda dei caratteri e delle attitudini individuali: molte persone non divengono violente, altre (sia maschi che femmine) invece si’. Boh. Forse l’alcol e’ proprio una droga che (oltre a far altri danni fisici e psichici) ottiene l’effetto di ingigantire la forza delle percezioni individuali… cosi’ chi dentro e’ poeta da ubriaco scrive capolavori e chi dentro e’ violento diventa un manigoldo calzato e vestito. Ovviamente chi ha piu’ forza fisica (il maschio) ha miglior gioco nell’imporre la sua violenza, mentre la donna, essendo meno fisicamente forte, deve limitarla. Pero’ ho visto anche delle donne ubriache davvero tremende, da metter spavento. Oltre a cio’, vanno considerate le diverse societa’, le differenti capacita’ di tolleranza individuale all’alcol e le tradizioni popolari, le frustrazioni presenti o assenti da una determinata Nazione o Cultura: ci sono dei popoli che pur bevendo molto non sono quasi mai violenti e altri popoli che appena alzano il gomito un po’ danno i numeri. Anche l’ambiente geografico e le temperature fanno la differenza. Insomma le Nazioni esistono anche per le diverse risposte all’alcol!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 21:37 da Anonimo


Ringrazio tutti per i vostri nuovi bellissimi commenti.
Credo che stia “venendo fuori” un dibattito davvero interessante.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 22:46 da Massimo Maugeri


Grazie mille agli splendidi Silvia e Salvo per l’indispensabile supporto.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 22:46 da Massimo Maugeri


Un saluto a Sergio Sozi che ha deciso – legittimamente – (vedi Anonimo sopra) di lasciare commenti senza firma.
Va bene lo stesso, Sergio:)
Rilancio questa tua interessante domanda, posta sul primo commento, sulla differenza uomo-donna:
siamo tutti esseri umani uguali solo ”rivestiti” di corpi differenti, o abbiamo delle differenze profonde anche nella psiche, nella mente, nella sensibilita’ e nel modo di agire?

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 22:49 da Massimo Maugeri


Credo che l’argomento sia molto delicato e che i temi trattati si riferiscano a realtà diverse (con sfaccettature diverse). C’è un fondo di verità in ciascuno dei commenti che avete scritto.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 22:52 da Massimo Maugeri


… Veramente l’anonimato non l’ho deciso, anzi me ne accorgo solo ora: stamattina e’ venuto a visitarmi il tecnico elettronico per rimettere l’antivirus AVG gratuito e… ero abituato ad avere nome e cognome automaticamente presenti nel riquadro dei commenti cosi’ non ci ho guardato. Adesso riscrivo il tutto. Sto un po’ con la testa sulle nuvole, di questi tempi, inoltre, perche’ sto provando a scrivere un romanzo. Ed e’ la prima volta che faccio sul serio!
Ciao, Massimo e ciao tutti

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 22:55 da Sergio Sozi


Un saluto a Sergio Sozi che ha deciso – legittimamente – (vedi Anonimo sopra) di lasciare commenti senza firma.
Va bene lo stesso, Sergio:)
-
Commento: e se invece che essere un errore avessi voluto veramente restare anonimo? Avrei avuto il diritto di restarlo oppure no?
Ai posteri l’ardua sentenza…

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 23:05 da Sergio Sozi


Va benissimo, Sergio. Grazie per i tuoi commenti e in bocca al lupo per il romanzo.

(devo staccare un attimo… a dopo!)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 23:06 da Massimo Maugeri


Sì, Sergio… avresti avuto il diritto di restare anonimo… e io quello di “sgamarti”
:)
a dopo!

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 23:07 da Massimo Maugeri


Della serie ”Guardie e ladri”.

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 23:13 da Sergio Sozi


Riservatezza a parte, ora mi piacerebbe sottoporre a Lorenzo Russo (che non sentiamo da molto tempo) un quesito che potrebbe collegarsi al tema, qui trattato sia da Silvia che da Salvo, dell’identita’ nazionale/culturale in contesti estranianti:
-
Noi Italiani all’estero (io vivo a Lubiana e tu in Austria) abbiamo dei modi uniformi, per certi aspetti, di reagire al ”cultural shock” del vivere in un’altra Nazione, secondo te?
-
(Ovviamente la domanda e’ rivolta anche agli altri Italiani d’Italia i quali, non sapendo direttamente e realmente cosa sia stare per lustri all’estero, vogliano avanzare delle ipotesi e immaginarsi qualcosa in proposito. Insomma lo chiedo a tutti.)

Postato lunedì, 16 giugno 2008 alle 23:29 da Sergio Sozi


@ Luca
Ho letto cosa pensi di me e ti ringrazio. Le foto dei miei quadri posso inviartele al tuo indirizzo di posta elettronica, forse ti piaceranno ed a volte sono di grande utilità. La scenografia mi piace molto ed è attinente alla pittura e non vedo come un campo possa fare a meno dell’altro.
Fra i blog recenti c’è un filo conduttore ed i punti in comune sono diversi ed anche se il compito più arduo è quello di non confondersi, è molto chiaro che al giorno d’oggi siamo di fronte a quanto porta al disamore: la competizione. Oh sicuramente qualcuno starà già pensando che è sana, stimola in molti settori, se non c’è il goals non c’è partita e se non c’è partita non c’è gusto.
Ora la sfida consiste non tanto nell’essere primo, ma in quel sottile e malvagio godimento che si prova nell’essere il migliore rispetto agli altri, primato che purtroppo accade anche in ambito familiare. Non sconosciamo affatto le problematiche competitive fra padri e figli, fratelli e sorelle, marito e moglie, figurarsi in campi professionali dove accanto ai lottatori uomini adesso si sono aggiunte anche le donne, per niente stupide, la cui presenza a volte infastidisce ed irrita la loro affermazione.

Il siciliano è maschilista. Il siciliano è maschilista perchè da sempre in questa terra ha prevalso e comandato l’utero nel senso più negativo della parola, da mamma santissima (guardate quante parole sono con la a finale) alla lupara, dalla mafia all’etna, dalla stragrande maggioranza delle provincie siciliane al femminile (Catania, Messina, Ragusa, Siracusa, Enna, Caltanissetta, etc) alla famigghia e alla fimmina (solo la madre), alla terra e alla lumìa, alle quali il maschio si prostra dividendo il sesso in categorie che ci sono note per la loro volgarità.
Il potere decisionale deve essere maschio, si collabora con l’altro sesso solo se si hanno forti interessi economici, altrimenti l’uomo non piega quasi mai e quando una femmina riesce a renderlo schiavo, allora non ricorda neppure più che doveva essere lui il burattinaio e non il burattino.
E’ probabile che il fenomeno non sia solo regionale, anzi sicuramente non lo è, come non è solo musulmano, dipende soprattutto da un fattore culturale, educativo ma, innzitutto, di onestà intellettuale.
Le gomitate infatti se le danno anche coniugi che, praticando lo stesso mestiere, alla fine finiscono per dare priorità assoluta a quello che fanno e finiscono per vivere di smacchi fra loro!!!
Squallido no? C’è persino chi pensa a strane manovre per rinsaldare la relazione, e fanno persino la gara di eros a colpi di corna e scandali, ma non si sono accorti che dentro la scarpiera della camera da letto ci sono troppe scarpe da tennis, da corsa, salto in lungo e salto in alto. A volte si vedono anche sotto i vestiti dei musulmani, lasciati i sandali chissà in quale moschea!
L’uomo e la donna diventano patetici, patetica la loro cultura e meschine le loro manifestazioni, da categoria, come diceva Sciascia uomini mezzomini ominicchi e quaquaraquà e come dice la sottoscritta per le donne, donnette e bestioline in calore senza più calore.
Ciao
Rossella

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:01 da Rossella


@Ciao Sergio. In effetti questa cosa dell’anonimato non ero riuscito a comprenderla e un po’ mi ero preoccupato. Uno sciopero? Un tentativo di destabilizzazione? Una crisi d’identita? O forse doveva dei soldi a qualcuno. Grazie al cielo l’enigma è risolto.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:03 da Salvo zappulla


Della serie “guardie e ladri”, sì. Ottimo film con Totò e Fabrizi. Ma siamo entrambi troppo magri per interpretare Fabrizi. E troppo poco comici per far la parte di Totò.
Ummh… su quest’ultimo punto avanzerei qualche dubbio.
Ma basta scherzare. Torniamo al post
(Bentornato Salvo)

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:10 da Massimo Maugeri


Rossella scrive:
“Il siciliano è maschilista. Il siciliano è maschilista perchè da sempre in questa terra ha prevalso e comandato l’utero nel senso più negativo della parola, da mamma santissima (guardate quante parole sono con la a finale) alla lupara, dalla mafia all’etna, dalla stragrande maggioranza delle provincie siciliane al femminile (Catania, Messina, Ragusa, Siracusa, Enna, Caltanissetta, etc) alla famigghia e alla fimmina (solo la madre), alla terra e alla lumìa, alle quali il maschio si prostra dividendo il sesso in categorie che ci sono note per la loro volgarità.”
Un commento abbastanza duro nei confronti di entrambi i sessi.
Cosa ne pensano gli altri siciliani?
Stereotipo o verità?

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:12 da Massimo Maugeri


Desideravo salutare Marinette.
Ciao Marinette… è la prima volta che intervieni qui, o sbaglio?
Benvenuta!!!

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:13 da Massimo Maugeri


@ Simona
Grazie per il bel riferimento a “Leggere Lolita a Teheran” di Azar Nafisi.
Libro importante.
Bello anche quando scrivi: “Gli stessi libri che parlano della persecuzione e dell’emarginazione delle donne nel mondo islamico sono inni alla bellezza di quel mondo. Alla sua poesia. Alle meravigliose tradizioni familiari e popolari”.
E… “Dell’Islam il cui Corano incita alla tolleranza religiosa , alla dignità e fratelanza umana (Maometto dice” tutte le persone sono uguali. Non esiste alcun motivo di superiorità di un arabo su un non arabo.Di un bianco su un nero. Di un uomo su una donna…”). Dell’Islam che vibra di un ardore morale senza pari. Dell’Islam vittima di se stesso…e anche – questo sì – della poca conoscenza che regna sui suoi precetti più belli da parte del mondo occidentale.”
Brava Simona!
Condivido.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:17 da Massimo Maugeri


Mi è molto piaciuto il commento di Zauberei.
“La nostra visione dipende dai nostri occhiali”.
Vero…
Poi c’è Enrico che ricorda Hina Saleem.
Già…
Però poi Gea precisa che “il mondo islamico è variegato e non omologabile in uno stereotipo. Al suo interno la posizione della donna cambia a seconda della zona geografica e del livello culturale. esattamente come accade da noi in europa.”
Appunto…
Carlo scrive che “il mondo arabo e per estensione quello di cultura musulmana è certamente un universo dalle mille sfaccettature e non un blocco monolitico. Ma oggi ci troviamo di fronte a forti spinte all’integralismo (…). Ma in questo momento preferirei leggere qualcosa che descrivesse anche l’altro Islam, quello più moderno e tollerante di cui ben pochi sembrano volere tenere conto, ma che ritengo esista; proprio per non vederlo soccombere di fronte all’idiozia integralista in continua espansione, o per vedere affermarsi gli integralismi di segno contrario.”
D’accordo…

Credo ci sia un po’ di verità in tutti i vostri commenti.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:24 da Massimo Maugeri


@ Miriam
Sul Domenicale del sole 24ore di domenica scorsa ci sono articoli molto interessanti. È vero.
Domani me ne faccio inviare un paio.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:30 da Massimo Maugeri


@ Zauberei
Hai scritto: “se Elvira Seminara scrive un bel libro, riceve un gesto galante e non una recensione sul suo libro, o una critica. il gesto galante rimanda al fatto incotestabile che prima che scrittora essa è fimmina.”
(mi fai ridere:) )
Io dico che Elvira è scrittora fimmina, altrimenti sarebbe stata scrittoro maschio. L’omaggio di Luca è stato fatto a nome di tutto il blog… maschi e fimmine, scrittori e scrittore.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:35 da Massimo Maugeri


Che bel dibattito! Ci sarebbe (c’è) ancora così tanto da dire…
In Tunisia ho conosciuto delle donne splendide, dotte, ossequiate dagli uomini e con un ruolo importante in società.
Proverò a invitarle qui…
Buonanotte.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 00:38 da Massimo Maugeri


Salvo,
se dovessi dei soldi a qualcuno mi firmerei col mio nome tanto per prenderlo per il c… Invece no: era solo una crisi d’indindirinda’ elettronica. Pensa a quanto non facciamo piu’ caso nemmeno alla nostra firma: mi era sparito nome e cognome e non l’avevo manco notato! Ci siamo viziato con i servizi automatici, vero, Salvuzzo?
‘Notte

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 01:09 da Sergio Sozi


Rossella,
estendi le tue considerazioni/constatazioni sui sessi all’Italia e aggiungine altre/i: Stato assente (che prende i soldi della Comunita’ Europea e li da’ ai soliti banditi!), cittadino solo, metropoli allucinanti per bambini, donne e persone civili, fiducia ed armonia collettive sottozero, lavoro schiavizzante e per pochi privilegiati, case costose come l’oro, telefonini invadenti e maleducati. In piu’, a rendere il panorama ancor piu’ grottesco e, dunque, divertente: in ogni dove, occhialuti intellettuali che fanno circoli per passare il tempo libero e se ne fregano di tutto cio’. Eccoci qua. Sul fondale. Risaliamo? Ma no. Chi ce lo fa fare? Papa’ e mamma aiutano sempre e a chi e’ ”orfano” destiniamo una preghierina collettiva – o una prece in anticipo.
Sei una persona coraggiosa e vera. Pero’ io sono rassegnato: con le cose dette in faccia chiaramente il Paese non cambia, si offende cretinamente e basta. E rifiuta te. Dunque camminiamo lentamente e senza scarpe da salto in lungo o in alto. O emigriamo… eh eh eh… vedi il sottoscritto…

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 01:23 da Sergio Sozi


“Preferirei pero’ cercare di capire – non l’ho ancora fatto mi pare – quali siano le affinita’ e differenze tra i maschi e le femmine umani, saltando per un attimo il tema degli ambiti culturali di appartenenza.”

Temo che questo tipo di discorso sia molto pericoloso. Parlare di categorie astratte presuppone l’inclusione di alcune caratteristiche e l’esclusione di altre. I modelli astratti divengono assoluti e non tengono conto appunto di quelle differenze culturali che sono invece alla base della comprensione.
Non esiste secondo me uomo e donna al di là della società. Esiste il maschio e la femmina, ma quando si passa a parlare di maschile e femminile si arriva già ad avere dei sistemi di riferimento. Negare un riferimento culturale significa fermarsi alla biologia o tenere nascosti i paramentri di giudizio cosa che purtroppo la società occidentale e patriarcale ha fatto per secoli. Le categorie universali (falsamente neutre) hanno lasciato fuori del sistema culturale (per rimanere strettamente connessi all’ambito di questo post) tutto ciò che secondo dettati parametri non veniva giudicato valido. Chi ha impostato tali parametri? Ad esempio la superiorità del mezzo scritto piuttosto che dell’oralità ha tagliato fuori dal sistema culturale tutta una fetta di tradizioni legate non solo ad un’area geografica distante dalla nostra ma anche ad una parte (tra l’altro piuttosto consistente) della nostra stessa società occidentale. Per non parlare del sistema dei generi letterari, che ha per secoli etichettato i romanzi come genere minore, tagliando inevitabilmente fuori gran parte della scrittura femminile (che se riconosciuta, non era solitamente riconducibile al sistema di generi tradizionale e veniva quindi relegata nel genere semplice per eccellenza: il romanzo appunto o la scrittura privata.)
Parlare quindi di quali siano le differenze e lecaratteristiche generiche è difficile, a mio avviso impossibile. Come si potrebbe tra l’altro cercare di comprendere il comportamento di Abeeda o delle donne di Terhan senza prendere in considerazione il contenso in cui si trovano a vivere. Oppure come potremmo capire dove arriva il pregiudizio e dove invece parte la vera comprensione se non cerchiamo di capire, al di là dei nostri concetti “universali” quali sono i veri vissuti degli uomini e delle donne?

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 01:31 da Anonimo


Io vorrei fare, per una volta, il contrario: vedere la vita umana secolare e temporale – e di conseguenza sociale, comunitaria, comportamentale eccetera – come una parte dell’essenza primaria. E capire cosa sia. Lei, Anonimo, mi dice che non e’ possibile. Eppure tutto, disse Platone, deriva da degli archetipi astratti. Cerchi, triangoli, quadrati. Chissa’. Sara’ pericoloso farlo? ebbene io voglio rischiare, e nell’analisi non escludo qualsiasi elemento. Dunque mi sembra sia un ”rischio” ben che scientifico e forse anche utile, chissa’.
Il genere romanzo, poi, e’ nato recentemente – nell’Ottocento. Prima non esisteva esplicitamente e in queste forme a noi note: come dire che la letteratura femminile vi sia stata inserita perche’ considerata minoritaria? Non esisteva, il romanzo… impossibile. Quando poi venne inventato, maschi e femmine ne presero subito parte, anzi ne condivisero la creazione stessa. E l’oralita’ e’ alla base della Letteratura, come testimonia Omero. Lei mi sembra che mi stia parlando da sociologo e da antropologo, ed io da curioso di filosofia e cultore di Letteratura Occidentale, oltre che da curioso di biologia, aspetto forse importante quanto quello spirituale per capire il mondo intero umano e naturale. Io le Lettere e la filosofia (poesia eccetera), Lei l’antropologia e la sociologia. Ci incontreremo? Spero di si’. Per adesso parliamo lingue diverse con estremo rispetto e stima.
Saluti Cari
Sergio Sozi

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 02:50 da Sergio Sozi


Anonimo:
Le ho scritto qua sopra. Preciso perche’ vorrei continuare il piacevole colloquio.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 03:02 da Sergio Sozi


Bellissimo dibattito. E’ stato un piacere leggervi.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 11:16 da Anna


Arrivo al volo. Leggo le due bellissime recensioni. Ne approfitto per dire che Silvia è una grande, anche quando scrive per spiegare cose di altri. Ha il tocco giusto, una mano femminile, come il suo libro, come la sua scrittura. Donne. Donne musulmane. Io le ho viste a Monaco di Baviera, ricoperte dal burqa nero e con una maschera di bronzo sulla faccia, sembravano Belfagor. Le ho viste nel dutyfree di Doha, nel burqa nero scegliere cicalecciando cosmetici della Dior. Le ho viste sulle spiagge di Sharm el Sheik, col burqa nero, la maschera, le pinne e il boccaglio fare snorkeling (non sto scherzando, lo facevano in burqa mentre i loro uomini in slippino sbavavano davanti ai topless delle occidentali). Non so quale sia la realtà della loro condizione. Forse non ne esiste una sola. Ma mi infastidisce sentire una come Afef Jnifen difendere la scelta del velo e la condizione quasi privilegiata nella donna custodita tra le pareti domestiche. Mi viene una risposta qualunquista e becera, ma spontanea: perché non te ne sei rimasta lì, a farti custodire, a nascondere la tua bellezza e i tuoi splendidi capelli sotto il velo? Non so molto delle donne musulmane, so quel che leggo, quel che vedo. Non sono diverse dalle donne nepalesi, la mia amica Sumitra non porta il velo, ma è dovuta fuggire dal fratello che voleva dirigere la sua vita. La mia amica Bina, invece, ha accettato di buon grado un matrimonio combinato dai genitori. Dice di essere felice. Io ho un’unica certezza: ringrazio Dio di essere nata donna e occidentale. Perché fossi nata donna in un paese musulmano, avrei scelto la morte piuttosto che accettare ciò che vedo, sento, leggo. Mille splendidi soli in questo è esemplare. Un libro che va letto e ponderato. Essere una donna in Afghanistan oggi come ieri è la peggior sorte che possa toccare a un essere umano.
Laura

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 11:30 da Laura Costantini


sgrunt!
Anche Massimo ci ha sette recchieeeeeeeee:)
I fiori a nome de tutto r blog?
sgrunt
ritratto
“Signora Elvira Seminara c’è un fiore preciso che ci ha un messaggino e dentro c’è una recensioncina al suo libro”
Massimo ma te tanto l’hai capito che intendevo no?

Io non è che quando vado alla presentazione di un libro comincio a fare gli occhioni allo scrittore ecco, per via del fatto che è masculo.
A meno che è un masculo ficherrimo che io voglio trarre nel mio privato. Allora ni ci metto anche una chiappa mia come fermacarte eh (bando ar facile umorismo:))

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 11:37 da zauberei


Emersa adesso da una riunione, ho letto i vostri commenti e concordo con Massimo. Ognuno di voi ha riportato sacrosante verità, che si addicono ai più disparati contesti ai quali ci stiamo rivolgendo in questo post.
Mi soffermo un attimo su quanto scrive Rossella a proposito del siciliano. “Il siciliano è maschilista. Il siciliano è maschilista perchè da sempre in questa terra ha prevalso e comandato l’utero nel senso più negativo della parola”.
In questi termini non ci avevo mai pensato. Sono parole dure, ma non del tutto stereotipate, come qualcuno può credere. Forse un pò estreme, permettimi, ci vedo dentro un pessimismo inguaribile.
Però mi hai fatto venire in mente che di recente è stata istituita un’ ulteriore “motivazione” valida ai fini dell’annullamento matrimoniale, che è la “mascolinità sicula”.
La cosa inizialmente mi ha fatto sorridere, poi ripensandoci mi sono chiesta che motivo avrebbero avuto di inserirla se non per il semplice fatto che, oggi come ieri, resta attuale.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 11:50 da Silvia Leonardi


@ Laura
Grazie per le tue parole e i complimenti (come si fa la faccina che arrossisce?? :-) )
Sai, anche io ho pensato subito a Mille Splendidi soli, è un romanzo che dice tutto l’orrore di nascere e vivere in un contesto dove la donna è repressa in ogni forma di femminilità, di pensiero, di azione. E chi prova a scappare ha già una sentenza di morte alle spalle.
Si, poi ci sono quelle che vanno a comprare solo nei negozi delle super griffe, quelle che come la tua amica si dicono felici di un matrimonio combinato.
Se fossi nata musulmana? Non lo so, non posso dirlo. Probabilmente guarderei la mia condizione e quella di chi vive all’ occidentale e sentirei lo stridere forte di culture e di pensiero.
Ma visto che sono nata occidentale e “libera”, mi associo ai ringraziamenti a Dio perchè penso che certi modi di vivere non sono davvero vivere.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:03 da Silvia Leonardi


@ Simona
Grazie per il consiglio di lettura, lo seguirò e ti saprò dire

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:04 da Silvia Leonardi


@ Massimo e Sergio e anonimo
Le “caratteristiche” non hanno fiocco azzurro e neppure rosa. Appartengono alla caratterizzazione del personaggio che, in quanto tale, nella realtà non esiste ed è solo una maschera.
Lo scrittore, la scrittrice, il pittore, la pittrice, gli artisti puri hanno bisogno di sensibilizzare le coscienze, al di là dei reazionari stati d’animo che la Verità può lasciare. E’ questione di libertà.
Non mi piace comunque (sono dalla parte degli arabi) la mancanza di pudore che gli occidentali non conoscono più, i quali, in nome delle “verità”e con i loro striscioni urlanti, conducono alla violenza di generazioni e culture altrettanto urlanti e intolleranti.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:09 da Rossella


Salvo a tutti, non ho letto il libro e credo che non lo leggerò.Non siete un pò stanchi di affrontare temi che in fondo ci riguardano così da vicino spacciandoli per appartenenti a culture lontane dalla nostra?non vedo molta differenza tra il mondo islamico ed il nostro a parte per la presenza nel secondo caso della legge che invece in questi paesi è magari chiaramente maschilista.Non sono una femminista, tutt’altro sono molto convinta del rispetto dei ruoli,ma sono anche certa che se pur in maniera diversa gli stessi problemi che vengono affrontati dalle donne islamiche sono gli stessi che affrontiamo noi donne qui tutti i giorni. Quante poche donne fanno politica oggi?la scelta di avere un amante o più d’uno non viene criticata do noi come da loro?ultimamente anche la legge sull’aborto è stata rimessa in discussione….non si tratta forse di riportare la donna ad uno stato di sottomissione?la maternità è tutelata qui dove non ci sono asili, dove viene svolta una campagna che promuove l’allattamento al seno, dove 500 gr di latte in polvere costano 27,00 Euro, dove alla categoria delle artigiane vengono riconosciuti 2000 euro per un’astensione dal lavoro di 5 mesi per maternità?certo noi non veniamo condannate a morte se rimaniamo incinta prima del matrimonio, ma se non hai una famiglia alle spalle in grado di aiutarti o un uomo il destino non è molti diverso.Meditate gente meditate

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:26 da sara


Cara Rossella, mi potrei anche fidanzare con te virtualmente, ché gli uomini li accetti, non li subisci, ma soprattutto li rispetti, certo se loro rispettano te!:altro che le altre fimmine che appena possono rinfacciano al loro uomo di non saperle comprendere, ascoltare, amare, come un altro uomo sa fare o che le donne si sentano e debbano sentirsi minacciate sempre e comunque dagli uomini inadeguati e bugiardi: ma quelle di donne che vendono il loro corpo o continuano a sfruttare la sensibilità maschile ormonale, presentandosi laureate di buona famiglia, sui tacchi traballanti e con l’intimo tutto o.k: l’uomo normale mica ve lo rinfaccia, No!
Ebbene si gli uomini staranno diventando – e stiamo escludendo volutamente i disgraziati, assassini e quant’altro che non sono mica la maggioranza, No? – inadeguati alle donne senza distinzione di “genere” ma io siciliano da parte di padre non posso dimenticare:

altra testimonianza personale a Palermo, città natale di mio padre che mi ha riferito, negli anni ’50 le più belle e talentuose e non signorine della media borghesia, non solo studiavano all’estero, ma potevano fidanzarsi e sfidanzarsi e andare in vacanza da sole con i propri amici: senza nessun chiacchericcio di circostanza: e guarda caso anche allora in Sicilia la famiglia era matriarcale, come lo è oggi!:sotto, sotto;tanto è vero che nei rapporti sociali le donne hanno sempre deciso chi frequentare e chi ricevere in casa della propria famiglia a tutela del marito e dei figli, o No?
Cara Rossella, se ti va, puoi chiedere il mio indirizzo mail a Massimo, grazie e un bacio.
Luca Gallina

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:32 da luca


Cara Zauberei, ti voglio bene!: ma ti
confermo che il malessere femminile, in generale, nelle grandi metropoli in Italia e all’estero si respira e si tocca con mano: fosse vero come dici tu che gli uomini continuano imperterriti a cercare una femminilità e una maternità nelle loro donne come loro elementi riconoscibili da sempre, senza correre il rischio di rimanere delusi, aggiungo pure?
Alcune donne che io ho conosciuto pensano, che la maternità e altro asservimento all’uomo sia contro natura: invece, cara Zauberei è contro natura quello che sostieni tu e a tutti i costi vuoi puntigliosamente affermare che esista una differenza maschile reale tra una donna e il povero meschino che gli capita a tiro;
al contrario Rossella, che mi scusasse il mio ardire, che è una fimmina come te non mi sembra che si sottragga dal confronto con gli uomini, comprendendo bene sia le dinamiche familiari sia di una società che comunque produce sempre un maggior confronto di relazioni competitive indistintamente tra tutti i due sessi, e capisco che anche per te sia sic! Inoltre, ha
ragione il mio amico Sergio riguardo il paradigma sociologico e antropologico, io faccio l’anonimo, ma qui entra in ballo la fisiologia e neurologia dei generi: alla cara indomita Zauberei, mi trovo costretto a mandare dei fiori anche a lei o come la mettiamo altrimenti?

Segue%

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:36 da luca


Segue%

Ricordandole anche,solo per essere puntiglioso pure io, che la protagonista del libro di Elvira Seminara l’ho considerata: fredda, egocentrica e che ha saputo sedurre una presenza giovanile e attraente e diventare, a sua insaputa, sua complice
per realizzare una sua vendetta personale nei confronti del marito che sarebbe stato senz’altro affascinato dalla giovane fimmina femminosa; collaboratrice domestica e trip della moglie infelice e ingenerosa nei confronti di un marito: inesistente in ombra nel romanzo e inghiottito dagli stessi silenzi della coppia: il mio non era un complimento alla presumo femminista protagonista del racconto: ma il gesto floreale, a nome di tutti Noi di Letteratitudine, era dovuto alla scrittrice: perché la scrittura è riconoscenza e continuità, anche, nei piccoli gesti, forse.

Ciao: cara Zauberei rigorosa intellettuale dottoresissima non sempre political-correct, se me lo consenti. E non per questo io mi prendo una licenza con te, ma voglio ribadire che l’incompatibilità e la diversità di un uomo e di una donna permettono loro di realizzare una comunione sia d’intenti che dell’anima nonostante tutto, e
senza trascurare un piccolo particolare che questa differenza di generi è essenziale e utile solo alla procreazione: e così che la vita continua super partes rispetto alle sovrastrutture di pensiero umano e altri condizionamenti di genere tra una donna e un uomo e tutta la gens:
Inshallah! (Sic!) Certo, secondo me e secondo Voi?
Luca Gallina

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:38 da luca


ma ”femminista” è una parolaccia?

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:39 da gea


Caro Salvo, ti confermo la mia stima e
Grazie! Mi hai fatto sorridere anche il cane femmina, come ti invidio – è un vero complimento sentito che ti faccio – ,ché la tua risposta è sta così delicata di avermi fatto riflettere sulla mia domanda – un poco ingenua per il profilo di questo post – e ho apprezzato anche Silvia, quando ti ha ricordato che tu in realtà non ti debba sentire un uomo inadeguato rispetto alle
aspettative di nessuna donna attorno a te: ma sempre debitore, invece, nei confronti delle tue donne che ti rispettano amandoti, in verità, come un uomo con i suoi pregi e suoi difetti senza giudicarti ingiusto e inadeguato nei loro confronti qualche volta,questo l’ aggiungo io; bravo touché!: sono io che devo inchinarmi a te, ben volentieri.
Ciao,
Luca
Luca Gallina
P.S. Non te lo avevo spedito, ma ora è tornato attuale!

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:41 da luca


Luca temo che siamo d’accordo su un sacco di cose:)
– non è che io neghi la sacrosanta differenza, e le creative possibilità che da nel produrre destini diversi e occhi diversi. Nè nego il malessere delle donne, e se è per quello anche di molti uomini. I cambiamenti culturali sono emotivamente molto dispendiosi – per tutti. Non mi mettere in bocca parole che non dico, o che non scrivo.
Ma la differenza negli orizzonti di senso, la differenza che dal biologico si irradia fino al logico, non deve legittimare certi comportamenti, che a quella alla fine rinviano. In questo paese persiste una convinzione culturale in questo senso, ancora più forte è nei paesi islamici. Ora non sarà il tuo caso, non lo so. Ma la reazione galante a un contesto professionale, è uno di quei casi. Magari non era questo l’esempio e se vuoi faccio ammenda. Ma l’esempio a questo rinviava. E credimi, esiste la possibilità di dialogo tra donne e uomini, anche quando di mezzo ci sono donne che mettono sul tavolo le questioni in questo modo e con questi pareri. Quando il dialogo non c’è è per altre questioni. E il dialogo è vivo anche quando c’è scazzo.
Quanno c’è scazzo c’è vita! Dico io
Tre vojo bene pure io puntiglioso luca:)
Mi complimento con rossella per i suoi bellissimi commenti.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:49 da zauberei


Io vorrei riportare l’attenzione sul romanzo in quanto tale, quello che ho avuto il piacere di leggere e recensire io. Sono rimasto affascinato da questa storia per il ritmo incalzante, le situazioni avvincenti, la forza prorompente della protagonista che mille volte cade e mille volte si rialza. Abeeda ha poco da spartire con le donne musulmane relegate in un angolino. E’ una donna spiritualmente libera, fa sesso con chi gli pare (beata lei!), ha personalità, tiene la donna di servizio, ha il vizio del gioco d’azzardo. Insomma ci regala un’immagine lontana dai soliti schemi che siamo abituati a conoscere. Va analizzata la sua complessa psicologia, non certo la condizione in cui vive. E se un romanzo funziona, tanto da diventare best-seller, è per il suo contenuto, la freschezza della scrittura, il coinvolgimento, non per i temi che tratta.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 12:58 da Salvo zappulla


@zauberei. Devo venire a presentare il mio libro dalle tue parti, da te accetterei anche una cesta di peperoni. E dai, fai ’sto miracolo!!!

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 13:05 da Salvo zappulla


E tanto per dare un taglio a ’ste menate sulla donna italiana picchiata e vilipesa, vi faccio leggere una chiacchierata che ho fatto tempo fa con Berarda Del Vecchio, una che di rapporti uomo-donna se ne intende. (Spero di non essere andato fuori tema)

Una chiacchierata con Berarda Del Vecchio

di

Salvo Zappulla

Sdraiami. Non è l’invocazione disperata di una vecchia zitella in crisi ormonale ma il titolo del nuovo libro di Berarda Del Vecchio (Castelvecchi Editore, pagg.120, euro 10,00). Dopo il successo riportato con “L’adorazione del piede”, la scrittrice, romana, 29 anni, laureata in Lettere, agente di moda, si diverte a provocare, a punzecchiare l’orgoglio e la vanità maschile, a suo parere assopiti o addirittura andati in letargo. Donne alla ricerca del punto G perduto. Davvero gli uomini di oggi non sono all’altezza della situazione? Il macho latino villoso e virile è andato in estinzione. L’uomo col tempo si è rammollito, si imbelletta, si fa il lifting, si stira le rughe, si incipria, si fa la ceretta e si sparge addosso litri di acqua di colonia. E dove lo mettiamo l’afrore di selvaggio? Lo sfrigolio di un corpo in calore? L’autrice gioca con tali paradossi. A una progressiva emancipazione femminile corrisponde una regressione maschile. Il maschio di oggi non sa più corteggiare la donna, non ha un linguaggio proprio, scimmiotta i divi della TV. Troppo edulcorato, troppo portato per le buone maniere. Nostalgia per il camionista coi baffoni e la canottiera sudata, unta d’olio col panino ai funghi morsicato mentre guidava. La Del Vecchio ci propone un’esilarante riflessione sul rapporto uomo-donna. La manualistica erotica fattura in Italia 30 milioni di euro l’anno, pare che il 70% dei fruitori siano donne. Alberto Castelvecchi ha individuato il filone aurifero. I manuali di sesso invadono le librerie, ce n’è per tutti i gusti: sesso estremo, lezioni di preliminari, sesso orale, posizioni da triplo salto mortale; lancio dal lampadario, dal treno in corsa. Il kamasutra è diventato roba per educande. Tutti a voler dare lezioni. L’onorevole Vladimir Luxuria veste i panni dell’insegnante di sesso. In passato, per la verità, ci ha provato pure Giuliano Ferrara, con scarsi risultati. Le bretelle e il pancione prominente non lo rendevano molto credibile. Ci aspettiamo ciurme di signore assatanate, libro della Del Vecchio in mano, all’assalto dei propri partners per rivendicare i diritti perduti.

Ho incontrato virtualmente Berarda, appena scesa dall’aereo, fresca di ritorno dalle vacanze in Svezia , ha accettato di buon grado di fare questa chiacchierata sul suo libro, che sta riscuotendo grande successo ed è nelle vetrine di tutte le migliori librerie. E’ un libro godibilissimo, che trasmette buon umore e sana allegria, letteratura d’evasione ma che tratta temi importanti quali il rapporto di coppia e la difficoltà tra i due sessi a comunicare.
Berarda, dal tam tam, ai telefonini, a internet. Gli strumenti di comunicazione dell’uomo nei secoli si sono evoluti. Anche il sesso è una forma di comunicazione, non è che magari in questa società frenetica, dove bisogna sempre correre, sia passato agli archivi? Nel senso che bisogna fare di fretta e via? Rendendo tutto più spoetizzato?

R. In parte purtroppo è vero. Di recente ho anche letto un articolo in cui si diceva che il sesso lo si fa più come uno sport per perdere le calorie magari trangugiate a cena che come forma di comunicazione tattile-olfattiva fra due persone che si attraggono. Le storie da una notte e via vanno anche bene, per carità, l’importante è che non si arrivi poi al dunque tropo stanchi o ubriachi da consumare il tutto in pochi minuti. Insomma non si può relegare il sesso solo a un semplice dessert, per me resta, e resterà per sempre, il piatto principale!

Il tuo libro sta riscuotendo grande successo. Qual è stata, a tuo parere, la molla che ha fatto scattare il passaparola tra i lettori?

R. Credo che la maggior parte dei lettori sia composta da donne che si sono identificate almeno in una mia disavventura amorosa o in qualche racconto della mia adolescenza. Il libro è alquanto ironico e cerca di sdrammatizzare il più possibile su vicende che altrimenti sarebbero davvero tragiche. Magari chi lo ha letto l’ha visto anche come un piccolo manuale curativo per uscire da una storia andata male e allora lo ha consigliato a qualche amica. Per il pubblico maschile non so…magari si sono incuriositi di come una ragazza abbia avuto l’ardire di mettere in discussione la loro fin troppo osannata virilità.

Ci sono nel libro episodi della tua adolescenza, i primi amori, le esperienze della maturità, il tutto condito da una ventata di freschezza e di gioiosa scrittura. Pensi che molte ragazze si identificheranno nel libro? E molte signore mature lo leggeranno con nostalgia?

R. Come ho detto prima ho ricevuto molti riscontri in tal senso. Le ragazze si autoidentificano e le donne un po’ più mature anche… quello che poi accomuna tutte sono le risate che si fanno leggendo il libro.

I vecchi ruoli si sono perduti, non più il maschio conquistatore e la donna che difende le proprie virtù. Io parlerei di individui che hanno maggiori capacità di approccio e altri meno, indipendentemente dal sesso di appartenenza. Non è più giusto così?

R. Bhè questo c’è sempre stato. Il don Giovanni e l’imbranato come la fatalona e la timidona sono stereotipi che hanno comunque accompagnato, e accompagneranno, ogni generazione. Perciò credo che in realtà quello che manca oggi è il “classico” gioco dei ruoli che rende ogni relazione molto più intrigante e divertente.

Prova a immaginare questa scena: una donna entra in un bar, ordina una grappa e si accende un sigaro; poi nota il bel fusto appoggiato al bancone, lo palpa sul sedere e gli offre da bere. Vuol dire che si è raggiunta finalmente la tanto sospirata parità tra i sessi?

R. Magari fosse così semplice…purtroppo non è così, se no non si parlerebbe di quote rosa, di diversi tipi di stipendio pur con lo stesso ruolo lavorativo, di diritti negati e via dicendo. Credo la strada per la parità fra i sessi sia ancora lunga anche se molte volte si crede, ingenuamente, di esserci già arrivati.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 13:30 da Salvo zappulla


Posso dire che mi pare un pozzo di luoghi comuni? Sono dieci anni e più che ci leggiamo sempre lo stesso libro di donne dell’Islam oppresse, e sarà vero, ma non vi pare di avere ficcato un pò troppi luoghi comuni politically correct tutti in uno stesso personaggio? come fa tale Abeeda ad essere musulmana praticante (che vuol dire praticante?) e divorziata, poi l’aggiunta dell’ormai ovvio figlio gay, con l’aggiunta dela morte per AIDS, ma allora per sbrigarsi l’autore poteva fare direttamente Abeeda omosessuale praticante che vive di Aids in un casinò dove sotto il velo niente…Ciao, si sarebbe solo sbrigato prima. Abbiamo capito, è inutile ripetere le stesse cose cento volte, ma di essere pozzi di luoghi comuni è tipico dei romanzi su commissione, scommettiamo dieci euro che è un romanzo su commissione? Quando si decideranno gli editori a ricominciare a pubblicare romanzi spontanei? Quanto alle donne dell’Islam oppresse, come avete intenzione di liberarle? E le donne cinesi oppresse non vi interessano? solo perché là son buddisti o animisti e per ora il nemico da abbattere è l’Islam? E poi, da ultimo ma non da ultimo, il modello “oca ninfomane” che in televisione rappresenta la donna occidentale sarà poi veramente un “valore” da esportare? La donna che si rifà i genitali perché a furia di guardare porno si sente sessualmente frustrata è una donna libera?
Medico cura te stesso.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 13:37 da Paola Distilo


@Paola Distilo. Visto che a tuo parere è tutto così scontato, osserviamo tre giorni di silenzio in tuo onore. Prova a scriverlo tu un romanzo spontaneo. Che vuol dire spontaneo?

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 13:51 da Salvo zappulla


@ Paola Distilo
Mi sono divertita, molto, leggendo il tuo commento; rispondo con due immagini.
- ricevere dei fiori è sempre bellissimo! Anzi è il gesto, d’amore, di simpatia, di tenerezza e solidarietà, più immediato e che più ci corrisponde. Perché i fiori sono l’estremo poetico più comune e immediato del mistero della vita, di cui noi donne siamo portatrici. Viva il mazzo di fiori: sempre!
- l’altra immagine, invece è per “l’oca ninfomane” e arriva da una trasmissione televisiva tremendissima, quella di Paolo Bonolis. Una bella ragazza si infila in un budello intestinale, di plastica e trasparente per la gioia degli occhi, e a fatica si evacua. Forza, spingiti ancora un po’, evacuati (incoraggiava Bonolis) e alla fine, superato il colon, eccola lì, la nascita della Stronza, di sicura e più facile interpretazione rispetto a quella di Botticelli.
Ciao, con simpatia, Miriam

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 14:12 da miriam ravasio


Intervengo al volo giusto per salutarvi e ringraziarvi per i nuovi commenti.
Un grazie speciale, ancora una volta, a Salvo e Silvia.
Ho giusto il tempo per scrivere, di seguito, due brevi commenti indirizzati a Zauberei e a Paola.
Per il resto… mi ritroverete stasera (dopo la partita Italia-Francia; sarà durissima!).

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 14:43 da Massimo Maugeri


@ Zauberei
Hai scritto: “Massimo ma te tanto l’hai capito che intendevo no?”
Ma certo!!!
Ti prometto che alla prima occasione ti regalerò un mazzo di fiori con i baffi.
:-D
(volevo fare la faccina che esce la lingua… accontentati di questa).

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 14:45 da Massimo Maugeri


@ Paola Distilio
Non è che le donne oppresse cinesi o di altre culture non ci interessino. E’ solo che qui siamo partiti da due recensioni ad altrettanti libri che parlano di facce diverse dell’islam. Per questo parliamo di donne musulmane e crediamo di farlo non per luoghi comuni, ma secondo il sentire di ciascuno di noi.
E poi l’esempio che fai di donna occidentalizzata che si rifà i genitali mi sembra un modello un pò estremo e poco rappresentativo. Sicuramente negativo, siamo d’accordo, ma secondo me poco calzante.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 14:51 da Silvia Leonardi


@ Salvo
Pensa un pò che invece Salma, la protagonista del libro che ho letto, si sente così sporca e colpevole che usa il proprio corpo come oggetto. Si fa usare, piuttosto. Va a letto con chi le capita a tiro e quasi si aspetta di essere picchiata, presa con violenza, uccisa.
Come se volesse convincersi di tutto quello che la sua gente le ha inculcato fino a quel momento. A dispetto di una latente consapevolezza che la sua colpa sia stata semplicemente quella di amare.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 15:03 da Silvia Leonardi


@ Paola
Capisco la tua polemica. Del resto, se leggi i commenti precedenti, sono stati in tanti (tra cui io stesso) a sottolineare il rischio di cadere in luoghi comuni e stereotipi. Il discorso si è allargato al ruolo della donna anche in società diverse rispetto a quelle in cui i due libri sono ambientati. Si è discusso della donna (e del rapporto uomo/donna) nella società siciliana, per esempio. Abbiamo detto che è impossibile generalizzare… perché all’interno delle stesse aree (o in aree adiacenti) esitono società a strati e retaggi culturali differenti.
E, certo, ci sono donne oppresse anche in altre società. C’è il mito della geisha, ad esempio. O quello dell’oca giuliva bellina e occidentalissima (stigmatizzato qui sopra da Miriam).
Dunque l’argomento è delicato e si presta a interpretazioni variegate.
Forse è anche inutile parlarne. Di certo è un argomento che interessa. Che accende. Il tono del tuo commento ne dà testimonianza.
Tu, poi, sottolinei il fatto che – a tuo avviso – il personaggio Abeeda, per superare lo stereotipo, rischia di creare una sorta di stereotipo all’incontrario.
Ora, non avendo ancora letto il libro non posso esprimere giudizi di merito. Dalle parole di Salvo, però, mi pare di capire che il personaggio sia credibile, nonostante la sua innegabile contraddittorietà. Peraltro l’autrice del libro, Rayda Jacobs, non mi pare che sia occidentale. E dal libro è stato tratto un film che è in concorso al Dubai International Film Festival (che non mi pare sia Hollywood).
Comunque, grazie mille per il tuo commento cara Paola.
Sentiti sempre la benvenuta qui a Letteratitudine.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 15:05 da Massimo Maugeri


Grazie mille, Silvietta.
Ora devo chiudere. Potrò tornare on line solo in tarda serata.
Buona prosecuzione!

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 15:07 da Massimo Maugeri


@Silvia
In genere le persone che hanno subìto violenza tendono a sentirsi in colpa, come volessero in qualche modo giustificare i loro aggressori. Non ho letto il romanzo ma immagino che Salma sia una persona profondamente traumatizzata, vittima di un sistema che ha inculcato nel suo cervello determinati schemi, pesanti come corazze di piombo. Anche il fatto di avere avuto rapporti con il suo ragazzo, non mi pare sia stato (a leggere la tua bellissima recensione) una sua precisa scelta, ma piuttosto un atto all’inizio passivo, figlio dell’ingenuità sua e della scaltrezza dell’altro.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 15:15 da Salvo zappulla


Si Salvo, ci hai preso proprio. Salma si dona con l’ingenuità dei suoi anni, non pensa al dopo, crede che l’amore da solo basti. Non si accorge di come lui la usi per il suo piacere, di come tutto sommato la umili nel suo ruolo di donna. Tanto che, quando rimane incinta, Hamed è il primo che le volta le spalle con assoluta freddezza.
Per questo Salma crede davvero di non meritare amore e comprensione, e fatica ad accettarlo anche nella sua nuova vita, a distanza di tanti anni.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 15:25 da Silvia Leonardi


@Silvia. Poverina. La sento molto vicina. Anche a me è sempre capitato di incontrare donne che mi hanno usato per il loro piacere, approfittando della mia ingenuità, umiliato nel mio ruolo di uomo e poi scaricato. Sono un ragazzo padre.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 16:34 da Salvo zappulla


sono molto sincera, non ho letto i libri di cui si parla e nemmeno li legegrò, non perchè non abbia fiducia nella scrittura che ne fanno gli autori, ma semplicemente perchè sono stanca di leggere di donne musulmane mescolate a racconti che dire stereotipati è dire poco…
concordo in moltissimo di quello che dice marinette , sìì…

sono italiana, mi avvicino al mezzo secolo, sono architetto , e sposata da 30 anni con un arabo – giordano, la mia vita trascorre tra san francisco, amman (giordania) e utimamente da tre anni anche italia
mia figlia è nata ad Amman 25 anni fa e lì passo da 30 anni almeno 6/7 mesi all’anno
quello che leggo e che sento in occidente sulla donan musulmana mi spaventa perchè denota una non conoscenza della varietà di culture del mondo musulmano che è abnorme
prendere la protagonista del libro di Azar Nafisi come il prototipo di cultura musulana e farne una discorso generale è proprio quello che non va fatto, e che produce stereotipi e anche molti guai
ogni paese andrebbe contestualizzato, essere musulmani a Teheran è bene diverso dall’esserlo ad Amman o a Tunisi o a Tangeri o a Beyruth, sono mondi, universi differenti, persino l’arabo ha accenti e modi di pronuncia diversi a seconda del paese dove si parla e così la cultura

mentre per le donne occidenatli sempre si tiene in considerazione il “contesto” per le donne connotate come “musulmane” si sceglie il contesto di un libro o di un fatto di cronaca eclatanete lo si generalizza a tutte le donne musulmane, se ne fa una specie…

questo lo trovo assolutamente sbagliato e portatore non sano di fraintendimenti che mai finirinno, conoscere, o per lo meno provare a conoscere, avere la voglia di conoscere è fatica e ci mette in discussione ogni giorno, molto piu’ facile acchiapapre al volo un libro e su esso generalizzare

scusate ma dopo 30 anni non ne posso piu’ di leggere sempre delle figure di due o tre donne di libri che hanno fatto al fortuna di chi li ha scritti e che sono diventati il breviario per leggere culture fra loro assolutamente differenti

un saluto a tutti e scusate ancora
chicca

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 16:36 da chicca


@ Salvo
sei un buffone :-) )

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:02 da Silvia Leonardi


@chicca.
Premesso che nè io ne’ Silvia siamo esperti di tradizioni musulmane, lungi da noi la presunzione di prendere spunto da due romanzi, tra l’altro diversissimi tra loro, per sviluppare un discorso di così ampia portata. I variegati interventi di tante persone dimostrano che ognuno ha contribuito con la propria esperienza e la propria conoscenza a far risaltare diversi aspetti, microcosmi e sfaccettature di tante piccole realtà. (Zauberei, tu, Marinette e altri, mi pare siate state molto chiare in proposito). Un’opera di letteratura rimane sempre un’opera figlia della fantasia dell’autore, anche se collocata in un determinato contesto storico e geografico ben preciso. Di questo abbiamo discusso, di due opere letterarie e delle emozioni che esse intendevano trasmettere. Non credo sia neanche nelle intenzioni delle autrici pretendere che i loro romanzi si facciano metafora di una cultura così vasta e variegata quale quello del mondo musulmano. Hanno semplicemente scritto un’opera letteraria che appartiene al mondo che loro conoscono. Una parte del mondo, che ci piaccia o meno, reale.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:08 da Salvo zappulla


@Silvia. Grazie. Penso voglia essere un complimento.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:15 da Salvo zappulla


@ Chicca
ti ringrazio per il tuo contributo e ci tengo a specificare che quello che giustamente sottolinei è quello che tanti di noi qui hanno ribadito. Riprendo le tue parole “essere musulmani a Teheran è bene diverso dall’esserlo ad Amman o a Tunisi o a Tangeri o a Beyruth, sono mondi, universi differenti, persino l’arabo ha accenti e modi di pronuncia diversi a seconda del paese dove si parla e così la cultura mentre per le donne occidenatli sempre si tiene in considerazione il “contesto” per le donne connotate come “musulmane” si sceglie il contesto di un libro o di un fatto di cronaca eclatanete lo si generalizza a tutte le donne musulmane, se ne fa una specie”.
Siamo d’accordo, ma solo chi come te conosce questi differenti contesti può aiutarci a capire distanze e sfumature.
Noi purtroppo ci basiamo su un mondo che è quello raccontato in un libro e che è tanto vero (ribadisco, estremo ma vero) quanto quello di contesti in cui esistono donne musulmane emancipate. Ci basiamo sulla cronaca, su quello che ci raccontano.
Balza sempre agli occhi l’orrore, la guerra e l’ingiustizia (l’occhio, come disse qualcuno, è attirato dalla tragedia) piuttosto che la pace, il benessere, la libertà.
Quelli sono contesti che si giudicano comunemente “normali” e che quasi non interessano, non fanno notizia.
Per questo la parola che più spesso è stata ripetuta in questo post è stata “stereotipo” che altro non è che un modello ricorrente e convenzionale (cito dal garzanti).
Purtroppo si, per noi ricorre quello che ci viene dato in pasto ogni giorno.
Ma sono più contenta di sapere che c’è ancora tanto da leggere e conoscere, tra le righe e fuori.
Quindi, grazie.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:20 da Silvia Leonardi


@ Salvo
con parole diverse abbiamo risposto la stessa cosa, che feeling!!
E si, certo che era un complimento la frase di prima! :-)

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:22 da Silvia Leonardi


Scusate eh, nun è per di
Ma la stessa idea di mettere a confronto due romanzi diversi, che rimandavano a due modelli opposti di modi di essere in oriente, con le successive domande di Massimo, con gli occhiali diversi di Salvo e della Silvissima… non era la dimostrazione di un tentativo di rendere conto di una diversità non era l’inizio di una poliedricità? e quanti romanzi dovevamo recenzì? tutto il pensiero Sufi de sopra e de sotto?
se no parlavamo dell’Iran e chiumo.
Chicca, per polemizzà ce vole strategia.
Per il resto sono totalmente d’accordo con te.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:29 da zauberei


@meno male, mi ero un po’ preoccupato. Vero, che feeling!!! Devo chiedere a Massimo di assumerci.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:34 da Salvo zappulla


@Zauberei, sei un tesoro. Meriteresti un mazzo di rose.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 17:41 da Salvo zappulla


Approfittando di questa mezz’ora prima di Italia-Francia (faccio le corna), dico brevemente cosa ne penso sulla cultura occidentale e quella musulmana:
-
Esistono tante sfumature interne che vanno salvaguardate: un Italiano ed un Inglese sono entrambi cristiani, europei ed occidentali, ma sono alquanto diversi; pero’ abbiamo anche molti aspetti comuni e percio’, semplificando la Storia, ci definiamo entrambi ”Occidentali”.
Ecco: lo stesso accade nel mondo musulmano: un Algerino ed un Afgano sono molto diversi, ma li definiamo entrambi musulmani, semplificando e facendo risaltare i tratti che li accumunano piuttosto che le differenze dalle quali vengono divisi.
Dunque esistono soglie di tolleranza molto diversificate rispetto agli individui dissenzienti dalle tradizioni, sia in Occidente che nel mondo islamico: esempio: da noi si emarginano i poveri ed i senzatetto ”improduttivi” e li si relega negli inferni metropolitani, ma si accettano le prostitute e i coniugi infedeli; nell’islam invece si accettano i poveri ma si rifiutano le prostitute e gli adulteri.
Tuttavia credo che molte siano anche le affinita’ tra i due ”mondi”, nonostante i modi diversi in cui esse si manifestano: in entrambi i mondi si tollerano i drogati finche’ non facciano danni alla societa’, per esempio. E la principale affinita’ e’ l’imbarbarimento generale, nel quale siamo caduti noi occidentali e loro islamici: il peggioramento dei rapporti umani e la prepotenza del materialismo e del nichilismo sono fattori purtroppo unificanti dell’Occidente e dell’Oriente islamico. Dovremmo lottare uniti contro questi falsi principi, dai quali derivano la mercificazione dei corpi e delle anime, la neoschiavitu’ di cui siamo tutti vittime e l’insensibilita’, l’egoismo e la malvagita’ che ci penetrano a fondo.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 20:14 da Sergio Sozi


@Sergio. Se ci pensi bene hai detto che in fondo siamo uguali, in quanto tutti esseri umani, quindi imperfetti. “Da noi si emarginano i poveri ed i senzatetto”. No: la nostra società non è in grado di far fronte ai problemi dei senzatetto, che è un fenomeno sempre di più vaste proporzioni, visto anche il flusso massiccio di immigrati che sbarcano sulle nostre coste. Esistono anche i centri di accoglienza, la croce rossa, altre associazioni di volontariato. Ma non me la sentirei di parlare di emarginazione vera e propria. “Nell’islam si rifiutono le prostitute e gli adulteri” Anche qui farei un leggero distinguo. Per quel che mi risulta agli uomini è consentita una condotta molto più libertina, anzi in alcuni stati è attuata la poligamia. Quindi l’adulterio non è consentito solo alle donne, quindi possiamo parlare di una società molto più maschilista rispetto a quella europea. E ti ricordo anche che la chiesa cattolica non ammette l’adulterio, pur senza arrivare alla lapidazione. Con ciò non voglio dire certo che una società sia migliore dell’altra, ho solo voluto farti rilevare alcune differenze. Della società occidentale io temo il capitalismo sfrenato. la concentrazione di potere nelle mani di pochi, le industrie che non tengono conto dei problemi ambientali. Entrambi i due mondi sono imperfetti, d’altra parte temo che una società giusta sia solo utopia. Sull’imbarbarimento generale e tutto il resto sono d’accordo con te.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 20:48 da Salvo zappulla


Oh! Salvo,
“E ti ricordo anche che la chiesa cattolica non ammette l’adulterio, pur senza arrivare alla lapidazione.”
e ci mancherebbe!!!
Siete forti…
:-)

Io non ho dubbi e non metto nemmeno a confronto (non ci penso proprio) le “due” società, soprattutto perché è da un po’ che non si tagliano le mani a chi ruba anche solo poche cose. Ciao, miriam

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 21:17 da miriam ravasio


@Miriam. Non riesco più a capire neanche io quando parlo sul serio e quando scherzo, me so’ un po’ rincoglionito e in più di là c’è l’Italia che mi fa tribolare.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 21:46 da Salvo zappulla


…quel pirla (o quel Pirlo) si è già mangiato tre goal

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 21:49 da Salvo zappulla


@ zauberei

:) )) davvero forte ,
vedi tuttavia io non volevo polemizzare, nè con gli autori dei due libri, nè con i curatori di questo post
era rabbia pura la mia e come tale senza alcun fine, per un mondo quello d’Occidente che dovrebbe per nascita essere il mio e che nella sua immane arroganza non ha cercato con coraggio e sporcandosi anche le mani, di avere voglia di conoscere, ha esclusivamente tollerato una cultura diversa e credetemi per molti versi simile nei suoi “estremi”

@ Silvia, Salvo,
cnon è a voi che dovrei rivolgere la mai rabbia, so che quanto è scritto nei libri è “quasi” sempre vero, una verità letteraria che spesso è anche piu’ reale del reale stesso, tuttavia ho sempre pensato che la possibilità di dialogo reale tra culture potesse avvenire attraverso uno scambio anche di “parole” scritte, di “letteratura”, proprio per riappropriarci ciascuno di una indentità che ci corrisponda
sicuramente conoscerete i libri di fatema mernissi, penso che analizzando anche altre figure di donne, non estreme , ma del consueto del quotidiano, come lei ha fatto, raccontando anche si sè, si potrebbe ristabilire un dialogo paritario fra culture diverse
il parlare dell’”eccezione” di quello che salta agli occhi se non si riesce a contestualizzare diventa pericoloso

vi ringrazio molto dell’opportunità che questo spazio mi ha offerto…
chicca

P.S. mia figlia si chiama Wissal un nome antico raramente usato oggi , ma io l’ho scelto, significa “legame fra due cose molto lontane”

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 23:14 da chicca


Don Mimì ci posso parlare un momento, a proposito delle femmine e della Sicilia?
Vede Don Mimì
Lei è sicuramente una persona perbene e di ottima educazione, ma nella classe da me frequentata c’erano tante ragazze diverse e di diversa educazione.
C’era la figlia del dottore e suo padre ogni estate la mandava a studiare in Inghilterra, ma non ho mai capito se era veramente interessata all’emancipazione femminile o ad un buon matrimonio con il professionista. La madre era un ottima padrona di casa, sapeva disporre i fiori sul tavolo e ricevere gli ospiti nel migliore dei modi e a me faceva tanto ridere quando il marito la presentava agli amici come “la sua signora” e lei si faceva ammirare, gambe e seni prosperosi, in amabili conversazioni su bianchi divani.
C’erano comunque altre compagnucce, come la figlia del pescatore: ci restava a guardare senza dire una parola ed ascoltava silenziosa ma con orecchio teso tutte le nostre confidenze sui fidanzati, ma non ho mai capito se la modernità era da lei condivisa oppure la riteneva un territorio da spiare morbosamente ma da cui stare lontana. Il familiare di turno la veniva a prendere tutti i giorni all’uscita della scuola, lei comunque era fidanzata e non penso si sposò in castità.
Le femministe dichiarate erano in poche e quelle che non discutevano sulla parità fecero i fatti con ruoli di successo, molteplici matrimoni e libertà economica, al contrario di coloro che picchiando sul banco di scuola con la mimosa in mano finirono madri e lavoratrici a tempo pieno. Così è la vita, che ci vuol fare Don Mimì.
Altre ancora non si sono sposate e conducono un eccepibile vita da signorine con un buon stipendio, qualche amicizia ed una collezione di storie sentimental-erotic finite male, da tenere ben nascoste anche alle amiche, il bianco vestito dentro il baule all’angolo della casa in cui abitano, acquistata col mutuo e da femmine indipendenti.
Tutte quante ogni tanto vanno a fare le visite ai parenti, eccetto quelle che sono dovute espatriare perché non hanno trovato né marito né lavoro, ora non so dirle Don Mimì se sono felici fuori dalla loro terra o se la rimpiangono, ma qualcuna ha trovato beneficio nel cambiamento.
Vede Don Mimì, sono una sicula cresciuta al nord che non si è mai abbastanza siculizzata, una terrona che concorda con Sgalambro quando recita che la Sicilia risorge solo quando si occupa di arte. Ora non mi chieda se l’istinto di autodistruzione è dovuto all’ ouroboros, al matriarcato, ad una terra non prolifera e che con continui aborti non porta avanti progetti e idee sul territorio inseminato.
Il discorso è lungo e comprende una certa maturità di ruoli che dovrebbe premiare l’intelligenza e la cultura e non chi pensa che, in fondo in fondo, la questione meridionale si risolve “in un certo modo” (guardi che anche la moglie e la figlia di Don Totò la pensano così…altro che signorine della Palermo bene!).
Ciao

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 23:39 da Rossella


PS. La lettera era indirizzata a Don Mimì, però la lettura è estesa anche a Massimo e Luca, ad altri compatrioti che volessero capire la situazione.
Con osservanza
Rossella

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 23:46 da Rossella


Grazie mille per i nuovi commenti.

Postato martedì, 17 giugno 2008 alle 23:59 da Massimo Maugeri


Chicca,
ti hanno già risposto gli altri.
Io desideravo ringraziarti per la tua testimonianza.
Il nome di tua figlia, Wissal, è bellissimo.
Sai, ho invitato a partecipare al dibattito due mie amiche tunisine che vivono a Tunisi. Due donne fantastiche.
Spero proprio che abbiano la possibilità di intervenire.
La prima, Rawdha Razgallah, è una nota italianista, docente di letteratura presso l’Università di Tunisi. L’altra, Emna, è una sua bravissima collaboratrice.
Sono in debito con entrambe.

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 00:04 da Massimo Maugeri


Grazie mille per la lettera a Don Mimì, Rossella.
Gliela recapiterò alla prima occasione.

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 00:20 da Massimo Maugeri


Salvo: abbiamo finito di tribbbbolare, porc… Forza Italia!
(Adesso mi dovrei firmare ”anonimo”? ma mai sia!) Ole’!

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 02:37 da Sergio Sozi


Coll’anima finalmente in pace (Pirlo ha segnato il rigore, Salvo! Lascialo in pace! ma che tremori invece per povero sficato Luca Toni: hai visto che ha tirato in porta almeno sei volte? Potenti Azzurri! Evviva!), risponderei ora al caro Salvuzzo:
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Sui POVERI: da noi i poveri sono emarginati e trattati da sfaticati, deboli moribondi o cretini: infatti l’Italia isola e confina i poveri, li esclude senza aiutarli sperando che crepino per strada, perche’ l’Italia ha il culto odioso della forza individuale e chi e’ debole deve soggiacere o giocare a fare il ”povero perseguitato”, deve ”fare pena”, cosi’ i borghesi ci scrivono i libro sopra o fanno le collette, le telefonate di beneficenza. Questo, naturalmente, tutti eccetto i volontari delle associazioni di volontariato che citavi tu, ma i volontari non fanno il Paese: un Paese e’ fatto dal suo Stato, Salvo, oggi, in democrazia, e, appunto, il nostro Stato fa schifo come la gran parte degli abitanti della Penisola che lo eleggono (questo da noi: in Italia dico. In Francia lo Stato li aiuta a trovare lavoro, in Germania, in Slovenia, in Inghilterra, dovunque. Ergo: facciamo piu’ schifo degli altri Europei, purtroppo, perche’ il nostro Stato fa veramente schifo e nessuno lo vuol migliorare.).
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Sulle altre osservazioni sono d’accordo: hai ragione tu: in Italia siamo meno maschilisti che altrove, ma va detto anche che oggi in Italia e in Europa si vive la sessualita’ come una perversione erotico-egoistica, sia per le femmine che per i maschi, e questo mi fa, quasi quasi (esagero), piu’ schifo del maschilismo musulmano. Dovremmo tornare a una cinquantina di anni fa, noi Italiani: i rapporti erano meno puttaneschi da entrambe le parti sessuali. Ma ora siamo sul puttanesimo onnisessuale e cio’ rappresenta solo una parola: decadenza morale ed intellettiva. Anzi, diro’ di piu’: decadenza corporea e spirituale. Chi sta peggio, noi Italiani o loro islamici? Risposta: siamo tutti solo dei rincretiniti egoisti. Tutti. Chi sfrutta le tradizioni (musulmani) per garantire la prepotenza del maschio non e’ peggiore di chi (Italiani ed Europei) distrugge la propria Nazione o il proprio Continente prostituendo tutti, maschi e femmine in nome dell’industria porno-spettacolar-produttiva. Essere femmina nell’islam e’ essere oggetto di carne, come da noi esser femmina vuol dire essere scatoletta di carne o impiegata da sfruttare. Idem per gli Italiani maschi, poco cambia. Scatolette per i padroni e per la moda che i padroni fanno e i loro schiavi accettano, poveri cretini.
Tornando indietro andremmo avanti, noi Italiani. Gli avi parlano dai libri: leggiamoli, Tasso, Leopardi, Dante e Petrarca. Loro sanno chi siamo noi oggi e ci aiuterebbero se solo li potessimo leggere e capire. Ma no… chi lo fa qui… Gli altri, invece, cosa dovrebbero fare? Avranno i loro classici da leggere e capire, Maometto per esempio, il piu’ travisato di tutti, pero’ non so, non mi metto a pontificare perche’ non conosco gli altri Popoli cosi’ bene. Unicuique suum, Salvo. E’ ora di smetterla, da noi, con il lassismo. Il mio popolo e’ questo e per questo vivo e lotto. Gli altri facciano quel che vogliono. A casa loro. Parola di Italiano all’estero. E senza mancanza di reciprocita’.
Sergio

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 03:16 da Sergio Sozi


Cara Rossella, il tuo monologo lo voglio fare mio e portarlo in scena: scenografia paesaggio assolato siciliano: magari Taormina. Personaggi: Lui Don Mimì seduto alla sua mega scrivania, nel suo megagalattico ufficio semicircolare vetrate ampie che fanno intravedere i grattacieli di N.Y.; Don Mimì si è fatto da solo e il suo successo professionale è passato anche attraverso la scuola e lo sport agonistico di squadra; oggi è un uomo maturo, sposato con dei figli, innamoratissimo della sua fimmina amerikana e riceve quel giorno una visita gradita quanto inaspettata: Virginia fimmina sempre bellissima e medico oncologo a N.Y., vedova però, che appena quindicenne si è innamorata perdutamente di Don Mimì, il più generoso e promettente bel masculo di Noto: e quando la loro storia d’amore fu interrotta da Virginia, quel giorno, che seduta su di un divano bianco abbracciata al suo Mimì lo scostò dolcemente e prendendogli le sue mani, guardandolo fisso negli occhi gli comunicò che aveva deciso di andare a studiare in Inghilterra; è inutile dire che Mimì la riabbracciò la strinse a sé e le chiese e cosa ne farai del nostro amore? Lei si ritrasse e con una luce negli occhi che Mimì non aveva mai conosciuto in Virginia, gli rispose: continuerò ad innamorarmi certamente, perché gli uomini hanno tutti lo stesso sapore per me:e Mimì allora è stato pronto nella risposta e ha detto Voi donne No: siete una diversa dall’altra, ma adorabili,intelligenti, magiche e misteriose sempre, tutte!Aggiunse anche, particolarmente disperato, siete veramente fimmine femminose e io ti amo Virginia!

Segue%

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 10:34 da luca


Segue%

E non bastò l’amore di Mimì disperato a modificare il destino di Virginia: Mannaggia al Karma, però! grido qualche masculo spiritoso nella sala del teatro parrocchiale di Noto.
Ora Don Mimì si ritrova di fronte Virginia, ne sono passati degli anni, quel giorno accomodata di fronte a lui nel suo megagalattico ufficio con vista panoramica su N.Y.,che gli racconta delle fimmine e della Sicilia tutta come è diventata e gli confessa pure, di aver portato dentro di sé quel suo profumo di Mimì:di giovane onesto uomo promettente e tanto rispettoso delle femmine tutte! Ma probabilmente non è servito a niente!:e di nuovo nella sala del teatro parrocchiale di Noto, coro generale:Mannaggia al Karma, forse!
Ciao Rossella, spero che tu voglia mandarmi le foto dei tuoi quadri: la tua mostra – il tuo vernissage – come sta andando?
Luca Gallina

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 10:36 da luca


@ Luca
Stai attento Luca …tu sei una persona perbene, l’ho capito subito. Ma sa terrona lungimirante ti dico che qualcuno o qualcosa è più furbo di quanto pensi e spesso la fiducia è ingenuità.
Tutto sommato Virginia è una donna affermata e la sua vita non è andata così male, insomma poteva andare peggio ed è molto facile farsi ingannare dalla luna.
Ti ho scritto privatamente. A presto
Rossella

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 13:37 da Rossella


Segue :
…ì

Non so a me fa un pò sorridere un pubblico da teatro parrocchiale (presumibilmente cristiano) che si rivolge per gli accoppiamenti a persone specializzate, impiegati di agenzie matrimoniali, inseriti i dati al computer di uomini e donne, compresi i benefits e i sospesi delle vite trascorse.
Mi sembra semplicemente pazzesco e forse un tantino “piacione”.
Ma non è questa la sede opportuna per discuterne e preferisco ritornare su l tema della veridicità dei sessi, con quella tua frase: “di giovane onesto uomo promettente e tanto rispettoso delle femmine tutte!”
Temo che spesso le persone s’ingannino soprattutto su se stessi, voglio dire che le buone intenzioni ci sono tutte ma l’onestà che promette e rispetta magari dà priorità al portafoglio anzichè all’amore, pur facendo credere il contrario. Non si arriva ad una posizione megagalattica se interiormente non si è così. E l’amerikana lo sa.
Allo stesso modo certe donne non sono così sincere nella loro ricerca come fanno apparire e quel che loro importa è ben altro di quel che dichiarano, basta vedere bene ed acutamente come la pensano sul “fine che giustifica il mezzo”.
Quindi se permetti non credo nè a Don Mimì e neppure alla figlia e alla moglie del dottore, alla signorina della porta accanto, alle femministe col rametto di mimosa, alla pescivendola, ai rubacuori con velleità da maestri del caso, a menestrelli, supermen e superdonne.
Anche perchè, consentimi, il Cielo non è mica scemo, guarda dall’alto soprattutto le minkiate e chi le ha propagate, ne conosce le motivazioni profonde, e quando può prova tenerezza nei confronti di chi le ha subite, buttando via i calcoli a tavolino, facendo riflettere, mi auguro, sul nostro transito, sul nostro Senso e, per chi ci crede, sull’immortalità.

Postato mercoledì, 18 giugno 2008 alle 16:01 da Rossella


è la prima volta che inserisco un commento su internet…lo faccio perché trattasi di libri che sono la mia passione!!!…so che il mio intervento non sarà particolarmente influente, soprattutto ai fini di un nobel, un pulitzer, o un qualsiasi altro premio letterario…ma voglio dire la mia lo stesso: ho letto il libro ‘Confessioni di una giocatrice d’azzardo’…ed è veramente un bel libro…tradotto egregiamente da Filippo Nasuti…complimenti l’ho letto quasi come si legge un libro giallo dove vuoi scoprire al più presto come finisce…la storia è bella di suo e per me molte delle idee che mi ero fatta sui musulmani sono state spazzate via in senso positivo…in ognuna di noi alberga una Abeeda…grazie Pietro per avermi fatto dono di questo libro…desidero per te tutto ciò che tu desideri…ti voglio bene!

Postato sabato, 21 giugno 2008 alle 10:43 da francesca


@ Francesca

Ehhh…..ma hai sbagliato a postare su questo articolo. C’è una bella differenza.

Postato domenica, 22 giugno 2008 alle 09:50 da Rossella


Cara Francesca,
grazie per il tuo commento e benvenuta a Letteratitudine.
Hai fatto molto bene a intervenire.

Postato domenica, 22 giugno 2008 alle 11:18 da Massimo Maugeri


@ Francesca
Scusa Francesca ha postato giusto. E’ la sottoscritta che è stanca e che ha scambiato l’araba per la sicula indecente.

Postato domenica, 22 giugno 2008 alle 21:58 da Rossella


Rawdha Razgallah è docente di letteratura italiana all’Università del “7 Novembre a Cartagine” – Tunisi.
Mi ha inviato alcuni contributi sul ruolo della donna in Tunisia… oggi.
Siccome non è riuscita a postarli direttamente lei lo farò io – a suo nome – nei commenti che seguono

Postato lunedì, 23 giugno 2008 alle 23:27 da Massimo Maugeri


Il Codice dello Statuto Personale, è stato promulgato il 13 agosto 1956 prima ancora della proclamazione della Costituzione nel 1959.

Questo codice è stato una vera rivoluzione nel mondo arabo-musulmano.

La Tunisia è nota a tutti per essere anche l’unico paese nel mondo arabo musulmano dove il principio di parità fra uomo e donna è espressamente garantito nei testi costituzionali e legislativi. L’articolo 6 della costituzione è chiaro : “Tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri. Essi sono uguali davanti alla legge”. Gli articoli 20 e 21 esplicitano i diritti politici della donna indicando che essa è elettrice ed eleggibile.

La popolazione femminile è nel 1996 di 4.338.023 , sia 49,4% di una popolazione di 8.785.364 abitanti.

Un’esplosione notevole degli effettivi femminili nell’educazione, la sanità ed il lavoro è stata permessa grazie ad una volontà politica costantemente rinnovata al più alto livello dello Stato. Le donne affrancate dalle servitudini di una volta grazie ad un sistema politico che le appoggia, contribuiscono in modo effettivo al dinamismo dell’economia nazionale.

Due tappe fondamentali segnano il processo di promozione della donna in Tunisia :

La prima è quella che coincide con la promulgazione del Codice dello Statuto Personale nel 1956 che darà le basi dell’uguaglianza giuridica tra l’uomo e la donna.

La seconda è quella che inizia con la creazione dei meccanismi istituzionali per la promozione della donna, che segna, nel 1992, una svolta qualitativa nel processo d’integrazione delle donne allo sviluppo. Il 13 agosto 1992 segna l’inizio d’una nuova dinamica a profitto dei diritti della donna con l’annuncio d’una moltiplicità di riforme legislative e d’un insieme di provvedimenti politici che portano le donne a posti politici e d’una creazione di nuovi meccanismi per la promozione delle donne. Ciò è conseguenza alla spiegazione del Presidente della Repubblica il 15 Agosto 1989 che dichiara : “Il Codice dello Statuto Personale ha reso giustizia alla nostra religione ed ha mostrato gli orientamenti della Ciarìa islamica sotto il suo miglior giorno. Esso ha costituito un’illustrazione ammirevole delle aspirazioni degli uomini del rinnovo e della riforma in paese d’islam.”

I – STATUTO GIURIDICO

In questo statuto giuridico, illustro i punti che hanno focalizzato il cambiamento dello statuto della donna in questi anni e che la rendono partner a ruolo pieno nella società tunisina e mediterranea.

Uguaglianza giuridica

Il 13 agosto 1956, giorno dichiarato giorno nazionale della donna ed è festivo, ha visto con la promulgazione del Codice dello Statuto Personale l’abolizione della poligamia, l’istituzione del divorzio giudiziario e l’istaurazione di nuovi rapporti tra i coniugi sulla base della sola forza del diritto.

Con queste innovazioni giuridiche, la Tunisia è diventata un modello di emancipazione nel mondo arabo-musulmano grazie ad un approccio dinamico della Ciarìa, fondato sull’esegesi o la pratica dell’”Ijtihad”.

Le leggi ulteriori consacrano i diritti fondamentali delle donne in tutti i campi ; eligibilità e diritto di voto, diritto al lavoro, diritto all’istruzione, alla protezione sociale ed al controllo della natalità, diritto di passare dei contratti …ecc.

Questi diritti sono garantiti dalle convenzioni internazionali di cui quella sulla discriminazione nei riguardi delle donne.

Statuto Personale : uguaglianza, partenariato e solidarietà

Il Codice dello Statuto Personale è stato cambiato per consolidare il principio di uguaglianza giuridica e realizzare un miglior equilibro tra i coniugi nella gestione degli affari della famiglia. Così è stato creato un fondo di garanzia di versamento delle pensioni alimentari e delle rendite vitalizie che è operativo quando il coniuge (spesso l’uomo) abbandona il domicilio coniugale senza lasciare il suo indirizzo.

L’obbligo reciproco degli sposi

L’articolo 23 del codice dello statuto personale stipula che i due sposi hanno l’obbligo di aiutarsi reciprocamente nella gestione degli affari della famiglia e la buona educazione dei figli. Il marito in quanto capofamiglia deve provvedere alle spese della sposa e dei figli e nel caso che la donna abbia delle risorse, contribuirà alle spese della famiglia.

Emancipazione della sposa minorenne

Una riforma introdotta nel 1993 dà la possibilità alla donna minorenne sposata (17 anni) di gestire i suoi affari e i suoi beni personali in modo indipendente . D’altronde nel caso di divorzio, la madre ha il diritto di dare il suo parere nel caso di sua figlia minorenne.

Divorzio

Nessuna discriminazione nella procedura. In effetti, l’articolo 32 del CSP stipula che il divorzio è pronunciato solo dopo un tentativo di riconciliazione infruttuosa diretta dal giudice della famiglia designato dal presidente del tribunale.

Creazione d’un fondo di garanzia della pensione alimentare

La legge n°81-7 del 18 febbraio 1981 stipula che lo sposo che ha fatto l’oggetto d’un giudizio di divorzio a suo torto deve versare una rendita vitalizia alla divorziata a titolo di riparazione del pregiudizio morale e materiale subìto da lei. Ma spesso, le donne non potevano sempre beneficiare di questo diritto per le difficoltà di fare applicare i giudizi pronunciati in loro favore perciò una riforma del 1993 ha modificato l’articolo 53-bis del CSP ed ha introdotto il fondo di garanzia della pensione alimentare e della rendita di divorzio. Questo fondo interviene per servire gli ammontari decisi dal giudice quando c’è inadempienza dello sposo condannato.

Il codice penale e la violenza nei riguardi della donna

Il codice penale tunisino prevede delle sanzioni uguali per l’uomo e la donna colpevoli di adulterio, d’incitazione alla dissolutezza, prossenetismo ed alla prostituzione. Lo stupro è passibile della pena capitale in caso di violenza, di minaccia armata o se la vittima ha meno di 10 anni.

Il codice del lavoro ha subìto nel 1993 una riforma fondamentale consacrando esplicitamente la non-discriminazione tra l’uomo e la donna in materia di lavoro e di rimunerazione.

Il codice della nazionalità ha consacrato nel 1993 un nuovo passo nell’uguaglianza tra l’uomo e la donna in Tunisia concedendo alla donna tunisina sposata ad uno straniero il diritto di trasmettere la sua nazionalità ai suoi figli nati fuori dalla Tunisia al termine di una dichiarazione congiunta impegnando la madre e il padre.

In ambito costituzionale, il presidente Ben Ali ha firmato, il 27 ottobre 1997, la legge costituzionale relativa alla concessione del diritto di eleggibilità alla camera dei deputati ad ogni elettore figlio di matrimonio misto. Questo diritto era prima consentito solo all’elettore figlio di padre tunisino.

Postato lunedì, 23 giugno 2008 alle 23:29 da IL RUOLO DELLA DONNA IN TUNISIA di Rawdha Razgallah


DONNA E SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE

La Tunisia ha sempre puntato sul capitale umano come il principale generatore e l’unica fonte inesauribile di ricchezza per un equilibro tra crescita demografica e crescita economica..

Un ruolo maggiore, se non determinante, è stato assunto dalle donne nella realizzazione d’una tale equazione nell’aderire attivamente alla politica di pianificazione demografica.

I risultati sono probanti, come ne testimoniano tutti gli indicatori, e più che mai la questione dell’integrazione femminile è, oggi, considerata come uno degli imperativi dello sviluppo economico sostenibile nel Mediterraneo.

ISTRUZIONE

La legge del 4 novembre 1958 garantisce in Tunisia il diritto all’istruzione ai bambini di ambedue i sessi senza nessuna discriminazione di razza, di religione o di società. Una riforma intrapresa nel 1991 consacra l’uguaglianza tra i due sessi come uno dei valori fondamentali dell’istruzione. Questa legge permette alle donne d’integrarsi all’Europa senza rinnegare le loro radici. D’altronde l’obiettivo dell’istruzione è di inculcare ai giovani dei valori universali di giustizia, d’uguaglianza e di diritto dell’uomo per permettere loro l’accesso all’universalità obiettiva e la socializzazione alla tolleranza ed all’apertura alle altre culture. Così, il Mediterraneo diventa uno spazio di scambio di culture diverse. Infine, questa stessa legge ha reso obbligatoria la scolarizzazione da 6 a 16 anni riconfermando l’insegnamento specificatamente gratuito.

Nel 1989, c’è stato un reale rimaneggiamento di tutti i manuali scolastici dei quali è stata eliminata qualsiasi immagine che renda inferiore o svaluti la donna.

Gli indicatori relativi all’evoluzione degli effettivi scolastici in tutti i livelli dell’insegnamento mostrano che gli scarti tra femmine e maschi cominciano a riassorbirsi in modo sensibile per raggiungere l’equilibro. Così nell’esame nazionale di maturità per l’anno 1997, il tasso delle femmine ammesse era di 47,64 % e nell’insegnamento superiore, la percentuale delle femmine titolari d’un diploma del livello della laurea è di 43,2 % dell’insieme dei laureati.

D’altronde, si deve segnalare il programma nazionale di lotta contro l’analfabetismo che dal 1966 al 1998 ha fatto calare in modo considerevole il tasso d’analfabetismo nelle donne e in modo particolare nell’ambiente rurale.

SALUTE DELLE DONNE : diritto fondamentale e bisogni specifici

La mobilitazione delle risorse, la messa in opera dei programmi nazionali di prevenzione e di promozione, l’adozione d’una legislazione avanguardista, costituiscono tanti vantaggi strategici d’un sistema di sanità che ha integrato nelle sue strutture di sanità di base la salute specifica delle donne, in particolare le cure relative alla procreazione e alla pianificazione familiare.

La speranza di vita alla nascita rimane, al riguardo, l’indicatore più rivelatore dei progressi realizzati.

La speranza di vita in Tunisia è di 74,2 anni per la donna e 70 anni per l’uomo. In materia di salute delle donne, lo Stato tunisino ha adottato dei programmi specifici riguardo la maternità senza rischio che si è tradotto con un calo importante della mortalità legata alla fecondità ed alla procreazione. Il programma che prevede l’obbligo di 4 consultazioni prenatali hanno dato eccellenti risultati in particolare con un calo del tasso di mortalità materna e neonatale.

D’altronde, si deve segnalare che la Tunisia ha conosciuto eccellenti risultati con il programma nazionale di pianificazione familiare. L’utilizzo della contraccezione ha evoluto in un modo significativo ed attualmente 70 % delle donne in ambiente urbano e 51 % delle donne in ambiente rurale utilizzano un mezzo contraccettivo.

Infine, si notano i programmi specifici di prevenzione e di individuazione delle malattie di cancro del seno e della cervice uterina così che delle malattie sessualmente trasmissibili e dell’Aids.

LAVORO : DIRITTO FONDAMENTALE DELLA DONNA IN TUNISIA

Oggigiorno, il concetto di “lavoro della donna” è difficile da rimettere in causa tanto le famiglie tunisine sembrano acquisite a questa nuova funzione economica della donna.

Nel 1987, il lavoro della donna è stato confermato in quanto “diritto fondamentale” inalienabile. Oggi è osservata una forte presenza delle donne nel settore dei servizi dell’industria ed anche nell’agricoltura. In effetti, i servizi amministrativi attraggono 23 % degli effettivi femminili. L’agricoltura 20 % e l’industria manifatturiera 43 %. Si nota una forte presenza delle donne nella sanità e l’istruzione ed una forte progressione nei posti di direzione.

DONNA NEL PROCESSO DI SVILUPPO

Constatata la poca rappresentatività delle competenze femminili nelle commissioni settoriali di riflessione per l’ottavo Piano Nazionale di sviluppo economico e sociale (1992-1996), il Presidente della Repubblica aveva, nel 1991, preso l’iniziativa di creare una commissione specificamente femminile per dare alle donne l’opportunità di riflettere sui mezzi d’una migliore integrazione allo sviluppo in Mediterraneo basandosi sulla formazione professionale che possa ridurre le differenze tra i sessi, le regioni ed i paesi mediterranei in materia di qualifica professionale e di accesso al lavoro.

Non c’è nessun’ostacolo giuridico per far accedere la donna ai mezzi di produzione : in effetti il codice dello Statuto Personale concede alla donna sposata il diritto di disporre dei suoi beni liberamente e di contrattare dei crediti. La donna maggiorenne può fare passare dei contratti, tuttavia nell’ambiente rurale fattori d’ordine culturale legati all’organizzazione patriarcale della società portano spesso le donne a cedere la gestione dei loro beni agli uomini della famiglia. Nell’agricoltura, lo Stato incoraggia le donne diplomate in ingegneria e tecnologia a diventare dei capi di imprese agricoli mettendo a disposizione terre agricoli e crediti.

Le Donne rappresentano circa il 25% della popolazione attiva del paese; oltre 5000 sono imprenditrici in Tunisia di cui 2000 sono donne capi d’impresa secondo l’API (agenzia per la promozione industriale) di cui 72 % sono nell’industria tessile. Questo settore è al 45% esportatore in Mediterraneo e ciò rafforza la presenza della Tunisia in Europa, così che c’è una significativa presenza femminile negli organi legislativi e consultativi ; 11,5% nella Camera dei deputati, 21,6% nei consigli comunali, 11% nel consiglio economico e sociale, 13,3% nel consiglio superiore della magistratura e 12% negli staff dei gabinetti ministeriali;

al Governo siedono due donne Ministro e tre Segretarie di Stato;

Le donne rappresentano il 23% del corpo della magistratura, 24% dei giornalisti, 35% dei medici, 20% dei docenti universitari e 63% dei farmacisti.

Postato lunedì, 23 giugno 2008 alle 23:31 da DONNA E SVILUPPO ECONOMICO E SOCIALE IN TUNISIA di Rawdha Razgallah


Tutte queste misure e tutti questi provvedimenti hanno dato alla donna tunisina un ruolo molto importante nella società attuale e soprattutto un posto prevalente nel Mediterraneo. Tutta la sua dinamicità, la sua responsabilità ed il suo senso della solidarietà fanno di lei un partner di scelta nell’ambito degli affari, dell’imprenditoria e dello sviluppo sostenibile nell’area mediterranea. L’emancipazione della donna ha permesso alla Tunisia d’essere un paese stabile e sicuro perché l’educazione è il perno fondamentale d’una società. La Tunisia è diventata lo spazio strategico di pace, di credibilità e di tolleranza in seno all’ambiente mediterraneo.

La sua umanità, perché prima di tutto è madre, ridurrà l’aggressività, la guerra ed il terrorismo. La donna, nella sua essenza, è contro la violenza.

L’esclusione della donna dalla vita attiva ed economica paralizzerà metà della società e farà allontanare la democrazia nei paesi emergenti. Perciò l’istruzione obbligatoria delle femmine e l’uguaglianza delle “chances” sul piano sociale permetterà la partecipazione delle donne alla vita attiva in Mediterraneo e la riduzione della povertà così che permetterà l’emergenza del benessere familiare e sociale in generale.

L’esperienza tunisina costituisce un modello d’irraggiamento nella riva sud del Mediterraneo che ha avuto un effetto trascinatorio sui paesi del Nord Africa come nel Marocco recentemente che ha introdotto delle riforme sostanziali a livello del Codice della famiglia. Una donna colta ed a parità dell’uomo è una partner di sviluppo e di ricchezza.

In Conclusione, vorrei cogliere quest’occasione per proporre

la creazione d’una struttura femminile nelle Istanze Mediterranee delle ONG (organizzazioni non governementali) che si occuperà dei problemi d’emigrazione in Mediterraneo. Ciò non è stato ancora trattato nel suo aspetto familiale. La donna tunisina nell’emigrazione ha avuto un ruolo importante nella sua integrazione nei paesi della riva nord del Mediterraneo grazie alla sua educazione di alto livello.

lo sviluppo nel bacino del Mediterraneo dell’uguaglianza delle “chances” in materia di accesso agli studi universitari in tutti i paesi limitrofi mediterranei aprendo le frontiere alle donne che cercano a promuovere le loro conoscenze e le loro competenze.

Un’associazione delle donne mediterranee per fronteggiare tutti gli ostacoli alla pace ed alla convivenza tra i popoli.

L’ambiente : a casa, la madre è la prima scuola e quindi è la prima responsabile per la protezione della natura : nel Mediterraneo, le donne devono promuovere una nuova educazione ambientale con una formazione permanente delle donne per gestire meglio l’ambiente e migliorare la qualità della vita ( si deve istaurare una carta come l’agenda 21 implicando la non ermetizzazione dei diversi settori, dei diversi attori economici, politici e sociali.

La donna diventerebbe un vero “animatore ambientale” per un vero sviluppo sostenibile. In questo caso, proteggere l’acqua, l’aria e tutti gli elementi contro l’inquinamento diventa il problema di tutti. Le donne si sentono già coinvolte in questo processo di dimensione sociale della sostenibilità. Il patrimonio naturale è l’affare di tutti e soprattutto delle donne in tutti i campi per preservare le generazioni future.

– Perciò la specificità culturale di ogni donna nel Mediterraneo arricchisce e rende possibile l’interculturalità tra i diversi paesi per rendere il Mediterraneo una fonte di scambio, di mobilità, di solidarietà e di unione tra tutte le forze sociali consapevoli dell’importanza d’una azione comune per dare al bacino del Mediterraneo un’oasi di pace e di prosperità.

Donne mediterranee, donne italiane e tunisine che il mare accomuna, hanno quasi gli stessi problemi di vita quotidiana che domina tutto. Il popolo tunisino come quello mediterraneo è aperto ad ogni visita, ad ogni popolo amico e differente. Ciò è dovuto alla loro storia antica e moderna segnata dalle diverse civiltà che si sono impiantate nelle loro terre. Terre di mare, di quel mare mediterraneo che unisce i popoli in un unico passato, un unico presente e che speriamo un unico futuro fatto di pace e di cooperazione.

Postato lunedì, 23 giugno 2008 alle 23:32 da DONNA IN TUNISIA di Rawdha Razgallah


I testi sono un po’ lunghi e abbiamo già detto altre volte che la lettura su schermo è stancante.
Tuttavia credo che ne valga la pena… quantomeno per migliorare la nostra cultura generale.

Grazie mille, Rawdha

Postato lunedì, 23 giugno 2008 alle 23:34 da Massimo Maugeri


Ringrazio di cuore la prof.ssa Razgallah per le confortanti informazioni sullo stato generale della sua Nazione. Ne trarranno stimolo, energia e rimedi gli altri Italiani – miei connazionali un po’ distratti ed autodistruttivi – per migliorare il nostro? Non credo, vista la cecita’ italiana di questi tempi. Pero’ lo spero.
Cordiali Saluti
Sergio Sozi

Postato domenica, 6 luglio 2008 alle 02:12 da Sergio Sozi



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