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mercoledì, 30 aprile 2008

GIOVANNINO GUARESCHI E IL GIORNALISMO UMORISTICO

È con molto piacere che ospito un intervento di Daniela Marcheschi sul “giornalismo umoristico” e sulla figura di Giovannino Guareschi (padre letterario di Don Camillo).
Si tratta del pezzo introduttivo al Catalogo della mostra Giovannino Guareschi: nascita di un umorista. “Bazar” e la satira a Parma dal 1908 al 1937, a cura di Giorgio Casamatti e Guido Conti, Parma, MUP, 2008, pp.16-23. La mostra, curata da Casamatti e Conti, è a Parma dal 19 aprile al 1 giugno 2008 (assolutamente da vedere, perché molto bella).
Ne approfitto per ringraziare la professoressa Marcheschi e la MUP per la gentile concessione del testo.
Vi invito a leggerlo con attenzione e a dire la vostra.

Inoltre ricordo che proprio il 1° maggio decorre il centenario della nascita di Guareschi (venuto alla luce, appunto, a Roccabianca il 1° maggio del 1908).

Vi consiglio di collegarvi al sito del Comitato Nazionale per le celebrazioni della nascita di Giovannino Guareschi: www.guareschi2008.com

Seguono alcune domande che mi pongo (e vi pongo), come al solito, per favorire il dibattito.

Il giornalismo umoristico, oggi, può avere una funzione? E fino a che punto?

Il giornalismo umoristico può essere considerato letteratura dell’umorismo?

Quello di Beppe Grillo, anche con il suo blog, può essere considerato giornalismo umoristico?

Parliamone (se vi va).

Buon 1° maggio a tutti.

Massimo Maugeri

- – -
Daniela Marcheschi, nota italianista e critica letteraria, è autrice di saggi tradotti in varie lingue, curatrice dei Meridiani Mondadori delle opere di Carlo Collodi e Giuseppe Pontiggia, vincitrice, per il suo lavoro di traduzione e critica in campo scandinavistico, del Tolkningspris dell’Accademia di Svezia
- – -

Tradizione e innovazione del «giornalismo umoristico»: Giovanni Guareschi
di Daniela Marcheschi

Giornalista e scrittore, vignettista e autore di testi satirici, Giovanni Guareschi è uno degli umoristi più completi del nostro Novecento, capace di ridare vita e forma nuova alla tradizione comico-umoristica, così come essa si era codificata in Europa, prima, e in Italia, poi, nell’esaltazione delle passioni risorgimentali.
Guareschi, che era nato nel 1908, aveva avuto modo di conoscere la comicità sia di Sergio Tofano o STO, che si esplicò in svagati toni palazzeschiani ed anche in un segno dai tratti sinuosi e morbidi, sia di Ettore Petrolini, le cui celebri canzonette erano costruite sui non-sense, le cui farse e macchiette giocavano di continuo su esilaranti situazioni surreali. Leggerezza e cinismo, humour e paradosso, satira e ironia si incontrano così da subito nella produzione umoristica di Guareschi, che di scritti e vignette, a partire dal 1929, inondò giornali e numeri unici di Parma: «La Voce di Parma», «La Fiamma. Corriere del Lunedì» ecc.. Nello sfogliare le pagine di simili giornali e periodici – così come quelle del più tardo «Bertoldo» (fondato nel 1936) o del suo celebre almanacco a cui Guareschi collaborò – possiamo scoprire e constatare la capacità di azione nel tempo di modelli umoristici o satirici che vantavano almeno ottanta anni circa di storia: quelli del «giornalismo umoristico» ottocentesco, che il nostro Carlo Lorenzini (1826-1890), alias Collodi – ma già alias L., alias Lampione, alias Scaramuccia, alias ZZTZZ, alias Diavoletto, solo per citare alcuni dei suoi più celebri pseudonimi – aveva contribuito ad inventare e re-inventare gomito a gomito con i caricaturisti Cabrion (Niccola Senesi), Angiolo Tricca o Mata (Adolfo Matarelli) e in una sorta di dialogo a distanza con Honoré de Balzac, la cui opera gli era arcinota.
Intorno al 1830 e nei decenni successivi in Francia erano fioriti periodici che, facendo perno su una scrittura briosa ed ironica, sulle vignette e caricature di Daumier, Grandville, Gavarni ecc., offrivano notizie dei teatri e degli spettacoli, articoli vari, racconti e romanzi spesso a puntate. Da «La Caricature» a «Le Charivari», da «La Mode» a «La Silhouette», a «Le Corsaire Satan» e via discorrendo, una generazione intera di autori, come Balzac, Nodier o la Sand, aveva dato vita a una letteratura pronta ad assumere forti connotazioni critiche, specialmente grazie a Balzac, nei confronti della cultura romantica e della Modernità in genere. Lo stesso Giacomo Leopardi – con un senso vivo della complessità delle tradizioni presenti e passate – nel maggio del 1832 avrebbe voluto pubblicare a Firenze un «Giornale di ogni settimana» con il titolo «Lo Spettatore Fiorentino»: una sede «per ispeculare», con il proponimento di «ridere molto», e per contenere «pareri intorno a libri nuovi», ma anche notizie «di teatri e spettacoli», «traduzioni di cose recenti e poco note da diverse lingue», nonché «articoli nuovi da valenti ingegni italiani o stranieri». Leopardi si proponeva di creare un “anti-giornale” a cui demandare un’esigenza di letteratura e critica militante, e attraverso cui continuare, alla luce del suo totale disincanto, la battaglia contro le verità scoperte dal suo secolo e per una filosofia materialistica contro certo sentimentalismo o mondo ideale romantico, che falsificava il senso stesso del destino dell’essere umano1. Non per nulla, nel preciso intento di fare una satira senza sconti della realtà politica e culturale del proprio tempo, Collodi – dalla «Nazione» al «Fanfulla» – non farà che ironizzare sul cattivo gusto di una borghesia che continua a preferire la poesia di Metastasio a quella di Leopardi2; e nel Novecento, Marcello Marchesi e Alberto Savinio si divertiranno a raccontare la biografia di Leopardi in modo dissacrante e paradossale, mentre Giovanni Guareschi, ispirato dal carattere dello Zibaldone, eterogeneo ed originale, nel 1948 pubblicherà presso la casa editrice milanese Rizzoli lo Zibaldino. Storie assortite vecchie e nuove: un modello di libro aperto, né romanzo né raccolta, dove trovano posto racconti, pezzi stravaganti, riflessioni, pagine di diario all’insegna dell’eteroclito.

Nonostante divergenze politiche ed economiche, le élites più accorte dell’Italia ottocentesca guardavano con attenzione alla Francia, seguendone la letteratura e la stampa periodica. La comparsa in quel paese di una letteratura militante, in posizione “agonistica” verso la società industriale e (per usare un termine caro a Balzac) verso le sue «patologie» culturali, artistiche, letterarie, non poteva non interessare generazioni che avrebbero vissuto il Risorgimento con slancio generoso, nell’amore smisurato verso la nazione e nella volontà di darle una struttura unitaria in grado di rinnovarne profondamente e sistematicamente la società ed ogni aspetto della cultura. Così, quando a causa della crescente protesta popolare, negli anni 1847 e 1848, i diversi regnanti degli stati italiani – da Ferdinando II di Borbone a Carlo Alberto – furono uno dopo l’altro costretti a concedere una Costituzione, in genere ispirata a quella francese orleanista, anche in Italia poté esservi la libera espressione della stampa. Un po’ ovunque fiorirono numerosi giornali umoristici, d’ispirazione liberale e democratica (ma non solo) e di netta satira politica e sociale. Il più importante fu com’è noto «Il Lampione» (13 luglio 1848-11 aprile 1849), animato a Firenze da Carlo Lorenzini che, nel 1860, ne riprese la pubblicazione per sostenere la campagna di annessione al Piemonte. Per rimanere nell’ambito dei giornali liberali e democratici, si ricordino ad esempio, in una Toscana brulicante di tali imprese, periodici quali «Il Birichino», «La Lanterna Magica», «La Voce del Popolo», «Lo Charivari del Popolano», «Belfagor Arcidiavolo», «Calambrone» e «L’Inferno»; ma anche «L’Arlecchino» di Napoli, «Il Fischietto» di Torino, «Lo Spirito Folletto» di Milano. Qualche anno più tardi troviamo «L’Arte», «Lo Scaramuccia», ancora diretto e fondato da Collodi, «La Lente», «La Chiacchiera» ecc., a cui si uniscono ad esempio il napoletano «Verità e Bugie», il torinese «Pasquino», il milanese «Il Pungolo». Gli schemi editoriali imitavano i petits journaux francesi, il cui influsso è evidente nel titolo «Lo Charivari»: a fianco delle caricature, realizzate con la litografia (la cui tecnica non consentiva tirature elevate), i collaboratori facevano satira politica e, con una prosa brillante ed ironica, tratteggiavano «fisiologie» dei tipi sociali più reazionari, pubblicavano romanzi a puntate ecc. Negli anni seguenti la repressione, quando di politica sarà invece impossibile parlare, i collaboratori commenteranno con la solita prosa scherzosa eventi di attualità in campo teatrale, letterario, artistico, poetico, oppure pubblicheranno «divagazioni» e bizzarrie, testi umoristici vari, fra cui buffi aforismi, dialoghetti satirici o parodie in versi. Il punto sarà in breve quello di mantenere un atteggiamento attivo nei confronti della società, di non disgiungere l’esercizio della moralità dal gioco dell’invenzione, mantenendo vivo il ruolo civile della critica. Il «Fanfulla», fondato a Firenze nel 1870, poi trasferito a Roma non appena questa divenne capitale del Regno d’Italia, sarà proprio l’ultimo grande giornale di tale tradizione umoristica.
La definizione «giornalismo umoristico» non deve però sviare: si trattò infatti di letteratura vera e propria (non sempre raccolta in volume), ironica e comica, ricca di notazioni bizzarre e curiosità letterarie, che si alimentavano della cronaca politica, teatrale o musicale, per dar vita a testi e vignette all’insegna della satira, della divagazione scherzosa e della complicità con i lettori. L’uso degli pseudonimi – che era frequentissimo se non costante su quelle pagine e che oggi complica talvolta la ricostruzione del contesto culturale dell’epoca – non era un tentativo di sfuggire ai rigori della censura: la struttura della redazione del giornale umoristico era infatti in genere assai esile ed i gerenti e i pochi compilatori erano facilmente identificabili dalle autorità di polizia. Piuttosto, bisogna pensare che gli pseudonimi consentivano allo scrittore umorista una grande libertà espressiva, la possibilità di saltare senza remore da un argomento all’altro, da un registro all’altro, dall’ironia alla parodia ecc.; e gli permettevano una dilatazione a piacere delle potenzialità stilistiche, in sintonia con la programmatica pluralità dei toni e delle forme che caratterizzavano un simile umorismo. In maniera analoga, come autentico semenzaio dell’immaginazione, andrà considerata la frequenza degli pseudonimi nel giornalismo e nella letteratura satirica del Novecento: Cesare Zavattini, che si firmava Za, insegna!

Proprio con il «Fanfulla» iniziò il declino del «giornalismo umoristico», e ciò avvenne per diverse ragioni di carattere socio-economico e culturale. Da un lato, l’industria della carta stampata cambiò strutturazione, finanziamenti e distribuzione, ed i giornali umoristici, diffusi principalmente per abbonamento, non riuscirono più a fronteggiare la concorrenza dei fogli d’informazione varia, meglio accolti sul mercato. Dall’altro, la vittoria del Naturalismo sancì un mutamento radicale del gusto del pubblico, ora tutto teso ad avere una “copia” della realtà. Nella estetica o poetica naturalistica si affermava l’idea misticheggiante dell’oggettività assoluta dello sguardo o, con un altro a priori, dell’oggettività assoluta delle cose: precisamente l’opposto della libertà inventiva propria delle poetiche dell’Umorismo. Così il genere comico-umoristico confluì o fu relegato fra i generi ritenuti a torto minori: la letteratura per l’infanzia, il teatro comico – appunto Petrolini e, più avanti, Totò o Fo…
I giornali umoristici resteranno comunque senza essere più i protagonisti principali della scena culturale: si pensi alla notevole fortuna di fogli come il «Guerin Meschino», fondato nel 1882 a Milano (chiuderà i battenti nel 1943), e il «Capitan Fracassa», nato nel 1886 a Roma. Gli spazi dell’umorismo e della satira, da allora in poi, potranno però subire una modificazione profonda, nel senso di una presenza – talora una prevalenza, in quei periodici – dell’intrattenimento leggero e amabilmente sorridente, dunque anche un po’ casuale e dispersivo. Più spesso vi saranno oscillazioni continue fra divertissement e scherzo ironico: non per nulla l’accostamento fra vignette e versi in rima baciata tipico del «Corriere dei Piccoli», dove furoreggiava dal 1917 il Signor Bonaventura creato da STO, varrà anche per il «Guerin Meschino». In altri casi, o momenti, potrà esservi da subito, oppure tornare attiva, una volontà critica e pugnace nei confronti di una società e una cultura spesso autoritaria, gretta, se non retriva: basta pensare alla carica dirompente di un settimanale socialista come «L’Asino», fondato a Roma nel 1892 e soppresso nel 1925 all’affermarsi del Fascismo, oggetto di tanti suoi strali; ai fogli satirici diffusi sul nostro fronte durante le fasi finali della I Guerra Mondiale; e, in Francia, anche soltanto a «La Feuille» o a «Le Rire», la cui presenza è risaputa nella Biblioteca dell’Archivio Guareschi (Roncole Verdi)3. In quest’ultimo giornale – e in altri periodici satirici francesi della grande tradizione comico-umoristica e parodica dell’Ottocento, ispirata principalmente, ma non solo, alla maniera di Laurence Sterne – Marcel Duchamp (1887-1968) aveva avuto modo di affinare la propria ironia come disegnatore umoristico. Anche questo gli avrebbe permesso di diventare uno degli artisti più capaci d’influire sull’arte del XX secolo, grazie alla forza dell’estro inventivo e alla spregiudicatezza dell’intelligenza. In breve, lo spirito dissacrante, il gioco del rovesciamento paradossale fino all’assurdo, messo in atto dall’artista e caro al movimento Dada, erano non solo una generica disposizione psicologica dell’uomo, ma anche e soprattutto una scelta culturale. Si trattava di un elemento di poetica suggerito dalle teorie estetiche, caratteristiche proprio di quella vasta e ricchissima tradizione europea, nel cui ambito, nell’Ottocento e nel Novecento, transitavano in vario modo, è bene ripeterlo, Daumier e Gavarni, Balzac e il giovane Baudelaire, Collodi e Palazzeschi, Pirandello e Zavattini, Tofano e Novello.
I giornali satirici o numeri unici – da «Straparma» a «Bazar» e su fino al «Bertoldo» e al «Candido», nato nel 1945 – che Guareschi fondò, o che ne ebbero in vario modo la brillante collaborazione di umorista e di vignettista satirico, sono costruiti sui medesimi schemi strutturali messi a punto dalla letteratura umoristica dell’Ottocento. Vignette varie e numerose, dialoghi e «sillogismi» scherzosi, buffi monologhetti e storie o articoli brevi, parodie in versi e via discorrendo, risuonano così allo stesso tempo vecchi e nuovi, ma sempre in maniera vitale: infatti vicende, personaggi, problemi del Novecento, sono messi alla berlina grazie a modelli o contenitori comico-satirici di derivazione ottocentesca. Insieme a tutto questo sono, ancora una volta, un analogo gusto del paradosso e dell’invenzione burlesca, lo stile scorrevole, il gioco linguistico a partire dalle valenze letterali della parola. Tuttavia, come le linee del disegno satirico risentono per essenzialità e tratteggio degli apporti formali delle avanguardie novecentesche o della pittura degli anni Venti-Trenta (non si dimentichi «Il Selvaggio» di Mino Maccari), così i modi del paradosso e del surreale sembrano scaturire da certo Futurismo o dagli esiti formali di Palazzeschi e Pirandello.
Lo statuto della stampa umoristica realizzata da Guareschi o supportata dal suo lavoro è talvolta misto, come lo fu ad esempio anche quello di un «settimanale-umoristico-illustrato» quale «Numero» fondato nel 1913, a cui collaborò STO. Intendiamo «misto» nel senso che vi possiamo trovare sia il puro intrattenimento, che mira a suscitare il sorriso – come l’innocua caricatura di un personaggio conosciuto (magari anche solo nella città di Parma) -, sia la pungente satira politica e sociale in grado di coinvolgere problematiche più ampie e profonde. Da questo punto di vista, nel godimento di una libertà di stampa e di espressione impensabile nell’età fascista, il «Candido» – con la sua caricatura, la parodia, l’ironia finalizzate ad una serrata critica degli eccessi degli ideologismi nel secondo dopoguerra – appare al di là delle contingenze uno degli esempi di «giornalismo umoristico» novecentesco più coerenti ed efficaci nella rappresentazione disincantata di tanti aspetti della società italiana contemporanea.
Daniela Marcheschi


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Scritto mercoledì, 30 aprile 2008 alle 16:35 nella categoria EVENTI, INTERVENTI E APPROFONDIMENTI, OMAGGI, RICORRENZE, ANNIVERSARI E CELEBRAZIONI. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. I commenti e i pings sono disabilitati.

158 commenti a “GIOVANNINO GUARESCHI E IL GIORNALISMO UMORISTICO”

Questo post rimarrà in primo piano per tutta la durata del ponte del 1° maggio.
Il tema è molto interessante e in parte l’abbiamo già affrontato altre volte (vedi post sulla “letteratura dell’umorismo”).

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 16:38 da Massimo Maugeri


Ringrazio ancora una volta la MUP per la gentile concessione del testo e la professoressa Marcheschi – che invito a partecipare alla discussione – per la disponibilità.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 16:42 da Massimo Maugeri


Ovviamente è anche l’occasione per ricordare la figura di Giovannino Marcheschi.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 16:42 da Massimo Maugeri


Riporto, infine, le domande inserite all’inizio del post:
Il giornalismo umoristico, oggi, può avere una funzione? E fino a che punto?

Il giornalismo umoristico può essere considerato letteratura dell’umorismo?

Quello di Beppe Grillo, anche con il suo blog, può essere considerato giornalismo umoristico?

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 16:43 da Massimo Maugeri


Il giornalismo umoristico, oggi, può avere una funzione? E fino a che punto?
Beh, una voce nel mare magnum della satira politica di tutti i colori. Nell’impazzare di ironia e autoironia. Ma de che?
Il giornalismo umoristico può essere considerato letteratura dell’umorismo?
Gli articoli di Moravia, certi reportage sia suoi che di altre celebri penne, sono assurti a letteratura. Però letteratura è una riflessione, un riflesso della realtà un po’ meno legato al contingente rispetto al giornalismo che spesso dopo un mese ha il sapore di certe cronahe coloniali di fine Ottocento.
Quello di Beppe Grillo, anche con il suo blog, può essere considerato giornalismo umoristico?
Humour è diversa cosa rispetto a satira, sarcasmo, ironia. Umorismo è “Tre uomini in barca”, sarcasmo è quello dantesco nelle invettive terribili del suo poema… Grillo è un fenomeno, ma volatile, più che umoristico, umorale.
Gastrico, di pancia. Aspetto una pars costruens dopo questo destruere…

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 17:50 da Maria Lucia Riccioli


Ma secondo me il giornalismo umoristico ce l’ha si una grandissima funzione! la stessa che in fondo ha l’umorismo dalle mie parti – raddrizza, stravolge, rivela dietro la risata la necessità etica. Io conservo con cura due libri di mia nonna, che raccolgono gli articoli fantastici di forte braccio. Per dire.
Alle volte ha più dirittura morale una risata ben suscitata di mille sermoni.

Grillo poteva essere un ottimo giornalista umoristico. Lo è stato. Fin tanto che si limitava a quello aveva tutta la mia stima. Una volta che è passato a politicizzare i suoi discorsi, cioè cambiando loro funzione mantenendo però la struttura di fondo, per me ha perso punti – l’etica si è sporcata della mancanza di conoscenza che la semplice dissacrazione si può permettere, ma che la contestazione reale dovrebbe evitare.

Magari torno dopo più chiaramente eleggendo l’articolo riportato con attenzione.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 18:31 da Zauberei


Fortebraccio tuttanaparola sta vorta!
Dio citazionista!

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 18:32 da Zauberei


L’umorismo nasce da un bisogno di superare la realtà giornaliera, quando ci si oppone.
Non esiste un essere che non ne abbia bisogno; esso risparmia in molti casi il sorgere di depressioni, tensioni di ogni sorte e infine la visita dallo psicologo.
Uguale, quali attese possiamo avere, esse non trovano mai l’ideale riscontro nella realtà, il che vuol dire sia tra gli amici, conoscenti, colleghi di lavoro, addetti alle funzioni pubbliche, al confronto con le varie leggi che non troviamo lecite e utili, ma che dobbiamo osservare con precisione ed esattezza.
Con l’umorismo ci sfoghiamo contro una persona antipatica ed avversa, imitandola con la mimica in una forma ancora lecita, perché, pur facendola apparire ridicola, la mette in risalto, cosa molto importante proprio oggi, anche se, in verità, siamo noi a risultare ridicoli e volgari.
Con esso copriamo quindi i nostri limiti e debolezze.
È un modo di regolarci, senza l’uso della forza fisica.
Visto così, il giornalismo umoristico ha sempre stagione, anche oggi.
Il giornalismo umoristico deve perdurare nel tempo ed essere sempre attuale per diventare letteratura, cioè deve “insegnare”, perlustrando l’animo e scoprendo i suoi requisiti buoni come cattivi.
Alla fine e dopo aver riso un po’, ci dovrebbe rimanere il senso di avere ricevuto una lezione di come affrontare meglio il prossimo, chiunque sia.
Su Grillo, non mi esprimo. Non lo conosco e non so con precisione ciò che trasmette e come lo fa.
Saluti
Lorenzo

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 18:45 da lorenzo russo


Ciao Zauberei! Mi dispiace non averti incontrata a Roma con i letteratitudiniani romani…
Parlaci un po’ di Fortebraccio.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 19:00 da Maria Lucia Riccioli


Braccio Fortebraccio da Montone, capitano di ventura mio corregionale, ovvero umbro, spauri’ cosi’ tanto il sec. XV da farlo diventare in un momento il secolo XVI.
Piccola curiosita’: Guareschi e’ tradotto anche in sloveno (Don Camillo).
Piu’ tardi, se volete, vi diro’ cosa ne penso, visto che l’ho letto con immenso piacere – in italiano.
Ciao a tutti
Sergio

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 19:22 da Sergio Sozi


”Giovannino Marcheschi” invece (sic) e’ una specie di pecora Dolly letteraria e vivra’ per altri duecento anni in una piccola provetta maugeriana.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 19:23 da Sergio Sozi


Dunque concordo con Maugger che dice che questa ”Ovviamente è anche l’occasione per ricordare la figura di Giovannino Marcheschi.” Giusto. Viva gli OGM!

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 19:25 da Sergio Sozi


Questo tuo ottimo intervento spero sia letto da molti e particolarmente dai più giovani che non hanno avuto la fortuna di incontrare Guareschi così come io l’ho seguito e fraternamente amato.
I tempi cambiano a causa della caduta dei valori più importanti e a causa della decadenza culturale che circonda senza pietà e si insinua nelle menti come un tarlo mefistofelico, deviando l’attenzione e sballotando le scritture.
Il declino del giornalismo umoristico – cara Daniela – è anch’esso causato dal piattismo e dalla miseria dei “lumi”.
Ricordi “Il Travaso delle idee” ?
Io lo leggevo con goduria. Poi nulla più.
E allora grazie cara amica e dacci qualche altro spunto.
Antonio Spagnuolo – spagnuoloantonio@hotmail.com

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 20:05 da Antonio Spagnuolo


Giovannino Guareschi è uno dei più grandi umoristi europei e grande letterato.
Doveroso ricordarlo in questi giorni.
Condivido l’iniziativa e applaudo.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 20:51 da Vito Amantia


Su rai uno hanno mandato un’intervista a Indro Montanelli che parlava di Guareschi.L’avete vista? Diceva che Peppone e don Camillo erano facce della sua stessa anima. Che lui era entrambi, e in entrambi rideva.
Bella!Bello soprattutto questo non essere nè da una sola parte nè dall’altra.
L’umorismo nasce da questo, credo. Dai contrasti.
Se il giornalismo mantiene questa distanza e questa coesistenza strappando un sorriso, se non strumentalizza le posizioni ma sa prenderne con disincanto le distanze, può forse essere assimilato alla letteratura, allo sforzo di dare voce a un personaggio.
Altrimenti è un’opinione personale, anche se ironica.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 21:28 da Simona


Post succulento e gradevole Maxim,
spero tu abbia inviato la new’s anche ad uno dei suoi più grandi conoscitori, Pino Imperatore, altrimenti provvedo io.

Una delle disgrazie letterarie italiane è stata la misconoscenza e l’oblio dei grandi umoristi che l’hanno attraversata. Pochi sono riusciti a passare il confine della memoria per entrare nella storia della letteratura, l’Italia checchè se ne dica fuori è un paese serioso (non serio), non sarebbe altrimenti costellata, la sua giovane storia unitaria, da varie guerre civili, alcune insanguinate, alcune solo verbali (il dopoguerra e le ultime contumelie elettorali).

Il giornalismo umoristico esiste fuori dai confini da tempo, in Inghilterra, negli Usa, ma sopatutto in Francia dove è ancora pubblicato, dal 1915, Le Canard enchaîné, una rivista deliziosa che ha nel suo statuto fondativo l’indipendenza totale, e nonostante sia sempre stato considerato lievemente di sinistra, non ha mai abdicato alla critica feroce, specialmente contro la gauche (per chi volesse saperne di più vi invito a leggere sulla pagina Wikipedia/France).

Un giornalismo unoristico è esistito negli anni ‘60 e ‘70 del ‘900 con la rivista “Linus”, mirabile invenzione di Oreste Del Buono che, nata come contenitore di fumetti d’arte, riuscì nel corso degli anni a fare giornalismo disincantato e allegro (come non citare una delle sue penne più folgoranti: il grande Beppe Viola.
Una grande occasione mancata è stata “Il Male”, che si trascinò in un anarchismo becero e cattivo (“Tango”& “Cuore” non fanno testo, non ebbero mai realmente intenzione di fare giornalismo).

Oggi tutto va’ in video. “Striscia…” potrebbe essere un ottimo esempio se avesse degli autori migliori e non scadesse in un boccaccesco collezionismo sessuale; Fabio Fazio, anche se fa dei tentativi mirabili, con leggerezza e garbo, resta imprigionato nella stereotipo del post-comunista (e spesso lo fa).
Un giornalismo umoristico avrebbe potuto inventarlo Dario Fo, ma ha dovuto raggiungere e superare gli 80 anni per raggiungere un equilibrio lievemente “sopra le parti”.
Beppe Grillo quell’equilibrio lo ha raggiunto, ma è diventato un imbonitore luterano e sconta il non essere più supportato da grandi autori (un attore comico non è un umorista, ha sempre alle spalle un Michele Serra che gli scrive i “pezzi”).
Lenny Bruce era un autentico giornalista umorista, ma è morto, e io non mi sento tanto bene!
Un saluto affettuoso alla grande memoria di Giuanin Guareschi, un omone grande, in tutti i sensi, battezzato “Giovannino”.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 21:40 da francesco di domenico


Trovo che per natura di mestiere, il giornalista debba mantenere un occhio critico sulle vicende di cui informa ed uno più rilassato, quasi a volere alleggerire le stesse notizie.
Anche fra le firme del giornalismo più note c’è sempre un modo di prendere le distanze dai fatti con un pò di sarcasmo, soprattutto quando si scrive di costume e di società. Naturalmente sto parlando di fare cultura senza annoiare, di saper mettere la giusta quantità di pepe al cervello e certamente non di quel giornalismo fazioso che è di per sè ridicolo per come si presenta.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 21:48 da Rossella


Sono con Diso’ e con Simona. E inoltre aggiungerei una modesta opinione, un po’ strana immagino: il vero umorismo nasce dalle persone equilibrate, solide e sicure di se’, non dal disagio e dall’incertezza. L’intervista di cui parlava Simona a Montanelli su Guareschi lo conferma, a mio parere: se Giuanin Guareschi riusciva veramente a sentire dentro di se’ sia don Camillo che Peppone e a ridere (facendone ridere tutti noi) di entrambi, questo voleva dire che Guareschi era proprio un bel pezzo di omone dopotutto ben munito di sicurezze e tranquillita’ interiore. Oggi invece mi sembra che la comicita’ e l’umorismo siano solo (quasi sempre e per tutti) una summa di nevrosi e di disagi assortiti. Che spesso non fanno ne’ ridere veramente ne’ riflettere veramente.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 22:19 da Sergio Sozi


P.S,
Insomma: ubi maior minor cessat. Noi cessiamo, davanti a gente come Guareschi, Tofano, Vamba, per certi versi anche Collodi, Pirandello, Campanile. Per non dire del Capostipite: Tito Maccio Plauto.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 22:23 da Sergio Sozi


Dido’,
leggevo ”Il Male” anch’io e, pur essendo io ai tempi piuttosto galvanizzato e estremista in tutto, spesso quel perfido, eccessivo sarcasmo riusciva a farmi pensare da perbenista. Per reazione, naturalmente.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 22:27 da Sergio Sozi


Insomma: mai confondere la satira, l’umorismo, la comicita’ con la cattiveria mascherata da questi.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 22:29 da Sergio Sozi


Io rido da sola!
E’ difficilissimo che gli scritti diciamo “umoristici” mi divertano: mi lasciano indifferente, salvo, forse, qualche breve testo. Mi piaceva, Flaiano (mi piace ancora), un grande e anche altri della sua generazione. Però erano tempi diversi; oggi mi diverte solo Paasilinna, ma il suo è un umorismo “cosmico” filosofico, lontano lontano dalla nostra narrativa e dai nostri contesti.
@Simona
ricordo l’intervista di Montanelli, perché qui, lo scorso anno organizzarono una mostra fotografica su Guareschi e in quell’occasione proiettarono diversi documenti fra i quali anche quella testimonianza. Certo, Giannino Guareschi fu felicemente salutato dal cinema e da due attori straordinari e indimenticabili, e da una bella fotografia in bianco e nero.
@ Didò
il giornalismo umoristico, se esiste veramente, è involontario! Come gli effetti di certe strategie…

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 22:31 da miriam ravasio


Miriam, dai… non ridi neanche con Plauto? Impossibile!

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 22:38 da Sergio Sozi


Enzo Biagi vi faceva ridere? Vi faceva ridere vederlo ottantenne “lento pede” andare per paesini e città armato di taccuino a raccogliere storie?
Vi faceva ridere quando seduto alla buona su un muretto scopriva microscopici episodi che, però, erano l’emblema dell’Italia?
Vi faceva ridere quando si guardava bene dal chiedere “cosa prova” a una donna alla quale avevano sbudellato il figlio?
Probabilmente non vi faceva ridere. Ma il giornalismo è quello.
Poi ci sono delle forme “analoghe” come l’osservare la società gironzolando per strada o ascoltando la radio e, indi, comporre articoli e articolesse carichi di ironia, satira e umorismo.
Più chi sposa questo genere è intelligente, più “rischia” di far male colpendo nel segno.
Guareschi, Marchesi, Flaiano erano tra questi. Grandi fustigatori di costumi e profondi analisti della società. Ottimi.
Il giornalismo è altra roba. Non migliore, dico. Dico altra.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:08 da Enrico Gregori


Guareschi, giornalista e scrittore italiano, acquistò vasta notorietà come autore di pezzi umoristici su alcuni settimanali milanesi. Soprattuto la serie di Don Camillo, imperniata sulle vicende del parroco di un paesino delle campagne di Parma, in perpetuo antagonismo col sindaco comunista Peppone. La serie, tradotta in numerose lingue straniere, rese popolari i due protagonisti anche attraverso le riduzioni cinematografiche che ne furono tratte.

I giornalisti e gli scrittori umoristici, sotto l’apparenza di volersi semplicemente divertire, ottengono il risultato di ribadire nei lettori atteggiamenti di rifiuto nei confronti di un ordine sociale ed economico fondato sulle ingiustizie e sui privilegi. A volte questi concetti vengono espressi con un linguaggio semplice, accessibile a chiunque, altre attraverso la satira. In quest’ultima il lettore si diverte di queste deformazioni del vero perchè riesce a vedere sotto le righe un contenuto serio.
Carlo Emilio Gadda, ad esempio, deforma la realtà, la caricaturizza, la rende grottesca, usandola come riflessione raffinata sul mondo.

Maria Luisa Papini Pedroni

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:30 da Maria Luisa Papini


Vi ringrazio tutti per i vostri commenti.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:50 da Massimo Maugeri


@ Sergio
Cosa intendi esattamente quando sostieni che Guareschi è una specie di pecora Dolly letteraria ?

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:51 da Massimo Maugeri


E’ esistito in illo tempore anche un umorismo puro: si tratta(va) dell’umorismo che sta(va) ‘’sotto” all’umorismo – o dietro o accanto o, meglio, DENTRO. Ed e’ (era) quello di darci sicurezze assieme al riso – che non sempre abundat in ore stultorum, ma aiuta ad alimentare un sano ottimismo per la vita nostra ed altrui.
Ecco. Questo umorismo e’ scomparso ed e’ un peccato. Restano le nevrosi e il decadentismo degli ”umoristi” attuali, che non fanno ne’ ridere ne’ piangere.
E che soprattutto paranoicamente insistono sui difetti del vivere senza proporre niente di alternativo.
Allora meglio l’umorismo ”rassicurante” che tanto mi manca.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:53 da Sergio Sozi


Massimo,
non l’ho detto io, l’hai detto tu, unendo Daniela Marcheschi a Giovanni Guareschi, per creare un OGM letterario veramente unico a queste latitudini! (Vedi sopra cos’hai scritto in neretto, Maugger, e capirai meglio).

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:54 da Sergio Sozi


Un saluto particolare a Antonio Spagnuolo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Spagnuolo
-
Lei scrive, rivolgendosi a Daniela Marcheschi: “Questo tuo ottimo intervento spero sia letto da molti e particolarmente dai più giovani che non hanno avuto la fortuna di incontrare Guareschi così come io l’ho seguito e fraternamente amato.”
-
Ora, lei è classe 1931. Le domando cosa ha significato Guareschi per lei? Qual è l’eredità che lascia oggi?

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:55 da Massimo Maugeri


Insomma, Sergio… è un complimento o una critica?
:)

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:57 da Massimo Maugeri


@ Simo
L’umorismo nasce dai contrasti. Sì, mi piace questa definizione.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:58 da Massimo Maugeri


@ Didò
Bell’intervento il tuo.
Pino Imperatore, se non ricordo male, è nella mia newsletter.

Postato mercoledì, 30 aprile 2008 alle 23:59 da Massimo Maugeri


@ Enrico
Secondo te dunque (da addetto ai lavori) la definizione di “giornalismo umoristico” è sbagliata? O meglio, non esiste?
Mi pare di capire che secondo te o si fa giornalismo o si fa umorismo.
Ho interpretato bene?

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:01 da Massimo Maugeri


E’ una osservazione: vai sopra e vedi il tuo sbaglio. L’ho riportato e ci ho scherzato sopra diverse volte ma ancora sta la’. Ripeto: ci ho scherzato su.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:03 da Sergio Sozi


@ massimo e a chiunque:
per me (e ancora per fortuna per molti altri colleghi) il giornalismo è essenzialmente cronaca. andare, osservare, capire e raccontare.
Passare l’informazione al lettore in maniera “orizzontale” così come quando si passava il compito in classe al compagno di banco e non , quindi, fargliela cadere dall’alto come una tortorata. Questo è il metodo. Ed è un metodo che si applica tanto alla cronaca cittadina quanto all’informazione politica, al pezzo economico alla partita di calcio o al resoconto del festival di sanremo. andare, osservare, capire e raccontare.
Anche leggere un libro e scrivere una recensione è (o può essere) giornalismo. Ma è informazione specifica, commento, critica. Tutto, e tutto meritorio. Ma cronaca non è.
Per cui ci può essere giornalismo umoristico. In fondo stroncare con ironia un programma televisivo è giornalismo.
Poi c’è (ma direi ci fu) un giornalismo sarcastico e umoristico alla Guareschi. Bellissimo, ma non certo cronaca. Il che non vuol dire che non fosse utile.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:18 da Enrico Gregori


@ Sergio
Ho capito… Giovanni anziché Giovannino. Va be’, dài, col tempo il nome di battesimo è diventato adulto.
Mentre ci siamo specifichiamo che il nome completo all’anagrafe è: Giovannino Oliviero Giuseppe Guareschi

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:26 da Massimo Maugeri


@ Enrico
Grazie per la precisazione.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:27 da Massimo Maugeri


@ Sergio
Va be’… sono proprio rimbecillito dalla stanchezza.
In uno dei primi commenti ho scritto “Giovannino Marcheschi” invece di “Giovannino Guareschi”.
Ormai lo lasciamo così, via :-)
Sono sicuro che la prof. ci riderà sopra…

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:31 da Massimo Maugeri


… però sono altrettanto certo di essere a pezzi.
Per cui vi saluto e vi auguro di trascorrere un buon 1° maggio.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:32 da Massimo Maugeri


Erano i giornali, come tutto, ad essere diversi! Anche qui nelle sperdute dolomie del Resegone, fa impressione rileggere i quotidiani e i settimanali degli anni cinquanta e sessanta: articoli come temi. Ma era così anche il Corriere. Era una cultura letteraria; ma avete presente Il corriere dei piccoli? Erano scuole; i giornali erano scuole e la lingua era quella dei libri. Chi scriveva aveva una sua specializzazione; giornali per famiglie, un po’ pedagogici, che comprendevano diversi generi di scrittura e di intrattenimento.
Ho scritto cavolate?

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 00:48 da miriam ravasio


No, Miriam, non mi hai risposto (ti avevo scritto una domandina sopra) ma ora non hai detto proprio cavolate. Hai detto cose vere. Te lo dice uno ottuso nella sua nostalgia per il buonsenso.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 02:22 da Sergio Sozi


Massimo, ci sei arrivato, infine. Buonanotte. Ti capisco, sai? E buon I Maggio. Di festa – come scrisse Claudio Lolli. Anzi no: Buon Primo Maggio per come NON scrisse Lolli. Buon Primo Maggio e basta.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 02:26 da Sergio Sozi


Primo Maggio dei Lavoratori. Anche quelli della penna.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 02:28 da Sergio Sozi


[...] sconosciuto: [...]

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 04:44 da Fontan Blog » GIOVANNINO GUARESCHI E IL GIORNALISMO UMORISTICO - Il blog degli studenti.


Sono in partenza e non so se riuscirò a connettermi ancora da qui a domenica. Ma vorrei dire due parole.
Guareschi l’ho amato enormemente fin da piccolo. A 11-12 anni mi sono letto tutta la saga di Doncamillo e non ero proprio un bambino che leggesse molto, se non i fumetti. Credo di aver capito più cose sul nostro paese da quella lettura che da tutto il resto. E non è che quella lettura mi abbia impedito di diventare comunista pochi anni dopo. Per questo trovo molto comico in sè che rete4 rispolveri tutti i film ad ogni santa elezione di questo strano paese: ma è comunque sempre un’occasione per rivedere quei due grandissimi attori che erano Fernandel e Cervi.
Oggi, scomparso Viola, defunto Fortebraccio, chi ci rimane? Benni forse, anche se per me ha perso buona parte della forza dirompente dei suoi primi anni a Panorama (mi pare fosse su Panorama) e dei primi libri (Terra! rimane per me un vero capolavoro).
E Michele Serra, che io trovo grandissimo giornalista ironico e garbato, ancora capace di invettive morali in questa società che si allontana sempre più dai principi etici più elementari. La sua “amaca” su Repubblica è la prima cosa che leggo quando compro il giornale: non tutte sono degne di memoria, ma per alcune vorrei baciarlo tanto mi riconosco nel suo pensiero. E nel suo modo di esporlo.
Su Grillo ho già detto più volte: talvolta sposo le sue tesi, altre no. E’ ancora un umorista? Si, credo di si, ma è ormai è talmente confuso su due piani che talvolta il suo effetto mi spaventa. Ma come ho già detto altre volte lo ritengo comunque utile e necessario: certe cose le dice solo lui e meriterebbero più attenzione da parte del giornalismo ufficiale.
E della gente.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 09:37 da Carlo S.


“A noi uomini comuni i figli e i nipoti interessano più di ogni altra cosa. Più ancora di noi stessi, perché noi ci consideriamo il chicco di grano che si nutre dei succhi della terra per dar vita alla spiga e la nostra esistenza è in funzione della spiga.” Carissimo Massimo queste riportate sono parole di Guareschi, scritte negli ultimi anni della sua vita e basterebbero da sole per intendere quanta filosofia e quanta saggezza egli esprimesse con il suo pensiero. In quel tempo egli non era più in equilibrio stabile di salute ed io ero ancora abbastanza giovane poeta, ma la sua presenza giuliva e festosa, viva e ricca di gioia di vivere, riusciva a trasmettere in chi lo accostava e in chi lo leggeva un furore luminoso che eccitava e invogliava a rivedere ed a cercare di cancellare qualche insospettata nota di pessimismo. I suoi personaggi sono entrati nella storia quasi come persone tangibili, come nostri compagni di allegria e di saper vivere, sostenuti da quella sensibilità necessaria, che un “uomo qualunque” dovrebbe ancor oggi riuscire ad appropriarsi, per poter sorridere della quatidianità. Ma questo non è da tutti, purtroppo! Direi che è soltanto di chi sa costruirsi un bagaglio culturale indiscutibile e di chi è vero artista.
Auguri.
Antonio Spagnuolo – spagnuoloantonio@hotmail.com

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 09:56 da Antonio Spagnuolo


@Massimo, interessante e completo l’articolo della brava Daniela Marcheschi, che ogni volta è capace di allargare le nostre conoscenze.
Oltre Simona, anche l’impareggiabile Didò ha ben chiarito gli aspetti e i limiti del tema assegnato.Come un tempo gli scrittori di gialli erano meno considerati dai critici letterari, così gli umoristi non hanno ancora cancellato sulla loro pelle, l’errato marchio di autori minori.Come non amare la bonaria ironia di Guareschi, che ha sempre un contenuto morale nei suoi sapidi racconti di vita spicciola e quotidiana? La drammaticità delle tematiche non garantisce all’autore la validità dello stile e della buona scrittura.La nostra vita è divenuta così tragica, superficiale e aleatoria, che dovrebbe avere un riconoscimeto speciale quel letterato che riesce a farci riflettere sulle nostre reciproche manie,con un garbato sorriso sulle labbra. Troppi di noi ostentano una superiorità intelletuale e non considerano che siamo delle fragili canne sbattute dal vento. Giustifico la mia amara considerazione, poiché solo da qualche minuto ho appreso l’improvvisa morte di un bravissimo amico giornalista, amato e rispettato da tutti noi, per la sua specchiata bontà e onestà . Abbiamo una sola vita da spendere e la passiamo ad azzannarci…forse con gli altri dovremmo attuare il bellissimo monito di S. Agostino:-
” Il mio peso è il mio amore; esso mi porta ovunque mi porto”.
Tessy

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 12:26 da M. Teresa Santalucia Scibona


Cari Amici, grazie mille a tutti per l’attenzione; e un grazie particolare a Maria Teresa Scibona e a Antonio Spagnuolo per le belle parole.. quanti anni sono passati dal nostro ultimo incontro?
Mi inserisco solo per una precisazione che potrebbe forse essere ancora utile alla discussione. Con “giornalismo umoristico” (1848 >) si intende la letteratura umoristica ospitata sui giornali e supportata dalle caricature, dunque non bisogna confondere il tutto con il giornalismo d’informazione moderno (1870>). Si tratta di un genere autonomo (qualcuno ha giustamente ricordato «Le canard ench.» francese, ecc.), di argomento vario (politica, letteratura, arte, musica, costume ecc.), e ricca di registri, toni e generi: dallo humour alla satira, dall’ironia al grottesco ecc. Non a caso, Rabelais e Sterne, Addison e Leopardi, Balzac e Nerval ne sono alcuni ispiratori.
Il fatto che in Italia non si riesca ad avere un giornale umoristico longevo (salvo, con molti distinguo, «Il Vernacoliere», tuttora vivo e vegeto) la dice lunga sullo stato della nostra democrazia e della nostra cultura. L’ estremizzazione delle ideologie ci divide in guelfi e ghibellini, insomma l’ideologia, invece di essere strumento del pensiero (critica delle armi e armi della critica), si pietrifica in apriori e diventa dogma. Grillo lo ascolto con attenzione, a volte mi piace meno perché imita se stesso. Buon fine settimana, Daniela Marcheschi

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 18:30 da daniela marcheschi


Riuscire a leggere qualcosa di umoristico oggi non è così frequente. Ricordo ancora con piacere “La ragazza dalla luna storta” di Giuseppe Bonura, quando in uno dei primi capitoli (mi pare il terzo) fa sbellicare dalle risate. Ci sono altri (Carlo Manzoni), ma l’umorismo è una medicina ormai rara, e sì che farebbe bene assai più che seguire la cura corroborante prescritta da un luminare.
Quando c’è in giro la voglia di orientare l’arte verso l’umorismo, significa che il Paese è ancora sano ed ha voglia di vivere. Lo si accetti o no, l’umorismo è il termometro dello stato di salute di un Paese.

Daniela, lucchese come me, presidente di una sezione letteraria cittadina, di cui anch’io mi onoro di far parte, ha tracciato un percorso in cui si può notare come l’interesse per l’umorismo sia andato via via scemando. Oggi più che al giornalismo o alla letteratura, l’umorismo si deve andare a cercarselo al cinema, in forme più o meno raffinate. Quando c’è, la gente lo accoglie entusiasta.

Guareschi che, pur subì per le sue idee politiche un duro ostracismo che è durato fino a pochi anni fa, furoreggiava tra la gente, perché ne interpretava l’anima vera, quella onesta, semplice e sincera. La gente se n’è infischiata dell’ostracismo e, mentre gli intellettuali snobbavano Guareschi, egli godeva la simpatia e il rispetto del popolo.

Può essere portato ad esempio di come certe elucubrazioni intellettualistiche e demagogiche portino a gravi e pericolosi errori di valutazione, che per fortuna la storia e il trascorre degli anni riescono a correggere.

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 18:31 da Bartolomeo Di Monaco


Al Sig. Bartolomeo Di Monaco stringerei personalmente la mano per quanto da lui detto:
”Quando c’è in giro la voglia di orientare l’arte verso l’umorismo, significa che il Paese è ancora sano ed ha voglia di vivere. Lo si accetti o no, l’umorismo è il termometro dello stato di salute di un Paese.”
Perfettamente d’accordo.
Cordiali Saluti
Sergio Sozi

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 20:16 da Sergio Sozi


Un grazie a Sergio.

Bart

Postato giovedì, 1 maggio 2008 alle 20:17 da Bartolomeo Di Monaco


Beh, io amai molto Guareschi Giovannino,
ma non tanto per Don Camillo etc, certo che mi fu molto simpatico anche per quello,
ma anche e per il suo coraggio:
In un Italia difficilissima del dopoguerra fu una voce non consenziente, inquieta e libera, osteggiato da comunisti ottusi e dai democristi denunciò, forse per sua leggerezza o per suo leggitimo sospetto De Gasperi, e si fece parecchi mesi di galera.
(Pensate all’Italia di oggi….e ai suoi colpevolissimi affondatori)
Fu tacciato addirittura di “neofascismo”, lui che aveva scritto il bellissimo
“Diaro clandestino”,
libro esemplare di un uomo che fu reduce internato in lager tedesco e non firmò per la RSI, come fecero molti per comodo, ma soffrì fino in fondo le pene del militare “traditore” detenuto pur di esser fedele ai suoi rari princìpi.

MarioB.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 00:08 da cf05103025


Aggiungo che sull’umorismo mai è da dimenticare l’ottimo Achille Campanile, scrittore personalissimo e surrealista, e pure lui fu sopportato a mala pena dalla solita intellighentzia italica,
sempre orientata a melodrammare,
a insolfarsi di tragedie posticce,
a chiaggnere lacreme amare….
Se c’è da far piangere so’ tutti boni
fare il comico davvero è difficile, molto difficile.
Mica l’ho detto io: l’han detto grandi attori e così va per la scrittura.
In Inghilterra è molto diverso, per fortuna, qualche paese un po’ più “aperto” c’è…..

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 00:16 da cf05103025


@ Daniela cara, che piacere risentirti, mi auguro che non ci si debba incontrare solo virtualmente…Capisco che hai tantissimi impegni, ma vorrei tanto rivederti. Ti prego, quando hai tempo, mandami un e-mail col
tuo indirizzo, così potrò spedirti gli ultimi figli di carta…compreso un poemetto ludico ed etilico…Hai perfettamente ragione quando affermi che oggi l’umorismo si manifesta anche attraverso le caricature. Ricordo ancora quando pivellini e neofiti… armati però di sacro fuoco, Emilio Giannelli ed io cominciammo a collaborare in Cronaca di Siena per “La Nazione”. Inutile dirti che già allora lui ci prendeva magistralmente in giro con le sue eleganti vignette.Ti abbraccio e ricordo.
La mia e-mail è:-
teresa@scibona.org
Tessy

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 09:30 da M. Teresa Santalucia Scibona


Secondo me quello di Grillo non e’ umorismo e neanche giornalismo strettamente inteso. Gli va riconosciuto che ha creato un modo tutto suo di comunicare. Con il quale non sento alcuna attinenza, ma questo e’ un problema mia, eventualmente.
Laura

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 09:40 da Laura Costantini


Anche se non sono a casa (sono ospite da amici) ieri sera ho visto Grillo da Santoro. No: Grillo non è più un comico. Ma neanche un politico o un giornalista. E’ qualcos’altro e ignorarlo o rinunciare a capire cosa realmente sia o rappresenti, come ha fatto Sgarbi è da deficienti. Sgarbi è stato, oltre che maleducatissimo (come al solito), ignorantissimo, patetico e comico (lui si). Quando ripeteva urlando le sue litanie (non è vero, non è vero che ….) solo per interrompere gli altri sembrava peggio di un bambino da asilo che fa i capricci. La sua idea che la RAI dovrebbe censurare Grillo perchè offensivo (offensivo Grillo? E lui allora che dà in diretta della testa di cazzo e faccia da tonto a chi dissente da lui ?) mi fa molto temere per la televisione pubblica per il quinquennio a venire (rieccoli!).
Mi associo a Sozi nello stringere la mano a Bartolomeo Di Monaco per l’umorismo come termometro. Come dice il Palomba: so’ tempi cupi.
Tempi da umorismo involontario: il ventennio fu tragicamente comicissimo; il duce con le sue pose, la sua retorica: una vera macchietta. E così i suoi gerarchi. E così oggi Vittorio Sgarbi. E qualcun altro.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 10:42 da Carlo S.


Grazie mille per i nuovi commenti.
Spero che abbiate trascorso un buon 1° maggio

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:17 da Massimo Maugeri


@ Antonio Spagnuolo
Grazie per la tua citazione di Guareschi. Davvero molto bella.
E grazie per essere qui.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:19 da Massimo Maugeri


@ Daniela Marcheschi
Cara Daniela, grazie per essere intervenuta. E grazie per l’utilissima precisazione.
La ripropongo qui di seguito.
Con “giornalismo umoristico” (1848 >) si intende la letteratura umoristica ospitata sui giornali e supportata dalle caricature, dunque non bisogna confondere il tutto con il giornalismo d’informazione moderno (1870>). Si tratta di un genere autonomo (qualcuno ha giustamente ricordato «Le canard ench.» francese, ecc.), di argomento vario (politica, letteratura, arte, musica, costume ecc.), e ricca di registri, toni e generi

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:21 da Massimo Maugeri


Un saluto affettuoso a Miriam, Mario B., Maria Teresa, Laura.
Grazie di cuore e buon fine settimana a voi.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:25 da Massimo Maugeri


@ Bartolomeo Di Monaco
Hai scritto: “l’umorismo è una medicina ormai rara, e sì che farebbe bene assai più che seguire la cura corroborante prescritta da un luminare.”
-
È vero. Credo che di questa medicina ne abbiamo ancora tanto bisogno.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:26 da Massimo Maugeri


@ Carlo
Grazie per il duplice intervento.
Anch’io ieri ho seguito “Annozero”. E condivido il tuo fastidio per il comportamento di Sgarbi.
Pensavo che gli anni degli urli e degli insulti in Tv ce li fossimo lasciati alle spalle.
Evidentemente mi sbagliavo.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:28 da Massimo Maugeri


Ho scritto a Sergio Staino.
Magari riuscirà a intervenire.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:29 da Massimo Maugeri


Per il momento vi lascio con questa citazione di Guareschi.
Ho dovuto fare di tutto per sopravvivere, tuttavia, tutto è accaduto perché mi sono dedicato ad un preciso programma che si può sintetizzare con uno slogan: “Non muoio neanche se mi ammazzano.”
(dalla prefazione di Diario Clandestino 1943-1945)

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:31 da Massimo Maugeri


Campanile, Marchesi, Metz, Mosca, Manzoni (Carlo) ecc. Autori a volte, spesso, ignorati eppure autori di testi eccellenti. La satira fa male ai poteri. C’è qualcuno che, invece, ha voglia di studiarli e scriverci su? Giovani, che volete pensare in maniera libera, fatevi avanti!
Concordo poi con chi dice che Grillo ha inventato un modo tutto suo di comunicare e informare. Dice verità scomode e lo apprezzo per questo, e molto. A volte però “sgarbeggia”, recita la rabbia con un eccesso di volgarità – quella che vorrebbe combattere – e questo mi piace meno: senso di onnipotenza provinciale e di narcisismo al massimo grado di chi ha fatto indigestione di telecamere? Cordialmente, Daniela Marcheschi

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:53 da Daniela Marcheschi


Massimo, non so se era arrivata la mail. GRAZIE del lavoro che fai. daniela m.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 11:55 da Daniela Marcheschi


Cara Daniela, sono io che ringrazio te (ancora una volta).
(Non ho ricevuto mail. E questo conferma che hai problemi al pc :) )

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 17:56 da Massimo Maugeri


Bel post, commenti interessantissimi.
Amo Guareschi e i suoi personaggi che rappresentano un’Italia senz’altro più sana di quella odierna, capace di fare a cazzotti per Dio vs Stalin – che non ci vede nella cabina elettorale! – ma di sedersi alla stessa tavola per bere con sincera cordialità un bicchiere di vino rigorosamente non al metanolo, capace di solidarietà durante l’alluvione del Polesine, capace di giocare a pallone con tanti calci ma senza vera cattiveria, capace di sorridere senza cinismi sofistici e intellettualoidi…
Concordo con Simo, Sergio, Tessy, Laura, Di Monaco… e ricordo il nostro Pirandello con il suo saggio sull’umorismo come sentimento del contrario: dapprima io rido se vedo una donna vistosamente truccata e imbellettata sebbene in là con gli anni – avvertimento del contrario: la donna “anziana” combinata da velina – ma poi l’avvertimento del contrario diventa sentimento del contrario, perché magari scopro che la donna ha un marito giovane che teme di perdere… E il riso si fa amaro.
Ah Carlo Manzoni, Campanile – che risate con certi racconti! – …

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 18:25 da Maria Lucia Riccioli


Quando penso a Guareschi, soffro di nostalgia, perche gli avvenimenti, riportati così brillantemente nei suoi romanzi, si riferiscono localmente alla mia provincia nativa.
Don Camillo e Peppone incorporano due esseri dal cuore buono, semplice e aperto al suo vicino, così com’erano e forse sono ancora, gli abitanti della zona emiliana del Po.
Grazie al loro animo semplice e bonaccione, riuscivano a raccordare due modi di vivere, differenti e addirittura contrari nella loro impostazione di principio ma simili nella loro messa in pratica, quali sono il comunismo e il cristianesimo.
È dalla testardaggine dei due antagonisti, di voler prevalere ogni volta che se ne sia presentata l’occasione, che sorgono attività sociali di rilievo in favore dei bisognosi del posto, e viene incentivato il senso di solidarietà collettiva in un periodo di mancanza acuta di mezzi primari di sostenimento.
È una lettura che diverte per il modo, a prima vista infantile, di comportarsi dei suoi personaggi, che ci invitano a permanere nel loro piccolo e semplice mondo, nel quale è possibile che accadano fatti di rilievo, perché di necessità, che ci meravigliano e che vorremmo che accadessero anche nel mondo grande degli adulti.
È, quindi, un romanzo scritto per i lettori di ogni età; per i piccoli, per invitarli a conservare almeno una piccola parte delle loro caratteristiche infantili anche dopo quando saranno diventati adulti, e per questi ultimi, affinché riflettano su come dover essere per divenire migliori.
Don Camillo e Peppone sono nel loro cuore amici, si amano e soffrono nella loro lontananza, tanto da ricercare la vicinanza, per la quale dimenticano per un momento i loro propositi di parte.
Nel romanzo, è l’amore che domina e infine unisce sempre di nuovo, superando ogni contrasto del quale si nutre la nostra vita quotidiana, fino a diventare utile a tutti.
Guareschi è riuscito meravigliosamente a fondere i sentimenti e propositi della gente comune, agenti in una forma sostanzialmente leggera e incolta, con la morale, fondamentale per la convivenza umana, e giustificare così il loro modo di vivere.
Ha scelto la forma divertente e spiritosa per dar maggior rilievo alla natura dei conflitti e farci comprendere che l’infantilismo è forse lo stato migliore per risolvere i grandi problemi dell’umanità; esso è, nella sua sostanza, leggero seppure fortemente sentito, e per questo più facilmente mutabile e convertibile in un’altra forma e contenuto, quando si confronta con la voce, sempre buona, del cuore.
Saluti
Lorenzo

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 20:27 da lorenzo russo


Vorrei ritornare sulla parte dell’articolo di Daniela Marcheschi, quella dedicata all’umorismo del disegno, all’articolo giornalistico sotto forma di vignette dove ha egregiamente espresso i parallelismi fra i vari modi di esprimersi.
Non so se vi è mai capitato di vedere l’arte che ha la lode di raccontare la storia. Meravigliosi esempi sono gli affollati murales di Diego Rivera dove mito, storia e rivoluzione si uniscono alla poesia dei messicani ed alle loro gerle che trasportano calle, o ancora Siqueros ed il sindacato degli elettricisti dipinto su una parete di 90 metri quadrati con le pitture spray, George Grost e Otto Dix che hanno evidenziato nelle divise ed nel potere nazista della seconda guerra mondiale tutto il grottesco possibile. Ma anche i nostri recenti vignettisti spesso sono arguti ed efficaci.
Ad immagini descrittive e profonde seguono riflessioni altrettanto profonde, raccontate con tanto inchiostro dallo scrittore o con pochi tratti dal disegnatore, dalla comicità dell’attore o da una scena filmata, tutti i mezzi sono validi per comprendere ciò che è ridicolo per stranezza e bizzarria, per mettere a nudo, forse, quel che andrebbe cambiato.
Che ne pensate?

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 21:39 da Rossella


@Didò
Ero io ad aver citato “Le canard echainé”, l’anatra incantata. Il giornale nacque ad inizio secolo come contrapposizione umoristico/satirica al giornale d’opposizione di Clemenceau “L’Homme libre” (L’uomo libero) che fu costretto dalla censura a cambiare titolo in “L’uomo incantato”.
Maurice et Jeanne Maréchal, ideatori del giornale per parodia chiameranno il loro “l’anatra incantata”, dopo che per i primi due anni si era chiamata “L’anatra disincantata”.

Le Canard ha avuto un collaboratore e lettore illustre, il presidente della Repubblica (non del giornale quello è Scalfari) Pertini che, durante l’esilio francese ebb a parteciparvi.

Il giornalismo può essere umoristico, rotondo, allegro, ha solo bisogno di buone “Penne” quando è “orizzontale”, e non lo è mai stato, è piatta anagrafe di storie. Il giornalismo è il prodromo della letteratura, è la cronaca che riletta tempo dopo diventa storia; quante “romanzate” delle notizie saranno riconoscte negli anni?
Fare notizia si può con sarcasmo e joie de vivre, non capisco perchè non si debba vivere e costruire la vita senza demolirne gli effetti brutti e sgradevoli con il sorriso.
Quando la risata sarà vietata saràun brutto tempo.

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 23:36 da francesco di domenico


didò ormai si fa le domande e si da le risposte esattamente come marzullo. salvatelo

Postato venerdì, 2 maggio 2008 alle 23:53 da enrico gregori


”enchainé” vuol dire incatenato.
”canard” gergalmente sta sia per bufala (nel senso di notizia falsa) che per giornalaccio.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 00:41 da gea


essi’… ”incatenata”, perche ”echaine”’ non esiste in francese, esiste solo ”enchaine”’. Pero ”canard” ha come significato principale quello di anatra. Gli altri non stanno nel vocabolario, ma li accolgo da Gea che sa il francese molto meglio di me.
Orvuar
Sergio

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 01:06 da Sergio Sozi


Orbene, capita anche che il giornalismo sia umoristico involontariamente. O meglio, può esserlo se umoristico è il personaggio protagonista della notizia. Ronaldo, per esempio. Rimorchia “tre ficone” che si scopre essere tre transessuali. Viene ricattato e lui, per estremo tentativo di non essere svillaneggiato in tutto il globo, dice: “io non lo sapevo che erano transessuali, sembravano donne. mi hanno ricattato perchè sono famoso”. Ma povero!
Bè, non capire un cazzo è lecito, ma non capirne tre è davvero straordinario.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 01:19 da enrico gregori


Si sente davvero il bisogno di voci pacate che sappiano strapparci un sorriso. Basta con i musoni urlanti e beceri ! Abbiamo bisogno di diversità. Chi strilla si unisce al coro, meglio una battuta a mezza bocca. Alcuni riescono a suscitare ilarità anche se stanno in silenzio. La stupidità non ha bisogno di parole.
Rimpiango i dialoghi silenziosi dei personaggi di Guareschi.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 01:42 da eventounico


Io rimpiango il silenzio tout court. E la moderatezza di chi sapeva considerare ogni parola come una pietra, con un suo, forte, peso. Umorismo o non umorismo. Parola. Scrittura. E serieta’. Attenzione insomma e tranquillita’.
Scomparse.
Almeno oggi.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 01:53 da Sergio Sozi


…Cosi’ gli urlatori di ogni genere proliferano. Finche’ non creperanno d’infarto. Spero. Scusatemi l’acristiana chiusa.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 01:54 da Sergio Sozi


Mi scusi soprattutto l’onorevole Sgarbi.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 01:55 da Sergio Sozi


…il quale con Grillo fa il paio in modo eccellente: ”Asisus asinum fricat”: ”l’asino gratta l’asino” – inteso il detto come: ”il bove che dice cornuto all’asino”. O meglio: fra asini si litiga meglio su cose asinine.
Ciao, Pasquale ‘Notte.
Sergio

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 01:59 da Sergio Sozi


(Interpretazione libera del motto latino sugli asini che si grattano vicendevolmente, eh.).

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 02:03 da Sergio Sozi


‘notte Sergio

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 02:15 da eventounico


@ sargio
mi pare strano che tu non l’abbia trovata sul vocabolario. giurerei che sul larousse c’è.
controllerò, comunque.
la presenza dell’accezione, intendo; del significato sono certissima.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 07:15 da gea


@Gea,
déchaîné (che era l’aggettivo iniziale: scatenato/sfrenato) / enchaîné.
Ragionissima, ma sono caduto su una traduzione che ne facevamo, con molta ignoranza, negli anni ‘70, quando “Le Canard” veniva portato come cimelio dalle vacanze parigine.

Sull’umorismo involontario facciamo un corso a Napoli, sull’umorismo nel giornalismo non bisognerebbe andare lontano, basta chiudere gli occhi e comprare un giornale italiano (Le Monde, no!).

Off topic (ma non troppo),
se qualcuno si trova a Torino, Bruno Gambarotta presenta alla Fiera del Libro la “Trilogia del Buonumore” di Pino Imperatore. L’evento è in programma giovedì 8 maggio p.v. alle ore 19.

“Coraggio, il meglio è passato” – Flaiano

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 08:22 da francesco di domenico


“meglio avere fame, così non sentiamo la sete”

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 08:47 da eventounico


In ogni caso, giornalismo tout court e giornalismo satirico svolgono due funzioni diverse. e comunque – il secondo è subalterno al primo, perchè dei fatti è un commento non una registrazione. E’ un modo di inquadrare una serie di fatti che il giornalismo quello tout court dovrebbe riportare, nella maniera più asettica possibile. Chiaramente l’asetticità dello sguardo oggettivo è mera chimera, ma un sano controllo mi sembra auspicabile. Controllo che in effetti in Italia non è espletato se non di rado. Un giornalismo solo satirico sarebbe una disgrazia tremenda – qualcosa di simile alla dittatura.
L’assenza di un giornalismo satirico, è il sintomo di una patologia collettiva.

Questa cosa mi fa riflettere. Mi fa riflettere sul ruolo preciso che deve avere il commento e la riflessione nella dinamica complessiva degli eventi. Mi fa riflettere meglio sul perchè non mi piace Grillo, e anche sul perchè non mi piace un paese che mette alle porte della Rai tv Grillo medesimo. Un paese dove ogni tanto, sostanzialmente, non si sa bene come gestire l’uso del pensiero critico, la sua sintassi, la sua applicazione. Se ne sbagliano i contesti, se ne perde la dimensione della sua esatta necessità.

Buona giornata a tutti!

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 09:08 da Zauberei


A proposito delle plateali risse di Grillo, Sgarbi ed altri pestiferi personaggi
televisivi, oltre a doverli subire con un certo fastidio, dopo i loro beceri improperi… purtroppo prende corpo il motto di George Bernard Shaw :-
” La mia fama aumenta a ogni nuovo fiasco….”
Tessy

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 09:47 da M. Teresa Santalucia Scibona


@ didò, caro
giuro che non era per puntastronzismo la precisazione..
solo per rendere giustizia al gioco di parole.
che peraltro è programmatico, essendone il canard ricchissimo.
(il che peraltro fa sì che leggerlo sia estremamente difficile.. )
:-)

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 11:51 da gea


e ‘peraltro’ devo imparare a rileggere..
:-D

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 11:54 da gea


x Evento
Basta con i musoni urlanti, sentiamo il bisogno di voci pacate: condivido, anzi come si scrive qui, ti quoto. Nel frastuono tutto è chiasso, però qualcosa è successo, un esito elettorale così (strambo?), ha sconcertato e spiazza. Sono saltati i luoghi comuni, le analisi, le strategie , le immagini studiate a tavolino, le previsioni, gli anche, i ma e i se ; tutto in aria come il frigorifero di Zabriskie Point. Quando i frammenti ritorneranno giù, planando calmi (proprio come in quelle immagini) forse qualcuno riuscirà a raccontare, questi nostri tempi, con ironia e leggerezza. O forse quel qualcuno c’è già ma ancora non ce ne siamo accorti.
Certo (sic!) che lo striscione “Walter: santo subito” meriterebbe un nuovo canto popolare… vi ricordate …
Più tardi, nella camera accanto 3 posterò una domanda, se trovi il tempo lasciami un post. Ciao

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 13:59 da miriam ravasio


Si, d’accordo. Il Grillo sbraitante e insultante non è certamente meglio di Sgarbi. Ma un Petruccioli che chiede venia per un Santoro che lo mette in onda è molto preoccupante. Santoro fa il suo dovere di pubblica informazione (ben rara in RAI) e ne prende anche le distanze. Ma fa informazione. Se qualcuno riesce a mobilitare le piazze, a raccogliere in un solo giorno le firme referendarie che Pannella raccoglie in 2 mesi, se riesce a richiamare sul suo blog un’enormità di lettori (è uno fra i più frequentati AL MONDO !!!) una regione ci sarà (piaccia o non piaccia a Sgarbi, a Santoro, a Petruccioli o agli italiani tutti) e pertanto il fenomeno va registrato, va capito, va studiato.
E la TV di stato non può ignorarlo se vuole essere servizio pubblico. Oppure si torna alla censura (come sempre, specie se al governo c’è qualcuno che lo teme). Ma così facendo secondo me, in un’epoca nella quale il web assume sempre maggiore rilevanza, sarebbe un autogol gravissimo che pagherebbe (pagheremmo) molto caro.
Neanche io (e l’ho già detto) condivido tutto ciò che dice Grillo. Ma alcune cose si, e riconosco che senza di lui alcuni gravissimi temi che la stampa, la politica, il potere, vorrebbero ignorare non sarebbero noti come è invece doveroso che siano.
La TV di stato non rispetta chi paga il canone censurando, ma al contrario informando su tutto ciò che (piaccia o non piaccia) assume una certa rilevanza, politica, sociale, culturale.
Se poi chi parla insulta il Prof. Veronesi o il Presidente della Repubblica è chi lo dice, non chi lo registra, a doversene sentire responsabile.
Credo che il cittadino-telespettatore abbia i propri strumenti per stabilire se essere d’accordo o meno, senza bisogno di scandalizzarsi. E proprio in base a ciò stabilire se Grillo merita fiducia o meno.
Sembra invece che come al solito qualcuno senta la necessità di trattarci da mentecatti e stabilire a priori di cosa dobbiamo essere informati e di cosa sarà meglio di no. Il nostro giudizio deve essere quello preconfezionato da Sgarbi, da Petruccioli, dal potere insomma. Per quei qualcuno il popolo è una massa di mentecatti. Noi saremmo i mentecatti.
E’ questa la democrazia? Ha fatto passi avanti dai tempi di Guareschi (che fu anch’egli condannato e censurato)?

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 15:25 da Carlo S.


Certo, noto una notevole strizza, fifa, cacarella, imbarazzetto, paura, timore, da parte dei politici per la, finora inimbrigliabile, popolarita’ di Grillo. Sta’ a vedere che riescono prima o poi a ”depotenziarlo” facendolo diventare un Onorevole… Ve l’immagine in Parlamento Grillo? Quando sussurra sveglia pure Napolitano al Quirinale.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 20:31 da Sergio Sozi


Carlo, hai ragione. Ma cio’ non toglie che il vero problema di Grillo siano le parolacce, il linguaggio impresentabile sul quale si e’ incaponito. Perche’ non inizia a darsi una calmata? Acquisterebbe molti piu’ consensi, poiche’ dice cose reali ed utili.

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 20:33 da Sergio Sozi


@ CARLO:
premesso che non mi scandalizzo e non mi turbo, fare informazione mandando in onda alcuni servizi è, oltre che informazione, anche propaganda. Esattamente come fa Emilio Fede quando mostra per un quarto d’ora il cavaliere che cammina sulle acque.
Se poi vuoi il mio parere professionale su Fede e Santoro te lo darò in una prossima cena
:-)

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 20:57 da enrico gregori


Enrico,
è spettacolo! Anzi Annozero è la più teatrale delle trasmissioni d’informazione. Stlisticamente è espressionista: giocata sui colori caldi , dall’ambra al rosso, che, personalmente, mi disturbano. Le inquadrature sono cinematografiche e la scenografia è da set. Tutto da Santoro è rigidamente impaginato, salvo il finale con Vauro che mostra le sue vignette. E’ una trasmissione che guardo solo per pochi minuti, proprio perché mi stanca quella pesante sovrapposizione di volti e colori; ci ripasso solo alla fine, per Vauro, che quando è in vena sa essere fortissimo.
Carlo,
i numeri non fanno mai la qualità (o quasi mai), anche se Grillo non mi dispiace, anzi penso che ignorare la sua presenza sia una cosa triste e poco intelligente. Grillo ha un pubblico, è un autore e un personaggio ed è proprio per questo un originale “mezzo” di comunicazione. Sulle condanne, i lamenti, le prese di posizione, direi che come italiani siamo bravi a non perdere mai l’occasione di stare zitti e sorvolare lasciando ogni cosa al suo contesto. Siamo così prevedibili che anche i libici “ci tentano”.
Quando, poco sopra, citando Evento ribadivo la mia contrarietà all’urlo, non mi riferivo a Grillo ma al pensiero statico che esclude la ricerca. Se il reale non mi corrisponde, alzo la voce; anzi organizzo un coro. Più cori e io li dirigo, celebrandomi. (non so se si coglie una mia personalissima antipatia per il conduttore)
ciao :-)

Postato sabato, 3 maggio 2008 alle 22:33 da miriam ravasio


Tutto questo discettare non toglie che i problemi enunciati – anche se incivilmente e sguaiatamente – da Grillo SONO QUELLI VERI. Il succo c’e', insomma, non sono fole campate in aria – anche se magari selezionate in modo molto personale ed immagino inesaustivo.
Risolviamoli diversamente da quanto grillianamente proposto ma RISOLVIAMOLI, questi problemi di soldi dati ai giornali, Parmalat che fallisce dopo due anni che gli addetti ai lavori lo sanno, conflitti d’interesse e leggi ad personam, eccetera! Risolviamoli presto e collettivamente, gente, perche’ ci riguardano tutti…

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 00:32 da Sergio Sozi


Buongiorno e buona domenica a tutti.
Grazie mille per i nuovi commenti. E perdonate la latitanza.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 10:00 da Massimo Maugeri


Sono d’accordo con Eventounico quando scrive: “Si sente davvero il bisogno di voci pacate che sappiano strapparci un sorriso.”
Ma sono pure d’accordo con Carlo S. e con Sergio sulla “utilità” di Grillo. A mio avviso si è ritagliato un importante ruolo di “cane da guardia” del sistema. A mio avviso dovrebbe mantenere questo ruolo (che in Italia un po’ manca) e stare lontano dalla politica in senso stretto. Certo, nel momento in cui il cane comincia a ringhiare, indiscriminatamente (o quasi), su tutto il rischio è che venga meno l’efficacia del ringhio medesimo.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 10:05 da Massimo Maugeri


Per il momento vi saluto e vi lascio con questa nota citazione di Guareschi.
Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione.
(da No, niente appello, Candido, 23 aprile 1954)

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 10:17 da Massimo Maugeri


@ Miriam,
condivido appieno, Santoro è da tempo che fa il regista di “instant-movie” spacciandosi per giornalista, ha nelle corde il cinema di Bertolucci e allo stesso modo il “racconto di parte”, che è uno dei motivi per cui la stessa “critica storica” italiana è messa spesso in discussione (e detto da noi due, che avevamo “un grande avvenire di sinistra dieto le spalle” penso non sia poco!).

Posso liberare @Gregori dall’imbarazzo deontologico affermando che ne Fede, ne Santoro hanno fatto del bene al giornalismo, ed è questo che ha fatto nascere i “Grillo”.

A proposito di giornalismo umoristico involontario, stamattina per poco non mi andava di traverso il caffé: “Esplode carciofo, massaia ferita” fa il paio con una dele frasi surreali con cui farcisco le mie visionarie buffonate.
Nel mio ultimo racconto humour/noir la frase è : “Sposa esplode sull’altare, si cercano informazioni sulla scatola nera nascosta tra le mutande! Il perizoma, ritrovato a centinaia di metri, aveva un nodo: cosa doveva ricordare la donna?”

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 10:21 da francesco di domenico


@Maugeri,
a Napoli c’era uno che si chiamava Masaniello, quando cominciò ad accordarsi col re, per le sue rivendicazioni, il re stesso gli fece “tagliare la capa”.
Ciò detto, d’accordo, se resta controllore fa un grande piacere alla verità, ma sta già entrando nei consigli comunali e quelli non sono posti per verginelle!

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 10:25 da francesco di domenico


Parlavo di Grillo.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 10:26 da francesco di domenico


Be’, sono completamente d’accordo con Gregori. Per la verità la definizione “giornalismo umoristico” l’ho sentita solo qui. In genere si parla di satira del costume riferendosi a quelli che credo si chiamino editoriali. Il giornalismo è cronaca, approfondimento di questa, comprensione di questa, non la sua reinterpretazione in un’altra chiave.
Un fatto accaduto è quello, lo si può riportare più o meno chiaramente, più o meno intelligentemente, ma che cazzo c’entra la satira.
Non so chi abbia inventato la definizione, la trovo inesatta e manco tanto brillante.
L’umorismo sta alla cronaca come l’architettura al massaggio genitale. Trattasi di cose ben distinte.
E poi Beppe Grillo, o le satire dell’Antica Roma, che c’azzeccano col giornalismo?

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 11:05 da F. M. Rigo


Perdonatemi, ma sono convinto che il problema stia nell’aver bisogno di un capopopolo. io non ne ho alcuna necessità. Non si può banalizzare tutto a ciò che viene gridato a gran voce e rispondendo ad una informazione qualunquista e populista. I fenomeni sono un po’ più complessi. Per operare semplificazioni bisogna avere competenze adeguate e non improvvisarsi tutti “mister”.
.
F.M., in ogni caso, se esistesse un’architettura che garantisse i massaggi che indichi, spopolerebbe. Non lo dico da architetto, ma solo da privato cittadino che ha piena consapevolezza dello stato di certe parti e quindi dei suoi bisogni.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 11:35 da eventounico


parafrasando la Rigo vorrei sottolineare che il peggior guasto del giornalismo è che molti redattori, ormai, si dedicano più al massaggio genitale che a cercare le notizie. intere giornate a grattarsi le palle invece che buttare esche e ficcare il naso. una sorta di arresa nei confronti della televisione, di tendenza a non gareggiare. Nulla di più sbagliato, perché nei paesi evoluti, la gara non c’è, semmai c’è integrazione. Un telegiornale dura mezz’ora; un giornale di carta, in mezz’ora, non lo leggi.
@ didò:
su santoro e fede sei fuori strada. speriamo tu non lo sia mai con il tuo bus

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 11:54 da Enrico Gregori


Evento sì, credo sarebbe come dici, c’è una enorme necessità di massaggi … su tutto il corpo direi.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 11:59 da F. M. Rigo


Massimo, aggancio al tuo paragone del cane ringhiante.
È la reazione comune di ogni cane che si vuole presentare: qui sono io e non te, e lo fa sempre quando non vuol cedere, per intimidire ed impressionare gli altri, ma quanti cani lo fanno per nascondere la propria paura, debolezza, dietro la quale cela la propria vanità e presunzione?
L’uomo è paragonabile al cane: quelli seri che hanno qualcosa d’importante da comunicare, lo annunciano e si ritirano poi indietro, aspettando la reazione del pubblico.
Gli altri preferiscono gridare la propria incapacità di comunicare seriamente, e più urlano più dimostrano di esserlo.
Di corrisposto, il pubblico sceglie il suo portavoce; starebbe quindi di educare prima il pubblico, per evitare che si parli o gridi al vuoto; sono quindi i fatti che contano e non la tonalità con la quale vengono presentati.
Come riscontro, c’è ancora molto da fare in questa Italia delle promesse fasulle, gridate nelle piazze come per comunicare di essere finalmente decisi, per poi perdersi nella soddisfazione comune dei loro ammiratori.
Finita la festa, e l’italiano sa festeggiare: chi pregando in chiesa, chi cantando allegramente, chi mangiando senza fine, chi idolatrando i suoi calciatori, cantanti e così via, si ritrovano insieme nei gabinetti a filosofare sull’utilità di tutto questo modo di vivere, che come la merda si perde nelle cloache sotterranee, senza nome e contenuto, ma sempre puzzante.
Il Grillo politico incorporerebbe la stessa falsità dei troppi politici, sedenti ma non lavoranti, nel parlamento; meglio evitarlo e incominciare a ragionare con serietà, pretendendo l’azione prima del suo annuncio.
Saluti
Lorenzo

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 12:20 da lorenzo russo


Il linguaggio, veicolato dai mezzi di comunicazione di massa, ha subìto delle grandi trasformazioni in Italia negli ultimi due o tre decenni. Ed è un fenomeno che andrebbe preso in urgente considerazione per comprendere i grandi recenti mutamenti avvenuti in ambito socioculturale e politico. Un discorso difficilmente esauribile in poche righe. Provo a tratteggiarne qualche punto.
Essendo l’Italia da tempo (anche) una sorta di colonia culturale degli U.S.A., ha continuato ad imperversare nel nostro linguaggio un eccesso di lessico derivato dall’inglese. L’apporto di registri lessicali diversi è fondamentale per la ricchezza e la vitalità d’ogni lingua, ma l’invadenza monopolistica può impoverire se non spegnere questa vitalità. A questa triste continuità si è aggiunta, con più forza che in passato, l’arroganza del linguaggio giornalistico-pubblicitario, un linguaggio quest’ultimo che, secondo alcuni studiosi, nasce già piuttosto povero. E, fenomeno più recente, si è giunti oggi all’uso d’un lessico in forme ripetitive, a danno delle sfumature, che attinge ampiamente all’area linguistica del turpiloquio, il quale si muove già, generalmente, all’interno di registri limitatissimi. Ma, anche quest’ultimo fenomeno, probabilmente è stato veicolato dal linguaggio dei mass-media in cerca di “sensazioni forti” di facile fruibilità. Inoltre, alcuni termini d’uso comunissimo hanno perso la loro potenza comunicativa.
Faccio degli esempi:
Si dice spesso, invece di dire “Un po’ di tutto”: “Di tutto di più”, effetto d’una cattiva digestione dello slogan televisivo sulla RAI. Si sente ripetere, invece d’un semplice sì, no: “Assolutamente sì”, “Assolutamente no”, in un bisogno continuo del rafforzativo: probabilmente spesso si considera ormai la potenza del sì e del no scarsamente efficace. Si ripetono le parole almeno tre volte, riutilizzando il vecchio artificio retorico, innestando tali ripetizioni in nuovi tentativi di ipnotiche persuasioni collettive ben più vaste che in passato. Si dice qualcosa e un attimo dopo si dice di non aver detto quel qualcosa. Le parole, in tal modo, non sono più pietre, ma qualcosa di vago e inessenziale.
Dice Umberto Eco nel suo libro del 2006 (che consiglio caldamente), “A passo di gambero. Guerre calde e populismo mediatico”:
“Il marziano direbbe che le parole contano poco, dato che ha letto in Shakespeare che una rosa sarebbe sempre una rosa con qualsiasi altro nome. Eppure, spesso, usare una parola in luogo di un’altra conta molto.”
Sarebbe molto importante studiare a fondo il linguaggio di Bossi, Berlusconi, Sgarbi, Grillo, e forse d’altri che rappresentano bene questi mutamentei linguistici. E non sono d’accordo con chi dice che il linguaggio di Grillo in fondo, seppur non accettabile, può essere tollerato perchè in fondo lui dice cose giuste. I fini non giustificano, a mio parere, i mezzi. L’uso d’un mezzo sbagliato trasforma dialetticamente il fine; in tal modo, anche il fine diventerà errato. E poi analizziamo semplicemente il nome che Grillo ha dato al suo recente incontro in piazza: V2- day. Turpiloquio e anglofilia messi insieme in cinque lettere. Proprio lo stesso linguaggio usato da coloro che vorrebbe osteggiare.
Grazie a tutti, e in particolare a Massimo, per l’interessante forum.
Buona domenica. Un caro saluto,
Gaetano

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 12:21 da Subhaga Gaetano Failla


Gaetano,
sapevo, che in questa Italia americanizzata esiste ancora qualcuno che è cosciente di essere italiano, erede di una cultura incomparabile.
Complimenti per il riportato qui sopra, che sottoscrivo incondizionatamente.
Attenzione ai Grilli urlanti, non sono diversi da tutti gli altri, prima di loro.
Una rosa è, per noi esseri terreni, una rosa, quando mantiene la sua denominazione, altrimenti avremmo, per lo meno all’inizio, difficoltà a definirla una rosa.
Gli occhi vedono, il naso assapora i profumi, e insieme imparano a distinguere, ma la voce esprime il visto e l’assaporato ed ha difficoltà a darle un altro nome, così siamo fatti ancora.
Saluti
Lorenzo

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 12:46 da lorenzo russo


@ Failla, condivido, senza bisogno di argomentare la mia condivisione.
@Gregori, mi argomenti per favore perchè dovrei essere fuori strada?
Non so, per mia ignoranza, se professionalmente tu abbia avuto modo di fare il notista politico, ma penso che sia estremamente difficile l’equilibrio giornalistico sulle “fazioni” in Italia (all’estero meno), sempre per il conflitto Editore-padrone/dipendente-giornalista.
Fare cronaca da’ sicuramente più libertà di azione, la notizia non va’ reinterpretata (“Reinterpretare la verità è un male assoluto”- Joachin Navarro Valls- Lectio Magistralis/Università Suor Orsola Benincasa- 2005).

@ Fausta,
se per umorismo, humour, si pensa a Gino Bramieri o al barzellettiere comprendo perchè il buon Guareschi sia morto dimenticato e l’umorismo sia considerato genere di IV serie. Se, viceversa, si pensa ad una funzione più duttile di dare la notizia ( e questo lo fai spesso sul tuo giornale web con discreto successo), che comprenda un disincanto del giornalista, ponendo l’ironia come chiave interpretativa, bhè questo potrebbe esserlo.
Poi, non avendo altri giornalisti presenti al dibattito qui (almeno non credo), possiamo ben dire che, secondo le statistiche, il 100% dei giornalisti “asserisce” che il giornalismo umoristico non esiste.

p.s. C’è qualche tipo di giornalismo che sta pari pari a quel tipo di massaggi sopraelencato.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 12:59 da francesco di domenico


@ F. M. Rigo
Se non condividi la definizione di “giornalismo umoristico” (o ne neghi la correttezza o l’esistenza) mi può anche andare bene.
Proviamo a sostituire i termini “giornalismo umoristico” con “stampa satirica”.
Ti ripropongo le prime due domande:
La stampa satirica, oggi, può avere una funzione? E fino a che punto?

La stampa satirica può essere considerata letteratura satirica (o dell’umorismo)?

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 17:49 da Massimo Maugeri


@ Gaetano
Grazie a te!

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 17:51 da Massimo Maugeri


@ Lorenzo
Mi pare che sul fatto che Grillo farebbe bene a moderare un po’ i toni e la forma siamo tutti d’accordo.
Poi ci sono i contenuti (che possono essere comunque contestati o apprezzati)

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 17:52 da Massimo Maugeri


Sono tornato adesso e non ho potuto rispondere prima.
@miriam: Santoro personalmente è molto antipatico anche a me. Ciò non toglie cghe faccia (e sappia fare) giornalismo televisivo.
@ grego: no è vero, secondo me, che dare spazio a Grillo in tv equivalga a fare propaganda per lui: a patto che si discuta in studio ciò che si è mandato in onda. Cosa che Santoro faceva, e anche correttamente a mio parere, se Sgarbi non si fosse fatto scoppiare le coronarie in diretta a suon di “teste di cazzo” e “faccia da tonto”.. e così via. Che poi lui sia apertamente schierato non lo mette sullo stesso piano di Fede. Mi pare che tra un giullare servo del suo padrone e un giornalista a volte anche in disaccordo con la sua fazione un pò di differenza ne passi. Anzi un bel pò. Poi ribadisco quanto ho detto già: Santoro mi sta antipatico, le sue trasmissioni non sono vangelo e hanno i loro difetti. E con Grillo ho molti punti di dissenso.
@evento: condivido. Nessuno dovrebbe avere bisogno di capipopolo…
@sergio: … nè di urla sguaiate, da chiunque provengano.
@Righessa: Grillo non ci azzeccherebbe nulla col giornalismo se il giornalismo non gli avesse lasciato spazi che il giornalismo stesso doveva coprire. Ma il giornalismo in Italia è (da sempre) in mano al potere e cerca di non calcare la mano sulle verità che a quel potere riultano scomode. In quello spazio lui ci si è infilato e quindi in qualche modo ci azzecca, piaccia o non piaccia.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 17:55 da Carlo S.


A proposito di stampa satirica (o giornalismo umoristico)…

A Catania, credo all’inizio del secolo scorso, si pubblicava un giornale umoristico-satirico intitolato “Lei è lariu e vali un soddu!”..
Tradotto significa “Lei è brutto e vale un soldo”.
In effetti il prezzo del giornale era proprio un soldo e i contenuti degli articoli erano satirico/umoristici.
Gli strilloni urlavano ai passanti “Lei è lariu e vali un soddu!”.
Immaginate le espressioni di coloro che si sentivano indirizzati quell’urlo e che sconoscevano l’esistenza del giornale!
:)
Qualche anno fa qualcuno ha provato a far uscire in edicola una nuova edizione di “Lei è lariu”. Dopo qualche numero il giornale è stato costretto a chiudere. Pochi lettori (qui a Catania siamo tutti belli).
Peccato!

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 17:58 da Massimo Maugeri


Quanto al giornalismo umoristico, beh, Striscia la notizia a me non piace, però è considerato giornalismo umoristico e gode di gran successo (che come sempre non vuol dire sia di gran qualità). Tanto per fare un esempio.
Io (e anche questo l’ho già detto) amo Michele Serra e la sua ironia acuta, pacata, intelligente.
PS: qualche errore di battitura nel mio precedente post. Sorry, mi premeva rispondere subito e non avevo riletto.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 17:59 da Carlo S.


La vera domanda è:
il servizio pubblico fa servizio pubblico facendo vedere Grillo nei suoi comizi, nel bene e nel male, quando dice le cose giuste (che l’Italia è un Paese strano dove in parlamento siedono più condannati – anche per mafia- al mondo) e quando dice le cose sbagliate (come gli insulti a Veronesi e Napolitano) in modo che ci si possa fare un’idea di cio che dice st’uomo capace di trascinare un bel pò di gente dietro di sè?
O il servizio pubblico dovrebbe tacere, gridare allo scandalo e censurare?
NB: Perchè nessuno si scandalizza se al TG si vede qualche bossi, borghezio o caldiroli che parla di sollevazioni e di armi? E se qualcuno si scandalizza, la polemica cade in testa al suddetto leghista di turno oppure al direttore del TG che lo ha fatto vedere?
Qualcuno dice che in fondo quello leghista è in gran parte solo folclore, e non vale neanche la pena scandalizzarsi.
E se grillo inveisce, perchè il suo non può essere folclore?
Il folclore si addice di più a un comico o a un partito politico?
ma soprattutto:
Quale è la TV che preferite?
Quella che tace e censura o quella che cerca di farci vedere tutto (e tutto naturalmente non è solo Grillo, ma certamente anche Grillo)?
Quella che stabilisce lei cosa ci deve offendere o quella che ci fa vedere le cose per le quali potremmo ritenerci offesi?
E se Veronesi o Napolitano si ritengono offesi di ciò che dice pubblicamente grillo saranno cazzi di Veronesi e Napolitano (che possono citarlo per diffamazione presso qualsiasi magistratura) o sono cazzi di Sgarbi e di Petruccioli?
Queste sono le domande.
Ci girate intorno, ma in realtà nessuno mi ha ancora risposto.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 19:29 da Carlo S.


Insomma, porca puttana, avete capito che non me ne frega un tubo di difendere Grillo o Santoro, ma che invece trovo aberrante una TV che in nome di un “servzio pubblico” pretende di difendermi da qualcosa che qualcuno, non io, ritiene per me che debba ritenersi offensivo?
Io il canone lo pago per essere informato, non perchè qualcuno decida cosa possiamo vedere tutti.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 19:40 da Carlo S.


Scusate gli sfoghi, ma a me questa storia ha fatto girare proprio le balle.
Prometto di non tornarci più su (a meno che non mi tiriate in ballo voi..).

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 19:48 da Carlo S.


@Carlo…!!?

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 21:22 da francesco di domenico


@ Carlo’s, non ti far prendere dal panico, lo so stavi facendo le valigie per cui non leggesti il mio intervento (spero sia questo il motivo).

Un giornalismo unoristico è esistito negli anni ‘60 e ‘70 del ‘900 con la rivista “Linus”, mirabile invenzione di Oreste Del Buono che, nata come contenitore di fumetti d’arte, riuscì nel corso degli anni a fare giornalismo disincantato e allegro (come non citare una delle sue penne più folgoranti: il grande Beppe Viola.
Una grande occasione mancata è stata “Il Male”, che si trascinò in un anarchismo becero e cattivo (”Tango”& “Cuore” non fanno testo, non ebbero mai realmente intenzione di fare giornalismo).

Oggi tutto va’ in video. “Striscia…” potrebbe essere un ottimo esempio se avesse degli autori migliori e non scadesse in un boccaccesco collezionismo sessuale; Fabio Fazio, anche se fa dei tentativi mirabili, con leggerezza e garbo, resta imprigionato nella stereotipo del post-comunista (e spesso lo fa).
Un giornalismo umoristico avrebbe potuto inventarlo Dario Fo, ma ha dovuto raggiungere e superare gli 80 anni per raggiungere un equilibrio lievemente “sopra le parti”.
Beppe Grillo quell’equilibrio lo ha raggiunto, ma è diventato un imbonitore luterano e sconta il non essere più supportato da grandi autori (un attore comico non è un umorista, ha sempre alle spalle un Michele Serra che gli scrive i “pezzi”).
Lenny Bruce era un autentico giornalista umorista, ma è morto, e io non mi sento tanto bene!
Un saluto affettuoso alla grande memoria di Giuanin Guareschi, un omone grande, in tutti i sensi, battezzato “Giovannino”.

Postato Mercoledì, 30 Aprile 2008 alle 9:40 pm da francesco di domenico

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 21:28 da francesco di domenico


RISPOSTA CHIARA ALLE CHIARE DOMANDE DI CARLO S.:
Io vorrei una televisione rispettosa degli spettatori, civile e parimenti libera. Questa e’ la difficolta’, credo. Insomma: non mi va che alle otto di sera, quando i bambini sono in piedi, si mostrino stragi, cannonate, gente che fa a botte e che dice parolacce, sesso esplicito ed altre ”amenita”’. Pero’ la tv deve informare. Come fare? Secondo me la roba ”informativa ma offensiva” andrebbe mandata in onda dopo le 23, pur nei limiti del buonsenso (mica si mandano in onda le orge!).
Pero’ gli urlatori maleducati e irrispettosi sono difficili da arginare con le armi del buonsenso: sarebbe il caso che, quando un tizio prende ad offendere, gli si oscurasse semplicemente l’audio e si desse la parola ad un altro invitato. Perche’ io mi sono stancato di sentire la gente che si prende a male parole in tivu’: che il conduttore abbia un minimo di autorita’, quando serve, Santo Cielo!

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 21:43 da Sergio Sozi


P.S.
E mi sono anche rotto di sentire la gente che si copre la voce a vicenda: stessa soluzione: gli si toglie la parola o – in extremis – gli si oscura l’audio. Cosi’ com’e’ la situazione e’ insopportabile!

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 21:47 da Sergio Sozi


@ Carlo S.
Un approccio corretto all’informazione dovrebbe considerare documento oggettivo qualsiasi tema venga portato in discussione pubblica, attraverso il canale televisivo, come nel caso in questione. Documenti filmati su Bossi o su Grillo hanno la stessa valenza in quanto elementi di discussione. Si può obiettare sul criterio di selezione del tema, ma questa è un’altra faccenda. E ovviamente non bisogna fare confusione tra colui che porta in discussione quel documento e il documento stesso. Santoro non ha nulla a che fare con i documenti filmati su Bossi o Grillo, o su qualsiasi altra persona, e se eventualmente, per opinione soggettiva, potrebba averci a che fare, la questione esula dalla sfera pubblica giornalistica.
Ti chiedi perchè Bossi sì e Grillo no, se entrambi hanno la stessa valenza documentaria. Be’, a mio parere la cosa non è molto complicata. Bossi, in questo momento, ha più potere di Grillo.
“Le idee dominanti in ogni epoca e luogo sono le idee della classe dominante”, cito a memoria Marx (a rischio di apparire, di questi tempi, non un marxiano, ma un marziano…). Petruccioli difende un uso della tv non oggettivo, ma soggettivo, assecondando le idee dominanti. La “verità” qui in Italia è quella del cattivo gusto, degli insulti, della violenza verbale (e non solo). Calderoli è un’anima candida e verace, Sgarbi è molto intelligente, Bossi ha ragione su “Roma ladrona”, Berlusconi si sacrifica per noi, Fini difende la nostra identità cristiana, e così via: questa è la “verità”.
Ma attenzione, da parte di coloro che difendono i soggetti in questo momento più deboli. I deboli potrebbero emanciparsi dallo stato di sudditanza, ma diventare identici ai precedenti oppressori. E’ una vecchia storia. Grillo usando gli stessi mezzi utilizzati da coloro che combatte (rabbia, turpiloquio, violenza verbale, ecc.) non giustifica il proprio cosiddetto buon fine. Ripeto quel che ho detto nel precedente commento: il fine non giustifica i mezzi; i mezzi modificano il fine. O meglio, il mezzo è già il fine.
Un saluto affettuoso,
Gaetano
@ Lorenzo
Ricambio simpatia e saluti
@ Francesco
Per quanto riguarda il giornalismo umoristico ricordo il grande Fantozzi di Paolo Villaggio, da me amatissimo, purtroppo sottovalutato, che nacque dalle pagine dell’Europeo e successivamente fu pubblicato anche in un quotidiano (era Pese Sera?). Mi dilungherei volentieri su Fantozzi, ma già questo mio commento è piuttosto lungo.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 21:59 da Subhaga Gaetano Failla


In sintesi: diritto di cronaca e liberta’ d’informazione si’, ma non quando la cronaca e la liberta’ concedono a qualcuno il diritto di insultare qualcuno di presente. Nel caso di Grillo – o di affini – si tratta di servizi televisivi, insomma di filmati o dirette televisive, che io se fossi direttore di testata di un canale RAI manderei in onda certamente, ma A PARTIRE DALLE 23 PER TUTELARE GLI SPETTATORI MINORI.
E qui avrei detto proprio tutto.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 22:03 da Sergio Sozi


Gaetano ha detto una cosa perfetta, che merita di esser ripetuta:
”il fine non giustifica i mezzi; i mezzi modificano il fine. O meglio, il mezzo è già il fine.”
Sergio

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 22:07 da Sergio Sozi


@ Gaetano
Fantozzi all’inizio piaceva anche a me. Sul primo (tragico) libro ho fatto grandissime e grasse risate in classe al liceo (lo leggevamo lì, durante le lezioni più noiose, e la risata improvvisa e sgangherata magari nel bel mezzo di una formula di chimica ci faceva scoprire). Poi però è diventato un clichè piuttosto ripetitivo e ha incominciato ad annoiarmi più delle lezioni. Forse è allora che ho incominciato a imparare a studiare, ma a quel tempo ero già all’università.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 23:45 da Carlo S.


@ Didò
Odibì, Linus, Beppe Viola,…. mi fai ricordare tempi mitici, eroici.
Tu dovresti essere l’umorista della compagnia e invece mi fai commuovere.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 23:50 da Carlo S.


La stampa satirica, oggi, può avere una funzione? E fino a che punto?
La stampa satirica può essere considerata letteratura satirica (o dell’umorismo)?


@Maugeri,
non lasciare che muioia il sorriso, la satira, lo sberleffo.
La letteratura e il giornalismo umoristico/satirico hanno sempre liberato le menti, con grande sacrificio; dai guitti cantastorie, ai teatranti e i giullari, i pupari e il teatro dei burattini; nascosto dietro le risate c’è sempre stata un’aria di rivoluzione.
Se quelli di “Lei è lariu” hanno bisogno di una mano per tornare in edicola dagliela, la Sicilia sarà più libera.

Ma perchè parlate di Sgarbi?
Mi viene in mente un brano del “Deserto dei Tartari” di Buzzati, quando il comandante Drogo redarguiva un becero ufficiale con la frase:
“Tenente, il solo attimo di morte del tenente Richstein, supera altamente tutta la sua misera esistenza”.
Ecco, la miseria morale di alcuni individui è talmente alta che è quasi inutile procrastinarla trascinandola in un esistenza, larvale e, mediocre. Gli specchi hanno altro da fare che riflettere le immagini dei miserabili.

Postato domenica, 4 maggio 2008 alle 23:53 da francesco di domenico


@Carlo’s,
dai sei vecchio, lo sanno tutti che Villaggio è morto col primo Fantozzi.
Io lo leggevo in treno mentre andavo militare in Friuli (saperlo che da quelle parti c’era una piccola, slavata bambina di nome Gea, avrei aspettato che crescesse).
In quel treno, mentre leggevo, c’era uno studente comunista che andava a Roma, uno studente calabrese, si chiamava Ferdinando Adornato, mi chiedeva perchè ridessi. Non ero un veggente, non ridevo per la sua fuura esistenza.
Carlo,
gli umoristi non sono battutisti, l’umorismo si costruisce con forza e fatica, essere Ammaniti e far piangere (con molta presunzione) è più facile(con tutto il rispetto dei mediocri).

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 00:01 da francesco di domenico


Era il 1974.

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 00:03 da francesco di domenico


Sono d’accordo con Carlo sul fatto che la televisione pubblica non può non occuparsi del fenomeno Grillo (che piaccia o no).
Su Grillo ho già espresso il mio punto di vista.

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 00:11 da Massimo Maugeri


@ Didò
Per me la satira e l’umorismo sono fondamentali. Come vedi, infatti, ci torno molto spesso.
Se un paese perde l’umorismo e la satira vuol dire che non riesce più a guardarsi allo specchio.
Io la penso così.

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 00:13 da Massimo Maugeri


Vi auguro buonanotte.

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 00:14 da Massimo Maugeri


Carlo, tu hai posto prima dei quesiti sull’informazione ed io ti ho risposto qua sopra. Mi piacerebbe adesso sentire una tua opinione su quel che ho detto.
Ciao
Sergio

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 00:16 da Sergio Sozi


per molti l’informazione è come un vestito: l’importante è che ci calzi addosso bene. poi chissenefrega di come è fatto, se di seta o di stracci. mi deve stare bene, cazzo.
io di informazione ci vivo e, sinceramente, non me ne frega niente se mi racconta quello che mi piace sentire oppure no. vedo, innanzitutto se è professionalmente ben fatta.
ergo sopporto le laudi di emilio fede a berlusconi perché il suo tiggì ha ritmo, scelta di notizie, impaginazione e tempestività che gli altri manco si sognano. pur con mezzi scarsi è sempre arrivato prima a collegarsi al mondo in occasione di eventi epocali. mi piace molto il taglio tecnico del tiggì di fede, perché è un taglio da cronista.
così come mi piaceva molto il taglio cronistico di “Paese Sera”, un quotidiano non certo di centrodestra, la cui voce si spense a causa dell’incedere di altri giornali che molti tengono solo sotto il braccio perché fa snob. Ma poi non li leggono nemmeno.
Evidentemente “Paese Sera” a molti “calzava” male, ma “puzzava” di giornalismo vero. Quello fatto di passione, sudore e suole consumate. Altro che aprire una diretta e far bestemmiare lo stronzo di turno.

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 00:23 da Enrico Gregori


Temo, Massimo, che in quanto a giornalismo umoristico, oggi si possa fare ben poco. Basta guardare a cosa è successo a quanti hanno dissentito dal nuovo ‘regime’, nel presente e nel passato…

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 11:09 da Fabioletterario


”paese sera” era un gran bel giornale.
ci sono cresciuta. credo sia stato il primo che ho letto. e finchè c’è stato in casa mia è sempre entrato.
(e poi entrava ”il giorno”, sul quale leggevo con gioia brera, nonostante di calcio io non capisca una mazza. ma lui era un’altra storia)

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 13:07 da gea


Concordo con Zauberei, quando afferma che dietro l’umorismo si nasconde una necessità etica. Gli umoristi, quelli seri, sono dei moralisti che intuiscono che sia meglio servirsi dell’umore per annunciare verità e necessità scomode ai più. Dietro ogni risata emerge la serietà dell’intento, camuffato da una risata che ammonisce: ridi pure, quando ne avrai abbastanza, ti rimarrà un senso amaro di sconfitta e rimarrai demoralizzato, intuendo che nulla cambierà, perché nessuno vuole impegnarsi veramente a mutare qualcosa.
Rimaniamo così dei critici passivi e ci accontentiamo di godere quei pochi minuti di allegria, relegando la responsabilità agli altri, e mai a se stessi.
Di fatto in fatto, il paese cambia, i rimedi diventano irrealizzabili e l’umore diventa arte satirica, con la quale riusciamo a sopravvivere, ridendo, borbottando e bestemmiando infine la nostra incapacità (immaturità).
Saluti
Lorenzo

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 13:32 da lorenzo russo


@ Sergio
Ricambio l’apprezzamento offrendoti, in consonanza con quella precedente, un’altra frase che amo ricordare:
“Tutta la via al Paradiso è Paradiso” (Santa Caterina da Siena, citata in R.D.Laing, “I fatti della vita”)
@ Carlo
Anch’io amo il primo libro di Villaggio, “Fantozzi”, del 1971, trovato su una bancarella per pochi centesimi l’anno scorso. Lo conservo come una pietra preziosa… Leggendolo di nuovo, ho riso da farmi venire le lacrime, come se fosse stata la prima volta. E sono d’accordo con te sul fatto che la scrittura di Villaggio man mano ha perso efficacia. Tuttavia, sia con il primo libro sia tramite le storie successive, ma soprattutto attraverso i film, Fantozzi ha rappresentato, e ancora rappresenta, forse l’unica – o una delle rarissime – “maschere” dell’Italia che abbiamo vissuto (mi pare di capire che siamo più o meno coetanei), una Italia che in parte esiste ancora oggi. Inoltre, termini quali fantozziano, situazione alla Fantozzi, mi sembri un Fantozzi e citazioni dai suoi film fanno ormai parte del nostro linguaggio, assieme ai riferimenti a personaggi come il ragionier Filini, la signora Pina, la signorina Silvani, la bruttissima figlia, ecc.

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 13:32 da Subhaga Gaetano Failla


Gaetano-Sergio

Gaetano ha detto una cosa perfetta, che merita di esser ripetuta:
”il fine non giustifica i mezzi; i mezzi modificano il fine. O meglio, il mezzo è già il fine.”
Sergio

Postato Domenica, 4 Maggio 2008 alle 10:07 pm da Sergio Sozi

Di ciò si nutrono gli idealisti, mentre la realtà è una continua contraddizione. Essa c’insegna che chi vuole arrivare al fine con mezzi leciti e coerenti, deve fare compromessi e stare attento a non allontanarsi troppo da esso, perchè è solo allora che il mezzo diventa il fine, ripeto nella realtà.
I pochissimi, rimasti fedeli agli ideali giusti e santi, vengono riconosciuti e celebrati solo dopo, quando si sono sacrificati.
Concludo, che generalmente l’ideale e il sacrificio vanno insieme, che la distinzione tra di loro viene fatta solo dai posteri, mentre coloro che li hanno sostenuti fino alla fine li hanno assunti ed accettati nel loro insieme.
Saluti
Lorenzo

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 14:19 da lorenzo russo


@ Fabio
D’accordo con te. Luttazzi è stato eliminato dalla tv statale dagli odierni padroni nostrani ed è mal tollerato da una certa ortodossia di centro-sinistra. Apprezzo molto lo stile narrativo di Luttazzi (che ricorda suoi nobilissimi predecessori – Rabelais, ad esempio), il suo modo caustico di fare teatro e televisione e la capacità di intrufolarsi da par suo nell’informazione giornalistica (vedi l’episodio con Travaglio). Quando egli era ancora sconosciuto al grande pubblico, leggevo suoi articoli briosi ed efficacissimi, pubblicati in una piccola rivista genovese, “La rosa purpurea del Cairo”, nei primi anni Novanta. Luttazzi trattava, da grande specialista, tematiche relative ai mass-media. Forse intravedeva il suo funesto futuro in tv…

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 14:49 da Subhaga Gaetano Failla


Ciao, Gaetano, di nuovo un’interessante proposta, la tua.
Ciao Lorenzo, con te debbo pensarci un attimo e poi risponderti evitando, come meriti, i ”telegrammi” quali il presente.
Poi ripeto una cosa alla quale mi sembra qui si eviti di rispondere o commentare come tutte le cose scomode (le do’ nuova forma perche altrimenti mi annoio):
nella comunicazione sociale di ogni tipo, esiste, tra la verita’ e la reticenza, una via di mezzo che deve esser accettabile e rispettosa per tutti i fruitori. In mezzo a dei maleducati quali gli Italiani di oggi, certo…

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 23:28 da Sergio Sozi


Insomma il punto, parlando di verita’ e censura, Carlo, sta nell’educazione: esiste? Io credo di no. Dunque viva l’oscuramento dei microfoni in diretta e la messa in onda dopo le 23 di servizi e altri documenti intollerabili per i bambini. Perche’ la mia Italia vive con e grazie ai bambini, non per le facce da morto vivente degli adulti. Me compreso. Ecco. Sono stato chiaro, adesso, o devo dire altro?

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 23:31 da Sergio Sozi


E questo non ha a che fare con Sgarbillo o Grillarbi o chicchessia: ha a che fare con i maleducati, i violenti, le persone insensibili e malate di mente che imperversano dappertutto. E delle quali m’importa meno del mio neo sulla guancia sinistra, ma che mi violentano ogni santo giorno quando accendo la tivu’: SPEGNAMOLI, PER FAVORE! TUTTI!

Postato lunedì, 5 maggio 2008 alle 23:35 da Sergio Sozi


A Gea,
il primo giornale che lessi in casa era Il Messaggero – eredita’ di mio nonno continuata da mio padre. Ma il primo che comprai da solo all’edicola (avevo otto anni) fu L’Unita’. Poi venne Paese Sera. Bellissima operazione, la prima di giornalismo buono e cooperativistico, fuori dal cerchio dei padroni del Messaggero e degli altri potentati economici italiani consimili.
Oggi vado sul Corsera e La Repubblica, ma leggo solo una pagina in tutto. Perche’ l’Italia mi offende. Scusatemi. Mi offende e allora la prendo a spizzichi, a manciatelle. Visto che io non la offendo, questa povera Patria.

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 01:20 da Sergio Sozi


@sergio
Scusa se non ti ho risposto prima, ma tutto ieri sono stato impegnatissimo e non ho neanche avuto il tempo di leggere il blog nè la posta.
Si, in linea generale sono d’accordo con te. I bambini vanno difesi dalla maleducazione e dalla sguaiataggine di tanta (troppa) TV negli orari in cui è loro accessibile.
Resta il fatto che nel caso di specie Grillo, a parte i gran Vaffanculo che incitava il pubblico a ripetere con lui (è il suo slogan, come noto), non ha inveito turpiloquiando contro Veronesi o Napolitano: li ha “offesi” pubblicamente dubitando della correttezza del loro operato nel caso della valutazione del reale pericolo degli inceneritori sulla salute, insinuando un suo “conflitto di interessi”, per il primo; e per il caso del Referendum elettorale da lui proposto e della conseguente illegalità delle ultime elezioni per il secondo.
Sicuramente tutto ciò e opinabile, criticabile, passibile di denuncia da parte dei diretti interessati qualora lo ritenessero.
Santoro ha fatto vedere diversi “stralci” di questo intervento di Grillo su pubblica piazza, proprio per discuterli e commentarli.
Sgarbi si è fatto scoppiare le coronarie alzandosi, inveendo, vomitando i suoi “testa di cazzo” a destra e manca, gridando allo scandalo asserendo che chi paga il canone ha diritto di non vedere tuttociò.
Strano diritto: di solito chi paga ha diritto di vedere, di sciegliere cosa vedere, eventualmente di girare canale.
Petruccioli di fatto ha dato ragione a Sgarbi.
E’ questo ciò che ha scandalizzato me.

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 18:22 da Carlo S.


@ carlo
Petruccioli???? ma chi è???? Ex segretario di federazione PCI, spostato sempre di qua e di là…… E’ questa casta di politici che deve andare in pensione…
:-)

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 18:36 da miriam ravasio


Grazie, Carlo. Io ho fatto anche delle proposte fattibili. Se ti interessano vai a leggerle sopra.
Ciao
Sergio

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 22:12 da Sergio Sozi


@ Carlo
Ho già precisato alcune perplessità su Grillo.
ma il tuo ultimo commento lo codivido in pieno. Anzi, come si dice, lo quoto (in toto).
:)

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 23:37 da Massimo Maugeri


Federica Sassi della Mup mi ha inviato il link de sito del Comitato Nazionale per le celebrazioni della nascita di Giovannino Guareschi.
Eccolo!
http://www.guareschi2008.com
Grazie mille, Federica!

Postato martedì, 6 maggio 2008 alle 23:38 da Massimo Maugeri


@sergio
si, avevo letto le tue risposte chiare alle mie domande e ti ripeto che sono pienamente d’acccordo con quanto tu dici: una TV civile e rispettosa non dovrebbe essere fantascenza. Basta volerlo fare.
Ma forse qualcuno pensa ancora che la rissa faccia spettacolo.
Ma a onor del vero (non vorrei neanche sembrare il difensore ad oltranza di Santoro, che come ho già detto non mi è nemmeno simpatico ma riconosco che non è stupido) Sgarbi dopo un pò dei suoi vomiti è stato proprio oscurato nell’audio, perchè sennò la trasmissione non avrebbe potuto proseguire. E probabilmente quello era il suo intento. Oppure quello di creare un nuovo “caso Santoro” in RAI e creare le premesse per nuove epurazioni. Con il beneplacito di Petruccioli questo scopo è stato anche raggiunto. Per il risultato finale staremo a vedere.
E una lancia la spezzo anche per Marco Travaglio, continuamente interrotto da Sgarbi seduto al suo fianco, continuamente insultato pesantissimamente, rompeva le regole del gioco alla rissa interrompendosi per lasciarsi insultare, aspettando di poter riprendere la parola (ardua impresa), in evidentissimo imbarazzo, non guardandolo mai in faccia e cercando di ignorarlo.
Santo subito.

Postato mercoledì, 7 maggio 2008 alle 01:22 da Carlo S.


Salve! a mio avviso il giornalismo umoristico non è quello di beppe grillo che ogni tanto delle bufale ce le regala non essendo il suo mestiere! (e sono contento di ciò visto che oggi in Italia è l’unico che lo fa!), ma è supportato “fortunatamente” da un grande giornalista satirico e preparatissimo!!!!!
Secondo me travaglio può appartenere alla categoria dei giornalisti “veri” innanzitutto e satirici poi!

Postato martedì, 13 maggio 2008 alle 00:26 da Corrado


Ma vorrei chiedervi una cosa a voi blogger di cultura e letteratura, siete tutti d’accordo con Grillo, travaglio e con me che la nostra informazione è una puzza?
Un esempio lampante è il discorso di Travaglio alla puntata successiva a sgarbi di anno zero.
http://it.youtube.com/watch?v=y53BpZtervw

Postato martedì, 13 maggio 2008 alle 00:32 da Corrado


Bene, Carlo. Siamo in sintonia. Adesso proponiamo un METODO: chi insulti venga oscurato al primo insulto. Invece i filmati con le parolacce in onda solo dopo le 23. Chiunque e sempre. Metodo democratico, cribbio! Difesa. I conduttori lo pratichino sempre e con tutti, semplice: altrimenti vuol dire che anche a loro fa comodo il turpiloquio e moralmente gli sputo in testa – senza rispetto parlando. Comunque io qui sto meglio: civilta’ e rispetto, dare del ”voi” a tutti e pax augustea. Viva la Slovenia.
Ciao, caro
Sergio

Postato martedì, 13 maggio 2008 alle 02:24 da Sergio Sozi


Corrado,
basta che la piantino di alzare la voce, tutti, e vadano dallo psicanalista. Ma si levino dai piedi, ’sti scalmanati. Tutti.

Postato martedì, 13 maggio 2008 alle 02:25 da Sergio Sozi


sono d’accordo!

Postato giovedì, 15 maggio 2008 alle 15:47 da Corrado



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