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Archivio del 30 gennaio 2008

mercoledì, 30 gennaio 2008

IL POTERE LIBRESCO E SALVIFICO DEL WEB

Sulle pagine culturali di Panorama, n. 5 del 28 gennaio 2008, Monica Vignale ha pubblicato un articolo molto interessante dal titolo: Passaparola, Il best-seller nasce sul web.

Ve lo riporto di seguito (approfittandone per ringraziare la Vignale di aver citato Letteratitudine).

Leggete il pezzo e rifletteteci un po’ su.

Vi chiedo:

Dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso) ?

Un’ulteriore (e complementare) occasione di dibattito sul tema proposto ce lo offre un articolo di Ermanno Bencivenga pubblicato su Tuttolibri del 24 novembre 2007.

Il titolo è: Internet ci salverà dal finire al macero. Articolo interessante in cui si propone agli editori di mantenere in catalogo più titoli possibile, evitando il macero, basandosi sullo slogan «selling less of more»: gioco di parole che si potrebbe tradurre (credo) con «vendere di tutto un po’».

Domanda per voi:

Ritenete che, in effetti, «vendere di tutto un po’» sarà l’inevitabile futuro per l’editoria?

A voi le risposte.

(Massimo Maugeri)

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PASSAPAROLA: IL BEST-SELLER NASCE SUL WEB


di Monica Vignale

letteratura in rete. Aumentano i siti nei quali i lettori diventano recensori dei libri che comprano. Ne discutono, li consigliano o li stroncano e il tam tam dei navigatori influenza il mercato. Risultato: i romanzi snobbati dai critici di professione diventano successi. E gli editori corrono ai ripari.

Irina ha appena finito di leggere Il giorno in più di Fabio Volo (Mondadori). Le è piaciuto e ritiene importante condividere le impressioni con altri lettori. Apre il sito di comparazione prezzi www.ciao.it e nella sezione dedicata alla letteratura scrive: «Quella che sembrava una storia destinata a finire subito si rivela una storia quasi fiabesca, un sogno… lo consiglio a tutti».Su letteratitudine.blog.kataweb.it si discute animatamente di romanzi di guerra e si promuovono Il pittore di battaglie (Arturo Pérez-Revert, editore Tropea), Neven (Joe Sacco, Mondadori) e Ali di sabbia (Valerio Aiolli, Alet Edizioni). Gli interventi fioccano a centinaia, malgrado l’argomento sia di nicchia. C’è anche chi non ha ancora letto i romanzi: «Ma lo farò presto, mi avete fatto venire voglia di correre in libreria».

Che i libri si vendano col passaparola assai più che con le promozioni ufficiali è vero da secoli. Funzionava così nei «salons» settecenteschi e, in tempi più recenti, è stata la comunicazione diretta fra i lettori a consacrare il capolavoro di Boris Pasternak quando, nel 1957, la Feltrinelli pubblicò in anteprima mondiale Il dottor Zivago, traducendo il dattiloscritto che in pochi mesi divenne best-seller. Con internet sarebbe bastata qualche settimana.

Come è accaduto, per esempio, con L’eleganza del riccio (edizioni E/o), opera prima della docente di filosofia Muriel Barbery, best-seller in Francia, e gran successo in Italia, che ha venduto centinaia di migliaia di copie grazie all’impressionante tam tam online.

È il web ad accorciare i tempi. I lettori navigatori si definiscono books-eater (letteralmente: divoratori di libri) e condividono le emozioni che regala un romanzo avvincente, decretandone, più o meno inconsapevolmente, la popolarità.

Com’è avvenuto per The Stolen Child di Keith Donohue, mandato in libreria dalla Rizzoli con il titolo Il bambino che non era vero. Nel silenzio della critica, il romanzo ha fatto incetta di consensi grazie al brusio telematico scattato su Amazon, il più importante sito di libri del mondo.

Le librerie online hanno capito che conviene cedere la parola ai lettori più che ai recensori di professione. Riproponendo sul web un’abitudine consolidata: il lettore chiede una dritta sui titoli da acquistare all’amico che stima e che ha dimostrato, nei gusti, di essere attendibile. Così, sulla scia dei blog personali, i maggiori portali specializzati nel lancio e nella vendita di libri hanno aperto spazi di discussione libera dove i lettori diventano recensori.

Su Bol.it oppure Qlibri.it, per citare due delle più frequentate librerie della rete, sotto ogni titolo in commercio si possono leggere i contributi dei navigatori, le loro opinioni e il voto assegnato espresso in stelle, come per i film. A guadagnarci sono soprattutto gli scrittori esordienti. Come la controversa Babsi Jones, autrice per la Rizzoli di Sappiano le mie parole di sangue, una storia intensa ambientata durante il conflitto nei Balcani della quale, in rete, si sta discutendo moltissimo.

Capita in Italia e capita oltre confine. In Spagna La sombra del viento di Carlos Ruiz Zafón è stato scoperto dal pubblico di internet prima che dai critici. E internet l’ha rilanciato anche sul mercato italiano, dove il romanzo è stato pubblicato, con successo, dalla Mondadori. Tanti lettori dagli scaffali virtuali di www.internetbookshop.it l’hanno consigliato come regalo di Natale.

Le comunità del passaparola sono un aiuto determinante soprattutto per la piccola editoria, che può aspirare a un’improvvisa notorietà. È il caso di Ultimo appello dell’esordiente Salvo Toscano, un giallo pubblicato da Dario Flaccovio che, viste le dimensioni dell’editore, è stato un trionfo di vendite.

Può accadere anche il contrario, certo. Il contagio viaggia in due direzioni, come racconta un lettore sul forum di Qlibri.it: «Volevo comprare Brucia Troia, perché dello stesso autore di Caos calmo (Sandro Veronesi, ndr), un libro che ho adorato. Però ho visto che a molti lettori, dei quali recepisco i consigli su internet, non è piaciuto, e per ora ho rimandato».

Potere del condizionamento reciproco, che può influenzare facilmente anche il non acquisto.

Nei cyberluoghi dove navigano milioni di persone dai gusti variegati, il tam tam riserva sorprese inaspettate. I gruppi di bibliofili sparpagliati dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, refrattari ai diktat delle mode, discutono anche di opere datate o trascurate, delle quali sintetizzano pregi e difetti in schede che inseriscono sul proprio sito web, dando vita a una rete nazionale (http://gruppodilettura.word press.com) di scambio di opinioni e giudizi sulla letteratura, classica o contemporanea.

Non è strano, quindi, che improvvisamente nelle librerie si registri una impennata di richieste per Danny l’eletto dell’americano Chaim Potok, pubblicato in Italia all’inizio degli anni Ottanta e riscoperto vent’anni dopo, quando internet ha fatto da cassa di risonanza a una toccante storia di amicizia fra due ragazzi divisi dall’ortodossia ebraica.

Significativo anche il caso di Eureka Street dell’irlandese Robert McLiam, una storia di amicizia, sangue e perdono ambientata in una Belfast di conflitti irrisolti. Il romanzo, pubblicato dalla Fazi nel 1999, è stato scoperto solo qualche anno più tardi sul web, dove è rimasto a lungo fra i testi «vivamente consigliati». L’ascesa è stata irresistibile, tanto che l’editore ora annovera il libro come uno dei più venduti del suo catalogo.

Miracoli di un fenomeno il cui esempio più vivido resta Il cacciatore di aquiloni (Piemme) di Kalhed Hosseini, che ha fatto piangere l’Europa ben prima che i raffinati opinionisti lo incoronassero principe delle librerie, e che per 3 anni, in Italia, ha venduto quasi 1.000 copie al giorno nell’indifferenza di giornali e tv.

La critica lo aveva ignorato ma i libri, è risaputo, vendono grazie ai consigli di chi li legge per piacere, non per dovere.

Monica Vignale

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INTERNET CI SALVERA’ DAL FINIRE AL MACERO

di Ermanno Bencivenga

Da anni le case editrici italiane si stanno disfacendo dei fondi di magazzino. Se un libro non si è dimostrato sufficientemente «attivo» negli ultimi tempi, viene messo fuori commercio e i diritti vengono restituiti all’autore. Insufficienze e conseguenti bocciature, peraltro, non vengono assegnate dai direttori editoriali o delle singole collane: se parli con loro, allargano le braccia e lamentano che «il commerciale» ha deciso così, in base a criteri di cui è esclusivo e geloso depositario.

Ne deriva l’impressione di una severa realtà con cui è purtroppo necessario fare i conti; e per fortuna che ci sono i contabili a farli, altrimenti chissà che guai potrebbero combinare intellettuali e utopisti. Ma, come spesso capita, i contabili stanno facendo i conti di ieri e adeguandosi a una realtà che sta cambiando – starei per dire sotto i loro occhi, se non fosse che guardano ostinatamente altrove.

Oggi i libri si comprano sempre più in rete; e questo ha rivoluzionato l’intero settore. Mentre prima tutto dipendeva dalla visibilità di un titolo, e quindi poteva essere plausibile investire su pochi e spesso rinnovati best-seller, Internet ha creato un mercato di nicchia, che fa affari d’oro.

Amazon informa che il 25% delle sue vendite riguarda libri che non sono compresi fra i 100 mila più venduti.

Chris Anderson, direttore della rivista Wired, ha ampiamente discusso tale nuova opportunità nel suo The Long Tail, uscito l’anno scorso, e l’ha riassunta nello slogan «selling less of more».

Occorre ragionare in modo diverso dal passato, afferma, perché la rete ha creato un’economia di abbondanza, in cui non ha più senso porsi i limiti che erano inevitabili quando c’erano pochi scaffali in negozio, pochi canali in televisione, pochi cinema, poche pagine nei giornali. Chi ancora rispetta questi limiti ormai obsoleti si troverà a mal partito in una situazione in cui è possibile gestire un inventario praticamente infinito.

Nell’economia dell’abbondanza della long tail, vincerà chi avrà i cataloghi più ampi: anche un titolo che vende dieci copie l’anno sarà utile, soprattutto per chi avrà migliaia di titoli del genere. Ma le case editrici nostrane stanno appunto smantellando i loro cataloghi, in nome di un sano, impietoso «realismo». Dove si dimostra una volta di più che la realtà è sovente un’etichetta per la propria ignoranza.

Ermanno Bencivenga

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A TUTTI I BLOGGER (soprattutto a coloro che si occupano di libri)

Se potete, linkate questo post (o ricopiatene il testo) e provate ad avviare, sui vostri blog, dibattiti paralleli a quello che si svilupperà qui. Grazie mille.

(Massimo Maugeri)

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AGGIORNAMENTO del 2 febbraio 2008

Cari amici,

come ricorderete avevo posto questa domanda: dando per scontato che, per quanto concerne l’acquisto dei libri, il web (considerato nel suo complesso) ha un suo potere persuasivo, ritenete che tale potere sia effettivamente paragonabile a quello tradizionale delle recensioni pubblicate sui giornali (sempre considerate nel complesso)?

Il realtà la domanda era volutamente fuorviante per i motivi che vi spiegherò di seguito.

Partiamo da questo ulteriore punto di domanda. Cosa è web? E cosa non lo è?

La maggior parte degli articoli pubblicati su quotidiani e riviste vengono automaticamente pubblicati anche on line. Dirò di più. Seguendo la direzione fissata dal New York Times – interamente e gratuitamente consultabile su Internet – anche molti dei nostri quotidiani si stanno adeguando. “Il Messaggero”, “Il Mattino”, “La Sicilia” sono già consultabili on line dalla prima all’ultima pagina. La maggior parte degli articoli pubblicati sui principali quotidiani vengono riproposti all’interno dei rispettivi siti (in alcuni casi gli articoli consentono di rilasciare commenti). E così per molti magazine e riviste.

Cosa voglio dire?

Che la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi) per il semplice fatto che la Rete sta inglobando l’informazione e i media tradizionali, integrandoli all’interno di un nuovo sistema di comunicazione (in parte ne avevo già parlato qui).

Quando Monica Vignale e Ermanno Bencivenga hanno scritto i loro articoli lo hanno fatto rispettivamente per Panorama e per La Stampa, ma al tempo stesso – più o meno consapevolmente – hanno scritto per il web. Io stesso, in effetti, pur avendoli letti, in origine, in versione cartacea, li ho poi proposti su Letteratitudine copincollandoli da Internet.

A loro volta questi articoli (anche per via del mio invito) sono stati riproposti su altri blog.

Da qui la considerazione che vi ripropongo: la differenza tra il web e il cartaceo è già quasi inesistente (o tende comunque ad affievolirsi). Il processo, a mio avviso, è inarrestabile e giungerà molto presto al suo completamento.

Se partiamo da questo presupposto probabilmente arriveremo alla conclusione che la differenza vera è determinata non dalla presenza on line o su carta, ma dall’autorevolezza della fonte. E forse dalla maggiore diffusione che, per un po’ di tempo, continueranno ad avere gli articoli pubblicati anche in forma cartacea.

Lascio a voi le ulteriori controdeduzioni.

(Massimo Maugeri)

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